spiraliche sensazioni malate mentali
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Arriva un nuovo sole di caldo e afa, certo era meglio il vento che scuoteva piano i rami dei castagni e portava profumo di cenere e di dolci e mandava via le voci coi loro discorsi stupidi e banali. Mi accorgo di quanto mi abituo in fretta alla pace ed ai ritmi lenti, di quanto sono disabituato a parlare con le persone, ho raccontato di aver visto tre daini e di essermi fermato a guardarli mangiare e le risposte tipiche prevedevano fucili e cucina. La reazione che mi do è chiudermi nel silenzio.
La ragazza della reception era magra e cazzutissima, due occhi azzurri dolorosi e tristi; si è incupita di botto quando le ho fatto i complimenti per aver messo riferimenti a Tolkien, chissà perché. Ancora silenzio a cercare di capire qualcosa che non mi riguarda.
Ma tutto ormai è già troppo lontano e stavolta non lascio sedimentare nulla. Che le acque rimangano agitate e portino via le scorie, rimanga il profumo del cibo e della mentuccia, il suono dei passi nel bosco, il colore acceso dei ricci delle castagne che tra un mese saranno pallidi e colmi di bontà, il suono del ruscello calmo e delle tazzine posate sul bancone.
Stanotte ho sognato la Frida e mi sono svegliato piangendo, sorrideva ed abbassava il sedere scodinzolando felice, era fradicia di pioggia, giocava senza mai fermarsi, così pura da far male.
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Succede che ti vedi con una persona una volta all'anno (questa volta saranno due) e scopri che le vostre vite sono intrecciate anche se non vi raccontate nulla fino all'ultimo, ricordi la bellezza della sua prole di cui ti stupisci ogni volta della loro bravura non perché te ne dimentichi ma perché aggiungono sempre un tassello dopo l'altro e sono così ancora bambini e maturi che non puoi non amarli e sentirti orgoglioso e felice che esistano creature tali da farti ridere quando lei (seconda media) ti racconta di come con naturalezza ha picchiato un ragazzo di 16 anni che le rompeva le scatole e la offendeva e ti vedi il saggio di batteria di lui che si suona ad occhi chiusi un pezzo fusion di 7 minuti con poliritmie e ti commuovi, così come sorridi quando vedi come balla la bimba dopo due mesi di lezioni di danza e si capisce che ha un talento naturale ed il sangue non c'entra nulla con le parentele perché la loro madre ti è più sorella dei tuoi fratelli ed è così da sempre e in un giorno ti colmi di bellezza e lo sai che quel sorriso idiota te lo proterai fino al prossimo incontro, fino al prossimo abbraccio, fino alla prossima risata a farsi colmare di musica ed acqua profumata, a cenare alle 23 quando di solito dormo e non sentire il sonno e ancora grazie della vita che donate, della gioia che portate, della forza che avete e donate nonostante tutta la merda che vivete e grazie della fortuna che ho nel poter sapere della meraviglia che è conoscere voi e vostra madre che è sorella di anima e non vedo già l'ora che sia il 23 per abbracciarvi ancora e ancora, vi amo.
Forse il dimenticarmi
mi avvicina al ritrovarmi,
In questa foresta
ho dentro di me la direzione.
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Ieri sera ho letto di una bambina di dieci anni, dieci, che all'ennesimo tentativo è riuscita a suicidarsi. Ennesimo tentativo, sua madre in accordo con la terapeuta della figlia aveva chiuso a chiave wualsiasi cosa potesse esserle fatale, la situazione era talmente grave che quella povera bambina nemmeno poteva dormire da sola, era sorvegliata più di un pluriomicida 24 ore al giorno 7 giorni alla settimana.
A dieci, anni.
Non sono la persona più equilibrata al mondo, al contrario. Ma a dieci anni io giocavo coi miei fratelli, a scuola, nel parco vicino casa, come quasi tutti. Crescendo poi le cose sono cambiate molto e non voglio dire che sia normale soffrire di depressione e avere pensieri orrendi ma più comprensibile sicuramente, non può esserlo però per una bambina di dieci anni che con una lucidità estrema lascia un biglietto di addio alla madre chiedendole di non colpevolizzarsi, che è la madre migliore al mondo e che le dispiace ma non può andare avanti.
Io non ce la faccio a vivere in una società dov'è possibile che accadano cose simili (come del resto anche quel che avviene a Gaza, è disumano sotto tutti i punti di vista). Dove chi è in un'età in cui dovrebbe sorridere invece pensa a come porre fine alla sua vita. Il mondo ha sempre meno senso per me. Mi aggrappo alla bellezza, ma non è più abbastanza, serve ritrovare un'umanità perduta da troppo tempo (se mai l'abbiamo trovata). Ho bisogno, abbiamo bisogno tutti di ritrovare un sorriso leggero che ci colmi di vita, di poter guardare le nuvole e trovarci sogni che non siano terreni, di ascoltare le onde perché hanno un bel suono e basta, di sentire un profumo e ricordare una gioia. Tutto ciò che provo adesso è un silenzio nero di schifo.
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Nasce un nuovo giorno, di una nuova settimana, di un neonato mese. Un freddo agosto ha dato un bacio della buonanotte a luglio con pioggia e arcobaleni, mi manca tantissimo Frida che amava il fresco e correva storta e bellissima con i suoi ricci morbidi. Mi manca sentire il suono delle sue unghie nel pavimento, quando camminava piano per rubare. Mi manca vederle la sua espressione scocciata quando si accorgeva di essere stata scoperta, le spalle che le cadevano giù esprimendo un "ma che cazzo, sei più silenzioso di me" e allora mi avvicinavo e le davo un bacetto tra gli occhi, si dimenticava la tristezza del mancato furto e diventava la timida coccolosa che spingeva il braccio quando smettevo coi grattini e sorrideva e non c'era nulla di più perfetto, di più puro, di più dolce che me la sarei mangiata a morsi coi ricci e la puzza di fiato da quanto avrei voluto che tutto questo non finisse mai.
E invece non passa il dolore e quando vedo un cane che ti somiglia lo so che è bello ma non sei tu ed è presto per riempire le tue cucce che sono ancora lì dove le hai impregnate dei tuoi puzzi dei tuoi sorrisi, perché sì il dolore è ancora fresco come l'aria che fuori bacia le foglie ed è pungente ed è dentro nelle ossa in questo mattino senza uccellini che cantano, è ancora tempo di piangere pensandoti finché sarà giusto farlo senza fretta di scacciare chiodi, di riempire buchi, ché bisogna che la ferita prenda aria e guarisca, ci vorrá il suo tempo, ci vorrà il suo vento a farle fare la crosta e che le mie dita la grattino o no sarà quel che sarà, senza fretta.
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È paradossale, a volte, quanti punti in comune si trovino con una persona sconosciuta con cui passi un paio di giorni senza nemmeno averlo chiesto. Alla fine è sempre così: gli altri organizzano ed io mi trovo a scarrozzare e descrivere, a mostrare luoghi ed ascoltare. Non capirò mai come sia possibile invitare qualcuno che non puoi incontrare e perché io non sia capace di fare un bel litigio e rispondere "arrangiatevi" a qualcuno che dovrebbe far pace col cervello.
Rifletto che, per quanto io sia devastato, sono sempre colui che risolve, che rimette a posto. Sono mr Wolf senza le battute meravigliose che faceva. Un'insegnante, mesi fa ormai, mi ha definito un portatore di pace: "da quando ci sei tu qui non litiga nessuno, parliamo ma non litighiamo, non era mai successo". Come Shantaram, che uomo splendido in un libro splendido. Per una volta ho accettato il complimento, infine il mio essere devastato porta qualcosa di positivo. Forse addirittura a me.
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Notte di sogni in angoscia ed ineguatezza che si insinuano come acqua nella mia carne e nel morbido del cervello e non sono veri tuoni di paura ma solo tonfi che dovrebbero essere lontani e quasi inudibili e invece sono troppo vicini e questo silenzio fuori non mi calma, ti prego vento porta via questo nero che mi avvolge ma tu non soffi le foglie sono immobili, tutto è così ancora fermo e irreale che diventa dolore al petto ed allo stomaco ed è troppo non lo sopporto più non mi fa camminare perché ogni passo è un urlo interiore continuo di non meritarsi nemmeno il respiro che arriva da solo senza che lo chieda ed è come se il corpo lo schifasse e lo desiderasse insieme, tutto diventa un grumo che non si può ingoiare né sputare, tutto rimane lì nello scomodo a tormentare e nutrire e mi sembra di essere sasso io che son farfalla con le ali sempre più trasparenti, mi sembra di camminare col fango fino al busto e non trovare più l'orizzonte, è questa paura che mi rovescia le budella e ci gioca come un bambino che lascia disordine, è questo terrore che mi stringe il cuore e non posso respirare ma non sto correndo e non dovresti fare così fatica , in fondo sei nato per questo e ciò devi fare, senza accelerazioni insensate, senza quel senso di bloccarti all'improvviso, perché tutto mi odia dentro me io non lo capisco, perché tutto è anarchico dove l'ingranaggio dovrebbe girare senza intoppi io non lo so ma col respiro di affanno guardo il cielo e ancora spero, guardo il cielo e invoco che tornino i sogni ed i colori, i fiori ed il respiro che mi manca, non so più dove si è nascosto.
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Già le cicale a gridare, ma il cielo è grigio di pioggia che non so se verrà. È bello come queste nuvole mi sembrino una coperta che protegge come quando ero piccolino e volevo fuggire dal mondo. Che indole già spiccata.
Anche le tortore urlano, è una cacofonia gradevole assieme alle cicale instancabili, questo risveglio ha un sapore apocalittico che non mi dispiace. Ha un sentore di distruzione come la colonna di gabbiani che ho visto domenica: due/trecento che volavano in cerchio sopra al nulla senza un motivo apparente: uno squarcio di fine del mondo durante una tranquilla domenica estiva. Ed anche il vento è fermo. Come la mia forza ieri, una stanchezza inaspettata e potente la quale mi ha costretto a stare sdraiato a dormire, svuotato come se qualcuno mi avesse aspirato via la voglia di vivere e la tristezza; sono stato un po' spettatore passivo e l'ho trovato alienante.
Le nuvole si tingono di rosa come i fenicotteri, forse vincerà di nuovo il sole, fuori la gente è silenziosa, non si sentono voci né risate. È come se una parte di mondo si fosse spenta in parte. Voglio immaginare un mondo di persone mute, un mondo in cui si impazzisce per il troppo silenzio.
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Fa così caldo che non riesco a dormire. Ogni respiro è afa ed ogni rumore mi fa aprire gli occhi anche se mi sforzo di chiuderli. Mi alzo a bere e non basta mai, sono appiccicaticcio come qualunque cosa nel poco che ricordo de "Il pasto nudo", dove guardandolo avevo questa impressione di caldo e spossatezza.
Oggi invece era un giorno di farfalle e vento, di bosco e quiete. Non capirò mai, sta anche qui il fascino della vita, come sia possibile passare dalla pace e dal fresco al calore estremo ed al chiasso nel giro di pochi minuti. Riguardo le foto che le farfalle mi hanno concesso, penso a dove sarà la volpe di cui ho visto gli escrementi, all'istrice che ha lasciato le sue penne nello stretto sentiero e che sono fortunati a vivere con un ego diverso dal nostro di umani spesso stupidi.
Provo a bere acqua che non mi disseta; che metafora, alla fine tutto non basta mai. Quest'aria ferma amplifica l' insoddisfazione.
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Mentre le cicale gridano l'estate
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Sarà una giornata di mal di testa, di tener lontane nubi nere e di abbassare i battiti non appena mi concederò di rilassarmi.
Questo è un mondo sbagliato, un tritacarne in cui abbiamo l'illusione di danzare sotto la luna.
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Ieri sera la voce è rimasta a casa, una figura così di merda non mi capitava da secoli ed ha fatto un po' male. È brutto non avere più il controllo su qualcosa di naturale, che ho sempre avuto ed usato senza problemi, una parte di me che diventa estranea, che viaggia su un binario parallelo e sconosciuto, che ignora a volte quel che il cervello comanda e va oer la sua strada col sorriso di chi non ha problemi.
Eppure un anno e mezzo fa nemmeno parlavo quasi più, pensandoci. Era difficile anche rispondere alle persone un buongiorno, intavolare un discorso, preferivo un "comodo" silenzio al capire come potessi tornare a parlare e cantare. Io, che cantavo Grace di Buckley, che devastavo gli Alice in chains senza troppe difficoltà, che osavo i Soundgarden. Beh Cornell era ed è inarrivabile ok, ma alcune le cantavo più che bene.
Poi si è rotto qualcosa in me che sto ancora riparando, con pazienza, penso sia una parte profonda e delicata e granitica che è arrivata al punto di non ritorno e mi ha messo di fronte a ciò che mi stavo facendo nel modo più brutale che potesse. E allora mi ascolto e provo, mi percepisco e tento. Ci sono grumi e grovigli nei miei tubi e devo toglierli per tornare a respirare, senza usare pressione, con le mani nel putrido a togliere un pezzetto alla volta; piccolo o grande che sia.
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Inizia un simpatico fine settimana di rally. Le macchine stanno girando a caso da pochi minuti e già hanno rotto i coglioni. Che poi nei videogiochi adoro il rally, è divertente e complicato e posso abbassare il volume, qua no.
È fastidioso tutto questo rumore, lo è di più quando penso a tutte le bestiole che ne sono spaventate, all'inquinamento prodotto, allo schifo che il pubblico lascia in giro. Ma portano soldi, pare, quanti non è mai dato sapere. Che poi alla fine non è nemmeno importante perché è una giustificazione infantile: non si può mica perdonare sempre in nome dei soldi, non è che pagare risolve tutto, frega assai alla bestiola a cui scoppia il cuore di paura, che vive in ansia per sto chiasso inutile, dei soldi. Non interessa all'erba, ai fiori, agli alberi graffiati dalle macchine uscite di strada di quei pezzi di carta inventati da noi, se poi non guariscono.
Sono sempre negativo, non riesco a capire tutto questo. Sono solo un altro strambo che non dovrebbe camminare qui.
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Arriva un altro giorno, la luce fievole entra dalla finestra e le prime risate sguaiate la seguono insinuandosi in questo mio luogo privsto, dove non le vorrei. Che cazzo abbiano da ridere così presto poi è un mistero, sono benedetti dalla stupidità. Qualche merlo fuori fa sfoggio di un canto gioioso, mi è alieno ma è stupendo che sia così felice. Alcuni dicono che gli animali non possiedono Ego ma non sono d'accordo, forse sono solo più leggeri di noi che ci complichiamo tutto ciò che possiamo perché abbiamo dimenticato come si guarda il cielo.
La mia pelle è sottile, le mie ossa al contrario sono così forti. E litigano tra loro perché lei vorrebbe pace e loro non conoscono riposo. In mezzo è il cuore che capisce tutti e batte e batte e batte anche mentre piange e vorrebbe fermarsi un momento a guardare il cielo pure lui, giusto un attimo, ma non può ed è un cane che si morde la coda questa esistenza, c'è troppo disordine in noi.
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Il vento muove la zanzariera, è un suono dolce e rilassante; si unisce all'aria fresca della pioggia di ieri, così intensa da costringere a fermarsi molte macchine quando invece era meglio muoversi, andare piano, accendere le luci e continuare. Forse dovrei fare così anche nella vita, ignorare il sangue che si gela e andare avanti, fosse anche di poco alla volta.
Navigo meglio nella tempesta, forse perché ci vivo da sempre e non so davvero come sia una strada liscia e dritta, forse per questo amo le curve dei monti e non riesco a star fermo a cuocermi sotto il sole.
Ho la pelle d'oca questa mattina, chissà se per il fresco o per qualche emozione che non riconosco. Nel dubbio non mi sfioro, mi lascio abbandonato alla notte che cammina via.
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Sento troppo tutto. Suoni, profumi, odori, sapori, sensazioni, perfino il vuoto.
Da ieri ho un profumo nel naso che mi tortura. Non riesco a liberarmene e mi sta dando una nausea devastante, vorrei vomitare dal fastidio.
Ho un naso stronzo da cane da tartufo, sento i profumi e gli odori 20/30 metri prima di chiunque altro, sento se una pietanza ha il giusto sapore annusandola, immaginate cosa deve essere per me entrare in un centro commerciale. L'Incubo con la I maiuscola e in grassetto.
Sapete le ambulanze? Inizio a sentirle 30 secondi prima degli altri, lo stesso le moto, i motorini chiassosi, le auto con problemi di flatulenza, le urla di chi pensa il mondo sia il suo parco giochi di bambino viziato, le sgommate notturne di chi fa le gare ma prima esibizione artistica per gli esteti.
Sono costantemente aggredito. Qualunque cosa mi frana addosso alla massima velocità ed io cammino senza fermarmi per non venire sotterrato da questo casino che si chiama mondo. Aggredito giorno e notte e non ne posso più, i miei sensi sono stanchi e vorrei tornare a dormire ogni tanto, addirittura a sognare oserei, non so se addirittura rilassarmi potrebbe essere quasi un sogno proibito. Chissá quanto resisto ancora sotto tensione, dovrebbero studiarmi da qualche parte. Magari una struttura tra le montagne, isolata, pacifica, senza interferenze esterne a sciupare lo studio.
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Inizia una nuova alba. Le cicale già da un po' hanno rubato la scena alle rane di cui solo pochi esemplari ancora insistono la gara a chi si fa sentire di più.
Sono sudato e sdraiato, colo gocce di liquido salato rimanendo immobile, se chiudo gli occhi sento le carezze roventi dell'estate che mi toccano lievi e decise. La lascio fare. Ha bisogno di amore e sesso anche lei. Gode di me e i suoi gemiti sono le cicale che gridano sempre più forte il loro frinire che si innalza verso il cielo insieme al sole. Mi lascia insoddisfatto nell'improvviso silenzio, fugge mentre sono ancora turgido delle sue carezze ma è giusto così, io posso finire da solo e in fondo non so se ne ho davvero voglia, tutto questo in fondo è solo un sogno, credo. Sulla finestra i gatti si aggrappano al più sottile filo di vento, ignorano la mia nudità e rivolgono le orecchie al suono martellante di qualche animale urla il suo risveglio.
Sono solo ed infinito, penso senza sapere perché, camminando con il mio membro duro verso il bagno e mi dimentico immediatamente, distratto da un inutile allarme che suona chissà dove insieme ad un temporale di rumori che mi spengono.
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La seconda storia parla di mio nonno paterno, Mario, che non ho conosciuto purtroppo, morto suicida poco dopo il matrimonio dei miei genitori.
Mario era un falegname, goloso di biscotti al punto di tenerne una scatola nel suo laboratorio, anche lui era un uomo di pochissime parole, sfiancato dai lutti che il destino gli aveva messo sul cammino. La storia mi fu raccontata da mio padre una sera, quando ero già sui vent'anni, uno dei rarissimi casi in cui venivano fuori storie di famiglia, così travagliate sempre.
Mario, nell'agosto del 1944, doveva tornare al paese con suo cugino Gastone. Erano vecchi per combattere, nemmeno erano stati richiamati ma la zona era occupata dai tedeschi e non potevano stare rilassati, ad essere presi per spie o partigiani era un attimo; a finire contro un muro era l'attimo successivo.
Non molto tempo dopo ciò che sto per raccontarvi ci fu l'eccidio del padule di Fucecchio dove i nazisti uccisero 174 persone, tanto per dire che aria tirasse in quei giorni.
Erano abituati a fare vie traverse, semplice per loro percorrere sentieri nei campi che conoscevano da sempre, era il modo migliore per evitare pattuglie e posti di blocco, per strada era un silenzio spettrale, si sentivano solo i mezzi dei nazisti muoversi ed era un bene che fossero così rumorosi e sicuri di sé, aiutavano a nascondersi meglio.
Passarono vicino alla vecchia cava in disuso da decenni, in mezzo ad un bosco fitto di rovi con pochi centimetri a disposizione per passare. Era una strada sicura, avrebbero riconosciuto se qualcun altro fosse passato da lì. Dovevano però fare attenzione all'ultimo ostacolo: l'aia della casa di una famiglia che conoscevano. Era esposta, proprio sotto a quelle che una volta erano le mura del paese ma non c'era altra strada a meno di non mettersi a scalare dei cigli o passare da strade ancora più esposte e controllate.
Mentre attraversavano l'aia arrivarono due moto. Sulle moto due uomini con divise grigiastre, che li bloccarono immediatamente.
“Fermi o spariamo, italiani tratitori. Alzate le mani” gridò un soldato con una voce di roccia e vetro. Mario e Gastone alzarono le mani e sentirono il sangue gelarsi all'istante. Era fatta. I tedeschi avrebbero fatto domande di cui non sarebbero interessate le risposte, solo protocollo, poi le fucilate.
“PrenTete kuelle fanghe, skavate.” urlò poi in tono perentorio. Splendido, nemmeno le domande, direttamente le fucilate.
Mario e Gastone si misero a scavare, nel caldo il sudore sembrava ancora più gelido, non pensavano di finire così la loro vita. Mario aveva una moglie malata a casa e un figlio piccolo, come avrebbero fatto senza di lui? E suo cugino pure, non avevano fatto nulla di male, dovevano morire perché a quei nazisti giravano le palle.
Le fosse in cui sarebbero finiti diventavano sempre più profonde, nel giro di poco avrebbero raggiunto un'altezza decente e lì sarebbe finito tutto. Non avevano modo di rallentare, i nazisti li guardavano senza distrarsi e ad ogni tentennamento arrivava una botta, un calcio, sempre con urla di darsi una mossa italiani di merda.
Dalla casa uscì una ragazza. Elia, giovane, bella a quanto seppi. Uscì con due bottiglioni di vino e tre bicchieri, con un bel sorriso ed un vestito leggero, con un cenno del capo fece capire ai nazisti di avvicinarsi, c'era un tavolino fuori e potevano mettersi lì e controllare più comodi.
I nazisti capirono al volo, ma anche Mario e Gastone, che anzi capirono meglio.
Elia e i soldati si sedettero e partirono subito a bere, Mario e Gastone iniziarono a scavare più piano, dopo pochi minuti i nazisti non li guardavano più: erano belle le gambe di Elia, era buono quel vino, era facile scordarsi degli italiani tratitori.
Finì presto la prima bottiglia e ci mise poco più a finire la seconda. Il vino contadino era buono e forte, i soldati sbronzi e distratti da Elia, Mario e Gastone non aspettarono oltre e fuggirono verso il paese, Spaventati, tremanti, con il cuore gelato ma vivi.
A quanto poi raccontò mio padre i nazisti erano così ubriachi da non reggersi molto in piedi, lasciarono stare Elia e chissà come hanno smaltito poi la sbornia, prima di tornare al comando.
Elia non ha salvato “solo” due vite, così come l'altra donna di cui non so il nome non salvò solo mio nonno e i suoi compari.
Senza di loro non sarei qui nemmeno io, i miei fratelli, tutte le persone che sono nate grazie ai miei nonni e ai loro compari. Hanno salvato decine di vite rischiando le loro. Rischiando di essere picchiate, stuprate, ma non hanno pensato nemmeno un attimo, non hanno esitato. Era la cosa giusta da fare.
Ricordarsi di questi gesti è utile a comprendere quanto sarebbe importante che non dovrebbe più essere necessario compierli. Che non è giusto prendere vite innocenti, civili, che non hanno certo chiesto la guerra, che ci rimettono solo.
In un momento storico come quello che viviamo, diventa imprescindibile ricordare, perché da qualche parte fanno fin troppo presto a toglierci quello che ci siamo trovati anche grazie al coraggio di queste donne di cui vi ho raccontato.
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