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#Giorgio Bonacini
marcogiovenale · 2 years
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esce "sequenze", di claudio salvi (anterem)
esce “sequenze”, di claudio salvi (anterem)
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La primavera è inesorabile
La primavera è inesorabile
“Ho voluto illuminarmi con la luce della mia carenza di luce” scrive Alejandra Pizarnik (1936-72) tradotta da Silvia Lavina, in un contributo pubblicato da Anterem 97 nel 2018 e ora riproposto nel tomo immacolato che Anterem edizioni pubblica per festeggiare il numero 100 della rivista: 372 pagine, 175 poete e poeti di ogni lingua e di ogni parte del mondo, in ordine cronologico per anno di…
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vintageclassiccars · 2 years
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1966 Lamborghini 400GT Monza Berlinetta.
The Lamborghini 400 GT Monza was a one-off two-seater sports car based on the 400 GT "Interim", featuring unique bodywork by the shop of Neri and Bonacini, who were already previously known for their work on the "Nembo" series of Ferraris.
Giorgio Neri and Luciano Bonacini were initially hired by Ferruccio Lamborghini in 1963 to construct the chassis of and assemble the first prototype Lamborghini, the 350 GTV. Following this, they supplied some early production chassis, before turning that job over to Marchesi once series production of the 350 GT was well underway.
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dunkelwort · 6 years
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L'opera racchiusa - testi n.7
L’opera racchiusa – testi n.7
i ciechi solo non vedono la via davanti a loro muovono le dita conoscono i contorni delle cose le voci e i volti prima avvicinati
certo muta anche d’aspetto il giorno e danno l’impressione di sapere già il futuro i morti e per questo calati lungo versi come lungo funi qui, da parte in altro luogo, scesi a fondo, sotto, in cerca di radici [da L’opera racchiusa, p.37]
L’opera racchiusa, with an…
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shootingmypet · 7 years
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🐶🐱🐭🐰🐥🦄Altri SPONSOR del giorno, che supporteranno Domenica 28 maggio noi di Shooting My Pet ed il Gallery Cafè alla 2^ Sfilata Amatoriale Canina, evento benefico a favore di Casa Bau..Uno per tutti tutti per loro. È il turno di Zootecnica Bonacini. Giorgio e Vincenzo Bonacini sono i due titolari di Zootecnica Bonacini, da una piccola azienda familiare, grazie al loro istinto imprenditoriale sono riusciti a ritagliarsi uno spazio importante nella commercializzazione di importanti marchi di prodotti per animali. ZOOTECNICA BONACINI è una delle aziende di riferimento nel mercato del petfood ed ha la propria sede a Montichiari in provincia di Brescia. Lavora su diverse zone quali le province di Brescia, Bergamo, Verona, Mantova, Trento e Bolzano. Commercializza marchi in esclusiva tra i quali Nova foods ed in più distribuisce tutto ciò che riguarda prodotti per cani e gatti a livello di ingrosso. NOVA FOODS è l’azienda presente sul mercato del pet food con il marchio TRAINER che si è imposta per i suoi prodotti innovativi: Trainer Natural, crocchette superpremium ricche di carne fresca di pollo e tacchino formulate per cani con taglia ed età differenti con l’aggiunta di alimenti funzionali attivi; Fitness3, mangime superpremium mono proteico per tutti quei soggetti intolleranti o con una elevata sensibilità intestinale. Personal, mangime con antiossidanti per combattere lo stress ossidativo ed aiutare l’animale in particolari situazioni come l’obesità, problemi intestinali o renali. Feline Natural, mangime per tutti i tipi di gatti linea completa dal gattino 1-6 mesi fino al gatto anziano. Inoltre per i gatti sono presenti altri 5 tipologie di mangimi per stati fisiologici particolari: Sensintestinal, Sensirena, Sensitive, Hairball e Ideal Weight, tutti studiati per aiutare questi “pelosetti” felini a risolvere momentanee situazioni di difficoltà. 😋 Quali premi bellissimi metteranno in palio se non del cibo, ottimo cibo per i nostri pelosetti, infatti ci saranno ben 6 sacchi misti di crocchette TRAINER per il o i fortunati vincitori di questo golosissimo premio offerto da Zootecnica Bonacini. GRAZIE DI ❤️
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castellanzanelcuore · 6 years
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Ottavo turno di campionato che diventa già uno spartiacque importante per i Knights che ospiteranno la NPC Rieti di coach Alessandro Rossi.
Nel presentare la gara, l'apertura d'obbligo è per i due ex di giornata: Simone Tomasini e Daniele Toscano.
I due ex Knights sono al momento il terzo e quarto marcatore della NPC con rispettivamente 13 (Tomasini) e 9 (Toscano) punti di media, con oltre 27 minuti di impiego per entrambi.
Simone Tomasini sta consolidando la sua posizione di playmaker e guardia che già nella scorsa stagione ha portato Legnano ad ottimi risultati. Toscano, proprio come Tomasini, dopo gli ottimi anni in serie B e l'anno di "apprendistato" legnanese, sta confermando le sue caratteristiche di lottatore e realizzatore al livello superiore della A2.
Rieti ha perso quello che è stato un protagonista dello scorso campionato e che era il miglior realizzatore della squadra (18.3), ossia J.J. Frazier.
Fermato da una frattura al piede che probabilmente lo terrà ai box tutta la stagione, Frazier potrebbe essere sostituito da Ogo Adegboye, playmaker britannico, in prova da martedì a Rieti e che potrebbe essere tesserato prima della gara con i Knights.
L'altra certezza reatina è Bobby Jones. L'ex NBA (dal 2006 al 2008 con Philadelphia, Denver, Memphis, Houston e San Antonio), è ormai un esperto del nostro campionato, in cui gioca dal 2009/2010 con le maglie di Teramo, Montegranaro, Forlì, Pistoia, Virtus Roma, Juvecaserta, UCC Piacenza, Mantova, prima della firma con Rieti.
Ala polivalente, preferibilmente impiegata nello spot di 4, è in grado di coprire anche quello di ala piccola con quintetti alti oppure, per periodi limitati, di pivot in quintetti piccoli; ciò in virtù di una prestanza fisica agile, ma al contempo molto potente. Ha fama di essere eccellente ed eclettico difensore, capace di variare la propria marcatura dal playmaker al pivot avversario.
Nel roster il confermato italo-argentino Juan Marcos Casini, avversario dei Knights con la maglia di Ravenna e Rieti. Guardia di striscia, può infiammarsi con un tiro importante e segnare poi diversi canestri in fila. La solidità di Rieti passa molto dalla sua concretezza che porta alla causa azzurro-granata 8.7 punti di media.
Altra conferma è in centro all'area l'ex azzurro Angelo Gigli, centro di 211cm, nato a Pietermaritzburg in Sud Africa. Muove i primi passi alla A.P.D. Vigna Pia per poi spostarsi alla Fortitudo Roma 1908.
Passa nelle giovanili della Bipop Carire Reggio Emilia fa il suo esordio in serie A1 nell’ottobre del 2004. Nell’estate 2005 riceve la convocazione in Nazionale da coach Recalcati per l’Europeo di categoria in Serbia e Montenegro. Dichiaratosi eleggibile per il Draft del 2005 continua la sua carriera nelle fila reggiane con cui gioca anche la stagione 2005-2006.
Nel 2006 partecipa ai Mondiali in Giappone e la stagione 2006-2007 lo vede in maglia Benetton Treviso con cui nel corso della prima annata chiude a 7,2 punti di media e 4,2 rimbalzi a partita. Con la maglia della Benetton esordisce anche in Euroleague dove viaggia a 7,1 ppg in stagione e 6,8 in Top 16 sotto la guida di coach David Blatt.
Nell’estate 2007 prende parte agli europei con la Nazionale, poi veste ancora la maglia di Treviso e poi quella della Virtus Roma con la quale sigla un contratto triennale.
Nel 2011-2012 è alla Virtus Bologna e poi nel 2013 all’Olimpia Milano con cui sigla un biennale. 
Nel 2014 torna in prestito a Reggio Emilia con cui alza al cielo anche l’Eurochallenge.
Disputa la stagione 2014-2015 ancora con la maglia dell’Olimpia per poi approdare al Basket Ferentino. 
Il suo Palmares conta 1 Supercoppa italiana con la maglia di Treviso (2006), 1 Coppa Italia sempre con Treviso (2007) ed una Eurochallenge con Reggio Emilia nel 2013-2014. 109 presenze con la maglia della Nazionale italiana.
In oltre è "Ambasciatore per i Diritti Umani" che gli è stato conferito dall’Associazione per i Diritti Umani e la Tolleranza Onlus, per essersi contraddistinto in misura straordinaria per l’impegno a favore dei diritti umani, sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Gigli, infatti, è socio dell’organizzazione umanitaria internazionale United Planet Foundation, ONG accreditata tramite Società Civile all’Economic Social Council – organo delle Nazioni Unite -istituzione avente base a Kiev (Ucraina) e presente attualmente in altri 8 paesi del mondo, impegnata in cause che vanno dal settore sanitario (trapianti di midollo di bambini leucemici post Chernobyl e strutture di accoglienza per orfani), al settore della tutela ambientale, fino alla tutela dei Diritti Umani. 
Riconferma anche per Giovanni Carenza, pugliese di origine, ma cresciuto negli Stati Uniti, dopo i primi anni di settore giovanile a Reggio Emilia, è un'ala forte di 202 cm, nato nel 1988.
Dal 2011/12 è un giocatore di valore assoluto in Serie A2, che gioca prima con la maglia di Ostuni, poi Veroli, Agropoli e dalla corsa stagione di Rieti.
Meno incisivi a livello di punti per partita, ma molto presenti in campo Alberto Conti e Federico Bonacini.
Conti, 193 cm di altezza per 93 kg, è nato a Bologna nel 1998 ed è una guardia tiratrice. È cresciuto cestisticamente tra le fila della Virtus con cui ha sempre disputato le Finali Nazionali di categoria, vincendo lo scudetto a Porto San Giorgio con l’Under 17 eccellenza. Disputa un torneo a Roma per l’Eurolega dove vince una borsa di studio per andare a studiare negli States. Cosí l’anno successivo vola in America per frequentare un anno scolastico nella High School di Charlotte dove gioca nella Prep School. Concluso l’anno scolastico, Alberto rientra in Italia per militare nelle fila di Derthona Basket a Tortona dove frequenta l’ultimo anno del Liceo Scientifico.
Bonacini, nato a Sassuolo nel 1999, Federico è un prodotto del vivaio della Pallacanestro Reggiana, società di serie A1 con la quale ha disputato le ultime tre stagioni giocando nel massimo campionato. Nella stagione 2017/2018 Bonacini ha calcato anche lo scenario europeo disputando l'Eurocup con la formazione emiliana.
Non solo serie A1 però per Bonacini, giocatore che ha vestito anche la casacca della Nazionale U18 con la quale ha disputato il campionato Europeo nel 2017 dove, in 7 gare a referto e 14' di media ha chiuso la manifestazione a 4,6 ppg con il 37,5% dalla lunga distanza.
A chiudere il roster Aleksa Nikolic, Edoardo Moretti e Leonardo Berrettoni.
Nel link tutte le statistiche di Eurobasket:
CLICCA QUI PER LE STATISTICHE DI RIETI
SITUAZIONE KNIGHTS
Qualche problema per il ginocchio di Bianchi che comunque sarà in campo. Nessun problema particolare per gli altri Knights
ARBITRI
1° Arbitro: BENEDUCE NICOLA di CASERTA (CE)
2° Arbitro: DIONISI ALESSIO di FABRIANO (AN)
3° Arbitro: DE BIASE STEFANO di UDINE (UD)
SITO E SOCIAL
Live twitting alla fine dei quarti. 
Aggiornamenti Facebook e Instagram
Lunedì il commento, le foto e i video della gara sul nostro sito
TV E MEDIA
Diretta streaming su LNP TV PASS dalle 18.00
Differita della gara lunedì 19/11 su Tele7Laghi (LCN 74) dalle ore 20.30, martedì 20/11 Tele7Laghi2 (LCN 215) alle 18.00 e alle 24.00
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Identità. Giorgio Bonacini un ascolto e una nota
Identità. Giorgio Bonacini un ascolto e una nota
https://open.spotify.com/episode/4HuwCnMzNkYnFYHHhrojCV   L’ultimo libro pubblicato da Giorgio Bonacini è I segni e la polvere. 52 poesie distrattamente felici per Arcipelago Itaca nel 2020. Giorgio Bonacini è tra quei poeti di cui il fondo librario custodisce l’intera opera, l’ascolto seguente è tratto da due libri precedenti questo ultimo Quattro Metafore ingenue, Manni editore, 2005 e…
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La poesia e' una persona
La poesia e’ una persona
PRIMA PARTE
Nel 1998 avevo 25 anni e Poesia pubblicata da Crocetti  la trovai per la prima volta all’edicola del mio paese. Una sorpresa, la poesia non mi arrivava in quel caso come Anterem, per posta sotto forma di un prestigioso fascicolo, ma un giorno per caso l’ho trovata che mi guardava dall’edicola della piazza attraverso la foto di un volto di una persona che non era detto che fosse morta,…
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dunkelwort · 6 years
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L'opera racchiusa - testi n.6
L’opera racchiusa – testi n.6
un’attesa grigia abita la nebbia porta ai fianchi l’erba sulla casa che ci aspetta, ma non è ritorno questo di noi due nel luogo dove stare nel momento atteso della vita, a coltivare le radici dei capelli, i palmi che raccolgono le ciglia ai fiori aperti, sibilanti all’aria
solo in due a dividerci le ossa, i rami [da L’opera racchiusa, p.40]
L’opera racchiusa, with an essay by Lorenzo Carlucci,…
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un concerto, un CD, un libro di poesia …
LA FAVOLA DI LILITH
un’opera in due atti di edo notarloberti e viviana scarinci Libro e CD
La prima edizione comprende il CD e un libro di 24 pagine per una tiratura limitata di 500 copie PREZZO DI COPERTINA: 15,00 euro
ordini: [email protected] e su Amazon
La favola di Lilith libro e CD
La favola di Lilith è un’opera musicale suddivisa in due atti e nata nell’ambito del Fondo Librario di Poesia Contemporanea di Morlupo, dall’incontro di due linguaggi artistici diversi e insieme profondamente affini, quello della musica e quello della poesia. Il compositore edo notarloberti e la poetessa viviana scarinci, hanno accettato di confrontarsi attraverso un vero e proprio work in progress, la cui profonda vocazione interculturale viene pienamente rappresentata dal tema costituito dalla figura di Lilith. Il progetto è diventato un’opera musicale e un libro edito in versione bilingue da ARK Records e presentato in anteprima europea in Germania nell’ambito del Wave Gotik Treffen Lispia 2014.
L’opera Lilith è un personaggio della mitologia ebraica e prima ancora di quella babilonese. È un diavolo femmina ma risulta anche essere la donna esistita prima di Eva, colei che fu creata spaccando in due la prima creatura umana che era duplice, come Ermafrodito. La favola di Lilith tuttavia non nasce dall’intento artistico di mettere in scena la rielaborazione narrativa di una storia nota ma da una riflessione che vuole accomunarsi all’attualità, attraverso gli strumenti della musica e della poesia contemporanea. Il violino di edo notarloberti cavalca l’onda delle parole di viviana scarinci sintetizzando i percorsi pregressi delle esperienze passate (vedi Argine e Ashram) proiettandoli in una direzione ancora più essenziale in quanto affrancata dalla schematica forma canzone che da un lato garantisce integrità formale, dall’altro limita il fluire liquido delle note che come le parole, in quest’opera intensa, sono alla ricerca di una verità essenziale attraverso una dimensione sonora assolutamente acustica, neoclassica.
CRITICA E RECENSIONI
Luglio 2015,  su Il Segnale 101 una recensione di M.T.
Con il sottotitolo di “due atti di Viviana Scarinci e Edo Notarloberti” viene distribuita La favola di Lilith, poema sonoro recitato su base di archi e pianoforte e inciso su un cd. Ci si trova dunque di fronte ad una poesia che recupera la dimensione non solo della vocalità, e dell’oralità, ma anche quella della performance, o meglio della irripetibilità performativa, che non consente la tradizionale lettura e rilettura a cui la poesia lineare da sempre ci ha abituati. Tuttavia i significati del testo, pur nella versione con sottofondo musicale, non sfuggono alla decifrazione, magari nella solita sfumatura e incertezza dell’enigma, che la poesia, come arte votata al simbolico, inevitabilmente si trascina dietro. La favola di Lilith si mostra così, ad un ascolto attento, come la vicenda etica e intellettuale di un’anima e dei suoi tentativi di comprensione di tutto un mondo di relazioni. E’ la parola che interroga l’universo, e offre come risposta l’intreccio tra suoni della musica e suoni del linguaggio. Da questo punto di vista le melodie e le armonie musicali divengono speculari e simboliche rispetto alle armonie della voce, ma anche, semanticamente, rispetto alle armonie e alle empatie a cui i rapporti interpersonali cercano disperatamente di dar vita. Nella favola di Lilith, infatti, pianoforte e archi entrano in simbiosi con le parole, una simbiosi evidentemente cercata, e alla fine perfettamente ottenuta. La recitazione, in sé quasi monotona, volutamente neutra nell’intonazione, dà rilievo al ritmo e alla forza semantica dei versi, e consente alle parole quasi di spogliarsi per rivestirsi appunto di musica. In questo modo si crea una unione unica tra i suoni, quelli degli strumenti e quelli della poesia. Certo, si tratta di una poesia dimezzata, una poesia che rinuncia sia alla ripetibilità del foglio bianco sia alle tonalità del parlato, e si ricompone in una lingua univoca, densa di contenuti complessi, ma per assurdo priva di cantabilità a causa della sottrazione di accenti e fenomeni tonici. Tuttavia, come detto, questo spogliarsi di tonalità si traduce in un rivestirsi di altra melodia, di altra armonia, quella appunto suadente della musica, che da sottofondo diviene protagonista, quasi si trasforma a sua volta in parola. In realtà le coloriture romantiche ed emotive non sono solo quelle della composizione sonora, ma anche le parole, proprio nel loro essere controcanto al canto musicale, divengono esteticamente belle e attraenti, nonostante gli sforzi indubitabili della voce recitante di restare in una specie di anonimato interpretativo, quasi per evitare le intonazioni e le forzature di una resa da attore e da interprete vocale. Si prenda ad esempio la traccia due, dove l’attacco determinato dalla pregnanza semantica del termine “placenta” è sottolineato da un singulto di archi davvero notevole, capace di dare vita ad una espressione raddoppiata, potenziata dall’alleanza fra le due forme d’arte. E’ così anche nella traccia 25, dove la voce recita “Non subito cielo amore” e la malinconia, rimarcata dalla musica, può finalmente liberarsi senza finte retoriche. Musica e voce danno vita così ad una danza che coinvolge l’ascoltatore, gli fa comprendere un super-significato, denso di segnali emotivi. Quello che si riesce a cogliere, anche nella fuggevolezza delle parole recitate, è il tentativo, ma si potrebbe dire destino, di comprendere le cose e gli esseri, di determinarne giudizi; anche se le cose si fanno spesso ombra e frenano, sembrano bloccare le soluzioni, in realtà una verità è possibile rinvenirla, essa è nella “mescita di nascita e morte”. Parole, isole di contenuto che rimangono nella memoria dell’ascoltatore, commentata da una musica bellissima, coinvolgente come forse le parole non sanno essere. Però le parole di questo poema riescono a fare di più della musica, riescono a dire anche il senso della musica. E’ il senso è in un dolore testardo che si percepisce dietro l’alternarsi dei versi detti, un dolore che alla fine la meravigliosa mescolanza di voce e note riesce a dileguare. Insomma un esperimento più che riuscito questo della favola di Llith, che dimostra la necessità per la poesia contemporanea di cercare altre vie oltre quella della parola.
Luglio 2015,  su Poesia 2.0 una recensione di Loredana Magazzeni
La favola di Lilith, edita da ARK Records, con testo inglese a fronte, nella traduzione di Natalia Nebel, presentata nel 2014 in anteprima europea occasione del festival internazionale musicale di Lipsia, è un poema musicale in versi, su testi di Viviana Scarinci e musiche del compositore Edo Notarloberti. Il poema, che riprende e dà voce a nuclei tematici forti già presenti nella poesia di Viviana, come il rapporto col femminile, la conoscenza di sé e il tempo, si presenta nutrito di un “sentire tattile”, come scrive Giorgio Bonacini in margine a Piccole estensioni, raccolta vincitrice del premio Montano 2014. Un sentire sinestesico dunque, tattile e visionario, in cui la musica si addensa attorno all’andamento “poematico”, tipico della migliore parte della poesia femminile del Novecento (Rosselli, Vicinelli), che attraversa e rilegge l’esperienza e la coscienza. Il poema è diviso in due atti: il primo in cui Lilith torna da uno stato di lutto ottundente o dalla regione vita/morte del mito. E il secondo atto, al cui inizio, con un monologo, Lilith si rivolge a Dio (di cui secondo una credenza dell’ebraismo è stata amante), e che prosegue con un dialogo tra Lilith ed Er, il personaggio del mito platonico cui è stato dato modo di andare e tornare dalla morte. Così come Lilith è creatura di confine tra visibile e invisibile, porta di ogni ambiguità, Er, che conosce vita e morte diviene il “vedente” per antonomasia, restando pur sempre uomo. Come insegna Ida Travi, in Poetica del basso continuo, poeta che accosto a questo esito poetico di Viviana Scarinci, scrivere poesia oggi è cercare un varco continuo, non una verità ma una delle verità possibili fra noi e “lo spiazzo millenario nel quale irrompono le civiltà che forse dormono”. Dichiaro di voler leggere eventuali successive raccolte pubblicate dall’autore per seguirne la futura scrittura, riferendone in questa rubrica.
Marzo 2015,  su Darkroom una recensione di Ferruccio Filippi
Quanto è difficile recensire un’opera come questa… Difficile perché “La Favola di Lilith” è un qualcosa che sta a metà fra una composizione neoclassica e il reading poetico. È conveniente forse partire proprio dalla parte lirica per capire il lavoro. Lilith è considerata la donna che venne prima di Eva, e quindi, per certi versi, lo spirito della donna, al di là del tempo e dello spazio. La poetessa Viviana Scarinci costruisce un possente corpus poetico intorno a questo concetto, a questo voler rappresentare la femminilità stessa nella sua duplice natura, divina e terrena, nella sua potenza e nella sua fragilità. Il linguaggio è complesso e raffinato senza essere didascalico o dottrinale, e possiede un ritmo che lo rende sempre vivo e interessante. La cosa si sarebbe potuta fermare alla realizzazione di un poema sul femminino eterno ma, e qui sta l’originalità, si è deciso di far sposare quelle parole con la musica. Per questo non ci poteva essere autore migliore di Edo Notarloberti (già con Argine, Ashram e Corde Oblique), anima fra le più sensibili dell’odierna scena musicale italiana. Una composizione per archi ora drammatica, ora onirica, ora sperimentale che accompagna e dà il mood giusto a tutta l’opera. Non a caso il testo è recitato dalla Scarinci in maniera quasi atonale, senza espressione, per dare alla musica il compito di trasmettere ed enfatizzare l’emozione di tutto il lavoro. “La Favola Di Lilith” è un opera difficile e coraggiosa che merita ascolti e letture approfondite.
Febbraio 2015,  su Rock Impressions
Progetto piuttosto ambizioso e culturalmente pregno quello condiviso dalla poetessa Viviana Scarinci e dal violinista Edo Notarloberti. La Scarinci ha vinto nella sezione Scrivere i Colori del Premio Grinzane Cavour ed ha pubblicato una manciata di testi. Edo è un musicista coinvolto in diversi progetti, come Ashram, Corde Oblique, bellissimo il suo disco solista edito sempre dalla Ark. I due hanno condiviso questa avventura artistica, con l’intento di unire musica e poesia, con uno stile spoken words a tinte neoclassiche, musica da camera se volete. Non è un episodio del tutto isolato, ma desta sempre un certo stupore trovarsi di fronte ad un’opera così complessa, nella sua apparente semplicità. Ai due si aggiunge anche il contributo della pianista Martina Mollo.
Ci sono delle tradizioni, in particolare ebraiche, per cui la prima moglie di Adamo non fu Eva, bensì Lilith, questa, pare, non volle sottomettersi ad Adamo e venne quindi scacciata dall’Eden. Poi in altre tradizioni è stata anche considerata un demone (o tale è divenuta a seguito dell’allontanamento dall’Eden), per diventare più tardi simbolo per la rivoluzione femminista, insomma un personaggio pieno di richiami e riferimenti, tra l’esoterico e la modernità. Onestamente non ho colto in quest’opera dei riferimenti precisi alle tradizioni di cui ho accennato, i versi della Scarinci sono piuttosto ermetici e ricchi di cenni colti, per cui non è facile comprendere appieno il significato:
“Se all’assemblea delle forme i corpi si dimettono io il tuo ordito sboccio fiore di questo dolo”
non manca la suggestione nella forza delle parole, però il senso spesso sfugge. Discorso a parte per le musiche, che sembrano improvvisate sul declamare dei versi, Edo mette in campo esperienza e gusto, dimostrandosi raffinato e passionale al tempo stesso. Viviana declama i suoi versi con trasporto, anche se a volte la sua voce appare distaccata e quasi asettica, con una cadenza poco armonica. Francamente ho faticato ad entrare nel senso del testo, che richiede un’attenzione molto elevata, tale da cannibalizzare le musiche, difficile concentrarsi sulle seconde se si vuole approfondire l’opera poetica.
Per questo il mio giudizio resta sospeso, pur riconoscendo che l’opera possiede un certo fascino.
Settembre 2014, su theregionofunlikeness – UNA RECENSIONE DI PAOLO FICHERA
Lilith è un nome, che scrive nel proprio nome la donna che parla di lei, che è lei.
La voce si impone fin dai primi versi precisa, salmodiante, incalzante come una litania. Comandamenti: bruciare, trovare, resistere e studiare il buio. E il buio è il luogo della propria genesi attesa, il sapere che la convergenza dell’acqua al buio è possibile, ma soltanto per chi, e non per lei, si è perfezionato nella distanza che scinde una persona in due.
È la constatazione che oltre la dualità apparente, esiste un varco aperto come una ferita in cui curare è precipitare per raffinare le mani e la percezione, oltre le mani di un uomo invocato o desiderato, la cui pelle toccata priva il corpo della mano che tocca, come la notte tocca la sua ombra e la ingloba senza possederla. E pare che il desiderio e la mancanza di Diotima qui non abbiamo luogo. Non vi è neanche la finzione della mancanza o del desiderio. La pelle è l’unica forma del giorno che appare nella notte. Nulla manca perché a mancare è la stessa Donna che parla e che scrive la sua mancanza nella voce che si avvera, dando al presente l’instancabilità del senso che non si compie.
L’amore erompe, perché non c’è attrito che possa essere negato. Un amore che non si dà in atti espansi oltre il proprio pensiero. C’è qualcosa, nell’amore, che rende questa donna un’estensione nelle cose, ma non per negare né per affermare perché “non esiste parola/per cui si cerchi più/di un bisogno ammutolito”. La presenza, si afferma, sempre e comunque, perché è, nell’istante di sapersi e di eclissarsi in quell’attimo che ha la coerenza perduta e manifesta che attende chi sa di non poter toccare la mole enorme di un’esistenza che si stende oltre se stessi.
Il nodo disciolto non esprime la vita, resta quel che non deve apparire. L’incessante risvegliarsi che torna non compiuto. La litania non cessa, i Se si susseguono: l’ustione della doglia, l’arsura, la fitta sono chiamate, avocate, elette a ipotesi di una mutazione che appunto perché invocata non può avere altro corso che nell’invocazione e non in qualche atto manifesto di cambiamento. La lotta è nell’immobilità di fronte al proprio Dio a cui si annuncia che l’inevitabilità dell’atto al suo interno manca, come chi chiama pur non volendo risposta.
L’intensità non rinuncia a nulla, resta immobile a fissare quanto le asperità del bianco intorno e il suo corollario di forme rinuncino a Lei. L’anima non ha volto, perché il volto è una maschera, l’ambizione suprema è quella di non esserci, come la constatazione di un’attesa a cui non si può rinunciare. Il luogo che si abita è quello del taglio, dove il mestruo è ostinato come la grazia che nutre certi animali. La minuzia delle ossa ne forma e ne sostiene la loro assenza. E il Dio che ha donato i figli, quegli occhi che raspano e avvinghiano alla vita, nonostante noi, quel Dio ha vietato un pane che è al di là di ogni forma pensata e voluta, in un nucleo compatto che pare non poter essere colmato, come una enorme distesa di sassi bianchi lasciati lì perché le mani possano erigere altari sommessi, o altre mani desiderino scagliarli sulla superficie dell’acqua.
Lo spazio dell’alterità è quello che Lilith nonostante se stessa abita. L’Altro, che ha la voce di un figlio-amante, invoca una salvezza che soltanto la venuta dei passi può dare e chiama sposa l’ombra, come un rabdomante che sa di poter dialogare con la pietra nell’occhio; e Lei lo invoca come si invoca la venuta insieme all’addio, la catastrofe insieme alla notte. Ed entrambi sono grembo d’assenza vissuta una nell’altro, come un principio di menomazione che muove il destino di una perversione per morire insieme, nella macerazione germinale che il veleno della vita suscita a contatto con la bellezza di alcuni incontri. E a dispetto del figlio la luce incarna la liquidità delle forme su cui s’adagiano i segni delle veglie non vissute, della speranza non vissuta perché non invocata, di una visione incarnata. E alla fine del libro la venuta della luce diluisce l’ossessione delle ombre, come a lavare gli umori di un parto sulla pelle di un neonato che vivrà nonostante la luce e l’ombra, perennemente infisso nella mancanza che resta alla sua fonte.
La voce di Lilith è un grumo di sangue che si scrive leggendolo. Che cerca di fissare i propri artigli in pelle e muri che non le rispondono o che forse non esistono. È un’alluvione che si muove secca e fluente, come alcuni occhi lasciati in qualche luogo del mondo e visti di sfuggita, come un monolitico grumo d’amore che ha resistito a ferite, aborti, morti, frustrazione. Più viva delle ombre che la muovono.
Luglio 2014, su SIL – Società Italiana delle Letterate, UNA RECENSIONE DI PAOLA DEL ZOPPO – La favola di Lilith di Viviana Scarinci e Edo Notarloberti è un poema in musica, un’opera composita, che si dipana all’ascolto con il ritmo dissociato e insieme consonante di due espressioni creative diverse. La messa in scena della compatibilità dell’incompatibile illumina la complessità della materia. Lilith è innanzitutto mito. Prende forma nella voce poetica come plasmata dalla sabbia, e si fa così donna prima, creazione originale, creatrice. Un’opera ridotta al necessario nella sua esecuzione, nell’utilizzo di pochi strumenti ad arco, suonati da Edo Notarloberti, e della voce intensa di Viviana Scarinci, ma che non ci lusinga con un’apparente semplicità. Il testo si compone di tre parti: nella prima, Lilith racconta di sé, della sua storia, dal suo preciso e veritiero punto di vista. Veritiero perché suo, senza elaborazioni, senza spazi per il tempo. Nella seconda parte Lilith dialoga con Dio. Nella terza Lilith dialoga con ER. Viviana Scarinci si era accostata alla figura di Lilith già nel suo Nascita della madre, in cui la dimensione del dialogo in absentia era sviluppata proprio nella declinazione dello svelamento delle mitologie. Lilith è creatura notturna che vuole abbattere tutti gli schemi, e così si sporca, si contamina per evidenziare la sua non domesticità. E’ un essere indomito, non per forza ribelle, perché è prima della necessità di ribellione. Personaggio della mitologia babilonese prima che di quella ebraica che la porta fino a noi, Lilith è donna prima di Eva ma anche ermafrodito, creatura senza sesso che è di entrambi i sessi. Ma non per questo in sé distruttiva, solo non sistematica. La connotazione antivitale di Lilith giunge non prima del medioevo: il mito della donna incontrollabile attraente e terrificante, si genera con la società de secoli bui, e nel romanticismo e nei movimenti letterari dell’Ottocento riprende la sua ambivalenza per svelare le perverse attitudini sessuali dovute alla repressione. Basti citare il Faust di Goethe, in cui Lilith è, nell’universo multifocale delle figure femminili, al centro della svolta nella notte di Valpurga. Mefistofele incita Faust a ballare con lei, come se lei potesse, diversamente da altre donne che Faust ha incontrato, fargli intravedere l’attimo e costringerlo a cedergli l’anima. Ma quando Faust torna schifato perché dalla bocca di Lilith è uscito un topolino, Mefistofele lo prende in giro «e che sarà mai, non era mica rosso, il topo». Mefistofele, l’ironico per eccellenza, non sta prendendosi gioco solo di Faust, ma della concezione medievale e maschile di Lilith, ridotta a un essere femminile dagli attributi seducenti in quel determinato sistema, le stesse caratteristiche descritte da Viviana Scarinci nel suo già citato Nascita della madre «caratteristiche non ‘domestiche’, una lunga chioma indocile, il corpo impudicamente cosparso di saliva e di sangue, residui di mestruo, di aborti, di altre promiscuità. Lilith: la creatura notturna, colei che è, senza il pensiero di nascondere, la distruttrice di ogni ordine prestabilito, la madre dell’invisibile fertilità della morte, il motore vitale dell’unicità non dissimulata, la fame e la profonda solitudine che l’imperativo della fame impone». La danza di Faust con Lilith richiama anche il mito di Salomone, l’unico ad aver danzato con lei, donna demone, madre di demoni e regina. Ma soprattutto, come Viviana Scarinci in questo testo, Goethe metteva in scena la debolezza dell’uomo, che non è del diavolo, bensì profondamente umana. Il suo bisogno di controllo, di percezione del potere, di domesticazione dell’innocenza oltre la bontà. Lilith, che è e rimane la parte rimossa di Eva, che accetta la sua cacciata dal Paradiso, fa della sua identità un tesoro. Chiede ad Adamo di essere sua pari, di non dovere giacere sotto di lui durante il coito, ma sopra, in un tempo primigenio, in cui i rapporti di potere non erano ancora stabiliti. Come nota Viviana Scarinci, «non fu lei, con questo gesto, a perdere l’innocenza», bensì Adamo, che risponde alla richiesta con la volontà di dominio, con la violenza. Perché conosce la paura dell’abbandono e insieme la paura della verità: Lilith è più forte di lui, perché non ha paura di se stessa. Lui, primo uomo, si fa schermo della sua posizione oltre qualunque altra considerazione, e scaccia la sua compagna. Secondo il mito, Lilith fugge in una zona del Mar Rosso nota per essere il rifugio dei demoni.
avrei subito l’ansa come un fatto silente avrei appreso la laguna come la convergenza dell’acqua al buio se altri moventi se altri garanti non mi avessero emulsionata in una fisica dirimpetta e io non mi fossi perfezionata nella distanza che mi divide, una dall’altra innervata che sloga volo e caduta.
Ma ancora trattiene il suo passato, fino a quando non disobbedisce all’ordine di Dio che per bocca di tre angeli le ingiunge di tornare al marito, perché la sua identità è ormai altro, ed è più importante di ogni altra cosa, anche del perdono divino. Non può tornare a essere moglie, dopo essere stata se stessa, nonostante il suo amore per Dio. Della complessità di Lilith Viviana Scarinci rende conto in una brevissima introduzione, in cui riprende tutti tratti principali del mito: l’origine Babilonese, demoniaca e regale, e i contorni ebraici, più noti: Lilith, prima moglie di Adamo, si rifiuta di essere sottomessa e si fa demone. Ma, ricorda Scarinci: «era segretamente innamorata di Dio, tentava spesso di volare verso l’amante e Adamo, per trattenerla, si alzò da carponi e prese a camminare diritto su due gambe. Forse l’uomo ha guardato al mondo perché Eva ha procreato ma si rivolto al cielo perché prima di Eva è esistita Lilith». Prima che l’uomo fosse uomo, Lilith era:
Tutti i fatti subiti e orditi dal corpo mi dicono che rimane sul polpastrello l’impronta, più che in questa creta plasmata altrove
L’intento artistico non sembra quindi quello mettere in scena la rielaborazione poetica di una storia nota, bensì di riportare alle origini del senso del mito una figura troppo raccontata: una riflessione che vuole accomunare Lilith all’attualità nella spinta all’indietro nel tempo, alle origini del mito. L’operazione di parallelismo con la parola poetica appare chiara nella scelta dei termini. Lilith, prima donna, è potenzialmente generatrice di ogni creatura. Così è la parola lirica, collocata in uno spazio ibrido in cui le connessioni binarie sono inutili e inesistenti. È una parola che guarda al tempo da cui proviene, universale e nucleare, parola in potenza. Viviana Scarinci sceglie quindi parole fenotipiche per descrivere stati d’animo, gesti, avvenimenti, che nella loro natura di intimità, allargano la percezione su un universo di possibilità, definendo e sfumando la figura di Lilith nella sua appartenenza a una natura primigenia che dà vita prima che vi sia ordine: Osso – Pelle –Concrezione – Crescita – Albero – Bambino – Cammino. La parola poetica è antica, minerale, fossile, frutto della creazione e principio generatore, quindi unione di presente e passato, fusione di padre e figlio:
l’unico modo sfalda le cortecce dei pini fino al cerchio che contiene il bambino nel folle trattenimento del tronco padre di sé piccolo
Ulteriore simbolo della congiunzione tra un remoto passato e un presente che si può conoscere solo in assenza è il fossile, pietra di memoria, che contiene ere e sostiene in futuro. La pietra fossile inerte annuncia una vita impossibile ma reale.
per un lungo attimo la notte ti asciuga, fossile indeducibile dalla sua pietra cosa inerte, mio frantume
É una pietra che deve rivivere, nel richiamo a Paul Celan, («è tempo che la pietra ritorni a fiorire») toccata dalla forza creatrice dell’io lirico, l’unica che può annullare la stasi :
Se entri in un accadere paralizzato di sequele io fruttifico le stasi che mi trasogni
Nel dialogo con Dio, culmine del secondo atto, Lilith esprime dubbi e rabbia, e si dice costretta alla rinuncia:
la mia eternità è una formula un rilevo un’asperità fittizia tre punti di sospensione un braille trafitto senza rumori di bianco, un morse a guerra finita che non serve il segreto ora l’intensità è minore si vede la coazione alla rinuncia
Ma Lilith è anche, qui figura che ricorda Sisifo, determinata a non accettare davvero la sua pena, nella “coazione” abbandona una lotta senza senso nello spegnersi della lotta. E così è anche legittimazione della poesia stessa, della scrittura, che come nel mito di Sisifo di Camus, è antidoto al suicidio, dunque alla morte. Il testo e la musica si appropriano dell’ascoltatore: la percezione della poesia si fa parte della poesia stessa, nella fusione delicata e mai ridondante di metafora e rappresentazione. Un’opera, questa di Scarinci e Notarloberti, che appare necessaria nella sua non semplicità e non semplificazione e nella passione vitale, corposa, forte della voce della lettrice che è voce di Lilith, voce di Dio ma soprattutto, voce limpida della poesia e della musica che plasmano nascite di intensa percezione, fioriture dalla pietra, da ricordi dimenticati e da tempi senza memoria. Lilith, la sua figura, il suo mito, è il fossile e la pietra, identità nuova che si pone in essere con l’accettazione della propria esistenza. Ma soprattutto La favola di Lilith è un’opera di grande coerenza, che sviluppa l’assunto iniziale in ogni risvolto, senza però cedere al concettualismo. Ogni piano di lettura è uno strato della compatta formazione geologico-poetica dell’opera, in sé tagliente e significativo, ma ancor più denso se esaminato nella sua stratificazione.
Luglio 2014, Luigia Sorrentino pubblica un’ampia pagina dedicata sul blog di poesia di RAINEWS  – Con una mia nota sulle modalità compositive dell’opere e un estratto dal testo http://poesia.blog.rainews.it/2014/07/13/viviana-scarinci-la-favola-di-lilith/
SU lurker’s realm luglio 2014, una segnalazione –  Che cosa possiamo aspettarci quando un musicista virtuoso e un poeta di talento si incontrano per lavorare insieme? La risposta può essere data da Ark Records, con l’uscita di “La Favola di Lilith”, un’opera realizzata da Edo Notarloberti e Viviana Scarinci.
La figura di Lilith è l’elemento comune del confronto tra il violino e la parola nell’ambito di un’opera divisa in due atti. Quest’opera è il frutto di due menti di talento e un pezzo d’arte delicato che rivela tutto il suo splendore a ogni ulteriore ascolto.
Chi ha già familiarità con il violino di Edo (e chi non la ha deve assolutamente colmare questa lacuna!) qui può realizzare il suo ulteriore potenziale espresso quando si combina alla parola poetica di Viviana. Questo potenziale si esprime completamente nell’intensità di questo lavoro. Non è un disco tradizionale, ma è un’esperienza che ci  parlerà sicuramente a lungo.
da http://lurkersrealm.blogspot.ae/2014/07/noticiaa-fusao-de-dois-mundos.html
IL NUOVO luglio 2014, una recensione di Maurizio Lancellotti –  La tradizione religiosa ha contribuito non poco a corroborare per secoli la subalternità della donna nel tessuto sociale, considerandola asservita all’uomo da cui ella deriverebbe e a cui dovrebbe sottomettersi. Ebbene, vi sono miti arcaici secondo cui prima di Adamo, Dio avrebbe creato una donna, Lilith, formandola a partire dalla TERRA e non dall’uomo. Lilith, quindi, sarebbe stata scacciata da Dio per via del suo rifiuto a sottomettersi all’uomo (ne L’alfabeto di Ben-Sira viene raccontato che Lilith abbandonò il Giardin dell’Eden a fronte del rifiuto di Adamo di riconoscerla come sua pari “Ella disse – non starò sotto di te – e egli disse – e io non giacerò sotto di te, ma solo sopra. Per te è adatto stare solamente sotto, mentre io sono fatto per stare sopra ”. In questo modo Lilith figura di origine mesopotamica, divenne nell’immaginari ebraico un demone, emblema di adulterio e lussuria per poi subire nel cristianesimo una damnatio memoriae. Nella sua Favola di Lilith, Viviana Scarinci, poeta e critico del nostro territorio, condensa degli studi condotti per anni in genere sulla questione femminile in filosofia e nella letteratura e in particolare sulla figura di Lilith. Si tratta di un’opera musicale in due atti che mostra un connubio, tra poesia e musica, due generi così diversi ma la contempo così affini, di Viviana Scarinci (poeta) ed Edo Notarloberti (musicista). Nell’intenzione degli autori “La favola di Lilith non nasce dall’intento artistico di mettere in scena la rielaborazione narrativa di una storia nota ma da una riflessione che vuole accomunarsi all’attualità, attraverso gli strumenti della musica e della poesia contemporanea. Il violino di Edo Notarloberti cavalca l’onda delle parole di Viviana Scarinci sintetizzando i percorsi pregressi delle esperienze passate (vedi Argine e Ashram) proiettandoli in una direzione ancora più essenziale in quanto affrancata dalla schematica forma canzone che da un lato garantisce integrità formale, dall’altro limita il fluire liquido delle note che come le parole, in quest’opera intensa, sono alla ricerca di una verità essenziale attraverso una dimensione sonora assolutamente acustica, neoclassica.” Il testo presenta pertanto elementi di complessità che lo rendono di non immediata comprensione per chi non abbia una certa dimestichezza con la filosofia e la poesia, tuttavia nel suo connubio con la musica risulta molto suggestivo e godibile anche a un pubblico più ampio.
SUONO 487 maggio 2014, nella sezione “SELECTOR tutto il meglio in arrivo sul mercato” una recensione di Guido Bellachioma  –  Un disco complicato e semplice al tempo stesso. Persino spoglio nell’utilizzo dei pochi strumenti ad arco (suonati da Edo, violinista anche di Ashram, Argine, Corde Oblique e di notevoli progetti solisti) e dell’espressiva voce di Viviana (poetessa alla prima performance artistica di questo tipo). Apparentemente una situazione già vissuta, non solo in ambito neoclassico, neofolk e dark, dove i momenti rarefatti e lirici vedono musiche avvolgenti fungere da tappeto per voci recitanti, più o meno sognanti. In questo caso, 32 tracce legate senza soluzione di continuità, il percorso è piuttosto diverso perché si tratta di una reale connessione tra i due universi; dove il fatto che non ci sia la classica forma canzone, sia pure “diversa”, finisce per dar risalto al ritmo che connette profondamente musica e parole, in grado di esplorare Lilith non come donna del mito (quella prima di Eva) ma come aggancio alla contemporaneità. Il disco richiede inizialmente grande concentrazione; una volta perforato il mare di emozioni, però, non si può che andare fino in fondo e, spesso, ricominciare da capo. Inutile fare confronti con momenti acusticamente simili di gruppi come i Current 93, anche se punti di contatto ci sono… Lilith è una moderna opera “antica”, dove al posto delle voci del melodramma c’è lo scavare nell’anima, modulando le parole negli spazi lasciati liberi dalle note e spesso avvinghiandovicisi mortalmente. L’operà sarà rappresentata in anteprima europea al The Wave-Gotik-Treffen 2014 di Leipzig Germania), il più importante festival per questi territori di confine, dove Edo non suonerà ma dirigerà un quartetto d’archi (due violini, viola, e violoncello). Per capire l’anima del suono dell’affascinante favola di Lilith abbiamo preso in prestito le parole di Antonio Esposito, tecnico del suono del Tp Studio di Napoli, dove è stato registrato:”Edo è uno di quei musicisti che più che per la tecnica ti affascina per la capacità evocativa del suono. Suonando assieme a lui e registrando la sua musica in contesti molto diversi, ho imparato a conoscere la particolarità di questo suono; dovendo scegliere come riprenderlo in un contesto “atipico” (3 violini e un violoncello, suonati tutti da lui), ho scelto di provare a renderlo il più naturale possibile, utilizzando un AKG 414 TLII come microfono principale, in coppia con un pre Universal Audio 710 e un AKG C4000 alle sue spalle per recuperare alcune frequenze basse. Altra scelta di base è stata quella di dare grande spazio ai suoni d’ambiente, posizionando due Rode Nt2-A, preamplificati da due API 512c, a grande distanza tra loro. Queste due room si sono rivelate poi centrali nell’equilibrio del mix finale di Giuseppe Spinelli, mix fatto ITB utilizzando un Reverbero Lexicon PCM 70 e un compressore DBX. Il piano, un Kawai verticale, è stato ripreso con tecnica A-B. Per la voce di Viviana, dopo aver provato varie soluzioni, l’AKG 414, accoppiato a un pre Universal Audio 610, si è rivelato la scelta migliore, soprattutto nel gestire le dinamiche molto differenti all’interno dei vari brani. Il mix ha provato a lasciare inalterata questa realtà sonora, senza puntare ad elevare il volume”. Le prime 500 copie hanno il libro dell’opera.
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contattati rossana rossi: [email protected] edo notarloberti: [email protected] viviana scarinci: [email protected] Fondo Librario di Poesia di Morlupo: [email protected]
La favola di Lilith, libro e CD un concerto, un CD, un libro di poesia ... LA FAVOLA DI LILITH
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