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annalisalanci · 5 years
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annalisalanci · 5 years
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"La conoscenza e la percezione della materia oscura, ci aiutano a vedere con occhi nuovi la realtà che ci circonda. Avendo coscienza di una materia invisibile, ci poniamo un passo avanti a chi limita la propria esistenza ai cinque sensi". "Vivere e aprirsi alle cose nuove, guardare lontano, pensare a progetti "visionari" e realizzarli, pensarne e realizzarne ancora; dimenticando i limiti posti dalle convenzioni sociali, dalla mediocrità e dalle menti piccole. Vivere è impegnarsi, impegnare una vita, per realizzare cose mai viste; facendo della parola "innovazione" la propria parola d'ordine". "La ribellione e la purificazione, che è possibile trovare all'interno del cinema indipendente, sono le caratteristiche che rispecchiano: le persone, i gruppi, i movimenti che operano "fuori dal coro". Questi elementi fanno paura, appunto per il loro operare, denigrati e schiacciati per il loro essere innovativi".
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annalisalanci · 5 years
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"Sviluppo intellettivo/mentale/intellettuale", è anche andare contro noi stessi, i nostri pregiudizi e le nostre convinzioni. Per essere felici e diventare persone nuove, occorre anche essere coraggiosi e mettersi in gioco. Questo in ogni situazione, provando anche a fare quello che non si sa fare, sperimentando ed allargando la nostra visione della vita oltre i 360 gradi.
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annalisalanci · 5 years
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annalisalanci · 5 years
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22/10/2019
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annalisalanci · 5 years
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La Transe. Introduzione
La Transe Introduzione
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La Transe. Frederic Mars
<<Uscire dallo spazio che su di noi hanno incurvato secoli e secoli è l'atto più bello che si possa compiere>>. E. Zolla. Uscire dal Mondo Il fenomeno della transe dell'alterazione di coscienza in generale ha sempre affascinato gli osservatori esterni, sollevando riflessioni, entusiasmi e dubbi sulla sua autenticità: l'idea che l'uomo possa volontariamente trascendere se stesso e spostare la propria attenzione su un altro livello di realtà esalta le sue capacità, mostrandone la statura eroica, e tradizionalmente si ritiene che, attraverso questo superamento delle barriere naturali, l'individuo si mostri nella propria complessità e dialoghi con la divinità. L'etimologia del termine si collega all'immagine del passaggio, della porta, della transizione da una condizione ad un'altra: la transe è assunta nel vocabolario italiano, mutandone la grafia, a partire dall'inglese trance, ma le origini si ricollegano al latino transire, passare dalla vita alla morte, <<trapassare>> e, in modo derivato, il passare in generale da una condizione a un'altra. Il fascino di questo fenomeno, che ha una diffusione mondiale si è manifestato attraverso i secoli; è legato sostanzialmente all'idea di un'esplorazione di un'altra dimensione e a quella di un'uscita dal mondo quotidiano per sperimentare nuove forme di esistenza. Percorso di coscienza o via di fuga, la transe si caratterizza per la legittimità accordatele dal contesto culturale in cui si situa e che la definisce. La sua specificità consiste nel riconoscimento pubblico di questo mutamento della coscienza, e nella definizione culturalmente condivisa delle tappe dell'esistenza che in tal modo si percorrono. Se infatti l'individuo infrange la barriera dell'ordinario può avventurarsi alla scoperta di altri mondi, egli lo fa dopo un'adeguata preparazione e dotato di una <<strumentazione di viaggio>> che lo tuteli da uno smarrimento: si tratta di un contatto con qualcosa di trascendente, un'esplorazione <<dell'altro da sé>>, e questo incontro esige un testimone che ne certifichi l'autenticità. Ciò che più di tutto caratterizza la transe, è infatti questa sua dimensione pubblica: ciò non significa che il passaggio possa avvenire in condizioni di separazione e isolamento che, al contrario sono da considerarsi tra i fattori più diffusi che la inducono; tuttavia, anche l'esperienza isolata del singolo esige un riconoscimento a livello sociale e una definizione da parte della comunità di appartenenza. Anche quando l'incontro con l'altra dimensione avviene in condizioni di drammatica solitudine, l'individuo è assistito da un codice di riferimento che li aiuta a orientarsi nella nuova realtà e al rientro egli condividerà i risultati del proprio viaggio. La transe, cioè, è innanzitutto un fenomeno culturale. Il vantaggio sociale di questa alterazione consiste nella condivisione dell'esperienza: la comunità si appropria così di un <<disordine>> emotivo e lo piega a una funzione di pubblica utilità: l'individuo che supera la barriera dell'ordinario lo fa in nome dell'intera società, diventando ambasciatore tra i due mondi. Questo spiega da un lato l'importanza sociale riconosciuta dal fenomeno nelle varie culture e dall'altro la necessità di ogni contesto di darne una definizione quanto più possibile precisa, che fissi la frontiera tra l'autentico e il simulato. L'alterazione della coscienza propria della transe, è indotta attraverso tecniche specifiche di azione sul corpo che appartengono al patrimonio culturale di ogni comunità: uso di <<sostanze magiche>>, tecniche di concentrazione, movimenti specifichi e musiche incalzanti fanno parte di questo codice di azione dell'individuo sulla propria coscienza. Si tratta di vere e proprie <<tecniche del corpo>> appositamente sudiate per giungere a toccare lo spirito. La transe è innanzitutto un avvenimento di ordine somatico che si caratterizza per un mutamento della percezione e della sensibilità dell'individuo coinvolto. Ciò non ha nulla a che vedere con un disturbo nervoso, una malattia o una dissociazione psicopatologica, come pretendono i suoi riduttori. Ma spesso, presso numerose popolazioni, la transe è terapeutica, uno strumento di guarigione per sé e una chiave di interpretazione clinica delle malattie altrui. Anche nella nostra cultura si parla di transe ipnotica a proposito della situazione di alterazione del soggetto in stato di ipnosi, quindi in situazione terapeutica. Essa quindi nasce nel corpo, come una sua pratica non patologica, ma insolita rispetto alle tecniche quotidiane, ed è terapia per il corpo, lo intrattiene, ne allevia i dolori. La transe di possessione, evidenzia ulteriormente il primato fisico della transe: nei rituali i posseduti diventano i <<cavalli degli dèi>>, prestando materialmente il corpo affinché la divinità possa incarnarvisi per qualche tempo e avere così un contatto con il mondo degli uomini. Anche nella fenomenologia delle cerimonie di transe diviene manifesta questa componente di fissazione corporea di qualcosa di imponderabile; e prepararsi ad accogliere la discesa dello spirito è, come direbbe l'antropologo Marcel Mauss, una <<tecnica del corpo>>,  alla quale si viene iniziati gradualmente. Solo dopo un'adeguata istruzione, si è in grado di controllare il dolore, giungendo a un grado di anestesia spesso sorprendente e, ai nostri occhi, spettacolare. Tutte le testimonianze dirette dello stato di transe raccontano di alterazioni della percezione di se stessi e del mondo esterno, di variazioni morfologiche del proprio corpo e di sensazioni distorte dello spazio circostante e del tempo trascorso, come se, davvero, la transe fosse un mezzo di trasporto fisico verso un altrove radicale. Ciò che viene sollecitato è l'insieme di <<corpo e coscienza>> che sono alterati nella loro relazione reciproca e in rapporto ad altro. La percezione e la capacità di relazione dell'individuo in transe vengono ristrutturate a partire da una nuova visione delle cose. Si tratta di una vera e propria ridefinizione dei parametri di significato, una nuova logica che si impadronisce della relazione tra interno ed esterno, tra l'individuo e l'ambiente, il soggetto e la comunità, l'uomo e la divinità. Questo salto qualitativo che l'individuo compie sembra dotarlo di un nuovo sguardo, di una capacità di penetrazione nei misteri dell'esistenza che gli consente un dialogo con gli dèi e con la natura. La transe rende possibile un incontro tra due livelli di realtà, tra l'uomo e la divinità, tra l'esistenza e il suo misterioso significato; abbattute le barriere che normalmente contengono la coscienza nei limiti del corpo, l'individuo in transe può incontrare nuove entità e dialogare con esse, esplorando significati normalmente oscuri. Ciò gli consentirà di acquisire nuove conoscenze, che lo trasformeranno in un sapiente, in una persona capace di regolare gli equilibri tra le diverse dimensioni dell'essere, perché ne ha visto i confini. Scopo del viaggio esplorativo è ottenere una nuova visione delle cose che ne consenta una migliore amministrazione; la transe non è un riferimento di pura speculazione, ma un rito che mira a una efficacia reale sulla dimensione ordinaria della coscienza e la sua utilità sociale consiste nell'acquisire informazioni che consentono una trasformazione della realtà quotidiana. L'accentuato interesse e la rinnovata attenzione ai fenomeni di transe nasce forse dall'insofferenza per la dimensione quotidiana della società universale, si tratta, della ricerca di nuovi equilibri per risolvere le fratture sociali e personali, causate dall'appiattimento di una sola dimensione.
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annalisalanci · 5 years
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Parco della Reggia di Versailles.
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annalisalanci · 5 years
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Danza Jazz
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annalisalanci · 5 years
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Enzo Turco, Totò. Felice e Pasquale. Miseria e nobiltà. Mario Mattoli, Eduardo Scarpetta, Pippo Barzizza, Carlo Ponti, Dino de Laurentiis
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annalisalanci · 5 years
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Colmar. Francia
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annalisalanci · 5 years
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Il superare noi stessi, ci rende unici agli occhi del mondo e della storia. Pensare e realizzare cose nuove, mai viste prima, ci innalza e ci rende grandi tra gli uomini.
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annalisalanci · 5 years
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annalisalanci · 5 years
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Inquisizione in Italia. Introduzione
L'Inquisizione in Italia Introduzione
Criteri e prospettive per una nuova storia dell'Inquisizione
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Galileo Galilei
Il 13 febbraio 1278, una domenica, nell'arena di Verona ci fu uno spettacolo impressionante: le fiamme dei roghi divorarono un numero imponente di eretici, forse 200, il più alto in assoluto di tutta la storia italiana per un'unica esecuzione. Erano catari. Erano stati presi qualche mesi prima a Sirmione sul lago di Garda, dal vescovo, il domenicano ed ex inquisitore fra Timidio, dai signori Pinamonte Bonacolsi e Alberto della Scala e dall'inquisitore fra Filippo Bonacolsi con lo scopo di debellare la consistente comunità ereticale che preoccupava le autorità ecclesiastiche e quelle secolari. Si conoscono le autorità che li presero, l'inquisitore che eseguì le condanne a morte, ma dei catari non è rimasto nemmeno un nome, né una riga di verbale, neppure la certezza che fossero stati regolarmente processati. Di indubbio sono rimasti soltanto una data, un famoso luogo di spettacolo e un grande rogo. Il 10 agosto 1553 fu ucciso con il fuoco, a Ginevra, l'antitrinitario Michele Serveto, medico e umanista di origine spagnola, scopritore della circolazione polmonare del sangue. Ricercato da qualche anno dall'Inquisizione rimana, si era recato nella città di Calvino per trovare un rifugio, ma le sue idee contro la Trinità che circolavano in Europa in un volume stampato nel 1531, De Trinitatis erroribus, e in uno uscito all'inizio del 1553, Christianismi restitutio, lo avevano reso famoso e temibile tra i protestanti. Il rogo, accese la fiamma di un dibattito che avrebbe fatto superare in Europa l'idea dell'intolleranza in nome di Dio. Un altro eretico, Sebastiano Castellione, pubblicò subito dopo un libro che come titolo aveva una domanda: De haereticis an sint persequendi. Le idee e i dubbi che vi esprimeva, dopo secoli sono diventati le nostre convenzioni: lo stato non deve sopprimere nessuno per le sue idee religiose, Dio non chiede la morte dell'eretico, ma ne riserva a sé il giudizio alla fine del mondo. Il 22 giugno 1633 nella sala delle udienze del palazzo del Sant'Ufficio i cardinali inquisitori condannavano all'abiura e al carcere perpetuo come sospetto di eresia Galieo Galilei, perché aveva sostenuto con argomenti "scientifici" nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano, la rotazione della terra attorno al sole, secondo la teoria copernicana, già dichiarata contraria alla Sacra Scrittura nel 1616. Galileo morì in domicilio coatto nella casa di campagna di Arcetri l'8 gennaio 1642. Galileo non aveva torto, anche se non aveva fornito vere prove, e perché la Bibbia non è un testo scientifico ma un libro che parla di Dio. Questi tre casi-simbolo, suscitano la nostra emozione, ma fanno anche misura e i grandi cambiamenti storici che ci separano da questo passato. I processi e e sentenze capitali per questioni di fede non furono opera solo di cattolici, ma anche dai protestanti e, nel caso delle donne e degli uomini accusati di stregoneria diabolica, furono soprattutto i tribunali secolari degli stati protestanti del Centro Europa, piuttosto che le Inquisizioni cattoliche, a emettere tali condanne. Il controllo delle opinioni religiose nella storia europea mostra come la società cristiana sia stata per molti secoli intollerante con le minoranze etnico-religiose e crudele con i dissidenti e i più deboli. Si comportavano in questo modo le autorità ecclesiastiche, quelle statali e perfino la gente comune, con rare eccezioni. I giudici ecclesiastici talvolta assolvevano i dissidenti, spesso li riconciliavano e li reinserivano nella comunità con pene di vario genere, ma sempre in nome del Vangelo. Tutte le sentenze dell'Inquisizione, erano emesse in nome di Gesù Cristo, secondo il formulario usuale, che all'inizio diceva: <<In Christi nomine amen...>> e riprendeva per maggior chiarezza prima del dispositivo finale: <<Christi nomine repetito, pro tribunali sedentes et solum Deum prae oculis habentes>> (Ripetuto il nome di Cristo, sedendo ufficialmente in tribunale e avendo soltanto Dio davanti agli occhi...). La predicazione del messaggio evangelico fu sempre accompagnata dalla difesa della sua purezza, fin dai tempi della chiesa primitiva. Lo stesso san Paolo la sostenne con parole infuocate: <<Orbene se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che noi abbiamo predicato, sia anatema!>>, ma testimoniò la sua fede con la vita. La preservazione delle verità cristiane contro ogni deviazione sin è molto trasformata nei secoli: scomuniche ed esili nell'età preistorica e nell'alto medioevo; controllo giudiziario delle credenze, costrizione con la forza e condanne a morte nel basso medioevo e nell'età moderna. Nei secoli dopo il Mille furono prima i vescovi ad agire nelle proprie diocesi e quindi gli inquisitori in sedi sparse; in epoca moderna furon creati tra i più efficienti organismi centralizzati in Spagna, Portogallo e Italia. Dall'Ottocento in poi agì unicamente la Congregazione del Sant'Ufficio, oggi la fede cattolica è sostenuta e controllata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. 
Una doppia leggenda, nera e bianca
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Il rogo di Giordano Bruno
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San Pietro d'Arbues
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San Pietro Martire
Le leggende dell'Inquisizione hanno investito la storia europea e poi intercontinentale per un tempo molto lungo. Queste vicende complesse, hanno sempre provocato una scelta a favore o contro l'Inquisizione, creando una biforcazione nella stessa tradizione storiografica: nell'età moderna, alla leggenda nera, accusatrice, si contrappone una leggenda bianca, giustificatrice, entrambe basate su fatti e documenti, ma orientate a priori da una scelta di campo. Due libri possono essere presi a simbolo di questa bivalenza: quello di un inquisitore e quello di un teologo protestante. L'inquisitore spagnolo Luis de Pàramo nel libro De origine et progressu officii Sanctae Inquisitionis, stampato a Madrid nel 1598, fu il primo a tratteggiare una storia dell'istituzione e spiegò che essa era nata con il peccato di Adamo nel paradiso terrestre e che Dio stesso era stato il primo inquisitore nell'interrogatorio di Aadamo ed Eva dopo che avevano mangiato il frutto proibito. L'Inquisizione aveva difeso la vera fede dai suoi nemici terreni, gli ebrei, le streghe, gli eretici e dal vero nemico ultraterreno, il diavolo. La sua espansione fu voluta dalla Provvidenza divina ed ebbe un'efficacia impressionante, elevando molto il numero delle condanne a morte, che erano volute da Dio stesso a sua gloria. Dall'altra parte un teologo riformato arminiano, Philip van Limborch, pubblicò ad Amsterdam nel 1692 una Historia Inquisitionis, nella quale mostrava che l'istituzione non era eterna, ma recente, anticristiana, crudele e ingiusta. L'Inquisizione era stata creata nel secolo XIII, aveva occupato gran parte del mondo cristiano, rovesciato la logica evangelica del perdono per attuare una logica giudiziaria estranea al Vangelo, era stato un tribunale sanguiraio e crudele, perché dall'esterno aveva imposto un obbligo alle coscienze. Per i sostenitori dell'ufficio inquisitoriale il domenicano San Pietro da Verona, inquisitore in Lombardia, ucciso in un'imboscata a Seveso nel 1252, divenne san Pietro Martire e così pure fu santificato Pietro de Arbués, inquisitore di Aargona, assassinato nella cattedrale di Saragozza nel 1485; per gli storici liberali dell'Ottocento tutti i perseguitati dall'Inquisizione divennero i martiri del protestantesimo o del libero pensiero. Nella grande stagione della riscoperta della ragione, durante il Settecento, l'Inquisizione divenne uno dei bersagli degli illuministi e assurse a simbolo dell'oscurantismo religioso. Voltaire nel suo Trattato sulla tolleranza, (1763), la collocò tra i segni dell'intolleranza e mostrò come fosse in netto contrasto con l'insegnamento di Gesù Cristo, con parole molto forti: <<Vediamo ora se Gesù Cristo ha stabilito leggi sanguinarie e ha ordinato l'intolleranza, se ha fatto costruire le segrete dell'Inquisizione, se ha istituito i carnefici degli autodafé>>. E dopo aver spiegato il significato di alcune parabole evangeliche, così continua e conclude: "Quasi tutte le parabole e azioni di Gesù Cristo predicano la dolcezza, la pazienza, l'indulgenza. E' il padre di famiglia che riceve il figliol prodigo, è l'operaio che viene all'ultima ora ed è pagato come gli altri, è il samaritano caritatevole; Gesù stesso giustifica i suoi discepoli che non digiunavano, perdona alla peccatrice, si accontenta di raccomandare la fedeltà all'adultera, si degna anche di cedere alla gioia innocente dei convitati di Cana. Non si scaglia nemmeno contro Giuda che lo avrebbe tradito; ordina a Pietro di non servirsi mai della spada; rimprovera i figli di Zebedeo che, sull'esempio di Elia, volevano far scendere il fuoco dal cielo su una città che non aveva voluto accoglierli. Infine, muore vittima dell'invidia. Chiedo ora se è la tolleranza o l'intolleranza a essere il diritto divino. Se volete somigliare a Gesù Cristo, siate martiri e non carnefici. " I cattolici per molto tempo cercarono di difendere l'operato dell'Inquisizione, tenendo segreti i documenti e arrivando talora a negare i fatti. Alla fine dell'Ottocento un professore francese di filosofia scrisse un libretto per dimostrare che il rogo di Giordano Bruno era una leggenda, ma venticinque anni fa uno storico italiano cercò di sostenere che il vescovo Vittore Soranzo, condannato formalmente per eresia dal papa, forse non era stato in effetti eretico.
Cambiamenti istituzionali e rinnovamento storiografico
Questo atteggiamento apologetico iniziò a declinare in seguito al grande cambiamento epocale che avvenne nella posizione della Chiesa cattolica verso gli altri cristiani e le religioni non cristiane durante il pontificato di Giovanni XXIII e il concilio Vaticano II. Alla fine del concilio il 7 dicembre 1965, fu approvata la dichiarazione sulla libertà religiosa e lo stesso giorno Paolo VI con un motu proprio modificò nome e segni della Congregazione del Sant'Ufficio, trasformandola nella Congregazione per la Dottrina della Fede. Secondo le parole del documento, bisognava promuovere non difendere la fede, correggere gli errori ma trattare con soavità chi errava. Cominciò così, una nuova storiografia soprattutto sull'Inquisizione spagnola, propiziata dalla ricorrenza del quinto centenario della fondazione (1478) e dalla fine del regime franchista. Il Sant'Ufficio in Spagna non fu così sanguinario come si era creduto e dopo i primi decenni del Seicento fu molto cauto nella persecuzione delle streghe. In Italia invece gli inquisitori continuarono a restare ignorati dalle ricerche e i loro archivi divennero la fonte per una storia innovativa degli inquisitori e delle culture popolari represse, in particolare a opera di Carlo Ginzburg. Il rinnovamento degli studi negli ultimi decenni si è allargato quindi all'Inquisizione romana e a quella portoghese, delle quali si comincia ad approfondire in modo nuovo la storia istituzionale, mentre si continuano a indagare i settori tradizionali, come la censura dei libri, le idee della Riforma, la magia e stregoneria e altri settori più recenti, come la santità simulata e la storia delle donne. Il modo di considerare queste storie di repressione è stato influenzato dalla crisi dell'idea di progresso e dalla constatazione degli efferati delitti contro l'umanità compiuti dai regimi totalitari nel corso del primo Novecento e dalle atroci pulizie etniche attuate negli ultimi decenni. Le nuove questioni storiografiche sono state esposte e discusse in libri, ma anche i convegni internazionali sull'Inquisizione, che hanno avuto inizio negli anni '70 e si sono susseguiti numerosi in Europa e nelle due Americhe. Le ricerche sulle Inquisizioni iberiche hanno potuto avvalersi fin dall'Ottocento dei rispettivi archivi centrali, quelle sull'Inquisizione romana erano gravemente limitate dalla inaccessibilità dei fond delle Comgregazione del Sant'Ufficio e dell'Indice. L'apertura della Chiesa cattolica agli altri cristiani e al mondo contemporaneo avvenuta con il concilio Vaticano II non si tramutò subito nell'apertura degli archivi inquisitoriali centrali. L'ammissione di storici qualificati avvenne silenziosamente soltanto alla fine degli anni '90 e nel gennaio del 1998 l'apertura fu solennizzata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e dell'Accademia dei Lincei, che a suo tempo aveva ospitato e sostenuto da Galileo. La consultabilità dell'ultimo archivio tenuto segreto in Vaticano è stata una scelta autonoma dell'allora cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, va messa in relazione con le riflessioni pubbliche che negli anni precedenti Giovanni Paolo II aveva proposto sugli errori, sulle manchevolezze e sui condizionamenti della Chiesa nell'ultimo millennio, in vista di una richiesta di perdono, durante il Giubileo del 2000. La Commissione teologico-storica del Comitato Centrale per il Grande Giubileo organizzò un simposio internazionale sull'Inquisizione, che si tenne in Vaticano dal 29 al 31 ottobre 1998 con la partecipazione di una quarantina di storici di tutto il mondo e di altrettanti professori di teologia delle università ecclesiastiche. Il cardinale Roger Etchegaray nell'allocuzione collegò espressamente lo straordinario simposio alle riflessioni del papa nell'enciclica Tertio millennio adveniente: L'itinerario spirituale di preparazione al Giubileo deve infatti passare anche attraverso una approfondita e sincera riflessione sugli <<errori, infedeltà incoerenze, ritardi>> dei quali nel corso dei secoli i credenti si sono potuti rendere responsabili. Solo così si giungerà ad una autentica purificazione della memoria del pentimento. Alla luce della dimensione ecumenica che caraterizza fortemente l'intero documento, il pontefice ha specificato, fra gli altri punti, che vi è << un capitolo doloroso sul quale i figli della Chiesa non possono non tornare con animo aperto al pentimento>> e cioè <<l'acquiscenza manifestata, specie in alcuni secoli, a metodi di tolleranza e persino di violenza nel servizio della verità>>. Sebbene esso non venga nominato in maniera esplicita è chiaro che in questo paragrafo Giovanni Paolo II si riferisce principalmente, anche se non esclusivamente, a quel particolare ecclesiastico, competente a giudicare i delitti in materia di eresia, conosciuto sotto io nome di Inquisizione.  Nella solenne cerimonia svoltasi in San Pietro la prima domenica di quaresima del terzo millennio cristiano, il 12 marzo 2000, l'Inquisizione venne tacitamente compresa nella seconda richiesta di perdono, recitata dal cardinale Ratzinger. Un altro segno del cambiamento si può notare negli interessanti seminari internazionali realizzati per la prima volta dall'Istituto storico dei domenicani, l'ordine che fornì il maggior numero di inquisitori, sui propri rapporti con l'Inquisizione medievale (Roma 23-25 febbraio 2002), con le Inquisizioni iberiche (Siviglia, 3-6 marzo 2004) e con l'Inquisizione romana (Roma, 15-18 febbraio 2006).
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Giordano Bruno, Gian Maria Volonté 
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