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#Eccidio della Benedicta
italianiinguerra · 4 years
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7 aprile 1944, il rastrellamento e l’eccidio dell’abbazia della Benedicta Tra il 3 e 6 aprile 1944, reparti tedeschi forti di 3.000 unità appoggiati da quattro compagnie della Guardia Nazionale Repubblicana provenienti da Alessandria e da Genova e da un reparto del reggimento di Granatieri della divisione Littorio dell'Esercito nazionale Repubblicano di stanza a Bolzaneto, accerchiarono la zona del Tobbio;
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paoloxl · 5 years
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7 Aprile 1944- La strage della Benedicta
Il 7 aprile 1944 ingenti forze nazifasciste circondarono la Benedicta e le altre cascine dove erano dislocati i partigiani e colpirono duramente i giovani, spesso impossibilitati a difendersi per la mancanza di un adeguato armamento e di esperienza militare. Il rastrellamento proseguì per tutto il giorno e nella notte successiva. Molti partigiani, sfruttando la conoscenza del territorio, riuscirono a filtrare tra le maglie del rastrellamento, ma per centinaia di loro compagni non ci fu scampo.
Alla Benedicta le notizie di un imminente rastrellamento erano arrivate per tempo grazie alle staffette del fondovalle, ma non vennero prese abbastanza sul serio. Vi era la convinzione che i nazifascisti non si sarebbero mai avventurati su per quelle zone. Solo il 29 marzo 1944 i comandi partigiani organizzarono un tutti i rappresentanti di distaccamento per studiare un piano in caso di attacco.All’alba del 6 aprile i reparti nazifascisti si misero in moto verso il centro del territorio occupato dalle bande partigiane. Le truppe, composte da circa 5.000/6.000 unità, erano dotate di armi automatiche, mortai, lanciafiamme, autoblindo, carri armati e di un gruppo di artiglieria da montagna con pezzi da 149, un aereo da ricognizione “cicogna” e squadre cinofile.
Il primo teatro di scontro si ebbe dalla strada che da Campo Ligure sale in quota, dove le truppe tedesche e della RSI incontrarono il primo e il terzo distaccamento della 3° Liguria. I garibaldini tennero in scacco le truppe nazifasciste per tutta la mattina, prima di sganciarsi definitivamente, sopraffatti dalla superiorità bellica dei nemici. Solo tra le 13 e le 15 la Benedicta cadde in mano nemica.
Mentre i comandanti della 3° Liguria diedero l’ordine di sganciamento immediato per tutti, non altrettanto fecero il comandante della Brigata Autonoma, che, rispettando il patto sancito con i garibaldini, decisero di mettersi in marcia verso la Benedicta.
La rappresaglia
All’alba del 7 Aprile i 75 prigionieri per la maggior parte ragazzi non ancora ventenni, vennero condotti nel cortile del convento, privati di ogni effetto personale che servisse a identificarli, quindi, a gruppi di cinque, spinti lungo il sentiero che porta al Gorzente e ivi fucilati. I cadaveri vennero gettati in una fossa comune, che alcuni di loro erano stati costretti a scavare. Insieme a loro anche i corpi di 22 giovani catturati e trucidati nei boschi lì vicino. Nei giorni successivi vi furono altre fucilazioni e la Benedicta venne fatta saltare in aria.
Il rastrellamento della zona continuò il 7 e l’8 aprile, con altre vittime. Nello stesso tempo, diversi gruppi di partigiani riuscirono ad insinuarsi attraverso il blocco nemico: alcuni, portandosi sulla sponda destra dello Scrivia, in direzione della val Borbera; altri, al comando di Fillak, dirigendosi verso Pian Castagna; altri ancora, in direzione di Novi e di Serravalle. Ma numerosi caddero ugualmente in mano al nemico e alcuni di questi furono immediatamente fucilati. Trenta partigiani, raccolti dal tenente Casalini sul monte Orditano e sorpresi dai tedeschi nei pressi di passo Mezzano, il 6 aprile si batterono valorosamente fino all’ultimo: quattordici di essi caddero nei combattimento. Il tenente Casalini, che tenne un contegno fierissimo, venne fucilato a Voltaggio dove, a due riprese, altri sedici partigiani subirono la stessa sorte. Altri quaranta, sorpresi tra Rossiglione e Campoligure, furono tradotti a Masone: tredici di essi vennero fucilati a Villa Bagnara.
Il massiccio concentramento partigiano del Tobbio era praticamente dissolto. Mentre venivano inflitte indiscriminate rappresaglie a tutta la popolazione della zona, il Comando tedesco che dirigeva le operazioni fece sapere che sarebbe stata usata clemenza nei confronti dei giovani di leva che si fossero presentati spontaneamente alle autorità germaniche. Nell’atmosfera di confusione e di panico seguita alle notizie dei massacri già avvenuti alla Benedicta e nelle località vicine, molti furono coloro che cedettero all’ingannevole lusinga, presentandosi ai Comandi tedeschi. A conclusione dell’operazione, circa trecento giovani, tra partigiani catturati durante il rastrellamento e ragazzi presentatisi spontaneamente, furono concentrati a Novi Ligure e fatti partire, tra i 10 e il 12 aprile, alla volta dei campi di deportazione tedeschi, da cui centoquarantanove non sarebbero più ritornati.
Il contributo di sangue pagato da tutte le località della zona può essere espresso dai piccoli comuni di Ceranesi e Voltaggio, che ebbero rispettivamente trentasette e trentatre morti tra i giovani deportati. Altri diciannove membri delle due brigate partigiane, tra i quali il capitano Odino, Walter Ulanovski ed Isidoro Maria Pestarino, vennero condotti alla Casa dello studente a Genova. Dopo essere stati torturati, furono fucilati il 19 maggio al Colle del Turchino, insieme a una quarantina di altri detenuti politici genovesi.Nel complesso vennero uccisi nel rastrellamento tra fucilati e caduti in combattimento 178 partigiani, altri 368 furono fatti prigionieri. Di questi 207 furono trasportati nei campi di sterminio in Germania (Gusen Mhatausen)
Il rastrellamento della Benedicta, che nelle intenzioni dei nazisti e dei fascisti avrebbe dovuto fare terra bruciata intorno alla resistenza, non riuscì tuttavia a piegare lo spirito popolare. Anzi, proprio dalle ceneri della Benedicta il movimento partigiano, dopo aver avviato una riflessione anche spietata sugli errori compiuti, riuscì a riprendere vigore: la divisione “Mingo”, attiva nell’ovadese, ebbe tra i suoi promotori proprio alcuni degli scampati alla Benedicta. Altri partigiani continuarono la loro esperienza in formazioni della Val Borbera e in altre divisioni partigiane dell’appennino alessandrino.Gli elenchi pubblicati qui di seguito sono tratti dal volume, commissionato dall’Associazione Memoria della Bendicta e intitolato “I Ribelli della Bendicta”. Percorsi, profili, e biografie dei caduti e dei deportati (Bologna, Archetipo Libri, 2011) curato dai proff. Brunello Mantelli, Giovanna D’Amico, Giovanni Villari dell’Università di Torino, Dipartimento dio Storia.
Qui potete trovare la lung lista dei nomi
http://www.benedicta.org/sito/pages/eccidio/caduti_tabella.pdf
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ultimavoce · 6 years
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Don Ciotti attualizza la Resistenza: lotta alle mafie e alla corruzione
C'è un filo rosso che collega la #Resistenza di ieri alle Resistenze di oggi: la lotta alle #mafie, la #corruzione, la #povertà, la lotta per la #libertà. Le lotte di oggi sono il naturale proseguimento della Resistenza
Ancora oggi ha senso ricordare cosa è stata la Resistenza
A spiegarlo è Don Ciotti durante la commemorazione del 74° anniversario dell’eccidio della Benedicta. In quel luogo, dove 178 partigiani furono uccisi dai nazifascisti, il fondatore di Libera attualizza il loro sacrificio, che non deve essere ricordato come semplice esercizio di retorica. I colpi di mitraglietta che hanno ucciso quei…
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paoloxl · 5 years
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7 aprile 1944 truppe nazifasciste compiono l’eccidio di Fragheto nell’omonimo borgo, frazione del comune di Casteldelci, situato nella zona appenninica a cavallo tra Marche e Romagna. Sempre il 7 aprile 1944 avviene la strage della Benedicta, un’esecuzione sommaria di settantacinque partigiani, compiuta da militari nazifascisti in località Benedicta presso Capanne di Marcarolo, nel comune di Bosio, nell’Appennino Ligure. SCOPRI LA SEZIONE APPROFONDIMENTI
Eccidio di Fragheto
Nella zona dell’Alta Valmarecchia è intensa l’attività partigiana, sia dell’VIII brigata Garibaldi Romagna che della V brigata Garibaldi Pesaro, con interventi sempre più audaci e efficaci. Su tutti l’occupazione di Sant’Agata Feltria del 3 aprile 1944, azione che vede la cattura dei gerarchi del paese, il sequestro di denaro e la distribuzione di viveri alla popolazione. I comandi fascisti sopravalutano le forze partigiane. Questa situazione porta le forze nazifasciste ad organizzare un importante rastrellamento il 6 di aprile, mettendo in campo circa 600 soldati tedeschi e 150 militi fascisti. Le forze partigiane, subito avvertite di questa azione di repressiva, decidono di ripiegare.
La compagnia del comandante “Falco” Alberto Bardi, la notte tra il 6\7 aprile arriva a Fragheto, dove chiede ospitalità e cibo. La mattina presto i partigiani sono avvertiti da due staffette che in località Calanco forze tedesche si sono fermate in posizione favorevole per un attacco. Lo scontro vede un predominio partigiano che sfrutta le posizioni di combattimento più favorevoli. Dopo l’assalto i partigiani continuano la loro azione di ripiegamento e lasciano uno di loro, Remigio Saviotti, gravemente ferito a casa di Albini Giovanni.
I tedeschi inviano una pattuglia di quattordici soldati tedeschi dello Sturmbattaillon OB Sudwest coinvolto nello scontro a controllare i paesi vicini per eventuali partigiani feriti e nascosti. Alle 17:30 arrivano a Fragheto. Trovano subito il partigiano ferito e l’uccidono immediatamente così come le persone della casa. Contemporaneamente, Gambetti Guglielmo spara e ferisce probabilmente a morte due soldati tedeschi.
La rappresaglia
Questo scatena la rappresaglia tedesca. Uccidono un totale di 30 persone tra donne, bambini e anziani, ritenuti indistintamente nemici e collaboratori dei partigiani. Successivamente bruciano le case e la canonica della chiesa. In tutto questo orrore inspiegabilmente viene risparmiata la casa di Gabrielli Dario ove erano riparate 29 persone. I giovani e gli uomini del borgo si sono in precedenza nascosti nelle vicinanze, perché avvisati dai partigiani di un’imminente incursione nazista. Forse sottovalutando i tedeschi, essi pensano che nulla faranno a donne, bambini e vecchi e che solo gli uomini sono oggetto di rappresaglie in quanto possibili partigiani.
Sempre a Fragheto, durante la medesima operazione militare, sono uccisi dai tedeschi 5 partigiani catturati nei giorni precedenti. La tragedia di quel rastrellamento termina il giorno successivo con l’assassinio di 7 partigiani e un civile sulle rive del Senatello da parte dei militi della Guardia Nazionale Repubblicana nel luogo ora denominato “Ponte degli 8 Martiri”.
Strage della Benedicta
La strage della Benedicta fu un’esecuzione sommaria di settantacinque partigiani appartenenti alle formazioni garibaldine. Gli autori sono militari della Guardia Nazionale Repubblicana e reparti tedeschi in località Benedicta presso Capanne di Marcarolo, nel comune di Bosio, nell’Appennino Ligure. Altri settantadue partigiani cadono nei precedenti scontri.
Sull’Appennino Ligure, tra Genova e Alessandria, nella primavera del 1944 operano due brigate partigiane, la Brigata Autonoma Alessandria e la 3ª Brigata Liguria. Tra il 3 e 6 aprile 1944 reparti tedeschi appoggiati da quattro compagnie della Guardia Nazionale Repubblicana (due provenienti da Alessandria e due da Genova) e da un reparto del reggimento di Granatieri di stanza a Bolzaneto, accerchiano la zona del monte Tobbio.
Il 6 aprile iniziano gli scontri armati. La 3ª Brigata Garibaldi Liguria cerca di rompere l’assedio dividendo i propri uomini in piccoli gruppi. La Brigata Autonoma Alessandria cerca una disperata difesa all’abbazia della Benedicta e a Pian degli Eremiti. Il 6 aprile le truppe italo-tedesche fanno saltare la cascina dell’abbazia dove i partigiani della 3ª Brigata Liguria hanno insediato il loro comando. Catturano molti uomini e incendiano numerose cascine. Il 7 aprile settantacinque prigionieri vengono fatti scendere a gruppi di cinque lungo il sentiero che porta al torrente Gorzente. Sono fucilati da un plotone di esecuzione composto da italiani comandati da un ufficiale tedesco. I cadaveri vengono sepolti in una fossa comune insieme a quelli di ventidue giovani catturati e trucidati nei boschi lì vicino.
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