#Mauro Pala
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Adopted together after a tough childhood in an orphanage, Nica and Rigel realize that unexpected but irresistible feelings pull them together. Credits: TheMovieDb. Film Cast: Nica: Caterina Ferioli Rigel Wilde: Simone Baldasseroni Margaret: Sabrina Paravicini Lionel: Alessandro Bedetti Anna Milligan: Roberta Rovelli Norman Milligan: Orlando Cinque Adeline: Eco Andriolo Ranzi Billie: Nicky Passarella Miki: Sveva Romano Candelletta …: Laura Baldi …: Matteo Capraro …: Anna Cianca …: Juju Di Domenico …: Filippo Giacomelli …: Eugenio Krauss …: Giulia Martinelli …: Alessandro Pala Griesche Giudice: Angelo Tanzi …: Aron Tewelde Film Crew: Writer: Alessandro Genovesi Novel: Erin Doom Producer: Maurizio Totti Writer: Eleonora Fiorini Original Music Composer: Andrea Farri Producer: Alessandro Usai Director of Photography: Luca Esposito Producer: Iginio Straffi Art Direction: Pietro Satiro Set Decoration: Vincenzo Napoli Costume Design: Cristina Audisio Makeup Artist: Tamara Totti Casting: Giulia Appolloni Casting: Valeria Miranda Editor: Claudio Di Mauro Editor: Simone Rosati Sound Effects Editor: Paolo Amici Sound Re-Recording Mixer: Federico Constantini Movie Reviews:
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Virtus Arechi, ultima dell’anno al Pala del Mauro contro Avellino - Sport | www.lacittadisalerno.it
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A few photographs from 'Luca Campigotto: American Elegy,' published by @silvanaeditoriale This luscious volume presents 70 color photographs of America imbued with both clarity and nostalgia. Italian photographer Luca Campigotto (born 1962) takes us from the canyons, deserts and coal-mining ghost towns of the American West to Idaho’s large auto cemeteries, to the Bronx and other industrial fringes of New York City, to a town in Montana whose brick architecture is reminiscent of Edward Hopper’s paintings. The solitude of the wild frontier and the distance of the urban periphery alternate between dazzling daytime lights and mysterious nocturnes. Each photo is accompanied by short poetic notes—a journey of personal memories which echo literary and cinematographic works—serving as an evocation of some American topoi, above all, the timeless myth of “on the road” traveling. The afterword by Mauro Pala, a professor of comparative literature, explores the ancient relationship that binds American literature to great landscape photography. Text by #MauroPala #WalterGuadagnini & #RobertoPuggioni Read more via linkinbio. @lucacampigotto #LucaCampigotto #americanlandscape #landscapephotography https://www.instagram.com/p/CZ4wcD1JQUG/?utm_medium=tumblr
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Giorgione, Concerto, c. 1507, Venezia, Gallerie dell’Accademia (in deposito da collezione privata)
PER CINQUE ANNI avremo un Giorgione in più a Venezia. Le Gallerie dell’Accademia da oggi offrono l’occasione straordinaria di studiare in uno spazio pubblico il “Concerto Mattioli” di Giorgione, che gli attuali proprietari hanno lasciato in deposito al museo veneziano. E, subito, per un mese, il Concerto sarà esposto accanto alla Tempesta e alla Vecchia, prima che questa vada in restauro. Avremo così, una accanto all’altra tre opere di Giorgione appartenute al mitico “camerino delle antigaglie” di Gabriele Vendramin.
Nel giorno in cui a Venezia si celebra con Giorgione il bicentenario della prima apertura al pubblico delle Gallerie dell’Accademia come non segnalare finalmente l’uscita dei volumi di Alessandro Ballarin (Giorgione e l’Umanesimo veneziano, 7 tomi, Edizioni dell’Aurora, 2016–2018), che si sono presentati il 28 maggio a Milano, alla Pinacoteca di Brera. Se non altro almeno per ricordare che l’identificazione del Concerto Mattioli con il quadro già della collezione Vendramin è proposto da Ballarin già nel 1981–1982 (vedi tomo 1, pp. 181, 229–234). Un dipinto fondamentale per la sua ricostruzione dell’ultima attività del maestro di Castelfranco.
Il Giorgione di Ballarin, un’opera attesa da così tanto tempo che sembrava impossibile potesse uscire un giorno. L’avevamo annunciata esattamente sette anni fa, appena pubblicato il Leonardo a Milano. Sette anni come i sette tomi usciti ora dalle Grafiche Aurora di Verona. Finiti, ma non stampati tutti. L’ultimo non era ancora stampato qualche settimana fa, subito dopo la presentazione a Brera. Dopo i primi sei tomi è finita la carta. Bellissimo! Come se la tipografia volesse darci il senso del tempo, della fatica e della mole di questo lavoro, che raccoglie e riordina gli scritti di Alessandro Ballarin e mette in scena un immenso racconto, per immagini, didascalie, cronologie e indici de La pittura a Venezia negli anni di Giorgione e del giovane Tiziano (1485–1524), come recita il sottotitolo dell’occhiello che apre il saggio introduttivo di presentazione al Giorgione e l’Umanesimo veneziano.
Indice del primo tomo
Presentazione dell’opera
Sette anni fa non mi riuscì un’intervista sui volumi altrettanto freschi di stampa dedicati a Leonardo a causa, appunto, del cantiere-Giorgione che si era appena avviato. Oggi nemmeno ci provo: da intervistatore, lo so, finirei per essere intervistato dall’autore del Giorgione, che vorrebbe sapere come la vita supera la letteratura e ti porta a guardare con dolore i propri amori di lontano.
«Non si può capire Giorgione a vent’anni!» Non possono non risuonarmi in testa le parole di una vecchia conferenza ferrarese in cui, come in questo libro, per il suo autore la vita è la ricerca. E ora verrebbe da rispondere come continuare ad amare Giorgione a cinquant’anni, quando non credi più a nulla, se non sognandolo o, di lontano, continuare a sentire la pittura, cioè l’emozione, come diceva Bianchi Bandinelli, per la “forma artistica” punto di partenza per l’intuizione critica.
Il Giorgione è un’opera molto complessa composta con apparente semplicità in due tomi di saggi e cinque di tavole «per lo più a colori». La presenza, nel frontespizio, di tre curatrici, Laura De Zuani, Sarah Ferrari e Marialucia Menegatti, che aveva curato anche il Leonardo a Milano, sta proprio a segnalare la difficoltà dell’impresa e la quantità di energie che sono servite per poterla realizzare. Nei primi due tomi sono raccolti i saggi sulla pittura veneziana scritti dagli anni Sessanta del Novecento ad oggi, dal Palma il Vecchio (1965) dei gloriosi Maestri del Colore Fabbri e dal Tiziano, l’amato “Tizianino” (1968), dei Diamanti dell’arte Sansoni alle schede della mostra Le siècle de Titièn al Louvre (1993) nel primo tomo. Nel secondo trovano posto invece la riedizione de La compagnia degli amici (Einaudi, 1982) seguita dai saggi allora rimasti inediti dedicati al rapporto di Giorgione e i suoi due “creati” con la cultura filosofica e filologica dei loro committenti negli anni attorno e subito dopo l’anno 1500.
Piano dell’opera
L’indice dei tomi di tavole dà l’idea della vastità dell’impianto narrativo con cui è costruita questa sezione, che immaginiamo ricca di novità e di imperdibili sottigliezze.
Se il Leonardo a Milano poteva apparire, con un sorriso, un anti-ebook, quest’opera pare infischiarsene degli ebook e del digitale, che sembra essere piegato ad una forma nuova che ha assorbito i vecchi dattiloscritti, gli album fotografici, i caricatori stipati di diapositive e i pesantissimi Power-Point delle lezioni universitarie per farsi qualcos’altro.
Anche se, personalmente, continuo a preferire saggi che si tengono in mano o nella tasca della giacca per averceli nei momenti in cui ci si deve difendere e che si leggono come un romanzo o come il petrarchino di un celebre dipinto di Giorgione (o come il Giorgione di Morassi), mi rendo conto però che questo Giorgione è molto di più di una raccolta di saggi, sembra costruito per lottare con il tempo perduto. E con il tempo a venire.
Un’opera che affonda le radici nella connoisseurship di fine Otto e inizio Novecento e sembra voler dialogare piuttosto che con noi con i grandi del passato e del futuro, con i Berenson Bode Suida Gronau Longhi Morassi Wind Panofsky Warburg ecc. del passato e del futuro. Oppure, fuori da qualsiasi schema, preferisce dialogare solo con l’occhio di un grande fotografo come Mauro Magliani. Non solo una provocazione, anche una indicazione di metodo che meno teorica di così non si potrebbe:
Lavorare con Magliani è stata una grande esperienza: ho sicuramente imparato molto da queste lunghe frequentazioni assieme della grande pittura, dal circuito delle emozioni, che quando si realizza di fronte ai capolavori con i quali ci siamo confrontati, ti lega per sempre, dalle discussioni sui tagli, dove i tagli che io avevo in mente e che erano quelli spesso già impaginati sui powerpoints dell’opera, si mettevano a confronto con quelli tutti diversi individuati dal suo occhio, dall’insaziabile desiderio suo, e naturalmente anche mio, ma forse piú suo che mio, di documentare tutti i passaggi del dipinto, fino alla scoperta di un particolare fino ad allora sfuggito all’attenzione degli studî e tale da poter dire di piú, anche a me, sulla considerazione dell’insieme. Memorabile al riguardo è stato il momento in cui Magliani ha messo gli occhi sull’acqua del Giordano nel Battesimo di Cristo di Santa Corona, a partire dal primo piano quando lambisce un tratto di sabbia screziata da una miriade di ciottoli, per finire nelle anse del fiume alla chiusura della vallata dove la condotta appena sfocata della materia nei declivî delle colline e nella trasparenza dell’acqua, evoca un effetto di foschia che sembra salire dal fiume. Ma che cosa dire della temperatura delle emozioni quando ci siamo trovati con la macchina da presa di fronte alla Vecchia, alla Tempesta, alla pala di Castelfranco? E come dimenticare quel giorno che non finiva piú in cui abbiamo fotografato l’Assunta, un giorno d’inverno con fuori una tempesta di neve che non consentiva neppure di aprire la porta della basilica per andare a prendere qualcosa di caldo, scavalcato il ponte, nel caffè di fronte. D’altra parte quasi tutte le riprese che abbiamo fatto sono entrate nei cinque volumi di quest’opera, per cui si può vedere di volta in volta, dalle immagini, quali siano state le emozioni forti che abbiamo condiviso nelle campagne fotografiche di questo Giorgione. Quanto al mio apporto nei suoi confronti, se posso parlare nella veste di vecchio professore della disciplina, direi che Magliani esce da questa esperienza rinforzato nelle sue attitudini di storico dell’arte, e di conseguenza anche nelle sue attitudini di grande fotografo.
Alessandro Ballarin, Giorgione e l’Umanesimo veneziano con la collaborazione di Laura De Zuani, Sarah Ferrari, Marialucia Menegatti Edizioni dell’Aurora, Verona, 2016-2018 7 tomi, pp. ca. 1650., ill. a colori ca. 3500, ca. 500 b.n. ISBN: 9788897913658
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Il “Giorgione” di Alessandro Ballarin, un amore di lontano PER CINQUE ANNI avremo un Giorgione in più a Venezia. Le Gallerie dell’Accademia da oggi offrono l’occasione straordinaria di studiare in uno spazio pubblico il “Concerto Mattioli” di Giorgione, che gli attuali proprietari hanno lasciato in deposito al museo veneziano.
#Ballarin#Berenson#giorgione#giovanni bellini#gronau#Longhi#lorenzo lotto#sebastiano del piombo#Suida#tiziano#venezia
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Cassino domina e stravince al Pala Del Mauro: piegata Avellino 61-94
Cassino domina e stravince al Pala Del Mauro: piegata Avellino 61-94
Ultima giornata del girone d’andata in scena al Pala Del Mauro, per la BPC Virtus Cassino, che chiamata a dare continuità alla bella prestazione casalinga contro la Virtus Pozzuoli, piega in maniera brillante e autoritaria la blasonata Avellino con il risultato di 94-61. Una partita che, alla vigilia, sembrava non essere così agevole per gli uomini di coach Vettese, scesi in campo contro una…
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OFWs deplore PH ambassador’s ‘maltreatment’ of helper
#PHnews: OFWs deplore PH ambassador’s ‘maltreatment’ of helper
MANILA – Overseas Filipino workers (OFWs) deplored on Saturday the alleged maltreatment suffered by a household staffer in the hands of Philippine Ambassador to Brazil Marichu Mauro.
“Any abuse to anyone is deplorable. Coming from a public official is despicable. Public officials are held at a higher standard, there is no excuse for this type of behavior at any level,” said Bong Aralar, who is now a resident of the United States.
He said it is good to know that the Philippine government is taking serious action and is now investigating the incident.
The video of Mauro maltreating her Filipina househelper first came out in a news program in Brazil GloboNews.
Mauro was immediately recalled by the Department of Foreign Affairs back to Manila while her Filipina service staff also arrived safely in her hometown in Cotabato.
OFWs based in different countries abroad said Mauro should also be given harsh punishment because she maltreated a fellow Filipina when she should be the one protecting Filipinos in a foreign country as an ambassador.
“Iniluklok siya sa kinalalagyan niya para siya ang mangunguna sa pagprotekta sa OFWs sa ibang bansa, yun pala siya ang nangunang magmaltrato sa kababayan niya (she was put to position to lead in protecting OFWs abroad, but she was the first one who maltreated a co-national),” said Pcorals Anniep who is based in Rome.
Romeo Boss Ramos, Beleth Serrano Aquino, and Annaliza Valenzona, who are all based in Italy, said the law must be fair and equal whether you are an ambassador or not, adding that this should also serve as a lesson and a warning to abusive government workers.
Rev. Fr. Andiy Egargo, who is working and serving the Filipino community in New York, said Mauro disrespected the dignity of her office.
“An ambassador is not only a government representative. He/she is supposed to represent everything good about his/her country. She is not a good representative of a Filipino/Filipina. Filipinos are gentle, hard worker, patient, and happy people. They are tasked not only as representatives of their country. Their role also includes fostering the well-being of his/her kababayan. Obviously, she is not concerned about her kababayan,” he said.
Meanwhile, OFW rights Advocate and former Rep. Aniceto Bertiz III said seeing the video of Mauro hitting her Filipina househelper pained him.
“The trauma of physical violence also leaves a permanent scar on the mental well-being of the victim. I commend our government for its prompt action to recall Ambassador Mauro and hold her accountable for the alleged maltreatment of her 51-year-old house helper. Let Ambassador Mauro face a proper trial and, if found guilty, be punished under our laws,” Bertiz said.
DFA Secretary Teddy Locsin Jr. said over Twitter that he has already received Presidential Directive No. 2020-196 directing the DFA to investigate the alleged abusive conduct of the ambassador.
He also assured that under his leadership, the DFA will not tolerate any action by any of its ranking officers or staff that goes against their primary mandate, which is the promotion and protection of the welfare of all overseas Filipinos. (PNA)
***
References:
* Philippine News Agency. "OFWs deplore PH ambassador’s ‘maltreatment’ of helper." Philippine News Agency. https://www.pna.gov.ph/articles/1120357 (accessed November 01, 2020 at 08:41PM UTC+14).
* Philippine News Agency. "OFWs deplore PH ambassador’s ‘maltreatment’ of helper." Archive Today. https://archive.ph/?run=1&url=https://www.pna.gov.ph/articles/1120357 (archived).
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Una volta arrivati a Venezia potrebbe valere davvero la pena valutare la scoperta di tre delle isole più importanti della sua area urbana, sia a livello artistico che a livello storico. Le isole di Murano, Burano e Torcello sono estremamente interessanti per comprendere appieno l’atmosfera, la storia e persino le origini di una delle città più belle del mondo. La visita può essere pianificata in totale autonomia oppure prenotando una piacevole gita in barca accompagnati da una guida. Scopriamo adesso cosa vedere a Murano, Burano e Torcello. Cosa vedere a Murano L’isola veneziana di Murano è senza dubbio uno dei luoghi più famosi, a livello internazionale, della laguna di Venezia. Lo scenografico canale dei Marini collega tra loro i sette isolotti che costituiscono in realtà Murano e il suo emozionante intrico di calli, palazzi e chiese, le cui antiche pietre catturano la luce perlacea della laguna. L’antica Amuriana, il cui nome indicava un tempo una delle porte d’accesso alla città romana di Altino, abbandonata all’epoca delle invasioni barbariche, per oltre sette secoli vive all’ombra di Venezia, godendo però dalla fine del Duecento di una discreta autonomia, che le consentiva persino di battere moneta. Il destino di Murano si lega indissolubilmente all’arte della lavorazione del vetro nel 1295, quando per motivi di sicurezza Venezia decide di trasferire sull’isola le sue vetrerie. Murano diventa così il centro esclusivo di produzione del vetro della Serenissima, nonché luogo di villeggiatura per le nobili famiglie veneziane. Dei 18 luoghi di culto presenti a Murano prima dell’arrivo delle truppe napoleoniche, oggi ne rimangono soltanto tre: il Duomo dei Santi Maria e Donato, la chiesa di San Pietro Martire e quella di Santa Maria degli Angeli. Le chiese di Murano e il Museo del vetro Il Duomo di Murano è facilmente riconoscibile per la sua abside a pianta esagonale, d’ispirazione ravennate. La sua fondazione risale probabilmente al VII secolo d.C. e, oltre a ospitare le spoglie di San Donato, merita una visita per gli stupendi mosaici in stile bizantino che ricoprono il pavimento della chiesa (1140) e quello raffigurante la Madonna Orante. Sempre d’ispirazione bizantina risulta la chiesa di Santa Maria degli Angeli, il cui interno è introdotto da un cancello ornato da un bassorilievo raffigurante l’Annunciazione realizzato dallo scultore lombardo Antonio Rizzo (1430-1499) in marmo d’Istria. L’interno, visitabile solo su appuntamento, conserva il soffitto abbellito da quaranta tondi dipinti attribuiti al cinquecentesco pittore ravennate Nicolò Rondinelli, alcune tele ottocentesche del veneziano Fracesco Zugno, la Madonna in Gloria e Santi di Palma il Giovane, una tela seicentesca di Antonio Molinari, gli intrecci in marmo di Carrara che adornano l’altare maggiore risalente alla fine del Seicento e infine l’Annunciazione (1537) che adorna la pala d’altare realizzata dal Pordenone. La terza e ultima chiesa di Murano scampata alle razzie napoleoniche di inizio Ottocento è la chiesa di San Pietro Martire, risalente alla metà del Quattrocento. Ricostruita in seguito a un incendio nel 1511 in mattoni a vista, presenta all’esterno un bel portale sovrastato da un rosone rinascimentale e, sul fianco sinistro, un portico in stile gotico appartenente al chiostro della chiesa di Santa Chiara, non più esistente e che oggi ospita uno spazio per eventi e una fornace che permette di assistere alla lavorazione del vetro. L’interno conserva il Battesimo di Cristo attribuito al Tintoretto, la pala d’altare di Giovanni Bellini raffigurante la Vergine con Bambino, Angeli Musicanti e Santi (1488), detta “del Barbarigo” in quanto vi è rappresentato il doge Barbarigo, e proveniente dalla chiesa di Santa Maria degli Angeli insieme alla tela con San Girolamo nel Deserto opera di Paolo Veronese, così come la tela raffigurante Sant’Agata in carcere, situata nella navata opposta. Si segnala infine la pregevole cappella dei Ballarin, costruita nel 1506 per volere di Giorgio Ballarin con una copia della gigantesca (2 m. x 3) pala d’altare raffigurante il Martirio dei Padri Domenicani oggi esposto alla National Gallery di Londra. Restano infine da vistare il faro di Murano, realizzato in marmo d’Istria nel 1912, il Museo del Vetro, ospitato nel gotico palazzo Giustinian, antica sede municipale prima che fosse spostata definitivamente nelle sale del palazzo Da Mula, vero capolavoro duecentesco e perfetta commistione di gotico e veneto-bizantino. Il percorso museale, al quale già dal 1862 gli è stata affiancata una scuola di formazione, illustra non solo l’evoluzione dell’arte vetraia ma anche la storia della comunità muranese. Alcune fabbriche del vetro tuttora attive, infine, permettono anche la possibilità di organizzare un tour guidato e assistere a una dimostrazione di soffiatura del vetro. Cosa vedere a Burano Le origini dell’isola di Burano sono molto simili a quella di Murano, che deve il nome a un’altra porta dell’antica città di Altino: Boreana, cioè bora, il potente vento di nord-est. Anche l’isola di Torcello è stata fondata nello stesso modo e ha sempre preso nome da una delle porte di Altino. Fino all’anno Mille, sull’isola di Burano c’erano solo palafitte e casoni fatte di canne e fango. L’attività artigianale del merletto, per la quale l’isola divenne famosa in tutta Europa, fu introdotta da Venezia sempre tra il XII e il XIII secolo. Una leggenda narra che il merletto di Burano nasca in realtà dalla schiuma del mare colpita dalla coda di una sirena incontrata da un mercante buranese in Oriente tanto era l’entusiasmo per la morbidezza di questo tessuto finemente ricamato. La fortuna e lo sviluppo dell’isola non conobbe mai battute di arresto, grazie anche al fatto di essere particolarmente ventosa, come suggerito dal nome. Ciò permise essenzialmente a Burano di tenere lontana la malaria. I Tre Ponti di Burano e il Museo del Merletto Ancora oggi il centro storico di Burano è suddiviso nei suoi cinque rioni di epoca medievale: San Martino Destro e Sinistro, San Mauro, Giudecca e Terranova. Cuore dell’isola è piazza Baldassarre Galuppi, costruita interrando uno dei canali che ancora l’attraversano. Qui si affacciano la seicentesca chiesa di San Martino, con il suo campanile pendente, e l’adiacente oratorio di Santa Barbara, mentre sulla piazza si notano un cinquecentesco pozzo in pietra d’Istria e la statura dedicata al compositore buranese Baldassarre Galuppi (1796-1785), realizzata dal celebre scultore, suo concittadino, Remigio Barbaro (1911-2005). All’interno della chiesa, assolutamente da non perdere è senza dubbio la Crocifissione di Giambattista Tiepolo, insieme ad alcune tele cinquecentesche di Giovanni Mansueti. Da notare, prima di uscire, la pregevole porticina del tabernacolo e il sarcofago in marmo dello scultore Remigio Barbaro. Allontanandosi dalla piazza si incontra poi la chiesa di Santa Maria delle Grazie, o delle Cappuccine, sconsacrata nel 1810 e utilizzata poi come squero (antica rimessa per le barche), laboratorio per la costruzione dei carri di carnevale e, ancora oggi, sede di mostre d’arte ed eventi. Un’altra eccellenza artigianale per la quale è nota Burano sono infatti le maschere di cartapesta per il carnevale. Il punto più suggestivo di Burano è certamente quello dei Tre Ponti, il punto nel quale si incrociano i canali che collegano i rioni di Burano e tre delle vie più importanti del borgo: via San Mauro, via San Martino Sinistro e via Giudecca. Lungo queste calli si sente forte il richiamo della laguna e la luce si spande sulle facciate delle case colorate, sulle pietre della romantica Pescarìa Vecia e della casa di Remigio Barbaro, o ancora all’interno dei due meravigliosi chiostri, trecentesco uno e quattrocentesco l’altro, del monastero di San Francesco del Deserto, fondato nel 1230 su di un minuscolo isolotto di fronte a Burano, e ancora oggi abitato dai frati. Resta infine da vedere il museo del Merletto, le cui sale illustrano molto bene l’evoluzione di questa arte artigianale attraverso l’esposizione di oltre cento esemplari realizzati dalla storica scuola dei Merletti di Burano, dove ancora oggi dal 1872 si tramanda la sapiente arte di ricamare la schiuma del mare. Cosa vedere a Torcello Il toponimo, proveniente da un’altra porta della città romana di Altino, forse derivava dal latino torculum (torchio) o torricellum (piccola torre). A differenza di Burano, la vita su Torcello ha sempre dovuto affrontare calamità naturali ed epidemie, rendendo così altalenante il suo sviluppo. Nell’XI secolo Torcello è la fiorente testa di ponte dei commerci di Venezia, nonché l’isola più ricca e fiorente di tutta la laguna, grazie anche a una vivace produzione vinicola. Fino al XV secolo è inoltre un importante centro di lavorazione della lana, ma successivamente comincia per l’isola un lento ma inesorabile declino, che però ne permette anche la sua cristallizzazione architettonica. Oggi Torcello conta meno di una ventina di abitanti e conserva, oltre a un fascino rurale senza tempo che non ha eguali nell’intera laguna, alcuni tra gli edifici religiosi più significativi di tutta l’area urbana di Venezia, raccontando con la loro presenza le origini della città stessa. Le chiese di Torcello e il Museo L’isola di Torcello si raggiunge in circa 5 minuti di traghetto da Burano. L’abitato è costituito da una manciata di case disposte lungo entrambe le sponde un rio, all’estremità settentrionale dell’isola. Tutto è circondato da file ordinate di vigneti e lunghe barene che delimitano la terra dalle acque della laguna. Con una breve e piacevole passeggiata è possibile raggiungere il cuore dell’abitato, superando il suggestivo ponte del Diavolo che attraversa il rio. Si tratta in realtà di una semplice passerella in muratura senza sponde laterali che permette di raggiungere un secondo ponte e infine la piazza di Torcello, ancora oggi in terra battuta. Qui si incontra il curioso trono di Attila, un antico seggio di epoca bizantina o longobarda, che forse apparteneva al vescovo di Torcello in quanto storicamente Attila non raggiunse mai la laguna veneta, ma si fermò ad Aquileia. Sulla piazza si affacciano alcuni tra i più pregevoli monumenti dell’area metropolitana di Venezia. La chiesa di Santa Fosca (XI-XII secolo) ha una pianta a croce greca ed è introdotta da un bel porticato con colonne di marmo, mentre il quattrocentesco e gotico palazzo del Consiglio con l’adiacente palazzo dell’Archivio ospitano oggi il museo di Torcello. Il percorso museale espone numerosi reperti di età romana, bizantina e medievale, documentando così la lunga storia dell’isola. Da segnalare nella sezione archeologica un vaso attico del 400 a.C. e una testa maschile velata in argilla del II secolo a.C. La sezione medievale e moderna ospita invece alcune opere della scuola del Veronese e sculture lignee policrome cinquecentesche realizzate da maestranze locali. La basilica veneto-bizantina di Santa Maria Assunta, invece, si trova un poco discosta dalla piazza principale, risale al VII secolo d.C. e il suo campanile imponente svetta solitario sul paesaggio lunare circostante. Questa antichissima chiesa, un tempo dotata anche di battistero dedicato a San Giovanni, conserva tutti gli elementi di un tempio paleocristiano. Preceduto da un colonnato dell’XI secolo, l’interno è impreziosito da un notevole mosaico in stile bizantino con il Giudizio Universale posto sulla controfacciata. Con una piacevole escursione attraversando orti e campi si raggiunge infine la casa museo del pittore, scultore e mosaicista bellunese Lucio Andrich (1927-2003): una semplice casa di pescatori affacciata sulla palude della Rosa e il circostante paesaggio lagunare, che l’artista rese protagonista delle sue opere. @Shutterstock https://ift.tt/2YIFF6K Tour per scoprire Murano, Burano e Torcello Una volta arrivati a Venezia potrebbe valere davvero la pena valutare la scoperta di tre delle isole più importanti della sua area urbana, sia a livello artistico che a livello storico. Le isole di Murano, Burano e Torcello sono estremamente interessanti per comprendere appieno l’atmosfera, la storia e persino le origini di una delle città più belle del mondo. La visita può essere pianificata in totale autonomia oppure prenotando una piacevole gita in barca accompagnati da una guida. Scopriamo adesso cosa vedere a Murano, Burano e Torcello. Cosa vedere a Murano L’isola veneziana di Murano è senza dubbio uno dei luoghi più famosi, a livello internazionale, della laguna di Venezia. Lo scenografico canale dei Marini collega tra loro i sette isolotti che costituiscono in realtà Murano e il suo emozionante intrico di calli, palazzi e chiese, le cui antiche pietre catturano la luce perlacea della laguna. L’antica Amuriana, il cui nome indicava un tempo una delle porte d’accesso alla città romana di Altino, abbandonata all’epoca delle invasioni barbariche, per oltre sette secoli vive all’ombra di Venezia, godendo però dalla fine del Duecento di una discreta autonomia, che le consentiva persino di battere moneta. Il destino di Murano si lega indissolubilmente all’arte della lavorazione del vetro nel 1295, quando per motivi di sicurezza Venezia decide di trasferire sull’isola le sue vetrerie. Murano diventa così il centro esclusivo di produzione del vetro della Serenissima, nonché luogo di villeggiatura per le nobili famiglie veneziane. Dei 18 luoghi di culto presenti a Murano prima dell’arrivo delle truppe napoleoniche, oggi ne rimangono soltanto tre: il Duomo dei Santi Maria e Donato, la chiesa di San Pietro Martire e quella di Santa Maria degli Angeli. Le chiese di Murano e il Museo del vetro Il Duomo di Murano è facilmente riconoscibile per la sua abside a pianta esagonale, d’ispirazione ravennate. La sua fondazione risale probabilmente al VII secolo d.C. e, oltre a ospitare le spoglie di San Donato, merita una visita per gli stupendi mosaici in stile bizantino che ricoprono il pavimento della chiesa (1140) e quello raffigurante la Madonna Orante. Sempre d’ispirazione bizantina risulta la chiesa di Santa Maria degli Angeli, il cui interno è introdotto da un cancello ornato da un bassorilievo raffigurante l’Annunciazione realizzato dallo scultore lombardo Antonio Rizzo (1430-1499) in marmo d’Istria. L’interno, visitabile solo su appuntamento, conserva il soffitto abbellito da quaranta tondi dipinti attribuiti al cinquecentesco pittore ravennate Nicolò Rondinelli, alcune tele ottocentesche del veneziano Fracesco Zugno, la Madonna in Gloria e Santi di Palma il Giovane, una tela seicentesca di Antonio Molinari, gli intrecci in marmo di Carrara che adornano l’altare maggiore risalente alla fine del Seicento e infine l’Annunciazione (1537) che adorna la pala d’altare realizzata dal Pordenone. La terza e ultima chiesa di Murano scampata alle razzie napoleoniche di inizio Ottocento è la chiesa di San Pietro Martire, risalente alla metà del Quattrocento. Ricostruita in seguito a un incendio nel 1511 in mattoni a vista, presenta all’esterno un bel portale sovrastato da un rosone rinascimentale e, sul fianco sinistro, un portico in stile gotico appartenente al chiostro della chiesa di Santa Chiara, non più esistente e che oggi ospita uno spazio per eventi e una fornace che permette di assistere alla lavorazione del vetro. L’interno conserva il Battesimo di Cristo attribuito al Tintoretto, la pala d’altare di Giovanni Bellini raffigurante la Vergine con Bambino, Angeli Musicanti e Santi (1488), detta “del Barbarigo” in quanto vi è rappresentato il doge Barbarigo, e proveniente dalla chiesa di Santa Maria degli Angeli insieme alla tela con San Girolamo nel Deserto opera di Paolo Veronese, così come la tela raffigurante Sant’Agata in carcere, situata nella navata opposta. Si segnala infine la pregevole cappella dei Ballarin, costruita nel 1506 per volere di Giorgio Ballarin con una copia della gigantesca (2 m. x 3) pala d’altare raffigurante il Martirio dei Padri Domenicani oggi esposto alla National Gallery di Londra. Restano infine da vistare il faro di Murano, realizzato in marmo d’Istria nel 1912, il Museo del Vetro, ospitato nel gotico palazzo Giustinian, antica sede municipale prima che fosse spostata definitivamente nelle sale del palazzo Da Mula, vero capolavoro duecentesco e perfetta commistione di gotico e veneto-bizantino. Il percorso museale, al quale già dal 1862 gli è stata affiancata una scuola di formazione, illustra non solo l’evoluzione dell’arte vetraia ma anche la storia della comunità muranese. Alcune fabbriche del vetro tuttora attive, infine, permettono anche la possibilità di organizzare un tour guidato e assistere a una dimostrazione di soffiatura del vetro. Cosa vedere a Burano Le origini dell’isola di Burano sono molto simili a quella di Murano, che deve il nome a un’altra porta dell’antica città di Altino: Boreana, cioè bora, il potente vento di nord-est. Anche l’isola di Torcello è stata fondata nello stesso modo e ha sempre preso nome da una delle porte di Altino. Fino all’anno Mille, sull’isola di Burano c’erano solo palafitte e casoni fatte di canne e fango. L’attività artigianale del merletto, per la quale l’isola divenne famosa in tutta Europa, fu introdotta da Venezia sempre tra il XII e il XIII secolo. Una leggenda narra che il merletto di Burano nasca in realtà dalla schiuma del mare colpita dalla coda di una sirena incontrata da un mercante buranese in Oriente tanto era l’entusiasmo per la morbidezza di questo tessuto finemente ricamato. La fortuna e lo sviluppo dell’isola non conobbe mai battute di arresto, grazie anche al fatto di essere particolarmente ventosa, come suggerito dal nome. Ciò permise essenzialmente a Burano di tenere lontana la malaria. I Tre Ponti di Burano e il Museo del Merletto Ancora oggi il centro storico di Burano è suddiviso nei suoi cinque rioni di epoca medievale: San Martino Destro e Sinistro, San Mauro, Giudecca e Terranova. Cuore dell’isola è piazza Baldassarre Galuppi, costruita interrando uno dei canali che ancora l’attraversano. Qui si affacciano la seicentesca chiesa di San Martino, con il suo campanile pendente, e l’adiacente oratorio di Santa Barbara, mentre sulla piazza si notano un cinquecentesco pozzo in pietra d’Istria e la statura dedicata al compositore buranese Baldassarre Galuppi (1796-1785), realizzata dal celebre scultore, suo concittadino, Remigio Barbaro (1911-2005). All’interno della chiesa, assolutamente da non perdere è senza dubbio la Crocifissione di Giambattista Tiepolo, insieme ad alcune tele cinquecentesche di Giovanni Mansueti. Da notare, prima di uscire, la pregevole porticina del tabernacolo e il sarcofago in marmo dello scultore Remigio Barbaro. Allontanandosi dalla piazza si incontra poi la chiesa di Santa Maria delle Grazie, o delle Cappuccine, sconsacrata nel 1810 e utilizzata poi come squero (antica rimessa per le barche), laboratorio per la costruzione dei carri di carnevale e, ancora oggi, sede di mostre d’arte ed eventi. Un’altra eccellenza artigianale per la quale è nota Burano sono infatti le maschere di cartapesta per il carnevale. Il punto più suggestivo di Burano è certamente quello dei Tre Ponti, il punto nel quale si incrociano i canali che collegano i rioni di Burano e tre delle vie più importanti del borgo: via San Mauro, via San Martino Sinistro e via Giudecca. Lungo queste calli si sente forte il richiamo della laguna e la luce si spande sulle facciate delle case colorate, sulle pietre della romantica Pescarìa Vecia e della casa di Remigio Barbaro, o ancora all’interno dei due meravigliosi chiostri, trecentesco uno e quattrocentesco l’altro, del monastero di San Francesco del Deserto, fondato nel 1230 su di un minuscolo isolotto di fronte a Burano, e ancora oggi abitato dai frati. Resta infine da vedere il museo del Merletto, le cui sale illustrano molto bene l’evoluzione di questa arte artigianale attraverso l’esposizione di oltre cento esemplari realizzati dalla storica scuola dei Merletti di Burano, dove ancora oggi dal 1872 si tramanda la sapiente arte di ricamare la schiuma del mare. Cosa vedere a Torcello Il toponimo, proveniente da un’altra porta della città romana di Altino, forse derivava dal latino torculum (torchio) o torricellum (piccola torre). A differenza di Burano, la vita su Torcello ha sempre dovuto affrontare calamità naturali ed epidemie, rendendo così altalenante il suo sviluppo. Nell’XI secolo Torcello è la fiorente testa di ponte dei commerci di Venezia, nonché l’isola più ricca e fiorente di tutta la laguna, grazie anche a una vivace produzione vinicola. Fino al XV secolo è inoltre un importante centro di lavorazione della lana, ma successivamente comincia per l’isola un lento ma inesorabile declino, che però ne permette anche la sua cristallizzazione architettonica. Oggi Torcello conta meno di una ventina di abitanti e conserva, oltre a un fascino rurale senza tempo che non ha eguali nell’intera laguna, alcuni tra gli edifici religiosi più significativi di tutta l’area urbana di Venezia, raccontando con la loro presenza le origini della città stessa. Le chiese di Torcello e il Museo L’isola di Torcello si raggiunge in circa 5 minuti di traghetto da Burano. L’abitato è costituito da una manciata di case disposte lungo entrambe le sponde un rio, all’estremità settentrionale dell’isola. Tutto è circondato da file ordinate di vigneti e lunghe barene che delimitano la terra dalle acque della laguna. Con una breve e piacevole passeggiata è possibile raggiungere il cuore dell’abitato, superando il suggestivo ponte del Diavolo che attraversa il rio. Si tratta in realtà di una semplice passerella in muratura senza sponde laterali che permette di raggiungere un secondo ponte e infine la piazza di Torcello, ancora oggi in terra battuta. Qui si incontra il curioso trono di Attila, un antico seggio di epoca bizantina o longobarda, che forse apparteneva al vescovo di Torcello in quanto storicamente Attila non raggiunse mai la laguna veneta, ma si fermò ad Aquileia. Sulla piazza si affacciano alcuni tra i più pregevoli monumenti dell’area metropolitana di Venezia. La chiesa di Santa Fosca (XI-XII secolo) ha una pianta a croce greca ed è introdotta da un bel porticato con colonne di marmo, mentre il quattrocentesco e gotico palazzo del Consiglio con l’adiacente palazzo dell’Archivio ospitano oggi il museo di Torcello. Il percorso museale espone numerosi reperti di età romana, bizantina e medievale, documentando così la lunga storia dell’isola. Da segnalare nella sezione archeologica un vaso attico del 400 a.C. e una testa maschile velata in argilla del II secolo a.C. La sezione medievale e moderna ospita invece alcune opere della scuola del Veronese e sculture lignee policrome cinquecentesche realizzate da maestranze locali. La basilica veneto-bizantina di Santa Maria Assunta, invece, si trova un poco discosta dalla piazza principale, risale al VII secolo d.C. e il suo campanile imponente svetta solitario sul paesaggio lunare circostante. Questa antichissima chiesa, un tempo dotata anche di battistero dedicato a San Giovanni, conserva tutti gli elementi di un tempio paleocristiano. Preceduto da un colonnato dell’XI secolo, l’interno è impreziosito da un notevole mosaico in stile bizantino con il Giudizio Universale posto sulla controfacciata. Con una piacevole escursione attraversando orti e campi si raggiunge infine la casa museo del pittore, scultore e mosaicista bellunese Lucio Andrich (1927-2003): una semplice casa di pescatori affacciata sulla palude della Rosa e il circostante paesaggio lagunare, che l’artista rese protagonista delle sue opere. @Shutterstock Murano, Burano e Torcello sono le tre isole principali di Venezia e sono ricche di attrazioni da scoprire, soprattutto antiche chiese e musei.
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2 anni fa finale Eurocup Avellino-Venezia 🏀💚🐺 (presso Curva Sud Pala Del Mauro) https://www.instagram.com/p/B_ZQHnYI-HK/?igshid=joaw6i1iir6u
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Calcio a 5 - Il Napoli vince un altro derby, poker azzurro al Pala Del Mauro | www.calcionapoli24.it
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Comunicato 765: Il 5 maggio al Palasassi spareggio quarti Play Off tra Olimpia Matera e Bisceglie
Il terzo confronto in otto giorni succede alle due reciproche affermazioni casalinghe del 28 aprile e del 1° maggio scorsi. Diretta streaming sul canale You Tube.
Domenica prossima, 5 maggio 2019, con inizio alle ore 18.00, l’Olimpia Matera affronterà Bisceglie al Palasassi nella terza e ultima gara dei quarti di finale Play Off di Serie B “Old Wild West” di pallacanestro. I due incontri precedenti hanno visto prevalere il fattore campo, sancendo la vittoria in gara uno di Matera al Palasassi (il 28 aprile per 74 a 73) e quella in gara due di Bisceglie al Pala Dolmen (64 a 47 il 1° maggio). La vincente dello spareggio supererà il turno ed affronterà in semifinale San Severo, uscita vincitrice dal doppio confronto con HSC Roma.
La partita al Palasassi sarà arbitrata da Matteo Spinelli e Mauro Davide Barbieri di Roma e sarà visibile in diretta streaming sul canale YouTube della Lega Nazionale Pallacanestro (collegamento semplificato: www.olimpiamatera.it/MTBSTV3).
La partecipazione dell’Olimpia ai Play Off non è mai stata in discussione lungo tutto l’arco della stagione regolare, che la formazione materana ha disputato più che dignitosamente, occupando dal primo al quarto posto – posizione con cui ha terminato il campionato vantando quarantadue punti con ventuno partite vinte e nove perse, di cui soltanto due al Palasassi; il fortino ha sempre fornito, con il suo pubblico, un solido supporto per la vittoria finale, e anche domenica rappresenterà il “sesto uomo” capace di scandire i tempi per il conseguimento della vittoria.
“Sorprendente” è l’aggettivo più ricorrente utilizzato per descrivere la squadra di coach Agostino Origlio: partita quasi in sordina ad inizio di stagione, già nelle prime gare di campionato ha dimostrato coraggio da vendere e attitudine al sacrificio. I giocatori hanno profuso un notevole impegno sia in partita, sia negli sfibranti allenamenti affrontati con grande abnegazione e nel nome di una vera amicizia; questa, si è immediatamente imposta quale ingrediente fondamentale di una ricetta ammirata da molti addetti ai lavori, inclusi gli avversari di tante sfide.
Va ricordato che il Girone D della Serie B ha portato a disputare i Play Off, oltre all’Olimpia, una serie di formazioni tra le più rinomate del basket italiano: Caserta, Palestrina, Salerno, Reggio Calabria, Napoli, Luiss e HSC Roma. La sfida con queste illustri antagoniste è sempre stata vivace e improntata all’espressione della migliore pallacanestro: raramente il pubblico di Matera ha potuto assistere a così tante partite vincenti ed entusiasmanti in un solo campionato: un’occasione quanto mai propizia, nell’anno in cui la Capitale Europea della Cultura è celebrata in tutto il mondo per la sua straordinaria unicità.
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Spettri
Nell’incantevole cornice del Teatro di Documenti va in scena un’interessante versione di Spettri,il dramma scritto da Ibsen nel 1881, durante il suo soggiorno a Roma e Sorrento. Il regista Giuseppe Venetucci e un’affiatata squadra di attori immergono il pubblico nell’universo poetico del drammaturgo norvegese. La luce fioca dei paesaggi scandinavi avvolge le coscienze dei personaggi, implicati in…
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#Alessandro Pala Griesche#Chiara Fabbri#Giovanna Mangiù#Giuseppe Venetucci#Henrik Ibsen#Mauro Santopietro#Nunzia Greco#Piergiorgio Fasolo#Recensione Spettri
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di Stefania Mezzina
SAN BENEDETTO – “Formazione sperimentale: sopravvivenza e salvataggio in caso di caduta in mare”, è il titolo dell’evento formativo, rivolto agli operatori di Protezione Civile, promosso dalla Federazione Italiana salvamento Acquatico.
Si è tenuto a San Benedetto del Tronto, presso la sede della Fisa e condiviso con il capo di Protezione Civile della Regione Marche, dott. David Piccinini e fortemente voluto dal Funzionario del volontariato Protezione Civile, dott. Mauro Perugini.
Il progetto formativo si è sviluppato in più incontri didattici, (il prossimo è in programma domenica 8 settembre, a Porto S.Giorgio) atti ad unificare le procedure nell’ ambito del volontariato. Un unico linguaggio, dunque, per per tutti i soccorritori che saranno chiamati nelle situazioni emergenziali. L’evento ha visto la presenza di relatori ed ospiti d’eccezione, a testimonianza della qualità del momento formativo.
Erano presenti, infatti, il funzionario responsabile del Volontariato Regione Marche, dottor Mauro Perugini, gli operatori regionali Lucia Budini, Carlo Alberto Neri e Maria Carla Pirelli, il maresciallo Paolo Antolini, infermiere fisiopatologo subacqueo del I° Nucleo operativo sommozzatori della Capitaneria di Porto, il maresciallo Danilo Del Carro, I° Nucleo operativo sommozzatori Capitaneria di Porto, l’ufficiale Giuseppe Pala dell’Accademia Navale Capitaneria di Porto, il presidente nazionale della FISA, Raffaele Perrotta, i responsabili provinciali di Protezione Civile delle associazioni e dei gruppi comunali, Iole Egidi e Andrea Sebastiani.
Il maresciallo Danilo Del Carro ha relazionato sui ruoli istituzionali del nucleo operativo dei sommozzatori della Guardia costiera e le finalità dei rescue swimmer negli scenari dell’ immigrazione, tema questo di grande attualità, mentre il tema trattato dal maresciallo Paolo Antolini è stato quello dei possibili incidenti iperbarici e la loro gestione.
Con il presidente Perrotta si è entrati nel vivo dell’attività, nel tratto di mare, in zona Sentina, a San Benedetto del Tronto, con la teoria del soccorso a terra e in mare, normative vigenti, i pericoli della spiaggia, il progetto Baby Rescue, i nodi. Particolarmente apprezzata da l’attività svolta in mare, con l’ausilio del gommone, con la dimostrazione del salvamento in mare di un pericolante con l’esecuzione delle tecniche natatorie e le procedure che il caso richiede.
“La FISA – afferma Raffaele Perrotta- dal giorno della sua nascita, porta avanti iniziative di propaganda informativa atte all’omogenizzazione di tutte quelle che sono i protocolli riguardanti procedure e tecniche per la salvaguardia di tutti coloro che si trovano in situazioni di emergenza. Un unico linguaggio, per abbattere ciò che ora rappresenta un limite. La mission della FISA viene portata avanti con grandi capacità professionali non solo dai maestri ed istruttori ormai veterani nell’ambito dell’insegnamento ma soprattutto dai soccorritori acquatici brevettati, che con il loro continuo operare divulgano quelle informazioni che stanno diventando la base per una crescita collettiva.
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É brisa que fala? No Arraiá da sequela você não joga nem um segundo de brisa fora! Tem atração pra todo lado ❤ . 🔥MÚSICA Mauro Farina (Freebeats) ° DJ Thasol ° Pvscon . 🔥LARICAS COMIDAS JUNINAS ° VINHO QUENTE E QUENTÃO ° DRINKS E OUTRAS BEBIDAS . 🔥EXPERIÊNCIAS ° Brisas visuais por Tripical ° Foto brisada: Você poderá levar uma foto sua na festa para casa em formato Polaroid, procure a ação do Micasa 420 na festa, siga os passos e ganhe a sua! °Caça ao tesouro, e o prêmio é O BICHO, pra dar uma turbinada no kit pala °Bud elegante - Correio elegante versão verdinha ° Flash tatoo . ◤◥ INGRESSOS ◤◥ https://arraiadasequela.eventbrite.com.br Link para compra 👆 . 🔥LOCAL 150metros da linha verde. 🍁 DIVULGAREMOS O ENDEREÇO APENAS 24HS ANTES DO EVENTO 🍁 Para ter acesso a essa informação você precisará atualizar o seu ingresso pelo site ou app da Eventbrite . #420 #festa #festajuninha #arraial #710 #ganja #marijuana #sp #fds
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Favorite tweets: No, chiquito. Mauro Zárate no viene a Boca por la guita. Jugó en Europa y estuvo en Arabia y Qatar juntando petrodólares con una pala hidráulica. Viene a Boca por la gloria, porque somos el más grande de América y tenemos una pija kilométrica. Totalmente lógica su decisión. https://t.co/DWLTHhw0YM— PC (@CaglioloPablo) July 2, 2018
http://twitter.com/CaglioloPablo
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La 19° giornata del campionato di Legabasket ci offre, stranamente all’orario canonico delle 18.15, il match tra Avellino e Pistoia. Dico “stranamente” perché ormai, con la deriva che sta prendendo questo basket, risulta difficile sostenere i propri colori al classico orario delle 18.15 domenicali, infatti questa è stata l’unica partita giocata a questo orario.
Le due squadre si presentano con una situazione di classifica diametralmente opposta: Avellino è prima in classifica a pari punti con Milano, Venezia e Brescia ed arriva da una schiacciante vittoria in casa di Torino; mentre Pistoia è invischiata nella lotta per la salvezza, ma viene da una bella vittoria casalinga con Cremona che le ha permesso di allungare sulla zona retrocessione.
Il Pala Del Mauro, nonostante il primato e l’imminente partecipazione alle Final8 di Firenze, presenta parecchi spazi vuoti nelle due tribune, mentre in Curva Sud si nota qualche buco solo nella parte superiore. La parte inferiore invece è occupata dagli Orignal Fans dove, oltre al loro striscione, trova spazio qualche pezza tra cui quella de “Il branco”, gruppo di tifosi Avellinesi del nord Italia. Nel settore ospiti sono presenti 15 pistoiesi dietro lo striscione “Baraonda”.
Poco prima della palla a due viene esposto uno striscione dagli ultras avellinesi: “F8 Firenze: nessuna autorizzazione per la nostra passione”. Il riferimento è alle imminente Final Eight di coppa Italia laddove sarà obbligatorio autorizzare preventivamente ogni bandiera e striscione che rechi una qualsivoglia scritta o simbolo. Lo stesso striscione è stato esposto contemporaneamente, in questo turno di campionato, anche da altre tifoserie che saranno presenti in quel di Firenze.
Quando comincia la partita, dopo i primi minuti di equilibrio Avellino prende il largo e termina il primo quarto in vantaggio 24-17. Il tifo Avellinese è costante, accompagnato dallo sventolio di qualche bandierina e di un paio di bandieroni, mentre i pistoiesi cercano di farsi sentire con cori secchi anch’essi accompagnati da un paio di bandierine e da un bandierone. L’andamento della partita è a senso unico, così il pubblico del Pala Del Mauro segue con più frequenza il tifo degli Original Fans. Si va all’intervallo sul punteggio di 51-35.
Nei secondi due quarti il copione non cambia, Avellino continua a dominare e il tifo biancoverde è sempre più caloroso. I tifosi biancorossi ormai non cantano più, delusi ed arrabbiati per l’ennesima sconfitta in trasferta e l’ennesima prestazione indecente della propria squadra. Nel finale continua la festa degli irpini che saltano e ballano al ritmo di “Despacito”.
Quando suona la sirena finale i tifosi pistoiesi hanno già abbandonato il settore ospiti, amareggiati per l’atteggiamento fin da subito arrendevole messo in campo dai propri giocatori. Gli avellinesi invece fanno festa per il 101-71 finale e si apprestano a seguire con entusiasmo i propri colori giovedì 15 al Mandela Forum, nel confronto valido per i quarti di finale di Coppa Italia contro Cremona.
Tifo Toscano
Avellino – Pistoia, basket: «Nessuna autorizzazione per la nostra passione» La 19° giornata del campionato di Legabasket ci offre, stranamente all'orario canonico delle 18.15, il match tra Avellino e Pistoia.
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