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Shark In Venice (2008) #SharkWeak2 Review
How do you make a Venetian blind? Force them to watch Shark In Venice (2008) #SharkWeak2 #Review
A movie so non-union equivalent it could have been directed by Senor Spielbergo himself, “Shark In Venice” dives deep into classic Spielbergian action adventure and boasts a cast led by undeniable Hollywood A-list-adjacent talent.
When his father disappears while diving in the city of Venice, David ([Stephen] Baldwin) travels to the city to search for him and stumbles across a cryptic trail of…
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Eds11
Essere speciale
Ho ancora gli occhi chiusi ma sento i passi di papà che entra e esce dal bagno e i movimenti silenziosi di mamma.
Quando apre la porta quasi non la sento arrivare.
Mi dice che la colazione è pronta; ho ancora cinque minuti perché il latte non bruci le labbra.
Come mi piacciono questi ultimi cinque minuti nel letto!
Guardo il soffitto.
Lì nell’angolo una macchia d’umido ha la forma del viso d’un vecchio.
Sembra proprio nonno.
A volte riesco a vedere un sorriso, altre volte una smorfia amara.
Non so da cosa dipenda, forse dall’aria umida o dalla luce della lampada.
È come se il suo umore sia legato al mio o forse il contrario.
Così come quand’era vivo.
Oggi le sue guance piene e larghe vanno verso l’alto.
Il suo modo di farmi gli auguri, oggi compio otto anni.
Mamma mi chiama per la seconda volta, devo scendere.
Sul comodino i miei amici tridimensionali usciti dalla mia serie preferita.
Goku in tutte le sue evoluzioni sta a guardia del mio sonno; lo saluto e scendo canticchiando la sigla del cartone.
‒ Buongiorno tesoro, buon compleanno!
Mamma mi abbraccia e io un po' mi impiccio e tiro su il ciuffo che mi è cascato sugli occhi.
‒ Eccolo qui il mio campione, il più piccolo della classe e il più bravo ‒ si affretta a dire papà.
Noo, adesso attacca con la storia della primina, del mio essere speciale, mi sta venendo su il malumore.
‒ Quando i bambini della sua età erano ancora alla materna lui era già in prima, tanto era bravo. Ecco! Ormai lo ripete in automatico, quasi a se stesso.
‒ E anche perché tu e la tua cugina maestra c’avevate la fregola di farlo crescere prima.
Mamma lo sentiva sempre e rispondeva sempre allo stesso modo.
‒ Certo, tu lo volevi ancora attaccato alla gonnella.
Anche oggi il teatrino lo abbiamo fatto.
Bevo il latte e assaporo le ciambelle appena fatte, sanno di limone, per me mamma le lascia senza canditi, perché non mi piacciono.
Mi preparo, quando riscendo per andare a scuola, mamma mi porge una grande scatola di latta tutta blu.
Per fortuna non mi ha dato quella rossa con i cuori bianchi!
‒ Tieni Pasquà! Le ciambelle per i tuoi compagni e le maestre. Offri pure alla bidella mi raccomando.
‒ Ma io non lo volevo dire a nessuno, che poi mi cantano la canzoncina e io mi sento scemo a stare lì in piedi, fermo come un allocco.
‒ Mamma mia quanto sei strano, figlio mio! Quando torni, porta anche Giacomino a pranzo.
Giacomino è il mio amico, facciamo la quarta insieme e fra poco pure la comunione.
‒ Basta che papà non inizi nuovamente con la storia di quanto sono speciale.
‒ Eh speriamo ‒ ride mentre lo dice.
La scatola di latta dentro la busta di carta pesa, così l’appoggio in terra.
Un profumo di caramella dolce mi arriva forte nelle narici, mi fa pensare ai Marshmellow che vende zia Bonarina.
Cerco di seguirlo tirando in fretta su col naso.
Viene dal giardino dietro il cancello di ferro. Allora vedo tanti piccoli grappoli bianchi e viola che scendono come cascate da rami nodosi e lunghi come le mani di Voldemort.
Hanno gli stessi colori delle caramelle!
‒ Ehi Pasquà, fai tardi a scuola! ‒ Urla Martino.
Lui abita lontano e viene a scuola in bicicletta.
Riprendo la busta e cammino più veloce verso casa di Giacomo, che mi aspetta fuori dalla porta.
Ma quanto ci sono stato a guardare le caram… i fiori!
‒ Auguri Pasquale! ‒ La mamma di Giacomo è bella e mi fa sempre tanti sorrisi e io ci metto un sacco di tempo prima di rispondere.
‒ Il gatto ti ha mangiato la lingua piccoletto? ‒ Antonio invece mi tratta sempre male; è il fratello maggiore del mio amico, ha dodici anni e per questo si crede grande.
‒ Antonio! Non badare a lui... e dire che qualche anno fa era bravo e buono in tutto… non ti guastare pure tu Pasquà.
Ringrazio per gli auguri e lascio perdere Antonio.
‒ Signora, volevo chiederle se Giacomo dopo la scuola può venire a pranzare da noi.
‒ Se per voi non è disturbo, certamente. E ora correte a scuola che fatte tardi.
Giacomo prende un manico della busta e insieme proviamo a correre.
Quando arriva l’ora della ricreazione, mi prendo la canzoncina, baci e pizzicotti sulle guance.
Lo dicevo io che era meglio non portarle le ciambelle!
Al rientro la scatola non pesava più.
‒ Ieri mio padre ha detto porca puttana e il tuo?
‒ Non c’è storia Giacomì, mamma lo ferma sempre prima, parla come si deve che c’è il bambino, così gli dice. Punto tuo!
Da qualche mese io e il mio amico ci segniamo le parolacce che dicono ogni giorno i nostri genitori, ogni nuova parolaccia due punti, una vecchia uno, e zero chi non ne dice. Per ora sto perdendo di brutto. Colpa di mamma.
Entriamo in casa, la tavola è apparecchiata a festa, i bicchieri buoni e ci sono i tovaglioli di carta con Goku Super Sayan.
‒ Che belli, grazie!
‒ Me li sono fatta prendere dal computer da tua zia Caterina. ‒ dice tutta compiaciuta.
A me viene un po’ da ridere perché lei non lo sa come escano le cose dal computer e come si mettano i soldi; a dire il vero bene bene neanche io.
‒ Lavatevi le mani, che taglio la pasta al forno e le fettine impanate.
Durante il pranzo papà chiede della scuola e Giacomo gli dice che anche oggi avevo risposto benissimo alla maestra di matematica.
‒ Dai Giacomì racconta, che lui non dice mai nulla.
E mò chi lo ferma più con la fiera del “ quanto è bravo sto figliolo”. Giacomo questa me la paghi gli dico con il pensiero e guardandolo negli occhi. Mi ha capito perché abbassa lo sguardo come il cane quando ruba la salsiccia.
Quando mamma mette la torta in tavola, papà va a prendere un pacco rosso con il fiocco d’argento.
Me lo consegna.
Mentre lo scarto e vedo le scaglie verdi e gli occhi rossi, urlo dalla gioia: il Drago Shenron mi mancava!
Mentre lo abbraccio, mio padre mi dice all’orecchio ‒ Magari è ora di regali un po’ più da grande che dici?
Ma a me non importa.
Non importa neanche quando mi guardano imbarazzati mentre gioco da solo affrontando nemici che loro non vedono.
Li abbraccio entrambe perché sono contento.
Finito di mangiare saliamo su in camera mia. So che Giacomo ha un anno più di me, ma quando siamo soli si diverte lo stesso a giocare con i miei personaggi.
‒ Ah dimenticavo, Don Ambrogio mi ha detto di ricordarvi che da domani andrete in chiesa tutti i pomeriggi per la preparazione alla comunione ‒ dice mamma mentre siamo a metà delle scale.
E va bene, anche se è noioso stare a fare le preghiere, ci possiamo incontrare tutti insieme e ci scappa pure la partita di pallone.
È quasi buio, suonano alla porta.
Mamma ci chiama, Antonio è giù che aspetta suo fratello.
Scendiamo, e Antonio si avvicina per darmi gli auguri; la puzza di sigaretta che ha addosso mi fa trattenere il respiro.
Mi stringe la mano e accenna i baci sulla guancia che non tocca.
È impacciato, ma non mi aspettavo un segno d’affetto da lui.
Forse non gli sto così antipatico come dà a vedere.
Infilo il pigiama, ho sonno, saluto il mio nuovo amico sulla scrivania.
‒ Buonanotte ometto, ricordati le preghiere.
Mamma mi manda un bacio dalla porta e la sento nuovamente trafficare in cucina e parlare con papà.
Ascoltare le loro voci mi ipnotizza.
Do uno sguardo al soffitto, saluto la sagoma che sorride ancora.
Ricordo la mia preghiera la notte che morì. Mamma mi chiese di pregare per la sua anima, io invece chiesi a Dio di farmi trovare le sette sfere del drago Shenron, così che lui lo riportasse in vita. Perché io lo volevo abbracciare ancora, solamente la sua anima non mi bastava.
Dopo scuola c’è la novità del catechismo ogni pomeriggio. Manca solo un mese alla prima comunione.
Nello zaino abbiamo sempre il pallone, così capita di arrivare in chiesa tutti sudati, rossi in faccia e con un sorriso che tira le guance fino a fare male.
A volte gioca con noi anche Antonio, con la scusa che passava di lì per vedere il fratello.
Fa lui la squadra, spero mi scelga perché è più facile vincere con uno grande.
Questa volta non mi ha scelto ma a fine partita si avvicina e mi scompiglia i capelli con la mano.
‒ Pasquà, sei stato bravo: a volte fa bene anche perdere, dammi retta.
Ha sempre odore di sigaretta, lo vedo fumare con i ragazzi delle medie. Chissà se si diventa davvero grandi alla sua età.
‒ A te piace essere sempre il più bravo a scuola o a casa? Dimmi la verità.
Non mi aspetto questa domanda, ci penso un po’.
‒ Non sempre, quando vedo papà come mi guarda, sì. Perché allora si vede proprio che è contento e mi vuole bene ‒ ho bisogno di pensare e respirare un momento.
‒ Altre volte mi da fastidio, soprattutto quando ne parla con gli altri e poi… mi manca l’aria quando ho paura di sbagliare.
Mi guarda fisso fisso negli occhi e se ne va.
Noi ci puliamo come possiamo e andiamo al catechismo.
Chi risponde alle domande di don Ambrogio riceve caramelle e cioccolati.
Ne porto a casa sempre un bel sacchetto.
‒ Ma quanto è bravo Pasquale, magari farò fare a te il capo chierichetto dopo la comunione.
Don Ambrogio mi guarda tutto soddisfatto.
Era un onore quella carica, perché c’era una gerarchia anche tra i ragazzi che stavano sull’altare. Ti sentivi più importante degli altri, quasi onnipotente.
Io e Giacomo stiamo per andare via, quando il parroco mi chiama.
‒ Ormai manca poco alla seconda settimana di maggio, potresti fermarti una mezz’ora più degli altri. Da domani, così avvisi i tuoi genitori.
‒ Don Ambrogio se serve aiuto rimango anche io con Pasquale ‒ disse con entusiasmo Giacomo.
‒ No non occorre, tu hai da studiare, se no poi chi li sente i tuoi! Pasquale è molto bravo a scuola, recupera presto.
La sua decisione ci aveva delusi entrambi.
Per strada, da lontano, vediamo un gruppetto di nostre compagne, che non vengono al catechismo con noi perché sono dell’altra parrocchia.
Giacomo si agita.
Filomena ci vede e ci saluta con la mano.
‒ Ciao, ma non eravate da Don Ambrogio? ‒ dice guardando il pallone che aveva sottobraccio Giacomo.
‒ Sì, però prima siamo andati a giocare al campo, sai, robe da maschi.
‒ Sei proprio scemo, anche io gioco a palla con quelli del mio vicinato, e lancio pure le pietre a quelli dell’altro rione.
L’aveva detto con una voce acida acida che non le avevo mai sentito. Non è che ce la vedevo a fare la guerra delle bande, però non credo che dica bugie.
‒ E allora sbagli, non sono cose da femmina.
Lei lo guarda con due occhi di fuoco, sembra Goku quando gli uccidono qualcuno e si arrabbia talmente tanto da cambiare livello e diventa tutto biondo e dorato.
Poi si gira e se ne va.
‒ Ma perché le hai detto quelle cose? Anche le femmine giocano con noi a volte.
‒ Perché sono proprio deficiente. Pasquà sei il mio migliore amico e non ti sei accorto che mi piace? Va be’ che sei più piccolo ma sei pure cieco! Mio fratello mi ha detto che con le ragazze non devi far vedere che ti sei innamorato, se no diventi il loro giocattolo.
‒ Mah, non la capisco bene questa cosa.
Ormai siamo di fronte a casa di Giacomo e signora Lina mi fa un grande saluto dalla finestra. Mi sento di nuovo le guance calde. Penso che forse lei mi piace, è un fatto che tengo solo per me e mi fa contento vederla. Magari è una cosa che durerà per sempre.
‒ Mamma, sai che don Ambrogio lo ha scelto per fare il capo chierichetto?
‒ Ancora non si sa, adesso mi deve far fare delle prove ‒ rispondo al mio amico.
‒ Lo sanno tutti che tu sei bravo, sicuramente sceglierà te. Ma sai che anni fa aveva scelto pure Antonio? Prima che mi facesse diventare pazza con i suoi guai.
Torno a casa e racconto quello che mi ha detto il nostro prete.
‒ Chissà come sarà contenta la nonna ‒Uuh! ‒ e zia Bice! Che emozione vederti sull’altare nella messa serale dopo la prima comunione.
Non ci avevo pensato, mi toccheranno due messe nello stesso giorno. Dopo però ci sarà la festa con tutti i parenti, ci saranno i regali e purtroppo di nuovo baci e pizzicotti.
Alla partita Antonio era strano. Mi ha detto che lo posso usare come un fratello maggiore, per parlare.
Dopo il catechismo mi fermo in canonica.
Don Ambrogio mi fa salire nel piano di sopra, dove abita da solo.
Mi parla della cerimonia del lavaggio dei piedi del giovedì santo. Mi dice che ora io avrò l’onore di lavare un servo di Dio, un suo rappresentante in terra.
‒ Gli esseri speciali hanno questo privilegio e, allo stesso tempo, scontano la vanagloria per essersi dimostrati migliori degli altri con il silenzio. Tu farai voto di silenzio, solo io e te.
Mentre dice queste cose che non capisco, mi mostra la porta del bagno.
La vasca è piena d’acqua.
L’abito nero cade.
Lo fisso fra le gambe anche se non dovrei. Mi viene in mente una discussione tra i miei.
‒ I preti in mezzo alle gambe hanno un coso moscio che serve per fare pipì ‒ ha detto sottovoce mamma.
‒ Chiamale per nome le cose, secondo te hanno il cazzo moscio! Secondo me invece sono uomini come tutti gli altri ‒ papà ha detto ridacchiando.
Me lo ricordo perché il giorno avevo vinto io il gioco delle parolacce.
‒ Lavami la schiena, avvicinati.
Adesso ce lo aveva come quando la mattina ti svegli e te lo trovi grosso senza capire bene perché.
Lo lavo bene, dappertutto.
Finalmente torno a casa, di corsa.
Per strada non ho voglia di salutare nessuno.
Antonio mi supera in bicicletta.
‒ Tutto bene Pasquà?
No che non sto bene, ma non lo dirò; ho promesso perché in fondo è colpa mia sono stato troppo presuntuoso, sono stato scelto perché sono bravo.
Mi viene da piangere e scappo.
Mangio in fretta e vado a dormire.
Neanche tutti i miei personaggi possono aiutarmi.
Li guardo e non vedo più il loro potere.
Guardo in su e la mia disperazione aumenta; la macchia non la vedo, non riesco a vederla.
Forse è meglio: mi vergogno troppo per pensare a nonno.
Per fortuna il sonno mi sta portando via... manca poco alla cerimonia poi sarò libero, penso.
Il giorno della comunione tutti sono tirati a lustro.
Anche io, sotto la vestina bianca e oro, sono vestito a festa.
Fuori dalla chiesa c’è tanto rumore, la gente ride e parla.
‒ Ciao Pasquale, quanto sei bello!
Signora Lina cerca di darmi una carezza ma io mi allontano.
‒ È così nervoso questo periodo, forse l’emozione ‒ si scusa mia mamma.
Fra poco finirà tutto.
La chiesa è piena zeppa di persone, finalmente siamo tutti in fila, tengo gli occhi bassi quando prendo l’ostia.
La messa e finita, ma prima di andare via don Ambrogio ricorda la messa di ringraziamento alle sette di sera; ci saranno i nuovi chierichetti e anche il capo chierichetto.
Mi sta indicando, la gente applaude.
Solo Antonio mi guarda male, come se fossi colpevole, forse lo sono, ma di cosa?
Riesco a rilassarmi mentre pranzo con tutti i miei parenti. La festa durerà sino tardi, sin dopo l’ultima messa di stasera.
Mi rimetto la vestina, incontro Giacomo per strada, riesco a sorridere.
Sono sopra l’altare, di fianco al prete che dice messa. Non mi sento per niente onnipotente.
Finisce, ci consegna dei regali, delle piccole croci in legno.
‒ Ricordate che ognuno di voi ha sia meriti che colpe da espiare, rimanete fedeli agli insegnamenti che vi ho umilmente impartito.
Non capisco le sue parole, forse voleva dire di rimanere fedeli ai giuramenti, al mio silenzio.
‒ Pasquale vieni un attimo in canonica ti devo parlare.
Degli aghi freddi mi pungono la schiena.
Rimango fermo ancora un po’, lui è sparito dietro la porta di legno, che porta di sopra.
Gli altri sono tutti usciti, sento delle urla provenire dalle scale, due voci diverse, le parole non si capiscono, ripetute da un’eco distorta.
Un rumore forte, qualcosa o qualcuno è caduto dalle scale.
Magari è lui, forse sono stato ascoltato.
Apro la porta, Antonio sfiora i miei piedi con la testa piena di sangue non parla.
Guardo in alto e vedo don Ambrogio.
Ha la paura in faccia; dice che è caduto da solo, un incidente.
Mette il dito sulla bocca ‒ il silenzio, ricordate il silenzio ‒
Lo ripete ancora e ancora, ma io non lo sento più.
Guardo Antonio e mi sembra di capire, o forse no.
Mi sento male.
Urlo.
Ricordo l’ambulanza che lo portava via.
I carabinieri mi hanno chiesto che cosa era successo.
Non lo so, dico.
Passa molto tempo, giorni, settimane, Antonio non torna.
Una sera Signora Lina passa a casa. Ha segni neri sotto gli occhi, si vede che non dorme.
‒ Sta meglio, ancora non si muove. Vuole parlare con te Pasquale, vuoi venire con me domani in ospedale?
‒ Sì ‒ e non ho detto altro.
Non vado a scuola, neanche Giacomo. Aspetto che lui e sua madre passino a prendermi.
In macchina io e lui stiamo dietro, si avvicina al mio orecchio.
‒ Tu sai cos’è successo vero, Antonio dice che è caduto da solo ma non ci credo. E poi perché vuole parlare con te?
‒ Giacomì non chiedermi niente per favore‒ aspetto un momento perché ho paura.
‒ Siamo ancora amici?
Lentamente mi prende la mano e la stringe forte, poi la lascia in fretta e guarda fuori dal finestrino.
In ospedale mi fanno entrare da solo nella sua camera.
Ha i capelli rasati e una fasciatura in testa, il gesso nella gamba destra.
‒ Ciao Antonio, come stai? ‒ È la domanda più stupida, ma quella che mi importa davvero chiedergli.
‒ Ciao Pasquà, dalla botta in testa dicono che mi sto riprendendo bene, ho rischiato di restare mezzo scimunito. La gamba è bloccata fino all’anca, piano piano guarirà anche quella.
‒ Perché ? ‒ È la seconda domanda che avevo in testa dal primo momento.
‒ Giurami che lo tieni per te ‒ mi guarda negli occhi e poi fissa il soffitto bianco.
‒ Io le urla le ho sentite ma non ho detto niente a nessuno.
‒ Sapevo cosa ti avrebbe fatto, dopo la comunione diventi degno di essere toccato, così diceva. Sicuramente in questi anni lo ha fatto anche con altri.
Non chiedo nulla di più su di lui, non sono stupido.
‒ Lo hai fatto per me?
‒ Mi è mancato il coraggio per gli altri.
‒ Perché non lo diciamo ai carabinieri?
‒ No, me lo hai giurato. Gli amici miei prendono in giro chi si fa toccare da un uomo, a volte le battute le ho fatte anch’io con loro. Mi vergogno troppo. Lui ci ha scelto perché eravamo speciali, anche a te l’ha detto no?
‒ Sì ‒ un colpo alla pancia nel sentire quella parola. Mi sento in colpa anche se so che non è giusto.
‒ Antonio, così però lo farà ancora.
‒ Non con te.
In silenzio fa scendere le lacrime, si gira per non farmele vedere.
Io mi avvicino alla porta ma prima di uscire gli dico “grazie”.
Signora Lina e Giacomo mi fanno salire in macchina. Sento che mi vogliono fare domande, per fortuna non lo fanno.
Adesso voglio stare in silenzio. Vorrei essere il bambino di un mese fa, stare dentro le coperte ad ascoltare i miei genitori che parlano, godermi ancora un pochino quel momento di protezione.
Saluto e vado a casa.
I miei genitori aprono insieme la porta.
‒ Pasquale, allora: perché voleva parlare con te, che è successo?
‒ Vi devo dire una cosa… ‒ piango e parlo. Parlo e mi libero.
Giorni dopo i giornali descrivono una persona malata, deviata, scrivono. Gli esperti parlano di delirio sessuale e mistico. Dicono anche che era stato allontanato da un altro paese per voci che sembravano infondate. Ma forse così infondate non erano. Pure questo scrivono.
La gente del paese ora dice che forse lo avevano trovato strano da subito; ma io non avevo mai sentito nessuno dirlo prima.
Alcuni dicono che era meglio non fare tanto rumore, per proteggere le vittime.
Altri che era meglio fare un bel falò e buttarcelo dentro.
Altri due bambini del paese sono usciti da quel silenzio malato.
Quindi ora le sue vittime erano diventate tre, nei quattro anni che era stato qui.
La quarta la conosco solo io.
Questa mattina la faccia sopra il letto sorride.
‒ Buongiorno nonno ‒ gli dico.
Giacomo mi aspetta come al solito fuori da casa sua. Io mi sono fermato a guardare i gatti sul tetto di una casa. Sono in ritardo.
Filomena passa con altre compagne.
‒ Ma glielo dici al tuo amico se giochiamo a palla tutti insieme stasera, o lui con le femmine non ci gioca?
‒ Sì che ci gioca, ci vediamo a scuola, così decidiamo l’ora.
Giacomo è arrossito da lontano.
Papà non mi dice più che sono speciale, ma mi ha detto che è orgoglioso di me perché ho parlato.
Antonio mi ha detto che sono più coraggioso di lui, persino più di Goku.
Esagerato!
Più di Goku è impossibile.
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🎞️♀️🎬 #CaóticaAna (2007) Sinopsis Ana (Manuela Vellés) y su mejor amiga Linda (Bebe) comparten el piso que una mecenas de jóvenes talentos tiene en Madrid, y donde también se refugian otros aspirantes a artistas, entre ellos un chico saharaui y un anglosajón. Antes de llegar a la capital, Ana vivía con un padre hippy, en Ibiza, donde trabajaba de camarera. Pronto descubrirá que los espíritus de varias jóvenes asesinadas, todas de 22 años, viven en la mente de Ana. (FILMAFFINITY) Dirección Julio Medem Reparto Manuela Vellés Bebe Charlotte Rampling Lluís Homar Matthias Habich Gerrit Graham Nicolas Cazalé Ash Newman Raúl Peña Diego Molero Juanma Lara Giacomo Gonnella Ángel Facio Patricia Arredondo Año / País: 2007 / 🇪🇦 España Género #Drama #Intriga #Romance (en Isla de la Cuarentena) https://www.instagram.com/p/CMYKGFHnRs-/?igshid=1q0ysgu4a4wm0
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7 ott 2020 15:50 IL PIÙ PULITO C’HA MAROGNA - LA 39ENNE SARDA CHE HA RICEVUTO DA BECCIU 500 MILA EURO NEL 2010 È STATA DENUNCIATA PER APPROPRIAZIONE INDEBITA E NEL 2002 PER FURTO - LA PASSIONE PER I SERVIZI E I RAPPORTI CON LA MASSONERIA: “I MIEI MAESTRI? FLAVIO CARBONI E FRANCESCO PAZIENZA” - I CONTATTI CON UN ALTRO CHIACCHIERATO 007 CONDANNATO PER DOSSIERAGGIO - LA RIVELAZIONE: “NEL GIUGNO 2020 UNA DONNA HA CHIESTO DI INCONTRARE PRIVATAMENTE BECCIU E LUI LE HA DATO UDIENZA. HA DETTO DI CHIAMARSI GENEVIÈVE CIFERRI PUTIGNANI E HA INIZIATO A URLARE: "LA PAGHERAI PERCHÉ NON HAI DIFESO PERLASCA"”
Giacomo Amadori e Giuseppe China per “la Verità”
Per capire l'affaire del cardinale Angelo Becciu e della sua dama sarda, la collaboratrice Cecilia Marogna, basta raccontare la storia del «lasciapassare» che il porporato ha vergato il 17 novembre 2017. In un foglio intestato alla Segreteria di Stato Becciu ha scritto: «Il sottoscritto, Sua eccellenza monsignor Angelo Becciu, sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato, dichiara di conoscere la signora Cecilia Marogna e di riporre in Lei fiducia e stima per la serietà della sua vita e della sua professione. La signora Marogna presta servizio professionale come analista geopolitico e consulente relazioni esterne per la Segreteria di Stato-sezione Affari generali».
In realtà forse Becciu non sa tutto della signora, che si sarebbe accreditata presso di lui via mail. È difficile immaginare che conosca le frequentazioni della giovane, affascinata da massoni e faccendieri del livello di Flavio Carboni («L'ho voluto conoscere per avere informazioni sulla storia dell'Anonima sequestri», ci ha confidato) e Francesco Pazienza («Sono la figlia che non ha mai avuto»).
Forse Becciu non sapeva neanche che la Marogna fosse stata denunciata nel 2010 per appropriazione indebita e nel 2002 per furto. Il documento di Becciu anticipa di un anno circa l'invio dei primi bonifici (per un totale di 500.000 euro) partiti dal Vaticano in direzione della Slovenia, dove la donna, il 28 dicembre 2018, era diventata azionista di riferimento (con il 100 per cento delle quote) e manager della società Logsic d.o.o. di Lubiana. In precedenza la signora, come vedremo, era andata alla ricerca di lavoro e guadagni. Dal 2016 affiancava Becciu come esperta di geopolitica, senza però nessuna entrata regolare. «Prima mi ha messo alla prova» ci ha confermato la Marogna. A fine 2017 le ha preparato la lettera di referenze e un anno dopo ha iniziato a farle arrivare cospicui finanziamenti.
La Marogna quella lettera di accreditamento non l'avrebbe usata solo per aprire le porte delle nunziature in giro per il mondo, mentre svolgeva il suo lavoro di diplomazia parallela. A quanto risulta alla Verità in almeno un'occasione l'avrebbe utilizzata come garanzia in un'agenzia immobiliare per cambiare casa e siglare un nuovo contratto di affitto.
Ma visto che la signora non pagava la pigione da meno di 1.000 euro, a un certo punto, l'agenzia ha spedito una lettera alla Santa sede chiedendo chi fosse questo Becciu garante della Marogna. Ieri sera Le Iene hanno mandato in onda un servizio in cui si parlava delle spese della donna per beni di lusso nelle boutique di Prada, Moncler, Saint Laurent, Mont Blanc, Tod's, Frau, oggetti acquistati con i soldi depositati in Slovenia. «Una persona con il suo compenso può fare ciò che vuole» ha precisato con noi la trentanovenne sarda.
«Nel budget di mezzo milione era compreso anche il mio stipendio che, però, non era stato determinato. Le posso dire che probabilmente sono creditrice verso il Vaticano, anche se posso avere speso 200.000 euro per me».Poi continua: «Ho raggiunto gli obiettivi con i pochi spiccioli che ho avuto, ho ottimizzato le risorse, mi sono accreditata con persone che hanno avuto fiducia in me e hanno riscontrato la mia professionalità. E mi venite ad accusare perché mi sono comprata, forse, una borsetta, una poltrona e un paio di sedie?».
Sono lontani i tempi in cui la donna era titolare di due ditte individuali, una di confezionamento di generi alimentari e un'altra che si occupava di cemento e derivati. La Marogna, con tutti quelli che l'hanno contattata in questi giorni, ha specificato di essere un'esperta di geopolitica «autodidatta», di aver concepito una figlia «fuori dal matrimonio» e di avere un'utilitaria. Prova anche a rifilarci la storia del doppio mutuo a carico: quello per pagarsi gli studi e quello per la casa dei genitori (un ex militare e una casalinga).Ma chiacchierando con lei emergono anche questioni molto più rilevanti. Per esempio la donna avrebbe continuato a collaborare con Becciu anche quando il porporato aveva ormai lasciato la Segreteria di Stato.
L'ultimo viaggio in versione James Bond in gonnella l'avrebbe fatto l'anno scorso in Turchia. Quest' anno per lei solo trasferte a Londra, in Svizzera e in Slovenia. Tappe più da finanziere che da esperta di terrorismo e aree di crisi. Ieri mattina ci è arrivata una strana mail riguardante i presunti trascorsi da «fonte» dei servizi della Marogna («è possibile che lo sia» butta lì la donna) e il suo ipotetico ruolo avuto nelle trattative per liberare padre Pierluigi Maccalli, sequestrato in Niger.
Anche in questo caso la donna non smentisce del tutto, quindi manda un pizzino ai massimi vertici istituzionali: «Vorrei incontrare Gennaro Vecchione (direttore del Dipartimento informazione e sicurezza, ndr) e il premier Giuseppe Conte, persone che non ho mai conosciuto, per farmi due chiacchiere con loro». Successivamente conferma di essere in contatto con un altro noto e chiacchierato 007. «Ho chiesto di confrontarmi con lui attraverso un suo grandissimo amico, una persona che stimo e che conosco da anni (in passato condannato per dossieraggio, ndr) vorrei andare a raccontargli un po' di cose».
È abbastanza evidente che la Marogna possa essere utilizzata da qualcuno non solo per una guerra interna al Vaticano, ma anche ai servizi di sicurezza. Per lei il proprio ruolo è chiaro: «Io sono un pacco regalo. Conteso. Scomodo. E di imbarazzo per chi avrebbe dovuto supportarmi con continuità, mentre invece si è perso tra le fresche frasche. Però malgrado tutto ho ottimizzato le mie risorse per raggiungere l'obiettivo».
Target che, però, non rivela. Ieri la presunta «dama di Becciu» ci ha inviato dei fogli Excel con alcune delle sue presunte spese effettuate in un'operazione svolta tra febbraio e marzo 2018, per un totale di 236.847 sterline (circa 260.000 euro al cambio attuale). Nelle carte la donna, con precisione, annota anche la media delle uscite quotidiane. Tra i costi ci sono voci come «know-how», «monitoraggio» e «assistenza».
Nei fogli si trovano anche molte uscite legate ai voli aerei, al noleggio di auto e al carburante. Alte anche le bollette telefoniche. Dopo averci mandato il materiale la donna diventa imperativa: «Mettiti a scrivere. Titolo: "Non è che la Marogna fa parte di una partita molto più grande di lei?"».
Quindi si fa incalzante: «Questa roba la devi mandare alle Iene immediatamente, devi fermare quella merda, perché altrimenti l'inchiesta non te la faccio fare. Scrivo io, tanto so farlo bene, e mi apro un blog e faccio io gli scoop su di me». Insiste: «Non sono una faccendiera, né una lobbista, ma un'analista geo-socio economico-politica non cerco fama, né gloria. Con la storia delle mie spese personali hanno voluto spostare l'attenzione dalla manovra finanziaria da 450 milioni che ruota intorno a Raffaele Mincione e Gianluigi Torzi».
La sedicente esperta ha avuto rapporti anche con diversi politici italiani. Per esempio con gli ex ministri Cirino Pomicino e Lorenzo Cesa. Quest' ultimo risulta averle versato una retribuzione da 2500 euro per lavoro dipendente. Pomicino ricorda: «La Marogna ci combinò un appuntamento con Becciu». A presentargliela sarebbe stato il figlio di un ex deputato democristiano, «una brava persona, quasi un prete»: «Quella ragazza era una persona alla ricerca disperata di lavoro. L'ho mandata in giro per questi centri che si occupano di geopolitica, ma non credo che abbia avuto riscontri. Quando l'ho conosciuta sembrava tutt' altro che una donna dedita al lusso. Piuttosto un pulcino bagnato».
Conclude: «Magari era solo una testa di legno. Io dalla fine del 2018 non l'ho più vista». Anche perché la Marogna a quell'epoca aveva iniziato a incassare in Slovenia i soldi del Vaticano.Nel colloquio con la dama sarda spuntano anche i nomi di altri politici. Nel libro di Massimo Franco L'enigma Bergoglio si parla di un pranzo tra il cardinale Becciu, l'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti, durante la crisi della nave Sea watch. Un incontro a cui il leader della Lega si sarebbe unito all'ultimo momento.
«Mi sembra che Salvini e Becciu non si fossero mai visti prima» ci informa la Marogna. «Con Giorgetti aveva invece rapporti di massima stima, anche se il numero dei loro incontri si conta con le dita di una mano». Becciu avrebbe lavorato anche a un vertice con l'attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio, summit che, però, non si sarebbe realizzato. La Marogna ricorda pure la presentazione di un libro dell'ex ministro dell'Interno Marco Minniti, del Pd, a cui presenziò pure Becciu.
«Quel giorno c'ero anche io» riferisce la «diplomatica». «Il cardinale aveva un buon rapporto con Minniti, come lo aveva con Gianni Letta. Mentre non mi risulta abbia mai incontrato Silvio Berlusconi». La politica rientra, in un certo senso, anche nell'ultimo, misterioso, aneddoto: «Nel giugno 2020 una donna ha chiesto di incontrare privatamente Becciu e lui le ha dato udienza. Ha detto di chiamarsi Geneviève Ciferri Putignani e ha iniziato a urlare: "La pagherai perché non hai difeso Alberto Perlasca"».
Perlasca è l'ex economo di Becciu che ora sta collaborando con gli inquirenti. La Marogna ci chiede di digitare su Internet il nome della presunta assalitrice. Compare come autrice di un libello: L'amore che guarisce la politica italiana. La donna ci consiglia di continuare la ricerca. Scopriamo un'agenzia di stampa del 2006 che parlava delle disavventure di una terremotata, tale Genevieve Ciferri, figlia di Amelia Putignani. Omonima dell'accusatrice di Becciu. «Non credo che esista davvero» conclude la Marogna. «Si ricordi che santa Geneviève è la patrona della polizia francese: la gendarmerie». Oggi i colleghi della gendarmeria vaticana hanno messo sotto inchiesta lei e il suo Angelo protettore.
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Bad movie I have Skull Heads 2009
#Skull Heads#Full Moon Pictures#Kim Argetsinger#Giacomo Gonnella#Rane Jameson#Samantha Light#Robin Sydney
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Gonnella, Giacomo
Gender: Male Birth Year: Unknown - looks to be in 30's-40's range Occupation: Actor (IMDb)
You know how I found this guy? In a shitty TV movie called " Shark in Venice." Yeah, sharks, in Venice. Ach, well, the movie was horrible, but the man was hot xD I'm of the opinion that he would be a great Middle Eastern-type play-by, or perhaps someone of non-Caucasian decent. He's a very swarthy man ;) Sadly, there are not all that many photos of him on the web. However... Watching the movies he's in and screen capping them is always an option ;D
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