#Compagnia della Bellezza
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mucillo · 2 months ago
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“Non mi interessa cosa fai per vivere, voglio sapere per cosa sospiri e se rischi il tutto per trovare i sogni del tuo cuore.
Non mi interessa quanti anni hai, voglio sapere se ancora vuoi rischiare di sembrare stupido per l’amore, per i sogni, per l’avventura di essere vivo.
Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna, voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore, se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita o se ti sei rinchiuso per paura del dolore futuro.
Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio e il tuo; se puoi ballare pazzamente e lasciare l’estasi riempirti fino alla punta delle dita senza prevenirti di cautela, di essere realisti, o di ricordarci le limitazioni degli esseri umani.
Non voglio sapere se la storia che mi stai raccontando sia vera.
Voglio sapere se sei capace di deludere un altro essere identico a te stesso, se puoi subire l’accusa di un tradimento e non tradire la tua anima.
Voglio sapere se sei fedele e quindi hai fiducia.
Voglio sapere se sai vedere la bellezza anche quando non é bella tutti i giorni.
Se sei capace di far sorgere la vita con la tua sola presenza.
Voglio sapere se puoi vivere con il fracasso, tuo e mio e continuare a gridare all’argento di luna piena: SÌ!
Non mi interessa dove abiti e quanti soldi hai, mi interessa se ti puoi alzare dopo una notte di dolore, triste o spaccato in due, e fare quel che si deve fare per i bambini.
Non mi interessa chi sei, o come hai fatto per arrivare qui, voglio sapere se sapresti restare in mezzo al fuoco con me e non retrocedere.
Non voglio sapere cosa hai studiato, o con chi o dove, voglio sapere cosa ti sostiene dentro, quando tutto il resto non l’ha fatto.
Voglio sapere se sai stare da solo con te stesso, e se veramente ti piace la compagnia che hai…nei momenti vuoti.”
Scritto da un’indiana della tribù degli Oriah-1890)
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neropece · 11 months ago
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“pigeon lady” photo by Fabrizio Pece (tumblr | 500px | instagram)
Nel mezzo della piazza, dove il selciato antico fa da cornice al verde cittadino, una signora avanzava con passo misurato. La sua figura era avvolta da abiti scuri e il vento mattutino sollevava delicatamente i pochi capelli che uscivano da un cappello di lana grigio. 
Aveva in mano un sacchetto di pane raffermo, e ogni tanto, mentre camminava, strappava piccoli pezzi e li gettava sul suolo. I piccioni, che sembravano aspettarla, si avvicinavano rapidamente, formando una danza aerea di ali e piume. Le piccole creature erano la sua unica compagnia in quella piazza, dove la vita si svolgeva al ritmo lento delle giornate domenicali.
Nonostante la solitudine apparente, la signora non sembrava affatto sola. Ogni volta che un piccione si posava sul palmo della sua mano per prendere un pezzo di pane, i suoi occhi si illuminavano di un calore e di un affetto che pochi avrebbero potuto comprendere. 
Un giovane con una macchina fotografica in mano, seduto su una panchina poco distante, la osservava. Avrebbe potuto essere il narratore di questa scena, un osservatore esterno di quella semplice bellezza che permeava l'aria. Ma come spesso accadeva in questi momenti, non c'era bisogno di parole o di immagini per catturare l'essenza di ciò che stava accadendo.
La signora continuò a nutrire i piccioni, e ogni gesto sembrava essere un rituale, un modo per connettersi con il mondo che la circondava. Per un momento, la piazza, con i suoi rumori e le sue persone, scomparve. Restò solo lei, i piccioni e quel pane raffermo che diventava simbolo di un amore incondizionato e di una cura silenziosa.
Poi, con l'ultima briciola gettata, la signora si fermò e si voltò verso il giovane fotografo. I loro sguardi si incrociarono per un istante, e in quel breve momento, entrambi compresero che avevano condiviso qualcosa di speciale. Poi, con un sorriso sereno, la signora proseguì il suo cammino, lasciando dietro di sé un'atmosfera di pace e di semplicità che avrebbe persistito per tutto il resto della giornata.
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3nding · 22 days ago
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Big in Japan, not so much in Korea.
E così a otto anni esatti dall'ultima avventura in Asia del sottoscritto, venne il momento di portare moglie e figlio in questo pezzo di mondo. Lasciamo l'Italia proprio mentre nuove alluvioni colpiscono da nord a sud la penisola e facciamo base a Varsavia per il volo che ci porterà a Seul. Economy Plus della compagnia di bandiera polacca promossa. Quantomeno bilancia gli imprevisti e malanni affrontati e ancora presenti la settimana prima della partenza (i.e. Stiamo invecchiando entrambi male. Dolori vari, medicine e bestemmie varie) Ma dopotutto perché lasciarsi indietro gli imprevisti quando si possono trovarne di sempre nuovi? Tipo intossicazione alimentare prima di salire a bordo o arrivare e scoprire che non funziona nessuna delle nostre carte di credito? Stare due ore a chiamare numeri di mezzo mondo che promettono una assistenza H24 che non c'è? Regalare 20€ a uno che ti chiama un uber perché restiamo senza credito? Quindi fin'ora è un tuffo nel passato con mappa e traduttore offline. Le prime impressioni così in ordine sparso: Cose in comune col Giappone:- il cesso ipertecnologico con scalda tavoletta, bidet ed altre opzioni non testate. - l'uso di plastica sotto forma di packaging per qualsiasi cosa, anche per ciò che potrebbe farne tranquillamente a meno - Le mascotte e i jingles - l'inglese poco diffuso Stop. Per il resto mi ricorda molto Hong Kong (prima e unica volta nel '94) con un misto di moderno e datato. Molte cose sono vecchie o rovinate - il termine esatto sarebbe sgarrupate. Ci sono rifiuti e mozziconi di sigaretta in giro, si fuma abbastanza. Se in Vietnam si mangia sempre sopratutto in strada e in Giappone si mangia sempre nelle bancarelle e locali, qui oltre al gran numero di bakeries i locali (alcuni dei "buchi" di meno di 10m²) hanno orari tali per cui molti sono chiusi alla medesima ora. In uno sono entrato e c'era uno che dormiva a terra tra i tavoli, un altro aveva l'adesivo BUG FREE, su molti avrei scommesso su una rinnovata intossicazione. I cittadini in giro sono molto seri, spesso sorseggiano bubble tea o bevanda in contenitore similare, vestono casual o comunque con molta meno standardizzazione che in giappone. Alcuni vicoli non danno l'impressione di essere sicuri. Un paio di bancarelle vendevano quel dolce a forma di pesce fatto al momento, ho visto anziani trasportare carichi pesanti - letteralmente! - legati sul retro di moto di chissà quale anno e marca. In media gli abitanti di Seul ad eccezione degli anziani sembrano essere alti e ben piazzati. Anche qui come già visto nel sud est asiatico l'ideale di bellezza pubblicizzato ha la pelle bianchissima e gli occhi grandi e "occidentali". I "kombini" visitati fin'ora sono molto più piccoli e tristi della loro controparte giapponese. Per qualcosa sta città è un po' terrona. E non è una cosa negativa.
Bonus: I piccoli angoli verdi pubblici molto zen tra palazzoni, strade e grattacieli.
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allecram-me · 23 days ago
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Questo e quello
Adesso qui non sono più sola, anche la temperatura è di botto cambiata: ho sempre caldo. Ho desiderato di poter condividere le piccole cose sorprendenti e la bellezza rilassata di questo luogo che ormai è nient’altro che magico - eppure. In una giornata ho fumato il numero di sigarette che normalmente raggiungo in tre, e no, non è l’effetto da sigaretta in compagnia: sono l’unica tabagista. Mi limiterò ad attestare i fatti, scavare un solco piccino e rannicchiarci dentro la mia voce interpretante. Va tutto abbastanza bene, grazie. Domani siamo invitate a cena a casa della tedesca.
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a--piedi--nudi · 3 months ago
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Mi vede in terrazza, occhi negli occhi per un breve istante, poi salta di qua ed entra da me.
Non ci vediamo da cinque giorni.
Inizia il rito silenzioso dell’accoglienza: resto accucciata, mi sfiora il polpaccio poi s’infila fra la gamba e il braccio per cercare carezze; ripete il giro due tre volte poi si lascia accarezzare completamente.
Testina, schiena, dietro alle orecchie, petto, poi ancora testina, mento in alto, occhi chiusi, nasino rosa vicino al mio e poi occhi aperti: vicinissime, piccole persone s’incontrano.
Finiti i grattini fa il giro delle sedie, tutte le gambe posteriori sono oggetto di struscio, poi il frigo e i mobili.
Resto ad osservarla come per entrare nel suo essere totale d’intenzionalità chiara e potente poi mi siedo sulla poltrona.
Finito lo struscio inizia la pulizia, prima in zona cibo poi davanti a me respirando l’aria fresca che entra dalla porta finestra. 
Sto in silenzio: è una pulizia-danza, una ginnastica aerobica con leccata. Eleganza anche mentre si fa il bidet. Brevi istanti di pausa e poi via un nuovo avvitamento elegante e leggero.
Leggo.
All’improvviso è alle mie spalle: gioca con il tiragraffi, selvaggia, agguerrita, occhi sbarrati a tratti sfidanti, s’interrompe, mi guarda. 
Le faccio sempre i complimenti, sembra chiedere approvazione.
A pancia in su, mostra la parte più delicata di sè, un manto bianco morbidissimo: mi tornano alla mente alcuni tratti di “Gatti molto speciali” “Il trucco più grazioso, del quale faceva sfoggio soprattutto per avere compagnia, consisteva nello sdraiarsi di schiena sotto un divano, e poi spingersi fuori da sola facendo leva sulle zampe, con scatti rapidi e bruschi, fermandosi per volgere l’elegante testina da un lato e dall’altro, gli occhi gialli semichiusi, in attesa dell’applauso”.
Fine dei giochi, oggi si è rotto l’elastico che tiene legata la pallina al tiragraffi, Micia è rimasta per un istante interdetta poi si è accontentata di mordere e sfilare l’elastico tenendosi con le zampe aggrappata al cilindro; qualche altro morso alla piuma e poi via, si porta di nuovo davanti alla finestra.
Respira l’aria fresca, osserva fuori possibili prede allungando il collo a destra e sinistra, resta immobile qualche istante poi si gira, mi guarda con quell’aria mista di dolcezza e voluttà.
È finita, intende dire, per ora è finita, gradirei uscire mia cara; se tu mi usassi la cortesia di alzare la zanzariera potrei tornare nel mondo dei vivi, grazie, non temere, quando ne avrò voglia tonerò a mostrarti cosa sono bellezza e libertà. Tornerò.
Alzo la zanzariera, passa sotto come fosse di gomma ma resta fuori ad osservarmi. Ad un certo punto miagola, è cosa strana perché solitamente lo fa solo quando vede il cibo.
Esco, in effetti fuori l’aria e molto più fresca e respirabile; ancora un po’ di grattini e di fusa, poi comincia a sbirciare fra le aste di finto legno della terrazza. Prede. Uccelli. Caccia. Istinto. 
Salta sulla ringhiera. Non esisto più. Posizione aerodinamica, tutti i sensi accesi. Salta. È via. 
Buona giornata. 
A più tardi.
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susieporta · 8 months ago
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Quello che fa durare davvero una relazione, non è il sentimento.
Ma la possibilità di esplorarsi, conoscersi e crescere, grazie all'altro.
Se l'altro ci fa rimanere alla superficie di noi stessi, ci stufiamo molto presto della sua compagnia.
Oppure ci tratteniamo con lui/lei solo per paura di rimanere soli, per abitudine, dipendenza, o tutte e tre le cose insieme.
Ricorda: in un rapporto, quello che conta realmente, è la verità che scopri su di te grazie al noi che hai costruito insieme all'altro.
Un altro che ti sostiene, ti aiuta e ti ama, ma anche che ti smentisce, che mette in dubbio le tue certezze granitiche, che sfalda le tue convinzioni limitanti.
Un altro che, grazie al suo amore, ti fa sprofondare nelle correnti oscure del tuo inconscio, per farti riemergere sotto una nuova luce e una rinnovata gioia per la vita.
Come dice Platone, Eros è il demone che ci spinge alla ricerca di ciò che non abbiamo mai pienamente: verità e bellezza.
©Omar Montecchiani
#quandolosentinelcorpodiventareale #amore #diventaresestessi #crescitapersonale
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Non mi interessa che cosa fai per vivere.Voglio sapere che cosa desideri davvero, e se sogni di realizzare ciò che il tuo cuore brama.
Non mi interessa quanti anni hai. Voglio sapere se avrai il coraggio di rischiare, di essere giudicato folle per amore, per il tuo sogno, per l’avventura di essere vivo.
Non mi interessa quali pianeti siano in quadratura con la tua Luna. Voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore , se le delusioni della vita ti hanno ampliato i tuoi orizzonti o se ti sei ripiegato su te stesso per paura di soffrire ancora. Voglio sapere se sopporti il dolore, mio o tuo, senza cercare di nasconderlo, attenuarlo, eliminarlo.
Voglio sapere se sopporti la gioia, mia o tua, se puoi danzare selvaggiamente e lasciare che l’estasi pervada ogni tua cellula senza raccomandarti di essere prudente, realistico e di ricordare i limiti della condizione umana.
Non mi interessa se la storia che mi stai raccontando è vera. Voglio sapere se riesci a deludere qualcuno per mantenerti fedele a te stesso; se sai sopportare l’accusa di tradimento e non tradire la tua anima, se sai essere senza fede e perciò degno di fede.
Voglio sapere se sai vedere la bellezza, anche quando non è piacevole, ogni giorno, e se riesci a trovare la sorgente della tua vita dalla sua presenza.
Voglio sapere se sai accettare i fallimenti, tuoi e miei, e restare ancora sulla riva di un lago e urlare “ Sì! “ all’argento della luna piena.
Non mi interessa sapere dove vivi o quanti soldi hai. Voglio sapere se sai alzarti, dopo la notte di travaglio e disperazione, stanco e ammaccato, fino all’osso, e fare il tuo dovere per sfamare i tuoi figli.
Non mi interessa sapere chi conosci o come sei giunto qui. Voglio sapere se resterai al centro del mirino insieme a me senza tirarti indietro.
Non mi interessa dove o che cosa o con chi hai studiato. Voglio sapere che cosa ti sorregge dentro quando tutto il resto crolla.
Voglio sapere se sai stare solo con te stesso e se davvero ti piace la compagnia che ti fai nei momenti di vuoto.
-Oriah Mountain Dreamer
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diceriadelluntore · 9 months ago
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Storia Di Musica #314 - Susan Tedeschi, Live From Austin TX, 2004
Le storie di chitarre femminili di febbraio volevano sviluppare, lo ricordo per questo ultimo appuntamento, una questione che avevo sentito per radio (ho recuperato pure i particolare): durante la trasmissione Morning Glory di Virgin Radio, condotta da Alteria, alla domanda "quale sarebbe il tuo mestiere dei sogni" una giovane ascoltatrice scrisse "diventare una famosissima chitarrista, perchè non c'è ne sono". Alteria, che è anche musicista, ha subito cercato di smentire, ricordando Sister Rosetta Tharpe, la grandissima blueswoman e cantante gospel degli anni '30-'60 del 1900. Tuttavia, e alla fine di questo percorso che è sempre anche un'occasione per imparare qualcosa di nuovo, sono arrivato alla conclusione che, dal punto di visto della fama e della riconoscibilità, aveva ragione l'ascoltatrice, non c'è mai stata per gli indicatori appena descritti una chitarrista riconoscibile come Hendrix, Blackmore o Jack White, per citare tre chitarristi di epoche differenti. Allo stesso tempo, non vuol dire che non ci siano state chitarriste tecnicamente e musicalmente eccezionali, e le scelte di Febbraio 2024 sono solo un antipasto di un viaggio che lascerà deliziati chi vorrà continuarlo. Per concludere la carrellata, oggi vi porto a Norwell, Massachusetts, dove all'interno di una famiglia di origini italiani, i Tedeschi (che sono facoltosi, proprietari di una famosa catena di supermercato in tutto lo stato) nasce nel 1970 Susan. Sin da piccola è un prodigio nelle recite e a sei anni ha una piccola parte in un Musical itinerante che una compagnia locale porta in giro nella contea. Cresce in mezzo ai dischi, e per quelle strane ascendenze del gusto, si appassiona ai ritmi e alle atmosfere del blues. Susan Tedeschi frequenta il Berklee College, come Emily Remler (la prima protagonista delle storie di Febbraio) e si specializza in canto gospel e a 20 anni si laurea. Ne ha pochi di più quando fonda la prima Susan Tedeschi Band, con Adrienne Hayes, Jim Lamond e Mike Aiello che, dopo una fondamentale gavetta nel locali di Boston e dintorni, vengono notati da un musicista e produttore, Tom Hambridge (che vincerà nella sua carriera 7 Grammy Awards), che li mette sotto contratto per la piccola etichetta Tone Cool e produce il primo disco, che per scelta sua vedrà a luce solo a nome Susan Tedeschi: Just Won't Burn del 1998 è un grandissimo debutto, con la seconda chitarra di Sean Costello (uno dei più grandi talenti chitarristici di quegli anni, stroncato a 28 anni da complicanze della sua dipendenza dalla droga) che ha due hit da classifica in Rock Me Right e It Hurt So Bad, scritte con Hambridge. Il disco venderà tantissimo per un disco blues di una piccola etichetta, 500 mila copie, e porterà Susan Tedeschi a suonare per gente come John Mellencamp, B.B. King, Buddy Guy, The Allman Brothers Band, Taj Mahal e Bob Dylan. Nel 2003 apre quasi tutti i concerti americani del Licks Tour di un certo gruppo inglese, appena arrivato ai 40 anni di attività, i Rolling Stones, acquisendo una fama crescente, anche per le sue meravigliose qualità artistiche, che penso si esprimano al meglio nel disco di oggi.
È chiamata, per la terza volta, ad esibirsi per l'Austin City Limits, uno dei programmi musicali più famosi degli Stati Uniti, che trasmette un concerto dal vivo di 60 minuti sui canali della PBS, che è la televisione pubblica negli USA. Insieme a lei, William Green all'organo Hammond, Jason Crosby alle tastiere, violino e ai cori, Ron Perry al basso e Jeff Sipe alla batteria. Live In Austin TX esce nel 2004 ed è un delizioso esempio di classe e maestria musicale: la chitarra e la voce di Susan giganteggiano, senza mai strafare, ma lasciando evidenti tocchi di bellezza (tra l'altro vi invito a fare caso alla differenza che ha la sua voce quando canta e quando, quasi timida, ringrazia con un Thank You gli applausi). E la sua chitarra è una espressione di questa dolcezza: mai ossessiva, ma affilata e precisa, con assoli eleganti e morbidi, accompagnati da inserimenti degli altri strumenti. In scaletta pezzi del suo repertorio solista (It Hurt So Bad, la sofferta I Fell In Love, Wrapped In The Arms Of Another), altri scritti per lei (The Feeling Music Brings dal futuro marito Derek Tucks) ma soprattutto una meravigliosa collezione di cover, dove viene fuori il suo canto di impostazione gospel e tutto il suo talento: You Can Make It If You Try di Sly And The Family Stone, Gonna Move di Paul Pena, Alone di Tommy Sims (che produsse Streets Of Philadelphia di Bruce Springsteen), Love's in Need Of Love Today di Stevie Wonder e un suo cavallo di battaglia, sia su disco che dal vivo, Angel From Montgomery di John Prine, che è così strettamente identificata con Bonnie Riatt, altra grandiosa cantante e chitarrista, il cui testimone è preso da Tedeschi in questo senso. C'è il soul di Voodoo Woman di Koki Taylor, uno strumentale meraviglioso come Hampmotized e c'è la cover più bella e sentita di Don't Think It Twice, It's All Right di Bob Dylan: la versione originale del grande di Duluth era basata su un folk tradizionale, Who's Gonna Buy You Ribbons When I'm Gone?, e riprendeva un verso da una rielaborazione dello stesso brano fatta da Paul Clayton, che rititolò il brano Who's Gonna Buy Your Chickens When I'm Gone. Il brano ha una leggenda in sé: si dice che fu scritto da un giovane Dylan (il brano fa parte del leggendario The Freewheelin' Bob Dylan del 1963) preoccupato e "geloso" del fatto che la vacanza della sua allora fidanzata, Suzie Rotolo (che è la ragazza che appre nella copertina dello stesso disco a braccetto con lui), in Italia si stesse allungando troppo, immaginando quindi come sarebbe stato raccontare un litigio. In realtà come scrisse Nat Hentoff nel libretto originale (Hentoff è stato critico musicale del Village Voice per 51 anni) è probabilmente il primo degli innumerevoli "discorsi con sè" di Dylan, "un'affermazione che magari puoi dire per sentirti meglio… come se stessi parlando da solo". l'arrangiamento slow blues di Tedeschi è fantastico, con il violino e l'organo Hammond, e diventerà per anni uno dei momenti più attesi dei suoi concerti.
Concerti che saranno sempre il fulcro principale della sua attività, soprattutto dopo l'incontro, prima sentimentale e poi artistico, con Derek Trucks, altro chitarrista formidabile, erede della dinastia Allman Brothers, con cui formerà dal 2010 una Tedeschi Trucks Band, vincendo nel 2012 un Grammy con il disco Revelator. Una grande artista e un'altra grande chitarra da scoprire.
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mucillo · 2 months ago
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“Non mi interessa cosa fai per vivere, voglio sapere per cosa sospiri e se rischi il tutto per trovare i sogni del tuo cuore.
Non mi interessa quanti anni hai, voglio sapere se ancora vuoi rischiare di sembrare stupido per l’amore, per i sogni, per l’avventura di essere vivo.
Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna, voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore, se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita o se ti sei rinchiuso per paura del dolore futuro.
Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio e il tuo; se puoi ballare pazzamente e lasciare l’estasi riempirti fino alla punta delle dita senza prevenirti di cautela, di essere realisti, o di ricordarci le limitazioni degli esseri umani.
Non voglio sapere se la storia che mi stai raccontando sia vera.
Voglio sapere se sei capace di deludere un altro essere identico a te stesso, se puoi subire l’accusa di un tradimento e non tradire la tua anima.
Voglio sapere se sei fedele e quindi hai fiducia.
Voglio sapere se sai vedere la bellezza anche quando non é bella tutti i giorni.
Se sei capace di far sorgere la vita con la tua sola presenza.
Voglio sapere se puoi vivere con il fracasso, tuo e mio e continuare a gridare all’argento di luna piena: SÌ!
Non mi interessa dove abiti e quanti soldi hai, mi interessa se ti puoi alzare dopo una notte di dolore, triste o spaccato in due, e fare quel che si deve fare per i bambini.
Non mi interessa chi sei, o come hai fatto per arrivare qui, voglio sapere se sapresti restare in mezzo al fuoco con me e non retrocedere.
Non voglio sapere cosa hai studiato, o con chi o dove, voglio sapere cosa ti sostiene dentro, quando tutto il resto non l’ha fatto.
Voglio sapere se sai stare da solo con te stesso, e se veramente ti piace la compagnia che hai…nei momenti vuoti.”
Scritto da un’indiana della tribù degli Oriah-1890)
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ambrenoir · 10 months ago
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Non mi interessa che cosa fai per guadagnarti da vivere,
voglio sapere che cosa ti fa soffrire e se osi sognare di incontrare il desiderio nel tuo cuore.
Non mi interessa quanti anni hai, voglio sapere se rischierai di sembrare ridicolo per amore, per i tuoi sogni, per l'avventura di essere vivo.
Non mi interessa quali pianeti sono in quadratura con la tua luna, voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dispiacere, se sei stato aperto dai tradimenti della vita o ti sei inaridito e chiuso per la paura di soffrire ancora.
Voglio sapere se puoi sopportare il dolore, mio o tuo, senza muoverti per nasconderlo, sfumarlo o risolverlo.
Voglio sapere se puoi vivere con la gioia, mia o tua; se puoi danzare con la natura e lasciare che l'estasi ti pervada dalla testa ai piedi senza chiedere di essere attenti, di essere realistici o di ricordare i limiti dell'essere umani.
Non mi interessa se la storia che racconti è vera, voglio sapere se riusciresti a deludere qualcuno per mantenere fede a te stesso;
se riesci a sopportare l'accusa di tradimento senza tradire la tua anima.
Voglio sapere se puoi essere fedele e quindi degno di fiducia.
Voglio sapere se riesci a vedere la bellezza anche quando non è sempre bella;
e se puoi ricavare vita dalla sua presenza.
Voglio sapere se riesci a vivere con il fallimento, mio e tuo, e comunque rimanere in riva ad un lago e gridare alla luna piena d'argento: "Sì!".
Non mi interessa sapere dove vivi e quanti soldi hai,
voglio sapere se riesci ad alzarti dopo una notte di dolore e disperazione, sfinito e profondamente ferito e fare ugualmente quello che devi per i tuoi figli.
Non mi interessa chi sei e come sei arrivato qui, voglio sapere se rimani al centro del fuoco con me senza ritirarti.
Non mi interessa dove o che cosa o con chi hai studiato, voglio sapere chi ti sostiene all'interno, quando tutto il resto ti abbandona.
Voglio sapere se riesci a stare da solo con te stesso e se apprezzi veramente la compagnia che ti sai tenere nei momenti di vuoto.
(Oriah Mountain Dramer, anziano di una tribù pellerossa)
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nonamewhiteee · 1 year ago
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ho deciso nuovamente di radermi i capelli e di eliminare il caffè ma le sigarette ancora no, immagino che per quelle ci voglia ancora un bel po'. d'altronde ho riscoperto le industriali e ogni tanto mi concedo delle lucky rosse. mi piace passarmele fra le dita e portarle alle labbra, aspiro, inspiro, espiro: come ieri dopo le tre ore intense di cinema in cui i pensieri hanno fatto compagnia ai mega viaggioni. le notti continuo a passarle in buona parte in bianco ma da lunedì ricomincerò a dovermi alzare allo stesso orario in cui in questi giorni continuo a ricercare la giusta combinazione di melodie e parole. adoro la voce di Lana del Rey e quella sua bellezza uscita da un'epoca scomparsa e che non ho mai vissuto. in casa si continua a non parlare, giorni sono più pesanti di altri in cui solo compagnie velenose sembrano potermi aiutare, non riesco a darmi le giuste spiegazioni per quanto accaduto ormai tre anni fa, è tutto così ingiusto e le mie dita troppo distrutte, dovrei smetterla forse. spero lì vada meglio, qua è la solita noia abulica della provincia.
#me
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neropece · 8 months ago
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“women of the future” photo by Fabrizio Pece (tumblr | 500px | instagram)
In una fredda sera d'inverno, in un locale anonimo dal nome sbiadito e dalle pareti scolorite, era ospitava una variegata umanità in cerca di un rifugio temporaneo dai rigori della vita quotidiana. Tavoli sgranati e sedie sbilenche offrivano un'imitazione di comfort mentre lo spettro di una luce fioca, filtrata da lampadari coperti di polvere, danzava nell'aria densa di fumo di sigaretta.
Tra i frequentatori abituali del locale c'era Frank, un uomo con lo sguardo perso nell'abisso dei suoi pensieri, le mani logore da anni di lavoro in una fabbrica che non lo aveva mai gratificato. Sedeva solitario, con una bottiglia di liquore a tenergli compagnia, cercando di annegare i fantasmi del passato e le incertezze del futuro.
Fu proprio mentre Frank stava cercando di dare un senso alla propria esistenza, che il suo sguardo cadde su un angolo del locale. Quattro piccole figure, appena più alte delle sedie su cui erano sedute, erano voltate di spalle. Avranno avuto si e no cinque anni, dai vestiti colorati, si concentravano su un'attività a lui misteriosa.
Con lentezza, come se temesse di disturbare quel momento di pura innocenza, Frank si avvicinò al tavolo delle bambine. Si fermò a pochi passi da loro, osservando il loro intento lavoro. Con piccole manine agili, disegnavano su fogli di carta sgualcita, concentrando ogni briciola di creatività nel tracciare linee e colori.
La luce fioca del locale danzava tra i capelli delle bambine, rendendo i loro volti invisibili a Frank. Ma in quel momento, in mezzo a un tumulto di voci e rumori del locale, tutto sembrava acquietarsi. Le risate dei clienti si attenuarono, il fumo delle sigarette si diradò. Restava solo il suono leggero delle matite che scorrevano sulla carta, come un sussurro nella notte.
E Frank, per un istante, si sentì trasportato in un mondo dove le preoccupazioni e i rimpianti non esistevano. Dove la semplice gioia di creare e condividere un momento di bellezza era sufficiente a riempire il cuore di speranza. Quel tavolo, illuminato da una luce invisibile, divenne per lui un faro nella tempesta, un promemoria che anche nei momenti più bui della vita, la bellezza e la semplicità possono ancora essere trovate, se solo si è disposti a cercarle.
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TRAMA Parthenope
La vita di Partenope, che si chiama come la sua città, ma non è né una sirena, né un mito. Dal 1950, quando nasce, fino a oggi. Dentro di lei, tutto il lunghissimo repertorio dell’esistenza: la spensieratezza e il suo svenimento, la bellezza classica e il suo cambiamento inesorabile, gli amori inutili e quelli impossibili, i flirt stantii e le vertigini dei colpi di fulmine, i baci nelle notti di Capri, i lampi di felicità e i dolori persistenti, i padri veri e quelli inventati, la fine delle cose, i nuovi inizi. Gli altri, vissuti, osservati, amati, uomini e donne, le loro derive malinconiche, gli occhi un po’ avviliti, le impazienze, la perdita della speranza di poter ridere ancora una volta per un uomo distinto che inciampa e cade in una via del centro. Sempre in compagnia dello scorrere del tempo, questo fidanzato fedelissimo. E di Napoli, che ammalia, incanta, urla, ride e poi sa farti male.
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TRAMA Parthenope
La vita di Partenope, che si chiama come la sua città, ma non è né una sirena, né un mito. Dal 1950, quando nasce, fino a oggi. Dentro di lei, tutto il lunghissimo repertorio dell’esistenza: la spensieratezza e il suo svenimento, la bellezza classica e il suo cambiamento inesorabile, gli amori inutili e quelli impossibili, i flirt stantii e le vertigini dei colpi di fulmine, i baci nelle notti di Capri, i lampi di felicità e i dolori persistenti, i padri veri e quelli inventati, la fine delle cose, i nuovi inizi. Gli altri, vissuti, osservati, amati, uomini e donne, le loro derive malinconiche, gli occhi un po’ avviliti, le impazienze, la perdita della speranza di poter ridere ancora una volta per un uomo distinto che inciampa e cade in una via del centro. Sempre in compagnia dello scorrere del tempo, questo fidanzato fedelissimo. E di Napoli, che ammalia, incanta, urla, ride e poi sa farti male.
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❍❍❍ Definition and Definition of Film / Movie ❍❍❍
While the players who play a role in the film are referred to as actors (men) or actresses (women). There is also the term extras that are used as supporting characters with few roles in the film. This is different from the main actors who have bigger and more roles. Being an actor and an actress must be demanded to have good acting talent, which is in accordance with the theme of the film he is starring in. In certain scenes, the actor’s role can be replaced by a stuntman or a stuntman. The existence of a stuntman is important to replace the actors doing scenes that are difficult and extreme, which are usually found in action action films.
Films can also be used to convey certain messages from the filmmaker. Some industries also use film to convey and represent their symbols and culture. Filmmaking is also a form of expression, thoughts, ideas, concepts, feelings and moods of a human being visualized in film. The film itself is mostly a fiction, although some are based on fact true stories or based on a true story.
There are also documentaries with original and real pictures, or biographical films that tell the story of a character. There are many other popular genre films, ranging from action films, horror films, comedy films, romantic films, fantasy films, thriller films, drama films, science fiction films, crime films, documentaries and others.
That’s a little information about the definition of film or movie. The information was quoted from various sources and references. Hope it can be useful.
Thank you for watching The Video Today.
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parthenope-2024-in-italia · 18 days ago
Text
PARTHENOPE CB01
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TRAMA Parthenope
La vita di Partenope, che si chiama come la sua città, ma non è né una sirena, né un mito. Dal 1950, quando nasce, fino a oggi. Dentro di lei, tutto il lunghissimo repertorio dell’esistenza: la spensieratezza e il suo svenimento, la bellezza classica e il suo cambiamento inesorabile, gli amori inutili e quelli impossibili, i flirt stantii e le vertigini dei colpi di fulmine, i baci nelle notti di Capri, i lampi di felicità e i dolori persistenti, i padri veri e quelli inventati, la fine delle cose, i nuovi inizi. Gli altri, vissuti, osservati, amati, uomini e donne, le loro derive malinconiche, gli occhi un po’ avviliti, le impazienze, la perdita della speranza di poter ridere ancora una volta per un uomo distinto che inciampa e cade in una via del centro. Sempre in compagnia dello scorrere del tempo, questo fidanzato fedelissimo. E di Napoli, che ammalia, incanta, urla, ride e poi sa farti male.
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There are also documentaries with original and real pictures, or biographical films that tell the story of a character. There are many other popular genre films, ranging from action films, horror films, comedy films, romantic films, fantasy films, thriller films, drama films, science fiction films, crime films, documentaries and others.
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gregor-samsung · 5 months ago
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“ Il mondo di un bambino è fresco, nuovo e bellissimo, pieno di meraviglia ed eccitazione. È davvero una sfortuna che per la maggior parte di noi questa visione limpida, questo istinto autentico per ciò che è bello e ispira incanto, si oscuri fino a perdersi ancor prima di raggiungere l’età adulta. Se avessi un qualche influsso sulla fata buona che veglia sul battesimo di tutti i piccoli, chiederei che il suo dono per ogni bimbo del mondo fosse un senso di meraviglia così indistruttibile da durare tutta la vita, come antidoto infallibile contro la noia e il disincanto degli anni futuri, la sterile preoccupazione per cose che sono artificiali, l’alienazione dalle sorgenti della nostra forza. Se vogliamo che un bambino mantenga vivo questo senso innato di meraviglia – senza aspettarci un dono dalle fate – sarà necessaria la compagnia di almeno un adulto che possa condividerlo e riscoprire insieme a lui la gioia, l’eccitazione e il mistero del mondo in cui viviamo.
I genitori spesso provano un senso di inadeguatezza quando si trovano di fronte alla mente impaziente, sensibile, di un bambino da un lato, e dall’altro a un mondo dalla natura fisica tanto complessa, abitato da una vita così varia e strana che sembra impossibile sottometterla all’ordine e alla conoscenza. Abbattuti, esclamano: “Come posso insegnare a mio figlio qualcosa sulla natura? Non so neppure distinguere un uccello dall’altro!”. Credo sinceramente che per il bambino, e per il genitore che cerchi di guidarlo, conoscere non sia neanche lontanamente importante quanto sentire. Se le nozioni sono i semi che più avanti producono conoscenza e saggezza, le emozioni e le impressioni dei sensi sono il terreno fertile in cui quei semi devono crescere. Gli anni della prima infanzia sono il momento adatto per preparare il terreno. Quando le emozioni saranno state risvegliate – un senso di bellezza, l’eccitazione per ciò che è nuovo e sconosciuto, un sentimento di partecipazione, compassione, ammirazione o amore – allora sì che desidereremo conoscere l’oggetto della nostra risposta emotiva. Una volta trovato, il suo significato durerà per sempre. È più importante preparare il terreno perché il bambino abbia voglia di conoscere anziché nutrirlo di nozioni che non è ancora pronto ad assimilare. “
Rachel L. Carson, Brevi lezioni di meraviglia. Elogio della natura per genitori e figli, traduzione di Miriam Falconetti.
 NOTA: La citazione è tratta da un articolo apparso per la prima volta nel 1956 sulla rivista “Woman’s Home Companion” con il titolo Help Your Child to Wonder e poi pubblicato in volume da Harper nel 1965 (col titolo The Sense of Wonder). È il racconto intimo delle escursioni fatte in compagnia di Roger, il piccolo nipote di tre anni che in un’estate degli anni ‘50 le aveva fatto visita nella sua casa in riva all’oceano nel Maine.
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