24 yrs || Italy !! fangirl, fanwriter, cosplayer !! Haikyu and Voltron trash !! Science and universe trash || Animals and nature lover
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Redraw of a crossover I made months ago.
I love both series ❤️
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i just wanted fluff with freckles and then went a tiny lil bit overboard
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I just miss the babies 💞 💞
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Latex ed equivoci
Questa storia partecipa al COWT10 di Lande di fandom
Settimana: 7
Missione: M5
Prompt: BDSM
Wordcounting: 887
Rating: NSFW
Fandom: Boku no hero academia
Pairing: Kacchako
Ochako tirò fuori la roba dal pacco con mani tremanti e ingoiando a vuoto dall’imbarazzo. Il tessuto lucido risultava appiccicoso tra le sue mani e si chiese seriamente in quale modo sarebbe riuscita a strizzarsi in quella roba piena di lacci che sembrava almeno quattro taglie più stretta della sua. Tirò fuori anche il frustino e la corda che erano gli accessori e rise dal nervosismo. Aveva comprato quella roba, ma ora se ne stava pentendo immensamente.
Era iniziato tutto due settimane prima, quando Katsuki aveva dimenticato il cellulare a casa e lei, per controllargli le chiamate di lavoro come faceva di solito, aveva per sbaglio aperto la galleria, trovando una valanga di foto che includevano manette, frustini, corde e abiti in latex estremamente attillati. Inizialmente era rimasta scioccata, però poi si era convinta che il motivo per il quale suo marito ultimamente rientrava e non la degnava quasi di uno sguardo prima di crollare a dormire, potesse essere proprio che aveva sviluppato altri interessi che, a guardare quelle foto, lei proprio non era in grado di soddisfare.
Dopo il primo stato iniziale di rabbia e di stupore, un’idea malsana però si era fatta strada nella sua mente e in un raptus aveva aperto il sito di un sexyshop e, rossa come un pomodoro, lo aveva scorso tutto, cercando quello che faceva al caso suo. Le si era aperto un mondo, fatto di giocattolini in silicone, vestiaro in pizzo, pelle e latex e cose di cui non riusciva neanche ad immaginare l’utilizzo. Aveva scelto delle cose a caso, basandosi sulle immagini che aveva trovato sul cellulare di Katsuki e senza pensarci troppo, altrimenti non sarebbe andata fino in fondo, schiacciò quel tasto, acquistandole.
Il piano era semplice: si sarebbe fatta trovare alla sera con quel vestiario addosso, avrebbe provato dei giochetti a letto con Bakugo e tutto sarebbe tornato alla normalità, o almeno questo continuava a ripetersi mentre girava su siti di dubbia moralità, cercando spunti.
Quello che non aveva calcolato però, era che infilarsi in quei “vestiti” sarebbe stato più difficile e doloroso del previsto, mentre cercava di spremere i suoi fianchi morbidi in quel tubino microscopico e per niente elastico, eppure aveva seguito la tabella delle misure con attenzione.
Dopo ore di lotta, sudore, olii corpo, quintali di borotalco, in qualche modo era riuscita ad infilarserlo e, con le guance rosse come pomodori, si guardò allo specchio. Per un attimo rimase senza fiato, vedendo il suo corpo fasciato nel latex nero e rosso, non si riconosceva per nulla, sembrava una donna sofisticata ed elegante, ma poi i suoi occhi salirono a fissare il volto e si spaventò, constatando che i suoi capelli erano ridotti a un cespuglio e il suo viso era rosso, sudato e decisamente cosparso di borotalco e Katsuki a breve sarebbe rientrato dall’agenzia.
Corse in bagno a darsi una sistemata, ma i suoi movimenti non erano per nulla veloci, rallentandola. Cercò di fare tutto in fretta e fece giusto in tempo a mettersi in posizione, ad abbassare le luci della casa e ad accendere la musica, che la maniglia di casa si mosse e la porta si aprì lentamente.
Katsuki si tolse le scarpe, non rendendosi minimamente conto di lei, appoggiata contro una parete nel modo più sexy possibile, per lo meno non fino a quando alzò lo sguardo.
«Sono a casWOW.»
«Bentornato.»
Ochako glielo sussurrò, guardandolo dall’alto dei tacchi assassini che già gli stavano facendo male ai piedi, ma doveva fare la sexy.
«E questo?»
«Ho pensato che potremmo provare qualcosa di diverso questa sera, non pensi?»
Ochako si fece battere il frustino su una coscia, che a contatto con il latex tirato, emise uno schiocco eccitante e con soddisfazione notò il ragazzo trattenere il respiro.
«Dimmi di più.»
Ochako provò a fare un passo verso di lui, cercando di ondeggiare sexy, ma inciampò nei suoi stessi piedi, cadendo rovinosamente in avanti, ma Katsuki la raccolse al volo, impedendole di battere il volto contro il gradino d’ingresso della casa.
«Amore, cosa stai facendo?»
Ochako lo guardò, rossa in volto per la figuraccia e scoppiò a piangere e aprì la bocca, riversando tutte le emozioni che si era portata dentro per due intere settimane.
«Ho trovato le foto sul tuo cellulare e ho pensato che volevi questo, non mi tocchi da tre settimane e manco mi guardi, rientri e crolli a dormire, e poi trovo quelle foto e ho pensato che-»
Katsuki la baciò, per zittirla, quando la ragazza iniziava a parlare, era capace di non smetterla più.
«Amore, sono impegnato in un’investigazione con Deku molto importante, non potevo parlartene eprché era altamente top secret e mi dispiace, non volevo farti pensare altro, e soprattutto le foto sul mio cellulare non sono le mie, ma quei pervertiti di Minete e Denki continuano a mandarli sul gruppo delle bevute.»
Ochako lo guardò titrando su con il naso.
«Ma quindi...»
«Quindi come sempre ti fai troppi problemi, anche se...»
Katsuki la sollevò tra le braccia, baciandola e portandola verso la camera da letto.
«Ricordami di ringraziare Denki e Mineta la prossima volta, perché adesso ho proprio voglia di rivoltarti tutta la notte, soprattutto dopo tre settimane di nulla.»
Le sorrise con un ghigno pericoloso e Ochako si sentì subito meglio, in fondo Bakugo la desiderava ancora e quello era tutto ciò che le importava.
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Dark wings
Questa storia partecipa al COWT10 di Lande di fandom
Settimana: 7
Missione: M2
Prompt: Warning: Wing!fic
Wordcounting: 660
Rating: SFW
Fandom: Haikyuu!
Pairing: KageHina
Le ali di Shoyo non erano mai state perfette, tra i piccoli corvi della nidiata erano quelle che spiccavano di meno, meno lucide, con piume più rade e non riusciva neanche ad usarle per bene, riuscendo a malapena ad affrontare venti troppo forti. Continuava a crescere e tutti riuscivano a trovare la loro strada, mentre lui restava là, non sapendo quale sarebbe stato il suo destino, se avrebbe mai trovato un compagno di vita, se sarebbe mai riuscito a costruire il suo nido e tanti altri interrogativi che si poneva, mentre si impegnava ogni giorno per curare le sue ali e per migliorare nel volo.
Aveva trovato una radura nel bosco dove poteva stare tranquillo, senza disturbi ed esercitarsi lontano dagli occhi giudicanti di uno dei suoi compagni di nidiata, l’antipaticissimo Tsukishima, che si divertiva a sbeffeggiarlo mettendo in mostra le sue lunghissime e bellissime ali nere e lucide. E proprio in quella radura, la risposta a tutte le sue domande, arrivò inaspettata, sotto forma di un giovane e bellissimo corvo, dagli occhi blu più belli che avesse mai visto.
Hinata si stava impegnando a pulire con la sabbia le sua ali, operazione che faceva tutti i giorni per lucidarle, qua un corvo che doveva avere circa la sua età, era atterrato nella radura, reggendosi un braccio e quasi schiantandosi al suolo. Hinata si era spaventato, ma non aveva esitato a raggiungerlo per aiutarlo.
«Stai bene? Come ti sei fatto male? Posso aiutarti?»
Il corvo a terra lo spinse via, cercando di muovere le ali per formarsi uno scudo.
«Ehi, ehi, non voglio farti male, voglio solo aiutarti, sono un corvo anche io, vedi?»
Un paio di occhi blu lo traforarono da dietro uno scudo di piume bellissime, lunghe, piene di riflessi verdi, anche alla debole luce della radura. Lo stavano squadrando e Hinata si sentì a disagio.
«Sei davvero un corvo? Le tue ali sembrano piuttosto quelle di un piccione.»
Shoyo sussultò ferito, guardandolo malissimo.
«Sì, sono un corvo, proprio come te e vedrai che un giorno le mie ali saranno più belle delle tue!»
Lo aveva detto con tono ferito, ma l’altro corvo non parve preoccuparsi di averlo ferito, ma si rilassò, sciogliendo finalmente la gabbia di piume nella quale si era rinchiuso e lasciando riluttante che Shoyo si avvicinasse.
«Dubito...»
«Ehi, non fare l’antipatico, ti sto aiutando.»
Shoyo esaminò il braccio ferito, per poi lavarlo con la sua borraccia, per pulirlo del sangue e poter osservare meglio la ferita. Era profonda, ma non troppo, ed era fin troppo simile a un’artigliata.
«Come ti sei ferito?»
«Non è di tuoi interesse.»
«Ti sto aiutando, ne ho bisogno per sapere quali erbe è meglio usare per impaccare la ferita.��
Il corvo dagli occhi blu lo guardò di nuovo riluttante, voltando poi lo sguardo.
«Sono stato scacciato dal mio nido.»
«Ma è terribile! Possiamo accoglierti nel nostro, Suga saprà senz’altro come aiutarti, magari puoi rimanere fino a quando vuoi, siamo un nido unito ed ospitale, ogni corvo è il benvenuto.»
«Io non… io non posso restare.»
«Devi comunque venire per medicarti il braccio, non ho tutte le erbe con me e non ho neanche le bende pulite.»
Il corvo a terra provò a divincolarsi, cercando di liberare il braccio da quella presa.
«Lasciami, ho detto che non voglio!»
«Puoi camminare? Ti aiuto io, vieni!»
Shoyo faceva finta di non ascoltarlo e lo tirò su senza troppi complimenti, stupendo l’altro corvo, non credendolo di tale forza.
«Vedrai che nel nido di Karsuno ti troverai bene, abbiamo anche un altro musone come te, si chiama Tsukishima, è alto e antipatico, andrete sicuramente d’accordo!»
Shoyo continuava a parlare, mentre l’altro lo guardava ammusato, lasciandosi però guidare.
«Ah, ma non ti ho chiesto come ti chiami!»
Il corvo lo guardò malissimo, restìo a parlare, ma alla fine si arrese.
«Tobio...»
«Bene Tobio, cerchiamo Suga, vedrai che starai molto meglio subito!»
Shoyo ancora non lo sapeva, ma stava portando nella sua vita il suo destino.
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Golden eyes
Questa storia partecipa al COWT10 di Lande di fandom
Settimana: 7
Missione: M4
Prompt: Warning: Cat!Fic
Wordcounting: 704
Rating: SFW
Fandom: haikyuu!
Pairing: BoKuroo
Il regno di Nekoma era vasto, bellissimo e un giorno sarebbe stato completamente suo, ma Kuroo era comunque infelice.
Passava le sue giornate con amici che avrebbero dato la vita per lui, andavano a caccia nei vasti boschi intorno al castello, faceva il bagno nei ruscelli e nei laghetti più freddi e limpidi, ancelle addette alla sua cura gli spazzolavano e lucidavano la morbida pelliccia che gli ricopriva gli arti, la lunga coda e le orecchie, massaggiandolo con olii profumati, comprati nei più pregiati mercati stranieri. le sue vesti erano ricche, le sue armi sempre splendenti e il cibo non mancava mai alla sua tavola, ma era comunque infelice, da quando aveva incontrato nei boschi due lucenti occhi dorati che lo avevano stregato.
Era impegnato in una caccia rituale per i cuccioli, pronti ad essere ammessi nella vita adulta, quando arrampicandosi su uno degli alberi di vedetta per valutare la situazione, proprio come ci si aspettava dal principe dei gatti, quando si trovò davanti una creatura strana, che lo fissava con curiosità. Due grosse ali bianche e grige gli spuntavano dalla schiena, dei capelli disrdinati gli incorniciavano il volto spigoloso, dal quale lo fgissavano due ardenti occhi dorati.
Kuroo si mise subito sulla difensiva, pronto a difendersi con gli artigli snudati, ringhiando.
«Cosa sei tu?»
«Devo essermi perso, dove sono finito?»
«Rispondi alla mia domanda, gufo.»
«Io sono Bokuto, e tu, gattino?»
«Attento a come parli, sei nel regno di Nekoma, al cospetto del futuro re.»
«Oh, accidenti, ho mancato la coordinata giusta e sono finito un regno più in là. Puoi indicarmi la direzione per il regno di Karasuno?»
Lo strano uccello aveva un modo di fare energico e genuino e Kuroo era molto confuso, mentre si rilassava appena, capendo che le intenzioni dell’altro non erano particolarmente ostili.
«Devi andare ad ovest, superare tutta la foresta e incontrerai un fiume, risalendolo, troverai la città principale del regno di Karasuno.»
«Akaashi mi ucciderà per il ritardo.»
«Maestà, va tutto bene?»
Yaku si era arrampicato agilmente su un ramo vicino e lo guardava in allerta, muovendo lentamente la coda color caramello, aspettando un suo segnale.
«Ehi, ehi, a cuccia micino, non ho nessuna brutta intenzione, sono qui per sbaglio, ma stavo andando via!»
«Kuroo?»
«Dice il vero, Yaku, tranquillo, torna pure ad organizzare i cuccioli per la prova, il nostro ospite stava per riprendere il suo cammino.»
Yaku li guardò per un’ultima volta, lanciando una lunga occhiata piena di significato al suo principe, prima di scendere dall’albero per tornare a dirigire i cuccioli.
«Era pronto a saltarmi al collo, vero?»
«Probabilmente lo avrebbe fatto.»
«Hai dei sudditi fedeli.»
«Ogni singolo gatto di questo regno darebbe la vita per me e io darei la vita per loro.»
«Sei un ottimo re, gattino, non c’è che dire!»
E con quelle parole il gufo si diede una spinta con le zampe possenti, librandosi tra le fronde fitte degli alberi.
«Beh, grazie per le informazioni, magari ci vedremo ancora, chissà!»
«Ehi, aspetta!»
Non fece neanche in tempo a parlare, che il gufo sparì, dopo avergli fatto un occhiolino, ma quello bastò per far battere il cuore di Kuroo come non aveva mai fatto prima e la sensazione nel petto non lo abbandonò per tutto il giorno. Voleva vederlo di nuovo, chiedergli cose, sapere com’era il suo mondo e farsi raccontare dei suoi viaggi.
Kuroo non aveva mai lasciato il regno di Nekoma, dei viaggi politici si era sempre e solo occupato il reggente Nekomata, e in fondo non ne aveva neanche mai sentita la necessità, ma quell’incontro lo aveva scosso e gli aveva fatto venire la voglia di viaggiare, ma le sue responsabilità da futuro re, lo opprimevano. Aveva vissuto fin da piccolo con l’obiettivo di diventare un re giusto, un re amato e stimato, su cui fare affidamento e a cui guardare nei momenti di sconforto, ma adesso voleva anche essere un re che aveva conosciuto il mondo, ampliato le sue conoscenze e stretto accordi più stretti con i regni circostanti, invece che solo un cortese patto di non belligeranza.
Kuroo adesso voleva sapere, era infelice nel suo regno e lo doveva a quel ragazzo alato, che avrebbe sicuramente ritrovato. Lui e i suoi stupidi occhi dorati ipnotici.
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Non me l’aspettavo
Questa storia partecipa al COWT10 di Lande di fandom
Settimana: 7
Missione: M4
Prompt: Warning: Cat!Fic
Wordcounting: 2113
Rating: SFW
Nei sogni di Tina c’era sempre stato, al primo posto, quello di vivere un’avventura. Non che in effetti non l’avesse già avuta in qualche modo, ma era troppo piccola per ricordarsene, quindi la sua aspirazione maggiore era quella di riuscire a vivere un’esperienza incredibile, da raccontare magari ai suoi piccoli un giorno. Si guardava allo specchio quella mattina, e vedeva la stessa immagine di sempre: una gatta sinuosa dal mantello corto e morbido, bianco con alcune macchie nere sparse qui e là, il muso perfettamente diviso in due con la parte bianca che faceva risaltare più del dovuto il suo occhio ormai chiuso per sempre. Non ricordava quasi nulla di ciò che le era capitato quando ancora era una gattina bisognosa di latte, sapeva solo di aver provato molto a lungo un terribile dolore al muso, e che dopo un tempo che le era sembrato infinito e che le aveva fatto credere che sarebbe morta, una mano calda l’aveva presa e avvolta in una morbida coperta lanosa, l’aveva nutrita, pulita e dato sollievo dal dolore, e che dopo una strana mattinata di cui non ricordava nulla se non un tavolo metallico dall’odore pungente di alcol e due mani sconosciute che la toccavano, si era ritrovata improvvisamente a casa senza più la sensazione pulsante dell’occhio gonfio e dolorante. Certo, vedere per mesi e mesi riflessa negli specchi la grossa linea irregolare costellata di piccoli fili violetti sul fondo bianco del suo pelo non era stato piacevole, ma l’aveva superata e adesso quella parte del suo muso era semplicemente una piccola distesa candida senza interruzioni. Non aveva nemmeno dovuto faticare ad abituarsi alla cosa, dato che fin da quando era cucciola non era mai stata in grado di vedere da quel lato. Dopo aver finito di osservarsi, Tina inarcò la schiena e si stiracchiò per bene, poi decise di fare un giro della casa per controllare se le fosse stata riempita la ciotola del cibo. Mentre passava di fronte ad una delle camere da letto della famiglia, la gatta notò che la finestra posta al centro esatto della parete era rimasta semi aperta, con la serranda alzata per metà. Poteva intravedere il palazzo di fronte e alcuni alberi da quello spiraglio, così decise di fare una piccola deviazione per saltare sul davanzale e dare uno sguardo all’esterno. La casa dava su un piccolo giardino recintato e chiuso da un cancelletto formato da lunghe stecche metalliche verticali, oltre il quale c’era la strada perennemente solcata da veicoli di tutti i tipi, grandi e piccoli, lunghi e corti, colorati o scuri, a due o quattro ruote, che spesso emettevano suoni squillanti che la facevano spaventare. Oltre la strada, poi, c’erano altri palazzi come quello in cui viveva, ognuno costellato di piccole finestre dietro le quali si trovavano altrettante case simili alla sua, con altrettante persone e animali. Quante cose potevano esserci da scoprire li fuori! Quante avventure si potevano vivere, quanta esplorazione la attendeva ad appena un passo da dove si trovava. Tina si soffermò a riflettere per un tempo che, almeno ad un gatto, sarebbe potuto sembrare molto lungo. A suo dire, ponderò attentamente i pro e i contro della decisione che stava per prendere, i pericoli e i contrattempi, e alla fine giunse alla conclusione che non c’era un motivo davvero valido che le impedisse di fare quel passo. Una volta fuori, si ritrovò a trottare con tutta l’agilità e la grazia tipica di un gatto su uno stretto cornicione, dal quale fece un salto verso il basso che la portò sul balcone del primo piano. Una volta atterrata, si guardò nuovamente intorno e si sporse tra le grate del davanzale per rendersi conto dell’altezza, e dopo aver concluso che era sufficientemente sicuro, saltò giù ritrovandosi a calpestare l’erba verde e fresca del piccolo giardino. Anche se aveva fatto appena pochi passi, Tina sentiva che la sua prospettiva era completamente mutata. Era all’esterno! Guardandosi intorno, tutto le sembrava già più grande, e poteva vedere la finestra da cui era uscita alta sopra di sé. Allargò un paio di volte le piccole zampe tonde affondando gli artigli nel terreno, assaporando la sensazione di morbidezza e di fresco sotto i polpastrelli, poi finalmente si incamminò verso il cancello. Una volta in strada, decise di fare il giro della casa piuttosto che tentare di attraversare per arrivare al palazzo di fronte. Aveva riflettuto bene su quale dovesse essere la strada da prendere, ed era giunta alla conclusione che, nonostante si trattasse di un’avventura, non era certamente saggio mettersi in pericolo volontariamente cercando di passare in mezzo ai veicoli in movimento con il rischio di venire schiacciata dopo pochi passi. Voltò quindi a sinistra, e si incamminò tenendosi ben vicina al muro fino ad arrivare al piccolo parchetto che si trovava subito dietro al palazzo. Era circondato da alberi alti dalle chiome cariche di foglie, e una piccola stradina fatta di ciottoli asimmetrici lo attraversava compiendo un percorso ondeggiante. Non c’era tantissima erba, erano stati fatti dei lavori recentemente – Tina se lo ricordava perché dal loro appartamento si vedevano bene i macchinari e il rumore era stato insopportabile per giorni – e una gran parte del terreno era stata ricoperta da piccoli sassolini bianchi, mentre piccoli tappeti erbosi erano stati lasciati attorno ai tronchi degli alberi, formando così delle aiuole rotonde. Al centro, una scultura metallica raffigurante un albero troneggiava solitaria, montata su una specie di piattaforma sollevata fatta delle stesse pietre della stradina che si snodava tutto intorno. Nonostante fosse vicino alla strada, era un luogo tutto sommato tranquillo, e più di una volta Tina aveva intravisto alcuni gatti randagi aggirarsi nei dintorni. Ah, come voleva incontrarne uno e vivere una giornata da gatta libera! Giunta dall’altro lato del parco, trovò alla sua sinistra una piccola area recintata, con una porticina ritagliata nella recinsione della dimensione perfetta per un gatto. All’interno c’erano due strutture di legno rettangolari, utilizzate probabilmente come riparo viste le morbide coperte poste sui pavimenti, e diverse ciotole erano sparse attorno alla recinzione, piene di acqua e croccantini sulla cui qualità Tina non aveva intenzione di esprimersi se non con un’arricciata di naso. Avevano un odore orrendo, chi mai le avrebbe mangiate?! Mentre annusava in giro e cercava ancora di capacitarsi di quel cibo disgustoso, la gatta sentì un frusciare di foglie provenire dalla fila di cespugli subito esterni alla recinzione. Fece un salto dalla sorpresa, e poi inarcò la schiena gonfiando il pelo. Che venisse avanti quello sconosciuto, lei non si sarebbe tirata indietro. Dalle fronde sbucò un gatto decisamente grosso, il pelo lungo e fluente di colore rosso scuro, la lunga coda simile ad un piumino portata ben alta e dritta. Camminava lentamente, guardandola con due luminosi occhi verde smeraldo, e Tina si chiese come potesse un gatto di strada avere un aspetto così bello e maestoso. Lui si fece avanti, e con un salto ben studiato arrivò dritto sul tetto di una delle due casette-rifugio, poi si sedette e iniziò a pulirsi le zampe con meticolosa attenzione, come pretendendo che lei non esistesse. La cosa la irritò non poco, quindi frustò l’aria con la coda un paio di volte, sgonfiò il pelo e si sedette. «Hai intenzione di presentarti, o vuoi fissarmi così per tutto il giorno facendo finta di niente?» «E chi ti dice che voglia presentarmi a te? Non ti ho mai vista» rispose lui smettendo per un secondo il suo giro di pulizie. Oh, davvero non si era aspettata che i gatti randagi fossero scortesi. Li aveva sempre immaginati come figure avventurose, sprezzanti del pericolo ma gentili con i propri simili. Non aveva però intenzione di essere scortese a sua volta, quindi dopo aver alzato un po’ il muso nella sua direzione, si presentò. «Beh, io mi chiamo Tina, e non mi hai mai visto perché sono uscita all’esterno oggi per la prima volta dopo tanto tempo, ma sono nata in strada e…» «Immagino che tu debba ringraziare la strada per quel tuo occhio mancante» la interruppe lui. Ancora più maleducato, come osava parlare del suo occhio con quel tono sprezzante? «Il mio occhio non è affar tuo, e non ho proprio niente da ringraziare. Ora, mi scuserai se me ne vado per i fatti miei» concluse Tina, voltandosi e facendo per uscire dalla piccola area recintata. Ora più che mai la sua voglia di incontrare altri gatti si era praticamente azzerata, e pensò invece di tornare a casa sua. Quella conversazione l’aveva indispettita più del previsto, e non era più nella giusta condizione mentale per cercare l’avventura. Ma non era quello il suo destino, evidentemente, perché dopo nemmeno dieci passi lungo la stradina di ciottoli, l’attenzione di Tina fu attratta da un ringhiare sommesso proveniente dalle sue spalle. Un brivido le percorse tutta la spina dorsale fino alla punta della coda, perché anche se non ne aveva mai visto uno da vicino, il suo istinto le aveva già detto di cosa si trattava, e i suoi muscoli erano già contratti e pronti allo scatto prima ancora che lei potesse accorgersene. Si voltò lentamente, e quello che vide le fece ancora più paura di quello che la sua mente aveva generato: un enorme cane dal pelo corto e scuro la stava fissando con i suoi piccoli occhi bramosi, e con la bocca leggermente aperta e le labbra retratte ringhiava sommessamente, un piccolo rivolo di bava che gli stava già colando verso il terreno. Senza pensare e ancora prima di essersi voltata di nuovo, Tina si ritrovò a correre più veloce che poteva, alla cieca, senza sapere che strada stesse prendendo tanto era sopraffatta dal panico. Il cane era partito subito all’inseguimento dopo di lei e correva davvero velocemente, perché la stava raggiungendo, così Tina iniziò a scartare rapidamente a destra e a sinistra cercando di confonderlo e nel frattempo si guardava attorno per trovare una via di fuga o un nascondiglio. Non riconosceva le case attorno a lei, quindi si stava allontanando dal palazzo dove abitava e se avesse continuato così probabilmente non sarebbe più stata in grado di ritrovarlo semmai fosse riuscita a liberarsi di quel cane. Con un gesto disperato la gatta sterzò bruscamente a destra, facendo in due falcate una curva a U e poi ricominciando a correre più veloce che poteva, lasciando il cane confuso per un attimo prima che anche lui si voltasse per rimettersi all’inseguimento. Dopo alcuni secondi, vide di nuovo il parchetto dal quale era partita, quindi lo superò sapendo di essere quasi in salvo, ma il cane era ormai troppo vicino e non sapeva se sarebbe riuscita a tenere quei pochi centimetri che li separavano e guardandosi intorno disperatamente notò all’improvviso una piccola grata aperta nel palazzo alla sua sinistra, dove probabilmente sarebbe riuscita ad entrare. Sterzò con forza e, all’ultimo, riuscì a saltare nel piccolo foro poco prima che l’enorme testa del cane ci si infilasse abbaiando e mordendo l’aria, senza però riuscire a far passare le spalle dall’apertura. Continuò così per circa un minuto, poi si arrese e finalmente si ritrasse dall’apertura e se ne andò. Tina era troppo spaventata per muoversi, tutto il suo corpo tremava in maniera incontrollabile, respirava a fatica con la bocca aperta, aveva sete e fame ed era tremendamente stanca ma allo stesso tempo non riusciva a rilassarsi in nessun modo. Non si era mai davvero resa conto di quanto fosse pericoloso l’esterno della sua casa, ne aveva sempre avuto un’immagine idilliaca e romantica pensando che una volta in strada si sarebbe dovuta preoccupare solo di cercare qualcosa da fare per divertirsi, e che al massimo si sarebbe dovuta tenere alla larga dalle auto. Tutto quello che voleva ora era tornare a casa, mangiare il cibo delizioso che la sua famiglia le lasciava nella ciotola, acciambellarsi sul divano e dimenticare tutto, ma non riusciva a muoversi e in qualche modo sentiva che il cane era ancora là fuori, ad aspettare che la piccola gattina ingenua mettesse la testa fuori dalla grata per sistemare la faccenda. Magari la sua famiglia la stava cercando, magari sarebbero riusciti a scoprire che si trovava lì e l’avrebbero salvata allontanando quell’orribile bestia da lei. Doveva solo aspettare. Ma quel giorno non venne nessuno, e calata la notte Tina era ancora rintanata in quell’angusta stanzetta di cemento, al buio e al freddo. Aveva smesso di tremare finalmente, e nonostante sapesse che ormai fuori non c’era più nessuno non riusciva a trovare il coraggio necessario per uscire. Avrebbe passato la notte lì, e la mattina con calma e alla luce avrebbe ripreso la via di casa. La gatta si raggomitolò su sé stessa, sopra una scatola di cartone, e si addormentò pensando a quanto era stata stupida la sua idea di avventura.
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Fake love
Questa storia partecipa al COWT10 di Lande di fandom
Settimana: 7
Missione: M5
Prompt: Hookers!AU
Wordcounting: 776
Rating: NSFW per i temi trattati
Fandom: Haikyuu!!
Pairing: IwaOi
Tooru si ripromise di non versare neanche una lacrima mentre si chiudeva alle spalle la porta di quella casa, i suoi pochi averi infilati nello zaino alla meglio, tutti i saldi che era riuscito a trovare e la faccia di uno che aveva decisamente pianto.
Aveva preso il coraggio a quattro mani e lo aveva affrontato, gli aveva detto che sapeva tutto, che aveva trovato i messaggi, tutte le conversazioni, le foto degli altri e le sue foto diffuse senza il suo permesso. Gli aveva urlato che era un bastardo, che lui si era fidato, che lo aveva tradito e l’altro di tutta risposta gli aveva riso in faccia.
«Tesoro, poche storie, ricordati quello che sei.»
Glielo aveva detto ridendo di lui e Oikawa era un po’ morto a quelle parole. Da quel giorno aveva continuato a vivere in uno stato sospeso, meccanicamente, senza neanche provare un’emozione. Gli diceva “ti amo” perché voleva sentirselo dire, ma era vuoto, continuava a donargli il suo corpo, a gemere di piacere, ma non ne provava neanche un briciolo.
Era stato felice e si era sentito amato tra quelle braccia che lo avevano tolto dalla strada mesi prima, ma adesso si sentiva solo a disagio e pieno di repulsione, mentre le parole di lui continuavano a risuonargli di continuo in testa.
“Ricordati quello che sei”.
Tooru non avrebbe mai potuto dimenticarlo, gli anni di terrore a vivere alla giornata, cercare le braccia di qualcuno giusto per avere qualche soldo per arrivare al giorno seguente e magari comprarsi vestiti o un posto letto in qualche ostello. Non avrebbe mai potuto dimenticare il freddo dell’inverno che gli mordeva la pelle scoperta il più possibile per attirare clienti, le violenze che aveva subito e la repulsione che aveva provato verso ogni singola persona che comprava il suo tempo e pensava di poterlo sfruttare come voleva. Aveva scelto quella strada consapevolmente in un momento fatidico della sua vita dove aveva preso solo una marea di decisioni sbagliate, ma l'aveva immaginata decisamente diversa, mentre continuava a credere al vero amore che prima o poi lo avrebbe salvato.
Lui si era fermato una sera, gli aveva chiesto se voleva un posto dove dormire e non aveva neanche provato a toccarlo, gli aveva dato il suo tempo, i suoi vestiti, il suo cibo e gli aveva detto che poteva restare quanto voleva, e Tooru pian piano era caduto per lui. Si era convinto che magari era proprio lui quel vero amore che lo avrebbe salvato, lasciandogli prendere tutto di sè, ed era andata avanti così per mesi. Lui non gli permetteva di cercarsi un lavoro, dicendogli che aveva bisogno del suo tempo per riprendersi e che si sarebbe occupato di tutto lui, di non preoccuparsi e stare tranquillo. Certo che non doveva preoccuparsi di trovare un lavoro, ce lo aveva già a sua insaputa, ed era quello del porno attore. Di nuovo solo uno strumento di piacere altrui.
Ci aveva messo altri tre mesi da quella litigata per prendere il coraggio necessario, ma alla fine ce l’aveva fatta. Gli aveva lasciato solo un bigliettino con scritto di non cercarlo e per il resto aveva cancellato ogni sua traccia da quel posto. E forse si era anche preso la briga di bruciargli computer e telecamera e segnalare tutto il materiale che aveva postato online, così, per non avere rimpianti.
Aveva abbastanza soldi per pagarsi almeno un mese in qualche ostello e magari nel mentre avrebbe potuto cercarsi un lavoro serio, o magari avrebbe potuto cambiare città, poteva magari ricominciare da capo da qualche parte, doveva solo scegliere.
«Oikawa?»
Una voce familiare lo fece impalare nel bel mezzo della strada, riportandogli alla mente troppi ricordi belli e che aveva distrutto con le sue stesse mani. Si voltò lentamente, temendo di nuovo l’incontro con quegli occhi di smeraldo che tanto aveva amato in passato.
«… Iwa-chan?»
Provò a sorridergli con il suo sorriso strafottente di un tempo, ma tutto quello che riuscì a fare fu una smorfia tirata, prima di scoppiare a piangere come un idiota. Hajime non ci pensò su molto e lo abbracciò di slancio e subito Tooru si sentì di nuovo finalmente a casa, l’unica casa in cui si era mai sentito davvero amato, senza doppi fini.
«Sei brutto quando piangi, lo sai?»
«Mi sei mancato anche tu.»
«Iwa-chan...»
«No, non dire altro, mi racconterai quando vorrai. Ti porto a casa, e questa volta ti ci incateno. Non scappare mai più, per favore.»
Il mondo di Tooru tornò lentamente a girare e tornò a respirare. Il vero amore ce lo aveva avuto, lo aveva rifiutato, ma ora era tornato da lui e non l'avrebbe più lasciato andare.
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Ab aeterno
Questa storia partecipa al COWT10 di Lande di fandom
Settimana: 6
Missione: M5
Prompt: Ab aeterno
Wordcounting: 344
Rating: SFW
Fandom: Haikyuu!!
Pairing: IwaOi
«Papà, ma il nome tuo e di papà sono uguali, o sbaglio?»
«No, amore, non sono uguali, il mio significa “inizio, iniziare qualcosa”, quello di papà significa “finire, andare fino in fondo”, sono diversi.»
«Ma no papà, sono uguali, te lo giuro, chiedilo alla nonna!»
«E cosa c’entra la nonna adesso?»
«Mi ha raccontato una storia bella, c’era la neve e c’eravate sia tu che papà. Papà non stava tanto bene, ma tu gli sei stato accanto e allora la nonna li ha deciso che il vostro nome è uguale. Perché ha detto che il tuo nome e quello di papà insieme formano l’eternità e quindi non possono essere diversi.»
Hajime guardò sua figlia con gli occhi sgranati, chiedendosi come un esserino così piccolo potesse recepire un concetto così complesso, eppure lei se ne stava là a guardarlo tranquilla con i suoi sinceri occhi castani, così simili a quelli di Tooru da far male.
«E secondo te facciamo l’eternità, piccola?»
«Beh, starete per sempre insieme, è questa l’eternità, giusto?»
Hajime sorrise dolce alla piccola, scompigliandole i capelli lisci e neri, proprio come i suoi.
«Hai ragione, staremo sempre insieme, è questa l’eternità.»
La piccola gli sorrise e gli stese le piccole braccia paffute.
«Papà, in braccio, andiamo ad aspettare papà alla finestra!»
Hajime la prese in braccio e la strinse, riempiendola di baci.
«Già, andiamo ad aspettare la fine alla finestra!»
Rise e la piccola rise con lui, proprio mentre si apriva la porta di casa.
«Chi sarebbe la fine, scusami?»
Tooru lo guardò male, squadrandolo sospettoso.
«Nessuno è la fine, mi hanno appena detto che siamo l’eternità, e l’eternità non ha una fine.»
Hajime gli sorrise e anche Tooru si sciolse e si diedero un bacio, dolce, come il loro amore. La loro bimba sorrise.
«Anche Chibi-chan vuole un bacio!»
«Tutti quelli che vuoi!»
Tooru prese la piccola dalle braccia di Hajime e la riempì di baci e Hajime si perse in quello spettacolo. A lui non serviva l’eternità, bastavano solo suo marito e la sua bambina e la sua vita era completa.
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In vino veritas
Questa storia partecipa al COWT10 di Lande di fandom
Settimana: 6
Missione: M5
Prompt: In Vino Veritas
Wordcounting: 1101
Rating: SFW
Fandom: Haikyuu!!
Pairing: KurooTsukki
IN VINO VERITAS
Kei aprì gli occhi, ma se ne pentì quasi subito, perché la luce negli occhi fu come una pugnalata. Li strinse forte, ma anche quella non fu un’ottima idea, perché il movimento gli fece sentire come mille aghi in testa. Era proprio distrutto.
Si mosse con cautela nel letto, le lenzuola che sembravano carta vetrata contro la sua pelle stranamente sensibile, gli doleva tutto. Qualcosa nell’angolo della sua testa gli disse che non si trovava nel suo letto e come uno scemo si tirò su a sedere di scatto, cosa che si rivelò una pessima idea.
«Ehi, ehi, non muoverti troppo. Come ti senti?»
Una voce assonnata entrò nel suo campo, mentre si teneva una mano sulla bocca cercando di ricacciare indietro l’ondata di nausea che lo aveva colpito. Si sentiva davvero uno straccio.
Kuroo lo guardava preoccupato, in ginocchio accanto a lui, i capelli neri un disastro più del solito, ed era decisamente nudo, tranne che per un paio di boxer neri.
Provò a parlare, ma di nuovo un’ondata di nausea lo colse, costringendolo a chiudere la bocca. Sapeva di essere nudo sotto le lenzuola, ma in quel momento non aveva tutta l’intenzione di pensarci per davvero.
«Ti accompagno in bagno?»
Kuroo teneva la voce bassa, passandogli premuroso un panno sulla fronte, tirando via le goccioline di sudore che la imperlavano, i magnifici occhi dorati adombrati da un velo di preoccupazione.
«Hai bevuto un bel po’, sai? Non dovresti esagerare quando non sei abituato.»
«Kuroo, noi...»
Il ragazzo moro sorrise ferino, rispondendo a quella domanda semplicemente voltandosi e mostrandogli la sua schiena abbronzata striata di segni rossi.
«Direi decisamente di sì, tigre.»
Kei impallidì, ma non sapeva se per la nausea o per il pensiero di quello che aveva fatto, e si alzò di scatto, cercando qualcosa dove poter rimettere e trovando fortunatamente un secchio subito accanto al letto. Kuroo doveva aver previsto tutto.
Tirò fuori anche l’anima, mentre lo stomaco gli si contorceva e la gola gli bruciava dolorosa, ma appena ebbe finito, il moro che gli aveva tenuto la fronte fino ad allora, gli pulì la bocca, prima di passargli un bicchiere d’acqua e un paio di pastiglie.
«Prendile, sono perfette per un dopo sbronza.»
«Cosa-»
Non gli fece neanche finire la domanda, che iniziò a raccontare.
«Hai iniziato a bere, ho provato a fermarti, ma non me lo ha permesso e tempo due bicchieri stavi ballando sul tavolo, al terzo stavi cantando a squarciagola canzoni d’amore tristi. Ti ho tirato giù, trascinato a casa con fin troppa fatica per come sei mingherlino, ma appena abbiamo passato la porta mi hai letteralmente violentato e poi… no, niente, poi sei crollato a dormir di botto, lasciandomi a metà. Direi un’ottima prima volta.»
Kuroo rise di gusto, ma quel suono fece solo storcere il naso a Kei, che lo recepiva come se qualcuno gli stesse martellando la testa.
«Io non ricordo assolutamente nulla.»
Lo sguardò di Kuroo si adombrò di nuovo, ma non di preoccupazione, bensì di un sentimento che Kei non riusciva a comprendere, così annebbiato come si sentiva.
«Ah sì?»
«Sì, nulla, anche se mi sforzo, ma questo mal di testa mi sta uccidendo.»
«Beh, meglio così per te, no?»
«Io...»
Kei avrebbe voluto dirglielo che no, che per lui non era meglio così, che avrebbe voluto ricordare e magari non essere ubriaco durante la loro prima volta, ma le parole non riuscirono ad uscirgli.
«Ti chiedo scusa per aver approfittato di te, non avrei dovuto lasciarti andare così lontano.»
Kuroo lo guardava intensamente, gli occhi dorati seri e scintillanti e Kei ci si perse dentro.
«Kuroo, io...»
Il moro gli si fece vicino, fissandolo come un predatore farebbe con una preda poco prima di mangiarla, e Kei non si allontanò, magnetizzato.
«Ti darebbe fastidio se io ora ti baciassi?»
Kei lo guardò ad occhi sgranati, non sapendo cosa fare. Voleva baciarlo, lo sognava dalla prima volta che lo aveva visto al suo primo anno di superiori, ma allo stesso tempo aveva paura di farlo scappare, o peggio ancora di essere solo un’altra tacca sulla cintura del moro latin lover, ma non sapeva cosa fare. Kuroo continuava ad avvicinarsi con lentezza, guardandolo fermo, dandogli il tempo e lo spazio per tirarsi indietro se solo avesse voluto, ma Kei non ne aveva l’intenzione, in fondo gli aveva già dato se stesso, cos’altro aveva da perdere. Rimase fermo, ad aspettare quel bacio tanto desiderato, ma Kuroo si fermò a pochi millimetri dalle sue labbra.
«Dimmi che mi ami.»
«Io… cosa?»
«Hai sentito bene, dimmi che mi ami.»
Kei sentì il volto avvampare e cercò di staccarsi da quelle pozze dorate.
«Kuroo, io...»
«Mi ami, Kei?»
Lo aveva chiamato per nome e quello lo fece avvampare ancora di più, i fidanzati si chiamavano per nome.
Kuroo gli avvolse il mento con le mani, attirandolo a se e baciandolo dolcemente, di una dolcezza che Kei non avrebbe mai immaginato potesse avere.
«Ho aspettato questo momento per anni, dalla prima volta che ti ho visto, e sì, io ti amo, Kei. Voglio solo sentirtelo dire di nuovo, come me lo hai detto ieri sera. Ho bisogno di sapere se è vero o se erano solo gli effetti dell’alcool, perché ti giuro, se fosse vero, io potrei morire qui ed ora, pensando a tutti gli anni che ho sprecato ad avere paura di farti fuggire a gambe levate. Se invece fosse solo un effetto dell’acool, io invece mi-»
«Kuroo, stai zitto.»
Il moro tacque di botto, guardandolo perplesso, in fondo non era da Kei usare un tono così brusco.
«Sai cosa dicevano gli antichi romani?»
Kuroo lo guardò ancora più confuso, non capendo minimamente.
«Sai che non sono mai stato bravo con la storia, mi hai preso in giro in lungo e in largo per questa cosa, quindi non mi pare il caso di prendermi in giro ora, in questa situazin-»
Kei lo baciò, zittendolo e morendo un po’ dentro per la goffaggine che l’altro, noto sex symbol dell’università, stava dimostrando in quel momento.
«In vino veritas dicevano, ma visto che non sei bravo in storia, significa che le persone ubriache dicono sempre la verità. Ti amo, Kuroo.»
Il moro si sciolse nel sorriso più radioso e bello che Kei gli ebbe mai visto e lo abbracciò di slancio, baciandolo di nuovo, con più passione e Kei lo lasciò fare, godendosi quel contatto tanto agoniato da anni. Finirono presto stesi tra le lenzuola ad esplorarsi, consapevolemnte questa volta e, tra un bacio e una carezza bollente, Kei ringraziò la sua prima (e ultima) sbronza, godendosi il tocco della pelle di Kuroo contro la sua.
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Audentes fortuna iuvat
Questa storia partecipa al COWT10 di Lande di fandom
Settimana: 6
Missione: M5
Prompt: Audentes fortuna iuvat
Wordcounting: 310
Rating: SFW
Fandom: Boku no hero academia
Characters: Deku!centric
AUDENTES FORTUNA IUVAT
Izuku lo sapeva, si era solo ritrovato al momento giusto nel luogo giusto e quello lo aveva portato dove era ora. Guardava la stanza nel dormitorio dell’UA, la sua stanza, e ripensava a tutto quanto.
Nighteye gli aveva detto che era stato solo un riampiazzo, uno degli ennesimi colpi di testa di All Might e si era anche premurato di fargli sapere che lui non lo apprezzava e non lo avrebbe mai accettato come futuro portatore di One for All e quelle parole continuavano a fargli male nel profondo, ma guardava quella stanza, ripensava a tutto quello che aveva fatto per essere lì e a tutto quello che stava facendo, all’impegno che ci metteva e al sangue che aveva sputato e che continuava a sputare e sapeva di esserselo meritato.
Le cicatrici sulle sue mani erano un memento di tutto e quando stringeva i pugni si vedevano ancora di più, rilievi scuri contro la sua pelle chiara, segni di tutti i sacrifici che aveva fatto.
Da piccolo, qualcuno gli aveva detto che la fortuna aiuta gli audaci e lui aveva sempre creduto a quelle parole, soffocando la paura di non essere mai abbastanza e di non riuscire ad essere mai un eroe, buttandosi a capofitto con tutto l’impegno che aveva in corpo, anche quando si era gettato nella mischia per cercare di salvare Bakugo, facendo pensare ad All Might che sì, lui sarebbe stato un degno successore.
La fortuna magari l’aveva fatto essere nel punto giusto al momento giusto, ma tutto il resto, tutto quanto, era stato solo merito suo e del suo impegno, nel bene e nel male, e questa consapevolezza era tutto quello che gli bastava per sentirsi meritevole di quell’eredità.
Lui era Midoriya Izuku, e un giorno sarebbe diventato Deku, eroe numero uno e simbolo della pace e non avrebbe dovuto rendere conto a nessuno di questo.
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The prompt was Lazy mornings and I enjoyed every bit of it.
This was so relaxing and sweet with the babies 💜💙
My gift for @lancedmcclain home you like it ❤️💙 sorry for posting a bit late! Special thanks to @yearofshance for letting me join this soft event ❤️
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You’re so hypnotizing Could you be the devil, could you be an angel Your touch magnetizing Feels like I’m floating, leaves my body glowing They say be afraid You’re not like the others, futuristic lovers Different DNA, they don’t understand you 🎵💜
Hope you like it <3 @thedragonprinceofficial
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Okay guys, I’m screaming. Today was an horrible day, then I checked the mail and I found this. OMG I didn’t expect the charm and I love everything, thank you so much @evercelle , you are always kind and a great artist <3
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Iwa-chan always strong and determined 💪 💙
https://www.instagram.com/p/B27Tr82AKeP/?igshid=1n2vgtfci46sk
https://ko-fi.com/joy128 if you want to support me, I will love you so much 🙈💙
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I can tell by the look in his eyes
Maybe I'm just another one of his lies
But I know just the notion of saying goodbye
It breaks my heart, it tears me up inside 🎵
https://www.instagram.com/p/B2yyYJIAfVb/?igshid=1m3dz4uhh35bj
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