#Amori di mezzo secolo
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Amori di mezzo secolo (1954)
#Amori di mezzo secolo#mario chiari#pietro germi#glauco pellegrini#antonio pietrangeli#roberto rossellini#leonora ruffo#maria pia casilio#antonella lualdi#franco interlighi#1954#italian film#italian cinema#italian movies#cine italiano#cinema italiano
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TOUCH ME...
Le sfioro il cuIone e, nonostante la montagna di anni che mi porto sulle spalle, la cosa non passa inosservata ai piani bassi.
Abbiamo passato una vita insieme. La verità è che mi auguro di poterle toccare il sedere anche nel corso della prossima.
Lei sorride compiaciuta, malgrado questo mio gesto da teenager in calore sia di cattivo gusto, soprattutto in pubblico.
I nostri figli sono diventati genitori, e i loro figli - i nostri nipoti - sono già alle prese con i primi amori, corrisposti e non, come da copione.
Non sento più come una volta. Sessant'anni fa il rumore prodotto dalle onde contro gli scogli era la mia sveglia mattutina. Oggi, se voglio fare due chiacchiere con gli amici, devo infilarmi uno stupido aggeggio nell'orecchio, una specie di alveare impiantato nel cervello.
Con lei è diverso.
Ci parliamo con gli occhi, noi due.
Basta uno sguardo ed è già tutto chiaro, poche parole, solo quando è necessario. Praticamente mai.
Dopo cinquant'anni di matrimonio, almeno un milione di sacchi di immondizia gettati nei cassonetti e altrettanti rimproveri per non aver fatto ciò che dovevo, o per averlo fatto in modo sbagliato, siamo ancora qui, nel pub di un paesino di provincia a bere birra, mentre il sabato pomeriggio sfuma lentamente nella sera.
Parlano di qualche mese.
Tre, forse addirittura sei. Probabilmente quattro. So che non dovrei prendermela troppo, in fondo ho vissuto a sufficienza.
Ci sono migliaia di bambini che muoiono ogni giorno, proprio ora, in questo preciso istante. Se potessi regalare a ciascuno di loro un po' dei miei anni passati, beh, me ne andrei via più tranquillo.
Ma non è così che funziona.
Perché non esiste alcun contratto dove sta scritto che la vita è una questione di numeri. Non esiste alcun contratto, in verità.
Lei non lo sa ancora. Non ho il coraggio di dirglielo.
Come si reagisce alla notizia che il tizio con cui dormi da più di mezzo secolo, tra qualche mese sarà solo un cuscino vuoto? Non lo so.
Ho paura. Non solo per me, anzi, soprattutto per lei.
La verità è che non siamo fatti per morire.
Lo so che sembra un ragionamento infantile, ma vi posso assicurare che le cose stanno proprio così.
Ogni giorno vivi la vita ai cento all'ora con una voglia matta di alzare il piede dall'acceleratore. Poi, senza alcun preavviso, si accende la spia rossa e sei costretto a fermarti per fare rifornimento. Quando sali di nuovo in macchina e giri la chiave, però, non accade nulla. Il motore non ruggisce più. È morto.
Ma com'è possibile? ti chiedi. Stavo viaggiando alla velocità della luce fino a un attimo fa. Avevo dei progetti, degli assi nella manica da giocare al momento giusto, e ora mi ritrovo con le mutande calate all'altezza delle ginocchia in attesa di essere punito per chissà quale colpa.
Credetemi: anche a ottant'anni si fanno progetti. E uno di quelli più ricorrenti, ironia della sorte, è quello di non morire.
Comico, no?
«Ci facciamo un altro giro?» mi fa lei.
La osservo e sorrido. È bellissima. Con il vestito a pois e gli occhiali in tinta.
«Perché no!» esclamo. «In fondo...» Lascio la frase a metà e lei aggrotta le sopracciglia.
Forse ha capito.
Forse no.
Forse... chissà.
Faccio segno al barista di portarne altre due.
Lui annuisce.
- Hai ancora un gran bel cuIo - le dico aggiustandomi il berretto.
Lei sorride.
Una carezza sulla guancia.
Chiudo gli occhi e mi preparo al prossimo giro.
Di Birra.
Di Vita.
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Ogni giorno pubblico sulla pagina un racconto breve ispirato da un'immagine. Unisciti a noi!
(Illustrazioni by Pete McKee)
#alessandrocasalini #libri #romanzo #libro #book #leggere #scrivere #noeap #scrittore #acasaliniscrittore #racconti #shortstories #illustrazioni #raccontibrevi #istantaneeaocchiaperti
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“Le tocco il cuIo(ne) e mi rendo conto che, nonostante la montagna di anni che mi porto sulle spalle, la cosa non passa inosservata ai piani bassi.
Lei sorride.
Per quanto di cattivo gusto, soprattutto all'interno di un locale pubblico, questo mio gesto da teenager in calore sembra farle piacere.
Abbiamo passato una vita insieme.
La verità è che mi auguro di poterle toccare il cuIo anche nel corso della prossima.
I nostri figli sono diventati genitori.
I loro figli, i nostri nipoti, sono invece alla prese con i primi amori.
Corrisposti e non.
Tutto come da copione.
Non sento più come una volta.
Sessant'anni fa il rumore prodotto dalle onde del mare contro gli scogli era la mia sveglia mattutina. Oggi, quando voglio fare una chiacchierata con gli amici, devo mettermi uno stupido aggeggio nell'orecchio.
Una specie di alveare pieno di api isteriche impiantato nel cervello.
Con lei è diverso.
Noi ci parliamo con gli occhi.
Basta uno sguardo ed è già tutto chiaro.
Poche parole.
Solo quando è necessario. Praticamente mai.
Dopo cinquant'anni di matrimonio, almeno un milione di sacchi di immondizia gettati nei vari cassonetti, e altrettanti rimproveri per non aver fatto, o per aver fatto ma non nel modo corretto, siamo ancora qui: nel pub di un paesino di provincia, aspettando che un sabato pomeriggio qualunque si trasformi in oscurità.
Lo so che fa ridere.
Due più che ottantenni seduti al banco di un bar a bere due pinte di Guinness.
Alla faccia della gastrite e della prostata ingrossata.
Sembra la scena di un film di Fellini.
Parlano di qualche mese.
Tre, forse addirittura sei.
Probabilmente quattro.
So che non dovrei prendermela troppo.
In fondo ho campato parecchio. Ci sono migliaia di bambini che muoiono ogni giorno. Anche ora: in questo preciso instante.
Se sommando le loro giovani età fino a raggiungere i miei anni, avessi la certezza che questa mia uscita di scena potesse salvare loro la vita, beh... me ne andrei più tranquillo.
So che non è così.
Non lo sarà mai.
Non esiste alcun contratto dove sta scritto che la vita è una questione di algebra.
Non esiste alcun contratto, per la verità.
Lei non lo sa ancora.
Non ho il coraggio di dirglielo.
Come si reagisce alla notizia che il tizio con cui dormi da più di mezzo secolo, tra qualche mese sarà solo un cuscino vuoto?
Non lo so.
Ho paura.
Non solo per me. Anche per lei.
La verità è che non siamo fatti per morire.
Lo so che sembra infantile come ragionamento, ma vi posso garantire che le cose stanno proprio così. Ogni giorno vivi la vita ai cento all'ora con la voglia matta di alzare il piede dall'acceleratore. Poi, senza alcun preavviso, si accende la spia rossa e allora ti fermi a fare rifornimento. Sali di nuovo in macchina, giri la chiave e – colpo di scena – non accade nulla. Il motore non ruggisce più. È morto. Ma com'è possibile? Ti chiedi. Stavo viaggiando alla velocità della luce proprio un attimo fa. Avevo dei progetti, degli assi nella manica da giocare al momento giusto, e ora invece mi ritrovo con le mutande calate all'altezza delle ginocchia in attesa che un corpo estraneo penetri nelle mie stanze e faccia piazza pulita.
Credetemi: anche a ottant'anni si fanno progetti.
E uno di quelli più ricorrenti, ironia della sorte, è proprio quello di non morire.
Comico, no?
- Ci facciamo un altro giro?
La guardo. E' bellissima. Con il vestito a pois e gli occhiali in tinta.
- Perché no! - esclamo - In fondo...
Lascio la frase a metà.
Lei aggrotta le sopracciglia.
Forse ha capito.
Forse no.
Forse... chissà.
Faccio segno al barista di portarne altre due.
Lui annuisce.
- Hai ancora un gran bel cuIo - le dico aggiustandomi il berretto.
Lei sorride.
Una carezza sulla guancia.
Chiudo gli occhi e mi preparo al prossimo giro.
Di Birra.
Di Vita.
Alessandro Casalini
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Le tocco il cuIo(ne) e mi rendo conto che, nonostante la montagna di anni che mi porto sulle spalle, la cosa non passa inosservata ai piani bassi.
Lei sorride.
Per quanto di cattivo gusto, soprattutto all'interno di un locale pubblico, questo mio gesto da teenager in calore sembra farle piacere.
Abbiamo passato una vita insieme.
La verità è che mi auguro di poterle toccare il cuIo anche nel corso della prossima.
I nostri figli sono diventati genitori.
I loro figli, i nostri nipoti, sono invece alla prese con i primi amori.
Corrisposti e non.
Tutto come da copione.
Non sento più come una volta.
Sessant'anni fa il rumore prodotto dalle onde del mare contro gli scogli era la mia sveglia mattutina. Oggi, quando voglio fare una chiacchierata con gli amici, devo mettermi uno stupido aggeggio nell'orecchio.
Una specie di alveare pieno di api isteriche impiantato nel cervello.
Con lei è diverso.
Noi ci parliamo con gli occhi.
Basta uno sguardo ed è già tutto chiaro.
Poche parole.
Solo quando è necessario. Praticamente mai.
Dopo cinquant'anni di matrimonio, almeno un milione di sacchi di immondizia gettati nei vari cassonetti, e altrettanti rimproveri per non aver fatto, o per aver fatto ma non nel modo corretto, siamo ancora qui: nel pub di un paesino di provincia, aspettando che un sabato pomeriggio qualunque si trasformi in oscurità.
Lo so che fa ridere.
Due più che ottantenni seduti al banco di un bar a bere due pinte di Guinness.
Alla faccia della gastrite e della prostata ingrossata.
Sembra la scena di un film di Fellini.
Parlano di qualche mese.
Tre, forse addirittura sei.
Probabilmente quattro.
So che non dovrei prendermela troppo.
In fondo ho campato parecchio. Ci sono migliaia di bambini che muoiono ogni giorno. Anche ora: in questo preciso instante.
Se sommando le loro giovani età fino a raggiungere i miei anni, avessi la certezza che questa mia uscita di scena potesse salvare loro la vita, beh... me ne andrei più tranquillo.
So che non è così.
Non lo sarà mai.
Non esiste alcun contratto dove sta scritto che la vita è una questione di algebra.
Non esiste alcun contratto, per la verità.
Lei non lo sa ancora.
Non ho il coraggio di dirglielo.
Come si reagisce alla notizia che il tizio con cui dormi da più di mezzo secolo, tra qualche mese sarà solo un cuscino vuoto?
Non lo so.
Ho paura.
Non solo per me. Anche per lei.
La verità è che non siamo fatti per morire.
Lo so che sembra infantile come ragionamento, ma vi posso garantire che le cose stanno proprio così. Ogni giorno vivi la vita ai cento all'ora con la voglia matta di alzare il piede dall'acceleratore. Poi, senza alcun preavviso, si accende la spia rossa e allora ti fermi a fare rifornimento. Sali di nuovo in macchina, giri la chiave e – colpo di scena – non accade nulla. Il motore non ruggisce più. È morto. Ma com'è possibile? Ti chiedi. Stavo viaggiando alla velocità della luce proprio un attimo fa. Avevo dei progetti, degli assi nella manica da giocare al momento giusto, e ora invece mi ritrovo con le mutande calate all'altezza delle ginocchia in attesa che un corpo estraneo penetri nelle mie stanze e faccia piazza pulita.
Credetemi: anche a ottant'anni si fanno progetti.
E uno di quelli più ricorrenti, ironia della sorte, è proprio quello di non morire.
Comico, no?
- Ci facciamo un altro giro?
La guardo. E' bellissima. Con il vestito a pois e gli occhiali in tinta.
- Perché no! - esclamo - In fondo...
Lascio la frase a metà.
Lei aggrotta le sopracciglia.
Forse ha capito.
Forse no.
Forse... chissà.
Faccio segno al barista di portarne altre due.
Lui annuisce.
- Hai ancora un gran bel cuIo - le dico aggiustandomi il berretto.
Lei sorride.
Una carezza sulla guancia.
Chiudo gli occhi e mi preparo al prossimo giro.
Di Birra.
Di Vita.
- A. Casalini
da Sessualita' Sacra
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Morto a Genova Giuseppe Marcenaro, intellettuale e saggista
E’ morto ieri sera Giuseppe Marcenaro. Intellettuale, giornalista, scrittore genovese avrebbe compiuto 82 anni a marzo. Montale, Stendhal e Rimbaud i suoi grandi amori letterari. In oltre mezzo secolo di attività ha scritto sulla carta stampata per quotidiani e riviste. Proprietario di una biblioteca di oltre 30mila volumi tra cui moltissimi pezzi rari e prime edizioni, aveva dedicato…
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Amori di mezzo secolo, 1954
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TOUCH ME...
Le sfioro il sedere e, nonostante la montagna di anni che mi porto sulle spalle, la cosa non passa inosservata ai piani bassi.
Lei sorride compiaciuta, malgrado questo mio gesto da teenager in calore sia di cattivo gusto, soprattutto in pubblico.
Abbiamo passato una vita insieme. La verità è che mi auguro di poterle toccare il sedere anche nel corso della prossima.
I nostri figli sono diventati genitori, e i loro figli - i nostri nipoti - sono già alle prese con i primi amori, corrisposti e non, come da copione.
Non sento più come una volta.
Sessant’anni fa il rumore prodotto dalle onde contro gli scogli era la mia sveglia mattutina.
Oggi, se voglio fare due chiacchiere con gli amici, devo infilarmi uno stupido aggeggio nell’orecchio, una specie di alveare impiantato nel cervello.
Con lei è diverso.
Ci parliamo con gli occhi, noi due.
Basta uno sguardo ed è già tutto chiaro, poche parole, solo quando è necessario. Praticamente mai.
Dopo cinquant’anni di matrimonio, almeno un milione di sacchi di immondizia gettati nei cassonetti e altrettanti rimproveri per non aver fatto ciò che dovevo, o per averlo fatto in modo sbagliato, siamo ancora qui, sul lungomare di un paesino di provincia a bere birra, mentre il sabato pomeriggio sfuma lentamente nella sera.
Parlano di qualche mese.
Tre, forse addirittura sei.
Probabilmente quattro.
So che non dovrei prendermela troppo, in fondo ho vissuto a sufficienza. Ci sono migliaia di bambini che muoiono ogni giorno, proprio ora, in questo preciso istante. Se potessi regalare a ciascuno di loro un po' dei miei anni passati, beh, me ne andrei via più tranquillo.
Ma non è così che funziona. Perché non esiste alcun contratto dove sta scritto che la vita è una questione di numeri. Non esiste alcun contratto, in verità.
Lei non lo sa ancora. Non ho il coraggio di dirglielo.
Come si reagisce alla notizia che il tizio con cui dormi da più di mezzo secolo, tra qualche mese sarà solo un cuscino vuoto?
Non lo so.
Ho paura. Non solo per me, anzi, soprattutto per lei.
La verità è che non siamo fatti per morire.
Lo so che sembra un ragionamento infantile, ma vi posso assicurare che le cose stanno proprio così.
Ogni giorno vivi la vita ai cento all’ora con una voglia matta di alzare il piede dall’acceleratore. Poi, senza alcun preavviso, si accende la spia rossa e sei costretto a fermarti per fare rifornimento.
Quando sali di nuovo in macchina e giri la chiave, però, non accade nulla. Il motore non ruggisce più. È morto.
Ma com’è possibile? ti chiedi.
Stavo viaggiando alla velocità della luce fino a un attimo fa. Avevo dei progetti, degli assi nella manica da giocare al momento giusto, e ora mi ritrovo con le mutande calate all’altezza delle ginocchia in attesa di essere punito per chissà quale colpa.
Credetemi: anche a ottant’anni si fanno progetti. E uno di quelli più ricorrenti, ironia della sorte, è quello di non morire.
Comico, no?
«Ci facciamo un altro giro?» mi fa lei.
La osservo e sorrido. È bellissima.
«Perché no!» esclamo. «In fondo...»
Lascio la frase a metà e lei aggrotta le sopracciglia.
Forse ha capito.
Forse no.
Forse... chissà.
Stappo l'ennesima bottiglia e le faccio l'occhiolino.
«Hai ancora un gran bel culo» le sussurro all’orecchio.
Lei sorride e mi regala una carezza, mentre io, felice di essere al suo fianco, chiudo gli occhi e mi preparo al prossimo giro... di birra... di vita.
a.casalini
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"Le tocco il cuIo(ne) e mi rendo conto che, nonostante la montagna di anni che mi porto sulle spalle, la cosa non passa inosservata ai piani bassi.
Lei sorride.
Per quanto di cattivo gusto, soprattutto all'interno di un locale pubblico, questo mio gesto da teenager in calore sembra farle piacere.
Abbiamo passato una vita insieme.
La verità è che mi auguro di poterle toccare il cuIo anche nel corso della prossima.
I nostri figli sono diventati genitori.
I loro figli, i nostri nipoti, sono invece alla prese con i primi amori.
Corrisposti e non.
Tutto come da copione.
Non sento più come una volta.
Sessant'anni fa il rumore prodotto dalle onde del mare contro gli scogli era la mia sveglia mattutina. Oggi, quando voglio fare una chiacchierata con gli amici, devo mettermi uno stupido aggeggio nell'orecchio.
Una specie di alveare pieno di api isteriche impiantato nel cervello.
Con lei è diverso.
Noi ci parliamo con gli occhi.
Basta uno sguardo ed è già tutto chiaro.
Poche parole.
Solo quando è necessario. Praticamente mai.
Dopo cinquant'anni di matrimonio, almeno un milione di sacchi di immondizia gettati nei vari cassonetti, e altrettanti rimproveri per non aver fatto, o per aver fatto ma non nel modo corretto, siamo ancora qui: nel pub di un paesino di provincia, aspettando che un sabato pomeriggio qualunque si trasformi in oscurità.
Lo so che fa ridere.
Due più che ottantenni seduti al banco di un bar a bere due pinte di Guinness.
Alla faccia della gastrite e della prostata ingrossata.
Sembra la scena di un film di Fellini.
Parlano di qualche mese.
Tre, forse addirittura sei.
Probabilmente quattro.
So che non dovrei prendermela troppo.
In fondo ho campato parecchio. Ci sono migliaia di bambini che muoiono ogni giorno. Anche ora: in questo preciso instante.
Se sommando le loro giovani età fino a raggiungere i miei anni, avessi la certezza che questa mia uscita di scena potesse salvare loro la vita, beh... me ne andrei più tranquillo.
So che non è così.
Non lo sarà mai.
Non esiste alcun contratto dove sta scritto che la vita è una questione di algebra.
Non esiste alcun contratto, per la verità.
Lei non lo sa ancora.
Non ho il coraggio di dirglielo.
Come si reagisce alla notizia che il tizio con cui dormi da più di mezzo secolo, tra qualche mese sarà solo un cuscino vuoto?
Non lo so.
Ho paura.
Non solo per me. Anche per lei.
La verità è che non siamo fatti per morire.
Lo so che sembra infantile come ragionamento, ma vi posso garantire che le cose stanno proprio così. Ogni giorno vivi la vita ai cento all'ora con la voglia matta di alzare il piede dall'acceleratore. Poi, senza alcun preavviso, si accende la spia rossa e allora ti fermi a fare rifornimento. Sali di nuovo in macchina, giri la chiave e – colpo di scena – non accade nulla. Il motore non ruggisce più. È morto. Ma com'è possibile? Ti chiedi. Stavo viaggiando alla velocità della luce proprio un attimo fa. Avevo dei progetti, degli assi nella manica da giocare al momento giusto, e ora invece mi ritrovo con le mutande calate all'altezza delle ginocchia in attesa che un corpo estraneo penetri nelle mie stanze e faccia piazza pulita. Credetemi: anche a ottant'anni si fanno progetti. E uno di quelli più ricorrenti, ironia della sorte, è proprio quello di non morire.
Comico, no?
- Ci facciamo un altro giro?
La guardo. E' bellissima. Con il vestito a pois e gli occhiali in tinta.
- Perché no! - esclamo - In fondo...
Lascio la frase a metà.
Lei aggrotta le sopracciglia.
Forse ha capito.
Forse no.
Forse... chissà.
Faccio segno al barista di portarne altre due.
Lui annuisce.
- Hai ancora un gran bel cuIo - le dico aggiustandomi il berretto.
Lei sorride.
Una carezza sulla guancia.
Chiudo gli occhi e mi preparo al prossimo giro.
Di Birra.
Di Vita."
(Alessandro Casalini)
illustrazione di McKee
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KISS ME...
Le sfioro le labbra e mi rendo conto che, nonostante la montagna di anni che mi porto sulle spalle, la cosa non passa inosservata ai piani bassi.
Lei sorride.
E per quanto di cattivo gusto, soprattutto all'interno di un locale pubblico, questo mio gesto da teenager in calore sembra farle piacere.
Abbiamo passato una vita insieme.
La verità è che mi auguro di poterla baciare anche nel corso della prossima.
I nostri figli sono diventati genitori.
I loro figli, i nostri nipoti, invece sono alle prese con i primi amori, corrisposti e non, tutto come da copione.
Non sento più come una volta.
Sessant'anni fa il rumore prodotto dalle onde del mare contro gli scogli era la mia sveglia mattutina. Oggi, quando voglio fare due chiacchiere con gli amici, devo mettermi uno stupido aggeggio nell'orecchio. Una specie di alveare pieno di api isteriche impiantato nel cervello.
Con lei è diverso.
Noi due ci parliamo con gli occhi.
Basta uno sguardo ed è già tutto chiaro, poche parole, solo quando è necessario.
Praticamente mai.
Dopo cinquant'anni di matrimonio, almeno un milione di sacchi di immondizia gettati nei vari cassonetti e altrettanti rimproveri per non aver fatto, o per aver fatto ma non nel modo corretto, siamo ancora qui, nell'unico pub di un paesino di provincia a un passo dal mare, ad aspettare che un sabato pomeriggio qualunque si trasformi in oscurità.
Lo so che può far sorridere.
Due più che ottantenni seduti al banco di un bar a bere pinte di Guinness e a scambiarsi effusioni.
Come in un film di Fellini.
Parlano di qualche mese.
Tre, forse addirittura sei, probabilmente quattro.
So che non dovrei prendermela troppo.
In fondo ho campato parecchio, forse addirittura troppo.
Inoltre ci sono migliaia di bambini che muoiono ogni giorno, anche ora, in questo preciso istante.
Se sommando le loro giovani età fino a raggiungere i miei anni avessi la certezza che questa uscita di scena potesse salvare loro la vita, beh... me ne andrei via più tranquillo.
So che non è così e non lo sarà mai.
Perchè non esiste alcun contratto dove sta scritto che la vita è una questione di algebra.
Non esiste alcun contratto, per la verità.
Lei non lo sa ancora, non ho il coraggio di dirglielo.
Come si reagisce alla notizia che il tizio con cui dormi da più di mezzo secolo, tra qualche mese sarà solo un cuscino vuoto?
Non lo so, non lo so davvero.
Ho paura.
Non solo per me.
Anche per lei.
La verità è che non siamo fatti per morire.
Lo so che sembra infantile come ragionamento, ma vi posso garantire che le cose stanno esattamente così.
Ogni giorno vivi la vita ai cento all'ora con la voglia matta di alzare il piede dall'acceleratore. Poi, senza alcun preavviso, si accende la spia rossa e allora ti fermi a fare rifornimento. Sali di nuovo in macchina, giri la chiave e, colpo di scena, non accade nulla. Il motore non ruggisce più, è morto. Ma com'è possibile? ti chiedi. Stavo viaggiando alla velocità della luce proprio un attimo fa. Avevo dei progetti, degli assi nella manica da giocare al momento giusto; ora invece mi ritrovo con le mutande calate all'altezza delle ginocchia in attesa che qualcosa di brutto accada contro la mia volontà.
Credetemi: anche a ottant'anni si fanno progetti.
E uno di quelli più ricorrenti, ironia della sorte, è proprio quello di non morire.
Comico, no?
- Ci facciamo un altro giro? - mi fa lei.
Io la fisso negli occhi, è bellissima.
Con il cappotto ormai spelacchiato e gli occhiali in tinta.
- Perché no - sussurro. - In fondo...
Lascio la frase a metà.
Lei aggrotta le sopracciglia.
Forse ha capito.
Forse no.
Forse... chissà.
Faccio segno al barista di portarne altre due, e lui annuisce.
- Baci ancora da Dio - le dico aggiustandomi il berretto.
Lei sorride.
Una carezza sulla guancia.
Chiudo gli occhi e mi preparo al prossimo giro.
Di Birra.
Di Vita.
Alessandro Casalini ▪︎ Fedeli al Vinile
#libridaleggere#romanzo#scrittore#musica#booklr#pensieri#vita#love#amore#paginedilibri#senso della vita#vivere#amore eterno#sogni appesi#alla fine del sogno#my love
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TOUCH ME... Le tocco il cuIo(ne) e mi rendo conto che, nonostante la montagna di anni che mi porto sulle spalle, la cosa non passa inosservata ai piani bassi. Lei sorride. Per quanto di cattivo gusto, soprattutto all'interno di un locale pubblico, questo mio gesto da teenager in calore sembra farle piacere. Abbiamo passato una vita insieme. La verità è che mi auguro di poterle toccare il cuIo anche nel corso della prossima. I nostri figli sono diventati genitori. I loro figli, i nostri nipoti, sono invece alla prese con i primi amori. Corrisposti e non. Tutto come da copione. Non sento più come una volta. Sessant'anni fa il rumore prodotto dalle onde del mare contro gli scogli era la mia sveglia mattutina. Oggi, quando voglio fare una chiacchierata con gli amici, devo mettermi uno stupido aggeggio nell'orecchio. Una specie di alveare pieno di api isteriche impiantato nel cervello. Con lei è diverso. Noi ci parliamo con gli occhi. Basta uno sguardo ed è già tutto chiaro. Poche parole. Solo quando è necessario. Praticamente mai. Dopo cinquant'anni di matrimonio, almeno un milione di sacchi di immondizia gettati nei vari cassonetti, e altrettanti rimproveri per non aver fatto, o per aver fatto ma non nel modo corretto, siamo ancora qui: nel pub di un paesino di provincia, aspettando che un sabato pomeriggio qualunque si trasformi in oscurità. Lo so che fa ridere. Due più che ottantenni seduti al banco di un bar a bere due pinte di Guinness. Alla faccia della gastrite e della prostata ingrossata. Sembra la scena di un film di Fellini. Parlano di qualche mese. Tre, forse addirittura sei. Probabilmente quattro. So che non dovrei prendermela troppo. In fondo ho campato parecchio. Ci sono migliaia di bambini che muoiono ogni giorno. Anche ora: in questo preciso istante. Se sommando le loro giovani età fino a raggiungere i miei anni, avessi la certezza che questa mia uscita di scena potesse salvare loro la vita, beh... me ne andrei più tranquillo. So che non è così. Non lo sarà mai. Non esiste alcun contratto dove sta scritto che la vita è una questione di algebra. Non esiste alcun contratto, per la verità. Lei non lo sa ancora. Non ho il coraggio di dirglielo. Come si reagisce alla notizia che il tizio con cui dormi da più di mezzo secolo, tra qualche mese sarà solo un cuscino vuoto? Non lo so. Ho paura. Non solo per me. Anche per lei. La verità è che non siamo fatti per morire. Lo so che sembra infantile come ragionamento, ma vi posso garantire che le cose stanno proprio così. Ogni giorno vivi la vita ai cento all'ora con la voglia matta di alzare il piede dall'acceleratore. Poi, senza alcun preavviso, si accende la spia rossa e allora ti fermi a fare rifornimento. Sali di nuovo in macchina, giri la chiave e – colpo di scena – non accade nulla. Il motore non ruggisce più. È morto. Ma com'è possibile? Ti chiedi. Stavo viaggiando alla velocità della luce proprio un attimo fa. Avevo dei progetti, degli assi nella manica da giocare al momento giusto, e ora invece mi ritrovo con le mutande calate all'altezza delle ginocchia in attesa che un corpo estraneo penetri nelle mie stanze e faccia piazza pulita. Credetemi: anche a ottant'anni si fanno progetti. E uno di quelli più ricorrenti, ironia della sorte, è proprio quello di non morire. Comico, no? - Ci facciamo un altro giro? La guardo. E' bellissima. Con il vestito a pois e gli occhiali in tinta. - Perché no! - esclamo - In fondo... Lascio la frase a metà. Lei aggrotta le sopracciglia. Forse ha capito. Forse no. Forse... chissà. Faccio segno al barista di portarne altre due. Lui annuisce. - Hai ancora un gran bel cuIo - le dico aggiustandomi il berretto. Lei sorride. Una carezza sulla guancia. Chiudo gli occhi e mi preparo al prossimo giro. Di Birra. Di Vita. Fedeli al Vinile lo trovate qui: Fedeli al Vinile lo trovate in libreria (Alessandro Casalini Scrittore)
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Silvana Pampanini.
Filmografía
Como actriz:
1971: Mazzabubù... quante corna stanno quaggiù?
1967: Tres mil kilómetros de amor
1966: Mondo pazzo... gente matta!
1965: Un italiano en la Argentina
1964: Napoleoncito
1961: El congreso de los maridos
1961: Wa Islamah
1961: Il terrore dei mari
1959: Sed de amor
1958: Giuseppe Verdi (Cortometraje)
1958: Cesta duga godinu dana
1957: Serán hombres
1956:La loi des rues
1956: Kyriakatikoi iroes
1955:Canzoni di tutta Italia
1955: Cuentos de Roma
1955: La bella de Roma
1955: La tour de Nesle
1954: Tirma.
1954: Orient Express
1954: Allegro squadrone
1954: La peccatrice dell'isola
1954: Canciones de medio siglo
1954: Esclava del pecado
1954: El matrimonio
1954: Amori di mezzo secolo
1954: Un día en el juzgado
1953: Noi cannibali
1953: Odio, amor y castigo
1953: Canzoni, canzoni, canzoni
1953: Un marito per Anna Zaccheo
1953: L'incantevole nemica
1953: Los crímenes del castillo
1953: Bufere.
1952: La presidentessa
1952: El fantasma es un vivo
1952: Esclavas blancas
1952: La donna che inventò l'amore
1952: Processo alla città
1952: Le avventure di Mandrin
1951: Ha fatto 13
1951: Tizio, Caio, Sempronio
1951: Una bruna indiavolata!
1951: O.K. Nerón
1951: La paura fa 90
1951: Miracolo a Viggiù
1951: Antonio de Padua
1951: Io sono il capataz
1951: Bellezze in bicicletta
1950: È arrivato il cavaliere!
1950: Il richiamo nella tempesta
1950: La bisarca
1950: L'inafferrabile 12
1950: Lo sparviero del Nilo
1950: Il barone Carlo Mazza
1950: La forza del destino
1949: Biancaneve e i sette ladri
1949: Marechiaro
1949: I pompieri di Viggiù
1948: Arrivederci, papà!
1947: El secreto de Don Juan
1947: L'apocalisse
Como directora:
1958: Giuseppe Verdi
1958: Melodie a Sant'Agata (Cortometraje-Documantal)
Televisión
2002: Dominga
1999: Tre stelle.
Créditos: Tomado de Wikipedia
https://es.wikipedia.org/wiki/Silvana_Pampanini
#HONDURASQUEDATEENCASA
#ELCINELATELEYMICKYANDONIE
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Le tocco il cuIo(ne) e mi rendo conto che, nonostante la montagna di anni che mi porto sulle spalle, la cosa non passa inosservata ai piani bassi.
Lei sorride.
Per quanto di cattivo gusto, soprattutto all'interno di un locale pubblico, questo mio gesto da teenager in calore sembra farle piacere.
Abbiamo passato una vita insieme.
La verità è che mi auguro di poterle toccare il cuIo anche nel corso della prossima.
I nostri figli sono diventati genitori.
I loro figli, i nostri nipoti, sono invece alla prese con i primi amori.
Corrisposti e non.
Tutto come da copione.
Non sento più come una volta.
Sessant'anni fa il rumore prodotto dalle onde del mare contro gli scogli era la mia sveglia mattutina. Oggi, quando voglio fare una chiacchierata con gli amici, devo mettermi uno stupido aggeggio nell'orecchio.
Una specie di alveare pieno di api isteriche impiantato nel cervello.
Con lei è diverso.
Noi ci parliamo con gli occhi.
Basta uno sguardo ed è già tutto chiaro.
Poche parole.
Solo quando è necessario. Praticamente mai.
Dopo cinquant'anni di matrimonio, almeno un milione di sacchi di immondizia gettati nei vari cassonetti, e altrettanti rimproveri per non aver fatto, o per aver fatto ma non nel modo corretto, siamo ancora qui: nel pub di un paesino di provincia, aspettando che un sabato pomeriggio qualunque si trasformi in oscurità.
Lo so che fa ridere.
Due più che ottantenni seduti al banco di un bar a bere due pinte di Guinness.
Alla faccia della gastrite e della prostata ingrossata.
Sembra la scena di un film di Fellini.
Parlano di qualche mese.
Tre, forse addirittura sei.
Probabilmente quattro.
So che non dovrei prendermela troppo.
In fondo ho campato parecchio. Ci sono migliaia di bambini che muoiono ogni giorno. Anche ora: in questo preciso instante.
Se sommando le loro giovani età fino a raggiungere i miei anni, avessi la certezza che questa mia uscita di scena potesse salvare loro la vita, beh... me ne andrei più tranquillo.
So che non è così.
Non lo sarà mai.
Non esiste alcun contratto dove sta scritto che la vita è una questione di algebra.
Non esiste alcun contratto, per la verità.
Lei non lo sa ancora.
Non ho il coraggio di dirglielo.
Come si reagisce alla notizia che il tizio con cui dormi da più di mezzo secolo, tra qualche mese sarà solo un cuscino vuoto?
Non lo so.
Ho paura.
Non solo per me. Anche per lei.
La verità è che non siamo fatti per morire.
Lo so che sembra infantile come ragionamento, ma vi posso garantire che le cose stanno proprio così. Ogni giorno vivi la vita ai cento all'ora con la voglia matta di alzare il piede dall'acceleratore. Poi, senza alcun preavviso, si accende la spia rossa e allora ti fermi a fare rifornimento. Sali di nuovo in macchina, giri la chiave e – colpo di scena – non accade nulla. Il motore non ruggisce più. È morto. Ma com'è possibile? Ti chiedi. Stavo viaggiando alla velocità della luce proprio un attimo fa. Avevo dei progetti, degli assi nella manica da giocare al momento giusto, e ora invece mi ritrovo con le mutande calate all'altezza delle ginocchia in attesa che un corpo estraneo penetri nelle mie stanze e faccia piazza pulita.
Credetemi: anche a ottant'anni si fanno progetti.
E uno di quelli più ricorrenti, ironia della sorte, è proprio quello di non morire.
Comico, no?
- Ci facciamo un altro giro?
La guardo. E' bellissima. Con il vestito a pois e gli occhiali in tinta.
- Perché no! - esclamo - In fondo...
Lascio la frase a metà.
Lei aggrotta le sopracciglia.
Forse ha capito.
Forse no.
Forse... chissà.
Faccio segno al barista di portarne altre due.
Lui annuisce.
- Hai ancora un gran bel cuIo - le dico aggiustandomi il berretto.
Lei sorride.
Una carezza sulla guancia.
Chiudo gli occhi e mi preparo al prossimo giro.
Di Birra.
Di Vita.
Alessandro Casalini
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J-POP Manga, le uscite del 9 ottobre
Disponibili da oggi il romanzo di Weathering With You e il primo volume de La Scelta di Pandora!
Di seguito trovate tutte le nuove uscite manga targate J-POP, disponibili da oggi in libreria, fumetteria e store online.
WEATHERING WITH YOU (Romanzo) di Makoto Shinkai
Dopo il successo del film e del romanzo di your name., che ha scalato le classifiche in Italia con migliaia di copie vendute, Makoto Shinkai ritorna con una coinvolgente storia sovrannaturale scritta dal regista in persona! Il protagonista, che sembra seguito da una pioggia incessante, trova un lavoretto presso un giornale di occultismo di Tokyo, e come primo lavoro deve cercare una ragazza in grado di controllare gli agenti atmosferici...
Volume unico - Completo - € 15,00 12,75 - Acquista su Amazon
LA SCELTA DI PANDORA #1 di Yudori
L’aspetto di Pandora, ereditato dalla madre, la fa spiccare su tutti e la rende bersaglio della malevolenza altrui. Il carattere indomabile e il pessimo rapporto con il padre fanno il resto, rafforzando il suo status di mina vagante nella buona società Stati Uniti del XIX secolo. Troverà degli avversari per il suo candore e la sua ironia? La giovane autrice coreana Yudori firma un dramma storico ricco di amori e amicizie complicate...
2 volumi - Completo - € 20,00 17,00 - Acquista su Amazon
BALLAD X OPERA #4 di Akaza Samamiya
Haruto ha smesso di provare pietà per i peccatori e adempie con spietatezza al suo ruolo di dio della morte, mentre Shiro e Kuro soffrono segretamente per averlo messo su questa strada. Finché di fronte al ragazzo non appare qualcuno di inaspettato, che lo fa vacillare...
5 volumi - In corso - € 5,90 5,01 - Acquista su Amazon
L'IMPERO DELLE OTOME #10 di Torajiro Kishi
Tra atmosfere yuri, amicizie che diventano qualcosa di più... un altro volume splendidamente disegnato, con le ragazze più interessanti e sexy del manga!
14 volumi - In corso - € 6,50 5,52 - Acquista su Amazon
GLI SPIRITI DI CASA MOMOCHI #15 di Aya Shouoto
Nel bel mezzo della battaglia mortale fra Kasha e Aoi nell'altro mondo, il segreto del ragazzo viene svelato dal suo nemico. A salvare la situazione, precipitata nel caos, arriva Himari, che cerca di andare avanti nonostante tutto!
16 volumi - Completo - € 4,40 3,74 - Acquista su Amazon
LA RAGAZZA BRUCIATA #2 di Kantetsu, Yu Satomi
Kaname Aizawa vive un’esistenza difficile sia a scuola sia tra le mura di casa. Tutto inizia a cambiare quando si scontra accidentalmente con Shiina Hinami, ragazza popolarissima a scuola, e apre per caso il suo diario segreto, venendo così a contatto con l’insospettabile lato oscuro della compagna. In una scuola sempre più impregnata dall’odore della morte, quale sarà il futuro dei due ragazzi?
4 volumi - Completo - € 6,00 - Acquista su Amazon
Autore: SilenziO))) (@s1lenzi0)
[FONTE]
#la scelta di pandora#la ragazza bruciata#ballad x opera#gli spiriti di casa momochi#l'impero delle otome#j-pop manga#edizioni bd#newsintheshell#news in the shell#fumetti#manga#fumetteria#amazon#libreria#weathering with you
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Le tocco il cuIo(ne) e mi rendo conto che, nonostante la montagna di anni che mi porto sulle spalle, la cosa non passa inosservata ai piani bassi.
Lei sorride.
Per quanto di cattivo gusto, soprattutto all'interno di un locale pubblico, questo mio gesto da teenager in calore sembra farle piacere.
Abbiamo passato una vita insieme.
La verità è che mi auguro di poterle toccare il cuIo anche nel corso della prossima.
I nostri figli sono diventati genitori.
I loro figli, i nostri nipoti, sono invece alla prese con i primi amori.
Corrisposti e non.
Tutto come da copione.
Non sento più come una volta.
Sessant'anni fa il rumore prodotto dalle onde del mare contro gli scogli era la mia sveglia mattutina. Oggi, quando voglio fare una chiacchierata con gli amici, devo mettermi uno stupido aggeggio nell'orecchio.
Una specie di alveare pieno di api isteriche impiantato nel cervello.
Con lei è diverso.
Noi ci parliamo con gli occhi.
Basta uno sguardo ed è già tutto chiaro.
Poche parole.
Solo quando è necessario. Praticamente mai.
Dopo cinquant'anni di matrimonio, almeno un milione di sacchi di immondizia gettati nei vari cassonetti, e altrettanti rimproveri per non aver fatto, o per aver fatto ma non nel modo corretto, siamo ancora qui: nel pub di un paesino di provincia, aspettando che un sabato pomeriggio qualunque si trasformi in oscurità.
Lo so che fa ridere.
Due più che ottantenni seduti al banco di un bar a bere due pinte di Guinness.
Alla faccia della gastrite e della prostata ingrossata.
Sembra la scena di un film di Fellini.
Parlano di qualche mese.
Tre, forse addirittura sei.
Probabilmente quattro.
So che non dovrei prendermela troppo.
In fondo ho campato parecchio. Ci sono migliaia di bambini che muoiono ogni giorno. Anche ora: in questo preciso instante.
Se sommando le loro giovani età fino a raggiungere i miei anni, avessi la certezza che questa mia uscita di scena potesse salvare loro la vita, beh... me ne andrei più tranquillo.
So che non è così.
Non lo sarà mai.
Non esiste alcun contratto dove sta scritto che la vita è una questione di algebra.
Non esiste alcun contratto, per la verità.
Lei non lo sa ancora.
Non ho il coraggio di dirglielo.
Come si reagisce alla notizia che il tizio con cui dormi da più di mezzo secolo, tra qualche mese sarà solo un cuscino vuoto?
Non lo so.
Ho paura.
Non solo per me. Anche per lei.
La verità è che non siamo fatti per morire.
Lo so che sembra infantile come ragionamento, ma vi posso garantire che le cose stanno proprio così. Ogni giorno vivi la vita ai cento all'ora con la voglia matta di alzare il piede dall'acceleratore. Poi, senza alcun preavviso, si accende la spia rossa e allora ti fermi a fare rifornimento. Sali di nuovo in macchina, giri la chiave e – colpo di scena – non accade nulla. Il motore non ruggisce più. È morto. Ma com'è possibile? Ti chiedi. Stavo viaggiando alla velocità della luce proprio un attimo fa. Avevo dei progetti, degli assi nella manica da giocare al momento giusto, e ora invece mi ritrovo con le mutande calate all'altezza delle ginocchia in attesa che un corpo estraneo penetri nelle mie stanze e faccia piazza pulita.
Credetemi: anche a ottant'anni si fanno progetti.
E uno di quelli più ricorrenti, ironia della sorte, è proprio quello di non morire.
Comico, no?
- Ci facciamo un altro giro?
La guardo. E' bellissima. Con il vestito a pois e gli occhiali in tinta.
- Perché no! - esclamo - In fondo...
Lascio la frase a metà.
Lei aggrotta le sopracciglia.
Forse ha capito.
Forse no.
Forse... chissà.
Faccio segno al barista di portarne altre due.
Lui annuisce.
- Hai ancora un gran bel cuIo - le dico aggiustandomi il berretto.
Lei sorride.
Una carezza sulla guancia.
Chiudo gli occhi e mi preparo al prossimo giro.
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Le tocco il cuIo(ne) e mi rendo conto che, nonostante la montagna di anni che mi porto sulle spalle, la cosa non passa inosservata ai piani bassi. Lei sorride. Per quanto di cattivo gusto, soprattutto all'interno di un locale pubblico, questo mio gesto da teenager in calore sembra farle piacere.
Abbiamo passato una vita insieme. La verità è che mi auguro di poterle toccare il cuIo anche nel corso della prossima.
I nostri figli sono diventati genitori. I loro figli, i nostri nipoti, sono invece alla prese con i primi amori. Corrisposti e non. Tutto come da copione.
Non sento più come una volta. Sessant'anni fa il rumore prodotto dalle onde del mare contro gli scogli era la mia sveglia mattutina. Oggi, quando voglio fare una chiacchierata con gli amici, devo mettermi uno stupido aggeggio nell'orecchio. Una specie di alveare pieno di api isteriche impiantato nel cervello.
Con lei è diverso. Noi ci parliamo con gli occhi. Basta uno sguardo ed è già tutto chiaro. Poche parole. Solo quando è necessario. Praticamente mai.
Dopo cinquant'anni di matrimonio, almeno un milione di sacchi di immondizia gettati nei vari cassonetti, e altrettanti rimproveri per non aver fatto, o per aver fatto ma non nel modo corretto, siamo ancora qui: nel pub di un paesino di provincia, aspettando che un sabato pomeriggio qualunque si trasformi in oscurità.
Lo so che fa ridere. Due più che ottantenni seduti al banco di un bar a bere due pinte di Guinness. Alla faccia della gastrite e della prostata ingrossata. Sembra la scena di un film di Fellini.
Parlano di qualche mese. Tre, forse addirittura sei. Probabilmente quattro.
So che non dovrei prendermela troppo. In fondo ho campato parecchio. Ci sono migliaia di bambini che muoiono ogni giorno. Anche ora: in questo preciso instante. Se sommando le loro giovani età fino a raggiungere i miei anni, avessi la certezza che questa mia uscita di scena potesse salvare loro la vita, beh... me ne andrei più tranquillo. So che non è così. Non lo sarà mai.
Non esiste alcun contratto dove sta scritto che la vita è una questione di algebra. Non esiste alcun contratto, per la verità.
Lei non lo sa ancora. Non ho il coraggio di dirglielo. Come si reagisce alla notizia che il tizio con cui dormi da più di mezzo secolo, tra qualche mese sarà solo un cuscino vuoto? Non lo so.
Ho paura. Non solo per me. Anche per lei.
La verità è che non siamo fatti per morire. Lo so che sembra infantile come ragionamento, ma vi posso garantire che le cose stanno proprio così. Ogni giorno vivi la vita ai cento all'ora con la voglia matta di alzare il piede dall'acceleratore. Poi, senza alcun preavviso, si accende la spia rossa e allora ti fermi a fare rifornimento. Sali di nuovo in macchina, giri la chiave e – colpo di scena – non accade nulla. Il motore non ruggisce più. È morto. Ma com'è possibile? Ti chiedi. Stavo viaggiando alla velocità della luce proprio un attimo fa. Avevo dei progetti, degli assi nella manica da giocare al momento giusto, e ora invece mi ritrovo con le mutande calate all'altezza delle ginocchia in attesa che un corpo estraneo penetri nelle mie stanze e faccia piazza pulita.
Credetemi: anche a ottant'anni si fanno progetti. E uno di quelli più ricorrenti, ironia della sorte, è proprio quello di non morire. Comico, no?
- Ci facciamo un altro giro? La guardo. E' bellissima. Con il vestito a pois e gli occhiali in tinta. - Perché no! - esclamo - In fondo...
Lascio la frase a metà. Lei aggrotta le sopracciglia.
Forse ha capito. Forse no. Forse... chissà.
Faccio segno al barista di portarne altre due. Lui annuisce.
- Hai ancora un gran bel cuIo - le dico aggiustandomi il berretto. Lei sorride. Una carezza sulla guancia.
Chiudo gli occhi e mi preparo al prossimo giro.
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Amori di mezzo secolo, 1954
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