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Ecco il Manifesto della comunicazione non ostile. Tutto da leggere e condividere:
1. Virtuale è reale Dico o scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona.
2. Si è ciò che si comunica Le parole che scelgo raccontano la persona che sono: mi rappresentano.
3. Le parole danno forma al pensiero Mi prendo tutto il tempo necessario a esprimere al meglio quel che penso.
4. Prima di parlare bisogna ascoltare Nessuno ha sempre ragione, neanche io. Ascolto con onestà e apertura.
5.
Le parole sono un ponte
Scelgo le parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri.
6. Le parole hanno conseguenze So che ogni mia parola pu�� avere conseguenze, piccole o grandi.
7. Condividere è una responsabilità Condivido testi e immagini solo dopo averli letti, valutati, compresi.
8. Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare Non trasformo chi sostiene opinioni che non condivido in un nemico da annientare.
9. Gli insulti non sono argomenti
Non accetto insulti e aggressività, nemmeno a favore della mia tesi.
10. Anche il silenzio comunica Quando la scelta migliore è tacere, taccio.
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Incipit
Non servono fiumi di parole per suscitare emozioni. Servono le parole giuste a travolgere, rapire, sconcertare, incuriosire. Spesso un breve incipit è meglio di qualsiasi presentazione, riassunto, recensione o suggerimento.
Eccone alcuni esempi folgoranti!
«Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio.»
Cent’anni di solitudine, di Gabriel García Márquez
«È cosa nota e universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie.»
Orgoglio e pregiudizio, di Jane Austen
«La prima volta che incontrai Dean fu poco tempo dopo che mia moglie e io ci separammo. Avevo appena superato una seria malattia della quale non mi prenderò la briga di parlare, sennonché ebbe qualcosa a che fare con la triste e penosa rottura e con la sensazione da parte mia che tutto fosse morto.»
Sulla strada, Jack Kerouac
«Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so.»
Lo straniero, di Albert Camus
«Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia.»
Lolita, di Vladimir Vladimirovič Nabokov
«Solenne e paffuto, Buck Mulligan comparve dall’alto delle scale, portando un bacile di schiuma su cui erano posati in croce uno specchio e un rasoio.»
Ulisse, di James Joyce
«La neve sulle montagne si stava sciogliendo e Bunny era già morto da molte settimane, prima che arrivassimo a comprendere la gravità della nostra situazione.»
Dio di illusioni, di Donna Tartt
«Era una gioia appiccare il fuoco.»
Fahrenheit 451, di Ray Bradbury
«È tutto accaduto, più o meno.»
Mattatoio n. 5, di Kurt Vonnegut
«Una mattina Gregorio Samsa, destandosi da sogni inquieti, si trovò mutato, nel suo letto, in un insetto mostruoso.»
La metamorfosi, di Franz Kafka
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C'era una volta un ragazzo che, lungo la battigia di un mare lontano, stava approntando il suo fuocherello per cucinare un enorme pesce appena pescato. Più in là, ma poco oltre, la sua canna da pesca conficcata sulla spiaggia. Non un alito di vento che minacciasse di farla cadere. Già si sentiva il profumo, fresco e invitante della carne cotta alla brace e il ragazzo decide dunque di metterci su un pizzico di limone per renderla se possibile più succulenta ancora. Passò di lì un uomo, un amante delle lunghe passeggiate in riva al mare: un piacere nato dalla sinusite che da lungo tempo lo tormentava. Non indifferente al profumo della brace si avvicinò incuriosito. "Cosa mangi di buono?", domandò. "Del pesce, non lo vedi?", rispose il ragazzo. "E perché lo mangi?" - "Perché amo il pesce e lo amo da quando l'ho scoperto la prima volta" "Lo ami? Quindi dato che lo ami lo hai tirato fuori dal suo mare, lo hai ucciso e lo hai mangiato? No, tu non lo ami, tu sei attratto dalla morbidezza delle sue carni, dal sapore delle sue viscere! Non abusare del verbo amare... Perché se lo avessi amato non lo avresti piegato al tuo egoistico piacere!"
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1. Fate l'amore, in ogni modo possibile, in ogni minuto. 2. Spaiate i calzini, il caso li ricondurrà sulla stessa strada. 3. Mettete su un disco e ballate: ballate come se non ci fosse un domani. 4. Abbiate nostalgia di ciò che verrà. 5. Correte, con le nuvole alle calcagna. 6. Frantumatevi, ricomponetevi, frantumatevi di nuovo. 7. Siate grati anche se non sapete ancora esattamente per cosa. 8. Lasciate i capelli al vento: lui conosce la direzione. 9. Dimenticate le istruzioni e ricominciate tutto da capo. 10. Amate tanto, voi stessi e poi il resto del mondo.
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Bella zio
Sono andato a una festa di ventenni. La cosa si ripete a cadenza triennale e credo dipenda dalla comparsa di peli bianchi in parti del mio corpo che non sono la testa. Così, dopo aver fatto testamento e un bel pianto sotto la doccia, me ne sono andato pimpante a una festa di laurea il cui range d'età era rigorosamente 18-24.
21:00 Arrivo. Noto subito che sono l'unico a portare il cappotto. Un cappotto vero intendo, di quelli che tengono caldo. Non un cappotto ironico. Un tizio mi si avvicina con un gran sorriso. - Bella zio – dice. Io gli faccio notare che la grammatica italiana vorrebbe l'aggettivo concordante con il soggetto, dunque l'espressione corretta è “bello zio”. Non ci parliamo più.
21:30 I ventenni ballano da una parte. Io prendo atto della transitorietà dell'esperienza umana dall'altra. Ascoltando l'intro di Tumbthumping non posso fare a meno di osservare come la musica sia più o meno la stessa di dieci anni fa. Trovo incredibile che la musica da party non si sia evoluta neanche un po' nell'ultima decade. Mi alzo e condivido questa arguta osservazione con un tizio che si sta servendo da bere. - Ma vaffanculo – dice lui. Mi rimetto a sedere.
22:00 Approccio con esperto savoir-faire una ragazza con un septum da minotauro. - Ehilà! - esordisco. Lei mi guarda come se fossi un batterio fecale. - Ehi. - Bella festa. - Come? - Ho detto, bella festa! - Non ho capito! - BELLA FESTA! - Sedici e tu? Mi chiudo in bagno a pregare.
23:00 Miracolo. Incontro un'anima affine. Un fratello trentenne anche lui imbucatosi spacciandosi per uno di venticinque che si droga tantissimo. Passiamo venti minuti a parlare dei rispettivi consulenti fiscali e a sbadigliare. Quando tiro fuori un biglietto da visita da un portafogli che non sembra acquistato al mercatino del concerto dei Ministri lui mi ferma spaventato. - Sei pazzo! Se scoprono che abbiamo più di ventisette anni, qui ci fanno fuori. Lo guardo, sembra convincente. - In che senso ci fanno fuori? - Ci ammazzano. - Ma...è una festa di laurea...io non credo che… - Tu non hai idea. È una cosa biologica, ce l'hanno nel dna. Il nuovo deve uccidere il vecchio. Succede per i ragni, succede per gli uomini. I trentenni scomparsi su Chi l'ha Visto, dove credi che stiano? - In Molise? - Hanno partecipato a una festa di troppo, sono andati a una serata in discoteca con eccessiva leggerezza, hanno provato a imbucarsi a all'Evento Disagio con Emis Killa. E l'hanno pagata. - In che senso? - Guardati attorno. I borselli, i bracciali, i pantaloni a coste stile skater. Tutto in pelle. Secondo te quella pelle lì da dove viene. - Oh mio dio. - Esatto, quindi tieni la bocca chiusa e ricordati...oh no, ci stanno osservando, stiamo parlando a un volume normale da troppo tempo. Presto, rutta! - Come? - Rutta! Rutta forte! Molla un rutto perdio! Rutto. - Oh me fai smascellà zio, t'o giuro porcoddue! Prima de vennì qua me so fatto un mezzino e mo sto a smangin…okay se n'è andato, ma io e te dobbiamo separarci. È troppo pericoloso. - Ma non ce la farò mai da solo! - Devi farcela. Ora scusa ma stanno pogando e se non pogo pur'io va a finire che si insospettiscono. - Ma come fai con la schiena? - Ho messo il Voltaren prima di uscire. - Vaya con dios. - Esta vida nueva. Ci lasciamo con un sorriso e la fichissima stretta di mano di Willy il Principe di Bel-Air. Lo guardo scomparire nella ressa.
24:00 Credo di aver compromesso la mia copertura. Dev'essere stato quando di fronte al tavolo con tutti quegli alcolici ho chiesto se c'era magari del ginseng. Oppure quando ho preso il controllo dell'Ipod e, incitato da “se non metti l'ultimo noi non ce ne andiamo” ho messo “Sotto le Stelle del Jazz” di Paolo Conte. Fatto sta che adesso tutti mi scrutano con sguardo famelico e non fanno altro che sussurrare come i bambini di Grano Rosso Sangue cose tipo “sento puzza di scheda carburante”. Il mio amico è scomparso. Al suo posto due nuovi borselli. Ora devo stare molto attento. Sto camminando sulle uova. Se voglio uscirne vivo, dovrò mantenermi lucido.
01:00 Mi ubriaco col nocino. Mi ci hanno costretto a berlo. Lo fa la zia di uno simpaticissimo e pareva scortese dire di no. Così mi smaschero cantando a memoria la sigla de “Lo strano mondo di Minù”. - Nessun ventenne potrebbe conoscerla! - sbraitano – Tu hai trent'anni! - Non è vero! - provo a difendermi io. - Giura! - Giuro sull'Uomo Tigre! È finita. Sono in trappola. Prima che mi assalgano riesco a distrarli lanciando per aria una manciata di Rizla blu su cui si avventano avidamente, questo mi dà il tempo di lanciarmi col corpo contro la porta finestra, fare una rapida capriola, poi sedermi due minuti per controllare di non avere schegge o lievi lussazioni e fuggire rapidamente per i campi.
02:00 Ho provato a seminarli, ma non ci reisco. L'alcool sembra rafforzarli più che debilitarli. E i loro Iphone 7 riescono a fare decisamente più luce del mio Huawei del 2014. Ora è solo questione di tempo.
03:00 Mi hanno circondato. Sono alla loro mercé. Mi scherniscono scattandomi foto a 12 megapixel e filtro contouring, oppure facendo citazioni che non capisco da serie tv che non ho visto. - Non riesco a seguirle tutte! - piagnucolo disperato mentre mi danzano intorno – C'ho un sacco di cose da fare! Sono ancora fermo alla terza di Vikings! Ridono di me, della mia scarsa dedizione a Netflix. Ridono della mia debolezza fisica, della mia patetica tolleranza all'alcool, dei miei calzini tinta unita, dei miei weekend fuori porta, della mia Carta Vantaggi del supermercato. Della mia vestaglia. Questo è troppo. Mi alzo in piedi brandendo il bancomat. - Hsss – sibilano portandosi le mani al volto e indietreggiando. Estraggo anche la fattura dell'abbonamento annuale ad Avast e le foto della mia colonscopia. - Per le tre grandi E dell'età adulta io vi bandisco! Esperienza! I più deboli vaporizzano. - Emancipazione! Alcuni scappano, ma è troppo tardi. Il più arrogante del gruppo fa un passo avanti e osa chiedere – E la terza E? Lo guardo dritto negli occhi. - Emorroidi. Un'esplosione di luce squarcia la notte.
04:00 Torno a casa distrutto. - Com'è andata? - Bene, bene. - Cos'è questo odore di bruciato? - Niente, dormi. - Sei sicuro? - Sì, dormi. … - Oh. - Cosa? - Secondo te dovrei cambiarlo lo Huawei? - Perché, si è rotto? - No, funziona ancora. - E allora perché devi cambiarlo? - È che la torcia...va be' niente. Hai ragione. Scusa se t'ho svegliato. Buonanotte. - Buonanotte.
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Il mare alle spalle
Lei era bellissima, con lo sguardo sempre perso verso il mare. Per poter godere di quegli occhi, lui, il mare se lo tenne sempre alle spalle. E non lo vide mai.
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Addio Michele e perdonaci...
di MICHELE Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi.
Ho cercato di essere una brava persona, ho commesso molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.
Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità.
Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia.
Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile.
A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo.
Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive. Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo.
Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione.
Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare.
Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno.
Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie.
Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri. Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino.
Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene.
Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento.
P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi.
Ho resistito finché ho potuto.
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Il criceto
La ruota del criceto gira, gira. Ci fermiamo solo per mangiare un po’ di cibo. Per dormire. E ogni mattina la ruota ci aspetta. Più muoviamo le nostre zampette, meno pensiamo. Un giorno scenderemo dalla ruota, apriremo la gabbia per inseguire i nostri sogni. Ma quando? Domani, dopodomani, l’anno che verrà? Vecchi con la pensione minima? Qual è il momento giusto per cambiare e provare a vivere se non ora?
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L'amore è universale. E’ il modo di amare che è relativo.
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Pensavo che dopo i leggins a fiori il peggio fosse passato. Poi gli uomini hanno cominciato a girare coi pantaloni col risvolto, la caviglia scoperta e il mocassino.
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