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Sul sangue
Ci si può separare dal sangue? No, è dappertutto, cuore cervello occhi fegato. Bisogna forse dividere i sangui, vedi non c'è neanche il plurale. Il mio è mio! Il tuo, tuo. Ha ragione? Sono tossica? Ho fatto cose tossiche e mi sono dissanguata perché ero rotta e ci ho pianto e sudato nelle crepe. Faccio ancora cose tossiche, talvolta, quando la prima ferita pulsa... Ma astrigno la mia intoccabile umanità. Un gioco perverso a chi ha il sangue più puro. Chi è il cavallo di razza? Chi può correre più veloce? E di certo non libere tra gli alberi ma in un palio con le scommesse degli altri addosso Ti ho sognata qualche tempo fa, eri un cavallo bianco maestoso, lungo e chiaro Come la luna. Continuo ad amarti, nonostante la tua pelle sia gelida. Ti fai ghiaccio, ti fai impenetrabile forse perché hai paura che ti inquino le membra con il mio sangue, che non è il tuo. Tremi nelle vene e mi mandi via, temi che sia il mio sangue dappertutto - nel cuore cervello occhi fegato, nella vita - e non il tuo.
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Se quella tastiera è infinita allora su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio. Se mi faceste una risonanza proprio ora, scoprireste che il mio cervello è atrofico. Raggrinzito. I bulbi oculari pure, avvizziti. Ho freddo in questa casa e non riesco a scendere dal letto. Il pile beige mi avvolge, non riesco ad alzarmi. No, non sono uscita quella sera del carnevale e neanche quella dopo del compleanno. No, non ho iniziato a fare yoga. No, non ho chiamato per l'aspettativa. No, non ho ripreso il retinolo per le prime rughe sul volto. No, non scrivo, non medito, non mi sveglio presto, non vedo gli amici, non cucino, non lavo. Dormo e vado a lavorare. Torno e mi stendo sul letto. Non ho niente da dare e niente da dire, qualcosa così come emerge così si rinabissa. Membra vuote, riempite del colore: quotidiano grigio. Uscirebbe una risonanza tutta grigia. Mi sono profondamente a noia. Forse sto facendo il lutto della mia precedente vita o non riesco più a salire sul treno. Stazione vuota.
Sono le 22.07 e il mio ragazzo, accanto a me, dorme. La mia amica L. riceverà la proposta di matrimonio e galopperà felice sul suo sentiero. Io... io non baravo mai ai compiti in classe, lei metteva i bigliettini nella manica. Ha sempre conosciuto le regole del gioco. Contava i suoi tasti e ha sempre suonato le sue armonie. Io ho aggiunto tasti su tasti ma... le dita sono fredde e non so più da dove iniziare a suonare
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Rea e (Y)Ami
Ci immagino così, ti risuona? Non ti ho mai chiesto in quale delle Sailor ti rivedessi. Che bello abbiamo ancora tanto da dirci, amica mia. Sailor Mercury, l’intelletto e l’acqua. Sailor Mars, la spiritualità e il fuoco Quante etichette ci hanno messo addosso e dentro? Però che siamo guerriere magiche io lo so. E' da quando ci conosciamo (tredici anni!) che lottiamo fianco a fianco per diventare ciò che siamo, dobbiamo darcene atto sorella mia. Lottiamo con i denti e le unghie, con il cuore e il fegato, per trovare i luoghi dentro di noi, più dolorosi e fragili, raccogliendo di notte le ossa nel deserto e cantando all'alba per ridare nuova vita ai frammenti bianchi con la nostra voce. E' un percorso solitario ma non mi sento sideralmente sola: tu sei accanto a me nel mio viaggio e io sono accanto a te nel tuo. Sei la mia testimone e io sono la tua. Siamo alleate. Come una sorella spirituale mi proteggi, mi ascolti, mi dai forza e ispirazione e mi comprendi in ciò che per me spesso è indicibile. Te ne sono così grata. Oggi è il tuo compleanno lil Y. Auguri. Sei la mia eroina.
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Chiusa come un'ostrica
Un mio amico per la tesina del liceo portò la bellezza della perla o una roba del genere; cioè, la perla nasce quando il mollusco, per difendere i suoi tessuti molli da un danno o da un corpo estraneo, produce in quel punto una combinazione di sostanze chiamato nacre (la madreperla) che stratifica ciclicamente fino a creare la gemma. La bellezza è indissolubilmente legata al dolore. Ai tempi mi colpì molto che proprio lui, una sorta di playboy del liceo, avesse scelto un tema così poetico e introspettivo. Negli anni successivi, è stato malissimo. Isolato, allontanatosi da tutti gli amici, bloccato con gli esami, canne dalla mattina alla sera. Inaccessibile, chiuso come un'ostrica. I rapporti si diramarono. Poi: fece coming out e un gioioso sorriso si fece spazio sul suo viso. Ora vive a Firenze con il suo compagno ed è come rinato. Luminoso, solido, come una perla. Non so perchè la mente mi ha riportato a questa storia stasera. Sento che c'è qualcosa che tenta di parlarmi tra la perla e l'ostrica. Mi commuove. Da qualche parte dentro di me sto secernendo nacre, sento piccolissime mani indaffarate nella mia carne. Cosa è successo e perchè mi sento così. Piccolissime mani preoccupate. La mia carne come una lastra sanguinosa. E' iniziato un nuovo ciclo e l'appuntamento è con la crisi. La crisi significa che mi stringo attorno ai miei tessuti molli perchè tremano e io con loro e non voglio nessun altro. Arriva la Vita con passi da gigante e trema il pavimento. Tuff, tuff, scossoni a ogni passo. La vita è una gigante e io sono rannicchiata con le manine indaffarate. Mi è venuta a prendere? Vuole parlarmi? Mi vorrà bene? E' già qui. Vita e boia allo stesso tempo. Mi specchio nelle ossa, posso reggere. Il terremoto lascerà il posto alle sacre rovine. Sento la carne, sono qui. Ora devo stare qui. Io mi sento sempre in cammino. Le macerie sono come il fiore di una pianta; sono l’apice radioso di un metabolismo incessante, l’inizio di una rinascita.
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David Foster Wallace a Amy Bergen
S.l., Dicembre 2005
Cara Signorina Bergen,
la Sua lettera è interessante e commovente, e sicuramente non vi ho trovato traccia di “lamenti” (benché abbia notato che lei e io abbiamo in comune una cattiva abitudine: entrambi facciamo in modo di giudicare noi stessi nel peggior modo possibile, prima che chiunque altro possa farlo – e poi facciamo in modo che chiunque parli con noi sappia che lo facciamo [perché? Perché ammirino il nostro rigore? Perché non abbiano il coraggio di giudicarci se già ci siamo detti tante cose brutte da soli?]). È un ‘problema di fiducia in sé’ è la diagnosi che ho ricevuto 5 miliardi di volte dalle persone – ma mi sembra che quasi tutti facciamo così. L'illusione è che gli altri siano OK, che soltanto noi siamo quelli fuori di testa, che solo a noi manchi la chiave, come se fossimo stati assenti proprio quel giorno a scuola o qualcosa del genere. Invece, siamo tutti uguali. Alcuni appaiono esattamente fuori di testa come lo sono nella realtà, altri no. Ma capita a tutti noi a volte di essere paralizzati. E disperati. A tutti noi. Abbiamo delle crisi.
Lei sta avendo ora una di queste crisi. Le “vite favolose, interessanti o stabili” dei suoi amici, sono solo le loro vite fino ad ora, viste da fuori. Le loro crisi arriveranno … e se ne andranno, e poi torneranno. È difficile essere giovani e intelligenti e schiacciati da troppe scelte. Ci può essere anche solo l'obbligo di Riuscire o Essere Felice (scelga il suo luogo comune intossicante) senza avere nessuna disponibilità a fare ciò che è richiesto per ottenere queste cose. Tutto questo insieme ci sembra una pazzia, ci fa sentire come se noi fossimo impazziti. Ma non lo siamo – le persone veramente pazze non si preoccupano di se stesse nel modo in cui lei lo fa. MI creda.
Soltanto, sia più sveglia di me. Quando le cose gireranno per il loro verso, e i pezzi andranno al loro posto e il suo destino sembrerà sia stato ritagliato per lei e addirittura in discesa, e tirerà un sospiro di sollievo e si sentirà bene, ricordi questo momento, sapendo che tornerà ancora. E che questi possono essere I momenti più importanti per lei come persona – momenti in cui imparerà la pazienza e la compassione per se, e il Mistero del tutto. Non ha senso. E nemmeno questa risposta, probabilmente (vede? lo faccio anch'io).
il Suo,
David W.
Nel Dicembre del 2005, Amy Bergen, una ragazza che aveva assistito al discorso del celebre autore al Kenyon College, trovandosi in una situazione molto difficile scrisse a David Foster Wallace, chiedendogli se avesse qualche consiglio da darle. Questa è la risposta che il celebre autore le inviò.
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Gemelline
Non parlavo con S. da quattro mesi ormai. Mi addormento in un pomeriggio assolato, dolcemente, al fresco di camera mia accanto a F... Sogno di essere dietro i gradoni di un'aula magna, con Fl. Nell'aria c'è un senso di fine, come quando stai per laurearti e passi tra le aule vuote dell'università per salutarle. Camminiamo verso l'interno e incontriamo S., che ci supera velocemente, andando nella direzione opposta, a testa bassa, sfuggente, io e Fl. ci scambiamo uno sguardo di intesa la solita. Io continuo a camminare, ora sono sola, ma d'un tratto sento una presenza pimpante e allegra che mi affianca e prende il mio braccio mettendoselo attorno alle spalle, mi giro: è S. Mi si riempie il cuore di gioia e sollievo. Prende la mia mano e mi guarda sorridendomi. Sento le lenzuola, la mia cassa toracica inizia a indurirsi dal dolore, sono pervasa da scossoni dentro il petto, piagnucolo, sono tra il sogno e la veglia, mi rompo in un pianto a dirotto, sento in lontananza la voce di F. preoccupato, senza aprire gli occhi piango tra le sue braccia. Lei non c'è, lei non mi vuole. Ma quanto vorrei che.. tornasse da me. Torna da me. Torna da me. Torna a sorridermi. Io e te contro tutto e tutti. Mi basterebbe una amica, una sola, con cui condividere questo patto segreto e non avrei più bisogno alcuno. Che vuoto colma? Che paura protegge? Perchè ho questo disperato bisogno di un doppio nella mia vita? O un doppio o sola al mondo? Non mentite. Parlate così perchè voi lo avete, comprendete, io no! Coazione a ripetere. Ho ventotto anni e ne ho otto. Coazione a ripetere. Ripeto questa scena. Ripeto una scena primordiale. Non sono la migliore amica di nessuna in classe Si ma quale. Una amica si gira di spalle, ho sbagliato qualcosa, lei se ne va, mi lascia sola all'intervallo Si ma come mi libero di questa fantasia. Ho chiesto a mamma di giocare con me ma non ha tempo, si gira di spalle Qualcuna che rimanga girata verso di me tutta la vita.
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Illuminare campi di lacerazione Non si può essere così superbi da pensare che sia un atto unidirezionale. Non si può essere così ingegneristica-mente orientati da pensare che sia un atto. Non si può: pensare. si può tentare di essere-con-l'altro. di essere-nel-campo. e persino qualcosa di più. Almeno qualcosa di più.
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Budapest.
La luce a mezz’aria accarezza tutte le foglie del mondo, proprio ora, proprio qui. Non basta essere testimoni. Sono arrivata su questa panchina e sento come se il cammino, iniziato non so quando, mi dovesse portare proprio qui. Sotto i piedi quante soste, quanti passi, nelle mani quanta paura, quanto desiderio. Qualcosa di sacro che mi carezza il viso. Sento fiducia, che forse posso anche io stare al mondo e poggiare i piedi per terra per condurmi dove voglio, tenendo anche le vertigini
Che sia la vulnerabilità ad avermi permesso di muovermi… fino al possibile
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So,
I have to practice my english. Write something down every day. I guess I just have to begin
Seeing my mother aging breaks my heart. I m so scared of seeing her vulnerability, she has always been almost divine to me, even though I have worked to realise that she is as human as everyone else.
She has always kept me and my sister in a glass case, like two perfect babies.
…(spoiler: we are not)
I will never be like my mother.
Her empty seat could be as massive as a black hole.
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Ma perché,
a chi devi chiedere il permesso?
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Ho le lacrime delle mie pazienti bloccate negli occhi da giorni. Queste lacrime non piante si sono cristallizzate, come stalattiti che mi pizzicano la gola riarsa. Ho solo bisogno di un momento, un momento per fermarmi e piangere ho bisogno di un momento, un momento ma le gambe continuano ad andare frettolosamente ovunque e da nessuna parte, pur di sfuggire ai doveri, ai carichi, alle cose che dovrei, alla me che dovrei
Forse è il mio di pianto impianto, e le persone che si siedono davanti a me mi fanno la grazia di toccare le corde di questa mia umanità sdrucciolevole
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io ce la faccio
madre e padre fiori cadenti scivolo ai piedi del letto vorrei scivolare ai piedi del letto e stare lì, con il marmo freddo sulla guancia a guardare sotto la cassettiera di legno della mia cameretta. Ma non sono più lì dentro Non sarò mai più lì dentro.
Il cuore può battere solo se c'è sangue sanguino dentro le mani giù a tentoni e alte al cielo mia madre e mio padre nelle vene. Questa maledetta carotide che scorre e sussurra non dimenticare: sei fragile Nel cuore a volte sento il dolore di mio padre più del mio, come stamattina in cucina, o come ieri sera, quando mia madre con le lacrime agli occhi mi faceva toccare il suo vuoto. Vorrei caricarvi sulle spalle come Enea e lasciarmi schiacciare io. E ora, con questo cumulo di ansia nel petto, tento di volermi bene, tento di crescere, tento di farcela
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Tutti devono tifare Napoli
Questa è la storia di un ragazzo venuto stamane in visita. Come una ranocchia muscolosa con due occhi cerchiati di nero, vestiva con la maglietta del Napoli, pantaloncini bianchi e infradito che andava perdendo tra i tragitti nervosi nella sala d’attesa. Attorno a lui, agitati, spremuti spompati estenuati, il nonno, lo zio e l’amico più stretto, coetaneo, che non l’ha lasciato un attimo da solo e anche quando non era affianco a lui, nei rarissimi momenti di lontananza, lo guardava da lontano come fosse il suo guerriero silenzioso. Questo ragazzo è da qualche giorno che ha iniziato ad avere strane idee: tutti devono tifare il Napoli. Guai, se così non è. E, badate bene, lui lo capisce con uno sguardo. Qualche giorno prima aveva sganciato un destro ad un medico che sicuramente non tifava il Napoli, causandogli una commozione cerebrale. L’atmosfera si è fatta scura al centro del mattino in quella sala d’attesa. Lui faceva le ronde come a difendere una fortezza dall’attacco. Ma l’attacco era ovunque. (....)
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F: sai cosa é incandescente? Tu. La mia capretta incandescente
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Miti, demoni e famiglia
E’ da un paio di anni che non riesco più a stare serena con la mia famiglia. C’è un’atmosfera intollerabile per me. Niente di grosso succede, ma tante parole, tante pose, tante arie che mi feriscono come punte di aghi incandescenti. Mi detesto per questo, perchè vorrei solo saperli amare senza giudizio. Mi sento così distante, come in uno spazio siderale sola con le mie idee e il mio sdegno. Ma chi mi credo di essere? Sto zitta, mangio, cerco di raggiungere la Terra e riconnettermi con il calore della casa. Però, vorrei spiegarmi, tentare anche di difendermi dalle accuse che mi rivolgo. C’è questo mio cugino, E., 40 anni circa, un imprenditore, sposato con una ragazza straniera che ha salvato dal suo contesto socio-familiare, in realtà stanno insieme da parecchi anni e lei gli è devota come ad un re. Lui le compra i vestiti, lo smalto, le scarpe.. scelgo tutto io -dice- si, io non mi so proprio vestire -si sente lei dall’altro capo della tavola- Intanto io penso hai mai potuto decidere cara? Lui è ovviamente un intenditore di cibo, vino biologico, formaggi pregiati, champagne, vestiti, viaggi, prodotti artigianali, ristoranti e lei cucina da dio, dunque, ad ogni festività si occupano loro di tutto, portando cose gourmet che lui spiega con grande carisma. Ah! E. grazie, tutto buonissimo! Sei eccezionale, riesci a far star bene tutti E lui osserva tutto e tutti, riempie i calici, chiede se piace la roba e poi manco ti fa finire di parlare e ti da altre notizie. Oh si, si sente proprio questa nota di sottobosco nel vino, incredibile! ............. Bene, a me sembra un cazzo di burattinaio. Sotto questa maschera da benefattore, filantropo, zen del cazzo mi sembra solo uno che è terrorizzato di farsi vedere e vedersi per ciò che è, un cazzo di essere umano come tutti noi. E nessuno pare accorgersi di tutte queste piccole violenze che si nascondono dietro questa opulente generosità. .............. Parlavo con mia madre e con lui della psicoterapia. Ovviamente, lui ne parlava come se fosse il suo mestiere. Io non riuscivo a dire più di tre parole senza essere che mi interrompesse. Certo che ho fatto terapia, ben cinque anni, poi il terapeuta mi ha detto che ho tutti gli strumenti e le consapevolezze.. Faccio l’errore di parlare della mia terapia, di cui sono fiera e timida. E racconto che l’ho iniziata da piccola e ho ripreso ora con l’inizio della specializzazione in psichiatria e lui, acceso come da un lampo, Ma scusa quindi da quanti anni la fai? -d’improvviso curioso- Beh saranno ** anni.. in maniera disc-- AH! Ma come -con un risolino- ancora non hai trovato la chiave? A n c o r a non hai trovato l a c h i a v e ? -mi sento sprofondare dalla vergogna- Ancora non controlli le tue emozioni, sai quello è un fatto di auto-analisi, consapevolezze........ ......
....
Io, graffiata in pieno viso, ho tentato di difendermi. Come se avessi dovuto difendere chi sono! Perchè mi ero sentita umiliata nella cosa più intima che può esistere: il rapporto con la propria vulnerabilità. Ho tentato, ma le parole non hanno consistenza se l'altro non ti ascolta e mi sono arresa: evidentemente ancora non ho raggiunto la consapevolezza (come te). Ho scelto di non giocare al suo gioco. sei un lupo travestito da pecora, sei la maschera di te stesso. ma ho taciuto. E mia madre, che di nulla si era accorta, continuava a sorridergli e a pendere dalle sue labbra, in questo gioco perverso che fanno i “vincenti”: adulare per essere adulati mentre io, in minoranza, ripiegavo nella solitudine. Come un cane randagio, rabbioso, scontroso, ferito, che non appartiene a nessuno, né a chi vince né a chi perde
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Oggi si è ricoverata in reparto una ragazza di 33 anni, A. Magra, un mucchio di ossa avvolte da una tuta nera, capelli lunghi, mossi, cadenti. Non avrei dovuto prendere io questo ricovero ma, quando l’ho vista entrare nel reparto, ho sentito che era entrato qualcosa di prezioso e mi sono avvicinata a quel dolore che non si reggeva sulle gambe. Ti vedo, nel silenzio di tutti i medici indaffarati Ciao A., Benvenuta, io sono la dott.ssa R., ti faccio strada
Aveva indosso due fedi all’anulare sinistro, una sopra l’altra, strettissime, la mano esile, posta timorosa sul banco degli infermieri. E. le stira il braccio per fare i prelievi. Qui ci sono delle regole A, ti dispiace se metto la tua borsa in cassaforte?. Mi guarda e mi chiede se può tenere i due telefoni. Si certo. E. le chiede come mai ne avesse due. Uno è di mio marito.
Perchè sono qui vi chiederete. Mio marito. - mio marito. è morto questo settembre. Ci eravamo sposati a maggio. Io non so come si amano gli altri, ma io e lui ci amavamo in un modo assurdo, avevamo unito le nostre vite e adesso. - adesso. il mio incubo è iniziato tre anni fa, con la diagnosi di tumore già metastatizzato. Ma io.. pensavo di avere più tempo. Ad agosto siamo andati in America, io non volevo andare perchè avevo paura ma lui mi ha detto: voglio che vedi l’America, voglio che la vedi insieme a me, ti ci porto io, se non vieni vado da solo eh..! In quei giorni lui stava bene! Dovete credermi, abbiamo camminato mattina fino a sera, ogni giorno, siamo andati ovunque Poi siamo tornati, pesavo 64 kg, ma lui non riusciva più a respirare. Dovevamo iniziare l’immunoterapia, c’era ancora così tanto da fare, ma lui andò segretamente da mio padre e gli disse: portami in ospedale Sono stata con lui. Ho pregato affinché mi permettessero di star con lui la notte. Mi hanno detto che era grave. Quella sera ero con lui, mi parlava, ma respirava male e gli hanno fatto una flebo. Vedi amore ora starai meglio. Poi mi hanno fatta uscire, ho sentito sull’uscio la sua voce: non fatela andar via lei è il mio angelo. Dopo cinque minuti è morto.
Cosa dire davanti ad un dolore così nudo che ti afferra alla gola? Tutti noi tre che l’ascoltavamo parlare eravamo con le braccia e le gambe incrociate. Perchè quel dolore nessuno lo vuole. Io.. le ho voluto bene. Ho pensato tutto il tempo: che donna coraggiosa. In quella stanza A., ormai 47 kg, era enorme e riempiva tutto lo spazio. Calavano silenzi come lame. Occhi lucidi come frecce. Si, una trincea. Solitamente il primo colloquio termina con: non si preoccupi, ora impostiamo la terapia starà meglio etc. Ma queste parole sarebbe state come un insulto alla dignità del suo dolore. Ho paura di dire qualcosa di sbagliato ma voglio darle qualcosa di autentico A., sei molto coraggiosa. Qui noi cercheremo di rimetterti in forze. Avrai uno spazio tuo, in cui non dovrai rendere conto a nessuno. Però voglio anche dirti.. che questo dolore noi non te lo toglieremo, è tuo. Piano, piano capiremo cosa farne, se vorrai
Mi dispiace A. la verità è che mi dispiace, non so nemmeno io come starci con te, come puoi saperlo tu? Domani però ci rivedremo, e io non vedo l’ora
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