Una volta avevo un blog
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statidiagit-azione · 4 months ago
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Occorre essere attenti per essere padroni di sé stessi. (cit.)
Del perché non scrivo più Non scrivo più. Ed è come se non pensassi più. Sono incappata in un’incapacità di formulare pensieri e di ricordare le parole per dirli. Ho perso lo spirito critico, la capacità di arrabbiarmi e intristirmi. I miei sentimenti possono essere riassunti in una generica resa: una sorta di accettazione passiva di quel che mi accade intorno. Come se il mondo fosse guidato dalla greca ineluttabilità del fato. Per quanto ci si possa opporre, non puoi sfuggire a ciò a cui sei predestinato. Ma forse questo è solo un modo elegante per parlare di un più prosaico scazzo dovuto a uno scollamento dalla realtà. Per poter sopravvivere, a questa realtà. Sembra di camminare su una scala mobile, di quelle dritte e lunghissime degli aeroporti, e vedere scorrere di fianco un mondo completamente in cortocircuito dove non esiste più logica e dove tutto sembra essere parte di una commedia dell’assurdo. Persone che muoiono bruciate, noi che mangiamo un pezzo di pizza, un video di un gattino che sbaglia un salto, una donna ammazzata, un prodotto miracoloso, un bambino senza testa, il segreto su come diventare milionari, un genocidio in diretta. Un’opinione pubblica che se ne frega, che confonde vittima e carnefice, che chiedendosi come in passato abbiano potuto ci mostra esattamente come in passato abbiano potuto. Io non sono più in grado di pensare, perché non puoi pensare e scrivere ed esistere in un mondo così, in una realtà che ti abortisce, in una realtà che non ti vuole e che ti dice: stai lì nel tuo angolino preoccupati del tuo metroquadro, non guardare più lontano se vuoi essere felice, se vuoi sopravvivere. Ma come possiamo essere felici? Come possiamo vivere le nostre vite? Come possiamo far finta di niente e credere che questo non avrà impatto su di noi? Questo che sta succedendo e questo buttare la polvere sotto il tappeto. La montagna che abbiamo creato è troppo alta per non inciamparci. E ci ricorda continuamente che qualcosa non va. Un avvelenamento lento, di cui fingiamo di non riconoscere i sintomi. Però non dormiamo la notte. Però i nostri sogni sono agitati. Però non crediamo nel futuro e viviamo un eterno presente: ma non per un bislacco slancio di oraziana memoria ma perché abbiamo paura. Il demo di God Save the Queen dei Sex Pistols si intitolava No future: We're the poison In your human machine […] There's no future No future Forse non scrivo più per questo. Perché la realtà mi ha tolto la fantasia, speranza e sogni. Perché tutto quello che succede è troppo da introiettare, perché tutto quello che vediamo ci svuota e ci lascia solo le energie per mettere un piede dopo l’altro e cercare almeno di non uscire dai binari di una realtà personale che ci illude che qualcosa abbia ancora senso. Che ci sia un perché. Che ci sia l’amore. Che le nostre minuscole vite abbiamo una forza che in questo momento non vediamo. Dell’India Sono stata in India. Non nella maniera che avevo sempre sognato, quella dei libri, dello zaino in spalle, del futuro sconfinato e della totale fiducia nel destino e nell’umanità. Però sono stata in India. Con lo zaino sulle spalle e occhi grandi per non dimenticare. Non so se essere là, mi abbia cambiata. Lo sento improbabile, (vedi l’anestetizzazione di cui sopra), ma sicuramente mi ha destabilizzata. Mi ha destabilizzato il ritorno a una realtà a cui (tristemente) mi sono riadattata ma che per le prime settimane ho sentito estranea, violenta e inconcepibile. Ho pianto, per una vita, questa dico, in questa parte di mondo che mi è sembrata (come in buona parte forse è), senza nessuno scopo o senso, votata alla perfomance, alla giornata lavorativa di 8 ore, ad arricchire altri, a non vedere il mondo, a non vivere il mondo, a non conoscere se stessi, a non parlare con la gente, a non vedere la gente. Una vita passata a tenersi in vita. Aspettando di crepare. La morte è insopportabile per chi non riesce a vivere La morte è insopportabile per chi non deve vivere Tu devi scomparire anche se non ne hai voglia E puoi contare solo su te
Produci consuma crepa [CCCP - Morire] Quando mi vengono fatte domande su questo viaggio rispondo sempre che non mi ha sconvolta come credevo. Poi, però, racconto di non aver visto mai tanta miseria in vita mia, racconto dei bambini che mi si aggrappavano alle braccia, racconto della gente nel fango, dello sporco, dei cadaveri e della vita intensa, della dignità, della capacità di accettare la realtà e della forza di chi un po’ la vuole anche cambiare, dei Sadhu, della forza della fede, della serenità, del curry, degli odori delle spezie, della pioggia incessante, dell’umidità, dell’accoglienza, della gentilezza, della gente, della tantissima gente, di questa umanità brulicante che riesce a sopravvivere, creare, esistere in maniere e con una creatività a noi sconosciuta. L’India ti viene incontro come un treno, non appena si aprono le porte dell’aeroporto. Ed è uno schianto fortissimo. Ma quando quello porte si riaprono per lasciarla, l’India, capisci che tutto inizia e finisce lì. E che tutti, almeno una volta nella nostra vita, ci siamo stati. Delle cose Lunedì saranno cinque anni che mio padre è morto. Dei giorni mi dimentico quasi che lui sia esistito. Uno scollamento assurdo tra la mia vita passata e l’adesso. Per fortuna, però, penso che, ancora, sono di più gli anni che ho passato con lui rispetto a quelli che non sta vedendo. Che, però, pesano come un macigno. Mi manca, ma in una maniera strana. Come manca un respiro. Come quando il cuore salta un battito e capisci di aver persono qualcosa. Mi chiedo spesso quanto di ciò che siamo sia frutto di noi stessi e quanto dei nostri genitori. Mi sento sempre di dover tanto ad entrambi. Nel bene e nel male, nelle debolezze, nelle fragilità e nelle sicurezze granitiche. Io non sono bene cosa voglio. E dove devo andare. A volte mi sento sola al mondo. Altre estremamente privilegiata per tutto ciò che ho, per l’amore che mi circonda, per le esperienze che ancora posso fare. A volte mi dimentico. Altre mi fermo e ci provo a pensare. Altre sono invidiosa. Altre ancora ho la sensazione che non mi manca niente e che potrei anche vivere con meno. D’altra parte, finché avremo gambe forti e un cuore grande sapremo di aver fatto un buon lavoro. Non fare di me un idolo, mi brucerò, | trasformami in megafono, mi incepperò. | Cosa fare e non fare non lo so. | Quando dove e perché riguarda solo me. | Io so solo che tutto va ma non va. | Sono un povero stupido, so solo che | chi è stato è stato, e chi è stato non è. [CSI - A tratti]
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