#9830203
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MAG086 - #9830203 │ Tucked In
I'd really appreciate if TMA didn't ruin my faith in the power of a blanket cover
#MAG086#MAG 086#9830203#Tucked In#The Magnus Archives#TMA podcast#live notes#TMA spoilers#The Magnus Archives spoilers#fractal-thoughts.md#TMA live notes
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Magnus Archives Case Numbers
Every episode of the Magnus Archives organised via their case #
D-1862-143 - MAG 105
376-U - MAG 85
571-U - MAG 113
0002202 - MAG 66
0011206 - MAG 78
0020312 - MAG 9
0020312 - MAG 155
0020406 - MAG 35
0022010 - MAG 21
0030109 - MAG 146
0030306 - MAG 68
0030411 - MAG 88
0030912 - MAG 70
0032408 - MAG 27
0040904 - MAG 52
0051701 - MAG 24
0052911 - MAG 59
0060122 - MAG 134
0060711 - MAG 75
0063011 - MAG 139
0070107 - MAG 3
0070401 - MAG 115
0071303 - MAG 8
0071803 - MAG 67
0080307 - MAG 62
0080701 - MAG 51
0081002 - MAG 106
0081103 - MAG 49
0081212 - MAG 18
0081912 - MAG 130
0082107 - MAG 154
0090202 - MAG 145
0090303 - MAG 97
0090310 - MAG 144
0090401 - MAG 156
0090404 - MAG 57
0090608 - MAG 67
0091110 - MAG 126
0092008 - MAG 108
0092010 - MAG 72
0092204 - MAG 114
0092302 - MAG 5
0100102 - MAG 107
0100710 - MAG 10
0100710-B - MAG 56
0100912 - MAG 31
0101811 - MAG 69
0102503 - MAG 48
0110201 - MAG 33
0110209 - MAG 45
0110304 - MAG 148
0111311 - MAG 112
0112905 - MAG 14
0113005 - MAG 19
0113005-B - MAG 20
0120112 - MAG 136
0120204 - MAG 153
0120606 - MAG 38
0121102 - MAG 12
0121112 - MAG 124
0121403 - MAG 110
0121911 - MAG 36
0122204 - MAG 1
0130111 - MAG 30
0130409 - MAG 129
0130807 - MAG 90
0131103 - MAG 42
0131305 - MAG 149
0131408 - MAG 157
0131910 - MAG 83
0132306 - MAG 54
0132806 - MAG 4
0140207 - MAG 103
0140406 - MAG 102
0140911 - MAG 15
0140911 - MAG 150
0140912 - MAG 6
0141010 - MAG 87
0141407 - MAG 135
0142302 - MAG 32
0143103 - MAG 63
0150102 - MAG 122
0150108 - MAG 123
0150409 - MAG 16
0150806 - MAG 74
0151403 - MAG 11
0151904 - MAG 25
0152005 - MAG 64
0160112 - MAG 61
0160204 - MAG 26
0160311 - MAG 55
0160902 - MAG 41
0161002 - MAG 47
0161203 - MAG 22
0161207 - MAG 34
0161301 - MAG 13
0161704 - MAG 28
0161909 - MAG 43
0162907-A - MAG 39
0162907-B - MAG 40
0170208 - MAG 117
0170608 - MAG 118
0170701 - MAG 65
0170708 - MAG 119
0170908 - MAG 120
0171102 - MAG 73
0171302 - MAG 76
0171406 - MAG 104
0171602-A - MAG 79
0171602-B - MAG 80
0171802-A - MAG 81
0171802-B - MAG 82
0172404 - MAG 89
0172501 - MAG 71
0172804-A - MAG 91
0172804-B - MAG 92
0172904 - MAG 94
0172906 - MAG 109
0173006 - MAG 111
0180303 - MAG 128
0181106 - MAG 141
0181206 - MAG 142
0181408 - MAG 151
0181502 - MAG 121
0181606 - MAG 143
0181810 - MAG 160
0182003 - MAG 131
0182007 - MAG 147
0182403 - MAG 132
0182509-A - MAG 158
0182509-B - MAG 159
7150101 - MAG 140
7870211 - MAG 116
8141206 - MAG 50
8163103 - MAG 23
8312111 - MAG 127
8370108 - MAG 152
8450512 - MAG 58
8640514 - MAG 98
8671302 - MAG 138
9220611 - MAG 7
9302706 - MAG 133
9522002 - MAG 99
9550307 - MAG 137
9720406 - MAG 29
9721207 - MAG 60
9770211 - MAG 95
9790302 - MAG 44
9830203 - MAG 86
9900112 - MAG 84
9931907 - MAG 125
9941509 - MAG 77
9950503 - MAG 93
9961505 - MAG 96
9970509 - MAG 53
9982112 - MAG 46
9982211 - MAG 2
9991006 - MAG 17
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Very, very small TMA theory about something I noticed while listening to the “martin commits arson asmr | the magnus archives animatic” video that I haven’t heard anyone else mention, and I’m bored so, might as well get it out there.
When Martin is telling us the case numbers and statement givers��� names some of them rang a bell so I decided to look them up, they were all statements that had been digitalized previously.
In order:
Case #0071304, statement of Ivo Lensik was MAG 8: Burned Out
Case #0020406, statement of Harold Silvana was MAG 35: Old Passages
Case #0140207, statement of Dylan Anderson was MAG 103: Cruelty Free
Statement of Benjamin Hatendi was case #9830203, MAG 86: Tucked In
Statement of Albrecht von Closen was case #8163103, MAG 23: Schwartzwald
Martin alludes to the plan of burning statements was his when he said in MAG 117, “I mean, it’s not like I’m going to be safe, like my plan’s not dangerous, but it’s, it’s mine.”
So my theory is that Martin, for whatever reason, whether by accident or purpose, was burning statements that have already been digitalized and thus minimal damage was actually done in the end.
#maybe it was something to do with the end of 117 when jon burned gerrys page#he obviously was in a lot of pain in doing so#dont know if i would put stock in it#we dont know if martin went through tapes like jon#i dont know#tma#the magnus archives#tma s3#tma s3 spoilers#martin blackwood#tma theories#mag 118#mag 117#post
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MAG086 – Caso 9830203 – “Arropado” Testimonio de Benjamin Hatendi sobre un encuentro extraño [Disclaimer/ Aviso] [MAG085] | x | [MAG087]
#tma#MAG086#the magnus archives pod#the magnus archives podcast#magnus pod#Rusty Quill#tma spanish translation#traducción en español#tma translation
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MAG 086 - Caso 9830203 - “Rimboccato”
[Episodio precedente]
[pdf con testo inglese a fianco / pdf with english text on the side]
[CLICK]
TIM
[Sospiro] Dichiarazione di… uh, Benjamin Hatendi… Hateendi? Riguardo a una… [fruscio di carte] coperta. Caro amico. Mostro. Riguardo la sua inevitabile e sanguinosa morte. Come ha cercato di nascondersi. Non ci è riuscito. La dichiarazione è del… 1983, 2 marzo. E immagino… [lungo sospiro] immagino di fare io questa qui. Tim Stoker. Assistente archivista… prigioniero archivista all’Istituto Magnus.
Dichiarazione.
“I miei genitori non mi hanno mai lasciato tenere una lucina da notte. Avevo sempre paura, ma loro erano pro -”
Ugh, che stupidata.
Questo è stupido. Guardate, se, se qualcuno sta ascoltando questo inutile nastro, era stupido quando lo faceva Jon, ed è stupido adesso. Voglio dire, voglio dire, qual è il punto? Potremmo pure inciderli su cilindri di cera.
[Fruscio di carte]
Chiunque stia ascoltando questo, adesso: state perdendo tempo. E se lavorate per l’Istituto Magnus, scappate. Se potete. Voglio dire, è questo che mi fa davvero arrabbiare, sapete, si perde così tanto tempo ad abituarsi a un lavo -
[Bussano alla porta]
Uh, avanti?
[Porta si apre]
MELANIE
Ciao… Tim, giusto?
TIM
Giusto.
MELANIE
Io sono Melanie.
TIM
Giusto.
MELANIE
Melanie King?
TIM
Lo so chi sei.
MELANIE
Io… Martin non ti ha spiegato?
TIM
Sì. Sì, lavori qui adesso.
MELANIE
Sembri entusiasta.
TIM
Non sei tu. È colpa sua. Non ti ha messa in guardia abbastanza, e adesso sei in trappola qui. Con noi.
MELANIE
Oh, è per questa, questa faccenda del ‘non puoi andartene per qualche inquietante magia’?
TIM
Sì. Ci hai provato?
MELANIE
No. E non lo farò. Ho bisogno di un lavoro, e qui è a posto. Mi piace. È silenzioso.
TIM
Certo. Se ignori tutti i cadaveri. E i morti. E le sparizioni.
MELANIE
Oh, fidati, troveresti pieno di quelli anche da qualche altra parte. Se questa faccenda del ‘prova ad andartene’ deve essere qualche tipo di sottile insinuazione… io… mi sembra che voi due non mi vogliate qui.
TIM
Infatti. Martin non è un grande fan dei cambiamenti. Io non voglio che nessuno sia qui.
MELANIE
Beh, grazie per farmi sentire parte della squadra.
TIM
Sei sospettosa e amareggiata, vero? Benvenuta a bordo.
MELANIE
Bella chiacchierata.
TIM
Aspetta. Parlami delle due Sasha.
MELANIE
Oh? Cosa?
TIM
Martin ha detto che stavi parlando senza sosta di due Sasha.
MELANIE
Guarda, non, non lo so, io… um, beh, la… la prima volta che sono venuta a rilasciare una dichiarazione, c’era una giovane donna che lavorava qui di nome Sasha, er, e poi quando, quando sono venuta qui di nuovo c’era una donna differente che lavorava qui. E tutti chiamavano anche lei Sasha, che… non ho pensato che fosse troppo strano. Voglio dire, è-è un nome comune, ma tutti continuavano a dire che erano la stessa persona, e non lo erano. Per niente! Jon continuava a dire che c’è sempre stata solo una Sasha a lavorare qui, ma erano completamente diverse. E tutti mi lanciano sguardi molto strani ogni volta che ne parlo.
TIM
…
Che aspetto aveva?
MELANIE
Cosa? Scusa?
TIM
La prima Sasha. Che… che aspetto aveva?
MELANIE
Uh, era… um…
Non, er… forse mi… mi sto sbagliando. È solo che… okay, non riesco, er -
TIM
No. Io… penso di capire.
MELANIE
Beh, puoi spiegare?
TIM
…
E per chi sono triste?
MELANIE
Mi… mi spiace… non, er…
TIM
Um… andrò, andrò a sdraiarmi. Um. Puoi registrare questo per me? [fruscio di carte]
È parte del tuo lavoro adesso, immagino. Il nastro sta già andando.
MELANIE
Certo. Certamente.
[Porta si apre, si chiude]
MELANIE
Uh, giusto. Resoconto di Benjamin Hatendi di… [fruscio di pagine] uh per… uno, uno strano incontro. Er, data della dichiarazione, 2 marzo, 1983. Registra Melanie King. Sembrerebbe.
Quindi, uh… segnale!
[Batte le mani]
Giusto. Andiamo. Er…
MELANIE (DICHIARAZIONE)
I miei genitori non mi hanno mai lasciato tenere una lucina da notte. Avevo sempre paura, ma loro erano proprio quel tipo di testardi che si impuntavano quando urlavo o piangevo riguardo qualcosa, invece di ascoltare per davvero. Quindi non importa quanto terrorizzato potessi essere, finivo sempre a dormire al buio.
Non so perché fosse una parte così fondamentale del loro piano di vedermi crescere forte, ma anche da adulto mi dicevano di come “mi avevano aiutato a superare la mia paura del buio”. Era un tale motivo di orgoglio per loro che non sono mai riuscito a convincermi a dirglielo, a dire che quella paura non se ne era mai andata veramente. Ho sentito che venire continuamente esposti alla fonte del proprio terrore può aiutare a spezzare l’effetto che ha su una persona, ad anestetizzarla, ma nella mia esperienza insegna solo a nascondersi da essa. A volte può voler dire nascondersi in un angolo silenzioso della propria mente, ma altre volte è letteralmente una coperta.
Non era neanche una coperta specifica. Non l’avevo fin dall’infanzia, o non la tenevo per sicurezza; era solo qualsiasi cosa fosse sul mio letto. Lenzuola estive leggere o piumino pesante, non faceva differenza, se riuscivo a infilarci sotto la testa e raggomitolarmi a palla, andava bene. Stranamente, il fatto che fosse ancora buio pesto quando ero sotto quelle coperte non mi disturbava minimamente. L’oscurità sotto le coperte era la mia oscurità: era calda e accogliente. Mi fidavo di lei. Ma quelle fredde, odiose tenebre che aspettavano appena oltre il sottile muro del mio santuario non uscivano mai dai miei pensieri.
Alla fine sono cresciuto, come più o meno tutti, e con il passare degli anni mi sono dimenticato della mia paura infantile. La coperta era lì solo per tenermi caldo. Fino alla settimana scorsa.
La madre di un mio vecchio amico, Robin Patton, mi ha chiamato inaspettatamente. Ora, in quel momento in realtà non vedevo Robin da circa tre anni, ma lei sembrava quasi in preda al panico quindi ho ascoltato. Mi ha detto che non aveva notizie di lui da quasi un mese, ed era convinta che qualcosa di terribile fosse successo a suo figlio. Sembrava che vivesse da solo, ed ero l’amico più vicino all’indirizzo di Robin. Mi ha implorato di andare lì, e vedere se ci fosse qualche problema.
Mi sento un po’ in colpa riguardo quanto ho posposto andarci, anche se alla fine immagino che non importi. Robin e io non ci eravamo separati in cattivi rapporti o niente di simile, era solo un po’ noioso, e non avevo alcun desiderio di farlo rientrare nella mia vita. Ad ogni modo, non potevo non andare a vedere come stava, non dopo quella telefonata. Quindi, alla fine, ho guidato per quella mezz’oretta fino alla sua allegra casetta suburbana.
Era già quasi sera quando ero uscito, e mentre stavo camminando verso la porta d’ingresso ho notato che nessuna delle finestre era illuminata. Mi sono invece rassicurato quando ho visto una figura guardarmi dalla cucina. Non sono riuscito a distinguerla bene, ed è scomparsa quasi subito quando l’ho vista, ma sono riuscito a convincermi che fosse Robin, che probabilmente si chiedeva perché fossi apparso alla sua porta senza preavviso. Continuavo a dirmi che non c’era motivo di sentirmi così a disagio. Quando ho raggiunto la porta, ho visto che era aperta, e le ombre si riversavano fuori da essa come vernice.
Non era aperta abbastanza da renderlo visibile dalla strada, ma è stato subito chiaro che qualcosa di molto brutto era successo a Robin Patton, e mi ero già pentito di essermi fatto coinvolgere. Mi aspettavo che la porta cigolasse quando l’ho tirata, ma i cardini si sono mossi in silenzio totale. All’interno, tutto era tenebroso, illuminato solo dai pochi raggi di tramonto che erano riusciti ad attraversare le pesanti tende. Non c’era alcun segno di nessuna figura che guardava dalla finestra, ma qualcosa nella luce faceva sembrare che le ombre si muovessero. Avanti e indietro, oscillando secondo un ritmo che potevano sentire solo loro. Ho rovistato per un momento o due cercando un interruttore, finché non sono riuscito ad accendere le luci sul soffitto e le ombre si sono ritirate dove avrebbero dovuto essere.
All’interno, il posto era un completo disastro. Robin non era mai stato uno ordinato, ma sembrava che non fosse stato pulito da settimane. Un sottile strato di polvere ricopriva tutto, e c’era questo odore rancido che permeava la casa, che ho pensato dovesse provenire dal frigorifero. Sul muro era appeso un calendario, ancora girato su gennaio. Da come sembravano le cose, non aveva vissuto lì per più di un mese. Stavo per andarmene e cercare un telefono da qualche parte per chiamare la madre di Robin, e poi forse la polizia, quando ho notato di sfuggita un altro movimento. Ho visto attraverso lo spiraglio di una delle porte che conducevano nel resto della casa. Questa volta era un lento, languido movimento, ed ero assolutamente certo di averlo visto.
Ho chiamato perché Robin, o chiunque potesse esserci lì dentro mi rispondesse, ma non ho ottenuto nulla tranne quello stesso denso silenzio. Il mio cuore batteva così forte che potevo sentire le mie gambe tremare mentre mi avvicinavo alla porta. L’ho aperta spingendola, e ho cercato un interruttore sul muro. L’ho trovato, l’ho premuto e… non è successo niente. La stanza è rimasta quasi completamente nera, e per la prima volta in quasi venti anni ho iniziato a sentire quella infantile paura del buio.
Fortunatamente, tengo sempre una grossa torcia in macchina, in caso mi si rompa la macchina da qualche parte di notte, quindi sono andato a prenderla. Il peso nella mia mano era rassicurante e solido, mentre tornavo lentamente nella stanza buia. Alla luce potevo vedere che era la camera da letto di Robin. C’era una piccola scrivania ricoperta di fogli, un grande armadio di quercia, un letto singolo a cui mancavano le coperte, e una porta di una piccolo bagno ensuite nell’angolo. Come sono entrato, ho notato che lì la polvere non era spessa come nel resto della casa, e l’ultima data segnata sul suo calendario da scrivania era il 12 febbraio. Pacchetti di cibo e bottiglie erano disseminati in giro per la stanza e impilati in un angolo. Sembrava che Robin non avesse lasciato la sua camera da letto per settimane. L’odore rancido che avevo fiutato fuori era più forte qui, e non credevo più che provenisse dal frigorifero.
Lentamente e con cautela mi sono avvicinato all’armadio. Era un oggetto massiccio e imponente: più alto di me di almeno due piedi. La puzza mi faceva lacrimare gli occhi, ma ho continuato. Anche se sapevo cosa avrei trovato all’interno, mi sentivo come se dovessi aprirlo, anche se solo per descriverlo accuratamente alla polizia. Quindi è stato quello che ho fatto. Ho afferrato la maniglia di ottone fredda come il ghiaccio, preso il respiro più profondo che ho potuto, e ho aperto l’anta dell’armadio.
La forma che ne è scivolata fuori, a prima vista, non assomigliava a nulla che avrei definito umano. Sembrava un grande sacco umido, luccicante e viscido, di un liquido scuro che colava da esso sul pavimento. Non tenterò neanche di descrivere la puzza. È stato solo quando ho visto una mano disseccata, quasi scheletrica che afferrava il bordo del sacco dall’interno che ho capito cosa stavo in realtà guardando.
Era Robin, ma quando si era rintanato in quell’armadio aveva portato le lenzuola dal suo letto. Le aveva avvolte strette intorno a sé mentre stava seduto lì, stringendole con quello che posso solo immaginare essere mortale terrore. E adesso, nella morte, si erano fuse a lui, con i suoi fluidi di putrefazione che si erano mescolati a qualsiasi disgustoso liquido avesse impregnato quella spessa stoffa. Per quanto era rimasto seduto ad aspettare? Ore? Giorni? Era rimasto lì dal 12, due settimane prima che arrivassi a controllare?
E mentre ero lì in piedi, in preda al terrore completo, la pozza di liquido scuro che si stava allargando ha toccato la punta della mia scarpa. Quel momento. È stato in quel momento che penso sia cominciata per me. Non so perché quel momento in particolare mi ossessioni, ci devono essere stati dozzine di modi in cui ho attratto l’attenzione su di me. Ma anche così, ogni volta che mi guardo alle spalle, non riesco a togliermi la convinzione che sia stato quel momento che ha segnato il mio destino. Perché non ho guardato dove mettevo i piedi.
Ho chiamato la polizia allora. Sono stati molto comprensivi, anche se una volta che la ricerca non ha dato risultati non hanno prestato molta attenzione al mio insistere che ci fosse stato qualcun altro in casa. Per quanto fosse strano, non sembrava esserci nessuna reale prova di violenza, quindi mi sono solo state fatte le condoglianze e sono stato mandato per la mia strada. Alla fine sono stati loro a chiamare la madre di Robin, e ad essere sincero ne sono riconoscente. Davvero non penso che avrei potuto sostenere quella conversazione.
E poi era tutto finito. Nient'altro da fare per me che andare a casa, e cercare di processare quello che provavo, e quello che avevo visto in quella polverosa casetta. E pensavo di stare abbastanza bene. Almeno finché è stato giorno. Ma quella notte è venuto.
Mi sono svegliato alle 2:40 di mattina. Non so perchè. Non c’era nessun suono che mi disturbasse, solo un improvviso e urgente bisogno di non stare dormendo più. E come ho aperto gli occhi ho sentito quella vecchia paura del buio colpirmi di nuovo con una forza tale che i miei muscoli hanno iniziato a contrarsi. Ho alzato la testa abbastanza da avere una buona vista della porta di camera mia, e ho visto ciò che in qualche modo sapevo che avrei visto.
Era impossibile distinguere alcun dettaglio della forma che stava sulla soglia, era solamente una macchia d’ombra ancora più scura della notte che la circondava. Una sagoma nel buio pesto. All’inizio ho pensato che fosse uno scherzo dei miei occhi che si adattavano all’oscurità, ma poi ha cominciato a muoversi. Il suo corpo era grasso e bulboso, senza arti o testa, quindi quando è venuto verso di me lo ha fatto con un un ritmo lento e ondulante sul pavimento. Potevo vedere che il suo esterno era coperto di quelle che avrebbero potuto essere antenne o tubi carnosi, e mentre si avvicinava a me le vedevo guizzare e muoversi a spasmi selvaggiamente, con quello che sembrava orribilmente essere eccitazione.
L’istinto, affinato durante tutta la mia infanzia, ha agito e ho tirato la spessa coperta sotto la quale ero su e sopra la mia testa. Ne ho tenuti i bordi stretti vicino al petto, piangendo e biascicando disperate preghiere. Mi ci sono aggrappato, la mia piccola isola di sicurezza e protezione, non osando neppure infilare il braccio fuori per afferrare il mio telefono dal comodino. Chi avrei chiamato, comunque? Chi avrebbe possibilmente potuto essere pronto ad affrontare una cosa come questa?
Mentre la mia mente correva tra le possibilità, ho gradualmente iniziato a notare che non riuscivo a sentire niente oltre la coperta, né sembravo essere stato divorato da qualsiasi cosa fosse la cosa nell’oscurità. Molto lentamente ho fatto capolino dal mio santuario. La cosa era ancora lì, che incombeva minacciosamente nella soglia, completamente immobile. Non appena l’ho vista però è tornata in movimento con una convulsione e ha ricominciato a farsi strada verso di me, cauta e lenta. Mi sono tuffato di nuovo sotto le coperte, stringendole più forte che mai.
Un’altra ora è passata, e poi due, ma era solo quando facevo capolino che la cosa si muoveva. Per quanto ridicolo possa suonare, sembrava che finché ero sotto le coperte non si potesse muovere. Non poteva prendermi.
Sono rimasto sotto il resto della notte. Quando la luce del giorno ha cominciato a entrare la mattina dopo, ho finalmente lasciato la sicurezza del mio letto per vedere cosa fosse successo alla cosa. Se ne era andata, non sorprendentemente, e al suo posto c’era solo una piccola macchia di acqua scura e puzzolente.
Non ero ancora pronto a festeggiare però, e la notte seguente mi ha dato ragione. Perché è tornata. Mi sono di nuovo svegliato, e ho visto la cosa cominciare quel contorto, straziante viaggio verso di me. Quindi sono tornato sotto le coperte, con il cuore che galoppava, cercando disperatamente di capire meglio cosa potesse starmi succedendo. Col senno di poi è strano che in nessun momento io abbia anche solo considerato di stare avendo le allucinazioni. Non ho mai avuto alcun dubbio che la cosa fosse reale. A un certo punto mi sono finalmente addormentato, e immagino di essere riuscito a rimanere sotto quella coperta.
Questa è stata la mia vita per la scorsa settimana e mezza. Mi sveglio, preso dal terrore del buio, e mi nascondo sotto le coperte da quella cosa che si avvicina solo quando lascio la loro protezione. È stato terribile, ovviamente, ma alla fine non è stato il graduale consumarsi dei miei nervi che mi ha fregato. Se possibile, è stato il contrario. Mi sono messo troppo a mio agio.
La scorsa notte mi sono svegliato come prima. L’ho percepita lì, ma mentre alzavo le coperte sopra la mia testa, ho capito di non essere preoccupato. La paura aveva lasciato spazio alla routine. Sono stato sdraiato lì, caldo e protetto, e ho semplicemente aspettato di riaddormentarmi. Ma questa volta, quello che invece ho sentito è stato un peso improvviso schiacciare la fine del mio letto. Frustanti viticci hanno cominciato a schiaffeggiare e afferrare la mia fragile barriera di stoffa. Potevo vedere quella forma di assoluta oscurità incombere su di me, fremente di trionfo. Poi ho sentito una voce, chiara e precisa, sussurrare.
E ha detto, “La coperta non ha mai fatto niente.”
Non descriverò cosa è successo dopo. Avete già fatto abbastanza foto della mia schiena e delle mie spalle. Dire che fa male è il minore degli orrori. Quella cosa verrà di nuovo a prendermi stanotte, lo so che lo farà, e non c’è niente che mi possa proteggere. Spero solo che condividere la mia storia possa aiutare qualche altro povero idiota in futuro.
Mi manca la mia coperta. Nascondersi era sempre molto più facile.
MELANIE
[Espirazione profonda]
[Battito di mani]
Segnale.
Uh, fine della dichiarazione.
Beh, er, questo è stato… immagino che sia questo che faccio ora. Um… non, non c’è nessuna foto nel fascicolo, er, di sicuro non di strane ferite soprannaturali. C’è una fotocopia di un certificato di morte per Benjamin Hatendi - sembra che Martin abbia evidenziato la causa di morte. Dice “Sconosciuta - possibile agente biologico. Tutti i campioni sono stati inceneriti”. È datato 7 marzo 1983, cinque giorni dopo questa dichiarazione.
Poi c’è qualche vecchio ritaglio riguardo Robert Patton. Sezioni da riviste… um… [fruscio di carte] Oh, deve essere stato abbastanza famoso nella comunità dell’escursionismo. Ah, sembra che avesse scritto un libro. Qualcosa riguardo alle migliori piscine naturali e laghi per nuotare. Sì, per la maggior parte banalità sul suo background, e foto del tizio che emerge a torso nudo da delle cascate. Hmm, non era brutto, prima… beh… di quello.
Er, comunque, er, non sembra rilevante.
Immagino, immagino che questo sia quanto. Er, l’unica altra cosa qui dentro è… un sacchetto ziploc contenente una vecchio ritaglio di stoffa. Fantastico. Sembra che possa venire da un materasso o da un piumino, forse. Ha, uh ha alcune macchie scure piuttosto pronunciate verso il bordo. Probabilmente non vuol dire niente. Probabilmente tutto non vuol dire niente. Ma lo terrò chiuso.
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[Suoni d'ambiente di un cafè]
ARCHIVISTA
Grazie per avermi incontrato.
MELANIE
Beh, perché non avrei dovuto? Non è che tu sia ‘ricercato per omicidio’.
ARCHIVISTA
[Svariati shhh]
Puoi tenere la voce bassa?
MELANIE
[parlando piano] Certo, starò qui seduta in silenzio e diventerò un soprammobile, va bene?
ARCHIVISTA
Tu, tu -
Lo sai che non sono stato io.
MELANIE
Oh. Oh, davvero? È questo che so?
ARCHIVISTA
Va bene. Perchè non hai mandato la polizia, allora?
…
Se davvero pensi che io sia un assassino, perché incontrarmi?
MELANIE
Beh - Voglio dire, non è che… non è che tu abbia qualche ragione per uccidere me.
ARCHIVISTA
[Suono evasivo]
MELANIE
Va bene. Non penso che sia stato tu. Ma comunque non voglio finire invischiata in qualsiasi cosa questo sia.
ARCHIVISTA
Avresti dovuto pensarci prima di unirti all’Istituto.
MELANIE
Qual’è il vostro problema? Guarda, lo so che è una specie di club per uomini, ma tutti voi davvero odiate che io sia lì, vero?
ARCHIVISTA
Cosa? No, io -
Ci sono un sacco di cose fuori di testa che succedono lì dentro e, io… voglio dire, noi ci eravamo già legati, ma tu… tu non avevi bisogno di finire coinvolta.
MELANIE
Non penso proprio che sia vero.
…
ARCHIVISTA
Come va la gamba?
MELANIE
Bene. Mi ha sparato un fantasma.
ARCHIVISTA
Uh… er, cosa?
MELANIE
Guarda, potremmo non parlarne adesso? Davvero non sono dell’umore giusto. Cosa vuoi?
ARCHIVISTA
Io… Giusto. È… come ho detto, succedono un sacco di cose fuori di testa all’Istituto, e… penso che gli omicidi possano essere il meno. Ho bisogno di qualcuno all’interno che tenga un occhio sulle cose, che mi faccia sapere cosa sta succedendo. Chiederei a qualcun altro, ma…
MELANIE
Tim ti odia, e Martin viene probabilmente tenuto sotto sorveglianza.
ARCHIVISTA
Ed Elias è il mio principale sospettato, quindi… mi manca anche abbastanza la biblioteca. I miei strumenti investigativi qui fuori sono, uh, carenti.
MELANIE
Sai cosa? Va bene. Va bene! Ma mi dirai tutto. Okay? Tutto.
ARCHIVISTA
Voglio dire… non, non ci crederai.
MELANIE
Non mi interessa.
ARCHIVISTA
Va bene. Va bene.
MELANIE
Inizia con Sasha.
ARCHIVISTA
…
Okay.
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[Traduzione di: Cate]
[Episodio Successivo]
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Text
If the Magnus Institute and its archives survive in some form after the end of the series - and I suspect that if there’s, you know, anything resembling civilization when the story’s done, the Archives are going to be an extremely valuable resource - I have to feel a little sorry for anyone who needs to reference the audio recordings in the future.
I mean, we’re hearing them in the order they’re recorded, and we have some idea what’s going on when they’re recorded, but can you imagine what it would be like to be a researcher trying to find out what to do about.. oh, say, infectious Dark-related monster attacks. So you go and pull the tape for Case #9830203 because whatever indexing the archive has makes it sound potentially relevant and before you get to the statement you have to fast-forward through like five minutes of Tim and Melanie yelling at each other.
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