#(parte più bella sua mamma che il giorno dopo si scusa con un pacco da sei)
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Sono una persona senza cuore, ma ogni volta che vedo le storie sull'imminente matrimonio di una persona con cui sono stata in classe otto anni e ricordo bene quante prese in giro ha subito durante quel periodo e allora mi pizzica il naso.
#mi fa solo ridacchiare che si sposa il giorno del suo compleanno#(primo pensiero ogni volta che lo penso è prima elementare lui nota per avermi rubato l'estathè io nota per averlo menato per il furto)#(parte più bella sua mamma che il giorno dopo si scusa con un pacco da sei)#comunque lui cuore che quando mi aggiunse sui social ci tenne a mandarmi un messaggio dopo anni di silenzio e mi raccontò la sua vita#givemeanorigami
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Da quando avevo circa tre anni fino ad adesso, posso affermare di essermi legato parecchie cose al dito. Ci sono vari tasselli mancanti, nella mia vita, e uno sicuramente è mio padre. Non ho mai avuto un rapporto con lui. Non me la sento neanche di dire che avevamo un brutto rapporto, proprio perché non c'era. Non mi ha mai abbracciato, mai tenuto in braccio, mai neanche degnato di un secondo sguardo. Le volte in cui parlava, perché parlava quasi sempre lui, era per rivolgermi insulti e accuse. Le volte in cui mi toccava, era solo per picchiarmi come Dio comanda. E succedeva ogni giorno, ogni singolo giorno, che avessi tre anni, oppure 22. Ho provato tante volte a stringere un rapporto con lui, a cercare di toglierlo da quello che era il suo giro pieno di alcool, ho cercato in tutti i modi, nonostante tutto, di riavere quel padre che tutti sognano, e che io mai mi sono potuto permettere. C'è stato un periodo, in cui credevo di avercela fatta. Veniva da me, parlava con me, parlava con quella che era la mia ex ragazza. Mi ha chiesto anche scusa, ma dopo la morta di mia madre è precipitato di nuovo tutto. Ho imparato a convivere con il fatto che, mentre io facevo sesso per la prima volta, lui si portava a letto la stessa ragazza. Ho imparato a convivere col fatto che, da quando l'ho saputo, i due stavano già insieme. Ho imparato anche a convivere col fatto che circa due anni e mezzo fa, quella ragazza è rimasta incinta e che adesso io abbia praticamente un fratello che si chiama Arthur e non Andrew come con cattiveria mi dicevano. Detto ciò, non sarei mai stato pronto al fatto di vederli in carne ed ossa, dopo due anni e mezzo, fuori casa mia con mia nonna al loro fianco. Sapevo che lei e suo figlio, ovvero mio padre, avessero riallacciato i rapporti. Sapevo che mio padre, ormai stabile in Irlanda con la propria nuova famiglia, avesse iniziato a mettere un po’ la testa apposto. Magari grazie anche a quella ragazza che prima era tanto menefreghista quanto festaiola, ma che dopo essere diventata mamma, a quanto pare, ha messo la testa apposto. Per questo, un anno fa, anche io ho accettato di dare una mano per il loro trasferimento. Senza rancore, sperando come sempre in qualcosa di positivo. Ho sentito dire da tante persone, tante volte, quanto io fossi una persona troppo buona; forse è vero, ma lo sono proprio per cosa ho dovuto subire in passato. Per questo, quando sono andato a rispondere al citofono, sentendo mia nonna e mio fratello urlare “tato!” ho subito sorriso ed aperto il cancello esterno. Ho guardato da lontano, vedendo mio fratello correre con un grosso pacco tra le mani. “Tato guarda!” Mi ha detto felicissimo. “Un regalo?” “Si! Perché sono stato bravo a scuola!” Ha risposto lui. “Ah davvero? A me nonna non ha mai fatto un regalo perché sono andato bene a scuola” ho detto io, fingendo gelosia per poi sentire una mano sulla spalla, e lei dire in tono serio “chi ti ha fatto il regalo?” L'ho guardata come se fosse strana, ed in effetti era strano il modo in cui si è rivolta a mio fratello, di solito non perde tempo a diventare una bambina di fronte a lui. “Lui!” Ha detto mio fratello indicando il cancello ancora aperto. È successo come nei film, ho seguito il suo sguardo per fermarlo su quella persona. Erano più di due anni che non lo vedevo praticamente. Sempre alto, i soliti capelli e la solita barba. Più magro, vestito bene, un sorriso rivolto a mia nonna. Mi sono alzato di scatto, lei con me, prendendo mio fratello per mano. “Ti ha fatto lui il regalo, James?” Ha chiesto lei, con voce più tranquilla. “Si nanny”, ha detto lui. Mi sono girato verso di lei “ne sapevi qualcosa?” “Certo che no, Andrew. Non ho la più pallida idea.” “Dammi un minuto”, ho detto io iniziando a scendere le scale Mi sono sentito bloccare il polso “c'è tua nonna con loro, Andrew. Aspetta di sentire cosa succede prima di partire in quarta, ti prego” ha detto alludendo al fatto che se mia nonna ci stesse parlando, e addirittura sorridesse ai due, probabilmente non era una cosa dal giorno alla notte. Mi sono fermato, girato di nuovo verso mio fratello che mi chiedeva aiuto per scartare il regalo. Poco dopo ho sentito una mano sulla mi spalla, mi sono girato e mia nonna mi stava sorridendo. Per la prima volta in vita mia, non sono riuscito a sorridere anche io. Mi sono alzato, sistemato i pantaloni, e per la prima volta dopo tanto tempo, l'ho guardato negli occhi. Erano lucidi. Non sono mai stati lucidi in 24 anni. “È bellissimo, qui.” Ha esordito. Mi sono lasciato scappare una risata “lo so.” Ho risposto sentendo una mano di nuovo sulla spalla, vedendo con la coda dell'occhio, lei al mio fianco. “Qualcuno può spiegarmi?” Ho detto io, sentendo la rabbia piano piano salire. “Andrea..” ha iniziato lui. “Avevamo un accordo, io e te. Ti prendevi i soldi che ti mandavo, e tu non interferivi mai più con la mia vita. Per quale razza di motivo adesso sei di nuovo qui?” Ho detto io, sentendo ancora quella rabbia crescere e venire spazzata via mentre sentivo una mano accarezzarmi la schiena. “L'ho chiesto io”, ha risposto l'ultima persona ne credevo. “Tu? E per quale motivo?” Ho chiesto a mia nonna. “Possiamo entrare e ne parliamo?” Ha chiesto sempre mi nonna. “Assolutamente no, voglio..” ho cominciato io, per essere fermato dalla ragazza al mio fianco con “si, prego, entrate”, gentile come al solito. Mi sono girato di scatto, lei non mi guardava come avevo pensato. Sono stato felice che uno sguardo non potesse uccidere, altrimenti sicuramente l'avrei persa. Ho visto mia nonna iniziare ad avviarsi, e solo in quel momento mi sono reso conto che ci fosse anche qualcun altro, insieme a loro. Aveva i capelli biondi, diversi da come ricordavo, era dimagrita, ma non per questo secca. Stava bene, aveva un filo di trucco molto più leggero da quello che ricordavo. Era bella. Era bellissima come sempre. Un passeggino alla mano concludeva il quadretto, ma non ho avuto il coraggio di guardare all'interno. “Ti trovo bene, Andrea” ha esordito anche lei, e non ricordavo per niente la sua voce. “Anche io, Elisa”, ho risposto vedendola sorridere mentre si avviava verso la porta. Mi sono venuti a mente mille ricordi, mille cose vedendola. Era bellissima, lo è sempre stata, il fatto è che finalmente, ho il privilegio di svegliarmi nel letto con qualcuno di ancora più bello. Quando sono entrato, tutti si stavano versando un bicchiere d'acqua; mio fratello già alle prese col nuovo gioco. Un nuovo gioco, io non ho mai avuto un ‘nuovo gioco’. “Ti vieni a sedere?” Ha chiesto mia nonna. “Preferisco stare in piedi, grazie.” Ho detto io, non riuscendo a smuovermi dalla mia posizione. Poco dopo, è stata proprio lei ad iniziare. “Tuo padre..” “Maximilian.”, ho detto io vedendolo abbassare la testa. La mano che mi era mancata, di nuovo sulla mia schiena, come a calmarmi. “Posso?” Ha detto lui rivolto a mia nonna. “Si”, ha risposto la mia ragazza, stringendomi il polso quando stavo per dire qualcosa di brutto, molto brutto. “Non avrebbe senso, per te più che altro, che io venissi qui dopo tutti questi anni a chiederti scusa. Sarei poco credibile.” Ha iniziato per essere interrotto dalla mia risata, interrotta a sua volta da un'altra stretta di mano. “Lo so cosa pensi di me, so cosa sono stato e cosa non sono stato. Ho sbagliato. Ormai non posso più rimediare al mio passato. Hai tutte le ragioni di questo mondo ad odiarmi..” ha detto, per essere di nuovo interrotto. La mia rabbia che non mi ha fatto stare zitto neanche dopo che lei mi aveva detto di stare calmo. “Mi hai rovinato la vita. A volte penso al perché tu non abbia obbligato quella povera donna di mia madre ad abortire. E credimi, pensarlo non fa per niente bene. Mi hai distrutto la vita. Non ho avuto una cazzo di infanzia, non ho avuto amici per anni perché tu, eri pericoloso. Andavo a scuola da solo a 7 anni porca puttana. Mi facevo da mangiare da solo perché tua moglie andava a lavorare per rimediare alle tue birre. Mi sono cresciuto una sorella, e ho cresciuto lui. E io non ho mai avuto un regalo da scartare, mai. Sapevi che sarei nato, lo sapevate sin dal primo mese, e nessuno vi vietava di buttarmi via. Perché non l'hai fatto? Perché mi hai fatto subire tutto ciò? Che cosa cazzo ti ho fatto a due mesi per non essere neanche mai preso in braccio, papà?” Ho sentito la mia maglia bagnata sulla spalla. Sapevo da chi provenissero quelle lacrime, ma non ho avuto la forza di girarmi. “Andrea..” ha detto, per essere di nuovo interrotto. “Io non ti odio”, ho detto con una risata per niente divertita, “io ti detesto. Io non riesco ad odiarti. Neanche dopo tutto ciò che mi hai fatto, io non riesco ad odiarti. Non ce la faccio, perché tu mi hai odiato, e io non lo augurerei neanche al mio peggior nemico. Mai.” “Lo so, hai ragione..” “Porca puttana, si che ho ragione! Cosa credevi di risolvere venendo qui? Di mostrarmi quanto cazzo la tua vita sia perfetta adesso? Mi fa piacere! Almeno la vostra è andata bene! Mi fa piacere!” “Calmati, per favore” ha continuato lui. “Calmarmi? Ho 24 anni chiusi dentro, papà! Non so neanche cosa cazzo voglia dire il verbo calmarsi adesso! Santo cielo, ti scopavi la mia ragazza! Avevi una moglie che ti amava nonostante tutto e tu, ti scopavi la mia ragazza!” “Andrew Mattew!” Ha brontolato mia nonna, e se non fossi stato incazzato, non avrei mai avuto il coraggio di risponderle “silenzio.” Mi ha guardato con gli occhi spalancati, e mi sono voltato verso di lei. “Non sono più un bambino che ha bisogno di essere protetto. Non ho più bisogno di quelle cose. Dovevi chiedermelo prima di presentarti qui con lui. È comunque casa mia, e a casa mia, deciso io.” “Vorremmo solo che tu facessi parte della sua vita.” Ho sentito una terza voce, quella che mai mi aspettavo. Quando mi sono girato, la stessa ragazza che anni fa reputavo la mia ragazza, ma che veramente non lo era, aveva lo sguardo basso, puntato nel passeggino di fianco a lei. “Eravamo in due, non solo lui ha sbagliato. Tu mi piacevi, tanto. E questo lo sai bene” ha iniziato, mentre io sentivo qualcuno di fianco a me irrigidirsi. Ho iniziato io a passarle la mano lungo la schiena. “In un momento ho pure pensato di essermi innamorata di te. È vero, non siamo mai stati insieme, ma non avevo comunque diritto di andare a letto con tuo padre.” “Te ne rendi conto della gravità della situazione, Elisa?” “Si Andrea, ma cosa posso farci? Non ho deciso io di innamorarmi” ha detto per farmi ridere “ti sembrerà una stronzata, perché anche a me all'inizio lo sembrava, ma è così. Non decido io di chi innamorarmi.” “Dovevi smettere di venire a letto con me, allora.” “Lo so, ed hai ragione su questo. Non posso dire niente su questa cosa. Ma è passato.” “Oh no Eli, per me è come se fosse ancora bello fresco.” “Allora cosa dovremmo fare? Andare avanti così fino alla morte? Hai un fratello, Andrea. E lui non ti ha fatto niente, proprio come tu non avevi fatto niente a lui.” “Direi che non sono per niente due cose uguali.” “Lo stai comunque ignorando.” “Venivi a letto con me, Elisa! Tu venivi a letto con me e poi andavi con lui!”, “Stai calmo, per favore”, ho sentito provenire dalla persona di fianco a me, ma non le ho dato retta. “Mi hai scopato nel bagno di una squallida discoteca. Avevo 14 fottuti anni. 14! Con quale coraggio dici di ‘aver pensato di amarmi’ quando l'unica volta che ti ho chiesto se potevamo essere qualcosa di più, ed avevo 15 cazzo di anni, mi hai riso in faccia con i tuoi amichetti? Con quale cazzo di faccia tosta lo vieni a dire adesso, soprattutto di fronte a lei?!” Mi ha guardato, anche lei una risata per niente divertita “mi hai lasciata, per lei” “Non siamo mai stati insieme, Elisa.” “Mi hai lasciata da sola alla tua festa, per lei. È da li che ho iniziato a vedere tuo padre.” Mi ha detto senza lasciarmi possibilità di replicare. “Questa cosa sta diventando una telenovela. Tu. Tu, ti sei scopata mio padre perché io, alla festa dei miei 18 anni, ho baciato lei?” “Non te la sei solo baciata” “Perciò quando te ne sei andata, sapevi dove cazzo fosse lui” “No, non è andata..” ha iniziato lui. “Stai zitto. Dio ti prego non aprire bocca.” Ho risposto io. C'è stato un silenzio collettivo per qualche minuto, poi, di fianco a me lei ha parlato. “Io non vi conosco bene. Soprattutto tu, non so chi sei se non per queste cose. So che avevate qualcosa, ma è finito.” Ha detto rivolta alla ragazza, che prontamente ha annuito. “Io posso capirti.” Ha detto sempre a lei, facendomi girare di scatto. “Che cosa?” “Lasciami finire. Posso capirla, nessuno decide di chi innamorarsi. Succede e basta. Non capisco il modo in cui ha agito, o hanno agito, ma posso capire che non l'ha deciso lei.” “Assurdo.” Ho detto io tirandomi via dal tavolo dove ero appoggiato, e da lei, incazzato nero. “Ragiona, per favore.” “Caroline ma che cazzo stai dicendo?!” Ho urlato io. “Andrea per favore, ragiona su questa cosa. Non hai deciso tu di innamorarti di me, o di qualcun altro in passato. È successo e basta.” “Questo non le dava il diritto di scoparmi mentre andava a letto con lui!” “Andrea anche tu te la scopavi mentre scopavi me, santo cielo!” “Non è davvero uguale.” “No, ma quello che voglio dirti è che su questo, sul fatto di innamorarsi di una persona, che sia tuo padre o no, lei non poteva farci niente. Tantomeno lui.” Sono stato zitto. Dopo un po’ ho sentito qualcuno tirare su di naso. Quando mi sono voltato, era lui. “Mi dispiace. Io non so che altro dire, mi dispiace. Non chiedevo di sistemare tutto, solo di cercare di trovare un punto di incontro. Non mi fa sentire pulito il fatto che mi mandi soldi, e io non posso neanche augurarti buon natale.” “Questo non è mai stato un problema per te.” “Adesso lo è. Lo è il fatto di esserti lontano e non poter partecipare alla tua vita, al fatto che andrai a convivere in futuro, o che sei felice. Non sono stato presente, non sono un padre per te, ma tu sei comunque mio figlio. Come lui, lui e tua sorella.” “E lo capisci dopo 24 anni?” “Non l'ho mai accettato, Andrea. Non lo so perché. Avevo per la testa altre cose. Non lo so perché ho buttato via la mia vita così. Ed anche la tua.” Ha detto per poi aggiungere “vorrei che tu mi dessi una possibilità.” “Non continuare ti prego. Te l'ho data anni fa, mi hai fatto lasciare e stare una merda.” “Allora cosa devo chiedere? Che cosa devo fare? Mi piacerebbe fare parte della tua vita, venirti a trovare e guadagnare un po’ di tempo perso. Mi piacerebbe vedere la tua nuova casa a Londra, conoscere la tua famiglia, se posso. E magari essere un nonno in futuro.” Mi sono messo a ridere di nuovo. “Lo sai? Tu lo sai che stavi per diventare nonno?” “Sei incinta?” Ha chiesto a lei. “No, non più. Lo era, fino a marzo.” Ho risposto al suo posto. “Perché? Come..” “Non lo sappiamo. È successo e basta.” “Mi dispiace, Andrea. Ma siete giovani..” ha iniziato. “Avete tutto il tempo per riprovarci, si, l'ho già sentito qualche volta.” Ho concluso io. Dopo qualche minuto ho sentito provenire da lei “posso parlarle un momento?” Rivolto a mio padre. “Certo.” “Per favore, non in camera, almeno voi.” Ho detto io per sentir ridere tutti, e in quel momento, ho sorriso anche io. Mia nonna, era andata con mio fratello a prendere una cosa, io, solo con l'altra in salotto. “È molto bella.” Ha iniziato. “Lo so” “Davvero molto bella. E gentile. Sembra perfetta.” “Lo è” “E tu sei un altro.” “In che senso?” “Che anche se hai difronte me e tuo padre, anche se sei incazzato fino al midollo, sei felice. E si vede.” Sono stato zitto, per poi sentila aggiungere “mi dispiace per il bambino, Andrea.” “Bambina, era una bambina.” E in quel momento, ho sentito una piccolissima voce dire “mamma”. Mi sono venuti i brividi, e per la prima volta l'ho visto. Occhi azzurri e capelli neri, il naso e la bocca di lei. Era veramente bellissimo. L'ho guardato, e ad un certo punto lui ha guardato me. Mi ha sorriso, e con una piccola manina mi ha fatto ciao. Ci ho messo un po’ a decifrare il tutto, poi, però, l'ho salutato anche io. Ho distolto lo sguardo da quell'azzurro per puntarlo di nuovo su di lei, che mi guardava sorridendo. “Lo vuoi un po’?” Non so come, non so perché, ma ho subito annuito. Quando l'ho preso in braccio, mi ha guardato e si è messo a ridere. Ed ho sorriso anche io. Non so quanto tempo sia passato, non so neanche quando abbia iniziato a giocarci, ma quando mi sono girato, tutti erano in sala. Ho puntato lo sguardo su di lei, che mi guardava con le guance bagnate, la mano di mio padre sulla sua spalla a confortarla. Al contrario di come mi aspettavo, non ho assolutamente sentito nessuna gelosia nel petto. L'ho vista avvicinarsi, darmi un bacio sulla guancia, e poi chiedermi a bassa voce “ci parli, da solo, due minuti?” L'ho guardata, mi guardava con lo stesso sorriso che mi rivolge ogni volta. “Fallo per me”, ha detto. Mi sono alzato, ho passato il bambino alla madre, e mentre facevo cenno a mio padre di uscire, ho sentito che le veniva chiesto “vuoi tenerlo un po’? Ormai è grande, ma è sempre un neonato a volte”, per poi sentire ridere. Quando sono uscito è regnato il silenzio: io troppo orgoglioso per iniziare, lui troppo in imbarazzo. Alla fine, ha optato per “è bellissima, Andrea.” Non esattamente quello che avrebbe dovuto dire. “Non intendevo questo, è bellissima nel senso che è davvero gentile” “Non stai migliorando la tua posizione” “Ascoltami, per favore. Io e la mamma avevamo problemi già da” “Dio non parlare di lei. Non osare.” “Ti prego fammi finire.” Mi ha chiesto “avevamo problemi già da un po’, lo sai. Io non sapevo cosa le stesse succedendo, e lei non l'ha mai detto a nessuno. Quando ho capito che le cose si stessero facendo serie tra me ed Elisa, ci siamo lasciati. Lei aveva Marco, io lei. Abbiamo sbagliato, ma non ci abbiamo neanche pensato. Quando al tuo compleanno è successo..” “Tu stavi ancora con la mamma” “Si, e quando è successo abbiamo pensato che fosse solo una stronzata fatta alle 3 di notte da ubriachi. Non avevamo messo in calcolo tutto quello che poteva succedere dopo.” “Non è questo il punto, comunque.” “Lo so, mi dispiace, non so cosa dire più di questo. Non mi posso permettere altro, Andrea.” “È da lei che andavo ogni volta che mi picchiavi, lo sai?” “Si, me l'ha detto.” “È da lei che mi rifugiavo quando il mio labbro non smetteva di sanguinare. Ed è sempre stata lei a medicarmi, ogni volta. Anche se avevamo litigato poche ore prima.” “Lo so” “No, non lo sai veramente. È a lei che dicevo sempre no quando mi chiedeva qualcosa di più di una semplice scopata, perché ero troppo incazzato con te, e soprattutto con me stesso per ammettere che forse, anche io volessi.” “Mi dispiace.” “Me ne sono andato senza dirle niente, avevo paura che restando dove eri tu, potessi arrivare anche a lei, o a quello che avevo costruito con lei, un po’ come poi hai fatto due anni dopo, non c'è che dire.” “Mi dispiace anche per quello. Anche se non credevo fosse…” “Doveva andare a genio a me, non a te, e a me andava. Non avevi e tutt'ora non hai alcun diritto sulla mia vita, perché non ci sei mai stato. Ma hai comunque rovinato anche quella parte della mia vita, e sono felice che ormai sia un capitolo chiuso, perché altrimenti non avresti più la faccia in questo momento, te lo assicuro.” È rimasto zitto, mormorando solo uno “scusa, hai ragione” Poco più tardi ha detto “ho visto che ha un anello al dito” “Già” ho detto sorridendo. “Vi sposate?” “Si, il prossimo sabato.” L'ho visto strabuzzare gli occhi, e per un momento, è stato come se niente fosse davvero accaduto. Mi sono messo a ridere, dicendo “sto scherzando, non ci stiamo sposando” Mi ha dato un piccolo pugno sul braccio, per scherzare, ma l'ho guardato in un modo assurdo. “Scusa, mi dispiace non volevo”, a quel punto mi sono messo di nuovo a ridere vedendo la sua faccia. “Santo cielo, Andrea.” “Dovevi vedere la tua faccia!” Si è messo a ridere anche lui, e sono passati forse due minuti, prima che dicessi “le ho chiesto quella cosa, comunque.” “Che cosa?” “Di sposarmi, le ho fatto la proposta credo due volte.” “E ha detto di no?” “Ha detto di sì.” “Oddio, vi sposate?” “No, e non sembrare una ragazzina, per Dio.” “Non torna qualcosa, allora.” “Le ho chiesto di sposarmi quando era incinta, ma pensavamo che si potesse credere che fosse solo per quello. Poi quando ha perso il bambino, da ubriaco gliel'ho chiesto, ma abbiamo pensato che siamo ancora troppi giovani.” “E ora?” “Ha un anello al dito perché io voglio sposarla, e lo sa bene. Semplicemente non è ancora il momento. Vogliamo viaggiare e divertirci, ma amo il fatto che porti un anello al dito.” Ho fatto passare altro tempo, per poi dirgli “ti somiglia” Mi ha guardato non capendo “il bambino, è uguale a te.” “È identico a te, quando eri piccolo. Anche di carattere, non sta mai fermo” Mi sono messo a ridere, dicendo poi, “ti trovo bene, comunque. Sia tu che lei, state bene, davvero.” “Grazie per quello che hai fatto, Andrea. Davvero, non so come ringraziarti dopo tutto.” “Ti prego smettila di piangere, papà. Non è una visione a cui sono abituato. È colpa dell'età?” Si è messo a ridere. “È un mese che vedo tuo fratello e tua sorella. Mancavi solo tu. Mi dispiace, veramente.” “Lo immaginavo.” Ho avuto un flash di qualche minuto prima, mentre ero in casa “anche Elisa ha un anello.” Mi ha sorriso “le ho chiesto di sposarmi a gennaio, ma non volevo farlo senza di voi.” “Davvero?” “È un nuovo capitolo della mia vita, vorrei che ne faceste parte, tutti.” Ho annuito, proponendo di entrare. Mentre camminavamo dal punto del giardino dove eravamo, fino alla porta finestra, ho sentito una mano darmi una pacca sulla palla, e poi rimanere lì. Mi sono girato a guardarlo, e lui subito l'ha tolta. Ho contato fino a tre, per capire quale parte di me avrebbe vinto la guerra. L'ho guardato di nuovo, per poi allungare il braccio e dargli anche io una pacca sulla spalla. E contro ogni predizione, dopo 24, anche io ho avuto il mio primo abbraccio da mio padre. Avrei voluto piangere? Si che avrei voluto, e non so con quale forza sono riuscito a non farlo. Siamo rientrati poco dopo, lui asciugandosi le guance, io cercando di essere disinvolto. Quando sono entrato, era lei adesso a giocare con quel bambino, un sorriso sulle labbra e tanto amore. Mi sono fermato a guardarla, bella come sempre e felice con in braccio un bambino. Ho guardato l'orario, erano le 12:39, e non so con quale coraggio ho detto “mangiamo insieme?” Ho visto tutte le teste annuire, per poi sentire una voce piccolissima dire “pappa”, e farci scoppiare tutti a ridere. Abbiamo passato il pomeriggio a parlare, fare il bagno e cercare di avere una bella giornata tranquilla. A cena, poi, sono stato io, dopo averne parlato con lei a dire “ah, papà, il 22 io torno in Inghilterra” “Come mai? Devi lavorare?” “No, torno nel senso che torno a vivere a Londra” ho detto vedendolo quasi sputare l'acqua. “Veramente?” “Si, e dato che andremo a convivere” ho detto per vederlo sputare di nuovo l'acqua, mi sono messo a ridere “ci sei?” “Mi puoi avvertire almeno la prossima volta?” “Si, hai ragione. Comunque, dato che andiamo a vivere insieme, avevamo pensato di inaugurare casa nuova quel giorno. Se vuoi venire. Ovviamente anche tu, Eli, e il bambino certo.” “Si, volentieri, si. Si” ha risposto lui, facendoci ridere di nuovo. E dopo essermi congratulato con i due per il matrimonio, aver visto anche la mia ragazza chiarire con quella che è stata la mia prima volta, aver chiesto scusa a mia nonna per le risposte che le avevo dato e vedere mio fratello giocare con quello che, per la prima volta ho conosciuto come Arthur, non ho potuto non pensare a come io, alla fine, aspettassi con ansia il giorno in cui mio padre sarebbe tornato.
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