#Claude Gervaise
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lesser-known-composers · 2 months ago
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att. Claude Gervaise (1525–1583) - 3ème livre de danseries» Allemande
Into the Winds :
Anabelle Guibeaud and Marion Le Moal : recorders
Rémi Lécorché : sackbut, Adrien Reboisson : bass dulcian
Laurent Sauron : drums
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musicwithoutborders · 1 year ago
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Claude Gervaise / Ensemble Musica Antiqua · Novus Brass Quartet Suite I . Pavane Passamaize I Claude Gervaise : Danceries (A quatre parties), 1997
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youngroyals-hc · 1 year ago
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Wille and Simon are at the castle their final night before returning to Hillerska after the Jubilee day speech and Wille takes Simon's hand and starts to direct him to a wing they haven't been to yet. Simon follows along a little bemused because Wille seems so intent, but they reach a door that Wille pushes open to reveal a beautiful Fazioli grand piano in an airy sitting room. Wille tugs Simon over to the piano stool and they sit together. Wille's gaze darts around before settling on Simon's gaze and asking "will you play the song for me?" And Simon says "you mean the one from the ball?" And Wille nods his head and Simon huffs out a little laugh and says "it's not very happy Wille" and he replies "I don't care, you wrote it about me. No one's ever done that before" so Simon sings it for him while Wille closes his eyes and gently sways. When he finishes Wille opens his eyes and grins, clapping for Simon who laughs and hides his head in Wille's shoulder. He sits up and looks at Wille and says "now you play something for me." And Wille groans a little and says "but you're so much better than me, I was just made to learn for ages because apparently that's something a prince has to do." And Simon says "well at least you can read music! Surely you can still remember something" and Wille looks a little nervous but nods and settled his hands over the keys. He plays Simon Poulenc, and his fingers are sure in the movement. Simon almost stops breathing from concentrating on the sound Wille makes. When the piece finishes he just turns to Wille and stares before gently shoving him and saying "what the fuck Wille I thought you said you weren't very good!" And Wille goes pink and says "I'm not, I don't have the music... In me like you do. I mean 11 years of learning and that's all I've got to show for it? You've never had one lesson and you write these incredible songs!" And Simon just has to laugh because he knows Wille won't change his mind. Instead, he turns and says "maybe we could write a song together? With your theory and my so called innate talent, we could be the new Leonard and McCartney!" And Wille just barks out a laugh and says "oh yeah, you really think so? Well guess we better get started!"
As they laugh and make up silly lyrics and melodies together, Kristina walks by and stops when she hears them. She pokes her head around to glance at Wille and Simon at the piano, smiling and teasing each other. Her façade drops slightly, seeing for the first time her son interacting with someone who wasn't Erik so carefree and brightly. Something clicks inside her, and she realises that Simon isn't going anywhere. This isn't some little sexual exploration that Wille would eventually grow out of. Her son was in love, and nothing would change that.
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paul-archibald · 7 months ago
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Paris Conservatoire
Created in 1795, the Paris Conservatoire is one of the world’s leading conservatoires and can boast an extraordinary roster of graduates, from Ravel to Boulez and Messiaen to Fauré.This highly competitive school offers specialised tuition and professional training at the highest level in music, dance, and sound technologies.The Paris Conservatoire’s annual concours (competitions have added a…
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tagitables · 8 months ago
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diceriadelluntore · 4 years ago
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Storia di Musica #134 - The Pentangle, Sweet Child, 1968
La musica folk britannica della fine degli anni ‘60 non è solo uno degli momenti musicali che amo di più, ma è a mio parere uno dei più alti picchi qualitativi della musica popolare del ‘900 europeo. Il folk britannico fu riacceso comunque dalla spinta di quello che Dylan in primis, insieme ad altri, aveva fatto per il folk americano: gruppi di musicisti favolosi iniziarono a scavare nel pozzo infinito delle ballad tradizionali britanniche, e non solo, riarrangiando, includendo momenti moderni, in un mix davvero favoloso. Verso la fine degli anni ‘60 due gruppi si contendevano lo scettro di band regina del folk: i Fairport Convention e i Pentangle. I primi virarono all'elettrificazione del folk, con risultati leggendari; oggi parlerò dei secondi, che rimasero fedeli alla natura acustica della loro musica, ma con risultati altrettanto straordinari. The Pentangle era il simbolo sullo scudo di Sir Gawain nell’epopea di Sir Gawain e il Cavaliere Verde (importante poema cavalleresco del XIV secolo con protagonista Galvano, un cavaliere della Tavola Rotonda di Re Artù). Questo simbolo affascinò molto John Renbourn, mago della chitarra acustica e del fingerpicking, che mise su una band di musicisti spettacolari nel 1967: Bert Jansch all’altra chitarra, che per fare un paragone sportivo è come quando Magic Johnson giocava nel Dream Team di basket con Michael Jordan, due giganti dello strumento, poi Terry Cox alla batteria e alle percussioni, Danny Thompson al contrabbasso e la voce splendida e magica di Jacqui McShee. Il pentangolo del nome valeva anche come idea di base della loro musica: ogni strumento e componente valeva per la stessa parte sul totale, con interscambi di voci e canti, con l’abilità strumentale altissima dei singoli elementi, per quello stile musicale che viene spesso chiamato folk baroque dato il mix tra elementi tradizionali e jazz, blues, momenti strumentali quasi proto-progressive. L’esordio è già magico: The Pentangle esce nel maggio del 1968 ed è un grande successo commerciale, trascinato da canzoni come Hear My Call (cover di una hit delle Staple Sisters), le proprie Bells e la spettacolare Pentangling, strumentali, e le prime riprese dalla tradizione folk. Nello stesso anno arriva il primo capolavoro, votato dalla BBC uno dei dischi inglesi più belli di sempre. Sweet Child ha in copertina una stella a cinque punte quasi psichedelica, opera di quel Sir Peter Blake che l’anno prima aveva creato la copertina mitica di Sgt. Pepper’s And Lonely Hearts Club Band dei Beatles. Il disco era originariamente un doppio LP, un disco dal vivo al Royal Festival Hall e uno in studio registrato agli IBC Studios di Londra. La versione che ho io aggiunge un altro disco di brani dal vivo e una di bonus track, per un totale di 33 brani, tutti gioiellini. La parte dal vivo è fantasmagorica: si parte con Market Song, scritta dal quintetto, per poi passare ad una prima serie di cover: il traditional No More My Lord, con un canto magistrale della McShee diviene un loro cavallo di battaglia, una cover di Turn On Your Money Green di Furry Lewis è il trampolino per contaminare di blues la loro musica, poi due riprese da Charles Mingus, Haitian Flight Song e la leggendaria Goodbye Porkpie Hat (con assolo di contrabbasso di Thompson) sono inframezzate da A Woman Like You, struggente canzone di Jansch cantata da Renbourn. Poi un autentico gemma: Three Dances racchiude tre ballate rinascimentali:  Brentzel Gay del compositore francese Claude Gervaise, un madrigale italiano del titolo La Rotta e The Earle of Salisbury del famoso compositore inglese William Byrd. Da ricordare lo stupendo strumentale No Exit, una sfida tra le chitarre di Jansch e Renbourn, la ripresa del classico di Anne Briggs The Time Has Come e la leggendaria Bruton Town, traditional murder ballad che racconta l’omicidio commesso da due fratelli del servo che corteggiava la loro nobile sorella. Nel bonus disc, la ripresa di Hear My Call, Bells e la stupenda Let No Man Steal Your Thyme, altro traditional della tradizione anglo-irlandese, un’allegoria della natura contro i falsi amori giovanili. Nel disco in studio, la meravigliosa Sweet Child che dà il titolo al disco, con il rincorrersi delle voci di Renbourn e della McShee, una delle loro canzoni più belle, Three Part Thing, In Your Mind, I’ve Got A Feeling (tutte loro composizioni) a cui si aggiungono altre due gemme della tradizione folk: Sovay, che è la storia di una giovane donna che si veste e si arma da bandito per mettere alla prova il suo corteggiatore. Sotto mentite spoglie deruba il suo corteggiatore di quasi tutti i suoi beni, ma anche sotto la minaccia di morte si rifiuta di rinunciare all'anello d'oro donato da Sovay, dimostrando così la sua devozione. Sovay successivamente confessa lo stratagemma al suo amante e restituisce i suoi vari beni, ammonendolo solo che se avesse davvero rinunciato all'anello, lei lo avrebbe ucciso (Sovay probabilmente è una variante di Sophie); The Trees They Grow So High, una delle traditional ballad più famose ancora adesso nei paesi anglofoni. Il disco capolavoro ha un seguito, di ancora miglior successo: Basket Of Light del 1969 è un altro disco suonato, cantato e prodotto con la classe più alta, e un brano, Light Flight, diviene famosissimo perchè era sigla del primo sceneggiato a colori della BBC, Take Three Girls. Da segnalare nel periodo d’oro anche la colonna sonora di un film particolarissimo, Tam Lin (1970), film di horror folk (sic) diretto da Roddy McDowall, famoso e prolifico attore inglese. Una band formidabile da riscoprire assolutamente.
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elcinelateleymickyandonie · 4 years ago
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Suzy Delair.
Filmografía
- A Caprice of Pompadour (Willy Wolff et Joë Hamman, 1931) - Une soubrette de la Pompadour
- Violetas imperiales (Henri Roussell), 1932)
- La dama de chez Maxim ( Alexander Korda ), 1933)
- Toquemos madera (1933) - La petite compagne d'amusement
- Professeur Cupidon (1933)
- Casanova (1934)
- Poliche (1934) - Une Danseuse (sin acreditar)
- La depresión ha terminado (Robert Siodmak, 1934)
- La crisis ha terminado (1934) - (sin acreditar)
- Dédé ( Abel Gance , 1934) - Poliche (sin acreditar)
- Oro en la calle (K. Bernhardt, 1934) - Madeleine - L'amie de Gaby
- Ferdinand le noceur (1935) - Madame Alice - Une prostituée de la maison close (sin acreditar)
- Les Sœurs Hortensias (1935) - Une femme au cabaret (sin acreditar)
- Prends la route (Jean Boyer, 1936)
- Trois Six Neuf (Raymond Rouleau, 1937)
- El último de los seis (Georges Lacombe, 1941) - Mila Malou
- El asesino vive en el número 21 (Henri-Georges Clouzot, 1942) - Mila Malou
- Défense d'aimer (Richard Pottier, 1942) Totte
- La Vie de Bohème (Marcel L'Herbier, 1945) - Phémie / Femia
- Confesiones de un pícaro (Jean Dréville, 1947) - Coralin–
- Quai des Orfèvres / Jenny Lamour (Henri-Georges Clouzot, 1947) - Jenny Lamour
- Par la fenêtre (Gilles Grangier, 1948) - Fernande
- White Paws (Jean Grémillon, 1949) - Odette Kerouan
- Estoy en la Revue (Mario Soldati, 1950) La Chanteuse
- Lady Paname (Henri Jeanson, 1950) - Raymonde Bosset, dite Caprice
- Lost Souvenirs (Christian-Jaque, 1950) - Suzy Henebey (episodio "Une couronne mortuaire")
- Utopía (Léo Joannon, 1951) - Chérie Lamour
- Volar en el ungüento (Guy Lefranc, 1955) - Lucette Gauthier
- Fernandel la modista (Jean Boyer, 1956) Adrienne Vignard
- Gervaise (René Clément, 1956) - Virginie Poisson
- Las regatas de San Francisco ( Claude Autant-Lara , 1960) - Lucilla
- Rocco ei suoi fratelli ("Rocco y sus hermanos", Luchino Visconti, 1960) - Luisa
- Du Mouron pour les petits oiseaux ("Alimento de gallinas para pajaritos", Marcel Carné , 1963) - Antoinette - La bouchère
- Paris brûle-t-il? (René Clément, 1966) - Una parisina (sin acreditar)
- Las locas aventuras del "rabino"Jacob (Gérard Oury, 1973) - Germaine Pivert
Olvídame, Mandoline (1976).
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Le mot de Diderot n°34 juillet 2020
C’est le dernier mot de Diderot avant la trêve estivale.
La librairie fermera ses portes le samedi 25 juillet et les rouvrira le mardi 18 août.
Pendant l’été vous avez toujours  la possibilité de participer à notre campagne de dons qui ne se terminera qu’au début du mois de septembre.
Une fois encore nous n’avons que peu d’initiatives à vous signaler car la reprogrammation de nombreuses rencontres est encore difficile à organiser.
Nous serons néanmoins présents à la traditionnelle fête des Ayres qui se tiendra le 23 août.  En septembre nous reprendrons le cycle des apéros littéraires au prolé le 3ème samedi de chaque mois à 11h00.
Nous travaillons avec nos partenaires habituels à concocter de belles surprises à la rentrée dont nous vous reparlerons en temps voulu.
Enfin, nous vous offrons une dernière nouvelle du concours Nîmes Noir 2020
Nous vous souhaitons de passer un bel été.
La sélection du mois
ROMAN –  Le pays des autres  –  Leila SLIMANI  -  éditions  Gallimard –  368 pages – 20 €
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Mathilde, jeune alsacienne, rencontre en 1944 Amine Bel Hadj, lieutenant marocain «engagé» (de force) sur le front de l’Est, dans le corps des Spahi. Ils vont se marier et elle va le suivre au Maroc où ils vont s’installer à Meknès sur les terres acquises par le père d’Amine, des terres ingrates qu’ils vont avoir toutes les peines du monde à fructifier. Les illusions d’Amine qui croyait avoir hérité de terres comparables à la Californie et celles de Mathilde qui se rêvait en Karen Blixen vont rapidement se fracasser contre la dure réalité de ce pays, protectorat français au bord de l’explosion indépendantiste. La description de la vie quotidienne dans ces années 50 , des hiérarchies insoutenables, de la condition des femmes et de la montée de l’aspiration nationaliste jusqu’à l’embrasement de 1956, constitue la toile de fond de ce premier volet d’une trilogie «Le Pays des autres». Leîla Slimani va faire intervenir de nombreux personnages dans la ville européenne, dans la médina, dans le bled aride, sans jamais prendre parti, mettant simplement en évidence leurs contradictions et leur complexité. Et une fois de plus ce sont les personnages féminins auxquels on va s’attacher particulièrement: Mathilde bien sûr, sa fille Aïcha, sa jeune belle-sœur Selma, sa belle-mère Mouilala, vivants témoignages de la triste condition des femmes qu’elles ne vont malheureusement pas remettre en cause.
L'histoire de ce couple franco-marocain, inspirée de la vie des grands-parents de l'autrice, est l'occasion de se plonger dans une vaste fresque historique, celle de la décolonisation du Maroc. Parallèlement, Leîla Slimani va observer toutes les complexités et les ambiguïtés de la relation d'assujettissement des locaux aux colons étrangers, mais aussi des femmes, ici doublement colonisées, à travers le joug français et celui des hommes, avec leurs aspirations et leurs désirs entravés, leurs joies et leurs peines, tout cela décrit sans aucun manichéisme. On est entraîné par des phrases souvent courtes et des images évocatrices, qui nous plongent dans l'atmosphère des lieux, du temps, et des gens. C’est un merveilleux et magnifique roman!
ROMAN –  Rhapsodie des oubliés  –  Sofia Aouine  -  Editions de la Martinière  –  208 pages – 18 €
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On est dans le 18ème arrondissement, pas à Montmartre en haut, mais en bas, dans la rue Léon, entre les stations Barbès, Château Rouge et Marcadet, ce qu’on appelle aussi le quartier de la Goutte-d’Or.« Ma rue raconte l'histoire du monde avec une odeur de poubelles. Elle s'appelle rue Léon, un nom de bon Français avec que des métèques et des visages bruns dedans ». C’est Abad, treize ans, dont les parents sont venus du Liban, qui raconte le quotidien de ce quartier, une vie d’ado avec tous les problèmes d’ado (alcool, drogue, sexe, violence...) aggravés par les conditions misérables de cette population.
C’est un premier roman percutant, écrit dans une langue explosive, un roman noir influencé par le hip-hop et la soul music (on trouvera d’ailleurs une «play list» à la fin du livre).En choisissant comme narrateur Abad, qui est aussi le personnage principal, Sofia Aouine, reporter radio de profession, nous fait entrer sans transition dans le vif du sujet en nous faisant partager ses pensées, ses sentiments, ses émois, ses révoltes. Sans tomber dans la caricature, rien ne nous sera épargné des confrontations de Abad avec de multiples personnages aux surnoms pittoresques qu’ils soient de sinistres exploiteurs de la détresse des gens de ce quartier ou heureusement des personnes attachantes qui se trouvent être, une fois de plus, des femmes puissantes qui, chacune à sa manière, vont apporter un peu d’espoir à Abad. Ainsi Batman, jeune femme en hijab, dont il tombera éperdument amoureux, Gervaise, jeune congolaise obligée à se prostituer dans l’espoir de retrouver sa petite fille Nana restée au Congo , la vieille voisine Odette qui va suppléer une famille défaillante, la psychologue Ethel Futterman surnommée «la dame de l’ouvrir dedans», avec au passage des clins d’œil à Zola pour certains personnages et au Doinel des «400 coups» de Truffaut pour la ressemblance avec Abad. Un premier roman beau et fort pour l’évocation d’un quartier haut en couleurs, roman couronné du «Prix de Flore 2019». 
ROMAN –  La commode aux tiroirs – Olivia RUIZ  -  Editions Jean Claude LATTES  – 208  pages – 19,90 €
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Une jeune femme hérite d'une commode aux dix tiroirs qui a nourri les fantasmes de son enfance. C'était interdiction de l'ouvrir pour les enfants ! Avec sa fille Nina, elle ouvre avec émotion les tiroirs et nous fait revivre la vie de Rita son Abuela (grand-mère) et dévoile les secrets qui ont scellé le destin de quatre générations de « femmes indomptables » Rita, Leoner, Carmen, Madrina vont nous faire traverser avec passion, amour, dureté ces temps-là et la vie. Elles iront toujours de l'avant !
Avec les hommes, Rafael l'amour de la vie de Rita, mort dans des conditions atroces en retournant en Espagne pour renverser Franco. Mais aussi Adré, Maisel, des hommes de cette époque.
La commode et Rita « réveillent un bout de vie ».
Nous connaissons la compositrice, l'interprète. Nous découvrons l'auteure pour un premier roman.
Ce livre nous parle de l'exil, de combats de femmes, d'amour, de tristesse. Au fil des pages nous sommes en Espagne, Toulouse, Narbonne...
Elle porte l'Espagne et nous percevons que ce livre est en elle depuis longtemps. Nous partageons le silence familial de la terrible histoire espagnole, que le franquisme a imposé durant plusieurs décennies à ce peuple. L'écriture libère et Olivia Ruiz fait référence à Boris Cyrulnik qui dans ses ouvrages travaille « la mécanique de reconstruction psychologique ». D'une nouvelle, elle en fait un roman profond sur l'histoire de femmes qui combattent pour leur liberté.
Un magnifique roman, d'une grande sensibilité. Ne passez à côté de ce livre !
JEUNESSE
La belle équipée, Sophie Vissière, Hélium, 17,90€
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Au centre de vacances, une sortie en canoë est prévue mais pas pour Marthe, Charlie et Adama qui en sont privés. Ils ont été surpris en pleine bataille de boulette de pain!!!
Triste de ne pas pouvoir y participer les trois enfants s'ennuient. Mais très vite des idées pour s'occuper apparaissent. Débordant d'imagination ils décident de construire un bateau pour prendre le large et réfléchissent à quoi il pourrait ressembler.  Ils établissent la liste des objets nécessaires à la construction du bateau et chacun part à leur recherche, d'abord à trois, puis à deux ou tout seul... Mais ensemble c'est mieux. Ce bel album aux illustrions entièrement réalisées au pochoir, épurées et poétique nous montre chaque étapes des enfants dans leur recherche et la construction et nous renvoie au dernier chapitre "ensemble c'est mieux". Marthe, Charlie et Adama sont prêts pour l'aventure!
Une véritable ode au partage, à l'amitié et à l'imagination qui permet d'accomplir de belles choses. Voici une belle équipée que nous offre Sophie Vissière pour cet été!!!
Le grand voyage d'une Hirondelle : journal d'un oiseau migrateur, Pavel Kvartalnov ; ill. Olga, Ptashnik, Rue du monde, 18€
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Pendant l'été les hirondelles sont là, avec nous en Europe. C'est le cas de la narratrice qui a vu le jour un 26 mai en Irlande avec ses frères et sœurs. A partir de là, l'hirondelle va nous expliquer dans un journal de bord comment elle est naît, comment et pourquoi elle s'envole vers d'autres horizons. C'est le récit de sa migration qu'elle nous conte, les paysages qu'elle traverse et voit du ciel, la traversée de la mer, la route pour l'Afrique, les autres oiseaux qu'elle rencontre jusqu'à l'endroit où elle et sa famille passeront l'hiver. Et le printemps d'après refaire le voyage pour revenir en Europe mais pas forcément dans le pays de sa naissance !
Rue du monde nous offre une nouvelle fois un magnifique album – documentaire – carnet de voyage, signé par un ornithologue. Les illustrations sont tendres et poétique, nous invitant à faire le voyage avec l'hirondelle qui à travers son observation de la nature nous documente sur l'utilité des plumes. C'est aussi un album sur la différence et le vivre ensemble à travers les diverses espèces d'oiseaux rencontrés qui comme l'hirondelle peuvent migrer où bien rester sur place !
Sans nul doute un album à mettre dans toutes les mains, petites ou grandes !
La collection TotemKili, Rue du Monde, 7,80€
Souvent publiés en format album quelques années auparavant, cette collection  propose des courtes histoires aux enfants qui commencent à lire tout seuls (6-9ans). Un lien entre l'album et le roman. A la fin de chaque ouvrage on trouve « l'atelier des infos » avec des informations et des commentaires sur la thématique de l'histoire.
Dans On lit trop dans ce pays de Daniel Picouly et Pef aux illustrations, le dossier éclaire sur le thème du livre (l'imprimerie, les bibliothèques, le pouvoir de lire, l'illettrisme, le bonheur de lire...).
Donc en plus d'avoir une belle histoire, c'est aussi un lien avec le savoir.
Déjà 8 titres parus en 2019, cette année TotemKili reviens cette année avec 6 nouveaux titres :
On lit Trop dans ce pays, Daniel Piccouly et PeF
Machin Truc-Chouette, Hubert Ben Kemoun et Véronique Joffre
Scoop !,  Gianni Rodari et Pef
Le courage de Nao, Michel Piquemal et Zaü
Ben et le loup, Raphaelle Frier et Loren Larnicol
Le jour où j'ai habité dans la jungle, Alain Serres et Anna Griot
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De plus pour la 17ième année Rue du Monde participe à « l'été des bouquins solidaires », une opération qui doit permettre d'offrir un livre à des milliers d'enfants "oubliés des vacances" via le Secours populaire français (SPF). En achetant un de ces 6 titres, vous permettrez aux enfants « Oubliés des vacances » d'avoir un livre. En raison de la situation sanitaire, le SPF a dû renoncer cette année à organiser sa traditionnelle "Journée des oubliés des vacances" au bord de la mer qui est habituellement l'occasion de remettre des livres aux enfants. A la place, il y aura des centaines de "Journées Bonheurs" organisées à travers le pays (avec visites culturelles, spectacles, journées avec des sportifs, grands jeux...).
Bel été et belles lectures aux petits et aux grands !
Nouvelle
Vive le foot
Jérôme VARRAUT
Dimanche 15 juillet 2018
Mais quel con je suis ! Je l’avais dit depuis des mois à tous mes potes, le 15 juillet sera un jour mémorable. Oui, mais je ne pensais pas que ce serait à ce point-là. Et surtout ce qui est encore plus con c’est que moi je m’en souviendrai pas car je vais mourir dans pas longtemps.  Mais putain qu’est-ce que j’ai mal. J’ai rien compris et je comprends toujours pas, faut dire aussi que je souffre tellement que ça  m’aide pas à y voir clair.
Je sais qu’il était un peu avant seize heures. J’ai fait une sieste après manger ce midi car je savais que la fête allait durer après le match. J’avais rendez-vous avec les copains pour voir le match dans le jardin du Prolé. On va gagner c’est sûr, c’est pas les croates qui vont nous gâcher la fête.  
On a sonné à ma porte, j’ai pensé que c’était un copain qui venait me chercher, alors j’ai ouvert sans me méfier. J’aurai dû. J’ai pris un pain dans la gueule, d’une violence inouïe et je me suis retrouvé KO. Quand je suis revenu à moi, j’étais attaché sur une chaise et y’avait ce type bizarre qui me regardait en se marrant. Je le connais pas ce con, qu’est-ce qu’il me veut et qu’est-ce qu’il fout chez moi ? D’une voix douce il m’a expliqué qu’il ne me connaissait pas, qu’il ne m’avait jamais vu avant que j’ouvre la porte et qu’il n’a rien contre moi, mais que c’est pas de sa faute si j’habite aussi près du Prolé.
Tu sais que la cour va être pleine et qu’ils vont crier, parler fort, gueuler comme des veaux ces imbéciles qu’il m’a dit. Et il a ajouté alors tu pourras gueuler autant que tu veux, personne ne t’entendra et si on t’entend on croira que t’es un putain de bon supporter.
Là il a commencé à m’inquiéter et j’avais pas tort. D’abord il m’a expliqué que c’était pas un coup de poing que j’avais reçu dans la tronche, mais un coup de marteau de trois kilos qui m’avait atteint à la tempe.  
Tu risques d’avoir mal à la tête, mais ça va pas durer parce qu’après  tu auras encore plus mal ailleurs. La bande de scotch qu’il m’a collé sur la bouche m’empêchait de parler, mais je devais avoir un regard très expressif car il m’a dit «  Bon écoute bien je vais tout t’expliquer, je sais que tu le répéteras pas. » Je suis pas trouillard, mais là quand même je commençais à avoir les foies.  La baston en général ça me déplait pas et je tiens bien ma place. Au stade quand on se castagne avec les supporters des autres, je suis pas ridicule, mais là il m’a eu par surprise. A la loyale il avait aucune chance, je l’aurai étalé tranquillement cet avorton. Mais son putain de coup de marteau m’a cueilli à froid et j’ai pas pu réagir. Je viens seulement de m’apercevoir qu’il a allumé la télé et qu’il a mis le son très fort. Si j’arrive bien à lire sur l’écran on est à la vingtième minute et on mène déjà 1-0.  C’est bon ça, mais ça veut dire que j’ai été dans le coltar pendant une vingtaine de minutes, tu m’étonnes que j’ai mal.
Ensuite il m’a dit qu’il allait me faire une fleur et qu’il allait tout me raconter, comme ça je mourrai moins bête qu’il a ajouté. Finalement j’aurai préféré qu’il me raconte rien parce que pour le coup il m’a fait fouetter. J’ai compris que j’allai en chier pendant un bon moment et qu’il n’y aurait pas d’issue autre que la mort.
Sa femme a été violée par son patron, depuis elle est complètement renfermée sur elle-même, elle ne sort plus de chez elle, elle ne parle presque plus. Elle refuse qu’on la regarde et encore moins qu’on la touche et lui ça le rend fou. Elle n’a pas voulu qu’on la prenne en charge dans un service spécialisé et personne ne peut l’y obliger. Elle a porté plainte, mais elle n’a jamais pu prouver que c’était un viol. Toutes les nanas qui ont bossé pour lui ont dit que c’était un sacré séducteur, qu’il avait couché avec toutes, mais qu’il n’avait jamais usé de violence ni de menaces. Y’en a même une ou deux qui ont reconnu qu’il avait essayé avec elles, qu’elles avaient refusé et que c’était pas allé plus loin. Son avocat a été bon sur le coup et le juge a dit qu’il n’y avait aucune preuve et que le bénéfice du doute devait profiter à l’accusé. Alors il a été remis en liberté ce salaud. Elle ne s’est jamais remise de ça et le jugement a fini de la détruire complètement. En plus, elle a fait l’erreur de lui envoyer un texto juste après le viol en disant seulement « maintenant tu vas payer ». C’était pas malin et l’avocat en a profité pour dire qu’elle essayait peut être de le faire chanter. C’est après le texto qu’elle a porté plainte. Depuis elle ne tient qu’avec des médicaments qui l’abrutissent complètement. Elle passe ses journées à dormir et à pleurer. « Je suis le seul à la croire, je sais qu’elle ne ment pas, mais elle a subi le viol et elle est détruite alors que la salaud de pourri qui a fait ça se balade en ville. »
A la fin de son histoire il m’a dit que c’était le patron qu’il voulait buter, mais qu’il voulait pas aller en taule pour ça. « Alors j’ai eu l’idée du sérial killer, je vais descendre trois ou quatre gars comme toi, de la même manière et lui ce sera le cinquième. Les flics ne penseront pas à un règlement de compte, ils le rangeront dans la catégorie des victimes du serial killer. » Alors comme il faut bien commencer, c’est sur moi que c’est tombé, parce que j’habite à côté du jardin du Prolé et parce que c’est la finale de la coupe du monde et qu’il va y avoir du bruit. Il a précisé, tu te rends compte, la Belgique aurait gagné il ne te serait rien arrivé. Et il a ajouté : «  et pourtant t’étais content hein abruti de footeux. » Non mais quelle merde, comment c’est possible ça, j’y crois pas.
Puis d’un seul coup, y’a plus de bruit dans la cour, les croates viennent d’égaliser. Ça fout ses plans en l’air, si c’est le silence il va pas pouvoir continuer. Je vais peut-être rester en vie juste si la France perd. Pourvu qu’on perde, …la peur de mourir et de souffrir ça fait voir les choses autrement. Je me souviens qu’un jour j’ai dit que je voulais bien crever après avoir vu la France championne du monde. C’est complètement con comme idée. Je vois bien qu’il avait pas prévu ça, ça l’emmerde. « Bon je vais commencer à préparer tranquillement mon matériel, j’ai confiance en eux » qu’il a cru bon de dire. Je l’ai vu sortir une grosse bouteille remplie d’eau. Enfin ça m’étonnerait que ce soit de l’eau, mais ça y ressemble beaucoup. Il y a un bouchon de liège sur le goulot et un petit tuyau passe au travers, comme pour faire une perfusion. Après il est parti dans la cuisine, et il est revenu avec un seau rempli d’eau. Là je suis certain que c’est de l’eau, j’ai entendu couler le robinet. Ensuite il a sorti un cutter de sa poche et il s’est mis à découper mon pantalon et mon slip, très délicatement, j’ai pas une égratignure. Je me suis retrouvé à moitié à poil sur la chaise, juste un T shirt sur les épaules. Et puis là, une grande clameur dans le jardin, j’ai regardé la télé, un pénalty pour nous… Putain ce con il a marqué, je vous dis pas la fête chez les copains d‘en bas. Il a eu l’air satisfait, il me l’a dit, « c’est bien la première fois que je suis content de voir la France marquer, d’habitude je m’en fous royalement. »
Bon maintenant on va passer aux choses sérieuses qu’il a dit, faut battre le fer tant qu’il est chaud. Il a incliné la chaise en arrière, j’étais comme allongé et il  a sorti de sa poche une petite bouteille d’essence pour briquet et il m’en a aspergé les couilles copieusement. Ensuite il m’a dit « ça risque d’ être un peu chaud » et il a craqué une allumette. Là j’ai vu le feu de développer autour de mes couilles et de ma bite. La douleur a été quasiment instantanée et je peux vous garantir que ça fait vachement mal. Pendant ce temps-là il trempait un torchon dans l’eau et arrosait mon ventre et mes cuisses pour que le feu ne s’étende pas. Mes poils étaient partis en premier et maintenant je voyais les chairs qui brulaient. Le bâillon m’interdisait de gueuler et j’étais tellement bien ligoté que je ne pouvais pas bouger. Au bout d’un moment qui m’a paru très long, il a éteint le feu en jetant le reste du seau d’eau. Ça ne brulait plus, mais la douleur ne s’est pas arrêtée pour autant, au contraire elle devenait de plus en plus violente. « Tu vois je parie que t’as plus mal à la tête » qu’il a dit. Ça sentait bien le cramé, mais pas au point d’alerter le voisinage. Je ne me suis pas évanoui et il m’en a remercié parce qu’il était pas sûr qu’on pouvait résister à ça très longtemps. « La prochaine fois j’essaierai de faire un peu plus long. T’inquiètes pas je vais m’améliorer et quand ce sera le tour de ce pourri, je serais au point et il saura ce que jouir veut dire. Lui, j’ai prévu de le faire trainer plusieurs jours. Tu vois normalement je voulais faire encore quelques petits trucs, couper un doigt, arracher des ongles, mais j’ai peur de pas avoir assez de temps aujourd’hui. Alors pour toi, je vais abréger. Non, non ne te méprends pas, tu vas mourir mais plus vite que les autres. Sois content, tu as une prime à la première. Ce ne sera pas le cas des autres. » Ensuite il a fait glisser la chaise jusqu’à mon lit et il l’a fait basculer sur les draps. J’avais le dos sur le lit et les jambes en l’air. Il a pris des sangles avec lesquelles il m’a attaché avec la chaise sur le lit. J’étais ficelé comme un rôti et je ne pouvais pas bouger du tout, même pas me faire rouler sur le côté. Il a enfilé la grosse bouteille dans une espèce de filet à patates et l’a accroché au plafond au dessus de moi, le goulot en bas. Il a bricolé pour faire ce qu’il voulait, elle n’était jamais au bon endroit. Le tuyau faisait comme un goutte à goutte. Sauf que la goutte qui tombait c’était pas de l’eau, mais un acide qu’il m’a dit. J’ai pas retenu le nom, faut dire que je commence à être dans les vapes. Quand il a réussi à bien caler tout son matériel, la goutte tombait pile poil dans mon nombril. Je ne sais pas ce que c’est comme acide, mais c’est du bon. Chaque goutte qui tombe m’inflige une brulure de plus en plus forte. Puis surtout je sais que la prochaine goutte va venir dans huit secondes exactement, j’ai eu le temps de compter. C’est insupportable, physiquement et moralement. Il m’a dit que la bouteille faisait trois litres et que normalement avant la fin du premier litre, la peau de mon ventre devrait être totalement dissoute et que ça irait beaucoup plus vite pour les intestins. La seule chose dont il fallait que je sois conscient c’est que j’allais mourir en souffrant. Il avait presque l’air désolé que ça tombe sur moi, parce que je lui semblais être un garçon sympathique et attachant. Mais aussi, pourquoi est-ce que j’aimais le foot. « Il fait beau aujourd’hui, t’aurais dû aller à la plage. T’en aurais profité, mais comme un imbécile t’as voulu voir le match de foot ». Il a même dit que « c’est d’autant plus con que je ne sais même pas si tu aimes vraiment ça, tu n’as pratiquement pas regardé la télé et pourtant maintenant on mène 4 à 1. Autant dire que c’est plié. On est champion du monde, c’est bien hein. Tu vas fêter ça ? »,  a-t-il cru bon d’ajouter en rigolant. Maintenant les gouttes d’acide débordaient de mon nombril et s’écoulaient sur mon ventre, me faisant endurer l’horreur de la douleur insoutenable.
« Tu ne m’en voudras pas si je ne reste pas avec toi jusqu’à la fin du match, je n’aime pas le football. » Il a rangé le matériel dont il n’avait plus besoin, a éteint la télé et est parti en me faisant un petit clin d’œil, presque comme si on avait été complice d’une bonne farce. J’étais sur mon lit, incapable de parler, de crier, de bouger. Tout mon corps n’était plus qu’une douleur immense, ma tête, mon sexe, mon ventre se disputaient tour à tour la première place sur l’échelle de mon calvaire. Putain mais j’ai rien fait moi, je voulais juste regarder un match de foot avec des copains. J’ai rien à voir moi avec son histoire de vengeance… Putain de merde, j’ai mal, qu’est ce qui m’est arrivé, j’ai très mal. Pourquoi moi, je me sens pas bien du tout, c’est pas normal, je…..
Lundi 16 juillet 2018.
Après le grand titre sur les Champions du monde, le quotidien régional racontait la liesse dans les rues de la ville, sauf dans la rue porte de France, derrière le Prolé. Un automobiliste a fauché un homme qui sortait précipitamment d’un immeuble. L’homme tenait un lourd marteau dans les mains. Sous le choc ce marteau a été projeté en hauteur et est retombé sur la tête du malheureux qui n’a pas survécu à ses blessures.
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bruhsauraus · 6 years ago
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8 HOURS Classical Music for Sleeping: Relaxing Piano Music Mozart, Debussy, Chopin, Schubert, Grieg
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8 HOURS Classical Music for Sleeping, Deep Relaxation, Concentration, Bedtime Music, Baby Sleep Piano: Carlo Balzaretti
(00:00) Chopin : Nocturnes, Op. 9: No. 2 in E-Flat Major, Andante (Modern Piano Diapason 440 Hz) (05:01) Debussy : Suite bergamasque, L. 75: No. 3, Clair de lune (10:20) Debussy: Ballade, L. 70 (17:20) Sakamoto: Piano Collection “BTTB” (“Back to the basics”): Aqua, Untitled (24:38) Debussy: La plus que lente, L. 121 (28:22) Mozart: Piano Sonata No. 17 in B-Flat Major, K. 570: II. Adagio (35:28) Schubert : Piano Sonata No. 13 in A Major, Op. 120, D. 664: II. Andante (39:48) Debussy : Rêverie, L. 68 (44:00) Mozart : Piano Sonata No. 16 in C Major, K. 545 “For Beginners”: II. Andante (48:04) Chopin : Nocturnes, Op. 9: No. 2 in E-Flat Major, Andante (Piano Pleyel 1835 Diapason 415 Hz) (52:18) Grieg: Arietta op.12 (53:26) Grieg: An der Wiege op.68 n.5 (55:35) Grieg: Es war einmal op.71 n.1 (58:35) Grieg: An der Frühlings op. 43 n.6 (01:01:25) Grieg: Notturno op. 54 n.4 (01:04:57) Grieg: Heimweh op.57 n.6 (09:14) Grieg: Aus jungen Tagen op.65 n.1 (01:13:24) Grieg: Lied des Bauern op.65 n.2 (01:14:50) Grieg: Zu deinen Füßen op.68 n.3 (01:17:38) Grieg: Nachklänge op71 n.5 (01:20:07) Ravel: Pavane pour une infante défunte, M. 19 (01:25:16) Ambrosi: Pavana lunare (01:32:09) Poulenc: Suite française d’après Claude Gervaise, FP 80: No. 2, Pavane
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lesser-known-composers · 2 months ago
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Claude Gervaise (1525–1583)
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musicwithoutborders · 2 years ago
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Claude Gervaise / Novus Brass Quartet,  Suite I.Pavane Passamaize I  Danceries (A quatre parties),1997
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moonraccoon-exe · 8 years ago
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10 song shuffle: tag game
10 Song Shuffle :: Tag Game
Thank you, @too-much-never-enough for the tag! <3
Instructions: Put your music on shuffle and list the first ten songs to play.
My tagger had the great idea of linking to songs, so may as well be stealing that idea too for anyone curious. I found great things in hers, so I hope my results are enjoyable too for any curious reading this :)
SET ONE 
Mia & Sebastian Theme - Justin Hurwitz (wtf did this have to pop up and why in number one, ahaha, I’m a bit embarrassed but I love this movie’s music to bits >///<)
Second Harmony - Ian Taylor (yay childhood!)
Get Busy Living or Get Busy Dying - Fall Out Boy
Crazy - Aerosmith
The Day as Heaven Wept - Haggard (jesuschrist asjosdg <3)
Chapter One: Tales of Ithiria - Haggard (jesusmotherfuckingchrist <333)
D’Jinn’s Curse - Nobuo Uematsu
Sword Art Online Opening (this list is making me look nerdier than I am)
Suite I - Claude Gervaise 
Inis Mona - Eluveitie (jesusholymothechrist <3)
...
I swear this is not what all my setlist looks like
I’m a bit embarrassed right now aksjfslkdj
Tagging…
Hmm...I shall go with @vinsmoke03 @obsessivetrashblog and @kwpn93 @asoeiki @prompto-cam @arora-kayd and @poisonous-panda bc you guys are usually in my activity board and that’s hella cool, and ofc my dear pal @vanillatumbleweedscoffee and whoever else wants to do this :3
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laurent-bigot · 6 years ago
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Deux ans après leur première collaboration pour Les Bas-fonds, Gabin et Renoir se retrouvent pour porter à l’écran le roman d’Émile Zola. À la fois drame social et romance tragique, La Bête humaine s’avérera l’un des chefs-d’œuvre de l’immédiat avant-guerre. 
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LA BÊTE HUMAINE – Julien Duvivier (1938) avec Jean Gabin, Simone Simon, Fernand Ledoux, Julien Carette
À tous points de vue, la sortie en 1938 de La Bête humaine, film de Jean Renoir interprété par Jean Gabin, représente un coup de tonnerre dans le ciel relativement paisible du cinéma français. Là où d’autres réalisent des romances légères destinées à divertir les foules sans trop les bousculer, Renoir décide d’adapter l’un des romans les plus violents d’Émile Zola. Et son intention n’est pas du tout d’en édulcorer l’intrigue, en jouant sur la distance qu’amène naturellement une reconstitution historique. Le cinéaste choisit au contraire d’actualiser l’histoire, et de l’ancrer dans un contexte non seulement réaliste, mais populaire, afin que le spectateur puisse s’identifier aux drames vécus par les personnages. [Collection Gabin – Eric Quéméré – janvier 2006]
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LA BÊTE HUMAINE – Julien Duvivier (1938) avec Jean Gabin, Simone Simon, Fernand Ledoux, Julien Carette
C’est en cela que le jeu de Gabin va convenir à merveille à La Bête humaine, accentuant encore la sobriété habituelle de son interprétation, l’acteur va camper dans le film un Lantier “plus vrai que nature ”, créant sur le public un effet saisissant. De même, la conception très moderne qu’a Gabin de son métier lui fait accepter, malgré son statut de star, de prendre des risques non seulement en termes d’image (son personnage ici n’a rien du héros romantique en vogue à l’époque), mais même en termes de sécurité : le fait de tourner dans une locomotive en marche demande à la fois une grande souplesse dans la technique d’acteur, et un vrai courage sur le plan physique… C’est assurément cette audace de Gabin, et tout ce qu’elle a permis à Renoir en matière de réalisation, qui a contribué à faire de La bête humaine un tel chef-d’œuvre. [Collection Gabin – Eric Quéméré – janvier 2006]
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LA BÊTE HUMAINE – Julien Duvivier (1938) avec Jean Gabin, Simone Simon, Fernand Ledoux, Julien Carette
Alors qu’il vient tout juste de célébrer dans La Marseillaise l’hymne né de la Révolution de 1789, le cinéaste Jean Renoir s’attaque en 1938 à un autre “monument” en adaptant La Bête humaine, fleuron du roman français. Renoir admire depuis longtemps le cycle consacré par Zola à la famille des Rougon-Macquart : l’intrigue de La Bête humaine est centrée sur la figure du cheminot Jacques Lantier, fils de Gervaise, l’héroïne malheureuse de L’Assommoir, et frère d’Etienne Lantier, dont la vie est décrite dans Germinal. Mêlant une description minutieuse du monde ouvrier à un regard plein d’humanité, l’œuvre de Zola rejoint parfaitement les idéaux progressistes du réalisateur, tout comme les aspirations soulevées deux ans plus tôt par le Front populaire. [Collection Gabin – Eric Quéméré – janvier 2006]
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LA BÊTE HUMAINE – Julien Duvivier (1938) avec Jean Gabin, Simone Simon, Fernand Ledoux, Julien Carette
Pour autant, Renoir ne respecte pas à la lettre l’intrigue touffue du roman : non seulement il la recentre sur le personnage de Jacques, mais il lui fait subir des changements. Ainsi, ce n’est plus de l’extérieur du convoi que Jacques aperçoit le meurtre initial, mais dans le train lui-même, étant ainsi déjà “embarqué” dans l’affaire ; et Renoir n’hésite pas à créer de toutes pièces la scène du bal des cheminots. Des modifications qui feront déclarer au grand critique André Bazin : « Dans l’ensemble, Renoir a simplifié et dramatisé judicieusement le récit à partir des normes du cinéma, et le résultat est meilleur que le roman ». [Collection Gabin – Eric Quéméré – janvier 2006]
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LA BÊTE HUMAINE – Julien Duvivier (1938) avec Jean Gabin, Simone Simon, Fernand Ledoux, Julien Carette
Fidèle à la fois à l’esprit de Zola et à ses propres conceptions en matière de mise en scène, Renoir décide de tourner La Bête humaine avec un maximum de réalisme. Pour les nombreuses scènes ayant pour décor la locomotive, il refuse notamment d’avoir recours à la technique des transparences, qui consiste à filmer les acteurs devant un écran où défilent des images filmées au préalable (seule la scène finale, trop dangereuse, sera filmée de cette façon). Le réalisateur obtient donc de la SNCF l’autorisation de tourner sur un tronçon de voie ferrée d’une dizaine de kilomètres, et y installe un véritable studio ferroviaire : à la locomotive, qui sert aussi de plateau de tournage, s’ajoutent deux wagons, l’un pour le groupe électrogène nécessaire aux projecteurs, l’autre pour la loge maquillage – du jamais vu ! [Collection Gabin – Eric Quéméré – janvier 2006]
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LA BÊTE HUMAINE – Julien Duvivier (1938) avec Jean Gabin, Simone Simon, Fernand Ledoux, Julien Carette
Mais cette manière de tourner n’est pas sans danger : lors des scènes où le train est lancé à toute allure, Renoir doit à plusieurs reprises agripper son chef-opérateur Curt Courant qui, du fait de son poids plume, manque d’être happé par le vent. Quant à la plateforme installée sur le côté de la locomotive afin d’y fixer la caméra, elle sera un jour arrachée à l’entrée d’un tunnel – le caméraman Claude Renoir, neveu du cinéaste, s’en sortant indemne par miracle… [Collection Gabin – Eric Quéméré – janvier 2006]
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LA BÊTE HUMAINE – Julien Duvivier (1938) avec Jean Gabin, Simone Simon, Fernand Ledoux, Julien Carette
Mais ce n’est évidemment pas par goût de l’exploit que Renoir tient à travailler de manière aussi périlleuse : selon lui, le film gagnera ainsi en force expressive. À sa demande, les acteurs se plongent d’ailleurs dans la réalité de leurs personnages. Aidés par les cheminots du Havre, Jean Gabin et Julien Curette apprennent tous les gestes des mécaniciens, et ce sont vraiment eux qui conduisent la locomotive du film. De son côté, Fernand Ledoux a passé des heures à observer le travail des chefs de gare. [Collection Gabin – Eric Quéméré – janvier 2006]
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LA BÊTE HUMAINE – Julien Duvivier (1938) avec Jean Gabin, Simone Simon, Fernand Ledoux, Julien Carette
Même Simone Simon, star sophistiquée revenue d’Hollywood pour l’occasion, bénéficie de cette atmosphère d’authenticité : dans le rôle de Séverine, elle donnera tort à tous ceux qui déconseillaient à Renoir de l’engager, sous prétexte que son registre se limitait aux comédies légères. Mais, évidemment, la prestation la plus marquante du film l’est celle que livre Gabin. Renoir lui-même la saluera par ces mots : « Être tragique au sens classique du mot, et cela en restant coiffé d’une casquette, vêtu d’un bleu de mécanicien et en parlant comme tout le monde, c’est un tour de force que Gabin a accompli en jouant le rôle de Jacques Lantier dans La Bête humaine ». [Collection Gabin – Eric Quéméré – janvier 2006]
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LA BÊTE HUMAINE – Julien Duvivier (1938) avec Jean Gabin, Simone Simon, Fernand Ledoux, Julien Carette
Dans La Bête humaine, Renoir assimile Zola et le dépasse par la perspicacité de son analyse sociale. Jamais, peut-être, les mécanismes de classe n’auront été mis à nu avec autant de clarté. Cabuche et Roubaud sont les victimes désignées de deux faits apparemment aléatoires : l’irrespect d’un règlement somme toute bien banal ; la colère d’un homme passionné et sincère. Ces deux faits demeurent inséparables du poids de la hiérarchie et de l’idéologie sociales. Les gens de pouvoir peuvent casser la carrière d’un homme trop respectueux de la loi ; la justice ne se fonde pas sur des “preuves” mais sur les apparences, autrement dit sur la supériorité de nature spontanément accordée à la personne d’un dignitaire contre celle d’un chemineau. [Jean Renoir – Daniel Serceau – Filmo n°12, Edilio (1985)]
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LA BÊTE HUMAINE – Julien Duvivier (1938) avec Jean Gabin, Simone Simon, Fernand Ledoux, Julien Carette
Tout se joue sur le hasard ; c’est le hasard qui fait le “destin”. Il n’est pas surprenant que Lang ait fait un remake de ce film. Un événement fortuit et en apparence dérisoire décide de la vie d’un homme et emporte tout sur son passage. Un mot éveille des passions destructrices. Le bonheur radieux d’un couple, en apparence idyllique, verse dans l’enfer et pour finir dans la mort. L’impossibilité de l’amour, tel est donc le constat de ce film. 1938, le Front populaire est un échec. Renoir inscrit dans une fiction en apparence purement circonstancielle le bilan de quelques années d’espérances désormais révolues. Grandmorin, ce voleur d’âme et de corps, peut subir la “justice populaire” d’un homme blessé dans son orgueil et son besoin de tendresse presque naïf, la classe dominante s’en tire la tête haute. Les victimes deviennent leurs propres bourreaux. Roubaud salit son épouse et se corrompt avec elle ; Séverine entraîne son amant dans cette basse besogne. Le personnage de Jacques Lantier porte à lui seul tout le désastre de ce film : le conducteur hier attaché à sa locomotive comme à une maîtresse se tue de ne pouvoir aimer. [Jean Renoir – Daniel Serceau – Filmo n°12, Edilio (1985)]
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LA BÊTE HUMAINE – Julien Duvivier (1938) avec Jean Gabin, Simone Simon, Fernand Ledoux, Julien Carette
La mise en scène est d’une constante sobriété. Seuls Le Testament du docteur Cordelier et Le Caporal ��pinglé retrouveront cette froide maîtrise d’un découpage entièrement soumis aux besoins du discours. Mais Renoir ne perd rien de sa liberté. Son affection pour ses personnages, et leurs vibrations amoureuses, de savantes respirations aux allures de fête donnent à son film cette apparence de pris sur le vif dont Renoir est avec Rossellini le maître incontestable. Un auteur peut alors s’affirmer sur le canevas proposé par un autre. N’est-ce pas le secret de toute adaptation ? [Jean Renoir – Daniel Serceau – Filmo n°12, Edilio (1985)]
ON SET – LA BÊTE HUMAINE – Julien Duvivier (1938)
ON SET – LA BÊTE HUMAINE – Julien Duvivier (1938)
Séance photo pour Jean Gabin, LA BÊTE HUMAINE – Julien Duvivier (1938)
Curt Courant et Jean Renoir sur le tournage de La Bête humaine (1938)
L’histoire
Un train roule à toute allure. Jacques Lantier (Jean Gabin), le mécanicien, sert magnifiquement la machine. Il est aidé par son collègue et ami, Pecqueux (Julien Carette). A la gare, une dame se plaint auprès de sous-chef de l’un des voyageurs. Ce monsieur n’a pas respecté le règlement. L’employé, Roubaud (Fernand Ledoux), promet d’intervenir, mais l’homme le menace. Il a d’excellentes relations. Inquiet pour le déroulement de sa carrière, Roubaud demande à sa femme, Séverine (Simone Simon), d’intervenir auprès de son “parrain”, Grandmorin, un homme puissant. Séverine est une très jolie jeune femme et Roubaud l’aime à la folie. Séverine rechigne à la tâche mais, devant l’instance de son mari, finit par accepter. Séverine tarde à rentrer. Elle revient prétendant avoir fait de nombreux achats. Elle offre un couteau à son mari. De fil en aiguille, Roubaud découvre la vérité. Elle est la maîtresse de Grandmorin. Roubaud organise un rendez-vous dans un compartiment de chemin de fer entre les deux amants. Il tue son rival sous les yeux de son épouse. Jacques Lantier, qui voyageait dans le même train, ayant pu les apercevoir, il contraint Séverine à lui faire du charme. L’enfer s’installe dans le couple. Roubaud passe ses loisirs au café. Il s’endette. Il “emprunte” l’argent de Grandmorin, dont il avait dérobé le portefeuille pour créer une fausse piste. Séverine devient la maîtresse de Lantier. Celle-ci, peu à peu, tente de le persuader de tuer son mari. Il essaie mais n’y parvient pas. Cabuche (Jean Renoir), un carrier, qui était monté dans le même train que Roubaud et sa femme, est reconnu coupable du crime de Grandmorin. Repris par une crise d’épilepsie, Lantier étrangle Séverine. Désespéré, il se jette hors de son train en marche.
Les extraits
          Autre adaptation
En 1954, Fritz Lang, cinéaste allemand installé aux États-Unis, décide d’adapter à son tour La Bête humaine, projet pour lequel il va s’inspirer davantage du film de Renoir que du roman original. Lang, qui admire l’œuvre de son confrère français (il a déjà signé avec Scarlet street (La Rue rouge) le remake d’un de ses films, La Chienne) se fait envoyer par la Cinémathèque Française une copie du chef-d’œuvre de Renoir. Même s’il tient à en livrer une version personnelle, Lang conservera malgré tout dans Human Desire (Désirs humains) certaines trouvailles du film de 1938, notamment le fait que héros assiste au meurtre dans le train. Mais le puritanisme du Code Hayes, l’oblige à gommer la dimension sexuelle du film français. Et contrairement à Renoir, Lang aura bien du mal à trouver une compagnie de chemin de fer acceptant de se prêter au tournage, la plupart d’entre elles craignant que le meurtre commis à bord ne nuise à leur image.
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HUMAN DESIRE – Fritz lang (1954) avec Glenn Ford, Gloria Grahame, Broderick Crawford
Mini portrait
Simone Simon est née en 1911, l’actrice grandit sous le ciel de Marseille, avant de “monter” tenter sa chance à Paris. Tout en travaillant comme mannequin, la jeune femme parvient à décrocher de petits rôles au théâtre et au cinéma. Son minois si particulier, qui lui vaut de se voir comparée à un joli pékinois par Colette, la fait bientôt remarquer, et dès 1934, l’actrice tient le haut de l’affiche du Lac aux dames, de Marc Allégret. Désormais célèbre, Simone Simon se voit appelée l’année suivante à Hollywood par la Fox. Elle y tourne quelques films peu mémorables, hormis Seventh Heaven (L’Heure suprême) d’Henry King, avec James Stewart. En 1938, Renoir lui offre le rôle de Séverine dans La Bête humaine, sans savoir que l’actrice rêvait depuis longtemps de l’incarner. La guerre venue, la comédienne repart aux États-Unis, où son meilleur film sera une série B de 1942 devenue un film culte : Cat People (La Féline), de Jacques Tourneur. Rentrée en Europe en 1946, l’actrice se partage entre la France et l’Italie. Après deux collaborations avec le grand Max Ophüls pour La Ronde et Le Plaisir, Simone Simon décide en 1956 de se retirer des écrans. Elle ne fera qu’une exception en 1972 pour La Femme en bleu de Michel Deville, et s’éteindra tranquillement à Paris en février 2005.
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A voir également…
PÉPÉ LE MOKO – Julien Duvivier (1937) avec Jean Gabin, Mireille Balin, Line Lors, Lucas Gridoux, Fernand Charpin, Marcel Dalio,Fréhel.
LA BANDERA – Julien Duvivier (1935) avec Jean Gabin, Annabella, Robert Le Vigan et Raymond Aimos
LE CINÉMA FRANÇAIS ET LE RÉALISME POÉTIQUE
LE CINÉMA COLONIAL
Autour de Pépé le Moko : RÊVES D’EXOTISME
Autour de Pépé le Moko : LE GRAND “DUDU ”
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Deux ans après leur première collaboration pour Les Bas-fonds, Gabin et Renoir se retrouvent pour porter à l'écran le roman d'Émile Zola. À la fois drame social et romance tragique, La Bête humaine s’avérera l'un des chefs-d'œuvre de l'immédiat avant-guerre.  Deux ans après leur première collaboration pour Les Bas-fonds, Gabin et Renoir se retrouvent pour porter à l'écran le roman d'Émile Zola.
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lesser-known-composers · 2 months ago
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Claude Gervaise (1525–1583) - Pavane ·
Alban Tixier, lute
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lesser-known-composers · 2 months ago
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Claude Gervaise (1525–1583) - Suite III: Pavane Delestarpe
Ensemble Musica Antiqua · Novus Brass Quartet
dir. Christian Mendoze
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lesser-known-composers · 1 year ago
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Claude Gervaise (1540-1583) - Suite d'Allemandes
Into the Winds :
Anabelle Guibeaud, Marion Le Moal : flûtes à bec Rémi Lécorché : sacqueboute Adrien Reboisson : douçaine basse Laurent Sauron : percussions
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