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Liegi Bastogne Liegi
La decana delle classiche, la Liegi, da sempre cara a noi corridori ticinesi, forse perché ci troviamo a nostro agio cullati nella cultura latina, a Liegi si parla il francese e la Liegi è la naturale contrapposizione della Vallonia al Giro delle Fiandre.
Liegi è una città altamente industriale. Vicino alla frontiera con l’Olanda e la Germania. Qui l’Europa si respira e come fai 10 km ti tocca cambiare lingua parlata. L’odore del carbone e del metallo pesante è ben presente.
La Liegi è forse la più difficile, almeno altimetricamente, delle gare del nord. Qui i Leoni non ci sono più, ci sono leoncini, scoiattoli che vanno fortissimo sulle salite che superano quasi sempre i 2km di lunghezza.
Mi sveglio in albergo nel cuore pulsante della città, il ronzio di sottofondo è d’obbligo. Il fiume corre placido in attesa che la grande gara inizi. Oggi è nuvoloso e danno a tratti pioggia. Saranno quasi 7 ore di bicicletta per andare fino a Bastogne e ritorno. I pionieri del ciclismo erano dei pazzi, partivano il mattino presto e arrivavano alla sera quando il buio era già calato. La prima edizione data 1892, uno dei primi eventi sportivi dello sport moderno.
Le statistiche non giocano a mio favore, raramente un passista ha saputo vincere sulle dure cotes della Liegi. Nel finale ci aspettano un fuoco di fila di salite lunghe. Le poche salite brevi sono durissime al 20% di pendenza.
Si parte dalla piazza principale di Liegi, tira aria di Tour de France, l’organizzazione e lo speaker sono gli stessi, il buon Daniel, la voce del ciclismo di Francia, conosce a memoria tutti i corridori, e se non ti conosce, improvvisa e quasi sempre ci azzecca, lui si che il ciclismo lo conosce davvero. Le bandiere sono dritte
Partiamo con un colpo e attraversiamo Liegi, si va tranquilli oggi limare è d’obbligo ma all’inizio non serve, i primi km sono tutti su strade larghe e oggi no, non si va in fuga si prova a stare li, li nel mezzo, a cercare di rubare il mestiere agli scalatori.
La fuga parte senza troppe bagarre, noi ne abbiamo uno, meglio così, staremo coperti fino al punto cruciale della corsa.
Il colore che domina la Liegi è il verde, si passa nelle campagne verdi della primavera vallone. Nel cuore delle foreste verdi scuro. Il verde illumina anche la speranza dei nuovi aspiranti corridori da classiche come me.
Si arriva ben presto alle prime salite, dure, alcune lunghe e sempre quell’asfalto belga che scorre poco. Il vento non è un nemico ma in cima alle salite fa sempre la sua bella presenza e ti mette sul ciglio a mangiare erba e vomitare fatica.
Si arriva a Bastogne, piccola città dove forse l’unico avvenimento dell’anno è il passaggio di questa grande corsa. Si inizia il ritorno verso Liegi e si avvicinano tutte le salite finali, la prima introdotta da uno stradone è la cote de Wanne. Mi tocca limare, che nel gergo vuol dire prendere la giusta posizione per non esser tagliato fuori. Ogni anno ci sono due limate del secolo da fare nelle classiche: una è quella prima della foresta a Roubaix (ah già la ero in fuga…) e questa. La strada è in discesa e fortuna mia il vento leggermente contrario. Si va di gamba dunque, buon per me. Cadono ai lati e in mezzo, io guardo e passo via veloce. Agguantiamo la salita e sono davanti, d’ora in avanti non si scherza, si respira forte in salita, il vantaggio dei fuggitivi è ridotto. Si passa in un batter d’occhio la cima e via in discesa come matti, curva a destra, curva a sinistra, evito le scivolate dei miei amici sudamericani, l’ultimo tratto in discesa è in pavé e introduce alla cote du Stockeu: 1km al 20 percento. Si va su di rapporto impastati, gambe infreddolite dalla pioggerella che ormai cade da qualche tempo. La gamba è buona e cerco di allungare, ci siamo forse è la mia giornata, prendere un po’ di vantaggio qui non sarebbe male. L’asfalto nella discesa è viscido e le facci sono tutte nere di pioggia e terra visto che era un po’ che non pioveva. Siamo un bel piccolo gruppo e resistiamo nelle salite della Rosier e seguenti. A 25 km dall’arrivo c’è la salita più dura della Liegi , la temibile Redoute, che somiglia molto a ridotta, riduce in un km un dislivello che si farebbe in tre km. Prima della Redoute noi prendiamo la fuga davanti ma il gruppo rientra inesorabile e in cima dopo uno sforzo immane sono ancora attaccato con i primi che ormai sono solo 40. Discesa velocissima. Si entra in periferia e si attacca la nuova salita della Roche aux Faucons, dove i falchi volano via. Io rimango nella seconda parte del gruppo. Si scende veloci verso Liegi , sono 240 km ma manca ancora la salita di Saint Nicolas, il quartiere degli italiani e la salita verso Ans dove è posto l’arrivo. Finisco sfinito, la gara è stata durissima con la pioggia e gli attacchi scriteriati.
Solo il tempo di bere una borraccia d’acqua e via in hotel. La sera mi permetto una bella birra trappista, contento a mio modo di aver finito un altro monumento del ciclismo, prima di tornare verso sud, a casa e verso nuove corse da affrontare.
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Live Lounge Allstars - Times Like These (BBC Radio 1 Stay Home Live Lounge)
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Parigi Roubaix
La mattina della Parigi Roubaix ci si sveglia in un mondo incantato, l’hotel è vicino a un campo di Golf, soffici rintocchi di palline e uccellini che cinguettano, il Sole per fortuna è alto nel cielo del nord della Francia. Danno bello! Lo scorso anno dopo un inizio con il sole sul più bello è arrivato un temporale che ci ha accompagnati fino all’arrivo. Le catene erano blocchi di fango roteanti, le bocche impastate di terra e non so cos’altro, cadute, ben tre, mi sono sempre rialzato per fortuna, nell’ultima però a farne le spese fu la leva del freno dietro, quello che si usa di più sul pavé bagnato, e così, mestamente, ho dovuto alzare bandiera bianca direttamente dalla fuga dove ero inserito… I miei compagni di fuga di allora hanno ben popolato i primi dieci della più temibile delle classiche: la Parigi Roubaix: l’inferno del nord.
Quest’anno l’obiettivo è sempre quello, prendere la fuga, passare davanti, prendere i tratti eroici in prima fila, passare veloci fra due ali di folla. Ci ho preso gusto lo scorso anno.
Compiegne non è Parigi, ma da anni ormai è la sede di partenza della classica delle classiche. Guardo la mia bici, bella, solida, alluminio, uno dei pochi a non avere il carbonio. Ruote basse e larghe: le Regine del Nord, eroiche, con quelle si vola sul pavé: una volta erano richiestissime, in un mondo di ruote ultra speciali io sono uno degli ultimi amanti di questi gioielli epici. Manubrio largo e gomme gonfiate poco per quel feeling da incollato sull’asfalto, che fa tanto classica del nord.
I leoni ci sono, sono pronti a sputare fuoco e fiamme su quei tratti di strada. Il viaggio tra Compiegne e Roubaix è denso di storia, si sente ancora l’odore del carbone nell’aria. La zona era tutta miniere e campi agricoli e di battaglia. Il ciclismo è così amato perché sport popolare vicino alle fatiche dei minatori e sul pavé i corridori diventano minatori tra mura rosse marroni e mattoni gelidi e sconnessi.
Si parte da Compiegne, l’asfalto è rugoso e si fa fatica ad avanzare. La gamba c’è, la motivazione pure. Un leone mi confidò un giorno “se vuoi andare in fuga devi sentire il vento in faccia e non averne paura”.
Sono nei primi e la fuga è partita, ce l’abbiamo fatta, un po’ di gamba, un po’ di pazzia e tanta voglia di farsi vedere in una gara molto difficile come questa ed eccomi li. Siamo in tanti, meglio cosi! Abbiamo 100 km sull’asfalto e poi negli ultimi 150 km sono inseriti più di 50 km sul pavé.
I primi 100 km volano, si entra nel primo pavé, facile ma si vibra e salta di brutto, non ho uno stile da pavé, salto di qua e di la ma resisto, lotto e sono sempre davanti. Le ammiraglie sono dietro al gruppo, per fortuna ho qualche amico a bordo strada che mi passa una borraccia di tanto in tanto. Parsimonia con i viveri che oggi è lunga, che si respira polvere e bisogna bagnare l’ugola per avere aria.
Si entra nel vivo, tratti su tratti, le case sono quelle dei minatori, gente abituata al grigio e al freddo della roccia. La bici resiste bene e le ruote pure, con il bello è uno spasso.
Nell’inferno del nord c’è un tratto più infernale di tutti: la foresta di Arenberg. Sono pietre messe li a caso e tenute li a caso in mezzo ad una foresta, il tratto è in discesa e la velocità folle, li lo scorso anno ho dovuto fermarmi. Quest’anno no! Riempio il petto di aria e divento un leone pure io, sputo fuoco, mangio polvere e graffio il pavé, salto, rimbalzo, ma procedo veloce, 50-55 km all’ora. Le urla della gente mi fanno andare avanti veloce impavido! Per un breve impagabile momento penso di poter vincere, salire sul gradino più alto portarmi a casa una di quelle pietre che marchiano a fuoco una carriera.
All’uscita della foresta però mancano ancora 80 km, la maggior parte ancora di pavé e il gruppo si fa vicino. Ancora qualche tratto in testa a cercare gloria, poi nel turbinio di voci e colori ecco le prime moto, quelle davanti al gruppo. I primi mi passano, io resisto a ruota, ce la faccio ancora. Devo tenere duro nel temibile tratto Carrefour de l’Arbre. Vado veloce con loro siamo ancora tanti e non tutto è perduto. Nel crocevia dell’albero incontro il mio diavolo, la roccia quest’oggi è morta, vado in crisi, le gambe non tengono e mi stacco inesorabilmente e definitivamente. Per fortuna non manca molto, da dietro mi raccolgono, guardano e passano senza che possa proferire fiato. Nell’ultimo tratto sono io a riprendere un corridore, finito pure lui, ed entro nel velodromo ancora pieno e urlante. Un giro e mezzo, nell’inferno del nord si finisce sul perfetto cemento della pista dove la bici sembra scorrere veloce. Arrivo sfinito, le ossa rotte ma oggi mi sento un po’ Leone anche io.
Silenzio-tutti sono usciti-sono seduto-guardo le gambe piene di polvere e ossa -il bello di essere arrivato a 20 minuti, tutti hanno già fatto la doccia e sono solo. Posso godermi un attimo di pace tra queste mura che hanno vissuto da sempre la magia della Roubaix. Alzo lo sguardo e vedo F.Ballerini Vainqueur 1995-98. Stanco ma felice, lavo la polvere, mi rivesto ed esco da quell’inferno (paradiso?).
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Giro delle Fiandre
Il mio giro delle Fiandre è quello che parte da Bruges, va verso nord per un breve tratto e poi rientra nei campi delle Fiandre con tutti i muri di pavé e asfalto. Finisce con la doppietta Mur de Grammont e Bosberg e finisce a Meerbeke.
Dopo una settimana in Belgio il grigio del cielo non da più fastidio, ci hai fatto la mano. Non danno fastidio nemmeno il freddo e la pioggerella a tratti. Il vento però, da sempre fastidio, a quello non ci si abitua mai, si possono trovare sotterfugi, stare a ruota di un corridore grosso, limare il ciglio della strada, ma dal vento non ci scappi, ti buca le guance e gela le lacrime.
Il Fiandre parte da Bruges, una delle Venezie del nord, nella piazza principale ci sono 50000 persone e sono tutte li per ammirare lo spettacolo della partenza.
Il grigio del cielo si confonde con il colore delle case, le bandiere sono belle dritte e stese nel vento e i Leoni in campo giallo fanno tutti bella mostra di sé. Sputano fuoco di rabbia per la giornata uggiosa. Nell’aria il solito odore di fritto, qualche gauffres, qualche frites o qualche oelbolen.
Dal parcheggio al palco di partenza e foglio firma si ha già un assaggio di quello che sarà la corsa, freddo pungente, pietre sulla strada, manubrio scivoloso e tifosi festanti.
Sulle gambe la crema riscaldante comincia a fare effetto, da fermi le gambe sono belle calde , solo in movimento si sta bene e il freddo non si sente.
Davanti alla folla ci si incolonna per la partenza e con un colpo di pistola siamo partiti.
Si parte sugli stradoni verso le campagne, nessun problema con le posizioni, vuoi stare davanti, pedali e ci sei. La fuga parte presto, lasciati andare al macero delle vibrazioni delle strade sempre un po’ sconnesse e del vento.
In gruppo si comincia ad essere nervosi, c’è sempre vento laterale e stare a ruota aiuta poco, bisogna fidarsi dei propri compagni oppure prendere le scie giuste di una grande squadra, belga se possibile, loro si che sono capaci a giocare nel vento.
Tutti sono ancora freschi e dunque la pancia del gruppo è bella calda, ci si tocca ma si sta su, non ci sono corridori che hanno paura, sono tutti solidi sulle due ruote.
Il gioco si fa serio verso le Fiandre centrali, incominciano i tratti di pavé in pianura che scremano il gruppo già nei primi chilometri. La fila del gruppo diventa lunghissima, se sei messo bene hai chance di sopravvivenza, se sei in fondo la tua gara terminerà presto.
Il pubblico è quello delle grandi occasioni, incuranti del tempo inclemente e del freddo. Si assiepano a bordo strada con birre e frites per ingannare l’attesa.
Si comincia ad entrare nei muri che contano, a differenza di altre classiche, qui gli organizzatori amano mescolare le carte ogni anno, i muri non sono mai in un ordine preciso, solo i due o tre finali sono classici, gli altri sono una bella sorpresa. Li accomuna la grande pendenza , le pietre scivolose e la stradina prima di entrarci. Non ci sono più stradoni la grande corsa è diventata una grande corsa su strade di campagna, la stanchezza si fa sentire ed è difficile rimanere lucidi e davanti sui muri, il gruppo dietro e corto, molti hanno dovuto abbandonare. Mangiare e bere diventa difficile, bisogna stare concentrati, i manubri e i gomiti si allargano prima dei grandi muri: Kruisberg, Knoteberg, e la stradina tutta curve prima del vecchio Kwaremont. Li si decide per molti la corsa. In cima al quel vecchio tratto di strada di pavé, si respira poco, sul falsopiano sferzato dal vento si fatica a tenere le ruote della fila indiana del gruppo, rapida discesa e poi si sale subito sul Paterberg che si fa prima a piedi che in bicicletta, tanto è pendente.
Dulcis in fundo ecco il Koppenberg, famoso per le trappole visto che è una stradina scavata nella montagna, se un corridore cade quelli dietro salgono per forza a piedi.
Per i pochi sopravvissuti a questa battaglia ecco che si entra nel vivo della corsa, i leoni se la possono giocare, proponendo attacchi di forza o astuzia tra un muro e l’altro. Noialtri resistiamo speranzosi di finire la corsa.
Da li in poi le energie sono quelle che sono, bisogna calibrarle bene per arrivare in fondo, si ha tempo per sentire gracchiare la radio, i primi sono già sul Muro di Grammont e la folla è in visibilio, un leone è partito alla ricerca della vittoria finale. Sul Bosberg poi la gamba è uguale per tutti: primi o ultimi, la differenza è stata fatta prima. Verso l’arrivo poi le strade si fanno ancora più larghe, per far assaporare il sapore della grande gara e rendere un inseguimento ancora più improbabile.
Il giorno dopo ci si sveglia in albergo, felici di aver terminato, ma stanchi morti e con le ossa rotte. L’altra metà dell’inferno ci attende alle porte.
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Milano Sanremo
Il giorno della Milano Saremo la sveglia è presto, alle 6:30, la notte è ancora buia e il pensiero appena ci si sveglia va ai pionieri del ciclismo che a quell’ora partivano nella loro corsa verso il sole da Milano. Oggi le strade sono più belle, le bici più veloci e il gruppo più allenato. La corsa parte da piazza Duomo alle 9:00 per il primo tratto neutralizzato in città. Fuori Milano su quegli stradoni da pianura padana, ancora sonnolenti nel sabato mattina viene data la partenza ufficiale: Km 0. Qui si parte signori ma si hanno nelle gambe già 15km degli oltre 300 da percorrere. Fortunatamente il dislivello non è da tappa alpina, tutta pianura, qualche dentello nel finale giusto per rendere la delicatezza della Sanremo crudele.
Il vento fa da compagno di viaggio negli stradoni verso il Piemonte e la Liguria e gli attacchi si susseguono in testa al gruppo. La fuga non arriva alla Sanremo questo è risaputo, solo uno svizzero temerario ce l’ha fatta negli anni 80, ma sarebbe bello esserci, provarci, dare un senso ad una corsa straordinariamente ordinaria.
La bici da strada ti fa sentire la velocità nei capelli, il vento in faccia e le lacrime sugli occhi, si va veloci verso il Turchino che di qua non è altro che uno strappo da 53, si prende il rifornimento e si controlla il distacco sui fuggitivi, si sono andati, hanno circa 15 minuti. Per un lungo attimo alla Sanremo ci sono due corse, due gruppi: uno davanti e uno dietro, davanti si mena e dietro si pasteggia o passeggia.
La galleria umida e la strada sdrucciolevole della discesa del Turchino ti risvegliano a forza e con uno schiaffo sei sul mare, siamo fortunati, oggi c’è il sole e si può sentire l’aria dell’estate, il sapore della salsedine e le grida della spiaggia.
La Liguria è tutta curve, niente più stradoni, sull’ Aurelia verso Ventimiglia si deve stare attenti, c’è chi tira per i capitani, che prende le borracce e chi si rifocilla in vista del finale.
Per la fuga è vita segnata soprattutto quando iniziano i capi, l’attesa è quasi meglio della lotta, ad Albenga tutti possono vincere ancora, dopo i capi non sarà più così.
Capo Mele, facile poco più di uno strappo, si fa in un respiro, capo Cervo pure lui bello ma nella discesa ecco le insidie, bisogna tenere le posizioni per prendere il Berta davanti, lui si che comincia ad essere una salita vera e le gambe cominciano a dare segni di vita, se ci sono è facile passare in testa, se non ci sono ci si stacca e la corsa finisce li ad osservare il monumento ai grandi Coppi, Bartali e Girardengo.
La discesa del Berta è veloce come l’attraversamento di Imperia, occhio alla fontana monumentale nel mezzo-perché l’hanno messa li?-e via verso la Cipressa, prima e vera asperità del percorso.
Nel tratto verso la curva di imbocco della Cipressa si va veloci, si sta tutti vicini, ci si tocca ci si appoggia, c’è chi urla, chi boccheggia e chi inevitabilmente scivola, o scivola dietro. Sono le gambe a fare la differenza, se ci sono la Cipressa si prende bene con una curva secca degna di piega, se le gambe non ci sono dietro poco importa a che velocità si prende tanto in salita il buco te lo fanno e devi remare per andare all’arrivo.
Tra gli eletti davanti la Cipressa è veloce , si frena in curva e si sale a gran velocità, non molto diversa da quella della pianura. Sarebbe bello proporre un attacco scollinare con un lieve vantaggio ad avere le gambe fino a Sanremo, ma la verità è che è ancora lunga, da soli è dura e poi la discesa è da cardiopalma, curve, serre, cordoli, paletti e asfalto lucido ma non lucidato.
Giù tutti insieme e di nuovo sull’Aurelia, nell’eterna attesa del Poggio, piccolo strappo vicino all’arrivo, non duro ma dopo 300 km pure lui si fa sentire.
Sul Poggio solo i grandi possono attaccare, quelli che hanno gambe e lucidità, quelli abili a disinteressarsi della corsa nei primi 200km. Il Poggio si fa a velocità altissima, come in pianura. L’odore di legna arsa e il sapore di olive fanno da contorno. Sopra le teste l’elicottero che solo indisturbato può seguire la corsa in queste strade cosi strette. L’ultimo rettilineo di salita sembra infinito, una semicurva fino al bivio dove inizia la discesa, anch’essa da grandi doti tecniche, cordoli, paletti, asfalto lucido, guardrail e compagnia bella.
Gìù fino a Sanremo, non si ha tempo per sentire il profumo dei fiori, l’arrivo è vicino e un secondo guadagnato può valere una vittoria che vale una carriera. I fiori quelli veri aspettano il vincitore sul palco con tutti gli appassionati e turisti a fare da cornice.
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La farsa delle esenzioni terapeutiche
Ultimamente si parla molto di esenzioni terapeutiche ( in inglese therapeutic use exemption TUE). Esse sono delle ricette che permettono l’uso di prodotti positivi a controllo antidoping durante le competizioni sportive. Nella lotta al doping secondo me questa finestra lasciata aperta da WADA e da UCI é un passo indietro. Soprattutto perché consente ai malintenzionati di programmare la preparazione in funzione dei farmaci che vanno presi in un dato momento per arrivare a centrare l’obiettivo. Chiaramente oggi il sistema antidoping funziona molto meglio ma proprio questi piccoli aiuti dati dalle esenzioni terapeutiche permettono di ottenere grandi benefici rispetto ai corridori e atleti onesti. A mio modo di vedere un corridore malato non dovrebbe poter correre fino a quando non ha certificato il proprio ritorno in salute e per alcune malattie croniche prevedere nuovi test , simili al test sul cortisone basale, che possono evidenziare abusi dei farmaci. Infatti molti farmaci utilizzati con queste esenzioni terapeutiche sono corticosteroidi che aiutano si a guarire da tendenti o lesioni , ma hanno anche un effetto anabolizzante che toglie la massa grassa ed aumenta la massa muscolare. Questo effetto fa però scendere la produzione endogena del cortisolo basale. Con questo semplice test si può testare il grado di salute raggiunto da un atleta precedentemente “malato”.
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Ciclismo come mezzo di trasporto
Il Ticino è sempre di più sommerso dal traffico di automobili che invadono le strade cantonali e comunali non solo negli orari di punta, ma durante tutto l’arco della giornata.
Una possibile soluzione a questo problema potrebbe essere incentivare l’utilizzo della bicicletta quale valido sostituto dell’auto come mezzo di trasporto quotidiano.
Siamo ad un punto di svolta con la tassa di collegamento che dovrebbe essere messa in atto e altre contromisure per combattere il traffico. La soluzione a mio modo di vedere potrebbe essere più semplice di quello che sembra. L’importante è ottenere un duraturo cambio di mentalità. Andare in bici al lavoro deve essere visto come un grande vantaggio per la persona, sia dal punto di vista della salute che dal punto di vista sociale.
Con una bici la persona fa un’attività fisica che la tiene in forma senza ledere nessuna articolazione grazie al movimento rotatorio della pedalata. Le biciclette elettriche oggi permettono uno spostamento rapido senza dover sudare e arrivare troppo stanchi al lavoro. L’importante è avere l’equipaggiamento giusto e sapere di potere fare il tratto su strade sicure. Anche in caso di pioggia si possono fare piccoli spostamenti, in caso di neve o condizioni improbabili i vari datori di lavoro dovrebbero accordare alla persona che normalmente va in bici al lavoro dei giorni extra di permesso.
Si potrebbe istituire una sorta di bike pass che permette l’accesso a strade poco trafficate e luoghi che in altro odo sarebbero inaccessibili. Vedi garage sotterranei e scorciatoie previste ad hoc.
La persona che utilizza la bici dovrebbe avere la possiblità di fare la doccia prima di affrontare la giornata lavorativa.
La cosa più importante è creare la rete di strade ciclabili protette dal traffico , un po’ sull’onda dell’ esempio olandese che già all’ inizio degli anni 70 ha cambiato la viabilità in favore delle bici.
Oggi possiamo permettercelo anche in un paese montagnoso come la svizzera grazie alle nuove tecnologie e alle bici elettriche che sempre più diventano popolari.
Con il migliorare della tecnologia si potrebbe prevedere di avere dei veicoli elettrici coperti per i casi più difficili ( mamme che portano bimbi agli asili o a scuola , eccetera).
Si potrebbero perfino pianificare percorsi in tunnel scavati apposta per il traffico ciclistico dove chiaramente la meteo non sarebbe un problema.
Ovviamente questa è una visione piuttosto futuristica del piano regolatore del traffico, ma credo potrebbe essere la via da perseguire per mantenere le nostre strade libere dalle auto..
Tutti noi avremmo dei benefici visto che l’inquinamento diminuirebbe cosi come i costi del viaggio giornaliero verso il posto di lavoro.
Inoltre anche lo stato di forma fisica delle persone migliorerebbe sensibilmente e si ridurrebbe la sedentarietà delle persone che dovranno muoversi per andare al lavoro.
Il momento difficile sarà chiaramente all’inizio del processo dove bisognerà instaurare la buona mentalità da seguire nel futuro.
Una volta riusciti in quest’ impresa non facile tutto risulterà a portata di mano e la gente utilizzerà l’auto solo per fini di urgenza e di reale necessità.
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Test PISTE
Swiss Cycling ha ideato il test PISTE per cercare di individuare i talenti tra i praticanti dello sport della bicicletta. Le prime edizioni del test hanno avuto luogo nel 2007 ed oggi, dopo quasi dieci anni, si ha un buon database con tutti i risultati.
Il test PISTE consiste in un formulario da compilare online al momento dell’iscrizione dove vengono poste delle domande per capire quanto si è implicati nello sport del ciclismo. Chiaramente il risultato del formulario è totalmente irrilevante senza poi andare a fare il test pratico.
Il test pratico consiste in tre aspetti:
La misurazione dei dati corporei: ( altezza, peso, massa grassa, data di nascita) essa è importante anche per capire la vera età biologica dell’atleta, ricordiamo che è un problema di molti sport il fatto che ad emergere sono quasi sempre atleti e talenti dei primi 3 mesi dell’anno). Si ipotizza che ciò sia dovuto al fatto che essi ricevono sempre il miglior seguito e la migliore attenzione possibile. Per equilibrare i dati bisogna trovare il sistema per fare si che anche gli atleti nati nell’ultima parte dell’anno possano avere la possibilità di emergere.
Il test motorio che consiste in un circuito con 10 postazioni dove viene chiesto di superare un esercizio di abilità. Il circuito viene cronometrato e le penalità sommate al tempo ottenuto.
Il circuito si compone di questi esercizi:
1. Partenza: ad un segnale acustico si parte il più velocemente possibile ( es: partenza di un prologo o di una corsa MTB).
2. Scendere e salire dalla bici in corsa 8 es: saltare gli ostacoli in MTB o ciclocross).
3. Curva tornante da fare senza perdere troppa velocità ( es: tornante in un passo in bici da strada).
4. Bunny hop, salto di un ostacolo di 30 cm prima con la ruota davanti e poi con la ruota dietro senza fare cadere l’ostacolo ( es: saltare un ostacolo in MTB).
5.Slalom, fare una serie di curve in velocità ( es: affrontare una serie di curve tecniche in MTB).
6. Prendere da terra un oggetto, prendere con la mano un oggetto da terra poi passarlo nell’altra mano e centrare un secchio ( es: prendere un rifornimento in sicurezza).
7. Slalom parallelo, passare con la ruota davanti a sinistra e la ruota dietro a destra o viceversa ( es: passare un ostacolo sul terreno in MTB).
8.Surplace, stare fermi con la bici sul posto in equilibrio per dieci secondi ( es: coda dopo una caduta in una gara MTB).
9. Serpentina, superare una curva stretta sollevando la ruota dietro( es: superare una curva stretta in MTB).
10. andare senza mani, sapere superare una semi curva senza mani (es. Mettere la mantellina in una gara su strada).
Il test consiste in due prove dello stesso circuito dove conta ai fini del punteggio finale la migliore delle due.
Il test 4x3000mt consiste nel percorrere 4 volte 7 giri e mezzo della pista di atletica. L’intensità deve crescere dopo ogni ripetizione. Il test consiste nel fare 3000 mt piano, 3000mt ad intensità media, 3000mt ad intensità di soglia e 3000mt al massimo. Dopo ogni ripetizione viene prelevato un piccolo campione sangue per determinare il tasso di acido lattico nel sangue. Questo valore con il valore che l’atleta da rispetto alla scala di Borg ( scala da 6 a 20 dove 6 è l’andatura facile e 20 l’andatura difficilissima) permette di identificare il vero livello di intensità percepito dall’atleta.
Durante il test vengono registrate le pulsazioni e questo permette di calcolare le varie medie durante le 4 ripetizioni. Inoltre è possibile valutare il tempo di recupero dell’atleta.
Questo test permette di avere un’ ottima referenza rispetta ai tempi passati ed avere un quadro generale della condizione dell’atleta. Ai fini del tempo assoluto chiaramente è la 4 ripetizione che conta come quella buona. Ovviamente anche le altre hanno la loro importanza se correlate ai dati di acido lattico e pulsazioni medie.
Con i risultati del test in pista l’atleta ha un buon riferimento su come deve allenarsi e quali sono i propri livelli di intensità.
In conclusione credo che il test sia un ottimo metodo per identificare i talenti sia su strada che su MTB. Quando si spinge il proprio fisico al limite entrano in gioco molti fattori , quali la gestione dello stress. Per questo credo che i ragazzi che riescono bene in questo test possano realmente avere un futuro sulle due ruote.
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Thank god they are out!
Il popolo inglese ha votato sì al referendum per uscire dalla Comunità Europea. Speriamo sia solo il primo passo e che ci si renda conto che la delocalizzazione dei governi accentua ancora di più i problemi a livello locale. La vera forza è quando si conosce di persona il proprio governo e quest’ultimo è vicino al cittadino che può reclamare in caso di soprusi e calpestamento dei diritti.
La storia ci da ragione, gli stati dove si vive meglio sono quelli più piccoli, e che hanno un governo a livello locale. I superstati hanno grandi masse che purtroppo vivono con l’acqua alla gola. Certo su grandi masse vi sono anche molti che stanno bene ma la maggior parte soffre e suda per arrivare a fine mese. Senza contare la grande massa di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà, costoro non sanno neppure bene da chi sono governati, e i loro diritti sono puntualmente calpestati. Che il passo intrapreso oggi dalla gran Bretagna sia solo il primo di una lunga serie nella giusta direzione: dell’equità dei valori e dei diritti per ogni cittadino di ogni nazione di questo pianeta. Che sia il primo passo verso la libertà dalle catene delle banche mondiali, continentali e manovratrici di valuta.
Go back to basic!
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Riscaldamento prima di una cronometro
Sicuramente prima di una cronometro ci si trova confrontati con il riscaldamento. A quale intensità mi devo riscaldare? Quanto tempo? Quanto tempo prima bisogna finire il riscaldamento?
A queste domande non c’è una precisa risposta, dipende molto da come si è abituati, alle condizioni meteo esterne, alla propria condizione fisica, eccetera. Esistono però delle regole che si possono seguire e che rispettano la propria individualità nel riscaldamento prima di una cronometro, sia essa breve o lunga.
Per seguire questi consigli bisogna avere in chiaro quali sono le proprie zone di frequenza cardiaca e di potenza. Zone che sono importanti per calibrare l’intensità del riscaldamento.
Per iniziare consiglio sempre di visionare al meglio il percorso e di vedere inoltre quanto tempo ci vuole in bicicletta per raggiungere la partenza dal punto in cui si effettuerà il riscaldamento. È importante per non avere sorprese e farsi trovare al momento giusto alla partenza.
Prima di tutto bisogna capire che tipo di cronometro è: una crono breve (prologo), e cioè con una distanza di al massimo 10 km, una crono media tra i 10 e 25 km, oppure una crono lunga, oltre i 25 km. L’intensità da tenere in gara è importante per capire che tipo di riscaldamento effettuare. Infatti bisogna sapere a che ritmo si andrà in media in corsa ( escludendo le fasi finali dove ovviamente si cercherà di dare il massimo).
Ricordiamo che l’intensità massimale permette sforzi fino a 30 secondi, le intensità fuori soglia permettono sforzi fino a 5/7minuti circa, l’intensità di soglia permette sforzi fino a 30/40 minuti e se si scende sotto l’ intensità media virtualmente, se la forza psicologica lo permette, si possono fare sforzi di molte ore.
Il riscaldamento vero e proprio dovrebbe durare al massimo 30 minuti , a dipendenza se è una giornata molto fredda ( dura di più ) oppure se è una giornata molto calda ( dura di meno).
Si comincia a pedalare sui rulli e la prima parte del riscaldamento dovrebbe finire quando si comincia a sudare e si capisce che il corpo è riscaldato bene ( in una giornata calda questa prima parte dura poco, forse anche solo 5 minuti).
Il riscaldamento continua facendo in questo punto una progressione alzando i battiti ( meglio i watt se si ha un misuratore di potenza ) all’ intensità che poi si terrà in corsa ( dipende dalla lunghezza della crono ). L’intensità va aumentata in maniera regolare alzando ogni 30 secondi un gradino. Questa fase dovrebbe durare circa 7/8 minuti.
In seguito bisogna sciogliere i muscoli per due minuti circa perché abbiamo abituati il sistema circolatorio e muscolare all’intensità che verrà mantenuta durante la corsa.
A questo punto bisogna eseguire tre minuti ad intensità media con ogni minuto 6 secondi di scatto a più di 140 pedalate al minuto per risvegliare le fibre veloci che possono anch’esse dare una mano durante lo sforzo. Bisogna poi finire con due minuti a bassa intensità per sciogliere bene le gambe.
Il riscaldamento deve finire circa 7/5 minuti prima della propria partenza.
Per riassumere
5/10 minuti : pedalata normale, riscaldamento fino a sudare bene
7/8 minuti : progressione regolare fino all’ intensità che poi sarà tenuta in corsa
2 minuti : pedalata tranquilla
3 minuti: pedalare ad intensità media e ogni minuto fare 6 secondi di sprint agile a più di 140 pedalate al minuto.
2 minuti: pedalata tranquilla
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Ten riders to pick this year.
I would like to make list of the riders that I think they can do a magical year during this 2016 cycling season. At the end of the year we will see if I was right.
Patrick Bevin
Good kiwi sprinter, he joined Cannondale at the end of 2015 and he is going to make his first steps in the world tour. Good performances in the TDU are a good start .
Silvan Dillier
Very strong swiss rider that every year is doing a step forward, he is riding for BMC and I am expecting him in the Flandern Classics as one of the surprises.
Oliver Naesen
Good belgian rider that showed strong capabilities in the one day races and in the one week stage races. Let’s see what he can do in the world tour with IAM cycling.
Jakub Mareczko
Young italian sprinter who finished very well the last season and has already started the new season with a win in San Luis. He is very fast and he will be one good contender in the sprints.
Joseph Dombrowski
I hope he can really show that he will be back on top of the GC of the hilly stage races. He has the potential and he showed everybody last year in the tour of Utah.
Marco Haller
Good Austrian sprinter that I am expecting to be on top of the one day races that finish with sprint .
Matteo Pelucchi
Super fast italian sprinter, on the paper he can beat everyone. Let’s see if he can do it in the right races!
Lachlan Morton
Good Australian climber , he is on the continental calendar in the US ,so let’s what he can do in California, Utah and Colorado.
Rafaa Chtioui
One of the biggest engines in the peloton, he is on Skydive and will do almost all middle east asian races.
Vegard Stake Langen
Good Norwegian all rounder that showed that he is able to work for a team and win good races. Let’s see what he can do in the world tour with a solid calendar and good races.
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Source: Alexander White
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la bici con il motore...
Finalmente gli sforzi prodigati dall’UCI per scovare gli utilizzatori di bici con il motore durante eventi ciclistici ufficiali hanno prodotto un risultato. Una ragazza in Belgio é stata fermata perché in una delle sue bici é stato trovato un motore. Lei ovviamente si é difesa dicendo che non era la sua, strano che una bici identica alla sua facesse parte del suo materiale e fosse li pronta ad essere usata…
Solo il fatto di averla a disposizione ( anche non sapendolo ) é un fatto grave e dovrebbe essere punito.
Speriamo che la punizione sia esemplare, tanto per non lasciare dubbi ai furbi.
E c’é gia chi parla di una ricerca dietro a questo tipo di frode ( più che doping lo chiamerei semplicemente frode, furto , crimine). Pare che la nuova frontiera sia avere degli elettromagneti nel cerchio che agiscano insieme a un motore nel mozzo per fare girare la ruota con potenze aumentate fino a 60 watt ( cosa che non sarebbe facilmente detettabile con i normali misuratori di potenza che rilevano la potenza espressa sulle pedivelle/corone).
Questa ricerca , é vero, potrebbe avere risvolti importanti per la motilità lenta e per tutti coloro che vogliono usare una bici elettrica per andare al lavoro o semplicemente per diletto senza fare tutta quella fatica e permettersi giri più lunghi e panorami mozzafiato in cima alle salite.
Assolutamente deve essere vietata e controllata in tutti gli eventi sportivi dove il principio del sano e regolare svolgimento della gara dovrebbe avere la meglio su qualsiasi trucco.
Dunque , andate con le bici elettriche e migliorate la tecnologia, ma usatela per scopi più intelligenti come andare al lavoro o spostarsi senza l’uso dell’auto.
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Urban cyclocross back in the day…Cyclocross de Montmartre took place in Paris during the 1940s. You can watch archival film footage of the racing over on ina.
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Urban trainer/cycling
Volete fare ciclismo sotto la mia guida? Mandatemi una email all’indirizzo [email protected]
Pianificherò 3 sedute settimanali con vari temi. Per ciclisti amatoriali alle prime armi e ciclisti che vogliono raggiungere la migliore prestazione.
Mandatemi luogo preferito d’incontro, orario e tempo a disposizione.
Punti d’incontro possono essere:
Lugano-Paradiso, Tenero, Capolago, Bellinzona.
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