Loki si ritrovò a percorrere i vasti corridoi di Valaskjalf in compagnia del fratello.
Essi procedettero a passo spedito, recandosi nell’imponente sala del trono.
Come di consueto era occupata dall’austero genitore.
Quest’ultimo aveva gravi notizie da riferire.
Giunti al luogo prestabilito, entrambi osarono avvicinarsi al sovrano per conoscere eventuali motivi su quell’urgente convocazione.
“Mi è giunta voce che un povero viandante è stato ferocemente aggredito da una creatura di cui l’identità è sconosciuta.”
Proferì il Dio delle Forche, sentenziando gli ultimi avvenimenti.
“Dove per l’esattezza?”
Domandò il minore dei suoi figli, curioso di saperne di più.
“Vicino ai boschi.”
Rivelò l’anziano re, tornando a sedere sopra l’Hildskjàlf.
“Perciò suppongo tu stia chiedendo di farla fuori.”
Constatò il Tonante, desideroso di trucidarla con l’immancabile reliquia.
Odino annuì tramite un cenno del capo, spiegando ulteriori dettagli sulla nuova impresa da compiere.
Lady Sif e i Tre Guerrieri li avrebbero accompagnati.
Avrebbero ucciso il mostro, ancor prima che osasse attaccare Asgard o addirittura i regni vicini.
Successivamente furono congedati, ritirandosi ognuno ai propri alloggi...Lingua D’Argento fu lesto a raggiungerli.
Recitò una serie di rune, attivando il meccanismo della porta.
Un metodo efficace per celare ad occhi estranei l’adorabile presenza di Sigyn.
L’aveva sposata due mesi addietro con uno dei suoi ultimi intrighi, occultando il rozzo capitano degli Einherjar all’interno delle antiche prigioni fuori città.
L’aiuto di Thor si era rivelato decisamente prezioso.
Ne varcò la soglia, dirigendosi verso il suo studio per preparare l’occorrente necessario.
Non perse tempo a dedicare una buona ora alla preparazione di un sedativo, posizionando provette e alambicchi al centro dello scrittoio.
L’odore pungente del medicinale catturò le narici della giovane Vanir, costringendola ad allontanarsi in pochi attimi.
Avanzò infine lentamente, cacciando una smorfia disgustata.
“Apprezzo molto tale curiosità, piccola figlia di Vanaheim.”
Esordì il Fabbricante di Bugie, udendone i docili movimenti.
“Cos’è questo tanfo?”
Chiese lei, tappandosi il naso.
“Nientemeno che la preparazione di un filtro per sedare la bestia.”
Spiegò breve, ma ben coinciso: l’Amica della Vittoria comprese al volo il suddetto significato.
“Quale bestia? Ciò significa che domani sarai in partenza?”
Incalzò con una nota d’allarme nella voce.
Il mago annuì silente, proseguendo con la realizzazione del farmaco.
Tuttavia non si scomodò a narrare la reale versione dei fatti, evitando di tenerla all’oscuro.
“Non andare, ti prego.”
Gli rivolse preoccupata con velata supplica.
“Sono un guerriero di Asgard, Sigyn: non posso permettere un simile affronto.”
Dissentì il sagace principe del regno d’oro, lasciando intendere che le sfide lo tentassero.
Come tutti gli Æsir, Loki ardeva all’idea di immergere i piedi nel fango e macchiarsi del sangue del nemico fino alle ginocchia.
Quelli erano gli asgardiani: un popolo fiero e combattivo; macchine da guerra pronte a far fuori chi osasse intralciare il loro cammino.
Nella mente della Dea della Fedeltà iniziò a prendere forma una vaga intenzione, seppur rischiosa per la propria incolumità.
Ossia accompagnarlo in una simile avventura, nonostante le singole proibizioni.
Però dovette fare i conti anche con la realtà: nessuno sapeva con chi fosse realmente convolata a nozze ad eccezione del Signore dei Fulmini.
Preferì non esporsi, assentendo alle parole del consorte.
Avrebbe agito in segretezza e con la massima discrezione.
Essendo nata e cresciuta in una terra dove la magia era prospera, costei era in grado di conoscere taluni segreti per cavarsela col mostro.
Ovvero rimedi particolari per guarire letali ferite, basati su alcune lezioni impartite da Sigrid.
Come la madre, Sigyn amava cimentarsi nelle tattiche guaritrici e magiche.
Il suo Seiðr non era potente come quello del Dio degli Inganni, ma quanto bastasse per scamparla durante spiacevoli situazioni.
Frigga l’avrebbe a breve nominata come nuova guaritrice di corte dopo aver concluso il noviziato.
Se avesse saputo che la giovane allieva fosse sposata col minore dei suoi figli, le conseguenze sarebbero state disastrose per entrambi.
Eppure determinati sguardi rivolti lasciavano presagire che fosse a conoscenza del loro segreto, denotando un’aria dolce e radiosa.
Giunse il buio, portando con sé una nuova alba.
Sigyn dormiva beatamente, avvolta da pesanti coperte in pelliccia di animale.
Il tenebroso Ase si limitò ad osservarla, sfiorandole uno zigomo.
Notò quanto fosse ancora più bella ed eterea mentre riposava ad occhi chiusi.
Le iridi della graziosa dama iniziarono a spalancarsi con estrema lentezza, ridestandola dal sonno.
Due gemme celesti e tanto limpide da far nascere un lieve sorriso allo spietato Dio del Caos.
“Buongiorno, mia splendida signora.”
Mormorò carezzevole, stampando le sottili e ironiche labbra sopra quelle dell’amata consorte.
Lo salutò flebile, ricambiando il romantico gesto.
Temeva per le loro sorti, dipingendosi un’espressione turbata sul suo viso delicato.
“Tornerò presto, Sigyn: non lasciarti sopraffare dal timore dell’addio.”
Promise risoluto e al contempo determinato.
Era dotato di straordinarie capacità cognitive, permettendogli di leggere le menti altrui…persino captarne i pensieri più profondi e oscuri.
Notevoli doti appartenenti solo a pochi.
Annuì con la testa, guadagnandosi una fugace carezza sulle bionde ciocche.
Si vestì rapido, indossando la fedele armatura in pelle nera dai toni verde scuro laminati in oro.
Dopodiché afferrò le lame intarsiate, riposte dentro il cassetto del comodino.
“Sii prudente, mi raccomando.”
Pronunciò tramite un’apprensiva raccomandazione, facendo ridacchiare sommessamente il cadetto.
“Non essere melodrammatica, adorabile principessina: so cavarmela in codeste situazioni.”
Affermò il moro, scuotendo il capo all’indietro.
Una morsa protettiva e amorevole l’avvolse interamente: Sigyn si crogiolò nel suo abbraccio, inspirando l’odore di cuoio, libri, menta e muschio selvatico.
Lo scaltro bugiardo della cittadella eterna affondò il volto diafano nella chioma lucente, garantendole che sarebbe tornato.
Uscì dalle sontuose stanze, salutandola con un casto bacio sulle labbra.
Una sorta di visione corse a manifestarsi nella sua testa, raffigurando un drago dalle squame rossastre.
L’orrenda creatura custodiva gelosamente un meraviglioso tesoro all’interno di una grotta.
Cominciò a manifestarsene una seconda, rappresentando una spada d’argento.
In essa era incisa una vasta sequenza di rune.
Dopo aver recitato la formula per far scattare l’apertura, la dama si recò immediatamente a Fensalir.
Frigga decise di convocarla d’urgenza per discutere su una faccenda dalle motivazioni sconosciute.
Attraversò circospetta i giardini reali, giungendo sul posto.
La regina fece cenno di accomodarsi dopo aver atteso il suo arrivo.
“Benvenuta, cara ragazza: gradisci qualcosa?”
Chiese cordiale, versando dell’idromele in due calici di cristallo.
Entrambe sorseggiarono il liquido giallastro, avviando così la conversazione.
“Immagino ti stia chiedendo la ragione per cui sei qui: ebbene, sappi che il tuo segreto con me è al sicuro.”
Assicurò la regnante, riferendosi al matrimonio segreto col Dio dei Misfatti.
“Dunque lei sapeva tutto!”
Stabilì la figlia di Bjorn, rimanendo sbigottita.
“Vi ho osservati a lungo: e quando compresi che mio figlio provasse qualcosa per te, non mi sono affatto tirata indietro.”
Confidò con un sorriso, lasciando intendere che lo stratagemma perpetrato da Loki fosse anche per merito suo.
Sigyn sospirò sollevata, rimuovendo un pesante macigno che le opprimeva il cuore.
Se Odino li avesse scoperti non avrebbero avuto scampo alla sua collera.
Frigga stava correndo un terribile rischio pur essendo la sovrana in questione.
Li avrebbe protetti ad ogni costo, infischiandosene delle conseguenze.
Erano complici di quel principe ribelle che amava dilettarsi nelle proprie furfanterie, imbrogliando il prossimo senza troppi indugi.
Con l’unica differenza che avesse agito per via di un sentimento difficile da pronunciare apertamente.
Un vago desiderio, tramutatosi in vero e proprio amore col passare del tempo.
“Seguimi, Sigyn: devo mostrarti una cosa.”
Disse la donna, conducendola in una galleria colma di quadri esposti.
Mostrò un ritratto in cui raffigurava lei stessa in compagnia dell’affascinante marito, Thor e la loro combriccola di guerrieri.
Costoro erano accompagnati da un impavido combattente, brandendo una spada dell’identico materiale visto nelle sue visioni.
“Chiunque osa rubare il suo prezioso tesoro, Fàfnir aggredisce i poveri malcapitati senza porsi alcun ostacolo. L’unico in grado di risolvere la situazione abita in codesto palazzo da oltre quattro anni.”
Spiegò, indicando con uno sguardo il possessore della lama argentea.
“Chi è costui?”
Domandò la ragazza, curiosa di conoscerne il nome.
“Sigurd: uno dei più valorosi guerrieri che Asgard abbia mai avuto fino ad oggi.”
La Vanir squadrò il dipinto con meticolosa attenzione, ponendole una seconda domanda.
“E la sua spada potrebbe condurci alla salvezza?”
Annuì con la testa, ricevendone l’effettiva risposta.
“Sul drago insorge una maledizione imposta da Odino: la lama non solo spezzerebbe il maleficio, ma potrebbe persino ucciderlo.”
Sentenziò la moglie del Dio dei Corvi, evitando di accennarle altri aneddoti.
Sigyn rimase totalmente spiazzata dalla rivelazione.
“Parlerò con lui personalmente, avvisandolo della faccenda: non permetterò che soccombano per mano di quel mostro.”
Ribatté determinata, desiderosa di partire per l’insidiosa foresta.
“Comprendo a pieno il desiderio di salvarli, ma tu non sei una guerriera: Loki non se lo perdonerebbe mai se ti sacrificassi per la causa.”
Aggiunse la reggente in tono apprensivo.
“È un rischio che bisogna correre per il bene di tutti: lasciatemi partire, ve ne prego.”
Supplicò la bionda, ottenendo il suo consenso dopo vari tentativi.
Si sarebbe resa utile sul campo della guarigione in caso di estrema necessità.
Venne congedata, tornando tra le mura della sfarzosa reggia alla ricerca di Sigurd.
Chiese indicazioni ad alcune ancelle, giungendo davanti una porta decorata in oro massiccio.
Si ritrovò un cavaliere dalla carnagione scura dopo aver bussato.
“Prego, desidera?”
Domandò l’uomo, attendendo risposta.
“Chiedo venia per il disturbo, ma ho bisogno del vostro aiuto.”
Si espresse con una certa fretta, guadagnandosi una replica da parte del soldato.
“E in cosa posso esservi utile?”
Sigyn rispose con innata decisione, spiegando il vero motivo di quella visita di cortesia.
“Una spedizione nel bosco: i miei amici sono in pericolo.”
La replica di Sigurd non tardò a giungere.
“Gira voce che una misteriosa creatura abbia assalito un civile in quelle zone, perciò è per codesto motivo che siete qui?”
La bionda Vanir annuì con la testa, confermandone i sospetti.
“Allora sappiate che addentrarsi sin laggiù sarà rischioso per la vostra incolumità.”
Costei scosse il capo in segno di disappunto, mettendo in chiaro la motivazione della propria scelta.
Come se ne avesse intuito i pensieri, suggerendole di rimanere al sicuro tra le mura dorate della reggia.
“Sono esperta in campo medico, perciò credo sia assolutamente necessaria la mia presenza.”
Puntualizzò colma di determinazione nella voce.
Sigurd indugiò a lungo, riflettendo sulle parole espresse da quell’impavida e giovane ragazza dinnanzi a sé.
Oltretutto credeva di avere a che fare con la moglie del capitano Theoric in persona.
Una bugia ben orchestrata dallo scapestrato Lingua D’Argento e secondogenito della corona asgardiana.
“D’accordo: accetto la proposta. Avete mai ricorso alle armi bianche prima d’ora?”
Interrogò il guerriero, ottenendo risposta da parte sua.
“Ho ricorso all’uso dei pugnali e alcuni attacchi difensivi tramite la magia.”
Essendo l’unica figlia del generale Bjorn, ella era stata costretta ad imparare le nozioni base per legittima difesa.
Ciononostante, Sigyn non avrebbe mai fatto parte di una stirpe di guerriere donne.
Non prediligeva la violenza pur avendo appreso simili tecniche.
Successivamente prepararono l’occorrente necessario per la partenza, recandosi verso gli esterni.
Si addentrarono a Járnviðrr, consci dei pericoli a cui sarebbero stati esposti.
Loki scrutò qualsiasi angolo del bosco, cercando di rimanere in allerta.
I fitti alberi denotavano un’aria lugubre e spettrale.
“Siamo sicuri che sia ancora nei paraggi?”
Esordì Hogun incerto, alludendo alla misteriosa creatura che da tempo spaventava i viandanti.
“Senza dubbio ama nascondersi.”
Constatò il Dio del Tuono, stringendo saldamente tra le mani il fedelissimo martello.
Gli asgardiani proseguirono senza riscontrare risultati efficienti.
In quel momento l’unica donna del gruppo si accorse di alcuni indizi importanti.
Ossia delle vistose macchie rosse, rilasciate sopra il terreno erboso.
“Guardate qua.”
Disse la Dea della Guerra, analizzando le varie tracce di sangue assieme agli altri.
“Credo siano abbastanza recenti: devono per forza appartenere a quel pover’uomo.”
Suppose l’Ingannatore, evitando di distogliere lo sguardo su di esse.
Improvvisamente il tenebroso stregone avvertì un elevato tasso di energia negativa.
Proveniva nientemeno da una grotta, ergendosi davanti ai loro occhi.
Comprese di essere vicino all’obbiettivo, rivelandolo ai presenti.
“Il mostro dev’essere nelle vicinanze: cerchiamo di agire con la massima discrezione.”
Intimò il moro, inoltrandosi per primo all’interno della caverna.
Lo seguirono rassegnati, inconsapevoli a cosa stessero andando incontro.
Percorsero l’antro, finché non udirono il ruggito del presunto animale.
“Ci siamo.”
Avvertì sommessamente il principe cadetto, appostandosi in un angolo.
“Loki, qual è il piano?”
Domandò il fratello maggiore, desideroso di passare all’azione.
“Sederemo l’animale tramite il filtro per poi sopprimerlo.”
Tagliò corto il Fabbricante di Bugie, evocando l’ampolla dalla propria mano.
“Sicuro che funzionerà?”
Titubò il primogenito di Asgard, timoroso per le sorti del più piccolo.
L’altro scosse il capo bruno, ribattendo alle sue parole.
“I tuoi dubbi sono alquanto giustificabili fratello, ma stai pur certo che ne uscirò incolume.”
Rassicurò fermo e deciso, ricorrendo all’invisibilità.
Dopodiché attivò il teletrasporto, avanzando lentamente verso la bestia.
Ella era circondata da uno sfavillante e bellissimo tesoro.
Antiche armi e reliquie erano esposte, lasciando intendere che ne fosse il guardiano.
L’Ase constatò chi avesse davvero di fronte: una leggenda divenuta realtà, costituita da terribili aneddoti.
Un racconto adatto per spaventare i bambini, placando così i loro capricci.
Frigga dovette narrare tale vicenda per fermare un litigio tra i suoi amati figli.
Quando erano solo due pargoli pestiferi e innocenti, noncuranti delle battaglie che da tempo immemore affliggevano i Nove Regni.
Estrasse un ago dalla casacca nera per iniettare il veleno dentro la pelle squamosa dell’orrida creatura, non tenendo conto di un unico fattore.
Il suddetto si accorse dell’intruso attraverso l’oscuro maleficio.
Un terribile incantesimo imposto dal Padre degli Dei diversi eoni prima.
Osò voltarsi verso il temibile bugiardo della cittadella dorata, emettendo una serie di ruggiti.
Un imprevisto che gli sarebbe stato fatale se non si fosse allontanato con sveltezza.
Era riuscito a farsi scoprire come un povero principiante, maledicendosi per il fatale errore commesso.
Agire con inettitudine non era nella propria natura.
Il che era alquanto strano e insolito per uno del suo calibro.
Per secoli si era dedicato ad intensi studi sul Seiðr, imparandone le singole sfaccettature.
Suppose di aver a che fare con un sortilegio proibito.
Arti oscure, bandite da ogni libro di magia esistente.
Thor ricorse all’utilizzo di Mjolnir, provando a scagliarlo in direzione della bestia.
Fallì nel tentativo, suscitandone l’ira.
“Idea geniale, fratello: adesso periremo tutti quanti per colpa tua.”
Accusò il minore attraverso un ringhio.
“Da che pulpito viene la predica: il famigerato Dio dell’Inganno che si lascia cogliere di sorpresa come uno sciocco qualsiasi.”
Accusò di rimando, accigliando gli occhi per l’offesa ricevuta.
“Piantatela di litigare come mocciosi: abbiamo questioni più urgenti da risolvere.”
Intervenne Sif con fare materno, estraendo la propria spada.
La nuova minaccia da fronteggiare si rivelò un enorme e possente drago dalle scaglie scarlatte.
Spiegò le grandi ali, tentando di assalirli.
Un bagliore smeraldino li avvolse per intero, catapultandoli alla parte inferiore della tana.
Affrontarlo si sarebbe rivelato arduo.
Il Signore dei Tuoni richiamò il prezioso manufatto, pronto ad attaccare.
“Thor, aspetta!”
Richiamò Loki a gran voce, intento a riferirgli della recente scoperta.
Egli si voltò di scatto, provando a comprendere tale ammonimento.
“Ucciderlo riscontrerà vani risultati.”
Spiegò brevemente, attivando nel frattempo una barriera protettiva.
“Che intendi dire?”
Chiese il Tonante, inarcando un sopracciglio.
“Rammenti tuttora la leggenda di Fàfnir, nevvero?”
Thor annuì, cogliendo a pieno il significato della sua frase.
Erano al cospetto di una leggendaria creatura quanto pericolosa.
Il mostro da cui bisognava mettere in guardia i ragazzini.
“Non è possibile.”
Borbottò incredulo, sgranando le gemme azzurre per lo sconvolgimento.
“Quindi cosa facciamo?”
Domandò Fandral in attesa di un piano efficace per sconfiggerlo.
Il Dio dalla chioma bionda stette per replicare, quando improvvisamente una lama trafisse il fianco destro del drago.
Lancinanti grida di dolore si infransero in ogni angolo dell’antro, facendolo precipitare al suolo.
Loki fu costretto a rimuovere lo scudo, voltandosi nella direzione opposta.
Due figure incappucciate di nero effettuarono la loro comparsa, avanzando verso i presenti.
Furono lesti a ringraziare i presunti salvatori, chiedendo poi di identificarsi.
Costoro eseguirono, rivelando dei volti familiari.
Il figlio minore della casata degli Asi assunse un’aria sbigottita mista a rimprovero...la donna a cui teneva stava rischiando fin troppo.
Aveva violato gli ordini, infischiandosene delle conseguenze.
La chiamò in disparte, non accorgendosi delle occhiate sospettose lanciate dalla Dea della Guerra.
“Non dovresti essere qui: stai mettendo a repentaglio le nostre vite.”
Sibilò sottovoce, guardandola in cagnesco.
“Potrei esservi utile se il concetto non ti è chiaro: sai bene che me la cavo egregiamente in campo medico...d’altronde sono qui anche per merito di Frigga; mi ha narrato ogni cosa.”
Dichiarò nello stesso identico tono.
Lasciò intendere che fosse a conoscenza dei dettagli del suo folle piano per renderla come sua sposa.
Tornarono indietro, notando che Fàfnir si fosse ripreso dal colpo inflitto.
Iniziò a sputare vaste lingue di fuoco per sbarazzarsi degli impiastri che si azzardarono a violare la sua dimora.
Avrebbe protetto tali ricchezze con qualunque mezzo disponibile.
I guerrieri di Asgard riuscirono nell’intento, schivandole in maniera esemplare.
Thor accumulò una sufficiente quantità di fulmini, bersagliando il nemico.
Loki corse in suo aiuto, recitando un paio di rune per rallentarlo.
Il metodo si rivelò abbastanza inefficace, costringendo il drago ad assaltarli.
Volstagg ricorse all’ascia, tentando di trattenerlo: la lama fece pressione sopra le zanne dell’avversario per diversi minuti.
Costui serrò i denti per lo sforzo, faticando nell’impresa.
Il Voluminoso fu scaraventato a terra con violenza, battendo il capo.
Tuttavia non perse i sensi, tentando di reggersi in piedi.
Hogun provò a ledere la bestia tramite la mazza chiodata senza recargli alcun graffio.
Gli occhi del rettile emanarono una scintilla di puro odio, scaturendone la furia.
Sfoderò gli artigli, gettando il guerriero malamente sul terreno roccioso.
Rimase ferito nella lotta in maniera grave, sforzandosi di tenere gli occhi aperti.
Sigurd si accorse della scena, ordinando al resto della squadra di battere in ritirata.
La lama d’argento sfregiò una delle zampe, costringendo l’orrida creatura a fuggire.
Si radunarono attorno al malcapitato, assumendo sguardi sbigottiti.
“Resisti, amico mio: presto sarai al sicuro.”
Garantì il primogenito della casata reale, sollevando il Fosco da terra e infine tenendolo sottobraccio.
Un bagliore smeraldino li condusse fuori dalla grotta, alla ricerca di un rifugio.
“Converrebbe rispedirlo a Valaskjalf, necessitando di urgenti cure mediche. Non potrà resistere ancora per molto.”
Propose Lady Sif, preoccupata per le sorti del compagno d’arme.
“Nostro padre è stato chiaro a riguardo: finché non neutralizziamo l’animale, varcarne l’ingresso sarà proibito.”
Ribatté risoluto l’Ingannatore, guadagnandosi un’occhiata arcigna da parte della guerriera.
“Conosco un luogo dove potremmo passare le ore notturne in attesa di un piano efficace.”
Aggiunse l’Ase dalla capigliatura corvina, lasciando intendere che avesse calcolato qualsiasi minuzia per la loro incolumità.
Usufruì nuovamente del Seiðr, spedendoli dinnanzi un’antica costruzione in uru e ossidiana nera.
Essa era costituita da un portone in ferro battuto, circondata da un rigoglioso giardino.
“Ho comperato tale residenza diversi mesi addietro: prego, fate come se foste a casa vostra.”
Proferì il proprietario, protendo teatralmente le braccia.
Materializzò dalle proprie mani un mazzo di chiavi, girando infine il chiavistello.
L’entrata rivelò un ambiente dai toni accurati ed eleganti; ossia un’abitazione a due piani con ogni genere di comfort possibile.
Dopo essere entrati nell’apposita stanza, Hogun venne deposto sopra il lettino per necessitare delle cure necessarie.
Sigyn non perse tempo a estrarre i medicinali dalla sacca, avviando il processo di guarigione.
La fronte imperlata di sudore lasciò intuire che la temperatura corporea fosse salita a causa della febbre.
Loki non esitò a riempire il bacile d’acqua, imbevendone il panno.
Avanzò verso di lei, passandole la pezza umida.
“Perché hai preferito dare ascolto all’imprudenza? Avresti dovuto rimanere al sicuro.”
Domandò con aria di rimprovero, focalizzandosi sulla terribile lacerazione che affliggeva il Vanir.
Il suddetto emise un lieve lamento di dolore.
“Non sei l’unico ad avere un debole per l’avventura: credevi che sarei rimasta buona ad aspettarti come solo una brava mogliettina saprebbe fare? Tengo a te e a tuo fratello più di chiunque altro, dovresti saperlo. Inoltre non amo lasciare in difficoltà un abitante della mia terra natia...una mano in più vi farebbe comodo.”
Spiegò determinata con una venatura di decisione nella voce, stupendo il principe cadetto degli Æsir.
Se c’era una cosa che gli stava particolarmente a cuore, senza dubbio era il suo notevole coraggio.
Una caratteristica che ebbe la maniera di trascinarlo in un sentiero di assoluta seduzione.
L’aveva scelta con la scusa di passare piacevoli momenti con lei, per poi scoprire di provare qualcosa di più profondo e veritiero.
Un rapporto duraturo dove gli inganni e i tradimenti escogitati dal Dio sarebbero passati in secondo piano.
Non era in grado di recarle un simile torto e lo sapeva bene.
Riusciva a placare gli oscuri istinti di una divinità selvaggia, crudele e manipolatrice senza rendersene conto.
“Comprendo a pieno le tue motivazioni, ma hai rischiato grosso a palesarti fin qui. D’altronde se il nostro segreto venisse scoperto, Padre Tutto non sarà affatto clemente.”
Riprese il Dio del Caos, temendo per le loro sorti: una terribile condizione che non giovava a nessuno dei due.
Costretti a vivere una storia d’amore non alla luce del sole, nascondendosi come ladri dopo aver compiuto un grave reato.
Macchiarsi di una colpevolezza a cui non volevano rinunciare.
Persino la complicità di Frigga era in pericolo, eppure non si pose alcun ostacolo a lasciarli liberi di amarsi.
I vicoli matrimoniali erano inerenti al proprio titolo del resto.
“Se mai dovesse capitare una situazione del genere, sappi che l’affronteremo insieme. Tuttavia confido nella tua scaltrezza, Dio degli Inganni.”
Sorpreso da quella replica colma di fiducia, Loki stampò le sottili labbra sopra le sue.
Un bacio tenero e innocente col solo scopo di esserle grato.
Ultimato di occuparsi delle condizioni del Fosco, i due coniugi si spostarono nella sala da pranzo per mettere qualcosa sotto i denti.
Thor e gli altri rincasarono dopo una battuta di caccia, costituita da due cinghiali di grossa taglia.
Volstagg fu lesto ad arrostirne uno nel caminetto della cucina.
All’interno dell’abitazione aleggiava un ottimo profumo.
Il Padrone delle Saette non perse tempo a chiedere dello stato di salute dell’amico, esternandone la preoccupazione.
Ambedue lo rassicurarono che ben presto si sarebbe ristabilito, necessitando di assoluto riposo.
“Deduco che Fàfnir non sia solo frutto di una leggenda, nevvero?”
Domandò di getto l’Ingannatore, lucidando la propria posata col tovagliolo.
Tale interrogatorio era nientemeno che rivolto nei riguardi di Sigurd.
La risposta del misterioso guerriero non tardò a giungere.
“Corretto, vostra maestà: tale arma mi è stata tramandata dalla mia famiglia in proposito.”
Disse, riferendosi alla lama d’argento con cui era solito fronteggiare i nemici.
Una storia costituita da aneddoti terribili, inerenti ai suoi familiari.
In particolar modo il padre e lo zio di quest’ultimo.
“Vedo che sai molte cose sul suo conto.”
Interferì il primogenito dei sovrani della cittadella d’oro, intuendo che ne fosse al corrente.
“Sono suo nipote.”
Rivelò gelido e al contempo atono, lasciando di stucco i presenti.
“Si è guadagnato una cattiva reputazione per colpa della sua estrema avidità, infischiandosene dei suoi fratelli.”
Aggiunse con una nota nervosa nella vocalità.
“Quindi hai discendenze nibelunghe!”
Esclamò Fandral, stupito dalla rivelazione appena udita.
“In parte.”
Affermò il giovane combattente, confermandone la reale discendenza.
“I Nibelunghi sono abili lavoratori del ferro e avidi cacciatori di tesori, non mi stupisce che Fàfnir continui a custodirlo gelosamente dopo codesti secoli.”
Spiegò con lieve erudizione il Fabbricante di Bugie, argomentando col solito tono di chi la sapeva lunga.
D’altronde non aveva tutti i torti: per millenni avevano saccheggiato i Nove Regni pur di impadronirsene.
Ottenere persino svariati ninnoli di poco valore.
Il clan capitanato da Reginn Völsung per diversi e lunghi anni si era opposto al continuo rubare dei preziosi monili, ricavando solamente una lunga serie di sconfitte.
Fàfnir accecato dall’avarizia come il resto del suo popolo avviò una protesta contro il fratello, mettendo ferro e fuoco alla cittadella dei fierissimi e indomiti Asgardiani.
Il suddetto ricevette un’esemplare punizione da parte del Padre degli Dei, trasformandolo in un rettile di mastodontiche dimensioni e confinato nei pressi della foresta di Járnviðrr.
Scoprendo l’esistenza di un vastissimo e assortito tesoro, egli si proclamò l’assoluto guardiano del luogo.
Gli era costato l’esilio, guadagnando infine una buona dose di fortuna.
Neutralizzarlo si sarebbe rivelato arduo, ma non impossibile.
Avrebbero atteso un paio di giorni per ideare un ottimo piano e permettere ad Hogun di guarire dalla sua convalescenza.
Sarebbe divenuto un lontano ricordo narrato dai bardi, descritto come una delle imprese più audaci di sempre.
Un mito scritto nei molteplici libri che affollavano la vasta biblioteca di Asgard e i restanti otto regni.
Al calar della sera, Loki e Sigyn diedero una scrupolosa occhiata al paziente per verificare se la sua salute avesse subìto miglioramenti.
La temperatura corporea non si era del tutto abbassata, eppure era evidente che stesse diminuendo.
Merito dei medicinali e le potenti arti magiche a scopo curativo.
“Come sta?”
Chiese preoccupata e con un velo di apprensione.
“La febbre non è del tutto scesa, eppure sembra stia subendo un netto miglioramento. Credo sia saggio lasciarlo riposare.”
Suggerì l’ombroso Dio delle Malefatte, avviandosi verso la stanza adiacente dove avrebbe passato il resto della notte.
Provò a raggiungerlo, venendo fermata dal consorte.
“Non possiamo, Sigyn: per quanto desideri godere della tua dolce compagnia, non possiamo dare troppo nell’occhio.”
Intimò lievemente dispiaciuto, limitandosi soltanto a baciarle una guancia.
Costei annuì col capo, uscendo dalla camera.
Lungo il tragitto ebbe modo di incontrare la scomoda e sgradevole presenza della guerriera, provando un enorme disagio.
Quella donna riusciva sempre a metterla in soggezione a causa delle sue occhiate gelide e guardinghe nei confronti di chiunque.
“Dobbiamo parlare.”
Le rivolse astiosa, quasi inquisitoria.
Sigyn assottigliò le iridi azzurre, inarcando un sopracciglio.
“Perché Theoric non è con te? Perché lasciar correre un rischio così grande alla propria moglie, essendo ben conscio dei pericoli presenti in questi luoghi? Ho come l’impressione che tu stia nascondendo qualcosa. Il rapporto instaurato con Loki non è affatto convincente.”
Incalzò sospettosa e colma di palese ostilità nei confronti della Vanir.
“Theoric è partito per una spedizione a Nornheim qualche giorno addietro su richiesta di Odino. Posso benissimo cavarmela senza il suo aiuto, non ho bisogno di una balia.”
Precisò la dama, ostentando un’innata sicurezza.
Sif rimase stupita dalla risposta: comprese a pieno quanta forza albergasse in quella giovane ragazza dall’aspetto etereo.
“In quanto a Loki potrebbe far comodo una valida assistente in campo medico, posso garantirtelo.”
Aggiunse prontamente, non lasciandosi intimidire.
“E Sigurd?”
Domandò ancora la bruna, mantenendo la stessa tonalità.
“Ordini dall’alto.”
Disse semplicemente, alludendo alla sovrana di Asgard.
Si apprestò a lasciare il corridoio non prima di rivolgerle un ultimo avvertimento.
“Attenta, Sigyn: se solo ti azzardi a prendermi in giro, le conseguenze saranno spiacevoli per entrambi.”
Una minaccia che la fece impallidire, costringendola comunque a celare il suo vero stato d’animo.
Era chiaro che si stesse riferendo a Loki, ma le avrebbe dimostrato il contrario.
Detestava avere paura: essere debole dinnanzi all’evidenza non rientrava nei programmi della fanciulla.
Giunse all’alloggio destinato a lei, coricandosi supina sul letto.
Un’orda di pensieri la investì puntuale.
Essi riguardavano gli ultimi accadimenti.
Non riuscì a prendere sonno, nonostante i tentativi a vuoto: necessitava di trarre conforto tra le braccia dell’uomo che amava.
Sgattaiolò dalla stanza, scrutando attentamente l'ampio andito.
Non c'era nessuno a sorvegliare i vari angoli.
Dovette ritenersi fortunata in ciò: era conscia del pericolo che stesse correndo.
Avanzò lenta in direzione della porta, notando che fosse socchiusa.
Lo vide poggiato sullo scrittoio, intento a leggere appunti.
Si avvicinò a passi docili, credendo di non essere vista.
“Dovresti essere a riposo nelle tue stanze.”
Un suggerimento che avrebbe dovuto seguire alla lettera, decidendo infine di ignorarlo.
“Non riesco a dormire.”
Dichiarò la ragazza, accennando un piccolo sorriso per alleggerire la tensione.
L’Ase sospirò rassegnato, chiudendo il tomo cosparso dalle singole scartoffie.
Gli si affiancò da dietro, poggiando una mano sulla spalla.
Una fugace carezza col solo scopo di rilassarlo.
“Anche tu dovresti riposare, amore mio.”
Consigliò dolcemente, inspirando l’odore di cuoio e inchiostro.
Loki si beò di quel piacevole contatto, annuendo alle sue parole.
Dopodiché si alzò dalla sedia, voltandosi verso la graziosa moglie dalla capigliatura dorata.
La maestosa e imponente altezza del principe osò sovrastarla.
Adorava sottoporla ai suoi sguardi intensi e penetranti per incuterle timore.
Arrossì violentemente, sostenendo quelle occhiate letali e serpentine.
Posò le delicate e piccole dita sopra il petto del corvino, esternando il desiderio di rimanergli accanto.
“Ho bisogno di te, Loki: permettimi di rimanere.”
Una preghiera che avrebbe esaudito di lì a poco.
“Non hai paura delle conseguenze che ne possano scaturire? Temere di perdere ciò a cui tieni di più?”
Mormorò esitante, accentuando il punto interrogativo.
Scosse il capo chiaro, fidandosi dei suoi istinti: fu lesta a stringere le affusolate mani del mago, infondendogli maggiore conforto.
“Fidati di me.”
Garantì sicura di sé, afferrandogli il volto per baciarlo.
Si lasciò trasportare da quella dimostrazione amorosa, assecondandola volentieri.
Scoprirono di bramare qualcosa di più profondo, annegando nel vortice della passionalità.
Un turbine costituito da caos e follia in forma erotica e travolgente.
La lussuria pervase i corpi dei due amanti, costringendoli a spogliarsi dei loro rispettivi vestiari.
Si cercarono con un’urgenza tale, perdendosi nei sentieri più oscuri e proibiti della libidine.
Come se fosse l’ultima volta, amandosi in maniera disperata.
Sensazioni che sperimentarono varie volte fin dai tempi della relazione clandestina, assumendo sfumature diverse.
Una trasgressione a cui non avrebbero rinunciato neppure allora.
Raggiunto il culmine del piacere, entrambi si ritrovarono ansanti e sudati con le lenzuola sfatte.
Ebbero modo di possedersi in maniera selvaggia e violenta, lasciandoli stremati ed appagati.
Dopodiché si strinsero l’una tra le braccia dell’altro, scambiandosi tenere effusioni.
“Non avresti mai rinunciato ad una piacevole notte d’amore con me, ti conosco bene.”
Proferì divertita, guardandolo dritto nelle iridi verdi e sagaci.
Loki emise un risolino, baciandola nuovamente sulle labbra.
“Non sono bravo con le rinunce, te lo concedo: d’altronde adoro soddisfare i miei istinti.”
Ghignò malizioso e suadente, tentandola ad agognare per l’ennesima volta quel corpo asciutto e tonico.
Un fisico forgiatosi nel susseguirsi delle secolari battaglie, rendendolo attraente ed invitante ai suoi occhi.
La luce fioca della candela non aiutava di certo a distogliere lo sguardo verso l’affascinante divinità che le giaceva affianco.
Sopraggiunse la voglia di riaverlo, avvertendo un fremito basso.
Egli se ne accorse, depositandole una lunga scia di baci sopra il ventre.
La donna inarcò la schiena, gemendo sommessamente.
Fu ardente, avido e goloso.
L’amò senza sosta, donandole persino il suo gelido cuore.
Aveva ceduto ad un sentimento che tuttora faticava a pronunciare liberamente, dimostrando però di non essere pentito.
Forse l’aveva amata ancor prima di decretarla come sua amante nel giorno del Solstizio.
Quando compì l’azzardo di recarle il crudele scherzo inerente all’illusione della serpe.
Era affascinato da lei sotto ogni aspetto, inclusa la temerarietà con cui agiva.
Il sonno li colse dopo aver consumato il secondo amplesso, attendendo l’alba successiva.
Neutralizzare Fàfnir avrebbe richiesto la massima lucidità e concentrazione.
I raggi del sole nascente riflessero attraverso le superfici vetrate, svegliando il cadetto.
Le brillanti gemme si aprirono, costringendolo a stropicciarsele.
Dopodiché cominciò ad osservare la sua graziosissima moglie, sorridendo appena.
Molte volte si era ritrovato a guardarla in quello stato, intenerendosi inconsapevolmente.
Ancora dormiente, Loki osò chinarsi per depositarle un dolce bacio sulle ciocche seriche e brillanti come l’oro che adornava la capitale asgardiana.
Mugugnò qualcosa di incomprensibile nel sonno, svegliandosi poco a poco.
Le gemme turchesi della dama si permisero di incantarlo, nonostante dimostrasse un’impassibilità e una freddezza fuori del comune.
Si diedero il reciproco buongiorno, stampando le proprie labbra in un bacio ricolmo di affetto.
Furono rapidi a vestirsi tramite la magia per non destare alcun sospetto, scendendo infine al pian terreno per la colazione.
Ciò avvenne non appena conclusero di dare una veloce occhiata sulle condizioni del guerriero Vanir.
Sembrava stesse migliorando a giudicare dall’aspetto meno pallido e più colorito del giorno precedente.
Sopra il tavolo si trovavano esposti diversi vassoi pieni di frutta.
Essi erano accompagnati da alcune fette di pane, guarnite da squisita marmellata.
Fu Fandral a preparare l’occorrente con l’aiuto di Sif e Sigurd: quest’ultimo si era ben fornito di varie provviste, prima della partenza.
“Buongiorno, ragazzi!”
Salutò gioviale il Dio del Fulmine, accentuando l’esclamazione.
Costui fu l’ultimo a palesarsi dopo aver effettuato un sopralluogo nelle vicinanze.
Temeva che il drago potesse presentarsi al loro momentaneo nascondiglio per vendetta o chissà cos’altro.
Essi salutarono di rimando, prendendo posto attorno al tavolo.
“Hogun come sta?”
Domandò Volstagg, addentando il proprio pezzo con una certa voracità.
“Meglio di quanto ci aspettassimo: i filtri medici hanno cominciato a fare effetto entro codesta mattina.”
Sentenziò asciutto il principe minore, comunicandone i risultati.
Si rincuorarono in pochi istanti appena udirono la buona notizia nei riguardi del compagno.
Tra qualche mese sarebbe tornato come nuovo, lottando al fianco dei suoi più fedeli compagni nonché amici di lunga data.
La temporanea quiete venne disturbata da un improvviso e familiare battito d’ali proveniente dall’esterno.
Avanzò a grandi falcate verso l’abitazione, obbligandoli a recarsi in giardino.
In lontananza scorsero Fàfnir, eseguendo una serie di movimenti discontinui per via del colpo inflitto.
Atterrò goffamente sulla distesa erbosa, dedicando a ciascuno di essi occhiate maligne che non promettevano nulla di buono.
“È meraviglioso vedervi tutti qui riuniti; a confabulare su una mia ipotetica disfatta. Tuttavia sarò obbligato a ridurvi in cenere...a meno che non abbiate qualcosa da offrirmi in cambio delle vostre miserabili vite.”
Esordì con la sua voce grave, proponendo uno spiacevole accordo.
Sigurd strinse la lama d’argento in maniera salda, serrando la mascella.
“Mio adorato nipote! È un piacere rivederti. Che ne diresti di consegnarmi la tua preziosissima spada per la vostra incolumità? Potrebbe rivelarsi un’offerta vantaggiosa.”
Sorrise perfidamente, attendendo risposta.
“Che cosa vuoi, Fàfnir? Essere l’assoluto custode di quel maledetto tesoro non ti basta?”
Non si sarebbe mai degnato di ritenerlo come suo zio: troppo dolore da doversi trascinare dietro per l’eternità.
Gli occhi di brace si posarono sull’esile figuretta di Sigyn, decidendo di cambiare le carte in tavola.
Una modifica repentina in modo tale da mettere alla prova l’arguta tempra del Dio dell’Inganno.
Capì che quell’adorabile donzella fosse oggetto di interesse da parte dello spregiudicato Ase, considerandola come un intrigante mezzo per i progetti futuri.
Rubare la più sacra reliquia appartenente a Lingua D’Argento si sarebbe rivelato un capriccio da soddisfare a qualunque costo.
Aveva sentito nominare di quello scapestrato giovane dai capelli neri e i tratti affilati e duri; delle audaci imprese vissute assieme al nobilissimo ed eroico fratello dalla chioma lucente così simile al sole che irradiava le guglie della straordinaria città dorata e assoluta capitale dei nove mondi situati sopra l’Yggdrasill.
Un gesto tanto sfizioso quanto avventato.
Conosceva abbastanza sul conto di Loki da sapere persino dell’eccessiva gelosia che gli infiammava lo spirito.
Sarebbe stato divertente sfidare la spaventosa razionalità che contraddistingueva il famigerato manipolatore dal resto degli Æsir.
“Inoltre desidero qualcos’altro da parte dei fierissimi Asgardiani: l’anello debole della squadra, la graziosissima fanciulla dai capelli biondi che vi ostinate tanto a proteggere.”
Ghignò crudele, denotando una nota divertita nello sguardo scarlatto e sinistro.
La Dea della Fedeltà impallidì al solo pensiero di essere oggetto delle sue atrocità, spalancando le pupille azzurre per lo sdegno.
Ideò l’unica soluzione per non metterli a repentaglio: una scelta non gradita, ma necessaria.
“Accetto.”
Disse tramite una tonalità risoluta, volgendo infine un’ultima occhiata nei riguardi dei guerrieri.
Thor si accigliò, protestando all’idea che stesse per commettere un’imprudenza.
Loki predisse l’astuta mossa, intimandolo a rimanere dove fosse.
Un ordine silenzioso che non ammetteva repliche.
Espressioni di puro sconcerto si dipinsero sui loro visi, desiderosi di fermarla.
Per quanto l’Ingannatore si sforzasse a mantenere l’impassibilità, fu difficile manifestarne l’indifferenza.
Si fidava della sua lungimiranza, dovendo però tener conto che non potesse rischiare ancora.
Consegnarsi a Fàfnir era pericoloso, un atto di sconsideratezza: eppure le stava riponendo la massima fiducia.
Sottrarre ciò che gli spettasse di diritto era nientemeno che il peggiore degli affronti.
Se ne sarebbe pentito amaramente, perendo per mano sua.
Con un gesto della mano, Sigyn ordinò a Sigurd di consegnarle la spada.
Annuì porgendole l’arma, temendo per le sorti della ragazza.
I grandi artigli delle sue zampe osarono afferrarla, spiegando le ali per alzarsi in volo.
Scomparvero all’orizzonte, lasciandoli sbigottiti e impotenti.
Rientrarono alla residenza, assaporando l’amaro retrogusto della sconfitta.
“Perché non l’hai fermata? Ha commesso la peggiore delle imprudenze.”
Accusò il Tonante, chiamandolo in disparte.
“Mia moglie non è una sprovveduta, sa quello che fa.”
Ribatté a bassa voce per non farsi udire da nessuno.
“Vedi di rispondere sinceramente, fratello: ti fidi di lei?”
Domandò deciso, guadagnandosi una risposta d’assenso.
Era determinato a fargliela pagare, ardendo ad un’uccisione lenta e dolorosa.
“Allora confido nella tua arguzia e sagacia: è arrivato il momento di pareggiare i conti.”
Annunciò con innata fermezza, tornando alla sala comune in compagnia del minore.
Si riunirono attorno alla tavola, discutendo il da farsi.
“Come ben sappiamo, Fàfnir percepisce la presenza di chiunque grazie al sortilegio lanciato da nostro padre. L’unico modo per incastrarlo è ricorrere ad un incantesimo di occultamento.”
Spiegò il maggiore della casata reale, voltandosi in direzione di Loki.
“Ho avuto modo di studiare ogni singola sfumatura del Seiðr in codesti secoli, cimentandomi persino nelle arti proibite. Ebbene, credo di aver compreso tale fonte d’origine per neutralizzarlo. Basterà pronunciare una corretta combinazione runica, decretandone così l’annullamento.”
Illustrò erudito con una piccola nota di saccenteria.
Padre Tutto aveva preso diverse precauzioni per rendere l’incantesimo sempre più efficace.
“Perciò non sarà necessario rendersi invisibili ai suoi occhi.”
Constatò Sigurd, tamburellando le dita sopra la superficie legnosa del tavolo.
La tenebrosa divinità si limitò ad annuire con un solo cenno della testa.
“E chi si occuperà di Hogun nel frattempo?”
Interferì Sif, intrufolandosi nel discorso.
“Sarai tu stessa ad occupartene.”
Impartì il Dio dei Tuoni.
“D’accordo.”
Acconsentì la bruna senza fiatare.
“Inoltre bisogna trovare una maniera per recuperare Gramr: senza di essa non possiamo ucciderlo.”
Riprese Sigurd, riferendosi alla propria arma.
Conclusa la riunione d’emergenza, Loki li esortò a disporsi in cerchio.
Ciò avvenne dopo aver rivolto dei lesti saluti nei confronti della combattente.
Utilizzare il teletrasporto si sarebbe rivelato utile per fare più in fretta.
Giunti alla caverna, i cinque si appartarono in un angolo, permettendo al Fabbricante di Bugie di attuare l'incantesimo prefissato.
Una serie di rune verdastre e luminose comparve dinnanzi a loro, roteando su sé stesse.
La rispettiva formula venne pronunciata in lingua antica, portando a compimento il processo.
Erano finalmente liberi di proseguire.
Perlustrarono gli angoli del perimetro con aria circospetta e cautelosa.
Percorsero una gran parte del tragitto, finché l’udire di alcune voci familiari non arrestò i passi appena svolti.
Le iridi rapaci del principe cadetto si posarono sulle figure di Sigyn e Fàfnir, immersi in un’accesa conversazione.
Una lite scaturita dallo stesso rettile a cui l’Amica della Vittoria stava riuscendo a tenere testa.
Egli si rincuorò a vederla ancora integra, desideroso di passare all’azione per trarla in salvo.
“I miei amici ti faranno fuori in un batter d’occhio, è solo questione di tempo.”
Alla battuta della giovane, il drago dalle scaglie di fuoco cominciò a sogghignare malignamente.
“Ne sei convinta, ragazzina? Senza la spada non potranno far altro che sperare nella benevolenza da parte delle Norne.”
Rispose con convinzione, credendo di avere la vittoria in tasca.
“E poi mi accorgerei della loro insignificante presenza senza ostacolo alcuno.”
Aggiunse mantenendo l’identica totalità vocale, evitando di considerare un fattore molto importante.
“Ti consiglio vivamente di scegliere le prossime parole con massima accuratezza.”
Proferì il Dio degli Inganni alle sue spalle, sfoggiando la solita fierezza e alterigia.
Il nibelungo dalle sembianze animalesche si stupì nel vederlo dinnanzi a sé insieme al fratello e i restanti guerrieri.
Lo aveva sottovalutato fin troppo.
Sigyn accennò a costoro un lieve sorriso.
“Potremmo anche disporre di tutta la loro benevolenza, ma rammenta spesso che siamo noi ad essere gli assoluti artefici del nostro destino.”
Continuò, avanzando lento e felino verso i presenti.
“Quanta saggezza da parte di uno sciocco principino, devo ammetterlo. Tuttavia non basteranno delle frasi così accurate per mettermi fuori gioco, te lo garantisco.”
Ruggì, spalancando successivamente le fauci per sputare lingue fiammeggianti e roventi.
Loki attivò una barriera dai riflessi verdi, proteggendo i compagni.
Accorgendosi dell’eventuale distrazione, la Vanir afferrò Gramr per impugnarla strettamente.
Fu lesta a sgattaiolare via, cercando un apposito riparo.
Disattivato lo scudo, la suddetta chiamò Sigurd a gran voce per lanciargliela.
Riuscì a prenderla al volo, pronto ad ultimare la disputa tra lui e l’infido parente in modo definitivo.
Sigyn non perse tempo a rimanere appostata dietro al gruppo, rimanendo al sicuro.
Nonostante fosse contraria alla violenza, non si sarebbe scomodata a fronteggiare una causa di tale portata.
Avrebbe fatto il possibile per aiutarli, rischiando persino la propria vita se necessario.
Ingaggiarono un combattimento senz’alcun moto d’arresto, bersagliandolo con ogni mezzo disponibile.
Fàfnir era in netto svantaggio, ciononostante li stesse contrastando privo di ostacoli.
Thor richiamò Mjolnir a sé, bramoso di fracassargli il cranio.
Incanalò una vasta gamma di fulmini, illuminando il passaggio della grotta.
Incenerirlo era il suo obbiettivo principale, procedendo con lo scagliare delle saette.
Il tentativo gli fu vano, correndo il rischio di essere assalito dalla bestia.
Un lampo smeraldino lo lese dall’alto, cogliendolo alla sprovvista.
Loki giunse in suo soccorso dopo aver affidato l’amata consorte nelle mani di Fandral e Volstagg.
Fu un meraviglioso spettacolo vedere all’opera gli spietati figli di Odino, affiancati da Sigurd.
Sfoderarono le loro carte vincenti, costituite da forza bruta e magia.
Il subdolo truffatore recitò vari incantesimi runici, indebolendo il nemico.
Un metodo per rallentarlo e permettere a Sigurd di attaccare al momento opportuno.
L’orrido mostro deviò il colpo successivo, volando a bassa quota: tale cambio di programma non era previsto.
Era intenzionato a colpire gli avversari in lontananza, intercettando come suo primo bersaglio la dama bionda.
Procurare uno sgarro al più astuto e bugiardo tra gli Dei di Asgard era una reale motivazione per fargliela pagare.
Loki si mosse agile e frettoloso, sperando di infonderle protezione.
Dovette bloccarsi alla vista di una scena inaspettata: Sigyn scatenò il pieno potere del Seiðr, scaraventandolo dritto al suolo.
Cadde supino, battendo il capo violentemente sulla massa rocciosa.
Venne assalito dalla stessa Dea, poco prima che potesse rialzarsi.
Ella evocò un pugnale, trafiggendolo al ventre.
Trapassò la carne, sibilando frasi colme di rabbia e minaccia.
“Hai ucciso gente innocente per delle stupide pietre di poco valore; sottrarmi a chi tengo di più per un tuo sciocco capriccio. Ti pentirai di averlo fatto.”
Comprese a fondo che non era una semplice bambolina per distrarre i guerrieri, consolandoli con dolci premure a scopo curativo.
Possedeva un immenso valore come persona, come donna e divinità.
Dopodiché lasciò spazio a Sigurd per concludere quell’assurda faccenda.
“Cos…cos’hai da dire in proposito, mio caro nipote?”
Domandò flebile, ormai morente.
“Non sei mio zio: non lo sei mai stato.”
Sancì con le lacrime agli occhi, dandogli il colpo di grazia.
La spada precipitò a terra, producendo un tonfo metallico.
Gli abiti si macchiarono di sangue; il sangue di colui che aveva oltraggiato il proprio clan per avarizia.
La malìa si spezzò, presentando il reale aspetto di Fàfnir.
Era riverso sopra l’asfalto, lacerato e privo di vita.
Senza dubbio non meritava una degna sepoltura, tantomeno bruciare il suo corpo su una pira.
Loki ne mutò la forma nanica, trasformandolo in un detrito.
Ossia il finale perfetto per un essere di quel calibro.
Rincasarono nel primo pomeriggio, venendo accolti da Sif.
Comunicò che Hogun fosse sveglio, ma non ancora del tutto cosciente.
Si sarebbe ristabilito col passare dei giorni e dei mesi.
Vennero medicati a turno, riscontrando superficiali lesioni.
Potettero ritenersi davvero fortunati ad esserne usciti indenni e con un peso in meno da trascinarsi.
Alle prime luci serali, Sigyn ammirò le sfumature rossastre e aranciate del cielo sopra la balconata.
Finché il Fosco non fosse stato in grado di reggersi in piedi, avrebbero passato il resto delle giornate a Járnviðrr.
Meritavano un po’ di sano riposo, prima di rientrare a palazzo.
L’Ase la raggiunse, proferendo parola.
“Stai bene?”
Chiese lui, visibilmente preoccupato nei suoi confronti.
Annuì debole, autorizzandolo ad avvicinarsi.
“Vederti trafiggere quel mostro, devo ammettere che è stato stupefacente.”
Si complimentò, ottenendo una replica atona da parte della Vanir.
“Sono stata costretta, Loki: sai bene che in verità non prediligo alcun tipo di violenza.”
Precisò, guadagnandosi una lenta carezza sulla guancia.
“Eppure ti sei prodigata per il bene comune. Non ti nascondo di esserne fiero.”
Sorrise mesta, ancorandosi al fisico aitante e asciutto del marito e inspirare il profumo che ogni volta le faceva perdere il raziocinio.
Rimasero abbracciati a lungo, contemplando il tramonto.
Una miriade di colori tendenti al rosso e all’arancio, somigliante ad un dipinto dalle tonalità astratte.
Tornarono dentro per la cena, in attesa di un nuovo giorno ben prospero di pace e serenità.
𝑭𝒊𝒏𝒆
One Shot:
~ Mischief And Fidelity ~
Name Chapter:
~ In The Dragon’s Lair ~
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