#Cantar Lontano
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Cantar Lontano & Marco Mencoboni - Ad Vesperas
Alpha Productions
2006
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Qui ti amo. Negli oscuri pini si districa il vento. Brilla la luna sulle acque erranti. Trascorrono giorni uguali che s'inseguono. La nebbia si scioglie in figure danzanti. Un gabbiano d'argento si stacca dal tramonto. A volte una vela. Alte, alte, stelle. O la croce nera di una nave. Solo. A volte albeggio, ed è umida persino la mia anima. Suona, risuona il mare lontano. Questo è un porto. Qui ti amo. Qui ti amo e invano l'orizzonte ti nasconde. Ti sto amando anche tra queste fredde cose. A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi, che corrono per il mare verso dove non giungono. Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore. I moli sono più tristi quando attracca la sera. La mia vita s'affatica invano affamata. Amo ciò che non ho. Tu sei così distante. La mia noia combatte con i lenti crepuscoli. Ma la notte giunge e incomincia a cantarmi. La luna fa girare la sua pellicola di sogno. Le stelle più grandi mi guardano con i tuoi occhi. E poiché io ti amo, i pini nel vento vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie di filo metallico.
Pablo Neruda, da “Venti poesie d’amore e una canzone disperata”, Passigli Poesia, 1996.
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e per aggiungere sofferenza a sta giornata blanchito bebe torna dopo 18 anni con una canzone IN SPAGNOLO dove canta come ozuna per nessun motivo STRAMALEDETTO MERCATO AMERICANO DI MRDA state lontano da blanco fatelo cantare in italiano e basta la sua voce non è fatta per ste trashate reggaeton michelangelo FAI QUALCOSA per favore
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Nel silenzio ascolto
una voce parlare,
mentre l’onda mareggia
e s’accorda col cuore .
Seduto qui
nella risacca
che s’avanza e ritira,
sorride e mi abbraccia .
Ed è come sentire
i ricordi cantare,
di un tempo lontano,
di quei giorni di sole.
Quando ancora bambino
qui su questa spiaggia,
costruivo castelli,
coi granelli di sabbia.
Quanta vita è passata
sul trapezio del tempo,
prendere e lasciare ,
per non morire dentro.
Quante volte ho nuotato
nel cavo dell'onda,
senza capire,
dov'era la sponda
Ed ora che la luce
oltre questo orizzonte,
si prepara a svegliare
altre vite, altre albe .
Resto qui nell'abbraccio
di quest'ultimo sole,
mentre l'onda del mare
mi porta via con sé.
Pier Giussani, l'onda del mare
#fotomia
@smokingago
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Qui ti amo – Pablo Neruda
Negli oscuri pini si districa il vento. Brilla la luna sulle acque erranti. Trascorrono giorni uguali che s’inseguono.
La nebbia si scioglie in figure danzanti. Un gabbiano d’argento si stacca dal tramonto. A volte una vela. Alte, alte stelle.
O la croce nera di una nave. Solo. A volte albeggio, ed è umida persino la mia anima. Suona, risuona il mare lontano. Questo è un porto. Qui ti amo.
Qui ti amo e invano l’orizzonte ti nasconde. Ti sto amando anche tra queste fredde cose. A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi, che corrono per il mare verso dove non giungono. Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore. I moli sono più tristi quando attracca la sera.
La mia vita s’affatica invano affamata. Amo ciò che non ho. Tu sei cosi distante. La mia noia combatte con i lenti crepuscoli. Ma la notte giunge e incomincia a cantarmi. La luna fa girare la sua pellicola di sogno.
Le stelle più grandi mi guardano con i tuoi occhi. E poiché io ti amo, i pini nel vento vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie di filo metallico.
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Gli altri sono troppi, per me.
Ho un cuore eremita.
Sono impastata di silenzio e di vento.
Sono antica.
Mi pento ogni volta che vado
lontano dal mio stare lento
nelle velocità della sera,
nelle auto schizzate di pianto.
Col loro buio abitacolo.
E se sfreccio a volte
sulla modesta moto, è per cantare
a gola stesa l’ultimo del paradiso
fare il mio guizzo pericoloso
con tutto quel vento nel petto
seminare parole beate
nel panorama nervoso.
Mariangela Gualtieri
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Tu vuoi vivere così
Per inerzia e per comodità
Per qualcosa che non riesco più a capire
E poi ami con tranquillità
Come un Dio lontano
Che non ha né problemi né miracoli da fare
Non capisci che ci ucciderà
Questo nostro esistere a metà
Che la casa ha i rubinetti da cambiare
Eppure un tempo ridevi
E mostrandomi il cielo
Mi disegnavi illusioni e possibilità
E la Cometa di Halley ferì il velo nero
Che immaginiamo nasconda la felicità
Tu vuoi vivere così
Coi vantaggi della civiltà
E pontifichi su ciò che ci fa male
Non la vedi la stupidità di una relazione
Che non ha francamente neanche un asso da giocare
Eppure un tempo ridevi
E mostrandomi il cielo
Mi disegnavi illusioni e possibilità
E la Cometa di Halley ferì il velo nero
Che immaginiamo nasconda la felicità
Lasciami da sola
Fallo solo per un po'
Lascia stare
Non pensarci più
Lasciami la radio accesa
Lasciami cantare
E qualche cosa da mangiare, servirà
Ed una notte piangesti
Guardando nel cielo
Mi disegnasti illusioni e possibilità
E la Cometa di Halley ferì il velo nero
Che immaginiamo nasconda la felicità
Che immaginiamo nasconda la felicità
Io ti dico addio
Tu mi dici ciao
Io ti dico addio
Tu mi dici ciao
Ciao
#Però preferisco questa versione Irene#Tra l'altro gliel'ha scritta lui#Francesco bianconi#La cometa di halley#Accade
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Nel silenzio ascolto una voce parlare
Mentre l'onda mareggia e s'accorda col cuore.
Seduto qui nella risacca che avanza e ritira,
Sorride e mi abbraccia
Ed é come sentire i ricordi cantare,di un tempo lontano,di quei giorni di sole.
Quando ancora bambina qui su questa spiaggia costruivo castelli coi granelli di sabbia.
Quanta vita é passata sul trapezio del tempo,prendere e lasciare per non morire dentro.
Quante volte ho nuotato nel cavo dell'onda,senza capire,dov'era la sponda
Ed ora che la luce oltre questo orizzonte si prepara a svegliare altre vite,altre albe.
Resto qui nell'abbraccio di quest'ultimo sole,mentre l'onda del mare mi porta via con se.
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Avete mai visto l'alba al tramondo?
Il sogno più lontano era quello di sentirsi vivi
e quel giorno in cui tu mi sentivi
so che mi stringevi la mano.
E quel giorno che tanto non ho sognato, ma viasuto
è rimasto un solo ricordo.
Quella notte diventata mattina
Quella freddezza diventata mia amica
Quella storia che non aveva via d'uscita
scrivevo in matita, sulla mia vita.
Non avevo penne per scrivere
quaderni su cui cantare
c'era solo l'aria, che mi faceva volare.
Il suono era spento e la mia voce non la sento
era tutto storto e il tuo brivido, un solo ricordo.
Qualcosa di insperato, nemmeno calcolato
Il tuo volto mai celato
che nemmeno ho più cercato..
Sapessi se ho trovato, quel respiro che mi hai rubato.
Non avrei parole per descrivere la mia vita
una storia che non sarebbe mai finita
una luce passa lenta
e nessuno, l'ha mai spenta.
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Un paio fa di pranzi mi ha canzonato ricordandomi che l’impegno non serve e che gli sforzi con cui gioco a fare Atlante non sono richiesti.
Davvero avrei voluto saperlo un paio di diottrie fa? Se l’avessi saputo avrei mosso solo il vento. Ti avrei forse tenuto la porta un po’ meno spalancata? Non ti illudere: siamo come le canzoni, finiamo molto prima di finire davvero.
Mi sono tagliata i capelli, ho una lentiggine sul naso, giro ancora attorno al sole, tutto nella norma. Piove tanto, stanno costruendo un palazzo dove prima c’era solo il cielo e dal tabaccaio sotto casa hanno finito le caramelle. In sostanza, sembra che il mondo avanzi. A me avanza un po’ di malinconia, quella classica da occhi stanchi e mani vuote. Compro nuovi cassetti per stringerci dentro sogni più grandi, cerco di ignorare che il vuoto che lasci non prende abbastanza spazio e che questa foga di rivalsa non mi sazia.
Mi ha tolto l’entusiasmo. Forse nemmeno se ne accorge, ma dire che la fatica profusa è un mero esercizio di stile, taglierebbe le gambe a chiunque. Mi faccio bastare l’aria viziata di questa stanza, per pigrizia, per paura. No, non è vero: il mio guinzaglio è la speranza.
Questo cielo grigio non mi abbatte, questa poca vita non mi finisce. Mi sono sfinita a forza di cercarti ma come me lo dico che non ho mosso un passo, non ho consumato gli occhi e non mi è esploso il cuore? Che occhi banali che mi ritrovo, chissà se riesci a rimanermi dentro. Agli occhi, mica al cuore, chè quello non sa farsi consumare. Solo amare non sarebbe bastato a tenerci stretti. Forse amarci, invece, avrebbe potuto salvarci.
Mi si scaldano le guance al pensiero del tuo fiato. Voglio le tue mani addosso, sentirmi persa nel tuo letto, non doverti chiedere se rimani.
Posso sopportare il suo sguardo, riconoscere la mia fortuna senza denigrare la fatica. Posso essere felice senza sentirmi completa. Posso cantare mentre preparo il caffè senza essere serena. Il cielo apatico ultimamente non mi sfama. Poi, una mattina qualsiasi, il sole mi scalda anche se nessun progetto è allineato. Nessuno spazio è occupato, sono solo prese di fiato, me lo ripeto per non morire soffocata dalle mie risposte lapidarie. Monosillabi che spargo in giro per illuderti di essere presente come non ti scordar di me ai bordi delle strade di città.
In quella foto non mi riconosco. Non ti voglio più, pensa che cosa stupenda. È disarmante, essere stati e non volere essere più. Non ti voglio più, pensa che cosa terribile. È rassicurante, non essere più e volere essere ancora.
Davanti alla sua ammissione di colpa sono rimasta senza fiato. Fatico a rimanere salda nelle mie convinzioni, vorrei andare un po’ più lontano, non voglio lasciarla. Ti ho fatto soffrire troppo da bambina, lo dice ma io ho lavato via la tristezza da ogni momento con il suo sorriso a cui il mio non assomiglia. Vorrei avere il suo coraggio, mica i suoi occhi, per dirti ancora che siamo come le canzoni. Non smettiamo mai di finire.
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Ti porto a fare un giro
Ti porto a fare un giro mamma, tu così fragile e piccina. Con i tuoi vuoti di memoria e le tue ridondanze.
Ho smesso di raccontarti chi sono io in realtà molto tempo fa, hai sempre avuto le tue convinzioni inamovibili. Le tue certezze senza basi.
Dall'auto sembri guardare il mondo dal finestrino di un treno. Uno di quelli che ti porta lontano. Le strade e il paesaggio cambiano velocemente qui da noi negli ultimi anni sai?
Spesso uso il navigatore per ritrovarmi in zone che non riconosco più o, forse, non voglio più riconoscere.
Le tracce del passato fatto di corti, cascine e oneste case di schietti lavoratori lasciano il posto a nuove palazzine architettonicamente diverse. Così diverse da come le costruiva papà.
Sembra tutto nuovo per te, hai lo sguardo di una bambina che arriva dalla campagna per la prima volta in città.
Posso immaginare uno sguardo simile quando dal tuo mondo partenopeo fatto di terra lavica calda e fertile, di colori vivaci sotto il sole come il tuo carattere, arrivasti qui. In queste terre difficili da comprendere ma che una volta intese sanno comunque stupirti.
Per accompagnarti nel viaggio riproduco musica al pianoforte, tra queste sinfonie parte inaspettatamente un brano suonato magistralmente.
Hai il volto stanco, lo sguardo assente ma quando parte "Reginella" i tuoi lineamenti si rilassano, da quel vuoto creato dal tuo osservare silenzioso sento la tua voce cantare, la tua mente ricordare:
"Te si' fatta 'na veste scullata
Nu cappiello cu 'e nastre e cu 'e rrose
Stive 'mmiezo a tre o quattro sciantose
E parlave francese è accussì
Fuje l'autriere ca t'aggio 'ncuntrata
Fuje l'autriere, a Tuleto, gnorsì"
Sei ancora intonata mamma.
Nella mia mente risalgono i tuoi ricordi che mi raccontasti, di quando piccina cantavi sul palco per gli americani, quelli che entrarono a Napoli in un fine settembre del 1943, riempiendo le strade e le campagne limitrofe di speranze e di aspettative. Tu che la vera fame l'hai sentita stringerti lo stomaco, patendola per una guerra assurda come lo sono tutte le altre.
Ti porto a fare un giro mamma, in quei posti che avresti voluto vedere con lui e invece ci sei andata da sola.
Io mamma viaggio tanto nella mia testa sai? Si che lo sai. Hai sempre detto a tutti che io ho la testa fra le nuvole. Eppure io volevo restare con i piedi per terra, ma la superbia dell'uomo mi ha portato a viaggiare tra le nuvole.
Mi stavo solo proteggendo mamma, o forse sopravvivevo a una vita dove chi è più scaltro e furbo vince. Trattando da perdente chi, come me, da spesso la precedenza. Pensando di fare un gesto gradito.
Ti porto a fare un giro mamma per vedere la bellezza nei tuoi occhi, quelli di chi è diventata di una semplicità disarmante. Di occhi complicati ne vedo troppi.
Ti ho portato a fare un giro mamma, ora riposa tranquilla e ripensa a quello che hai visto, a quello che hai sentito, a un pomeriggio passato con il figlio che ti è rimasto vicino. Quello che oggi chiami ancora "figlio mio".
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Al mondo non si fa altro che cantare e decantare l'amore e anch'io in un tempo lontano l'ho fatto e ancora di nuovo. Perché le parole della tenerezza hanno un respiro profondo... ♡ ᭄۫۫۫۫ ♡
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«Al mondo non si fa altro
che cantare e ricantare l'amore.
E anch'io in un tempo lontano l'ho fatto
e ancora, e di nuovo,
perché hanno un respiro profondo
le parole della tenerezza»
(Sergej Esenin)
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Ama la tua solitudine e cerca di cantare con il dolore che ti causa. Per chi ti sta vicino è lontano e questo dimostra che lo spazio intorno a te inizia a crescere vasto. Sii felice della tua crescita, in cui ovviamente non puoi portare nessuno con te, e sii gentile con chi resta indietro; sii sicuro di te e sereno davanti a loro e non tormentarli con i tuoi dubbi e non spaventarli con la tua fede o la tua gioia, cosa che loro non farebbero essere in grado di comprendere. Cerca un sentimento semplice e vero di ciò che hai in comune con loro, che non deve necessariamente cambiare quando cambi tu stesso ancora e ancora; quando li vedi, ama la vita in una forma che non è tua e sii indulgente verso chi sta crescendo vecchi, che temono la solitudine di cui ti fidi e non ti aspetti alcuna comprensione; ma credi in un amore che ti viene conservato come un'eredità, e abbiate fede che in questo amore c'è una forza e una benedizione così grande da poter viaggiare fino a dove vuoi senza doverne uscire. ~Rainer Maria Rilke
(Libro: Lettere a un giovane poeta https://amzn.to/46WzzRc )
(Arte: Dipinto di Andrew Wyeth)
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Negli oscuri pini si districa il vento. Brilla la luna sulle acque erranti. Trascorrono giorni uguali che s’inseguono.
La nebbia si scioglie in figure danzanti. Un gabbiano d’argento si stacca dal tramonto. A volte una vela. Alte, alte stelle.
O la croce nera di una nave. Solo. A volte albeggio, ed è umida persino la mia anima. Suona, risuona il mare lontano. Questo è un porto. Qui ti amo.
Qui ti amo e invano l’orizzonte ti nasconde. Ti sto amando anche tra queste fredde cose. A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi, che corrono per il mare verso dove non giungono. Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore. I moli sono più tristi quando attracca la sera.
La mia vita s’affatica invano affamata. Amo ciò che non ho. Tu sei cosi distante. La mia noia combatte con i lenti crepuscoli. Ma la notte giunge e incomincia a cantarmi. La luna fa girare la sua pellicola di sogno.
Le stelle più grandi mi guardano con i tuoi occhi. E poiché io ti amo, i pini nel vento vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie di filo metallico.
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Vorrei con tutti i bambini del mondo
far un allegro e bel girotondo,
vorrei poter dar contento la mano
a chi è vicino e a chi è lontano.
E sempre insieme cantare,
prima di mettersi a studiare.
Ci vuol poco per stare in allegria
tutti quanti in compagnia.
Ci vuol poco per essere felici
e dappertutto avere tanti amici.
Antoine de Saint-Exupéry (Il piccolo principe)
Foto: Vitaliano Bassetti, 1954
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