Tumgik
#Inverno?! Nuova settimana con pioggia
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cinquecolonnemagazine · 11 months
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Pioggia e poi sole, autunno sulle montagne russe: il meteo dei prossimi giorni
(Adnkronos) - Un autunno classico, a tratti anche troppo piovoso. Per i prossimi giorni le previsioni meteo parlano di un tempo alternato dal passaggio di intense perturbazioni e temporanee tregue più asciutte, soleggiate e spesso pure calde. Un saliscendi di condizioni meteo che mettono a dura prova il nostro fisico ma anche l’ecosistema.  Andrea Garbinato, responsabile redazione del sito www.iLMeteo.it, conferma che stiamo vivendo la canonica stagione autunnale italiana con frequenti piogge, un clima non troppo freddo e successive perturbazioni atlantiche. Anche nelle prossime ore assisteremo ad un nuovo peggioramento del tempo con piogge sul versante occidentale e dalla sera su tutto il Nord: si tratterà di una perturbazione intensa ma piuttosto rapida. Al Sud assisteremo ancora a ‘scaldate’ localizzate, si attendono 28 gradi a Catania e Siracusa, 26 gradi a Bari e Barletta con Ascoli Piceno tra le più calde a 25 gradi. Insomma il freddo non è ancora arrivato e sembra che tarderà ad arrivare. Nella giornata di venerdì infatti le temperature rimarranno ancora piuttosto alte al Centro-Sud con valori più o meno stazionari oltre la media del periodo e con 25 gradi all’ombra anche a Pescara. Gli ombrelli saranno invece aperti al Nord-Est e dal Lazio fino alla Calabria: il versante tirrenico infatti riceverà tanta pioggia anche a causa dei venti umidi intensi in arrivo da ovest. Ma l’ultimo weekend di Ottobre ci regalerà una sorpresa, con una fase interciclonica: tra due perturbazioni, quella in arrivo nelle prossime ore e quella prevista da lunedì 30, vivremo dunque un periodo più soleggiato e tranquillo. Ad essere pignoli troveremo qualche addensamento sempre ad ovest, su Toscana e Sicilia occidentale il sabato, la domenica invece assisteremo ad un primo peggioramento tra Liguria e Piemonte a causa dell’approssimarsi del ciclone di Halloween. Nella nuova settimana, quella che ci traghetterà da Ottobre a Novembre, assisteremo a piogge intense tra lunedì pomeriggio e martedì mattina al Nord e parte del Centro, mentre al Sud resisterà una fase gradevole e mite. Per Ognissanti il tempo si presenterà attendista, infatti, dopo un timido miglioramento, un nuovo fronte carico di piogge è atteso per il 2 novembre quando il maltempo potrebbe essere diffuso e persistente. Insomma, un Autunno coi Fiocchi, anzi con le Gocce: la neve è attesa solo sulle cime alpine, la protagonista dei prossimi giorni sarà la pioggia, dopo che la siccità ne aveva oscurata la memoria durante lo scorso autunno-inverno. Riscopriamo dunque quest’anno la forza e la prepotenza della pioggia autunnale in Italia, a volte anche troppo insistente. Prestiamo dunque attenzione ad eventuali fenomeni intensi e a situazioni potenzialmente alluvionali.NEL DETTAGLIO Giovedì 26. Al nord: stabile fino al pomeriggio, poi piogge via via più diffuse. Al centro: dal pomeriggio rovesci sull’alta Toscana, in serata e nottata pure Umbria e Lazio. Al sud: qualche pioggia solo sul basso Tirreno.Venerdì 27. Al nord: migliora ovunque. Al centro: instabile solo al mattino. Al sud: peggiora su Campania e Calabria tirrenica.Sabato 28. Al nord: soleggiato salvo in Liguria e sulle Alpi dove si avranno nubi sparse. Al centro: instabile in Alta Toscana e rilievi laziali. Al sud: giornata soleggiata e calda per il periodo, nubi in Sicilia.Tendenza: domenica con sole prevalente salvo al Nord-Ovest, nuovo peggioramento da lunedì e per alcuni giorni specie al Centro-Nord. [email protected] (Web Info) Read the full article
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nickcents · 5 years
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Dubai breaK
Sei una bimba inglese tu. Lo dice il passaporto. Sei nata a Londra e registrata a Camden. E come tutte le bimbe inglesi sei cresciuta qui, tra questo clima nordeuropeo. L’estate torrida non e’ mai esistita, finora, salvo qualche sporadica giornata afosa figlia del “climate change”. Stai vivendo la tua infanzia con le gambe scoperte, quando a stento raggiungiamo i 15 gradi, la pioggia non ti ha impedito di uscire di casa a giocare ed una precoce oscurita’ invernale non ti e’ mai sembrata, poi, cosi desueta.
Non sei come noi italiani, che da piccoli ci facevamo le ferie al mare e che se avevamo la fortuna di nascere al centro sud, ci godevamo primavere ed estati spesso bollenti, con il mare, in molti casi, a portata di macchina.
Allora abbiamo deciso di prendercelo qualche spazio di caldo torrido, anche fuori stagione, spezzandoci e spezzandoti il buio e il freddo con una settimana a Dubai/Abu Dhabi.
In realta’ le nostre radici mediterranee e la nostra passione per lande piu’ inesplorate non ci aveva mai fatto considerare Dubai come una reale alternativa per le vacanze al mare, al caldo. Italia, Spagna, Grecia o al massimo Caraibi (come gia’ successo con Saint Lucia) quelle per noi sono sempre state le alternative, quello e’ sempre stato il nostro mare. Poi pero’ alla fine, tra il periodo (Inverno europeo), le distanze (volare con te a questa eta’ non e’ esattamente il piu’ riposante dei passatempi), la possibilita’ di rivedere qualche amico lontano (il buon Valerio con la sua famiglia trasferitisi ad Abu da ormai un po’ di tempo) e i costi contenuti di questi pacchetti magici che allettano i brits, abbiamo deciso di provare e farti provare questi emirati. Aspettative basse, un moderato disprezzo per questo esibizionismo arabo (oh io c’ho il palazzo piu’ alto del mondo ed automobili che rombano e consumano come una centrale nucleare, oh io ho fatto una citta’ nel deserto...e gia’ che c’ero ti ci ho anche fatto una pista da sci), ma la voglia di scongelarci un po’, di riassaggiare il caldo sulla pelle e nelle ossa e un accumulato bisogno di riposare ed eccoci qui.
DUBAI
E’ il tuo primo volo lungo. O per meglio dire, il tuo primo volo lungo di cui sei forse  cosciente, nel quale hai il tuo posto, con il tuo schermo e il tuo pranzetto servito sul tuo vassoio. La bimba volante, che, a meno di 4 anni, ha gia’ toccato 3 contenti, ma questo e’ il primo viaggio del quale , forse, ti sei resa conto. Abbiamo scelto di chiuderci in un piccolo resort, fuori dal caos e dalla palma, chiamato JA Jebel Ali, sulla via in direzione di Abu Dhabi, il quale, appena arrivati, ci si mostra come completamente isolato da tutto e tutti, in una zona semi deserta, costeggiata dalla Free Zone e da una pista di Kart mai finita o forse abbandonata. Eppure dentro, superato il solito cancello di sbarramento si apre un paradiso per golfisti, un tripudio di piscine e pavoni che girano tranquilli. L’arrivo, vale la pena di raccontarlo, ci contraddistingue come sempre. Dopo un volo di 7 ore, vestiti di tute comode da volo e giacche a vento da inverno londinese, sporchi ed assonnati, realizziamo che purtroppo saremo orfani della nostra camera per buona parte della giornata “ come avra’ letto sulla prenotazione...”. Senza un cambio a portata di mano, ci accasciamo in una delle svariate piscine vista mare e piloni (perche’ si, scordatevi il mare e l’orizzonte, anche qui si intravede gia’ la base di una nuova palma che tra qualche anno sara’ probabilmente un coacervo di alberghi extralusso). Tra le famiglie ormai esperte del resort, sotto gli sguardi di chi villeggia da giorni e conosce accessi, ritmi e trucchi del posto, cominciamo a farti assaggiare l’acqua e a farti avvolgere dal clima del Golfo Persico. Ovviamente cominci ad inzupparti e a divertirti e, come di consueto, a denudarti, fino a restare in mutande, che rapidamente si bagnano rivelandosi agli occhi delle famiglie esperte per quel che non sono: un costume.
Impossibile fermarti, dopo 7 ore di cartoni su uno schermetto e un viaggio in taxi concluso con una bella vomitata, perche’ fermarti di fronte al clou della vacanza: l’acqua.
Stanchi e rallentati dal sonno decidiamo di spogliarti, senza pensare che forse gli emirati arabi, non sono il posto ideale per girare svestiti e difatti veniamo ovviamente subito richiamati all’ordine da uno dei bagnini. Spiegarti, poi, che devi uscire dall’acqua e non puoi fare il bagno perche’ insomma siamo in un paese mussulmano non e’ semplice, pero’ ci permette di fare il nostro primo incontro giusto a pochi minuti dal nostro arrivo.
Una ragazza italiana, anche lei con una bimba e con mamma e sorella al seguito, che in un impeto di compassione, osservando questi due italiani, assonnati, vestiti per l’inverno europeo, con una bimba nuda in piscina , decide di rifornirci di un costume. Lei sta per terminare le sue vacanze, partira’ l’indomani, e ci racconta un po’ della sua vita e di cosa si possa fare in quello sterminato resort. Vive ad Amsterdam e Io, come al solito, quando sento queste storie, mi immedesimo e penso, sempre, costantemente, come sarebbe stata la mia vita li’.
Il resort cominciamo a conoscerlo nei giorni successivi, e’ stupendo, la nostra camera, con vista mare e piloni, e’ grande abbastanza e confortevole quanto basta e il primo sonno, 12 ore, record mondiale ancora imbattuto di dormita genitoriale, ci rimarra’ impresso per tutta la vacanza.
La vacanza e’ caratterizzata da un altro incontro, quello con Bianca, il suo compagno e il loro bimbo Tommaso.
Non tanto, o non solo, per averci accompagnato nelle oziose giornate in piscina, ma soprattutto per averci detto le piu’ belle parole che si possano ascoltare in un resort: “...sai, noi abbiamo All Inclusive...per i drink ci pensiamo noi”
Abbiamo scoperto qualche amico in comune, passato giornate a chiacchierare, festeggiato il compleanno di lui (ancora oggi fatico a ricordare il suo nome e dopo 14 minuti di spiegazioni ancora non ho la piu’ pallida idea di che lavoro faccia, ne’ quale sia una delle sue passioni), girato il Ferrari World in una giornata di pioggia e ti abbiamo visto giocare con Tommaso e immergerti senza sosta nelle acque della piscina
La vacanza, poi, e’ stata anche l’occasione per rivedere qualche vecchio amico. Abbiamo visto Valerio, Maria Elena e i figli, Matteo e Diego, in tre occasioni, una bella pizza (ancora ho acidita’ a pensarci) nel nostro resort, durante la quale ti sei persa a giocare con Diego ed a seguirlo ovunque, una giornata intera tra la spiaggia di Saadiyat, una gita stupenda nel deserto (il nostro primo deserto) ed una cena in una specie di pub accompagnati dal rombo dei motori delle macchine che sfrecciavano sul circuito di ABU e, infine, un aperitivo all’ombra del Burj Khalifa. 
Abbiamo incontrato Mustafa, mio ex collega, e cenato in uno splendido ristorante greco vista mare (e piloni) in una quasi atmosfera estiva, tra arredamenti bianchi, reti da pesca, sabbia tra i piedi, pesce alla griglia e profumi estivi. Abbiamo cenato con Giacomo, un amico di mamma, che fa il restaurant manager in uno splendido albergo sulla palma e ci siamo fatti coccolare dai suoi racconti e dai suoi bicchieri di vino (blu per finire la serata).
Forse, quando sarai piu’ grande non ricorderai troppo, anche se le foto e i miei scritti forse serviranno proprio a quello, o forse l’unico ricordo saranno gli scivoli d’acqua del nostro ultimo giorno al parco acquatico della LEGO.
A me sicuramente rimarra’ impressa la mattinata passata alla free zone nell’attesa di prendere la macchina in affitto, una situazione surreale, con l’ufficio della compagnia di noleggio situato all’interno di questa zona commerciale per la quale serve un pass per accedere e nella quale nessun tassista puo’ entrare e io recluso fuori a cercare di fare in modo di entrare, tra telefonate in un inglese incomprensibile e 600 gradi all’ombra.
Ma anche la gioia di aver cambato il ritmo di vita per una settimana, la gioia della colazione all’aperto vista mare (e piloni), quel senso di protezione che ti danno questa tipologia di vacanza e che forse ci mancano nella nostra vita da espatriati, la gioia di aver rivisto delle persone che hanno avuto un grande significato per la mia vita adulta, quella universitaria e post universitaria e che in qualche modo hanno sempre rappresentato un piccolo modello di quello che per me deve essere una famiglia, la gioia di vederti sperimentare nuovi climi, nuovi odori, nuovi sapori e sopratutto la gioia di aggiungere un altro tassello al nostro viaggio insieme
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“I don't need to know why 'Cause I know what love means I don't need forgivin'“
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oggi ho scoperto che Islington e’ nominato diverse volte nella guida galattica per gli autostoppisti ed ho imparato che nella seconda guerra mondiale la Russia combatteva anche col Giappone una guerra distaccata
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fashioncurrentnews · 6 years
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Bata: un fashion weekend a Milano per presentare nuove collezioni e progetti
“Ognuno di noi si ricorda di Bata, ha sempre fatto parte della nostra vita, spesso fin dall’infanzia, e penso che sia questo il grande punto di forza di questa azienda” a parlare è Linda Porrino, Marketing Manager of Bata Italy che continua: “La forza di questo marchio, nato nel 1894, è quella di essersi sempre inserito perfettamente nel tessuto sociale dei differenti paesi, presentando una collezione global ma sopratutto anche creazioni che seguissero il gusto locale” racconta durante il Bata Fashion Weekend, la seconda edizione di un lungo fine settimana dedicato interamente alle novità del marchio di scarpe.
Svoltosi tra il 27 e il 28 aprile, quest’anno è stata scelta Milano “Perché ha appeal nel mondo, tanti sono curiosi di vederla, così ci è sembrata la meta giusta per questo nostro week-end che vorremmo fosse un appuntamento annuale itinerante” continua Porrino, un’idea condivisa anche da Thomas Archer Bata, Chief Marketing Officer, “Milano è una delle capitali della moda più importanti di tutta Europa, una città dove davvero nascono le tendenze”.
All’interno di Palazzo Mezzanotte in Piazza Affari, tra show, workshop, mostre dedicate e fashion show, sono state presentate le nuove collezioni delle linee Insolia, Atletico, la Bata Heritage e la B-Flex, la collezione global che offre design, comfort e tecnologia assieme. Ma soprattutto due progetti speciali di cui il marchio è particolarmente fiero: Young Design Challenge e Sporcatevi le mani, nato grazie all’associazione I Bambini delle Fate.
“Young Design Challenge è nato con l’idea di coinvolgere veramente i giovani designer del mondo offrendo loro la possibilità di seguire l’intera realizzazione di una collezione, dai primi bozzetti fino alla vendita al cliente finale. Quest’anno sono stati coinvolti gli studenti dell’Academy of Arts, Architecture & Design di Praga e il Politecnico Calzaturiero di Padova. Oltre anche a Preciosa, uno storico marchio della Repubblica Ceca che si occupa della lavorazione del cristallo, adatto per rendere luminose le creazioni degli studenti, e Kallistè, produttore italiano che li ha supportati” spiega Linda Porrino a conclusione della serata che ha premiato le creazioni Celeste Andrea Beggio, studentessa del Politecnico Calzaturiero di Padova, e Tereza Kanykovà, dell’istituto di Praga, le cui creazioni saranno vendute in un’edizione limitata in alcuni store del mondo.
Attraverso Sporcatevi le Mani, un’idea tutta italiana, Franco Antonello, fondatore dell’associazione I Bambini delle Fate, e Alberto del Biondi, imprenditore del settore, hanno deciso invece di cooperare assieme per una capsule collection firmata Bata. L’associazione italiana si occupa di sostenere e aiutare nel concreto e nel quotidiano bambini e ragazzi autistici e le loro famiglie attraverso progetti e iniziative che li coinvolgono grazie alla partecipazione di circa 700 realtà imprenditoriali italiane, tra cui anche Bata. Per l’occasione è stata creata una capsule collection, disponibile da metà maggio in alcuni selezionati store e sul sito del marchio, formata da sandali per donna e bambino il cui ricavato sarà donato all’associazione. E si pensa già al prossimo inverno con una collezione coloratissima di stivali per la pioggia. “Oltre a queste due capsule, la nuova linea per l’Italia sarà caratterizzata da una vasta gamma di pellami che soddisferà tutti i gusti e che si affiancherà alla Red Label, quella più classica e con modelli più di tendenza” conclude Linda Porrino.
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blondethe-blog1 · 5 years
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Il Dado è tratto
Il dado è tratto!! Febbraio 2017… ho preso la decisione: e New York sia! I dubbi sono svaniti un sabato mattina di febbraio quando i pensieri mi hanno portata a dire che le occasioni e i momenti vanno presi al volo. L’occasione di fare una Maratona come quella, con un gruppo di amici e con mia figlia che non vedeva l’ora di accompagnarmi era troppo ghiotta; sarebbe obiettivamente stato sciocco dire no, senza in realtà avere una valida motivazione (perché non sarei dovuta andare? Ancora oggi non ho una risposta.).
Durante quel fine settimana sbrigo la prima formalità necessaria,  iscriversi alla “ruolette” dei pettorali; compilo il form e “invio”… adesso si tratta solo di aspettare! La sicurezza arriva il 17 febbraio quando un SMS mi avverte di un addebito in dollari sulla carta di credito. ECCOLO, non può che essere lui!!! Ci siamo!! Ho ufficialmente un pettorale per New York! Sono felice, e condivido questo momento con la mia cara amica Lara, che lo vedo, è contenta per me, e questo mi rende ancora più euforica.
Da lì in poi, avanti con le prenotazioni: hotel e volo e la cosa è fatta! Si partirà il 3 novembre, c’è tempo per pensare e per assimilare la cosa.
I mesi successivi sono stati contrassegnati da tanti eventi e cambiamenti; una fine di inverno tormentato, una primavera difficile, un’estate travagliata (che solo grazie ad una persona speciale sarà sempre e comunque un’estate indimenticabile), un inizio di autunno con una nuova casa… risultato di tutto ciò: una nuova vita.
In tutto questo, il viaggio programmato è sempre stato un sottofondo, un pensiero che ogni tanto riaffiorava, sempre  più presente dal momento in cui sono iniziati gli allenamenti più mirati… ho una tabella per New York, bisogna fare sul serio e mettersi d’impegno (me lo ripete spesso la persona speciale che ho accanto, con la maratona non si scherza). Complice il caldo di settembre e la poca voglia di seguire dei rigidi parametri, gli allenamenti scorrono senza assilli di nessun tipo: bisogna impegnarsi, questo sì, ma non voglio più arrivare ad una maratona con testa e fisico debilitati, le esperienze passate mi aiutano a non ricadere in alcuni errori. Meglio seguire l'istinto, quello con me non sbaglia.
Ottobre, ultimo mese di preparazione: arrivo ad una settimana della partenza con una certa tranquillità e mi chiedo spesso perché sia così tranquilla… perché non la temo? E perché non dovrei temerla?
La maratona non è mai una passeggiata, non è mai facile, non è mai scontata… La risposta è sempre e solo una: perché ho deciso che quella sarà una Maratona diversa… diversa dall’ultima, e dalle altre, dove ognuna ha avuto da parte mia un imprinting che ho dato io a ciascuna. Una era la Prima, una la Conferma, una l’Errore, una la Rivincita. Stavolta sarà differente, questa sarà l’Esperienza.
Voglio godermi quei 42km e 195m, divertirmi, guardarmi intorno (sarò a New York!!), assaporare il percorso, il clima della festa che mi dicono essere incredibile. Pensando alle variabili sono sempre più convinta che del tempo che farò non mi interessa, sarà comunque una gioia, ne sono certa.
Venerdì 3 novembre, si parte… la persona speciale mi accompagna, io vorrei tanto partisse con me, sto bene con lui e vorrei poter condividere il viaggio… ma questa non è l’occasione giusta, ce ne saranno altre, mi rassicura, ed io con questo pensiero lo saluto più tranquilla (anche se il nodo gola torna sempre ad ogni partenza, non posso farci niente). E’ felice per me, so che mi accompagnerà con il pensiero e che mi sosterrà, e anche questo mi dà serenità.
Si vola, scalo a Parigi, peccato non fermarsi, di Parigi ho i ricordi di una divertente e spensierata gita alle superiori (non potrebbe essere che così, a quell'età cosa c'era di più bello?). Arriva il momento di salire sul volo intercontinentale, per me è quella la vera partenza: è giorno e si vola “indietro” nel tempo, il pensiero è affascinante… sotto di me vedo le nuvole, a tratti l'oceano che separa i continenti. Mi immagino sopra ad un ponte che attraversa le estremità terrene… ecco, manca pochissimo, si vede terra (l'America!) e si avvicina il momento di atterrare. Cinture allacciate, carrelli fuori e giù, verso l'aeroporto di Nework. Atterraggio morbido, bagagli arrivati a destinazione con noi e via con il van verso l'hotel. Ci siamo, sono circa le 17 ora neworkese, abbiamo cinque ore di jet lag da digerire. Non c'è tempo per riposarsi, alle 19 siamo già verso Times Square a farci sorprendere dalle migliaia di luci di quello che chiamano l'ombelico del mondo. Sorprendente, l'aggettivo che identifica la mia sensazione. Sono le 4 ora italiana, è il momento di crollare nel letto della stanza di albergo… domani inizia la vera avventura e la stanchezza va in qualche modo recuperata, anche se non tutta, ma un tentativo va fatto!
Sabato 4 novembre. Alle 9 siamo davanti all’expo… entro e subito mi è chiara l'idea della portata dell'evento: una mastodontica macchina organizzativa attende noi partecipanti e per i neofiti come me è inebriante. Davvero IO farò la maratona di New York?? Sicura? Non mi sembra ancora vero, nonostante tutto ciò sarà tra meno di 24 ore. Eccolo il pettorale, numero 11622, orgogliosamente metto a tracolla il mio pacco gara e procedo lenta cercando di guardare tutto. Ne approfitto e compro qualcosa, l'abbigliamento sportivo legato alla gara non è poi così male, decido che mi fa piacere portare qualcosa a chi è importante per me e scelgo con cura gli oggetti. Esco soddisfatta delle compere ed inizia la giornata da turista… Si sale sull’Empire State Building e da lassù inizio a rendermi conto di cos'è New York, una sterminata distesa di case, grattacieli, strade, con il suo fiume Hudson ed il mare che paiono addolcire la sua grinta. Finita la visita, la tappa successiva è il famosissimo Central Park; i motivi sono molteplici, uno dei quali è pranzare con un classico hamburger americano. Scegliamo un baracchino adiacente la pista di pattinaggio: la vista di questo scorcio è strana, il contrasto è forte. Gli alberi del parco mi appaiono come un manto che l’autunno colora di caldo, che quasi pare avvolgere le fondamenta di questi edifici. C’è un bel sole, le persone si muovono con la calma del sabato, non c’è traccia della frenesia della gente che calpesta e agita il resto della città..
Ordiniamo il pranzo, mi metto in fila, il chiosco è gestito da due ragazzi, uno alla cassa e uno alla “cucina”… no, cucina non il termine adatto, meglio “grande griglia fumante”. Ecco, questo è, una “grande griglia fumante” dove la carne viene buttata e con lingue di fuoco che in pochi secondi ne cambiamo lo stato fisico da congelato a bruciato. Nonostante più che cotto l’hamburger sia stato arso vivo, io mangio e apprezzo; poi DEVO mangiare perché domani servono energie, e tante! Dopo pranzo ci incamminiamo dalla parte opposta del parco, nel punto dove domani passeremo e dov’è ubicato l’arrivo: ci siamo, eccolo, guarda, domani se tutto andrà bene TU (sì proprio tu) passerai da qui sotto e avrai al collo quella medaglia alla quale hai tanto pensato. Ma stiamo calmi, non è ancora il momento di preoccuparsi, vale sempre ciò che ho deciso su questa Maratona per cui goditi anche questa vigilia senza ansie.
Pomeriggio inoltrato, un breve relax (poco più di un’ora) deve servire a ricaricare le pile, sono un pochino stanca, il fuso si fa sentire, la giornata pure. Quindi vado in camera, mi impongo un piccolo riposo, mi serve, lo sento; dormo mezz’ora e mi sveglio contenta, la mia concentrazione sta funzionando… bene! Non devo tralasciare le cose importanti, devo seguire, fin dove posso, i miei schemi.
Mi sento meglio, sono pronta per raggiungere gli altri, ci aspetta una cena italiana in un locale gestito da romagnoli; la premessa è ottima, gli spaghetti pure, anche se la ricetta non comparirebbe in nessuno dei nostri menù;  due chiacchiere a fine cena ed è il caso di rientrare in hotel, domattina, anzi tra poche ore, la sveglia suonerà e devo ancora preparare tutto… Anticipo le compagne di stanza e con calma e in solitudine organizzo le mie cose: pettorale al suo posto, gel (la persona speciale ha metodicamente organizzato la mia “sopravvivenza” in gara intimandomi affettuosamente di seguire con scrupolo la sua strategia), il mio Garmin in carica, la borsa con il cambio.. ah, non dimenticare il pass della metro, dopo ti farà comodo, dopo, vedrai! E’ ora di dormire, provaci almeno, non ci pensare a domani, tutto sarà più facile se riposi. Crollo nel sonno.
Ore 4 e 30 di domenica 5 novembre: eccola la sveglia!!!!! Ci siamo, è ora di alzarsi e finalmente di iniziare questa giornata che sarà speciale, lo so, qualunque cosa succeda, qualunque esito avrà la gara, sarà speciale, lo so. Colazione, ultimi dettagli “Ho preso tutto??” è la domanda ricorrente degli ultimi minuti. Sì dai, stai tranquilla hai tutto, non ti agitare… o forse sì, fallo, perché è ora il momento in cui far muovere quell’adrenalina che hai tenuto sopita fino ad ora e cominciare a farla circolare nelle tue vene e nella tua testa.
Trovo gli altri nella hall, si parte tutti insieme per questa che pare un’avventura, il tempo è fresco, nuvole basse ma niente pioggia, speriamo rimanga così. In pochi minuti siamo alla stazione della metro, arriva svelta e saliamo nello scompartimento già pieno di nostri “simili”, tutti diretti alla medesima destinazione. Partiamo con il condividere un piccolo viaggio, questo rende New York già diversa da tutte le altre: metro-traghetto ed eccoci a Staten Island, ci aspettano i pullman che ci porteranno alle griglie. Il percorso è breve ma il traffico lo rende lungo, non so perché ma questo mi pare il momento più lento di tutto il viaggio, forse perché mi sto avvicinando fisicamente ed il tempo si dilata. Chiacchiero in inglese con un ragazzo belga che è seduto accanto a me mi chiede in che griglia sono, poi mi racconta che ha abitato in Italia, che va in bicicletta e che ha studiato a Napoli; forse ha bisogno anche lui di stemperare la tensione e chiacchierare aiuta in questi casi. Arriviamo, “Have a good race, good luck!!!” ed ognuno per la sua strada, anzi… per la sua griglia. Ma prima un passaggio che ci fa capire bene che ciò che si muove intorno a noi è molto più grande di noi; dobbiamo passare dai metal detector, l’attentato di giovedì ha rese le misure di sicurezza elevatissime.
Cani, perquisizioni, polizia; “Ma non è una gara di corsa questa?”.
In questo momento un contrasto emotivo mi raggiunge in pieno, da una parte la gioia di esserci, dall’altra la paura di esserci. Non nascondo che ci ho pensato alla possibilità che potesse succedere qualcosa, sono in America e l’America è IL bersaglio; potrebbe capitare di tutto, e in questi casi quando dici che “potrebbe capitare di tutto”,  potrebbe capitare una cosa sola. E non è una cosa bella, è una cosa definitiva. Ma non devi pensarci… Cosa c’entra tutto questo con la Maratona? Con il viaggio? Con lo svago di una vacanza? C’entra perché New York ha avuto anche il pregio di farmi riflettere su tante cose, passate e presenti. A cosa c’è stato, a cosa c’è, a cosa è veramente importante, a cosa mi fa stare bene, a cosa non sono disposta più a rinunciare, a chi voglio dedicare e donare il meglio. E sono giunta alla conclusione che spero che vada tutto bene perché io voglio tornarci presto a Casa e godermi la vita con le persone che mi vogliono bene e alle quali voglio bene anche io. Quindi, avanti, via le preoccupazioni, via le ansie, non succederà nulla di brutto, vedrai, vai in griglia, sei da sola, ognuno ha il suo gate e non nascondo che sotto sotto sono contenta di non condividere questo momento con i miei compagni di corsa. Il perché lo so bene, il perché si nasconde dietro a non volermi perdere in chiacchiere inutili, in frasi scontate, voglio dare attenzione solamente a ciò che mi circonda e assorbire i momenti che sto vivendo. La distrazione è quello che vedo, quello che sento, e questo mi basta. Solo qualche battuta scambiata con altri runner sconosciuti, giusto poche parole perché si avvicina lo start e devi avanzare nella tua griglia. Vai, segui l’onda, sei sul ponte nella parte destra  vedi la corsia degli atleti, quelli veri, quelli che le telecamere delle televisioni inquadreranno fissi per le prossime due ore, e ti senti onorata ad essere qui vicina a loro.
Davanti a te il ponte da Verrazzano, in fondo lo sky line che ti chiama, è tutto pronto; senti l’inno americano e vedi la cantante con i tuoi occhi sul palco, emozionante tutto, emozionante vedere quanto gli americano siano patriottici e mi sento un po’ invidiosa di loro, noi italiani la bistrattiamo sempre un po’ la nostra terra, e invece loro la amano visceralmente, percepisco benissimo il loro sentimento.
Ore 9.50, ci siamo davvero, è arrivato il momento di far partire le gambe e distogliere il tuo cervello dalle mille altre distrazioni, in fondo devi correre e devi pensare anche a quello. Ma ti piacerà farlo, sei lì per farlo, tutto il contorno diventa protagonista nel momento in cui inizi a correre. Partenza in salita, ma che importa! Te ne rendi conto? Giusto un pochino, ma non senti niente perché il fiume d’acqua è sotto di te, il fiume di gente è intorno a te, sei avvolta e ti senti protetta..
Superato il ponte, il primo impatto con la gente è molto forte, ma quanti sono? Quante persone che gridano, gioiscono, incitano, cantano, ridono, chiamano… partecipano! Sì, i newyorkesi partecipano attivamente alla gara, per me non è stato un pubblico, è stato un protagonista quanto noi corridori. Man mano che la gara attraversava i quartieri, ho sempre cercato di guardarmi intorno, fotografare immagini, visuali, scorci, panorami, guardare la gente che mi aiutava ad andare avanti, sempre, fino alla fine..
I chilometri scorrono lisci e sorrido, sorrido sempre, mi viene di farlo, le gambe girano, il fiato regge, l’affanno è lontano, l’umore alto… ed il Garmin al polso oggi merita solo qualche occhiata fugace, solo ogni tanto, senza considerarlo un granché.
Dal venticinquesimo chilometro la gara si fa dura, ma io non perdo di vista il mio obiettivo. Gestisco un momento un po’ difficile, voglio superarlo al meglio concentrandomi di più, sono su un ponte ed è più facile perché intorno sento solo il rumore dei passi che battono sul cemento. Vai, non preoccuparti del tempo, sapevi che sarebbe arrivato, ti senti bene, hai voglia di prendere fiato, vorresti fare qualche passo e ripartire ma ti chiedi perché dovresti.
Dolori? Normali. Stanchezza? Gestibile. Umore? Alto. Testa? C’è.
Nessun ostacolo presente, nessun motivo apparente per cedere; non cedere a niente. Trentesimo chilometro, è ancora lunga ma  piano piano cominci a realizzare che non manca poi così tanto; mi faccio ancora qualche domanda e le risposte sono sufficientemente tranquillizzanti, mi accorgo che mi sto godendo la gara senza patemi e sofferenze particolari, e vedere che il tempo sul Garmin non è così male mi dà una spinta in più.
Vado avanti, stringo i denti negli ultimo chilometri, penso che la persona speciale mi sta seguendo sul tracking, ci penso sempre durante la gara, e voglio fare bene anche per lui, voglio che sia orgoglioso di me e so che sarà contento per me.
Vedo Central Park, First Avenue, è salita, questa volta sì che si sente sulle gambe, il trentottesimo chilometro pesa ma tengo il passo, sono decisa, sono concentrata, mai contratta. Da questo punto in poi il rumore del pubblico diventa un sottofondo, è tutto ovattato e più lontano, vedo la strada, le transenne, all’ultima curva prima di dell’ultimo km riconosco Linus, lo chiamo, mi saluta e mi incita. Ripenso che di recente ho riletto il suo libro sulla sua Maratona di New York, e che mi era piaciuto questo racconto sulla sua esperienza, tanto da averlo appunto letto nuovamente e penso alla strana coincidenza di averlo visto.
Le gambe spingono fino alla fine, quanto manca ancora? Ho voglia di finire, di arrivare, di prendere quella medaglia, di raccontare tutto alla persona speciale; penso a quanto vorrei abbracciarlo all’arrivo, penso a quanto ho voglia di vederlo. Arrivo per me stessa, arrivo per lui perché crede in me, mi lusinga e mi fa sempre i complimenti, è gentile con me. Arrivo per mia figlia nonostante lei non sia lì all’arrivo, ma la penso ugualmente, so che forse sarà  un pochino orgogliosa di questa mamma.
Eccolo l’arrivo, ci siamo, sono ARRIVATA!! Che bello, che emozione, passo il traguardo, al collo finalmente la medaglia, io mi appoggio alle transenne e piango. Piango come solo una Maratona così può farti piangere. Piango un minuto, un minuto solamente, ma quello che c’è dentro quel minuto lo so solamente io e lo porterò per sempre con me.
Il tempo? Ah giusto, il tempo… Che tempo ho fatto? No, non ci credo, davvero così vicino al mio meglio? Felice due volte, felice lo sarei stata comunque.
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limegreenrobocat · 7 years
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2. cosa ho bisogno di avere di più nella mia vita?
Oggi fa molto freddo, questa mattina abbiamo acceso la stufa - che avevo pulito a fondo qualche giorno fa con la speranza di non doverla riaccendere fino al prossimo inverno. Ma il cielo ci ha fatto uno scherzetto, in cambio della pioggia che ho chiesto insistentemente per due settimane si è portato via il caldo e le temperature estive a cui ormai avevo fatto l’abitudine. 
La domanda del giorno potrebbe sembrare apparentemente facile da rispondere. Potrei stilare una lista di oggetti verso i quali sento un impellente bisogno di possesso. A partire da un giradischi vintage azzurro che ho trovato su Amazon.it a un prezzo stracciato, o un bellissimo set di pennelli azzurri in legno, una nuova console per videogiochi che sostituisca questa che mi ha da poco - probabilmente in modo definitivo - abbandonato, per non parlare di quel meraviglioso vinile bianco ad edizione limitata di un gruppo che ultimamente mi ha saputo coccolare come un amico. Sì, sarebbe fantastico possedere più cose belle, circondarmene renderebbe la vita in questo posto meno soffocante, meno silenziosa. Ma sono soltanto oggetti buoni a riempire la mia camera, ad arredarla e a ricoprirsi di polvere. 
Quello di cui realmente avrei bisogno è più cambiamento. Costante, dinamico e radicale. E la spinta che ho dato ormai quasi otto mesi fa si sta lentamente esaurendo. Forse è una potenza a lungo termine, fatta di piccole vittorie, piccoli momenti di gioia, una forza che spinge avanti tanto costantemente quanto lentamente la mia vita. Questo è sicuramente un buon inizio, ma non è abbastanza. Avrei bisogno di viaggiare di più, di uscire di casa più spesso senza dover aspettare una ragione per farlo invece di odiare ogni centimetro di questo posto e tutte le persone che lo abitano. Avrei bisogno di più amore, di qualcuno che riempia i miei fine settimana e che abbia voglia di stare con me senza dover fare sacrifici e trovare spazio nella sua agenda di impegni, qualcuno che viaggi con me e con cui condividere tante prime volte. Avrei bisogno di muovermi di più, di correre, di andare in palestra. Soltanto scrivendolo mi rendo conto che l’unica ragione per cui non passo più tempo all'aperto è che detesto questo paesaggio e che per me non c’è niente di bello in ciò che al momento mi circonda e che non posso costringermi ad amare un posto a cui non appartengo e che ha rinnegato ogni piccola parte di me. 
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