#Libero Andreotti
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luminous-void · 2 years ago
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Libero Andreotti, Gorgon, 1911
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fashionlandscapeblog · 9 months ago
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Libero Andreotti
Les trois Parques, 1910
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artefavoriteado · 2 years ago
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Brandano Pescatore by Italian artist Libero Andreotti
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elparra · 2 years ago
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The rest of the findings:
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Two Sculptures by Recycle Group (Andrey Blokhin and Georgy Kuznetsov)🇷🇺
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Brandano Pescatore by Libero Andreotti🇮🇹
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Digital sculpture (or whatever "I let my computer calculate pieces of flesh" means) by Franck Besançon 🇫🇷
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sic-t-g-m · 2 years ago
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Libero Andreotti, Gorgon, 1911
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lux-vitae · 2 years ago
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Gorgone (Gorgon) by Libero Andreotti (1911)
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europeansculpture · 8 years ago
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Libero Andreotti (1875-1934)
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sonjatwogreyhounds · 2 years ago
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Augusto Chini(catalogo Pandolfini)
Augusto Chini (second of his name), born in Florence 1904, son of Chino and grandson of Augusto (first of his name) a, studied at the Scuola d'Arte di Santa Croce, pupil of Libero Andreotti and completed his training by graduating in sculpture at the Accademia di Belle Arti in Florence, under the guidance of Domenico Trentacoste.From the mid-1920s he worked at his father's ceramics factory 'Fornaci di San Lorenzo', his small sculptures adorning the vases after 1920, which he inherited, together with his elder brother Tito, around the beginning of the 1930s.In 1925 it was he who directed the production destined for the ceramic decoration of the pavilions of the International Exhibition in Paris.Augusto Chini dies in Borgo San Lorenzo, in 1998
the #sighthound #bulletin
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corallorosso · 3 years ago
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DUE MAGLIETTE ROSSE NELLO STADIO DELLA MORTE. IL GIORNO CHE PANATTA SFIDÒ PINOCHET Ritengo che pochi eventi quanto i rifiuti, o le proteste, degli sportivi siano in grado di raccontare l'orrore delle dittature sudamericane degli anni settanta del secolo scorso. Questa volta non c'è un pallone da inseguire o una palla ovale insanguinata. In questo racconto non c'è un hombre vertical che si oppone a un regime. Questa volta ci sono delle racchette da tennis e delle magliette rosse. Ricostruiamo gli eventi che portarono quelle maglie rosse nella storia. Tra il 24 e il 27 settembre del 1976 si svolsero le semifinali di coppa Davis. A Roma si incontrarono l'Italia e l'Australia. Vinse la nostra nazionale 3 - 2 grazie alle vittorie nei singolari di Panatta e Barazzutti ed alla vittoria del doppio composto da Bertolucci e lo stesso Panatta. Nell'altra semifinale avrebbero dovuto incontrarsi l'Unione Sovietica e il Cile ma l'Unione Sovietica si rifiutò di scendere in campo in segno di protesta contro il regime di Pinochet: il Cile passò quindi in finale senza aver disputato l'incontro. In conseguenza al boicottaggio della semifinale, l'URSS fu sospesa dalle due seguenti edizioni della Coppa Davis. Subito dopo il successo in semifinale, in Italia cominciò un dibattito circa l'opportunità di partecipare alla finale. La gara, infatti, si sarebbe disputata in Cile, paese retto dalla dittatura di Pinochet e il campo di gioco si trovava nel complesso dello Stadio Nazionale, divenuto uno dei simboli della repressione del regime perché, negli anni precedenti, era stato usato come campo di concentramento per gli oppositori politici. La partecipazione italiana era contestata da numerosi gruppi politici, soprattutto di sinistra, con proteste a mezzo stampa e in piazza. Un gruppo di giovani arrivò ad occupare i locali della Federtennis urlando "Non si giocano volée con il boia Pinochet". Cortei e cori presero di mira Panatta, reduce da una stagione felice in cui aveva conquistato i due più importanti tornei del mondo su terra rossa: Roma, sconfiggendo l'argentino Guillermo Vilas; e Parigi, battendo l'americano Harold Solomon. "Panatta milionario, Pinochet sanguinario", era lo slogan più frequente. Adriano, animo di sinistra per tradizione familiare, soffrì la contestazione. Il governo, guidato da Giulio Andreotti, e il Coni preferirono non prendere posizione, lasciando la decisione alla Federazione italiana tennis. In tutto questo fragore chi giocò un ruolo fondamentale fu Berlinguer. Panatta, raccontò con queste parole l'intervento del leader del Pci: "Per il segretario del Pci non sarebbe stato giusto che la Coppa finisse nelle mani del Cile del regime-Pinochet piuttosto che nelle nostre. Da lì in poi la strada verso la partenza si fece in discesa. Fu come un libera-tutti. Il governo Andreotti disse che lasciava libero il Coni di decidere, quest'ultimo lasciò libera la Federazione e di fatto ci ritrovammo a Santiago, liberi di vincere. Grazie a Berlinguer". Adriano conobbe alcuni dettagli solo anni dopo, "Come il fatto che Berlinguer si era in qualche modo sentito con il leader comunista cileno Luis Corvalan e che quest'ultimo lo aveva messo in guardia sulle ricadute politiche, favorevoli al dittatore, di un eventuale boicottaggio". In realtà, dietro l'intervento del segretario del Pci ci fu il concreto rischio che l'ipotesi boicottaggio potesse saldare un improvviso consenso nazionalistico in Cile, utilizzabile poi da Pinochet. In conclusione la Federazione italiana Tennis autorizzò la partecipazione. Il 17 dicembre 1976 l'Italia si giocò la Coppa Davis in Cile, in un clima surreale. I primi due singolari furono vinti da Barazzutti e Panatta. Il giorno seguente era un programma il doppio. Il mattino Panatta chiese a Bertolucci, suo compagno, d'indossare una maglietta rossa e non la classica divisa. Dopo un'accesa discussione tra i due, Paolo Bertolucci accettò la provocazione di Panatta. Fillol e Cornejo indossarono polo bianche e calzoncini celesti; Panatta e Bertolucci magliette rosso fuoco e calzoncini bianchi. Gli italiani vinsero il doppio e la Coppa Davis onorando le vittime della repressione di Pinochet. Perché utilizzarono le magliette di color rosso? ll rosso era il colore dell’opposizione a Pinochet. il colore che le donne portavano nelle piazze, il colore della protesta, del coraggio e del sangue. Il colore utilizzato dalle donne cilene, i cui figli, fratelli, padri o mariti erano stati torturati, uccisi. Fabio Casalini
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rideretremando · 4 years ago
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"In Italia negli ultimi 28 anni, dall'ultimo Governo Andreotti (giugno 1992), ci sono stati 18 Governi.
Di questi 8 sono stati di centrosinistra o comunque guidati da un esponente del Pd (Prodi, D'Alema 1, D'Alema 2, Amato 2, Prodi 2, Letta, Renzi, Gentiloni), . Ci sono stati 4 Governi tecnici o di larga coalizione (Amato, Ciampi, Dini, Monti) di cui 3 appoggiati dai Ds o dal Pd. C'è stato poi l'ultimo Governo Conte con la partecipazione del Pd. I Governi di centrodestra sono stati 4 (4 Governi Berlusconi). C'è stato poi il Governo Conte con Lega e 5 Stelle.
Su 18 Governi i Ds prima e il Pd poi ne hanno quindi appoggiati 12.
Dal giugno 1992 sono passati 28 anni e mezzo, circa 344 mesi. Di questi, i Ds e Pd ne hanno passati a spanne 197 al Governo o appoggiando un Governo. Si tratta di 16 anni abbondanti. L'ultimo Governo di centrodestra “puro” è stato nel 2011. Dieci anni fa.
In questi 28 anni, di cui 16 passati al Governo, le politiche di bilancio sono state il vostro faro. Eppure il debito pubblico è aumentato. Non per gli sprechi, non per la mancanza di tagli. Per gli interessi che avete garantito a Banche e finanza.
Avete Governato in nome della Costituzione. Ma la Costituzione – se proprio la cosa dovesse interessare – è stata sfigurata con la riforma del titolo V e con l'inserimento del pareggio di bilancio.
Non ricordo una singola legge significativa del centrodestra abolita da un governo di centrosinistra.
Anzi, le une hanno seguito le altre. Turco-Napolitano, Bossi Fini, Orlando-Minniti, Decreti Sicurezza Conte 1 e poi Conte 2. Pacchetto Treu-Legge 30-Poletti-Fornero-Jobs Act. L'età pensionabile è passata da 35 anni con il retributivo all'attuale giungla (41-42 con il contributivo...)
28 anni in cui il precariato è stato creato, normalizzato, fatto dilagare. L'articolo 18 è stato attaccato da Berlusconi, finito da Renzi. Reintrodotto da nessuno. E nessuno più nemmeno lo nomina. La quota di ricchezza prodotta destinata ai salari è diminuita. Quella diretta al capitale, sotto le sue svariate forme ma comunque ogni giorno più parassitarie, è aumentata. E' peggiorata la tassazione. A sfavore di chi ha meno. Ovviamente.
Diventerebbe troppo lungo fornire dati e statistiche. Ma li potete reperire facilmente: aumentata la diseguaglianza, aumentata la povertà assoluta e relativa, il divario tra nord e sud. E' stato privatizzato tutto. Svenduto. Smantellata la rete ferroviaria periferica. Avete foraggiato la Fiat senza scrupolo. Eppure, sempre se la cosa può interessare, la produzione automobilistica è stata dimezzata. E risparmio la parte sulla politica estera: Iraq, Kosovo, Libano, Libia, Afghanistan ecc.
Così come non nomino nemmeno gli archivi, le stragi, i morti ammazzati in piazza o in carcere. Nulla si sapeva e nulla avete fatto sapere. Anche se in fondo noi già sappiamo tutto.
Non sono così provinciale da pensare che tutto è stato deciso da quei Governi. Ci sono tendenze di sistema, internazionali. Ma di questi meccanismi siete stati comunque fedeli interpreti.
E in 28 anni ne passano di vite. Vite che in condizioni diverse, sarebbero appunto state diverse. Vite giù in fondo al Mediterraneo, passate a 800 euro al mese in affitto invece che in una casa popolare o con affitto equo, ad abbandonare gli studi, a pregare per un rinnovo contrattuale ogni mese, dietro a un disabile o un anziano senza assistenza, a perdere qualcuno per malasanità, ad aprire un finanziamento per un intervento dentistico, a morire sul lavoro invece che a godersi la pensione.
Ma c'è un indicatore che non si misura. Lo vede chi vuol vedere. Lo si respira nell'aria, per chi non ha ormai il naso completamente tappato. Ed è quello dell'impoverimento intellettuale, dell'abbruttimento del paese. Impoverimento intellettuale guidato da fior fior di intellettuali e laureati, si intende.
Perchè prima di tutto in 16 anni di Governo e 12 di timida opposizione (per essere gentili) siete stati maestri della rassegnazione, grandi annunciatori dello stato di necessità, giocolieri del meno peggio. Entrare nell'Europa, i parametri di Maastricht, il deficit del 3%, se no torna Berlusconi, se no arriva Salvini, lo spread, in questa situazione non si poteva fare altrimenti. Ogni giorno aveva la sua giustificazione. E i giorni sono diventati anni.
E negli anni termini come “Governo al servizio della Borsa” sono passati da negativi a positivi. “Uomo con ideali” è diventato uno scherzo. “Coerente” è diventato sinonimo di ingenuo. Prima avete resistito a convocare scioperi e lotte, poi li avete convocati senza nessuna efficacia. Avete distrutto il concetto di opposizione, avete introiettato ovunque la logica del Governo amico. Il Governo è sempre amico. Se stai fuori, che cosa fai? Una logica che capillarmente è scesa giù: nelle associazioni, nei sindacati, nei comitati di cui siete “amici”, componenti, spesso dirigenti.
Un governismo che ora non ha più nemmeno responsabilità. Non è mai colpa di chi dirige. E' colpa di chi lo intralcia. Perchè l'individuazione emotiva del capro espiatorio e contemporaneamente la sudditanza verso chi ha realmente in mano il potere si sono affinate all'inverosimile.
Lasciate sole, nella più completa confusione, le classi popolari si sono buttate nelle braccia di un comico. Ma era tutto uno scherzo. Del resto lui era un comico.
Il razzismo si è diffuso. Berlusconi è sempre lì. E' invecchiato libero, ricco e con le sue televisioni. La Lega è stabilmente oltre il 20%, Fratelli d'Italia cresciuti dal 2-3% al 15.
Che abbiate governato “perchè se no torna la destra” o in grande coalizione “perchè ormai non c'è più né destra né sinistra”, le vostre erano semplicemente profezie auto-avveranti. Esiste solo il grande partito del capitale. Come sempre. Solo che ora non ha più vergogna di mostrarsi."
Dario Salvetti
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chaoticnutcase · 3 years ago
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Libero Andreotti, 1875-1933
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rassegnaopere · 4 years ago
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Gio Ponti e Libero Andreotti, Cista: La migrazione delle sirene, 1928, Porcellana bianca e oro, Società Ceramica Richard Ginori
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giancarlonicoli · 4 years ago
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19 apr 2021 18:10
"LA MAGISTRATURA? UN POTERE AUTOREFERENZIALE PIÙ INTERESSATO ALLA POLITICA INTERNA CHE A QUELLA NAZIONALE" - L'AVVOCATO FRANCO COPPI PRENDE A LEGNATE LE TOGHE: "VEDO TROPPA ANARCHIA NEI TRIBUNALI, OGNI GIUDICE FA QUEL CHE GLI PARE E I PROCESSI SFOCIANO IN SENTENZE IMPREVEDIBILI. AVREI PAURA A ESSERE GIUDICATO DA QUESTA MAGISTRATURA - NON È AMMISSIBILE CHE SI DIVENTI MAGISTRATI, ACQUISTANDO DIRITTO DI VITA E DI MORTE SUGLI ITALIANI, DOPO DUE O TRE COMPITINI DI LEGGE. IL PROCESSO AD ANDREOTTI? NON SI SAREBBE DOVUTO TENERE. QUELLO A BERLUSCONI L'HO VINTO SUI FATTI. LE CENE DI ARCORE? CI SAREI ANDATO, E MI SAREI PURE DIVERTITO"
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Pietro Senaldi per "Libero quotidiano"
«La carriera non può basarsi solo sull' anzianità: il lavoro e le sentenze devono avere un peso negli avanzamenti, sennò anche ad alti livelli ti trovi davanti certa gente...» «Non bastano due o tre esami di diritto per decidere della sorte degli altri per tutta la vita. Vanno testate la morale e l'equilibrio di chi è chiamato a giudicare i cittadini»
«La verità è che la politica ignora i problemi della giustizia, che si abbattono soprattutto sui cittadini comuni, e che ai magistrati interessa più la loro politica interna, correntizia, piuttosto che quella del Palazzo. E la prova è che tutti parlano dei mali dell'amministrazione dei tribunali, però sono discorsi che sento da più di cinquant'anni senza che sia mai stata trovata una soluzione. Anzi, ho l'impressione che, più se ne parla, meno si fa e più i mali della giustizia si aggravano. Prenda la lunghezza dei processi: sembravano eterni già negli anni Settanta, oggi durano ancora di più La ragione di tutto questo? Sciatteria, è la prima parola che mi viene in mente».
C'è un uomo solo che può parlare delle relazioni tra magistratura e politica senza essere accusato di imparzialità, perché ha difeso da pesantissime accuse dei pm i due leader più longevi della storia della Repubblica, Andreotti e Berlusconi, e li ha fatti assolvere, ma non ha mai ceduto alle lusinghe del Parlamento, che pure lo ha corteggiato. La sua toga è immacolata, il suo nome è Franco Coppi.
L'avvocato più famoso d'Italia è disincantato, la passione per il diritto è la stessa di un ragazzino, malgrado gli 82 anni, la disamina è amorevolmente spietata, la diagnosi lascia poche speranze perché non si intravede volontà di ravvedimento operoso. «Riforme ne sono state fatte negli anni», per una volta il tono è quello della requisitoria e non dell'arringa, «ma stando ai risultati sono state quasi tutte inutili, non ho visto miglioramenti».
Franco Coppi, 82 anni, avvocato, giurista e accademico italiano Devo dedurne che la giustizia italiana è irriformabile?
«Nulla lo è, a patto che ci sia la volontà. Riformare davvero richiede il coraggio delle proprie decisioni e la disponibilità a esporsi a critiche anche feroci. Se pensi a quanti voti perdi se separi pm e giudici o se togli l'abuso d' ufficio, non vai da nessuna parte.
Devi fare quel che ritieni giusto, senza curarti delle conseguenze».
I politici dicono che riformare la giustizia è impossibile perché i giudici non vogliono
«Io penso invece che temano di perdere il consenso se toccano la magistratura».
Ma la magistratura non ha perso credibilità negli ultimi anni?
«Comunque meno della politica».
I politici dicono di temere la reazione dei pm, pronti a indagarli se smantellano il suo potere
«Io non credo che ci sia una guerra della magistratura contro la politica tout court. Non creiamo falsi problemi: la magistratura ha un potere enorme ma quello del legislatore è ancora più grande. Se il Parlamento avesse la forza di cambiare la legge, alla fine Procure e Tribunali sarebbero costretti ad assoggettarsi».
Secondo lei quindi è stata la politica a cavalcare la magistratura più che la magistratura a tenere sotto scacco la politica?
«Questa è un'analisi che contiene della verità: certo alcune parti politiche hanno speculato sulle disavventure giudiziarie degli avversari. Sgradevole che quasi sempre sia avvenuto prima della sentenza definitiva, che spesso è stata di assoluzione, come nei processi che ho seguito per Andreotti e Berlusconi. Però, se intendo il senso provocatorio della sua domanda, il fatto che una giustizia così screditata sia in un certo senso funzionale agli interessi della politica è una tesi suggestiva e non infondata».
Ma se la politica non è ferma per timore della reazione della magistratura, perché allora la subisce?
«Sudditanza psicologica? O piuttosto anche una forma strana di indifferenza rispetto ai problemi. Il Parlamento oggi sembra avere dimenticato il motto latino "Iustitia fondamentum regni": con istruzione e sanità, il funzionamento dei tribunali è il cardine di un Paese civile. Noi invece abbiamo messo anche la giustizia in lockdown, ma i danni sono irreparabili».
È così difficile apportare queste modifiche?
«Basterebbero 24 ore. Però temo che uno dei grandi problemi sia il deficit di competenza. La politica in realtà non sa dove mettere le mani per migliorare il diritto. Non ha gli uomini, dovrebbe appaltare la riforma della giustizia a una commissione di una dozzina di giuristi».
I giudici insorgerebbero subito
«Se le proposte fossero concrete e ragionevoli, non potrebbero opporvisi. E anche se lo facessero, chi se ne importa?».
Ritiene che le toghe siano troppo politicizzate?
«Di magistrati ne ho conosciuti tanti. Sono una piccola parte quelli condizionati dalla politica».
Captatio benevolentiae?
«Guardi, ho visto molti più giudici influenzati dall'opinione pubblica, dai giornali o dalle mode che dalla politica. C'è chi mi ha confessato, prima dell' udienza, di essersi fatto un'opinione guardando i talkshow».
Le intercettazioni di Palamara però hanno rivelato che Salvini è a processo perché ritenuto un avversario politico e non un sequestratore di immigrati
«Sarebbe una cosa spregevole».
Cosa pensa di quello che sta venendo fuori sulla magistratura?
«Non tutto è una novità, di certe cose si parlava da tempo. La cosa più sgradevole è il sistema di nomine, tutte raccomandazioni, dispute, calcoli: se fosse davvero così, sarebbe sconcertante».
Che quadro ne emerge della magistratura?
«Un potere autoreferenziale concentrato su se stesso, più interessato alla politica interna che a quella nazionale».
Vede segnali di pentimento nella casta in toga?
«Vedo imbarazzo nei molti magistrati onesti. È auspicabile che l' intera categoria si senta ferita».
Cambierà qualcosa?
«Per cambiare serve volontà. Quel che vedo non mi fa essere ottimista».
Bisognerebbe abolire l'Associazione Nazionale Magistrati?
«L' abolizione del parlamentino delle toghe è un problema che non mi sono mai posto. La sua esistenza mi lascia indifferente: se c'è, è naturale che si divida in correnti, ma i problemi veri della magistratura sono altri».
Quali, secondo lei?
«Vedo troppa anarchia nei tribunali, ogni giudice fa quel che gli pare e i processi hanno spesso sviluppi cervellotici, sfociano in sentenze imprevedibili. Avrei paura a essere giudicato da questa magistratura».
Colpa del Consiglio Superiore della Magistratura?
«Il Csm non può intervenire sui processi ma sui comportamenti deontologici dei giudici. È il capo degli uffici, il Procuratore o il Presidente del Tribunale che deve far lavorare i suoi sottoposti e mettere un argine a decisioni e comportamenti stravaganti. Solo che, appena lo fa, si parla di attentato all' indipendenza del giudice. Invece secondo me è indispensabile un capo che riprenda e metta ordine».
La sua ex collaboratrice, Giulia Bongiorno, ha detto che nell' esame di magistratura bisognerebbe inserire un test psicologico. Lei sarebbe d' accordo?
«Sono d' accordo che servirebbero mezzi di selezione più rigorosi. Non è ammissibile che si diventi magistrati, acquistando diritto di vita e di morte sugli italiani, dopo due o tre compitini di legge. Ci vorrebbero esami più articolati attraverso i quali saggiare anche la preparazione morale e spirituale e l' equilibrio psicologico e politico del candidato».
Ipotizza anche verifiche nel corso della carriera?
«Queste dovrebbero farle i capi dei giudici. In realtà credo che bisognerebbe dare più importanza alla produzione di un giudice per valutarne gli avanzamenti di carriera. Oggi si procede solo per anzianità, ma questo ti porta in processi importanti, magari in Cassazione, a trovarti davanti a giudici che mai avresti immaginato a certi livelli. Dovrebbero contare anche i processi vinti o persi e le sentenze impugnate o cassate. Come in tutti i lavori, il risultato deve avere un peso nella carriera. Trovo molte diversità nei livelli di preparazione di una toga rispetto a un'altra».
Si dice che i giudici non pagano mai per i loro errori
«Lavorare sotto il timore di uno sbaglio che può costare caro toglie serenità e distacco».
Però lei se sbaglia, paga
«Io non ho mai desiderato fare il giudice perché mi angoscerebbe l'idea di decidere sulla sorte di un uomo. Pensi che ci sono certi processi, dove non sono riuscito a far assolvere imputati che ritenevo innocenti, per i quali ancora non dormo la notte a distanza di anni».
Che qualità dovrebbero essere indispensabili per un giudice?
«A parte la preparazione tecnica, che non sempre riscontro, un giudice deve avere equilibrio e umanità, per ricostruire i fatti e valutarli. Deve essere dotato di un alto valore morale e sociale, perché diventa interprete della realtà che sta vivendo».
Si ha l'impressione che certe sentenze vogliano cambiare la società anziché seguirne l'evoluzione
«Talvolta nelle motivazioni dei verdetti c'è la volontà di impartire qualche lezioncina. Però quando parlo di valore morale non voglio dire intento moralizzatore, che è una cosa dalla quale il giudice dovrebbe sempre rifuggire».
Le mutazioni della società hanno portato anche a una proliferazione delle fattispecie di reato
«Alcuni nuovi reati sono inevitabili, come quello che punisce le comunicazioni sociali che manipolano il mercato. Altri sono gratuiti».
Tipo il femminicidio o i reati della legge Zan?
«Talvolta introdurre un nuovo reato serve al legislatore per levarsi il pensiero. C'è un problema sociale? Creo un reato e sparo una condanna, così ho la coscienza a posto e mi mostro sensibile. La realtà è che bisognerebbe depenalizzare, non creare nuovi reati; oggi abbiamo liti di condominio che finiscono in Cassazione».
Com'è cambiata la giustizia da che ha iniziato lei?
«Essendo anziano non vorrei passare per un laudator temporis acti, ma non posso evitare di constatare un degrado generale, nella magistratura quanto nell'avvocatura. Ricordo che un tempo, quando andavo ad ascoltare i grandi per imparare, c'erano livelli di discussione giuridica ben più alti. Oggi, a causa anche del carico di lavoro eccessivo, i tribunali sono diventati delle fabbriche del diritto, le sentenze vengono scritte in fretta. Ma sono nostalgico anche per quanto riguarda la cifra stilistica: girando per le aule mi sembra che manchino l'eleganza e il decoro di un tempo».
È stato più facile far assolvere Andreotti o Berlusconi?
«Quello di Andreotti è un processo che non si sarebbe dovuto tenere».
E quello di Berlusconi, l'ha vinto in punta di diritto?
«No, l'ho vinto sui fatti: quelli contestati non configuravano un reato».
Però si era messa male
«Per vincere non ho dovuto scalare le montagne, molto lavoro era stato fatto dai miei predecessori, io ho dovuto solo convincere i giudici che la qualificazione giuridica dei fatti portava necessariamente all' assoluzione».
Fortuna che quella volta non si è imbattuto in un giudice moralista?
«Non sono un mondano, la sera preferisco stare a casa con mia moglie e le mie figlie, abitiamo tutti vicini. Però alle cene di Arcore ci sarei andato, e mi sarei pure divertito».
Perché ha chiamato il suo cane Ghedini?
«Perché me l' ha regalato proprio Niccolò. Io sono un grande cinofilo. Il cane si chiama Rocki, io gli ho dato un cognome, ma è un gesto d' affetto verso chi me l' ha donato. Mi ha fatto un regalo che mi ha commosso e del quale gli sarò sempre grato».
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duinoelegies · 4 years ago
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Genres provide an affective expectation of the experience of watching something unfold, whether that thing is in life or in art. The waning of genre frames different kinds of potential openings within and beyond the impasse of adjustment that constant crisis creates. [...] In the present from which I am writing about the present, conventions of reciprocity that ground how to live and imagine life are becoming undone in ways that force the gestures of ordinary improvisation within daily life into a greater explicitness affectively and aesthetically. Cinema and other recording forms not only archive what is being lost but track what happens in the time that we inhabit before new forms make it possible to relocate within conventions the fantasy of sovereign life unfolding from actions.
Lauren Berlant, Cruel Optimism
A fictional character, in being given some form, might be recognizable as a character by its familiarity to what is already given. It is not, then, that we would expose the fictional character as an ideological failure of fiction; even if fictional characters do not and should not be read as expressing a truth of a character, they might still reveal the truth about character, as a system for creating truth. [...] Perhaps by creating reality, the fictional world of the novel brings us close to a reality that exists before the act of creation; perhaps tocreate reality is to imitate reality by imitating its creation.
Sara Ahmed, “Willful Parts: Problem Characters or the Problem of Character”
[...] this endless experimentation on oneself, this continual search for vestimental forms of identity or personality-kits is never more than the limited modality of an indifferent choice made by a prepubescent subject. Hence, the characteristic accompanying symptom of this interiorized exteriority: in Tiqqun’s words, ‘a slight and constant attrition of being, a progressive drying out, a little death distributed along a continuum. We are not SUBJECTS but we play the subject. Like the empty axis of this pit without walls, we are masked nothingness, aggregating the double nothingness of the untouchable “consumer” on the one hand, and of the pathetic impotent abstraction that is “the citizen” on the other.’ More than with the spectacle, therefore, phantasmagoria marks a further step in the breakdown of reality vs. appearance – a new level of irrationality and ontological insecurity in which nothing is more phantasmagorical than the idea of power and control.
Libero Andreotti & Nadir Lahiji, The Architecture of Phantasmagoria
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mia-decorative · 4 years ago
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Madonna and Child, Libero Andreotti, 20th century, Minneapolis Institute of Art: Decorative Arts, Textiles and Sculpture
Religion: NT. Size: 33 1/2 x 12 x 13 1/2 in. (85.1 x 30.5 x 34.3 cm) Medium: Marble
https://collections.artsmia.org/art/14868/
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nonleggerlo · 5 years ago
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#fotodipolitici - Speciale Prima Repubblica: 1987, Ilona Staller aka #Cicciolona celebra il mitologico scatto sui social: "Fotoricordo della campagna elettorale coi Radicali, #Rutelli mio sostenitore". Scrive @dagocafonal: “Cicciolina inizia la campagna elettorale per gioco e finisce per farla sul serio. Nel 1987 si vota col proporzionale e le preferenze: non esistono i nominati, i voti te li devi conquistare, e Ilona fa comizi in tutto il Lazio, si presenta agli elettori per quello che è, una pornostar, a bordo di una Renault rossa raggiunge i paesi della provincia, si avvicina ai pensionati seduti sulle panchine e gli mostra il seno, distribuisce baci in cambio di voti. Ovunque arriva manda il traffico in tilt e ogni cosa in confusione”. Sembra un grande scherzo, ma Cicciolina viene eletta, “e Roma la sera dei risultati si scatena. Via del Corso si blocca, una folla oceanica si riversa in strada, percorre avanti e indietro la via inneggiando a Cicciolina, che arriva trionfante a Piazza Navona”. Delirio, trionfo, “l’onorevole Cicciolina è sui giornali e nei tg del mondo intero: la pornostar che ha ucciso il pudore, ‘Una farfalla fresca e variopinta che vola fra scioperi, inefficienza pubblica, disoccupazione e mafia’, scrive il settimanale tedesco Quick”. Lei “porta avanti il suo messaggio politico di amore libero, felice, disinibito, non violento, giocoso, profondamente erotico. Rilascia dichiarazioni politiche hot. “Con chi andrebbe al governo? ‘Con cicciolone Spadolini, con cicciolino comunista Occhetto, e con cicciolino tondo Craxi, che mi sembra il più torello, De Mita il cicciolino più fiacco. Raddrizzerò anche Andreotti”. Girerebbe un porno con qualche parlamentare? “Perché no? Ci sono tanti deputati porcelloni che fanno di nascosto quello che a me piace fare alla luce del sole..." - #Radicali #PrimaRepubblica @cicciolina_official https://www.instagram.com/p/B-9uFUdF2nl/?igshid=1kxc9vzkdyic9
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