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#Barre Phillips and György Kurtág Jr.
dustedmagazine · 2 years
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Christian Carey’s 22 Recordings from 2022 in no particular order
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Oneida
Like 2021, 2022 was a year that was full of extraordinary recordings. In part, it is Bandcamp that has given a new lease on life to independent records, somewhat obviating the hegemony of paltry stream income. Touring, on the other hand, is costing far too much, resulting in a group as big as Animal Collective canceling a tour, pleading finances. When major labels are starting to ask for a percentage of the gate, one can see the numbers crunching into nonviability. In the meantime, instead of masking and risking shows, I enjoyed the following 22 recordings (and many more). 
Oneida — Success (Joyful Noise)
Heiner Goebbels and Ensemble Modern  — House of Call (ECM)
Wadada Leo Smith — String Quartets 1-12 (TUM)
Carla dal Forno — Come Around (Kallista)
Nina Berman and Steve Beck — Milton Babbitt:Complete Songs for Treble Voice (New Focus)
Hugi Guðmundsson — Windbells (Sono Luminus)
Christopher Fox — Trostlieder (Kairos)
Barre Phillips and ​​György Kurtág Jr. — Face á Face (ECM)
Whit Dickey Quartet — Root Perspectives (TUM)
Matthew Shipp Trio — World Construct (ESP Disk)
Kirk Knuffke Trio — Gravity Without Airs (TAO Forms)
Richard Causton — La Terra Impareggiabile (NMC)
Pedro de Cristo; Magnificat — Cupertinos (Hyperion)
Andrew Mcintosh, Yarn/Wire — Little Jimmy (Kairos)
Sophia Subbayya Vastek — In Our Softening (Self-released)
Tyondai Braxton — Telekinesis (Nonesuch/New Amsterdam)
Julia Hülsmann Quartet — The Next Door (ECM)
James Romig — The Complexity of Distance (New World Records)
Gity Razaz — The Strange Highway (BIS)
Bryn Harrison, Quatuor Bozzini — Three Descriptions of Place and Movement (Huddersfield Contemporary Records)
Jenny Hval -Classic Objects (4AD)
Steven Schick — A Hard Rain (Islandia Music Records)
Christian Carey
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chez-mimich · 2 years
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chez-mimich · 2 years
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BARRE PHILLIPS GYÖRGY KÜRTAG JR.: “FACE À FACE”
“La prima immagine che mi viene in mente per caratterizzare il modo con cui suono con Barre, è architettonica" queste sono le parole con cui György Kürtág Jr. descrive, nelle note di copertina di “Face à Face”, il suo rapporto con Barre Phillips. Il disco uscito per l’etichetta ECM, con Barre Phillips al contrabbasso ed oggettistica e György Kurtág Jr. ai sintetizzatori e alle percussioni digitali, è il risultato studiato, costruito, cercato (ed ottenuto) della collaborazione di due grandi musicisti: compositore ed improvvisatore il primo, jazzista e sperimentatore il secondo (sempre che le etichette siano ancora necessarie). Occorre sgombrare il campo da un vecchio pregiudizio e cioè che l’improvvisazione e la sperimentazione, siano frutto di una libertà incontrollata, spontanea e gratuita. Niente di più falso se è vero, come è vero, che “la massima libertà deriva dal massimo rigore” come sosteneva Paul Valery. Ma Kürtág aggiunge qualcosa di ancora più circostanziato sul suo rapporto con il contrabbassista statunitense: “… Per essere in relazione con la sua musica penso a lui come a un individuo in movimento e costruisco stanze di tempo e spazio intorno a lui, stanze che sono esse stesse in continua evoluzione…” Non è un impegno da poco ascoltare il “faccia a faccia” di questi due grandiosi compositori, ma se si entra nel “mood” giusto, l’ascolto di queste geometrie musicali, variate all’infinito, risulta essere un’esperienza toccante, ma è meglio ricordare che lavori di questo genere, non ammettono distrazioni, non si tratta di tappezzerie sonore che permettono un ascolto distratto, per amare queste composizioni occorre riservar loro una vera e propria dedizione. Dopo il breve “Beyond” che apre il disco, possiamo già rendercene pienamente conto e con il secondo brano “The Under Zone” si palesa, all’ascoltatore più attento e avveduto, che l’anima del lavoro è un felice sposalizio delle scarne sonorità elettroniche di Kürtàg con le vibrazioni acustiche e profonde del contrabbasso di Phillips. Una commistione che sembrerebbe impossibile tra una materia elettronica ed inorganica con la materia vibrante e organica del contrabbasso. In “To be Two” questo amalgama è completo ed esaustivo, dove su una prima parte della composizione algidamente elettronica, si innesta il lamento vivo e caldo del legno del contrabbasso. La filosofia compositiva non sembra mutare nella prosecuzione del disco, con picchi di poetica e lacerante bellezza nella parte centrale di “Across the Aisle”. Nei brani dove è più presente l’impronta di Kürtág, le sonorità sembrano farsi “lunari” e rarefatte, è il caso per esempio della quasi monocorde “Chosen Spindle”. Molte le atmosfere, inquiete ed inquietanti che sanno di futuro e di suoni ancestrali, come nella misteriosa “Bunch”, così come molti gli omaggi alla aleatorità e alla tensione creativa del caso, come accade in “Stand Alone”. Caratteristica di quasi tutti i brani è certamente la brevità: come se si trattasse di fulminee illuminazioni sonore, atte a squarciare la nostra indifferenza o la nostra omologazione di fronte ad un sonoro mondo di meraviglie; il brano conclusivo, intitolato “Forest Shout”, ne è uno splendido esempio. Siamo in presenza di un disco pieno di echi e anche di qualcosa di più che semplici citazioni della grande musica còlta europea. Ricordiamo che sia György Kürtág Jr. che Barre Phillips, hanno svolto parte della loro attività in Francia, il primo nel prestigioso IRCAM parigino di Pierre Boulez, il secondo fondando il “Centre Européen Pour l'Improvisation” (CEPI) a Puget in Provenza, per esplorare nuovi approcci creativi alla composizione musicale. Insomma due grandissimi musicisti contemporanei in senso lato e con grandi esperienze alle spalle e, perché no, un ancora lungo e radioso futuro dinnanzi.
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