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#I momenti tristi
foreverblondie23 · 2 months
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enter-the-bear-circle · 7 months
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I saw someone do it last year and it worked wonders so
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sara-saragej · 1 year
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Quando la casa dei nonni si chiude 💔...
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“Uno dei momenti più tristi della nostra vita é quando la porta della casa dei nonni si chiude per sempre. Una volta chiusa quella porta non ci saranno più i pomeriggi felici con zii, cugini, nipoti, genitori fratelli e sorelle. Ve lo ricordate?
Non era necessario andare al ristorante la domenica. Si andava a casa dei nonni. A Natale la nonna bucava l’ozono con le sue fritture mentre il nonno si dedicava all’arrosto facendo puntualmente bruciare la canna fumaria. La tavola era lunghissima e veniva apparecchiata nella stanza più grande. Adesso la casa è chiusa ed è rimasta soltanto la polvere. Un cartello vendesi. Nessuno la vuole quella casa.
È vecchia. Va ristrutturata. Costa troppo. Cazzo ne sapete di quanto vale la casa dei nonni. La casa dei nonni non ha un valore. E così passano gli anni. Non ci sono più regali da scartare. Frittate da mangiare. Verdure da pulire. Quando la casa dei nonni si chiude ci ritroviamo adulti senza capire quando abbiamo smesso di essere bambini. Certo per i nonni saremo sempre piccoli e indifesi. Sempre. I nonni avevano sempre il caffè pronto. La pasta. Il vino. Le caramelle..
Poi finisce tutto. Non ci sono più le canzoni. Non si fa più la pasta fatta in casa..... Siete andati via troppo presto porca miseria. Io volevo fare la salsa ancora una volta. Il mirto. Le chiacchiere. E il liquore all’alloro. Io volevo ancora accatastare la legna con te nonno, anzi grazie per avermelo insegnato. E grazie per gli insegnamenti sulla vita. E sulla campagna. E sul giardinaggio. Ora quando passo guardo quella casa e mi viene sempre l’abitudine di parcheggiare. E di buttare giù il campanello. E di sentire la nonna gridare che porco giuda non sono modi quelli.
Scusa nonna. Non suonerò più il campanello. Al massimo quando mi capiterà di pensarvi di nuovo, come ora, canterò una canzone. Quella preferita dal nonno. Un amore così grande.
- Antonio Cotardo
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When the grandparents 'house closes💔
“One of the saddest moments in our lives is when the door to our grandparents' house closes forever. Once that door closes there will be no more happy afternoons with uncles, cousins, nephews, parents, brothers and sisters. Do you remember it? There was no need to go to a restaurant on Sunday. We went to the grandparents' house. At Christmas, the grandmother pierced the ozone layer with her fried food while the grandfather dedicated himself to the roast by punctually burning the flue. The table was very long and was set in the largest room. Now the house is closed and only the dust is left. A for sale sign. Nobody wants that house. Is old. It needs to be refurbished. Costs too much. Fuck do you know what the grandparents' house is worth. Grandparents' house has no value. And so the years go by. There are no more presents to unwrap.
Omelettes to eat. Vegetables to clean. When the grandparents' house closes, we find ourselves adults without understanding when we stopped being children. Of course, for our grandparents we will always be small and helpless. Always. Grandparents always had coffee ready. The pasta. The wine. The candies.. Then it's all over. There are no more songs. Homemade pasta is no longer made..... You left too soon damn it. I wanted to make the sauce one more time. The myrtle. The chatter. And the laurel liqueur. I still wanted to stack wood with you grandpa, actually thanks for teaching me. And thanks for the teachings about life. And about the countryside. And about gardening. Now when I pass I look at that house and I always get used to parking. And to knock down the bell. And to hear the grandmother shouting that pig Judas are not those ways. Sorry grandma. I won't ring the bell again. At the latest when I think of you again, like now, I'll sing a song. Grandpa's favorite. Such a big love.
- Antonio Cotardo
Dolce ☕ Pomeriggio🌹
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kon-igi · 8 months
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CHIAMA I RICORDI COL LORO NOME
Nel 2019, la mia compagna, le mie figlie e io decidemmo di intraprendere un percorso che alla fine ci avrebbe portato a diventare la famiglia affidataria di un minore e questo implicava un sacco di incontri, singoli e di gruppo, con cui assistenti sociali e operatori valutavano la nostra capacità di accudimento e contemporaneamente ci informavano e ci formavano su cosa significasse prendersi cura di un minore in modo continuativo ma parallelamente alla famiglia biologica, con la quale dovevamo rimanere sempre in contatto.
(anticipo che poi la cosa finì in un nulla di fatto perché poco dopo scoppiò il caso Bibbiano - 30 km in linea d'aria da Parma - e per precauzione/paura tutti gli affidi subirono un arresto. E poi arrivò il Covid)
La mia riflessione nasce alla lontana da un video che youtube mi ha suggerito questa mattina presto - è poco importante ai fini della storia ma è questo - che mi ha ricordato una caratteristica della mia infanzia...
Difficilmente riuscivo a essere felice per le cose che rendevano felici gli altri e quella vecchia canzone - che è considerato l'Inno del Carnevale di Viareggio, mio luogo di nascita e dei primi 20 anni di vita - ne è l'esempio emblematico, direi quasi sinestesico.
Tutti i viareggini la conoscono e la cantano nel periodo più divertente e frenetico della città ma io la associo a un'allegria dalla quale ero sovente escluso, odore di zucchero filato che non mangiavo e domeniche che significavano solo che l'indomani sarei tornato a scuola, preso in giro dai compagni e snobbato dalla maestra.
Vabbe'... first world problem in confronto ad altri vissuti (in fondo ero amato e accudito) però l'effetto a distanza di anni è ancora questo.
Tornando al quasi presente, una sera le assistenti sociali chiesero al nostro gruppo di futuri genitori affidatari di rievocare a turno prima un ricordo triste e poi uno felice.
E in quel momento ebbi la rivelazione che la quasi totalità dei presenti voleva dare amore a un bambino o a una bambina non propri perché sapeva in prima persona cosa significasse vivere senza quell'amore: gli episodi raccontati a turno non era tristi, erano terribili... violenza, abbandono, soprusi, povertà e ingiustizie impensabili nei confronti di bambino piccolo e, ovviamente, quando arrivò il nostro turno (la mia compagna non ne voleva sapere di aprire bocca) mi sentivo così fortunato e quasi un impostore che, in modo che voleva essere catartico e autoironico, raccontai di quando la maestra in terza o in quarta elementare chiamò un prete che davanti a tutta la classe mi schizzò di acqua santa perché - a detta della vecchia carampana - sicuramente ero indiavolato.
Ribadisco che la cosa voleva essere intesa come un modo per riderci su e detendere l'atmosfera pesante che il racconto dei vissuti terribili aveva fatto calare sul gruppo ma mentre sto mimando con una risatina il gesto del prete con l'aspersorio, mi accorgo che tutti i presenti hanno sgranato gli occhi e hanno dilatato le narici, nella più classica delle espressioni che indicano un sentimento infraintendibile...
La furia dell'indignazione.
Cioè... tu a 10 anni hai visto tua madre pestata a sangue da tuo padre e fatta tacere con un coltello alla gola ed empatizzi con me che ti sto raccontando una stronzata buona per uno sketch su Italia Uno?
Mi sono sentito uno stronzo, soprattutto quando la furia ha lasciato il posto a gesti e parole DI CONFORTO per quello che, evidentemente, sembrava loro una prevaricazione esistenziale orribile (cioè, lo era ma, per cortesia... senso delle proporzioni, signori della giuria).
Mi sono quindi rimesso a sedere, incassando il supporto con un certo qual senso di vergogna, finché poi non è arrivato il momento della condivisione dei momenti felici.
Silenzio di tomba.
Nessuno parlava.
Nessuno riusciva a ricordare qualcosa che lo avesse reso felice.
Con un nodo in gola - perché avevo capito che razza di vita avevano avuto le persone attorno a me - mi rendo conto che io ne avevo MIGLIAIA di momenti felici da condividere ma che ognuno di essi sarebbe stato una spina che avrei conficcato nel loro cuore con le mie stesse mani.
E allora mi alzo e rievoco ad alta voce il ricordo felice per me più antico, quello che ancora ora, a distanza di decenni, rimane saldo e vivido nella parte più profonda del mio cuore...
-Le palle di Natale con la lucina rossa dentro. Quando ero piccolo, durante le vacanze di Natale aspettavo che mio papà e mia mamma andassero a letto e poi mi alzavo per andare a guardare l'albero... non i regali sotto, proprio l'albero. Era finto, di plastica bianca spennachiosa, ma mia mamma avvolgeva sempre intorno alla base una striscia decorativa verde a formare una ghirlanda e mio padre stendeva tutto attorno ai rami un filo con delle palle che, una volta attaccate alla presa elettrica, si illuminavano di rosso. Io mi alzavo di nascosto e nel caldo silenzio della notte guardavo le luci intermittenti dipingere gli angoli del divano e del tavolo, con un sottile ronzio che andava e veniva. Ero al caldo, ero protetto, voluto e amato. Se allungo le mani posso ancora tastare quel ronzio rosso che riempe la silenziosa distanza tra me e l'albero e niente potrà mai rendere quella sensazione di calda pienezza meno potente od offuscarne la completezza. Quello era l'amore che mi veniva dato e che a nessuno sarebbe mai dovuto mancare.
A un certo punto sento una mano che mi si poggia sul braccio (avevo chiuso gli occhi per rievocare il ricordo) e accanto a me c'è la mia compagna che sorride, triste e piena di amore allo stesso tempo.
E attorno a me tutti stanno piangendo in silenzio, esattamente quello che col mio ricordo semplice volevo evitare e che invece doveva aver toccato lo stesso luogo profondo del loro cuore.
E in mezzo alle lacrime (che figuriamoci se a quel punto il sottoscritto frignone è riuscito a trattenere) cominciano a scavare tra i ricordi e a tirarli fuori... il cucciolo che si lasciava accarezzare attraverso il cancello della vicina, il primo sorso dalla bottiglietta di vetro di cedrata, la polvere di un campetto da calcio che si appiccicava sulla pelle sudata, l'odore della cantina, il giradischi a pile...
E nulla. Non so più cosa dire e nemmeno cosa volessi dire.
Forse che sembriamo così piccoli, malmessi e fragili ma che se qualcuno ci picchietta sulla testa e sul cuore siamo capaci di riempire il mondo di cose terribili e meravigliose.
Decidere quali ricordare e quali stendere davanti a noi è una scelta che spetta non a chi picchietta ma a chi permette che essi fluiscano da quella parte profonda di sé a riempire lo spazio tra noi e il domani.
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smokingago · 10 months
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"È incredibile come il dolore dell'anima non venga capito.
Se ti becchi una pallottola o una scheggia si mettono subito a strillare presto-barellieri-il-plasma, se ti rompi una gamba te la ingessano, se hai la gola infiammata ti danno le medicine. Se hai il cuore a pezzi e sei così disperato che non ti riesce aprir bocca, invece, non se ne accorgono neanche. Eppure il dolore dell'anima è una malattia molto più grave della gamba rotta e della gola infiammata, le sue ferite sono assai più profonde e pericolose di quelle procurate da una pallottola o una scheggia. Sono ferite che non guariscono, quelle, ferite che ad ogni pretesto ricominciano a sanguinare."
Oriana Fallaci
🍀
#smokingago
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Sono sempre rimaste impresse nella mia mente le parole della Fallaci che esprimono perfettamente il significato più profondo del dolore dell'anima.
Le esperienze passate di ognuno di noi determinano quello che siamo ora, compresi i momenti felici e quelli più tristi.
Ognuno di noi dovrebbe essere orgoglioso del proprio bagaglio di esperienze, anche se alle volte vi si trovano fatti di cui non avremmo mai voluto farci carico. Un carico che a volte custodisce i demoni che ci trascinano dall'infanzia e i ricordi che ci hanno fatto male.
È in quegli istanti di abbattimento che le ferite inferte alla nostra persona si riaprono.
Chi di noi non ha in sé cicatrici che sembrano rimarginate ma che da un momento all'altro,
tornano a sanguinare proprio nei momenti in cui siamo più vulnerabili. Cit.
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ma-pi-ma · 4 months
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La vera vita inizia ad una certa età, dopo le grandi delusioni, i fallimenti, i momenti tristi e la presa di coscienza che le cose preziose non costano nulla… basta meritarsele.
justhewayouare
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stregh · 30 days
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C'è una frase del film Inside Out 2 molto interessante. Probabilmente ti è sfuggita. È la scena in cui Tristezza chiede timidamente a Gioia se può scendere con lei nello stagno dei Ricordi. In risposta, Gioia prende la mano di Tristezza tra le sue e le dice: "Certo! Ricorda, Tristezza, ovunque vada io, verrai anche tu."
Quando ho sentito quella frase, mi è venuto in mente che alcune persone dicono di avere paura di essere troppo felici, perché sanno che dopo la felicità arriva la tristezza. Ma non è così che si vive, e nemmeno è vero. Una non segue l’altra: semplicemente viaggiano sempre insieme, fianco a fianco, mano nella mano. Non possiamo apprezzare l’una senza conoscere l’altra.
Anche nei giorni più tristi, se cerchiamo con sufficiente attenzione e ci permettiamo di provarla, ci sarà sempre un po' di gioia. Allo stesso modo, anche nei giorni più felici, come la nascita di un figlio, un matrimonio, una laurea, una vittoria o una promozione, quando ci ricordiamo che qualcosa o qualcuno manca, ci sarà sempre un velo di tristezza.
Per questo, quando diciamo di essere grati per la vita, non possiamo esserlo solo per i momenti di gioia. Dobbiamo essere grati anche per le esperienze tristi. Dobbiamo essere grati per tutto. Gioia e Tristezza ci accompagnano (o siamo noi a portarle) mentre passiamo da una fase della vita all'altra.
Quando proviamo nostalgia, stiamo unendo entrambe le emozioni.
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foreverblondie23 · 4 months
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der-papero · 6 months
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Ieri sera è accaduto un fatto che dovrebbe essere singolare, ma che poi in fondo non lo è.
Scrivevo un po' di codice per rimuovere pensieri tristi, e tra una riga e l'altra non mi accorgo che si era quasi fatta mezzanotte.
Mami: ma tu vuo' jje a lava' 'i rient, ca' s'è fatt tard e po' se scet'n tutt quant pecché faje burdell?
(traduzione: ma vuoi andarti a lavare i denti, che è tardi e poi fai casino in bagno e si svegliano tutti?)
Io: ma stai tranquilla, che non si sveglia nessuno, mica faccio casino io? Mami: AZZ, nun faje casin ...
Appena l'orologio passa dalle 23.59 alle 0.00, si sente dal balcone della casa dirimpetto
TA! TA-TA! ☄️ T-R-TA! TA-TA-R-TA- 💣 TA-TA-TA- 🧨 R-TA-TA .... BUUUUUM!💥
e io e la Mami siamo scoppiati a ridere da non poter smettere più, e mi sono tornati alla mente due momenti, quando Ileana, una volta trasferitasi a Trento, si lamentava che i trentini erano persone di una tristezza infinita e contagiosa, e per vendetta/cazzimma sparava i raudi Minerva di notte sul balcone del proprio appartamento in condominio, e le parole di Cannavale dette a Pazzaglia, che affermava che il popolo napoletano spara per protesta e per farsi sentire in cielo, perché il Padreterno non sarà forse sordo, ma di sicuro è distratto.
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Forse sono cresciuta, forse non percepisco più il mondo come prima, ma non faccio altro che osservare la gente per strada e, osservandola, vedo solo occhi spenti e tristi.
Li vedi lì, con lo sguardo rivolto verso il basso, frettolosi di salire nelle scale mobili di una metro spintonandoti, esausti pure di godersi la salita guardando il panorama.
Li riconosci da come ti guardano quando alzano finalmente gli occhi al cielo, vorrebbero sparire e nessuno sa perché, non lo capirebbero.
Non vedono più cambiamento in questa società, tutto va a rotoli sotto i loro stessi piedi, incapaci ormai di camminare da soli verso una strada che li porterà alla felicità.
Eppure il giorno prima sorridevano, erano lì ad una cena in famiglia o con i loro amici, quelli che credevano lo fossero, parlavano e riparlavano delle loro vite così meravigliose, ma la tristezza, poi, al risveglio, li ha presi prima che potessero fuggire fuori dalla porta di casa.
La tristezza non lascia scampo a nessuno, arriva e non va più via, non esclude tu possa passare momenti felici all’interno di essa ma non ti garantisce che questi ultimi l’allevieranno per sempre.
Un giorno ti alzi un’ora più tardi, un’altra sera decidi di non uscire perché non ne hai proprio la voglia, resti in camera molto più tempo di prima e il tempo crolla all’improvviso. Quel videogioco diventa il tuo rifugio più grande e tu sei lì ad aspettare che la vita cambi per te, che qualcuno prenda il tuo joystick e ti dica: “È finita, ho qualcosa di meglio per te”.
Ma quando capisci che l’unica cosa che davvero avrebbe potuto renderti felice sarebbe stata quella di tornare a percepire il mondo con gli occhi del tuo bambino interiore, lì non resta altro che arrenderti: ti arrendi all’apatia e ai tuoi occhi stanchi, ti arrendi alla visione in bianco e nero che ormai ti appartiene, guardando fuori dalla finestra.
Perché anche se tornassi a vedere a colori, un giorno, non sarebbero mai vivaci come quelli che avevi quando tornavi dall’asilo e le persone erano tutte buone ai tuoi occhi: quando il mondo era un posto perfetto.
Alla fine, anche la depressione ti si annida dentro come piccola goccia, ma se quest’ultima aumenta il suo flusso di giorno in giorno non farà altro che farti annegare di lì a poco tempo dopo.
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l-incantatrice · 1 year
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Tre anni fa in questo periodo stavo passando un brutto momento,molto brutto. La malattia,la paura,le cure,il malessere…e poi sono seguiti i controlli periodici,le visite,la preoccupazione…ora è tutto superato. Il medico mi ha fissato l’appuntamento per togliere l‘apparecchio che mi avevano messo sotto pelle per le terapie,ormai i rischi sono quasi nulli. Il buio si è dissolto e voglio dimenticare quei momenti tristi. Ma non dimentico chi in questi tre anni mi è stato sempre vicino,mi ha incoraggiato,consolato…persone che potevo chiamare anche solo per sfogarmi,per piangere; persone che hanno sempre avuto una parola buona e tanta pazienza. Ora una di queste persone,una mia amica,è in attesa dell’esito di un esame istologico all’utero e io la chiamo per sapere come sta e nei prossimi giorni andrò a trovarla,perché voglio starle vicino come lei ha fatto con me. E mi tengo vicino tutte le persone che mi hanno aiutato. Io non dimentico chi c’è stato e chi no
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Auguri a me
Alla ragazza che sono ora
Alla bambina che ero e che continua a vivere dentro di me
Alla donna che sarò, veramente adulta prima o poi
Chissà se quest'anno riuscirò a superare le mie paure di non essere in grado, di non essere abbastanza capace nel vivere il mondo degli adulti con tutte le responsabilità e complicazioni e conseguenze che comporta o se continuerò a crescere solo sulla carta d'identità e cambiando una cifra alle candeline sulla torta.
Auguri a me
Con i miei occhi scuri profondi come gli abissi e dolci come cioccolato
Con i miei capelli corvini ribelli spettinati come i miei mille pensieri per la testa
Auguri a me
Alla mia immensa immaginazione, alla mia creatività, alla magia del vento che credo essere diventata ormai parte di me, della mia anima
Auguri a me
Ai miei momenti no, bui, tristi e pieni di disperazione e fragilità
Ma soprattutto auguri a me
Alla mia forza di non mollare, di non lasciare che un crollo d'umore, mentale, fisico possa lasciarmi per sempre a terra senza più alcuna forza e voglia di rimettermi in gioco, continuerò sempre a lottare soprattutto contro me stessa.
Auguri a me
Ai traguardi raggiunti
Alle mie indecisioni da bilancia
Al mio voler diffondere affetto
Ai ricordi che conservo nel cuore e nella mente
Alle esperienze fatte e quelle che farò
Alle paure superate e a quelle su cui pian piano lavorerò
Alle mie passioni
Ai miei ideali
Al mio modo di vedere il mondo
Alla mia empatia, dono e condanna del mio essere
Ai cartoni che mi hanno insegnato la vita
Alle mie perdite, agli abbandoni
Alle piccole follie realizzate
Ai miei brividi d'emozione, al mio arrossire per un complimento
Ai rimpianti e rimorsi, ai salti nel vuoto senza paracadute, mi sono sfracellata tante volte l'anima eppure eccomi qui a festeggiare un nuovo anno per me
23 anni di combattimenti interiori ma anche di gioie e soddisfazioni
23 anni di me
Auguri a me
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yomersapiens · 1 year
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È stata la nonna!
Arrivo al laghetto dei cigni e un gruppo di cinque di loro mi aspettava già con le ali messe a mo' di pugno e se vi state domandando come sono delle ali messe a forma di pugno vi posso solo assicurare che sono grosse. Morbide all'inizio ma poi fanno male. Inutile dire che le ho prese di santa ragione e mi sono dovuto imbarcare sull'aereo indossando gli occhiali da sole per coprire i segni della sconfitta. Neanche a farlo apposta gli occhiali da sole li ho tenuti su per tutti i giorni a venire anche se di sole non se ne è visto molto ma così si notava di meno quando piangevo.
Il paese dove vivono i nonni era tappezzato di manifesti con il nome della nonna. Non sono abituato a vedere gli annunci mortuari su i muri e ancora meno di leggere il nome da nubile di mia nonna. È una strana usanza. Sembrava quasi ci sarebbe stato un suo concerto, "Prossimamente, nella chiesetta più vicina a voi, Pupetta live!". Leggere il suo nome mi ha fatto capire che era tutto vero. Non so da quanti anni non moriva qualcuno in famiglia. La malattia, quella c'è sempre, è nostra compagna, ma la morte ci ha sdegnato per quasi una ventina di anni e ora sta tornando a prendere ciò che aveva lasciato in sospeso, come una madre che dice al figlio in fila al supermercato "Aspettami qua, ho scordato una cosa" e tu rimani fisso a guardare il cassiere avvicinarsi sperando che torni il prima possibile perché non hai neanche un soldo finché non arriva e te le fa pagare tutte.
La morte fa schifo ma la malattia fa schifo ancora di più. La morte arriva e cancella i ricordi della malattia e di colpo la nonna era quella delle foto dove sorrideva e non la minuscola crisalide riposta nel letto freddo. Ci hanno provato tutti questi anni di sofferenza a farmi scordare come era una volta ma non ci sono riusciti.
In chiesa il prete ha chiesto un volontario per leggere qualcosa davanti a tutti i parenti. Ovviamente mi hanno indicato dicendo "Vai Matteo, fai tu" perché se cresci facendo lo stronzetto arrogante egocentrico se lo ricorderanno sempre. Indossavo gli occhiali da sole ovviamente, il prete neanche si è accorto delle lacrime su i fogli plastificati per i funerali. Ogni tanto erompeva un singhiozzo ma ho dato la colpa a una colazione abbondante. - Leggi questo estratto dal libro della Sapienza - Ah, bene bene, certo, e come vuole che lo legga? - In che senso? - Posso interpretarlo un po' rap, magari un po' trap, o lo faccio bello teatrale eh, che dice? - ... - Eh, che dice? - Leggi questo estratto dal libro della Sapienza. I preti sono davvero un pubblico difficile.
Mi sono seduto vicino al nonno che stava piangendo accarezzando la bara. Ho accarezzato il nonno con la stessa delicatezza e ho sentito la sua pelle ora che non è ancora legno. "Nonno, mi hanno chiesto di leggere qualcosa, che dici, leggo con una vocina un po' alta e buffa così faccio ridere la sala che qua sono tutti tristi?". Il nonno si mette a ridere mi guarda e fa "Fetente!". Vedere il nonno piangere e ridere allo stesso tempo è stata una grande novità. Poi ha aggiunto "A fessa e soreta!" salvo rendersi conto dell'imprecazione appena pronunciata e tornare su i propri passi parlandone con tutti "Sapete che mi ha fatto dire quel fetente di Matteo? A fessa e soreta! In chiesa! Al funerale della nonna! È proprio nu fetente!" e rideva perché si era stancato di piangere e un po' tutti ci siamo messi a ridere e quando sono salito per leggere quel testo difficilissimo, ho ringraziato l'avere un podcast dove mi impegno a stare calmo e controllare la voce altrimenti non ci sarei riuscito.
Quindi è questa la morte di cui tutti parlano. Un posto in meno a tavola. Una sedia abbandonata dove per rispetto non voglio poggiare nemmeno una borsa. Fotografie ovunque che ingialliscono. Momenti dove i ricordi esplodono e bisogna condividerli e piangere. Tracce di chi non c'è più all'interno del telefono in chat che non vuoi archiviare per non farle passare in secondo piano. Guardare video per sentire la sua voce. Allenare la mente e portare alla luce gli elementi più preziosi. Riorganizzare una stanza, spostare un letto, togliere i vestiti e metterli in una valigia di lato, nell'armadio. La morte arriva e fa ordine lei. Se hai lasciato abbastanza pezzi di te allora potrai andare avanti in formati diversi e penso sia per questo che facciamo figli: perché loro diventano un pezzetto di noi quando non ci saremo più. Mia nonna vive nella memoria dei nipoti e di tutti quelli che la ricordano come la persona più dolce mai esistita. Io non ho figli, non so se ne avrò. Ho un gatto ma lui non mi parla e anzi oramai è ovvio che proprio mi odia. Tutto quello che lascerò sono le mie parole e questi post o delle canzoni o puntate di un podcast e allora spero che arrivi un'intelligenza artificiale a ricostruirmi completamente basandosi su tutta la mia produzione e io tornerò in vita sotto forma di un software di mediocre qualità. Sarebbe bello mi riponesse pure in un cd o un dischetto, meglio ancora in una cartuccia come quelle del Gameboy, tanto non è che sarei un software chissà che complicato. Uno vuole parlare con me e mi chiede "Come stai" e io rispondo con qualche battuta che non fa ridere nessuno e poi inizio a lamentarmi dei dolori alla schiena (che non ho) e di come le band di oggi abbiano nomi difficilissimi da ricordare. Forse è per quello che spero che una band prenda il nome di mia nonna così almeno saprei come pronunciarlo. Sarei una cartuccia interessante, delle volte fingerei di non funzionare solo per farmi soffiare nelle zone intime.
Un'altra cosa che accade quando un evento ti fa sbatte in faccia l'ovvio, cioè che siamo qua per un limitato periodo di tempo e poi "puff" si sparisce, è che inizi a cercare segnali ultraterreni ovunque. Per dare un po' di profondità alla desolazione. Il vuoto lasciato adesso devo capire come riempirlo e io ci voglio vedere qualcosa di bello. Pioveva senza sosta da tre giorni e stavo andando verso l'aeroporto. Non conosco laghetti pieni di cigni dove fare risse nelle zone di Napoli così la mia rabbia non sapevo come disinnescarla. Sono arrivato giusto in tempo per vedere le nuvole aprirsi e un arcobaleno è comparso a salutarmi prima dell'imbarco. È nata una vocina dentro di me che adesso dice ad ogni cosa bella che accade "È la nonna!". Ovviamente io non ci credo a queste cose, lo sanno tutti che gli arcobaleni non sono nonne defunte che vengono a salutare i nipoti prima della partenza ma che sono un fenomeno metereologico finanziato dalla comunità LGBTIQ+. Ti attirano con la promessa di una pentola stracolma di monete d'oro, la trovi, ti chini per raccoglierla e taaac! Ora ti piacciono gli unicorni.
Quella vocina che ho in testa è molto simile a quella di mia madre. "Vedrai che adesso ci pensa la nonna a te" mi ha detto dopo il funerale, quando cercavo di fare su una canna lontano dai parenti. Mi spiace essere quello che preoccupa tutti perché non ha idea di cosa sta facendo su questo pianeta se non cercare di disturbare il meno possibile. Mi spiace pure dover scomodare la nonna da lassù che magari ora vorrebbe solo svagarsi e giocare a volleyball. Dall'aereo ho visto il posto esatto dove costruiranno il campetto e dove lei vincerà tutti i tornei.
Mi ero dimenticato di aver partecipato ad un concorso, di aver passato tutto l'inverno a scrivere un libro per sfuggire dalla depressione generata dalla disoccupazione e dal grigio innevato viennese. Mi arriva un messaggio. "Leggi la mail". La leggo. "Siamo felici di comunicarle che il suo romanzo ha vinto!" per fortuna avevo ancora su gli occhiali da sole così nessuno ha notato che stavo nuovamente piangendo. Non sto facendo altro che piangere da settimane accidenti. Ho vinto. Cioè ora mi devo sbattere ok, devo riscriverlo, correggerlo, seguire i consigli di un mentor ma tutto questo non importa, i mesi di lavoro che mi aspettano non mi spaventano. Ho vinto.
"È stata la nonna" ha detto mia madre al telefono. O forse era la vocina nella mia testa. Poco importa, di voci in testa ne ho sempre avute tantissime e non è male averne una gentile che si contrappone alle altre che urlano "Fai schifo! Sei brutto! Sei grasso! Sei antipatico! Fallito!". Ora che c'è questa nuova comparsa mi sento meglio e posso dirlo senza troppa paura. Sono felice.
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ilfildiarianna · 10 months
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"Quando mi abbracciava si fermava tutto, era come se il mondo avesse smesso di girare, riuscivamo a dirci tutto senza dire una parola.
Quell'abbraccio riusciva a ricompormi ogni volta, mi faceva stare bene, mi faceva sentire a casa, riusciva a cancellare tutti i momenti sbagliati, riusciva a farmi dimenticare le cose tristi, riusciva a cullarmi l'anima quando il mondo la scuoteva troppo".
Cit.
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soggetto-smarrito · 1 year
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Quando voglio incontrarti vengo qui, con i miei continui rimuginii come unica compagnia.
Mi lambicco l'anima e il cervello nel domandarmi cosa abbia provato, e provo...per te. Ho smesso da tempo di tentar di affascinare con quello sconosciuto che mi abita.
E questo lo devo a te..che sei stata per un periodo di tempo..la mia voce interiore, il mio metro di giudizio. Quando ti ho conosciuta, eri una donna, che...ai miei occhi appariva con una grande voglia di vivere, piena di risorse, una donna fatta di una bellezza tutta sua, con sorrisi e sguardi carichi di generosità e coraggio..
una donna di cui innamorarsi.
Abbiamo condiviso bei momenti...ed esperienze tristi, tenendoci per mano..
nonostante la distanza.
Ed è stata questa...che ha messo fine al nostro viverci. Ma, malgrado tutto, non abbiamo smesso di regalarci reciproci atti d'amore, d'affetto...di stima.
Perché é questo quello che fanno le persone che si sono volute bene come noi..Si tengono strette...in un luogo..dove non esistono ancora le parole, ma sono dove quest'ultime, si formano...
nel Cuore.
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soggetto-smarrito
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cywo-61 · 8 months
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Se un giorno decidessi di venire a trovarti, ti chiederei ti portarmi al mare. Il tuo, dove sono custodite le tue risate, i tuoi sogni, i momenti tristi e il tuo non arrenderti mai.
Se un giorno vorresti raggiungermi, ti porterei al mare dove trovi tutte le albe e i tramonti colorati del pensiero di te, la mia gioia, malinconia e la forza di rialzarmi sempre.
Se un giorno... vorrei poter cambiare il "se decidessimo" in un facciamolo.
cywo
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