#"Sala Dalles
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Știri: Open House, Sand Art & Music (26 aprilie 2018, București) Joi, 26 aprilie 2018, ora 19.00, la Sala Dalles din București (Bulevardul Nicolae Bălcescu, nr. 14) va avea loc…
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14 mar 2021 13:24
"IO NON VOLEVO SPOSARE SIMONA IZZO, RICORDO CHE MI FECE UNA SCENATA CHE DURO’ DA ROMA A VENTIMIGLIA" – RICKY TOGNAZZI: "LE CHIESI PERCHÉ DOBBIAMO SPOSARCI? LA SUA RISPOSTA FU SOLENNE: PER EDUCAZIONE... E SU QUESTO MI SONO ARRESO. LO DISSI CON TONO BRUSCO A MIA MADRE, E LEI REPLICÒ: RICKY “C'È UN ALTRO MODO DI DARE UNA BELLA NOTIZIA”. E IO LE RISPOSI: “SÌ, MA NON C'È ALTRO MODO PER DARE UNA CATTIVA NOTIZIA...SENSI DI COLPA? TANTI, SOPRATTUTTO NEI CONFRONTI DI MIO PADRE. QUANDO ERA MALATO, HO..." - VIDEO
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Emilia Costantini per il “Corriere della Sera”
«Le case dove ho vissuto erano botteghe di artisti: mia madre ballerina, mio padre attore, regista e appassionato di cucina. Sono stato nutrito a pane e cinema e, a un certo punto, ti domandi: cosa vuoi fare da grande?».
Ricky Tognazzi, figlio di Ugo Tognazzi e Pat O' Hara, si è posto la domanda molto presto, dato che ha iniziato a frequentare i set del padre sin da bambino.
«I miei genitori erano separati e quando l' estate trascorrevo le vacanze con papà passavo il tempo a vederlo recitare: lui vestito da messicano, da latin lover o da donna mentre impersonava la drag queen Madame Royale nel film del 1970 diretto da Vittorio Caprioli, il primo che affrontava il tema dell' omosessualità, che all' epoca era praticamente un tabù.
E devo dire che quando lo vedevo atteggiarsi al femminile, il che gli riusciva molto bene, ho avuto un attimo di perplessità, ero preoccupato e mi dicevo: oddio che è sta succedendo, è mamma o papà? E anche un' altra volta mi ha fatto molto preoccupare, anzi piangere...».
Perché?
«Mentre girava Il Federale , nel 1961, ero davvero molto piccolo, ingenuo, ignaro di tutto...seguivo le riprese e, vedendo al lavoro i truccatori, il sangue finto, le botte finte, capivo che si trattava di una pura, innocua mascherata. Ma quando, qualche mese dopo, andammo insieme a vedere il film al cinema, di fronte alla scena in cui lui, orgoglioso di vestire la divisa da fascista arriva a Roma ignaro del fatto che la città era stata liberata, e viene assalito, rincorso dalla folla inferocita... beh mi sono sciolto in lacrime: mi sembrava tutto vero!».
In altri termini, era più convincente sullo schermo che dal vivo?
«Esatto. Papà cercò di spiegarmi con dolcezza che era soltanto un film, che non era successo niente, che era tutto finto. E lì ho capito che il cinema, a volte, è più potente della realtà. Siccome, però, in altre occasioni mi divertiva e mi faceva tanto ridere ho capito un' altra cosa fondamentale».
Quale?
«Che fare questo mestiere è meglio che lavorare. Per questo mi sento un privilegiato: beato colui che scambia il lavoro per tempo libero. Scoprire qual è la propria vocazione da giovani è una delle conquiste più importanti».
Attore o regista? Lei ha fatto entrambe le cose.
«Ugo mi sconsigliò di fare l' attore, dicendo: è un mestiere limitato, sei nelle mani degli altri, perché non provi a studiare da regista, è un lavoro più completo. Così, dopo aver studiato in Inghilterra dove vivevo principalmente con mia madre, venni in Italia e mi iscrissi alla scuola di segretario di edizione e produzione, dove ho imparato tutto il percorso per la realizzazione di un film.
Per dieci anni ho fatto la gavetta, poi Ettore Scola mi chiama per il suo meraviglioso film La famiglia , dove interpretavo Paolino, il figlio di Vittorio Gassman, e l' anno dopo mi dà la possibilità del vero debutto da regista, nella serie Piazza Navona , per l' episodio intitolato Fernanda . Considero Scola il mio maestro, lo definisco il mio "preside", mi ha insegnato tanto: è il mio padre putativo».
Ma quello vero, invece, che padre è stato: assente?
«Come dicevo prima, sono figlio di genitori separati ante litteram, oltretutto entrambi appartenenti al mondo dello spettacolo, e andavo a scuola dai preti, quindi ero figlio di due peccatori... Ma per me erano entrambi presenti, nell' ambito di quella che è diventata una famiglia allargata, avendo avuto in seguito tre fratelli».
Thomas è figlio dell' attrice Margarete Robsahm, Gianmarco e Maria Sole sono figli di Franca Bettoja: con chi dei tre si sente maggiormente in sintonia?
«Sarà perché ci vediamo poco, e questo in certi casi può essere un vantaggio enorme, ma vado d' accordo con tutti. Thomas e io ci somigliamo anche fisicamente, forse perché siamo entrambi nati da due donne nordiche.
Gianmarco ha dei tempi comici eccezionali, è buffo, mi diverte e mi fa anche tanta tenerezza perché ha il candore che è tipico degli attori, perché per fare questo lavoro si deve restare un po' bambini. Maria Sole è forse quella più tagliente, acuta, ha sempre la battuta pronta, sardonica... però resta la mia sorellina più piccola».
La famiglia, poi, ha continuato ad allargarsi con l' arrivo di Simona Izzo...
«Le donne che incontri ti modificano nel Dna: forse se avessi incontrato una donna chef, una "cheffa", avrei aperto un ristorante in Messico. Invece Simona mi chiamò per interpretare il suo primo film, Parole e baci, che dirigeva con la sorella Rossella e il nostro incontro era un destino: anche lei è cresciuta a pane, scrittura e doppiaggio... però le nostre rispettive situazioni familiari non erano facili, facili... Io provenivo dalla mia unione con Flavia Toso, da cui era nata nostra figlia Sarah e anche lei aveva avuto un marito, Antonello Venditti, un figlio, Francesco... Insomma, una faccenda complicata».
E Simona voleva convolare a nozze...
«Eh già, ma io non mi sentivo pronto... E una volta, mentre andavamo in macchina proprio a trovare mia madre, lei mi fa una scenata che dura dal casello di Roma nord fino a Ventimiglia. Io cercavo di spiegarle che il matrimonio non era necessario, che avevamo una casa in comune, un lavoro in comune, persino il conto in banca in comune... e a un certo punto le chiesi: perché dobbiamo sposarci?
La sua risposta fu solenne: per educazione... E su questo mi sono arreso. Quando però finalmente arrivammo a casa di mia madre, le dissi con tono brusco: ciao mamma, io e Simona ci sposiamo. Lei sorrise felice, ma replicò: Ricky c' è un altro modo di dare una bella notizia. E io le risposi: sì, ma non c' è altro modo per dare una cattiva notizia...».
Proprio una cattiva notizia non si direbbe, dato che il vostro legame regge da oltre trent' anni...
«Verissimo. Abbiamo creato la famiglia Tognizzo, una sorta di minoranza etnica, dove siamo tutti padri e madri dei figli e nipoti di tutti e due che amiamo, senza togliere nulla ai genitori biologici. Nel cuore c' è posto per tutti. Simona e io abbiamo anche un' ulteriore fortuna».
Quale?
«Oscar Wilde scriveva: il matrimonio è una croce che deve essere portata in tre... riferendosi all' amante incomodo. Nel nostro rapporto, il terzo incomodo è il lavoro che ci unisce e, in certi casi, ci divide: il dibattito accalorato tra noi è perenne, siamo molto diversi. Io sono pieno di difetti: pigro, ansioso, nevrotico... Sono un ottimo pessimista».
Nessuna qualità?
«Sono tenace, questo me lo riconosco... Aggiungo che mia moglie afferma di amare la mia parte femminile... a volte mi chiedo se ami anche quella maschile... mi auguro di sì. La verità è che chi fa il nostro mestiere deve essere un po' maschio e un po' femmina, fluido nei sentimenti: la mela deve essere intera, affinché una torta abbia più sapori».
A proposito di sentimenti, si è mai pentito di non aver chiesto scusa a qualcuno?
«Sensi di colpa ne ho tanti, ma soprattutto nei confronti di mio padre. Quando si ammalò, ho sottovalutato il suo grave stato di salute e non sono andato a trovarlo spesso in clinica dove era ricoverato. Quando finalmente ci andai, era troppo tardi: mi piacerebbe chiedergli scusa per questo. Ho messo il mio impegno di lavoro al primo posto rispetto alla sua malattia».
E l' impegno lavorativo, ora, si concentra sulla storia di una donna con una figlia malata di leucemia: «Svegliati amore mio» è il titolo della nuova fiction in tre puntate, su Canale 5 dal 24 marzo, con Sabrina Ferilli protagonista.
«Racconta la storia di una madre che lotta per la sua bambina di dodici anni, la cui unica colpa, se così si può dire, è quella di vivere a ridosso di un' acciaieria, dove lavora il padre, e di aver respirato, come tanti bambini, non la brezza del mare che è lì vicino, bensì il vento rosso foriero di morte.
Un doloroso dilemma, un grande dramma accaduto a tante famiglie, il dover scegliere tra il morire di fame o avvelenati... che è un po' quello che stiamo vivendo adesso tutti quanti, un amletico dubbio con cui dobbiamo fare i conti: chiudere tutto per la pandemia e salvarci dal Covid-19, oppure tenere aperto, salvandoci dalla fame? Quando abbiamo iniziato a scrivere questa storia non eravamo in pericolo pandemico, però dentro le acciaierie gli operai indossano da sempre le mascherine, per proteggersi dalle polveri sottili».
Quando la pandemia finirà, qual è il suo più grande desiderio?
«Ho tanta voglia di tornare a vedere film nelle sale e spettacoli teatrali. Per quanto le piattaforme, in questo brutto periodo, ci abbiano regalato le emozioni di cinema e serie tv, il buio della sala, quegli attimi prima che appaiano i titoli quando tutti trattengono il respiro come di fronte a un atto magico, sono cose irrinunciabili che non si possono riprodurre, né tantomeno rivivere seduti su un divano di casa.
Jean Cocteau affermava che al cinema tutti gli spettatori sognano lo stesso sogno e io voglio rivivere questo sogno assieme agli altri...manca poco, spero».
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Esattamente un anno fa l’Università di Firenze, Dipartimento SAGAS, organizzò un forum per attirare l’attenzione sul degrado di uno dei palazzi più belli di Firenze, il più rappresentativo della stagione tardo barocca insieme a palazzo Medici Riccardi, vale a dire Palazzo Fenzi Marucelli. Fu un sasso gettato nello stagno, che sta cominciando a dare i suoi frutti proprio in questo momento. Andrea De Marchi tenne allora una relazione introduttiva che qui pubblichiamo in occasione del Convegno sui Musei universitari, che avrà luogo nei prossimi giorni (1-2 febbraio 2018), ideato da Cristiano Giometti e Donatella Pegazzano appunto nella prospettiva di una futura musealizzazione del piano terra di Palazzo Fenzi Marucelli, una volta riordinato e restaurato (leggi il programma). Ringraziamo l’autore per averci consentito di fare conoscere questo testo attraverso le nostre pagine. [N.d.R.]
IL MESTIERE DEL DOCENTE universitario negli ultimi anni è cambiato profondamente e probabilmente sta cambiando ancora. Se pensiamo ai nostri maestri non possiamo non invidiarli, perché potevano profondere tutte le loro migliori energie, a tempo pieno, nel condurre ricerche originali e nel trasmettere ai giovani la loro sapienza. Nessuno di loro avrebbe potuto nemmeno lontanamente immaginare i carichi amministrativi rendicontativi e organizzativi che ci soverchiano quotidianamente. Il rischio di smarrire la dimensione gratuita e profondamente umanistica della ricerca per sé stessa e di impoverire così anche le potenzialità di costante verifica ed innovazione metodologica è assai elevato. La pur giustificata reazione di rigetto, che ogni tanto tenta molti di noi, è però sterile e impedisce di cogliere le sfide attuali a cui siamo chiamati, il dovere civile e morale di proiettare la docenza oltre il chiuso delle aule, di confrontarci con le possibili ricadute di quanto insegniamo, di contribuire ad una disseminazione del sapere che fruttifichi in buone pratiche.
[quote style=”boxed” float=”right”]Una società bombardata dalle immagini è nondimeno sempre più affamata di altre immagini, in un atteggiamento bulimico che riduce l’opera d’arte a pretesto occasionale per suscitare emozioni estemporanee e fuggevoli, anziché imparare a gustarle per quello che effettivamente rappresentano[/quote]Ciò è tanto più vero per chi insegna storia dell’arte. Una società bombardata dalle immagini è nondimeno sempre più affamata di altre immagini, in un atteggiamento bulimico che riduce l’opera d’arte a pretesto occasionale per suscitare emozioni estemporanee e fuggevoli, anziché imparare a gustarle per quello che effettivamente rappresentano, per il vissuto anche remoto che vi è sedimentato e trasfigurato, e attraverso di esse coltivare il valore della memoria, provare l’emozione autentica di percepire nella bellezza prodotta dall’uomo nel corso dei secoli il barlume di qualcosa che gli era ancora ignoto. I giovani stanno drammaticamente perdendo la memoria storica, il senso stesso, tragico e commovente, grandioso ed entusiasmante, della storia che sta dietro di loro, in favore di un unico eterno presente ove tutto si livella e galleggia nel plasma infinito del web, dove le differenze si annebbiano, dove nulla emoziona veramente perché tutto è possibile e tutto è già noto.
La storia dell’arte proprio per la maggiore facilità – apparente – di assimilazione delle immagini, può divenire allora strumento privilegiato di un’educazione permanente che contrasti il progressivo smarrimento di identità. Insegnando a leggere il succedersi degli stili e con essi delle mentalità, a decifrare in un monumento, ma pure in una città e nel territorio, un gigantesco palinsesto, alimenta la consapevolezza mai banale del diverso e della diacronia. Le conoscenze storicamente fondate e verificate non sono mai erudizione fine a se stessa, fanno parlare l’opera, ci dispongono ad ascoltarla, in un vero e proprio slow food nella ricezione delle opere d’arte, come palestra della cultura dell’attenzione. Saper leggere un’opera d’arte per le tendenze metodologiche più agguerrite e promettenti vuol dire soprattutto ricollocarla mentalmente nel suo contesto: di produzione, di ricezione estetica, funzionale e ideologica. Rimetterla al suo posto, magari anche con l’ausilio delle straordinarie potenzialità offerte dai rendering e dalle visualizzazioni digitali, o addirittura con la realtà aumentata, con tutti i rischi ludici che essa comporta, e con questa operazione dare un senso ai monumenti e ai musei, riscattare dal rischio incombente sulle nostre città di una regressione ad un unico, proteiforme ma inafferrabile, non-luogo.
[sixcol_four] Queste riflessioni preliminari credo siano opportune nel momento in cui ci troviamo a discutere in questo luogo, così denso di storia e di arte e al tempo stesso così maltrattato, all’interno di un quartiere che è tutto straordinariamente denso e che è non meno sofferente. Palazzo Marucelli Fenzi come l’intera area di San Marco (la chiamo così, rinviando all’antica Cafaggio suburbana, che quartiere non era, cresciuta attorno ai grandi poli religiosi dei silvestrini e poi domenicani osservanti, San Marco, e dei Servi di Maria, Annunziata, pullulante specie in San Gallo di insediamenti monastici femminili), palazzo Marucelli Fenzi e l’intera area di San Marco – dicevo – esprimono delle potenzialità soffocate da un tessuto urbano che non aiuta il dialogo, che talora respinge per ricorrenti episodi di grave degrado, che riassorbe le tante isole di bellezza e di pace che racchiude, i tanti frammenti di arte e di storia che lo fanno illustre, come a volerli nascondere. [/sixcol_four][sixcol_two_last] [/sixcol_two_last]
Sebastiano Ricci, Punizione di Eros, c. 1706-1707, particolare, Firenze, Palazzo Marucelli Fenzi
[sixcol_four]È una gigantesca sfida, che riguarda una pianificazione urbanistica degna di questo nome, dove siano chiare, dichiarate e condivise, le scelte, le priorità, gli indirizzi. Ma è anche più nell’immediato e più in piccolo una micro-sfida che ci riguarda molto da vicino e che vorrei dire è quasi impellente. Abbiamo voluto invitare a questo forum professionisti e dirigenti che svolgono ruoli di responsabilità in istituzioni culturali, formative e museali, che in questa area a rischio di perdita identitaria insistono, nella consapevolezza che tout se tient, che nessuno può progettare in proprio senza dialogare col vicino, che questa realtà atollica se innesca delle sinergie virtuose può davvero schiudere potenzialità inattese. Avviare un confronto non può voler dire che porre i presupposti di un lungo cammino, avendo il coraggio di guardare lontano. Ma per non parere velleitari vorremmo partire molto concretamente dal presente dolorante e dal futuro incerto di questo edificio, di questo monumento che racchiude in sé le ambivalenze, le potenzialità e le pastoie, splendeurs et misères, dell’intero quartiere.[/sixcol_four][sixcol_two_last] [/sixcol_two_last] [sixcol_four] Palazzo Marucelli poi Fenzi – ne parleranno più nel merito Donatella Pegazzano e Cristiano Giometti – è dopo Pitti e palazzo Medici Riccardi l’esempio più alto e fulgido della decorazione barocca a Firenze. «Uno de’ più vaghi e nobili edifici, che da altri gentiluomini siano stati fatti in Firenze nel presente secolo», così lo ricorda Filippo Baldinucci alla fine del Seicento. Come prima di lui Pietro da Cortona e Luca Giordano nelle altre due residenze succitate, qui il veneziano Sebastiano Ricci tra 1706 e 1707 fa irrompere una ventata di aria frizzante. Per quegli anni è un vertice di livello europeo, dove pitture murali, pirotecnici stucchi ad illusione, dorature e vernici traslucide, finti quadri con finte cornici, trompe-l’oeil d’ogni sorta sfondano pareti e volte, trasfigurano gli ambienti. Ma poi il palazzo racconta tante storie, vi si sovrappongono gusti ed epoche diverse, fino all’Ottocento, quando lo comprò Emanuele Fenzi, costruttore della strada ferrata Leopolda, e sempre a livelli molto alti, con boudoir neogotici e neo-cinquecenteschi, ora fatiscenti ed usati impropriamente come studi. Un collega, veneziano provocatore, Giuseppe Pavanello, tanti anni fa mi disse che era riuscito a vedere la cosa più bella che c’è a Firenze. Era riuscito. Non è facile infatti, a meno di essere studenti che, per lo più ignari di tanto splendore e della sua storia, usano quotidianamente la biblioteca di geografia. O fino a poco tempo fa impiegati del nostro dipartimento che avevano la scrivania in quelle stanze, preziose come uno scrigno: ma opportunamente il nostro direttore prof. Stefano Zamponi le ha fatte sgomberare, di modo che possano essere presentate più degnamente al visitatore occasionale che lo richieda. L’altro giorno ho assistito ad una scena surreale: una ventina di signore e signori di un’università della terza età volevano vedere la sala d’Ercole, ciò che è stato loro concesso in via del tutto eccezionale e per pochissimi minuti, purché le fatiche d’Ercole e Sebastiano Ricci venissero spiegati dal loro cicerone mentre erano pigiati nel corridoio, e poi si aggirassero a fatica e in silenzio tra i tavoli per non disturbare gli studenti che leggevano in biblioteca. Il quadrilobo con la Punizione di Eros, di Sebastiano Ricci, che al Metropolitan Museum di New York o alla National Gallery di Londra campeggerebbe isolato, si vede tra il lusco e il brusco, di passaggio tra gli scaffali e sopra al bancone di distribuzione dei libri per il prestito. Nel resto del palazzo occhieggiano decorazioni bellissime, di qua e di là, dove meno te le aspetti, soffocate fra rifacimenti intrusivi, disimpegni disadorni e muri scrostati. Volte affrescate e circondate da stucchi sono offese dalle barre del neon. Nella sala della Guerra, uno degli stucchi stupefacenti del Portogalli è stato perforato per applicare la riloga di una tenda: e non secoli fa!
Visitatori nella Sala di Ercole
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Veduta della Sala dell’Amore punito con la “Punizione di Eros” di Sebastiano Ricci
Giovan Martino Portogalli, Nereide, particolare della decorazione in stucco della Sala della Guerra
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[sixcol_four] Come storico dell’arte e docente che insegna in questa università io mi vergogno. Come possiamo educare alle buone pratiche se non le incarniamo? Come possiamo istillare nei giovani la sensibilità per il patrimonio, per la sua comprensione storica, per le attenzioni che esso merita, se il luogo stesso che ci ospita è un esempio perfetto dell’opposto? Come possiamo accogliere degnamente colleghi e ospiti? È questo il nostro biglietto da visita? Allo stesso modo immagino che tanti colleghi del DIDA si vergognino a discutere pubblicamente tesi di laurea di restauro architettonico in un edificio illustre come Palazzo San Clemente, fatiscente e deturpato.[/sixcol_four] [sixcol_two_last][/sixcol_two_last] [sixcol_four] Palazzo Marucelli Fenzi meriterebbe di essere rivoltato come un calzino, svuotandolo anche di tanti tramezzi e divisori e superfetazioni cementizie, in cui si sbizzarrirono pessimi nipotini di Michelucci, riducendolo ad un vero dedalo di scale e scalette, meandri e mezzanini e terrazzini, dove anche io ogni tanto mi perdo. Nel patrimonio edilizio monumentale dell’Università la maggiore spina nel fianco è probabilmente palazzo San Clemente, lo sappiamo bene. Ma palazzo Marucelli Fenzi, anche senza interventi strutturali straordinari, potrebbe essere ricondotto a dignità per gradi. Ripulire e riordinare con un attento restauro il piano terreno non sarebbe un obiettivo così immane, anzi assai realistico, se solo si liberassero gli spazi occupati dalla biblioteca di geografia, come promesso da anni.
Come tutti sanno esiste un grandioso progetto per un polo bibliotecario umanistico, detto progetto Brunelleschi, consultabile anche sul sito del Sistema bibliotecario di ateneo, e in vista di ciò da qualche anno sono stati traslocati gli studi dei docenti che ancora vi avevano luogo. È una prospettiva entusiasmante, che potrà un giorno mettere a disposizione degli studenti, ma anche della città, un patrimonio librario imponente e spazi polivalenti, dove speriamo troveranno posto anche altre collezioni documentarie assai importanti che l’ateneo ha, come la fototeca di storia dell’arte, negli ultimi anni arricchitasi grazie al dinamismo della collega Sonia Chiodo di fondi notevoli (Parronchi, Marabottini, Del Bravo), ospitando anche quelli preziosissimi di Offner e Boskovits del Corpus of the florentine painting. Non tutto onestamente entusiasma a pari grado: in molti riteniamo discutibile (e mal gestibile, chi pulirà tutti i giorni quella copertura in vetro da foglie e guano?) l’idea di chiudere con vetri il bel chiostro cinquecentesco per tramutarlo in un’enorme sala di lettura: ci piace che i chiostri restino tali! Alcuni benefici già sono giunti e vanno salutati col meritato plauso: così i tornelli che regolano l’accesso, così la grande e luminosa sala di consultazione di italianistica e storia dello spettacolo, ricavata nell’ex aula B, inaugurata il 10 ottobre dello scorso anno e sempre piena di studenti.
Nell’attesa fervorosa della Très grande bibliothèque, che chissà se vedremo prima della nostra pensione, noi abbiamo però diritto a convivere al meglio con la precarietà. Per questo poniamo con forza l’esigenza di trovare oggi, non tra diversi anni, una soluzione ragionevole nello sterminato plesso di Brunelleschi per il fondo librario di geografia, per quanto interlocutoria e non definitiva essa possa essere. La sistemazione attuale, nelle sale affrescate da Sebastiano Ricci, è infamante ed insostenibile, nuoce alla nostra stessa immagine ed è nella sostanza conservativa gravissima, va medicata il prima possibile.
Due anni fa, il 21-22 marzo 2015, il FAI meritoriamente inserì nelle XXIII Giornate di primavera palazzo Marucelli Fenzi, affidando le spiegazioni a giovani liceali formati per ciò, e fu un successo clamoroso: vi affluirono in due giorni circa 5000 persone. Nell’occasione fu reso praticabile anche il varco verso la libreria annessa anticamente a questa dimora illustre, la Biblioteca Marucelliana. Una volta liberato, il piano terreno del palazzo potrebbe diventare un raffinato museo, potenzialmente affidabile per la sua gestione e valorizzazione all’interazione degli stessi studenti universitari, fra tirocinii e spin-off, elaborando progetti anche di didattica per le scuole e per la città, per cui sarebbe adattissimo, raccontando tante storie, dalla mitologia greca al sogno pittorico e illusionistico barocco, dall’uso degli spazi domestici e di rappresentanza, all’auto-rappresentazione di famiglie gentilizie da annoverare tra le maggiori a Firenze fra Seicento e Ottocento. Potrebbe essere uno splendido laboratorio, dove la formazione e la ricerca si intreccino con un museo vivo, come già avviene per il Museo e istituto di preistoria Paolo Graziosi, ospite del Comune d Firenze nella sede delle Oblate.
Un giorno forse non necessariamente così remoto il piano terreno di palazzo Marucelli Fenzi potrebbe aggiungersi come una nuova unità del sistema museale di ateneo, contribuendo così insieme al complesso di Villa la Quiete alle Montalve, su cui si stanno impegnando con grande dedizione e generosità due nostri colleghi storici dell’arte, Donatella Pegazzano e Cristiano Giometti, ad arricchire il già prestigioso sistema dei musei naturalistici dell’università.
“Non solo David” dovrebbe essere lo slogan di una battaglia tenace e capillare, quotidiana, per far emergere un’altra Firenze, fatta di un tessuto pullulante e per nulla minore, anzi densissimo di memorie storiche e di piccoli capolavori, fatta di chiostrini, palazzi affrescati, teatri e teatrini, orti e giardini, collezioni di manufatti particolari e naturalistiche, frammenti di realtà monastiche, biblioteche storiche… che ora non è accogliente, non attira quell’ampia fascia di turismo più colto e raffinato, rimane nell’ombra ed è insidiato dal degrado. Ci sono poi energie riposte della società civile che potrebbero venire dissopite e galvanizzate. È bello trovare schiuso l’uscio del chiostrino affrescato di San Pierino, in via Gino Capponi, ed intravvedere tutti i giorni i colori di quella piccola meraviglia, aperta grazie ai volontari della Società Dante Alighieri. La presenza di una popolosa comunità studentesca, specie dei dipartimenti umanistici, che ha pure spopolato queste zone dagli abitanti residenziali, ma che nel bene e nel male le sta permeando sempre più del suo vissuto, potrebbe essere il motore di una riqualificazione dove i luoghi della formazione (università, accademie, biblioteche) e quelli del patrimonio (musei maggiori e minori) si intreccino, rimandino l’uno all’altro.
Alcuni complessi, come la palazzina neoclassica dei Servi, di Luigi Cambray Digny, su cui è stato pubblicato pure un volume, sono stati felicemente recuperati in anni recenti: ora è la sede dell’altro corno del dipartimento SAGAS, una sede bella e funzionale. Celata, anche a noi docenti e agli studenti, vi è l’ottocentesca aula intitolata al grande chimico Ugo Schiff, ebreo tedesco e socialista della prima ora, con le sue ripide gradinate per le dimostrazioni scientifiche, che necessita di interventi urgenti di salvaguardia e che potrebbe essere una piccola attrattiva (io ho chiesto di recente l’autorizzazione ad entravi, ma non ci sono riuscito, e un custode che invece c’è entrato mi dice che le condizioni di degrado sono allarmanti; per questo nel video che scorre a loop sono in grado di mostrare solo un’immagine sfocata rubata dal web). [/sixcol_four] [sixcol_two_last]
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[quote float=”left”]Perché quest’area non potrà un giorno diventare una piccola Oxford, felicemente incistata sul fianco di una città storica sempre più brutalizzata dal consumo orgiastico del turismo massificato, mordi e fuggi, canalizzato nei due o tre binari obbligati e feticizzati?[/quote] Probabilmente anche altri potrebbero lamentare micro-contesti monumentali che patiscono il degrado e che andrebbero salvati. Ma soprattutto quello che manca è un virtuoso sistema connettivo, una rete che facendo conoscere questi luoghi li aiuti a vivere. Una rete in cui proprio gli studenti di beni culturali, in inquieta ricerca di affinare professionalità efficaci, nutrite di sapienza e di sensibilità, potrebbero giocare un ruolo importante in un futuro forse non così remoto e non così utopico. Perché quest’area non potrà un giorno diventare una piccola Oxford, felicemente incistata sul fianco di una città storica sempre più brutalizzata dal consumo orgiastico del turismo massificato, mordi e fuggi, canalizzato nei due o tre binari obbligati e feticizzati? Perché non potrà esservi coltivata la dimensione accogliente e gradevole del college, dove chiostri bellissimi come quello di Sant’Apollonia non siano manomessi da usi impropri e abbandonati allo squallore, dove siano proposti percorsi alternativi, dove i luoghi che si visitano si confondano e mescolino con quelli dove si studia e si ricerca? Perché non si rade al suolo l’obbrobrio cementizio di Sant’Orsola, un fantasma che ha ghettizzato le insulae circostanti, e non si indice un concorso internazionale per trasformare quella vasta area in redditizia foresteria per gli studenti e polmone verde, rilanciando la vocazione studentesca e universitaria di questa zona di Firenze?
[sixcol_four] Importanti contenitori demaniali, pregni di memorie storiche e ricchi di decorazioni, sono stati dismessi in quest’area o verranno dismessi, senza che sia chiaro, almeno nella nozione comune, quale destinazione li attenderà: il buontalentiano casino mediceo di San Marco, appartenuto a don Antonio de’ Medici e al cardinal Carlo, dove erano la Corte d’appello, la Procura generale della Repubblica, l’Avvocatura di stato e il Circolo ufficiali (si legge su wikipedia: “2012, il complesso è attualmente in attesa di nuova destinazione”); l’ex ospedale militare nell’ex monastero femminile di San Domenico del Maglio, il chiostro di Sant’Apollonia, già menzionato, invaso dalle erbacce ed indecorosamente ridotto ad ospitare la mensa universitaria. Per il Maglio si parla di un polo tecnologico per i beni culturali, in cui sarebbe coinvolto anche l’Opificio delle pietre dure, bisognoso di un terzo polo anche per ospitare la sezione tessili e arazzi, tuttora in Palazzo Vecchio, e questa sarebbe una bella notizia. Per il casino mediceo di San Marco anni fa era stato lanciato, in vista di un finanziamento europeo, un progetto ambizioso di polo integrato, museale e della conservazione, che però non è mai decollato. A fronte delle incognite che gravano su questi importanti beni demaniali, su cui sarebbe auspicabile un dibattito pubblico, ci sono musei che scoppiano e offrono strutture drammaticamente inadeguate sia all’importanza delle opere che conservano sia, nel caso della Galleria dell’Accademia, all’imponente flusso di pubblico. Il Museo archeologico, che si presenta ora con tre allestimenti differenti e contradditori, soffre entro spazi insufficienti. L’Accademia al presente non è in grado di offrire nemmeno il servizio guardaroba, per assenza di spazi, non ha luoghi in cui accogliere più degnamente i visitatori che sono in attesa, e magari intrattenerli con ristori e apparati divulgativi ed educativi. Ma soprattutto – ed è per me che studio questo periodo la cosa più dolorosa – la Galleria dell’Accademia racchiude la collezione più importante che ci sia al mondo della pittura su tavola fiorentina fra Due e Quattrocento, ma queste opere sono ammassate una sull’altra come in nessun museo al mondo si farebbe. Sostanzialmente invisibili per coloro che potrebbero apprezzarle. A quanti nostri studenti sono familiari? Quante classi delle scuole secondarie superiori vanno a visitarle? Quanti pensano che all’Accademia si va solo una volta nella vita, subendo la fila interminabile, per vedere il David? Le stesse opere, distese in altri spazi, coi confronti giusti, avrebbero ben altro impatto e potrebbero essere offerte a gradi diversi di fruizione, al di là del turista esotico mordi e fuggi. Perché non cercare una destinazione altra e limitrofa, in spazi di adeguato respiro monumentale, per la collezione di strumenti musicali? O per la gipsoteca Bartolini: bellissima, per carità, sembra di entrare nella Tribuna di Zoffany, ma che densità bestiale di visitatori! O perché non riqualificare l’insula di Sant’Apollonia e lì dislocare la sezione straripante del Quattrocento rinascimentale, arricchendola dei tanti capolavori grandi e piccoli che giacciono nei numerosi depositi fiorentini (quanti affreschi strappati, anche bellissimi, nel deposito di villa Corsini a Castello!), costruendo un percorso storicamente sensato e finalmente godibile, facendo dialogare le tavole con gli affreschi del Cenacolo di Andrea del Castagno, col chiostro rinascimentale, con la cappellina affrescata da Cenni di Francesco e da altri trecentisti, impenetrabile ai più (celata dietro agli uffici dell’Azienda regionale per il diritto allo studio)? E rivelare queste cose, con eleganza ma efficacia: chi sospetta che sotto alle bandiere italiane ed europee, dietro a quel muro spoglio di via XXVII aprile, non ci sia una caserma o un ufficio della pubblica amministrazione, ma il cenacolo di Andrea del Castagno, come una piccola targa dichiara e come qualche viaggiatore inglese sa bene? Eppure oggi ci sarebbero infiniti mezzi, tra ticket cumulativi a tema, app e percorsi on-line segnalati da QR code, per comunicare, oltre alla banale segnaletica che manca drammaticamente un po’ ovunque in questa zona.
Esiste un pubblico che al paragone dei grandi numeri polarizzati da tre-quattro tappe feticcio è di nicchia, ma che in potenza rappresenta una nicchia assai cospicua. Un pubblico colto ed esigente che giustamente va dove l’offerta è adeguata, ben articolata, raffinata, amichevole, e per cui una città come Firenze è obiettivamente respingente. Anche lo slow food deve avere diritto di cittadinanza nel mondo dei beni culturali di una città come Firenze, contribuendo a quel valore aggiunto che può incidere in maniera determinante sull’immagine complessiva, non brutalmente massificata e livellata. Non è una rivendicazione elitaria. All’opposto. L’idea del museo aperto e diffuso, come itinerario, radicato in luoghi diversi, è l’unica salvezza. Massimiliano Tonelli, animatore del sito Artribune, lanciando provocatoriamente la sfida della gratuità per tutti i musei, sul modello inglese, che alla fine potrebbe rivelarsi anche economicamente un fattore di sviluppo e di incentivo di altri redditi, ben maggiori degli introiti che verrebbero sacrificati, così scriveva: bisognerebbe «accettare che [il museo] smetta di essere un fortilizio quasi impenetrabile di studio ed erudizione, ma si trasformi in un’altra nuova piazza per la città», e perché i musei diventino «protagonisti del tessuto economico e sociale delle città» sarebbe necessario conferire «loro ancora più forza per ottemperare al compito principale che è dato loro: promuovere, esporre, sviluppare, tutelare, fare ricerca sulla cultura e sul patrimonio artistico pubblico».
Io sono piemontese, mi sono laureato a Siena su un argomento marchigiano, ho lavorato come storico dell’arte in soprintendenza a Pisa, come ricercatore universitario in Salento, come professore associato in Friuli, ho sposato una donna veneta. Da dieci anni lavoro e insegno qui. Molti in questa università non sono fiorentini e come me hanno il distacco giusto per rendersi conto di tante potenzialità inespresse. Cari amici fiorentini, permettetemelo: Firenze soffre ancora di un male antico, del pertinace particolarismo, della refrattarietà a fare rete e a lavorare in squadra: ognun per sé e bellum omnium erga omnes. Per questo Fulvio Cervini, come presidente del nostro corso di laurea magistrale in storia dell’arte, ed io, come coordinatore del Dottorato regionale Pegaso in Storia delle arti e dello spettacolo, abbiamo voluto invitare tanti autorevoli vicini di casa, e dare loro la parola, ascoltare i loro lamenti e le loro idee propositive. E scusateci se abbiamo dimenticato qualcuno. Ma non vorremmo che oggi ognuno si preoccupasse solo di rivendicare i propri meriti e il proprio ruolo, rinvangando il passato, alzando steccati, riaffermando prerogative, ma al contrario confidiamo che ognuno sappia gettare il cuore oltre l’ostacolo, lanciare idee e proposte, anche saggiamente utopistiche, guardando lontano e non solo al contingente, per progettare in grande e per progettare insieme. Questa è la nostra terza missione! Questo il vero Horizon 2020 che ci attende! [/sixcol_four] [sixcol_two_last] [/sixcol_two_last]
"Musei, Università, Città" (Firenze, febbraio 2017), di Andrea De Marchi Esattamente un anno fa l'Università di Firenze, Dipartimento SAGAS, organizzò un forum per attirare l'attenzione sul degrado di uno dei palazzi più belli di Firenze, il più rappresentativo della stagione tardo barocca insieme a palazzo Medici Riccardi, vale a dire…
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1941. Nella Francia occupata dai nazisti, la giovane ebrea Shoshanna Dreyfus (Mélanie Laurent) assiste impotente al massacro dell'intera famiglia per opera del "cacciatore di ebrei" Hans Landa (Christoph Waltz) e fugge a Parigi assumendo l'identità di Emmanuelle Mimieux, proprietaria di una sala cinematografica. Qui attira l'attenzione di Friedrich Zoller, eroe del regime nazista a tutti noto per essere sopravvissuto dall'alto di una torre campanaria e aver ucciso 300 nemici. Sarà questo il pretesto di cui Shoshanna si servirà per vendicare i suoi cari: la première del film "Orgoglio della Nazione" dove sono riuniti i maggiori gerarchi nazisti, assume le vesti di un microcosmico inferno avvolto dalle fiamme, inferno che ha il volto della stessa Shoshanna. #quentintarantino #ingloriousbasterds #bradpitt #christophwaltz #iconic #movies #quotes #screenplays https://www.instagram.com/p/B8gvpkBKsbh/?igshid=sq3v8x8v76sm
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2019 in books
A classic example of a cute cover design for a totally unworthy novel. This post will be in Italian under the ‘read more’, because it just needs to be. There will be quotes.
Language: Italian
Mai fu letto libro più scialbo, con personaggi insignificanti, inutilmente autoreferenziale, con escamotage letterari francamente tristi e riferimenti al mainstream così bassi da far rabbrividire.
La cosa che mi fa arrabbiare è che la descrizione e l’idea centrale della trama è molto carina: la protagonista si ritrova con la vita sottosopra (il marito la lascia, qualcun altro prende il suo posto al lavoro, altre paturnie) e la tua terapista le suggerisce di fare qualcosa di nuovo per dieci minuti ogni giorno per un mese. Non devono essere cose assurde, solo mai fatte.
Peccato che già alla seconda pagina ci si ritrovi a pensare: cheppalle!
Maiuscole a cazzo, virgole senza senso, uno stile narrativo da tema di terza media. Una palla. La protagonista è assolutamente superficiale ed egocentrica - lo fosse in modo interessante, si potrebbe sopportare o perfino apprezzare la cosa, ma no. È e continua a essere una palla. Ha la ricchezza interiore di un cetriolo sottaceto.
I personaggi secondari sono anche peggio, vuoti e assolutamente privi di un qualsiasi carattere che li renda più profondi di un paio di tratti superficiali: diciannovenne nero che parla romanesco, checca che trasforma ogni parola maschile in femminile (l’albera, la marita, le pancake - macheccazzo), il Marito al quale non viene mai dato un nome (si sa solo che ha gli occhi gialli e che ha lasciato la moglie perché non è più la diciottenne insicura e anoressica con le trecce che lo guardava come se fosse Dio - e non è una cosa che si estrapola dalle situazioni narrate o dal rapporto tra loro, no no: quello glielo dice in faccia e lei pensa per tutto il romanzo: com’è irresistibile Mio Marito!!)
(ノಠ益ಠ)ノ彡┻━┻
Non mi era mai venuto un impulso simile, ma dopo.. dieci pagine, più o meno, ho sentito il bisogno di sottolineare le parti che più mi facevano ribrezzo del libro.
Ecco, quindi, le perle selezionate per questo post:
L’unica tonalità di smalto che abbia mai contemplato è il nero, e comunque con riserva. Perché siccome scrivi libri non vuoi essere considerata una donnetta fibrillante che racconta storie per capire se stessa, ma vuoi la patente dell’intellettuale rigorosa e impegnata con l’aria malata, grave e pallida, mi hanno sempre detto Cristina e Tiziana. Perché i colori vivaci, tanto più se accesi, mi sembrano dare a quella realtà che tanto mi spaventa l’autorizzazione a procedere, ho sempre detto io. Perché tuo padre avrebbe voluto un primogenito maschio e tu non hai mai voluto dargli fino in fondo una delusione, diceva Mio Marito.
ლ(ಠ_ಠლ)
Mi sembra di andare, non so come dire: sottovuoto.
La me che voleva solo avere assicurati la Sua Stradona di campagna, Suo Marito e la Sua Rubrica per tutta la vita. [Contesto: la protagonista, poverina, deve accontentarsi di vivere al centro di Roma in un appartamento abbastanza grande da avere una camera per gli ospiti con un suo bagno, famiglia e amici che abbandonano tutto per lei a uno schiocco di dita e, benché non scriva più la sua rubrica su un settimanale, ha già pubblicato dei romanzi di successo e ne sta scrivendo un altro.]
“Il vero motivo [della nostra separazione] infatti è stato la tua crescita, lo sai come la penso. [...] Da quando hai cominciato a sentirti realizzata insomma, ho visto morire un po’ ogni giorno la mia ragazzina con le trecce che avevo conosciuto nella sala d’attesa dello psicologo.”
“Tieniti la mite, io sono dina-mite.”
“[Demi Mooore] almeno stava con la Ashta Kutcher, ha il diritto di stare male.”
Non ho un’idea precisa di che cosa sia una spatola.
Allarga gli occhi di moquette nera.
DI MOQUETTE NERA. GLI OCCHI. DI M-O-Q-U-E-T-T-E. ლ(ಠ_ಠლ)
Puzzano e non hanno più il pelo morbido: ma quando prendo l’abitudine a un peluche è dura rinunciarci.
È una donnina minuscola [...] con l’acconciatura a panettone.
“Come va, Chiara?” “Dottoressa, boh.” “Boh?”
Mi manca svenirci dentro, all’impotenza.
“Eh.”
Furia azzurra.
[...] accendendo al massimo dei watt le lampadine che ha al posto degli occhi.
Torno verso casa, con il mio Cyrano e con il sospetto, o forse la speranza, di vivere davvero, tutti, in un fumetto: e mentre invoco un qualche Joker che arrivi e rapisca me, Gioia e tutti quelli con gli occhi gonfi e uno strappo nel cuore dalla Gotham City del Natale che incalza, mi arriva un messaggio.
E non ci sono paillette, nella sua voce.
Nonostante sola, solissima, sia.
“È perno e ruota insieme, la vita.”
#2019 in books#per fortuna che è breve#altrimenti suppongo che l'avrei abbandonato sullo scaffale#e inevitabilmente donato alla biblioteca - è questa la fine che fanno i libri che non mi piacciono#probabilmente farà comunque questa fine (non che se lo meriti)#ah beh#per dieci minuti#chiara gamberale
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#Storia 7 pt.2
Un film per ricominciare
il film era veramente il più palloso della storia, colonne sonore tristi, era pure in bianco e nero, davvero non vedevo l’ora che finisse.
Ovviamente durò 2 ore e mezza.
Uscimmo dalla sala e mi chiese: “é bellissimo il messaggio di questo film non trovi?”
Io volevo solo sparire, non avevo minimamente seguito il filo logico di un film con una ragazza che piangeva, un ragazzo che piangeva, la mamma che piangeva, tutti che piangevano.
Mi venne in mente anche la volta in cui tu piansi, sulla porta...
Di getto le risposi una frase scomposta, senza arrivare ad un punto preciso, temporeggiavo insomma, mentre le lampadine al neon dell’uscita ci illuminavano di una luce rossastra.
Arrivati appena fuori dal cinema ci perdemmo in 4 chiacchere, ma non riuscivo a capirla del tutto, cosi mi giocai un jolly..
“senti, ci andiamo a mangiare qualcosa, un amico ha un ristorante molto carino a pochi km da qui, che ne pensi?”
“verrei volentieri, purtroppo ho l’autobus per tornare a casa ed è l’ultimo è anche molto tardi...”
Avete presente quella sensazione di completa impotenza di fronte a una risposta che non lascia via di scampo? ECCO.
Non volle nemmeno che la accompagnassi alla fermata dell’autobus, non capivo davvero, eppure mi salutò con un sorrisone e un bacio sulla guancia. Non capivo dove avevo sbagliato.
Avevo la faccia da psicopatico? o con 5 dollari pensava che la volessi comprare?
MARTEDÌ
Arrivo in ufficio, John sta distruggendo in sala riunione Paul, indovinate perchè?
Si era dimenticato di chiamare la JYNK Corp., nota azienda giapponese che ci aveva commissionato un’altra app per 5 milioni di dollari.
Affare saltato. Paul saltato. Piano finanziario saltato.
John esce sbattendo la porta imprecando e urlando di prendersi due giorni di pausa, Melanie la sua assistente lo insegue raccogliendo tutti i documenti che lancia per aria, gli stagisti non alzano nemmeno lo sguardo, qualcuno ride, qualcuno fa finta di niente, Kate, la mia segretaria mi fissa come se aspettasse un cazziatone...
Non dico nulla e vado nel mio ufficio mentre Paul...se ne va.
Mi siedo sulla poltrona e sento la pelle della poltrona tirarsi sotto il mio peso, inclino un pò il capo e tiro un lungo sospiro, che settimana di merda mi aspetta.
MERCOLEDÌ
Sono le sei e mezzo, il sole sta tramontando su Charleston, tutti stanno andando via, John non risponde nemmeno al cellulare, Kate mi chiede un permesso per il giorno dopo, annuisco senza nemmeno guardarla.
Rimango solo nel mio ufficio, gli ultimi tiepidi raggi del sole entrano dalle finestre del mio ufficio.
L’ho preso apposta qui, con visuale su un parco, mi mette tranquillità.
Mi vieni in mente, quante volte abbiamo fatto sesso su questo tavolo quando andavo via tutti, quante volte eri dall’altra parte del telefono e mi dicevi di tornare presto a casa, quante volte ancora ti penso.
Non farò mai più il tuo nome.
GIOVEDÌ
Orario di pranzo, Kate non c’è, è in ferie, massacro gli stagisti di compiti per la giornata e mi prendo 3 ore per andare a NY. Devo sbrigare delle commissioni.
Mentre guido sono stranamente felice.
Per un momento ripenso a Caroline, chissà se la vedrò ancora.
Anche questa giornata passa in fretta, sto quasi cadendo nella monotonia, non passo nemmeno dall’ufficio, chiamo il guardiano e gli dico di chiudere tutto.
Era fidato. Un signorotto di 58 anni che veniva dal Texas, poche passioni, belle donne e birra. ma sopratutto birra.
Arrivo a casa, finalmente, mi faccio una lunga doccia, mentre mi rilasso sento squillare il telefono, cerco di asciugarmi alla buona e corro.
“Ehi abbiamo chiuso un affare milionario, quelli di Goklm hanno saputo dell’affare saltato e si sono proposti al doppio della cifra! dobbiamo festeggiare!”
Era John che mi chiamava in delirio di onnipotenza, era a las vegas, festeggiava ancora prima della firma del contratto, ma portava sempre bene quindi glielo facevo fare, mi dice che prenota dei biglietti anche per me e devo raggiungerlo subito, c’è un’amica di Celine per me.
Rido e dico a John che avremmo festeggiato al ritorno.
Mentre accendo il proiettore, mi arriva un messaggio automatico dalla banca, accredito di 150.000 dollari dal conto della società.
Rido, John festeggiava cosi in anticipo dandomi e dandoci delle quote su affari ancora non chiusi.
Mi siedo sul divano e affondo i piedi nel tappeto orientale che mi comprò mia madre, si ha arredato la casa con me, figuriamoci. sono riuscito a scegliere solo location e toni delle stanze.
Vivevo in un loft all’ultimo piano di una palazzina borghese, era un pò la mia tana, open space, finestre stile americano sulla 54esima strada, parquet italiano, cucina nera e quadri di vario tipo.
Ero molto minimalista, poche cose ma ordinate, mi piaceva il lusso non visibile, contando che solo l’appartamento mi era costano quasi 800.000 dollari tra acquisto e ristrutturazione.
Ma i soldi, come detto prima non erano un problema e li gestivo bene, non avevo vizi ne grilli per la testa, bella casa, bella macchina e vacanze nei posti giusti, una vita tranquilla nel mio letto ad acqua preso in Giappone in un momento di completa pazzia.
Bene sono un 22enne annoiato con 150.000 dollari freschi sul conto cosa faccio? NIENTE
Apro facebook. Cazzeggio, commento foto, guardo video di gatti...
Finchè non mi viene un idea...CAROLINE.
Posso cercarla su facebook! Ovviamente la ricerca solo del nome mi porta a milioni di risultati, cosi cerco di fare una geolocalizzazione, sperando almeno di restringere il campo, ovviamente tra le ragazze di Charleston non la trovo.
In realtà ancora non sapevo perchè mi incuriosisse cosi tanto, Sapevo solo che avevo ancora il suo profumo di pesca ancora in testa.
Ora, non so voi, ma io credo nel destino, dopo quasi 1 ora di ricerca, ancora non la trovavo, mi ero quasi arreso.. finchè...
AGHATA, quel film ultra palloso che mi ero sorbito solo per lei, sicuro sarà tipo fan della pagina, o dell’autore, o dello sceneggiatore o di qualsiasi persona che ha partecipato alla creazione di quel film.
MIRACOLO.
Scorgo un viso quasi noto tra le valutazioni del film sulla pagina ufficiale
Caroline Westrem, eterocromica, capelli legati e studentessa. Trovata.
Profilo più blindato di una banca, va bene lo stesso. La aggiungo immediatamente agli amici.
Era molto tardi e sapevo che non sarebbe successo niente di li a poco, cosi vado a letto speranzoso l’indomani di leggere una sua notifica.
VENERDÌ
Il cinguettio degli uccellini mi sveglia 5 minuti prima della sveglia, il sole entra da uno spiraglio della finestra che avevo lasciato scoperto.
Mi alzo e vado verso la cucina, mi preparo un buon caffè brasiliano aromatizzato alla vaniglia, eh si, qualche chicca lasciatemela, e addento un cornetto al cioccolato.
Mi ricordo della richiesta inviata a Caroline, prendo il cellulare, ancora niente, solo messaggi di lavoro. Uffa.
In ufficio il clima è sereno, John ha un nuovo schiavetto, Jimmy, sembra più sveglio, speriamo, Kate mi saluta sorridendo, la trattavo come un’amica e lei era felice e lavorava bene per me, eravamo tutti contenti per il nuovo affare che avrebbe lanciato la società ancora più in alto.
Finisco la riunione delle undici e mezza, ormai è pranzo, mi slego la cravatta, faceva veramente caldo, era afoso in ufficio, batteva perennemente il sole, decido di mangiare qualcosa in un bar e approfittarne per farne una passeggiata e chiamare mia madre per organizzare il week end.
Come al solito mia madre mi tiene al telefono più del dovuto, mentre cerco di camminare tra i bambini che escono dalla scuola sulla 3 strada, non sentivo nemmeno cosa mi diceva, rispondevo solo “ok” “si domani torno” “si ho mangiato” “Ok” “si” e ancora “Ok”... classica telefonata.
Ad un tratto dell’altra parte della strada, in un bar con il free wifi scritti a caratteri cubitali sulla facciata, noto una ragazza con i capelli raccolti...non ci credo è CAROLINE.
Riaggancio a mia madre senza pensarci, e attraverso la strada.
Ma perchè poi? cosa pensavo di fare? mi aveva già mezzo rifiutato una volta perchè continuare...già perchè continuare..mi dicevi.
Entro nel bar e lei era seduta nei tavoli rettangolari che danno sulla strada, stava scrivendo al computer.
“ehi Caroline, ma che ci fai qui?”
“Dylan! ma che piacere! Sto scrivendo un articolo e tu?”
ma come si ricorda ancora il mio nome? poi mi snobba, va bhè, le donne.
Mi siedo e parliamo del più e del meno, di cosa studia lei, giornalismo, di quanto sia difficile e altre cose su di lei, noto che non mi fa domande.
Cosi le chiesi: “Ieri ti ho aggiunto su facebook.. ma forse non hai visto!”
SBAM, altra figura di merda, ma come fai a non vedere che il sito ti invia una notifica anche sul cellulare.. partiamo malissimo.
“No l’ho visto invece. Però Dylan, mi dispiace ma..siamo troppo diversi, non so nemmeno come spiegartelo, è complicato.”
Era surreale, non c’era modo e mi bloccava anche solo per una richiesta di amicizia, davvero non sapevo nemmeno cosa risponderle.
le chiesi un minimo di aiutarmi a capire o se avessi sbagliato qualcosa nei comportamenti e potevo averla offesa in qualche modo.
“No Dylan, figurati tu sei stato sempre carinissimo con me, ma davvero preferirei cosi, non voglio crearti problemi.”
Davvero ero scioccato, ma di fronte a tanto ostinazione e nessun’altra informazioni non potevo fare altro che arrendermi.
“Ok, non posso sapere chi sei, ma almeno se hai voglia di parlare o anche vedere un film noiosissimo di cui ancora non ho capito niente, scrivimi.”
Mentre le scrivevo il numero su un pezzettino di un tovagliolo, scorsi un sorriso frenato sul suo volto, si sposto i capelli dietro le orecchie e mi disse “Lo farò.”
Passarono 4 giorni, niente.
Non ho avuto nessun cenno da parte sua, eppure quegli occhi mi nascondevano qualcosa.
Noi uomini siamo così, quando non capiamo una cosa, cominciamo ad impazzire, specialmente un rifiuto non spiegato.
Caroline aveva quel non so che, classe, femminilità nelle movenze, lessico di una persona che aveva studiato, occhi profondi come l’oceano, aveva qualcosa da raccontarmi e io volevo saperlo.
E in più mi piaceva un casino, guanciotte piene, mento appena appena marcato, i capelli le cadevano perfettamente sugli zigomi e avevano dei riflessi dorati vicino alle punte, aveva delle mani bellissime e curate, e ancora mi ricordo di quel vestito nero del cinema, sottolineava le sue forme.
Non capivo perchè portasse sempre i capelli legati.
Era semplice, anche nell’abbigliamento mi colpiva molto.
Rigorosamente stivaletti neri, leggins neri e una camicia celeste con una canotta bianca, portava un bracciale sottilissimo e dorato al polso sinistro, mentre al destro aveva una specie di corda, quelle per i bracciali per intenderci, ma legata più volte intorno al polso.
Ma io riuscivo solo a perdermi nel suo maledetto profumo che mi colpiva dritto al cuore ogni volta.
Dicono che i profumi che ti colpiscono entrano dritti dentro fino all’anima e penso che lei abbia fatto esattamente questo con me.
i suoi sguardi mi colpivano nel profondo, come quando visiti un posto per la prima volta e rimani a fissare il panorama imbambolato, io mi sentivo cosi ogni volta che lei mi guardava, nei suoi occhi vedevo le emozioni che mi erano mancate da tempo.
Basta devo avere un’altra occasione. Sono ricco e ho i mezzi, è ora di usarli e da chi vado subito secondo voi?
“Kate, come faccio a conoscere una ragazza di cui so solo il nome e nient’altro senza finire in galera per stalking?”
“Ehm.. Dylan, in che senso?”
“Mi servono informazioni su una ragazza, non importa come o quanto costa, devo sapere” sembravo un pazzo psicopatico.
Nel giro di due ora nel mio studio si presenta un tizio che afferma di avere una società di spionaggio matrimoniale e quindi può ottenere facilmente informazioni. Non ho voluto sapere nient’altro. Io chiesi solo l’indirizzo di casa, volevo presentarmi la e parlare con lei. Quindi niente di troppo illegale no?
Due giorni dopo, di rientro da una sessione dal massaggiatore, trovo dei documenti sulla mia scrivania.
“risultato indagini” erano le informazioni che avevo chiesto. Finalmente.
Non so bene se fosse una cosa giusta o sbagliata, ma mi ero ripromesso di non perdere più occasioni, di volermi bene e seguire il mio cuore, mi ero ripromesso di inseguire le mie emozioni e non di soffocarle. Questa volta non volevo mollare, non come hai fatto tu con me.
Esco dall’ufficio alle otto e tre quarti, fuori è buio ed è ormai sabato, non avevo niente da fare e cosi decisi di andare all’indirizzo scritto nei documenti.
Sarà uscita, al rientro forse se sono fortunato potrei incontrarla per sbaglio, mi piazzo in qualche bar, qualche locale che ci sarà li vicino e aspetto.
Mi sbagliavo alla grande.
L’indirizzo indicato non esisteva sul mio navigatore, mi trovava la cittadina, Hamden, ma non la via, girovago per qualche minuto, ma era tutto chiuso, ero un pò spaesato e anche incosciente, recarmi ad un’indirizzo datomi da un fantomatico investigatore, da solo, essendo a capo da una società milionaria.
Trovo una signora ad un distributore automatico e chiedo informazioni, mi dice che l’indirizzo che sto cercando è ai confini della città dove inizia la statale.
Bene mi reco subito sul luogo, non mi ero accorto che avevo gia fatto due ore di strada ed erano quasi le 11.
Mentre esco dalla città, noto un certo degrato, non era come Charleston, qui era davvero quasi tutto abbandonato, cosa ci faceva una come Caroline qui?
Intravedo una stradina quasi sterrata che imbocca nella statale, vedo anche un cartello di legno “ bredley street”.
Ecco era l’indirizzo, almeno credevo. Di fronte a me una casa in legno, decisamente messa male, un capanno semi distrutto e oggetti sparsi ovunque per il giardino.
Era l’ultima casa in fondo alla statale che usciva da Hamden e andava a Tuchson, praticamente lontano da tutto.
Non trovavo il collegamento tra quella studentessa che non usciva dalla mia testa e tutto questo contesto. Era strano.
Parcheggio all’inizio del vialetto con il muso rivolto alla statale, sia per scappare sia per vedere se Caroline si fosse materializzata, e spengo la macchina.
Dopo circa mezz’ora di noia e rumori abbastanza molesti tutt’intorno, scorgo una sagoma nera che cammina nella mia direzione lungo la statale, capisco che è una ragazza e cosi accendo i fari dell’auto che illuminano la sagoma e scendo.
Era lei, Caroline, capelli arruffati, giubbotto chiuso fin sotto il mento e tuta, non il massimo ma era comunque carina.
Più che altro sembrava davvero distrutta, ma cosa fa questa ragazza la super eroina a caccia di criminali?
“Ehi caroline! ciao sono Dylan!”
“Dylan?? ma sei pazzo? che cazzo ci fai qui?”
Bhè non era esattamente l’accoglienza che avevo previsto. Pensavo le facesse piacere una sorpresa
“Sei impazzito? come mi hai trovato? ti avevo detto che....”
“ehi ehi calmati, visto che non mi hai chiamato avevo piacere a vederti, tutto qui! pensavo fosse un gesto carino”
“Carino un cazzo Dylan! tu non sai nulla, non dovresti nemmeno essere qui!”
Avevo fatto un errore madornale, ma cosa pensavo di ottenere presentandomi a casa di una sconosciuta?
“Dylan devi andare via sul serio, non puoi stare qui”
Discutemmo per qualche minuto, volevo solo farle capire che non ero uno psicopatico, ma volevo solo vederla.
I suoi occhioni metà verdi metà nocciola, immersi nelle lacrime mi implorarono di andarmene subito, non avevo scelto, acconsentii.
Se ne andò senza nemmeno guardami in faccia, ero distrutto, la vita mi aveva messo di fronte a una cosa cosi bella dopo tanto tempo e ora me la toglieva in questo modo meschino.
Salgo in auto, non parto, sto fisso con gli occhi sulla strada.
nella mia mente un susseguirsi di pensieri contorti, non ho un focus preciso, sono in preda ad emozioni contrastanti, non riesco a pensare lucidamente.
Eppure c’era qualcosa che non quadrava, che mi diceva di non andarmene da lì.
Decisi per la scelta che poteva distruggere tutto, anche la mia vita.
Scesi dall’auto e in preda ad un’adrenalina pazzesca, decisi di spiare dalla finestra, se piangeva c’era un motivo, doveva essere un motivo.
Mi avvicino lentamente, cercando di non fare rumore, mi accosto alla finestra della cucina dal lato sinistro della casa, un piccola lampadina illumina la cucina di piastrelle rosse bianche con una strana fantasia, sul tavolo qualche frutto e due piatti, c’erano scatole e barattoli aperti ovunque, e due casse di birra al fianco del frigorifero. Ma non vedevo nient’altro, dalla porta scorgevo solo un’angolo del divano e un mobile.
Capisco che il salotto è dall’altra parte e mentre cerco di fare il giro della casa sento un tonfo proveniente dal piano di sopra, mi paralizzo, silenzio, ancora silenzio, riprendo a camminare, avevo quasi finito il giro intorno alla casa ero a pochi metri dalla finestra, quando sento sbattere violentemente una porta.
Iniziale le urla, un casino assordante, non so cosa fare, mi avvicino piano alla finestra.....è un’inferno.
La tele è accesa, c’è sporcizia ovunque, dalla finestra chiusa trapassa un odore nauseabondo di umido e chiuso, ci sono cartoni della pizza a terra e anche qualche bicchiere rotto, era come se nessuno mettesse piede in quel salotto da settimane, forse mesi.
Mi appoggio con le spalle al muro per calmare la respirazione, ero in ansia, avevo paura e non capivo cosa stessi facendo, le urla al piano di sopra si fanno davvero pesanti ma non capisco cosa dicono, dalle scale sento dei passi, sbate violentemente una porta, mi accuccio per terra, sento il van che si accende mette in moto e va via di fretta.
Silenzio, nessun rumore per qualche minuto, altri passi dalle scale interne, mi accosto leggermente alla finestra giusto per intravedere qualcosa.
L’immagine che sta per seguire, turba ancora i miei sogni, come un fulmine a ciel sereno, qualcosa che non ti aspetti.
Caroline è seduto sul divano, con la testa tra le mani, in lacrime.
Non vedo altro, piange, li da sola, ma non capisco il motivo, finchè non si tira su e mentre si asciuga le lacrime con le maniche della felpa noto sul suo volto un livido rosso vicino alla tempia destra.
Panico, non so cosa fare, entrare potrebbe anche essere violazione di domicilio, se quello fosse stato il suo ragazzo? magari avevano litigato, magari ha sbattuto contro la porta (certo) un susseguirsi di ipotesi che mi fecero uscire pazzo, corsi alla mia Bmw e misi immediatamente in moto, grazie a dio il mio parcheggio ai bordi del vialetto non risulto sospetto e non diede nell’occhio.
Mentre guido non riesco nemmeno a pensare, anzi si, penso solo a una cosa, quello di Caroline non era un rifiuto ma una richiesta di aiuto.
fine parte 2
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MARINA DI GIOIOSA IONICA Si è insediato il neo civico consesso
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MARINA DI GIOIOSA IONICA Si è insediato il neo civico consesso
MARINA DI GIOIOSA IONICA Si è insediato il neo civico consesso
MARINA DI GIOIOSA IONICA Si è insediato il neo civico consesso Lente Locale
(foto e video di Enzo Lacopo)
di Francesca Cusumano
MARINA DI GIOIOSA IONICA – Dopo lo scioglimento delle ultime due amministrazioni comunali per infiltrazioni mafiose e le relative gestioni commissariali, dall’undici novembre scorso a Marina di Gioiosa Ionica si respira un clima finalmente “di democrazia”, perché alla recente tornata elettorale del 10 novembre scorso per il rinnovo del consiglio comunale, gli elettori hanno “democraticamente” scelto a chi affidare il governo della città, scelta ricaduta su l’avvocato penalista Giuseppe Femia, detto “Geppo” con una percentuale di poco superiore al 70% delle preferenze.
E proprio ieri sera il neo civico consesso, dinanzi a una vasta platea (presenti tra gli altri, ex amministratori, come l’ex sindaco Domenico Vestito) si è ufficialmente insediato, nella prima seduta consiliare.
Tra i primi adempimenti all’ordine del giorno previsti, la convalida dei consiglieri eletti, dopo aver preso atto dell’insussistenza di condizioni di ineleggibilità e incompatibilità, ad eccezione del consigliere di minoranza Vincenzo Misserianni, la cui convalida è stata allo stato attuale “sospesa” in attesa che quest’ultimo, nell’arco dei prossimi 10 giorni, provveda a sanare la propria posizione.
A seguire, il giuramento del primo cittadino, apparso fin dalle prime battute, visibilmente commosso «Sono felice di essere qui – ha esordito – . Amministrerò con fedeltà la cosa pubblica. I nostri consigli comunali saranno aperti al pubblico, qualora volesse sottoporre il proprio punto di vista. Alla base del nostro programma – ha continuato il neo sindaco – ricostruire questa comunità che ha scelto di essere amministrata, eleggendo su dodici consiglieri, ben sei donne. Un risultato di straordinaria democrazia che non va sottovalutato e di cui mi ritengo molto soddisfatto».
E’ stato poi dato spazio alla comunicazione dei componenti del nuovo esecutivo, già resi pubblici nei giorni scorsi da Lente Locale: Vincenzo Tavernese, vicesindaco e assessore con delega alla Cultura e alla Pubblica Istruzione; Giuseppe Coluccio, assessore con delega ai Lavori Pubblici e Ambiente; Francesca Stefania Lombardo, assessore con delega al Bilancio e Alessandra Mina, assessore con delega allo sport e spettacolo alle attività associative.
Il successivo step ha riguardato l’elezione del presidente del consiglio comunale. Ma prima di procedere alle votazioni, è intervenuto il consigliere di minoranza Giuseppe Belcastro.
« La nostra lista – ha commentato – ha espresso chiaramente in tutta la campagna elettorale, di non voler procedere all’elezione del presidente del consiglio comunale, cosicchè possa destinare le quote che gli spettano, ai settori dell’infanzia e dell’adolescenza. Non abbiamo nulla contro la figura che voi candidate. Io voterò contro l’elezione del presidente».
Un pensiero quello di Belcastro, non condiviso dal consigliere di minoranza, Vincenzo Misserianni che ha invece proposto come presidente del consiglio, la consigliera Dalila Sergi, proponendo al contempo, a sindaco e assessori, di rinunciare ai relativi compensi per rimpinguare le casse comunali. «Per quanto mi riguarda – ha aggiunto Misserianni – se dovessi riuscire a sistemare la mia situazione personale continuerò nel mio percorso, altrimenti non esiterò a dimettermi».
Il sindaco dopo aver preso atto delle considerazioni dei due consiglieri di minoranza, ha dato il “la” alle votazioni per l’elezione del presidente del civico consesso. E il risultato è scaturito già alla prima votazione, ottenendo i due terzi dei presenti, necessari per validare così l’elezione del docente Daniele Albanese, nome che già la maggioranza aveva anticipato nei giorni scorsi, di voler proporre per ricoprire tale incarico.
«Oggi per me – ha detto Daniele Albanese – è un giorno importante. Ringrazio i consiglieri e i cittadini che alle recenti consultazioni elettorali, hanno riposto in me la loro fiducia. L’incarico che mi è stato affidato, mi onora e mi carica di rsponsabilità; lo assumerò con rispetto e onestà intellettuale».
Per il quinto punto all’ordine del giorno “Costituzione dei gruppi consiliari e designazione dei rispettivi capigruppo”, sono stati nominati per “MdGI 2025” Valentina Femia e per “Marina di Gioiosa Ionica – Cittadini solidali e attivi per il bene di tutti”, Giuseppe Belcastro. Ma a proposito di minoranza, come annunciato nel corso dell’assise dal consigliere Vincenzo Misserianni, all’interno dell’opposizione, si è altresì costituito un ulteriore gruppo autonomo, composto dallo stesso e dalla consigliera Dalila Sergi. Per tale ragione, Misserianni è stato nominato per il suo, rispettivo capogruppo.
E’ toccato poi al sindaco Giuseppe Femia, tracciare le linee programmatiche del suo mandato. Tra queste, la rinascita di una comunità ferita «Perché – ha detto il primo cittadino – è necessario ricostruirne il senso. La criminalità non si combatte con la repressione, per questo io e il mio gruppo ci faremo promotori di una proposta per abrogare la legge che disciplina lo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose. Il nostro auspicio, è arrivare allo scioglimento naturale della consiliatura e ritrovare la bussola che negli ultimi dieci anni è stata smarrita». Tra le altre priorità illustrate da Femia: la riorganizzazione dell’apparato comunale, lavorando sullo stato economico finanziario dell’ente; sensibilizzare gli studenti alla cultura della legalità; la riconquista della Bandiera Blu; attenzione per le attività sportive, le associazioni, i borghi, la biblioteca comunale, le politiche economiche, sociali, con la costituzione della commissione pari opportunità e ancora, recupero delle tradizioni artigianali e rilancio del turismo. «Il nostro – ha spiegato Femia – è un progetto ambizioso che contiamo di realizzare, lasciandolo in eredita a chi verrà dopo di noi nel 2025».
Anche il capogruppo Giuseppe Belcastro, si è detto pronto “come opposizione” a ricominciare a lavorare per la rinascita della città, condividendo con il sindaco e il consiglio comunale una serie di proposte, come le problematiche ambientali «Seguiremo passo passo – ha dichiarato – tutto ciò che ruota attorno al Palazzo Comunale, saremo un “Governo ombra”».
Così la capogruppo di maggioranza Valentina Femia, ha sottolineato l’impegno profuso in questi primi giorni di mandato, della neo Amministrazione, ad esempio, sul sociale, il 20 novembre, in occasione della Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, è stata stampata la carta dei diritti del fanciullo e appesa nell’ufficio del sindaco, come vademecum per i prossimi 5 anni di governo della città; e poi in concomitana della Giornata internazionale contro la violenza delle donne, lunedì 25 novembre, il Comune ha deciso di aderire alla campagna nazionale “Posto occupato”, dipingendo di rosso due sedie, collocandole una all’interno del Palazzo comunale e un’altra nella sala del consiglio comunale, simbolo dedicato a tutte le donne vittime di violenza.
A chiudere questa prima assise, i punti riguardanti la costituzione della commissione elettorale comunale composta come membri effettivi, per la maggioranza, da: Valentina Femia e Giuseppe Romeo, mentre per la minoranza da Vincenzo Misserianni; nominati inoltre,membri della commissione elettorale supplente, per la maggioranza: Alessandra Mina e Giuseppe Coluccio e per la minoranza, Rosanna Boccucci. Infine, si è proceduto alla nomina della commissione per la formazione degli elenchi dei giudici popolari. Nominati per la maggioranza Giuseppe Romeo e per la minoranza Dalila Sergi.
SEGUIRA’ VIDEO CON ALCUNI PASSAGGI SALIENTI DEL PRIMO CONSIGLIO COMUNALE
MARINA DI GIOIOSA IONICA Si è insediato il neo civico consesso Lente Locale
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MARINA DI GIOIOSA IONICA Si è insediato il neo civico consesso Lente Locale
Francesca Cusumano
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(via https://www.youtube.com/watch?v=b2bsAZT0GG8)
PRATICA ESTIVA GRATUITA DI TAI CHI E QI GONG A ROMA al Parco Schuster (San Paolo) e a Villa Celimontana (Celio – Colosseo) - @taichieqigongroma - @taichiaroma - @unionedanzasport
1) Pratica Gratuita al Parco Schuster (https://goo.gl/maps/Fzkdy5rK8Rp), il SABATO MATTINA (A Fianco della Basilica di San Paolo, ore 10:30/12:30) dai Primi di Luglio (SABATO 06/07) a Meta’ Settembre (SABATO 14/09)
2) Pratica Gratuita di Tai Chi e Qi Gong a Roma il MERCOLEDI’ a Villa Celimontana (Celio – Colosseo - PRATICA ESTIVA GRATUITA DI TAI CHI E QI GONG A ROMA al Parco Schuster (San Paolo) e a Villa Celimontana (Celio – Colosseo) - @taichieqigongroma - @taichiaroma - @unionedanzasport
1) Pratica Gratuita al Parco Schuster (https://goo.gl/maps/Fzkdy5rK8Rp), il SABATO MATTINA (A Fianco della Basilica di San Paolo, ore 10:30/12:30) dai Primi di Luglio (SABATO 06/07) a Meta’ Settembre (SABATO 14/09)
2) Pratica Gratuita di Tai Chi e Qi Gong a Roma il MERCOLEDI’ a Villa Celimontana – Ci si puo’ Inserire in Qualsiasi Momento. Da Inizio Luglio (03/07) a Fine Settembre (25/09) dalle 17.30 alle 19.30
3) Pratica Gratuita di Tai Chi e Qi Gong a Roma, a Villa Celimontana, la DOMENICA MATTINA (da Giugno ad Ottobre) ore 10:30 - 12:30, al Celio, metro B Colosseo, Metro A Manzoni, entrando da via della Navicella n. 12, in fondo al vialetto a sinistra. Si entra da via della Navicella n. 12, si percorre tutto il vialetto fino in fondo e si arriva alla piazzetta dove c'e' la palazzina della Societa' Geografica. Noi ci troviamo nel prato a sinistra guardando la palazzina.
Per partecipare basta venire con abbigliamento comodo e scarpe da ginnastica.
Villa Celimontana - Come arrivare (https://goo.gl/maps/B41VTdtUWBN2)
L'ingresso principale è presso la Piazza della Navicella (via della Navicella, 12 - 00184), vicino alla chiesa di Santa Maria in Domnica, dove c'e' la fontana a forma di barca e vicino all'ospedale del Celio, dove c'e' un ampio parcheggio. Potete andare alla Villa Celimontana con i mezzi pubblici : Bus: 81 • 673, in transito su Via della Navicella; Bus: 118 • 160 • 714, in transito su Via delle Terme di Caracalla. Potete anche andare alla piazza della Navicella a piedi a partire della stazione di metro B Colosseo o dalla stazione metro A di Manzoni o san Giovanni.
La prima parte della lezione e incentrata sullo scioglimento, l’allineamento posturale, l’attivazione energetica ed il qi gong, poi si studiano le forme brevi dello stile yang e chen.
Lavoriamo molto sul rilassamento, lo scioglimento del corpo e delle articolazioni, la postura e vari esercizi di Qi Gong per attivare la circolazione dell'energia interna. Ecco alcune delle sequenze di Qi Gong che pratichiamo: Il Nei Gong (Lavoro Interno), Gli esercizi della Longevita’ Gli Otto Pezzi di Broccato, I 18 Esercizi Taoisti, Gli 8 Pezzi di Broccato, Gli esercizi del Drago, Il Qi gong del Bozzolo di Seta, Il Qi gong dei 5 Animali, Ed altri. Inoltre studiamo anche delle brevi e semplici sequenze di Tai Chi, molto facili da imparare. Forniamo inoltre il materiale didattico per lo studio degli esercizi.
4) CORSI IN PALESTRA (Da Ottobre a Giugno)
MARCONI - PORTUENSE - MAGLIANA – SAN PAOLO – OSTIENSE - GARBATELLA - EUR. PRESSO LA SCUOLA A. EINSTEIN IN VIA AVICENNA 57/B, 00146, (Mappa: http://goo.gl/maps/dvFFW). INFOLINE: 349.4504749, IL SABATO MATTINA: ORE 10.30-12.30, IL MERCOLEDI’ ore 19:30 – 21:00. Qi gong, Tai chi di Stile Yang e Chen, Spada.
I corsi sono adatti anche ai principianti. Per la lezione di prova basta venire negli orari indicati con abbigliamento comodo e scarpe da ginnastica. La lezione di prova e’ gratuita.
APPIO – TUSCOLANO, (metro A Ponte Lungo, Vicino Stazione Tuscolana), Via Narni snc – 00181 (Sala san Gaspare, all'angolo con via Assisi Assisi – Si accede alla sala da un portoncino senza numero civico all’angolo tra via Narni e via Assisi, su cui e’ scritto “Sala San Gaspare”), Il Lunedi’ e il Mercoledi' ore 17.00 - 19.00 – Da Ottobre a Giugno. COSTO CIRCA 10 EURO MENSILI (per un turno settimanale di 2 ore). Tai Chi Stile Yang e Chen, Qi Gong, Nei Gong, Spada. ( Mappa: http://goo.gl/maps/9y0B5 ). La quota e’ di 100 euro per tutto l’anno, per un turno settimanale di 2 ore, di 150 euro per due turni. ISCRIZIONI SEMPRE APERTE! PER CHI SI ISCRIVE A CORSO INIZIATO SARANNO DETRATTE LE QUOTE DEI MESI NON FREQUENTATI! Info: email [email protected], Tel. 349-4504749. Per la lezione di prova basta venire negli orari indicati con abbigliamento comodo e scarpe da ginnastica.
5) “WORKSHOP” DI PERFEZIONAMENTO IN TAI CHI E QI GONG, UN GIORNO AL MESE (MARCONI, PRESSO LA SCUOLA A. EINSTEIN IN VIA AVICENNA 57/B, 00146, SABATO O DOMENICA) DA OTTOBRE A GIUGNO, Aperti a Tutti (Date da Definire)
INFO E PRENOTAZIONI: TEL. 3494504749 email: [email protected]
SITO: http://www.marcellotaichi.it/ - VIDEO DI TAI CHI E QI GONG SU YOU TUBE:
http://www.youtube.com/user/marcellotaichi
SITO GOOGLE: https://sites.google.com/site/romataijiquan/home
Facebook: Marcello Taichi - Taijiquan e Qi Gong a Roma : https://www.facebook.com/taijiquanroma
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Știri: ”Oameni din țara mea”, expoziţie a artistei plastice irakiene Samar Draie (22 mai 2017, București)
Știri: ”Oameni din țara mea”, expoziţie a artistei plastice irakiene Samar Draie (22 mai 2017, București)
Ambasada Republicii Irak, în parteneriat cu Biblioteca Naţională a României, organizează luni, 22 mai 2017, de la ora 17.30, la Biblioteca Naţională a României din București (spațiile Forum 1 și Forum 2, etajul 1), vernisajul expoziţiei ”Oameni din țara mea” a artistei plastice Samar Draie. Prezintă: Roxana Bărbulescu, critic de artă.
Expoziţia este deschisă în perioada 19–31 mai 2017. Program de…
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6 mar 2021 11:22
MILANO PIANGE IL "TOGNOLINO": E’ STATO IL SINDACO PIU’ GIOVANE DELLA CITTA’ – AVEVA 82 ANNI ED ERA STATO COLPITO DAL COVID - SOCIALISTA RIFORMISTA, PUNTÒ SU ECOLOGIA E CULTURA PER SUPERARE GLI ANNI DI PIOMBO. I CONCERTI A PREZZI POPOLARI, IL SODALIZIO CON GIORGIO STREHLER E CON IL PICCOLO, LA SCALA CHE APRE A STUDENTI E LAVORATORI, LE SERATE ALL' OSTERIA DELLA BRIOSCA, DOVE ANCORA SI ESIBIVANO I CANTANTI DELLA LIGERA, LA VECCHIA MALA - DENTRO PALAZZO MARINO, DOVE ARRIVÒ A 38 ANNI, TOGNOLI DIVENTÒ, COME SCRISSE GIORGIO BOCCA, UN PO' "ROBOTICO"…
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Piero Colaprico per la Repubblica
Era un politico innamorato perso di Milano. Della sua, della nostra, di tutte le Milano possibili e anche, se così si può dire, delle visioni della Milano che verrà.
Se ieri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, scrive che «La notizia della scomparsa di Carlo Tognoli mi rattrista profondamente » e se anche Silvio Berlusconi dice che «se ne va un sindaco stimato nel mondo e amato dai milanesi, dotato di una grande passione per la sua città», significa anche che Carletto, anzi "il Carletto", o anche "il Tognolino", ha lasciato il segno. Di lui si diceva che «è uno che c' è sempre».
Socialista che s' ispirava a Filippo Turati e primo cittadino per dieci anni, dal 1976 al 1986, forse ha calpestato ogni metro quadro della metropoli più internazionale d' Italia. Lo si trovava non solo nelle occasioni della Milano che, attraversando i fiumi di sangue degli Anni di piombo, aveva guidato sino all' approdo luccicante della cosiddetta "Milano da bere", della Borsa che tirava e del made in Italy della moda. "Tognolino" spuntava nelle serate all' osteria della Briosca, dove ancora si esibivano i cantanti della ligera, la vecchia mala.
Poteva a pranzo sedersi a tavola con qualche industriale o banchiere, o con i grandi palazzinari, ma a cena alzare il bicchiere di barbera con gli operai della periferia più lontana. Aveva un credo: poter medicare ogni ferita con la cultura e con il «ritrovarsi».
Concerti a prezzi popolari, investimenti nei teatri, il sodalizio con Giorgio Strehler e con il Piccolo, la Scala che apre a studenti e lavoratori e non più e non solo alla borghesia dei danèe. Aveva visto lontano anche sui temi dello smog: si deve a lui e all' assessore al Traffico Attilio Schemmari se Milano, sulla spinta dei movimenti verdi e dei comitati dei cittadini, nel 1985 bloccò al traffico delle auto private il centro, dal Duomo all' intera Cerchia dei Navigli.
Non alto, spesso in elegante gessato, occhi simpatici e sgranati dietro gli occhiali, era nato in viale Romagna, papà morto in guerra in Russia. Finché ha potuto, gli spuntava un mezzo toscano in bocca. E non gli dispiaceva andare in Galleria - quando in piazza Duomo c' era al 19 l' ufficio dell' immanente segretario politico del Psi Bettino Craxi - e partecipare al rito del drink: un Americano, o uno Sbagliato, una piccola pausa, ampiamente meritata, dopo giornate da stacanovista.
Dentro Palazzo Marino, Tognoli diventò un po' "robotico", come scrisse Giorgio Bocca, nel senso che aveva tutto sotto controllo ed elargiva cifre, dati, analisi su qualunque argomento che avvalorasse l' efficienza meneghina. Aveva studiato da perito, lavorato in aziende chimiche e a vent' anni s' era iscritto al Psi di Pietro Nenni.
Nell' anno della «madre di tutte le stragi», quella di piazza Fontana - 1969 - era lui il segretario cittadino del Psi e Aldo Aniasi, l' ex partigiano Iso, il sindaco. Poi, sette anni dopo, dopo essersi fatto le ossa come assessore, entrò lui nell' ufficio del primo piano, affacciato su piazza San Fedele, il sancta sactorum, sostituendo Aniasi. Ci arrivò a soli 38 anni, un enfant prodige per i nostrani standard gerontocratici. Numero uno di una giunta rossa, sostenuta dal Pci, il più giovane sindaco di Milano sembrava destinato a una lunga carriera.
Eurodeputato e ministro, non apparteneva però al gruppo dei craxiani ortodossi. Nella vera stanza dei bottoni non riuscì a entrare. Il Primo Maggio del 1992 lui e il suo successore, Paolo Pillitteri, organizzarono una conferenza stampa per respingere le accuse di mazzette che aveva portato in carcere - era l' inizio di Tangentopoli - alcuni portaborse del Psi. Là finì la stagione di "Tognolino" che, poco dopo, ricevette da Enrico Cuccia, il super banchiere della Grandi Famiglie italiane, un incarico in Mediobanca. Ieri s' è spento a 82 anni, a casa sua, con la consapevolezza di aver vissuto sino in fondo l' amore per Milano, ricambiato da chi, ancora nei mesi scorsi, incontrandolo gli diceva «Ciao sindaco».
Ogni tanto arrivava ai vecchi amici, e anche ai giornalisti, la sua telefonata, con un' idea, un educato rimbrotto, un complimento.
Erano stati una brutta caduta, e il femore rotto, e poi il Covid contratto in ospedale a togliergli di mano il telefonino e la voglia di intervenire. Sua moglie Dorina l' ha portato a casa, una settimana fa, dall' inutile riabilitazione. Lascia due figli, Filippo e Anna, chiamati così in onore dei socialisti Turati e Kuliscioff, che avevano casa, oltre un secolo fa, proprio in quella Galleria dove «Carletto» amava fermarsi a guardare la prospettiva di piazza del Duomo. Come dice il suo ultimo successore, Beppe Sala, «Milano piange un uomo politico concreto e aperto alle riforme, un milanese vero». E si sa che, come cantava Lucio Dalla, Milano quando piange, piange davvero.
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SAN BENEDETTO – Per domani, giovedì 21 febbraio l’U.S. Acli Marche ha organizzato in Riviera una serie di attività di vario genere. Dalle 18,30 alle 19,30 presso la palestra del Liceo Classico in viale De Gasperi 135 si svolgerà la prima lezione del corso gratuito di zumba organizzato in collaborazione con l’ASD Agor Art.
Il corso sarà tenuto dall’insegnante Sara Sirocchi a cui è possibile rivolgersi per ulteriori informazioni (tel. 3335277426, mail [email protected]). Per poter partecipare al corso non sono previste quote di partecipazione o di adesione in quanto l’iniziativa rientra nel progetto di promozione della salute che l’U.S. Acli Marche porta avanti nel territorio regionale incrementando l’attività sportiva soprattutto tra i sedentari.
Ulteriori informazioni possono essere acquisite sul sito www.usaclimarche.com oppure sulle pagine facebook Unione Sportiva Acli Marche o Zumba Colors.
Alle ore 19, presso la sala musical del Palariviera, invece, prosegue il corso di yoga.La quota di iscrizione e di partecipazione è fissata in euro 20,00 (il corso si concluderà il 29 Marzo), con riduzione per soci Coop Alleanza 3.0 a 15 (convenzione valida anche per un familiare del socio Coop). Per ulteriori informazioni si può contattare l’insegnante Eugenia Brega (3358119319).
L’iniziativa è organizzata nell’ambito del progetto regionale “Sport senza età” grazie al contributo dell’Asur Marche (ai sensi della deliberazione di Giunta regionale 1118/2017), col patrocinio dell’amministrazione comunale di San Benedetto del Tronto, con la collaborazione di Coop Alleanza 3.0 e Teatro delle foglie.
Per quanto riguarda il burraco, invece, alle 21 si giocherà presso la sede della Bocciofila Sambenedettese in via Sgattoni con la formula dei 3 turni: 2 mitchell e una danese per 4 smazzate. Vige il regolamento U.S. Acli settore burraco. Per informazioni sull’iniziativa e per le iscrizioni ci si può rivolgere alla referente di gara Patrizia (3398317594).
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Con l’arrivo di Pasqua e l’approssimarsi della bella stagione, riprende a pieno ritmo l’attività turistica sui laghi.
Da domenica 25 marzo e fino a domenica 14 ottobre le Isole Borromeo, l’Eremo di Santa Caterina del Sasso, il Giardino Botanico di Villa Taranto e le più importanti località lacuali potranno essere raggiungibili, grazie ai battelli della Navigazione Lago Maggiore.
L’Isola Bella e l‘Isola Madre saranno aperte dal 23 marzo al 21 ottobre 2018, tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 17.30 (ultimo ingresso).
L’Isola Madre si presenta con l’importante restauro della Cappella Sepolcrale che venne eretta da Vitaliano IX Borromeo (1792-1874), su un originale oratorio risalente agli anni ottanta del XVI secolo e che include decorazioni artistiche di pregio, tra sculture e dipinti.
Sotto il pavimento in seminato veneziano decorato con motivi a clessidra alata, si trova la roccia scavata e coperta da una volta in muratura, l’area per accogliere le tombe di famiglia.
Tra gli altri restauri, la Sala del Trono, la coppia di stipi (mobili di rappresentanza utilizzati spesso come dono prestigioso tra regnanti) del periodo Barocco sorretti da mori e acquistati nel 1784.
Tra le novità 2018, gli “Eventi Extra Time” all’Isola Bella e all’Isola Madre: alla chiusura al pubblico delle Proprietà, sarà possibile, accompagnati da una guida, visitare “a porte chiuse” il Palazzo Borromeo e i Giardini all’italiana dell’Isola Bella o passeggiare attraverso i viali del parco botanico di 8 ettari all’inglese all’Isola Madre, in un viaggio esotico verso i lontani paesi di provenienza di alcune varietà di piante.
A conclusione del percorso, un gradevole aperitivo verrà servito nella suggestiva Terrazza della Torre della “Noria” all’Isola Bella o sulla terrazza panoramica antistante la Chiesetta di San Vittore all’Isola Madre (per prenotazioni e informazioni [email protected]).
Tra le crociere più apprezzate ci sarà il Lago Maggiore Express, un tour con i battelli della Navigazione Lago Maggiore, la ferrovia di montagna a scartamento ridotto Vigezzina – Centovalli e con i treni di Trenitalia, così si potrà vedere tutto il Lago Maggiore in battello, le Centovalli Svizzere e la Val Vigezzo con il treno panoramico, per poi arrivare a Domodossola da dove si tornerà con i treni di Trenitalia.
I luoghi di partenza dell’escursione saranno molti e il biglietto, a scelta, avrà la validità di uno oppure due giorni, con confermati tutti i collegamenti, in motonave e in aliscafo, tra Italia e Svizzera e le corse dedicate nelle giornate del rinomato mercato di Luino sulla sponda italiana il mercoledì e, quello domenicale di Cannobio, su quella piemontese.
In occasione degli spettacoli pirotecnici, che si terranno durante l’estate, saranno proposte le crociere serali per la visione, dal lago, dei fuochi artificiali. Navigando sul Lago con i battelli, dove il turista avrà la possibilità di pranzare o cenare a bordo con un menù sia per adulti che per bambini.
Tutte le tariffe, orari, crociere, prezzi di noleggio e news sono consultabili su www.navigazionelaghi.it, oppure telefonando al numero 800551801.
Inoltre anche il Lago d’Orta dal 31 marzo al 7 ottobre, con la Navigazione Lago d’Orta, proporrà il servizio giornaliero sull’intero lago, Omegna compresa, con partenze continue, con tariffe, orari, crociere, proposte e news su www.navigazionelagodorta.it
Il biglietto giornaliero di libera circolazione costerà € 8,90 e ci saranno anche le crociere serali in occasione del Festival di Fuochi d’Artificio di Omegna.
L‘Isola di San Giulio e i dintorni di Orta saranno raggiungibili anche con i motoscafi del Lago d’Orta del Consorzio Navigazione Servizio Pubblico di Orta San Giulio, come spiega il sito www.navigazioneorta.it.
Nel mese di agosto, occasione dei festeggiamenti di San Vito a Omegna, si potrà assistere agli spettacoli pirotecnici dal lago, a bordo delle imbarcazioni, inoltre, nell’alta stagione turistica verranno infine raccolte le adesioni per effettuare crociere di trenta minuti, per ammirare le ville d’epoca che si affacciano sul lago della penisola di Orta San Giulio, il centro lago, con sosta sull’Isola di San Giulio per una visita alla Basilica e ammirare un paesaggio che ha stregato e fatto innamorare artisti di ogni epoca.
A bordo della rinnovata Funivia del Mottarone, che collega Stresa-Alpino-Mottarone con un percorso di venti minuti, si potrà fare un viaggio per godere una vista stupenda su sette laghi, l’immensa Pianura Padana e la cerchia delle Alpi italiane e svizzere con il gruppo del Monte Rosa.
L’impianto sarà aperto tutti i giorni dal 23 marzo al 4 novembre, con info e orari dettagliati su www.funiviadelmottarone.com.
L’occasione per ammirare al meglio, non solo il panorama, percorrere i sentieri e fare sosta nei vari ristoranti in cima, ma anche quella di divertirsi con Alpyland, la pista da bob su rotaia utilizzabile sia in estate che in inverno, fermarsi nella tappa intermedia della funivia a L’Alpino, per visitare il giardino botanico e ammirare il golfo Borromeo, immersi nel silenzio e nella natura.
Vedere e partecipare da vicino ai tanti eventi in programma. Il 27 maggio, il Parco del Mottarone ospiterà l’incontro “A lezione di droni”, il 9 giugno, tra le Isole Borromee e il Parco di Villa Pallavicino si disputerà la 3^ edizione di “Swimruncheers”. Una gara emozionante, spettacolare, che porta gli atleti a scoprire angoli nascosti di due laghi, Maggiore e Mergozzo, correre e nuotare in 4 comuni Verbania Pallanza, Stresa, Baveno e Mergozzo ma soprattutto, l’unica che passa sulle tre famose Isole Borromee – Isola Bella, Isola Madre, Isola dei Pescatori – alle quali si arriva a nuoto. Il 24 giugno sarà invece la volta di “Bike&Grill”.
A Stresa, merita una sosta, il rinnovato Parco di Villa Pallavicino, con le nuove attività didattiche e il ripopolamento della fauna: a oggi si contano oltre trentacinque specie differenti per un totale di circa 160 animali. Il Parco sarà aperto dal 23 marzo al 30 settembre dalle ore 9.00 alle 17.30 (ultimo ingresso), con chiusura alle ore 19.00.
Per l’autunno al Parco di Villa Pallavicino sono già programmate la Castagnata (7 ottobre), “Foliage” (14 ottobre) e “Halloween” (28 ottobre).
Per il 2018 la Ferrovia Vigezzina-Centovalli, la linea panoramica che da Domodossola porta a Locarno, attraverso i meravigliosi paesaggi della Val Vigezzo e delle Centovalli, riproporrà i biglietti di libera circolazione Vigezzina no-limits. Un modo di viaggiare in tranquillità senza stress, per ammirare il paesaggio, degustare i piatti tipici. In Primavera partire per le prime escursioni della stagione, alle quote più basse, per vivere il risveglio della natura, oppure in alta montagna per le ultime ciaspolate o sciate sulla neve primaverile.
D’estate è il mezzo migliore per ammirare la “Valle dei pittori”, per godere delle lunghe giornate estive tra le montagne delle Centovalli o gli alpeggi della Valle Vigezzo.
Arrivare a Locarno per assistere a uno dei tanti eventi di fama internazionale che vengono organizzati nel periodo estivo: dal Festival Internazionale del Cinema di Locarno alla rassegna di musica rock-pop Moon&Stars, in Piazza Grande i più grandi nomi del panorama cinematografico e musicale mondiale, fino al festival JazzAscona. Prendere il sole nella bellissima spiaggia sabbiosa del fiume Maggia a Tegna oppure visitate gli splendidi Orridi di Ponte Brolla o ancora, per un’esperienza di bungee jumping o di canyoning a due passi dalla stazione ferroviaria di Intragna.
Andare alla scoperta dello splendido villaggio ticinese di Rasa, raggiungibile solo attraverso la funivia o a piedi.
Attivi anche gli speciali per i grandi eventi, come il Raduno Internazionale dello Spazzacamino (da venerdì 31 agosto a lunedì 3 settembre 2018) e i Mercatini di Natale di Santa Maria Maggiore e di Domodossola.
Primavera-estate sul Lago Maggiore, Mergozzo, Orta, Ossola. Le offerte della Navigazione Lago Maggiore, Funivia Mottarone, Treno Centovalli Con l'arrivo di Pasqua e l'approssimarsi della bella stagione, riprende a pieno ritmo l'attività turistica sui laghi.
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Sono tanti i milanesi (e non solo) che vogliono salutare il Maestro Gualtiero Marchesi, scomparso il giorno di Santo Stefano all'età di 87 anni. Il Comune di Milano ha messo adisposizione il Teatro Dal Verme: dalle 10 fino alle 20 di oggi, e dalle 9 alle 10 di venerdi. Poi alle 11 si terranno i funerali, nella chiesa di Santa Maria del Suffragio. "Caro Gualtiero – ha scritto il sindaco Beppe Sala nel libro delle condoglianze – il mio ricordo e la mia stima per te, per un uomo che fino all’ultimo ha contribuito alla meravigliosa storia della nostra Milano". Oltre ai fiori, rose e ciclamini bianchi, a colorare la camera ardente c'è una statua di cartapesta che raffigura il Maestro intento a suonare il violino con una forchetta, per unire la cucina con la grande passione che Marchesi ha sempre avuto per la musica. A chi domanda al sindaco Sala se la città di Milano dedicherà una via a Marchesi, il primo cittadino risponde in questo modo: "Così faremo. Ma rimanendo fedeli alla regola per la quale bisogna aspettare almeno 10 anni dalla scomparsa per avviare le procedure". Anche il cantante Elio ha reso omaggio a Marchesi: "Eravamo amici e lui è stato un grande artista". A legarlo allo chef, oltre a una amicizia, una "performance" comune ne "La Gagarella del Biffi Scala", che Marchesi ha cantato insieme a Elio e che si ascolta quando si rimane in attesa al telefono del ristorante Marchesino. I nipoti del Maestro, Guglielmo, Lucrezia e Bartolomeo, hanno voluto ricordare quando il nonno suonava Beethoven al pianoforte: "Ci ha sempre detto che aveva preso lezioni di strumento solo per conoscere la sua futura moglie e conquistarla". [gallery 1478083]
Al Teatro Dal Verme la camera ardente di Gualtiero Marchesi Sono tanti i milanesi (e non solo) che vogliono salutare il Maestro Gualtiero Marchesi, scomparso il giorno di Santo Stefano all'età di 87 anni.
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..Il Vangelo della domenica..Al banchetto del Re non persone perfette ma in cammino..Ermes Ronchi..In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse..Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: dite agli invitati..Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!..Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi..La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze..Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali..C'è, nella città, una grande festa: si sposa il figlio del re, l'erede al trono, eppure nessuno sembra interessato; nessuna almeno delle persone importanti, quelli che possiedono terreni, buoi e botteghe. È la fotografia del fallimento del re. Che però non si arrende al primo rifiuto, e rilancia l'invito. Come mai di nuovo nessuno risponde e la festa promessa finisce nel sangue e nel fuoco? È la storia di Gesù, di Israele, di Gerusalemme...Allora disse ai suoi servi: andate ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Per la terza volta i servi ricevono il compito di uscire, chiesa in uscita, a cercare per i crocicchi, dietro le siepi, nelle periferie, uomini e donne di nessuna importanza, basta che abbiano fame di vita e di festa. Se i cuori e le case si chiudono, il Signore, che non è mai a corto di sorprese, apre incontri altrove. Neanche Dio può stare solo. L'ordine del re è illogico e favoloso: tutti quelli che troverete chiamateli alle nozze. Tutti, senza badare a meriti, razza, moralità. L'invito potrebbe sembrare casuale, invece esprime la precisa volontà di raggiungere tutti, nessuno escluso. Dai molti invitati passa a tutti invitati, dalle persone importanti passa agli ultimi della fila: fateli entrare tutti, cattivi e buoni. Addirittura prima i cattivi e poi i buoni, senza mezze misure, senza bilancino, senza quote da distribuire...Il Vangelo mostra che Lui non cerca uomini perfetti, non esige creature immacolate, ma vuole uomini e donne incamminati, anche col fiatone, anche claudicanti, ma in cammino. È così è il paradiso. Pieno di santi? No, pieno di peccatori perdonati, di gente come noi. Di vite zoppicanti. Il re invita tutti, ma non a fare qualcosa per lui, ma a lasciargli fare delle cose per loro: che lo lascino essere Dio!..Il re entrò nella sala...Noi pensiamo Dio lontano, separato, sul suo trono di gloria, e invece è dentro la sala della vita, in questa sala del mondo, è qui con noi, uno cui sta a cuore la gioia degli uomini, e se ne prende cura; è qui, nei giorni delle danze e in quelli delle lacrime, insediato al centro dell'esistenza, nel cuore della vita, non ai margini di essa. E si accorge che un invitato non indossa l'abito delle nozze. Tutti si sono cambiati d'abito, lui no; tutti anche i più poveri, non so come, l'hanno trovato, lui no; lui è come se fosse rimasto ancora fuori dalla sala. È entrato, ma non credeva a una festa. Non ha capito che si fa festa in cielo per ogni peccatore pentito, per ogni figlio che torna, per ogni mendicante d'amore. Non crede che Dio mostri il suo volto di padre nei racconti di un Rabbi che amava banchetti aperti per tutti..(Letture: Isaia 25,6-10; Salmo 22; Filippesi 4,12-14.19-20; Matteo 22, 1-10)..
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Grandi Giardini Italiani annuncia l’adesione al Network di quattro giardini sul Lago Maggiore
Isola Bella, Isola Madre, Rocca di Angera di proprietà del Principe Vitaliano Borromeo e il Parco di Villa Pallavicino a Stresa.
Regalati un week end da Principe
Dormire in una Borromeo’s Dream Home e godere dei piaceri della natura, dell’arte, dello shopping e del buon cibo
Tutto ha inizio con la barca privata in attesa al Lido di Carciano di Stresa per un veloce e comodo trasferimento all’Isola Bella. Accoglienza al Palazzo nobiliare e consegna delle chiavi di uno degli appartamenti Borromeo’s Dream Home, ricavati nel piccolo borgo.
Si parte dalla dimora principesca del Seicento e ricca di opere d’arte: arazzi fiamminghi, statue, stucchi neoclassici e grotte a mosaico. Da non perdere i 130 dipinti della Galleria Berthier, la stanza di Napoleone, e la Sala della Musica, dove si svolse la Conferenza di Stresa tra Mussolini, Laval e Mac Donald che avrebbe dovuto garantire la pace europea.
Uscendo poi, il giardino all’italiana di gusto barocco si sviluppa su parterres e terrazze alternando statue e obelischi, scalinate e balaustre che creano un impianto scenografico pensato per simboleggiare la potenza della nobile casata.
Fuori dalla residenza, il piccolo e caratteristico borgo in cui perdersi. In particolare nel Vicolo del Fornello, dove si snodano eleganti botteghe che ospitano una selezione di marchi del Made in Italy, fra cui Alessi, Italian Independent, Antonini, Herno, Bagutta e Gallo. “Il Fornello, Bottega con cucina” è il luogo ideale per una sosta gourmet: sulla terrazza per degustare i piatti della tradizione rivisitati in chiave contemporanea, nel negozio accanto per acquistare materie prime di altissima qualità e portarsi a casa i migliori sapori di cibo italiano.
Una breve traversata porta all’Isola Madre, descritta da Gustave Flaubert come “il luogo più voluttuoso che abbia mai visto al mondo”. È un giardino all’inglese realizzato nell’Ottocento che, grazie ad un clima favorevole, ospita rare piante e fiori esotici provenienti dalle più diverse latitudini. A cui si aggiungono pavoni, pappagalli e fagiani in libertà, creando il fascino di una terra tropicale. Al centro di questo scrigno si staglia il famoso cipresso del Kashmir, divelto da una tromba d’aria e oggi, come un miracolo della natura, sembra di nuovo rifiorire.
Accanto, il Palazzo cinquecentesco conserva prestigiosi arredi di Casa Borromeo e i teatrini delle marionette, le cui rappresentazioni erano destinate all’intrattenimento e allo svago dei membri della famiglia e degli amici.
La sera a scoprire la cucina di lago, nei tanti ristorantini della costa o della suggestiva Isola dei Pescatori.
Fino al 22 ottobre, il pacchetto “Week-end da Principe” comprende il pernottamento di due notti in uno degli appartamenti Borromeo Dream’s Home, il trasferimento in barca privata all’arrivo e al rientro, i biglietti di ingresso ai Palazzi e ai Giardini dell’Isola Bella e dell’Isola Madre. Quote a partire da 420 euro a coppia.
Per info e prenotazioni: e-mail: [email protected], telefono +39 338 8226376. http:www.isoleborromee.it
Ciascun giardino offre uno spettacolo diverso
Isola Bella con il suo giardino all’italiana, ideata in onore della moglie di Carlo I, Isabella d’Adda, è famosa per il suo Palazzo e per il Teatro Massimo o Ninfeo. Con il suo spettacolare fronte scenico a tre piani, sormontato dalla statua dell’unicorno, emblema del casato dei Borromeo, e la Galleria Berthier che accoglie 130 dipinti, sono forse tra i beni culturali più importanti del Lago Maggiore.
Ulteriori informazioni: http://www.grandigiardini.it/giardini-scheda.php?id=242
Isola Madre accoglie un giardino paesaggistico all’inglese realizzato nell’Ottocento che, grazie ad un clima favorevole, ospita rare piante e fiori esotici provenienti dalle più diverse latitudini. Sopravvissuto a una tromba d’aria, c’è anche un magnifico esemplare di cipresso del Kashmir; ingegnosi tiranti lo assicurano al terreno dell’Isola, esempio della cura dei proprietari e di Gianfranco Giustina, curatore dei giardini delle Isole Borromee e ora anche del giardino di Villa Pallavicino.
Ulteriori informazioni: http://www.grandigiardini.it/giardini-scheda.php?id=241
La Rocca di Angera è di proprietà dei Borromeo dal 1445. La Rocca è il risultato di 600 anni di interventi architettonici. Attualmente ospita il Museo della Bambola e del Giocattolo, attualmente il più importante in Europa.
Facendo riferimento ai numerosi documenti, recentemente è stato ricostruito un giardino medievale, addolcendo in questo modo i tratti della fortezza inespugnabile.
Ulteriori informazioni: http://www.grandigiardini.it/giardini-scheda.php?id=243
Villa Pallavicino a Stresa è una proprietà di sedici ettari che include un parco aperto al pubblico dal 1956. La Villa assomiglia a un balcone sul lago, con una vista mozzafiato sulle Isole Borromee. La proprietà ospita anche una magnifica collezione di acidofile di fioriture e proporzioni spettacolari. Nel parco è stato riservato molto spazio a canguri, lama, pavoni, zebre e molti altri animali, gioia delle famiglie che lo visitano.
Ulteriori informazioni: http://www.grandigiardini.it/giardini-scheda.php?id=14
Con l’arrivo di questi quattro splendidi giardini sul Lago Maggiore, il network Grandi Giardini Italiani annovera 125 giardini in 12 regioni, di proprietà sia privata sia pubblica.
I Giardini di Castel Gandolfo, la Reggia di Caserta, Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani e i Giardini Botanici di Villa Hanbury, sono alcuni esempi delle proprietà che da tempo fanno parte del Network dei più bei giardini visitabili in Italia.
Per maggiori informazioni: Grandi Giardini Italiani SOCIAL FB www.grandigiardini.it
Il turismo dei giardini sboccia sul lago Maggiore Grandi Giardini Italiani annuncia l'adesione al Network di quattro giardini sul Lago Maggiore Isola Bella, Isola Madre, Rocca di Angera di proprietà del Principe Vitaliano Borromeo e il Parco di Villa Pallavicino a Stresa.
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