pooesya

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Anna Karina photographed on the set of the film 'Vivre sa vie', March 18 1962, Paris, France.

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Need an older man to be my bf and call me his pretty girl >_<

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He said, ‘Stay after class if you have any questions.’ Sir, my question is: how do I become the reason you take your tie off at night?

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horny as fuck for you specifically

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unfortunately “we shouldn’t be doing this” sounds really hot during sex

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Cosi aveva finito per pensare a lui come non si era mai immaginata che si potesse pensare a qualcuno presagendolo dove non era, desiderandolo dove non poteva essere, svegliandosi d'improvviso,con la sensazione fisica che lui la contemplasse nel buio mentre dormiva.

Gabriel García Márquez - L'amore ai tempi del colera'

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“Sapiosexual” - Virginia Mori

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Ti chini su di me come se stessi per pregare.

Ma la tua fede è pagana, e il tuo altare è il mio corpo dischiuso.

Mi sfiori con le dita prima ancora di toccarmi con la bocca, come un musicista che accorda lo strumento prima di suonare la prima nota.

Mi spalanchi piano, con cura, con lenti gesti di adorazione, come se ogni piega, ogni fremito fosse sacro.

La tua lingua arriva come una carezza liquida, sfiora il mio centro e lo riconosce, lo accoglie, lo possiede.

Mi lecchi con arte, con ritmo sapiente, ora leggero come un sussurro, ora profondo come un’onda che travolge.

Le tue mani mi tengono ferma, dita affondate nei fianchi, mentre la tua bocca mi scava, mi beve, mi adora.

Succhi il mio piacere come se fosse miele antico, e ogni mio gemito diventa la tua risposta.

Quando risali a cercare il mio sguardo, le tue labbra brillano del mio sapore, e nei tuoi occhi c’è la fame di chi non è mai sazio, di chi vuole risalire il mio corpo e perdersi di nuovo.

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Mi pieghi, e nel gesto c’è potere e devozione.

Sono dischiusa, offerta come un altare profano, mi spalanchi al tuo volere.

Le tue mani mi serrano i fianchi, dita affondate come radici nella carne.

Mi penetri con lentezza prima, poi con furia — ogni spinta è una litania carnale, un inno sussurrato contro la mia schiena nuda.

Il mio respiro si spezza, il tuo si fa più greve.

Sono tempio e peccato, bocca muta che geme, carne che prega il tuo nome.

E tu, sacerdote del mio desiderio, mi possiedi come si possiede una promessa infranta.

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Mi prendi nel buio, senza parole.

Solo il rumore del respiro che accelera, il mio corpo che si apre come una ferita desiderata.

Le tue dita mi spingono al limite — bagnata, esposta, scossa.

Non c’è dolcezza, solo pressione, calore, forza.

Mi tieni ferma con una mano mentre l’altra affonda, insiste, comanda.

Gemo, mordo, graffio. Ma non ti fermo.

Ti voglio sporco, senza grazia. Ti voglio dentro fino a togliermi il fiato.

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Cos’è questa voglia sporca delle tue dita che non sanno aspettare, che scivolano dentro senza chiedere?

Mi spalanchi come se fossi tua, e forse lo sono.

Affondi, giri, tiri, e io mordo il labbro per non urlare.

Mi tocchi come se volessi farmi impazzire, e ci riesci: bagnata, aperta, tremante.

Non c’è dolcezza, solo bisogno. E io ti lascio fare. Anzi, te lo chiedo.

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