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Da quando la mia voce vuole uscire non sono mai sicura di essere veramente cambiata, dentro di me lo sento, ma il mio comportamento nei confronti di ciò che è esterno a me è cambiato? Non lo so. Forse ancora adesso cerco di scappare dai miei sentimenti, dalle situazioni che mi provocano felicità, perché finora ero convinta di non meritarmi niente, di non essere degna di amore e felicità, ma sto lavorando su questo mio sentire e da un certo punto di vista mi sembra di essere cambiata, ma se la vita mi mettesse difronte qualcosa di meraviglioso, saprei davvero accettarlo? È di questo che ho paura. Ho paura di non sentirmi degna, ancora una volta, di accettare ciò che amo e ciò che mi rende felice. Sto aspettando che l’universo mi mandi un segnale per capirlo, ma ho paura di fallire ancora una volta. Poi cosa farò?
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La mia voce. Cosa dice la mia voce? Mi sembra così strano ascoltarla, è così fievole che sembra un sussurro, una brezza leggera, quella voce in realtà racchiude un potere e una forza spaventosi. L’ho rinchiusa perché era l’unica soluzione possibile in quel momento, in cui prendermi carico delle responsabilità era ciò che era giusto fare, la resistenza a me stessa mi ha fatta diventare la donna forte che sono ora, ma è tempo di riaprire quella porta, adesso non ho più scuse che mi legano ad essere responsabile per gli altri, ad essere la madre di mia madre, la madre di mia sorella, la madre di mia nonna. Adesso io posso essere la madre di me stessa e della bambina che sono stata, quella bimba non vista, messa da parte, abbandonata.
Piccola bambina, sappi che ci sarò io adesso con te, sono pronta a prendermi il mio posto nel mio mondo, forse sto giungendo a vivere per me, lasciando andare le aspettative, le opinioni, i giudizi ed i sensi di colpa. Forse un giorno accetterò di meritarmi il meglio dal mondo, forse finalmente mi permetterò di essere ed avere il meglio da me stessa per me stessa. Questo giorno, forse, si sta avvicinando sempre più e, forse, sarò la persona, la donna, più felice del mondo quando accadrà. Amati piccola bambina, che da sola sei arrivata ad essere un portento per te e per chi ti circonda. Basta donare ogni briciolo di te agli altri, anche tu sei importante, ricordalo sempre. Amati perché sei e sarai sempre la persona più importante per te, è così che deve essere. Ti prego, fallo il prima possibile per divenire qualcosa di più grande, per avvicinarti al nucleo della luce, per brillare per te stessa e, facendolo, brillerai per gli altri. Lascia andare i desideri della personalità, di ciò che la società ti vuole inculcare, ma ascolta una volta per tutte la tua voce e cantala al mondo per manifestare la bellezza, l’amore e l’armonia nell’universo, te lo meriti e tutti se lo meritano. Abbi cura di te, ti prego, prenditi cura di te, per favore, comincia a prenderti cura di te. Ti amo, forse ancora non troppo, ma alla fine riuscirò a dirtelo senza dubbi e incertezze.
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La rabbia repressa è tornata prepotente e con un piccolo orzaiolo all’occhio destro, senza un motivo preciso. Anzi, il lavoro su me stessa l’ha fatta uscire, ho capito che mi sono data fin troppo, ho speso ogni millesimo di micrometro di me per gli altri, mi sono annientata, svuotata, fatta derubare della mia energia e della mia voglia di vivere solo per sentirmi accettata e avere un briciolo di amore che non mi è arrivato. Mi sono distrutta, disintegrata, diventata un’ameba pur di sentirmi parte di qualcosa, che in realtà sarebbe esistita anche senza la mia continua presenza e senza la morte di parti di me. Ma tutto ciò non è invano, ciò che ho vissuto mi ha portata a costruirmi una resistenza che mi permetterà di affrontare il mondo con più facilità. Adesso voglio riprendermi me, la mia giovinezza, la mia leggerezza e delicatezza, che sono i miei tratti distintivi che ho nascosto per paura di essere distrutta. Adesso, che li sto ritrovando, li voglio mostrare a me stessa in primis e poi al resto del mondo. Ho capito che ciò che pensavo di essere era solo una maschera per accontentare le aspettative degli altri, io non sono questa, io non voglio questo dalla mia vita. Ho capito che il mio più grande sogno non è essere un’attrice secondaria la cui unica attività che può svolgere è far spiccare gli altri, aiutarli e proteggerli fino alla mia morte, ma è vivere una vita per me stessa, essere felice, viaggiare, fare esperienza, sentirmi bene con me stessa, amarmi, fare ciò che amo veramente (lo devo ancora trovare), stare con chi amo veramente, liberarmi dalle catene e vivere con quella leggerezza e delicatezza che sto ritrovando. Mi ero dimenticata di come sono, pensavo fossero ricordi illusori, ma è davvero così che sono e come voglio diventare, come nei miei sogni di bambina: una farfalla leggera bellissima e coloratissima, ecco cosa voglio diventare.
Grazie.
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Adesso ti cerco anche io, uomo che mi accompagnerai nel mio viaggio di vita.
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Mi sono comportata da donna di famiglia per un decennio al tuo posto, cercando di proteggere l’idea che mi ero fatta di come saresti dovuta essere, seguivo le tue regole, molte ancora le seguo, pensando che fossero per il bene di tutti e che tutti partecipassero, ma così non è mai stato.
Ti ho appoggiata in qualsiasi progetto, prendendomi le tue responsabilità che non ero in grado di gestire, ho risolto problemi, fatto ciò che volevi, anche se nel ruolo familiare corretto è la madre che deve appoggiare la figlia per realizzare la propria vita per la prima volta e non solo viceversa.
Ora io non riesco più ad essere la madre e il padre di tutti, non è giusto nei miei confronti. Finora ho creduto che mi potessi sempre sorpassare. “Tanto sono solo io, niente di che, ciò che dico o penso sono solo sciocchezze”. Ecco cosa mi ripeto ogni volta. Ma perché mi devo volere così male? Sono arrabbiata con me e con loro perché mi stanno ancora una volta dimostrando che di me a loro non interessa niente anche se dicono il contrario. Ma perché a me non interessa di me? Perché mi sminuisco? I valori che predicavano li ho osservati con grande dedizione, ma loro invece? Mi sono ribellata più volte, ma poi mi sono tirata indietro perché avevo paura di rimanere da sola e che senza di me non si sarebbero potuti realizzare appieno e velocemente, aspettando che prima o poi ci fosse spazio anche per me.
Cosa sto aspettando? Una persona che mi ami, in cui possa ripararmi e di cui possa fidarmi.
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Fare da genitore a genitori che non vedono ciò che fai per loro è molto arduo, una vita passata ad avere i sensi di colpa per il semplice fatto di essere nata, oltretutto in un momento sbagliato. Ma adesso sto capendo che sono così come sono perché avevo paura di infrangere le loro regole imposte con il terrore, dovevo essere responsabile per risolvere i loro problemi, come se fossero i miei, bypassando me. Intanto gli anni sono passati, ho cercato di vivere nel modo più spensierato possibile evitando di vedere ciò che mi faceva soffrire, rimandando me stessa a tempi futuri che sembrano essere arrivati adesso, tutti in un colpo. Per tantissimi anni mi sono resa il più invisibile possibile a me stessa e agli altri, come se non esistessi, come se fossi un oggetto da usare quando ce n’era bisogno. Uno dei ricordi che mi è venuto in mente pensando a ciò è di quando volevo cambiare nome e non svelarlo a nessuno perché non sopportavo più che mi chiamassero solo perché avevano bisogno. Un altro è di quando ero piccola in cui uno dei miei personaggi preferiti era la ragazza invisibile del cartone “gli incredibili”. Oppure di quando ero adolescente in cui un ragazzo appena conosciuto mi disse: “guarda che esisti anche te” ed io in quel momento realizzai che facevo di tutto per dare il meno noia possibile, mi nascondevo, volevo essere poco vistosa, ma mi accorsi che comunque qualcuno mi poteva vedere, da lì in poi gli unici momenti in cui mi mostravo era quando c’era bisogno di aiuto. Ancora non sapevo che da lì a poco tempo mi sarei annullata del tutto, che sarei diventata davvero invisibile per me negli anni seguenti. Adesso ci ripenso, ora che sto cercando, a piccoli passi, di vedermi, accettando il fatto che in qualsiasi modo io mi comporti o mi mostri o qualsiasi cosa faccia, in qualche modo verrò vista nel bene o nel male da qualcuno, perché non posso essere invisibile, non posso scomparire a meno che non muoia, ma la morta è la vetrina per eccellenza. Ora che sto comprendendo che esisto anche io, l’unica cosa che posso fare è guardarmi dentro ancora, vedere la mia luce e illuminare le mie parti in ombra, uscire dalla mentalità che mi vuole inesistente e finalmente vivere smettendo di sopravvivere.
Mi auguro che un giorno potrò dire di aver vissuto la vita che desideravo vivere.
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In questo periodo si parla molto della figura della donna, ma che ne penso io in quanto tale?
Innanzitutto, penso che la generalizzazione di un pensiero sia un’assurdità, il mio punto di vista non potrà mai essere uguale a nessun altro per le esperienze di vita così differenti vissute ed è erroneo credere che le proprie ragioni siano la verità assoluta. Nella mia esperienza di bambina, ragazza e donna posso dire che ciò che sono diventata è dovuto molto al voler diventare il più indipendente possibile, di non dover avere per forza un uomo accanto che mi salvi (cercare di fare il più possibile da sola) proprio per sfatare il mito che possa essere stata agevolata in alcun modo e per affermare il mio valore come persona, indipendentemente dal mio genere, ma, ripeto, questo è ciò che ho vissuto io. Mi ricordo quando, durante molti discorsi da piccola, sentivo dire che le donne che erano al potere, in una qualsiasi realtà lavorativa, avevano prima fatto il “giro” di tutti gli uomini potenti del settore, perciò, quello che mi sono detta per tutti gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, era proprio di non diventare come loro, ma di dimostrare alla società che si può arrivare in alto anche senza commercializzare il proprio corpo. Oppure ho vissuto un periodo nel quale volevo sfatare il mito della donna molto emotiva e poco logica, in cui le donne erano descritte come delle svalvolate, senza cervello, come se non potessero capire gli argomenti degli uomini, così mi mettevo ad ascoltare, guardare e fare ciò che facevano gli uomini adulti per capire e far capire che ciò che raccontavano erano solo delle credenze imposte da secoli di ignoranza e paura. Oppure quando mi raccontavano che c’era bisogno degli uomini per i lavori di forza, ingegno, meccanica, fatica, io mi sono rimboccata le maniche, mi sono allenata ed ho lavorato a fianco di uomini che si sono sorpresi di come una giovane e, oltretutto, donna potesse reggere (e a volte superare) il loro ritmo.
Dopo aver fatto questo e molto altro, credendo di affermare il mio valore, in un mondo prevalentemente maschile, ciò che mi ha fatta arrabbiare e tuttora mi fa arrabbiare in questa società, in cui l’uomo si sente il più forte, è che gli uomini che hanno fatto in modo che io diventassi più “uomo” di loro (e tuttora fanno), difronte ad altri uomini fanno passare il messaggio che io sono una ragazzina che non può sapere cosa vuol dire lavorare e faticare. Ciò che dà fastidio a loro non è solo il fatto che io sia giovane, ma soprattutto che io sia donna. Esiste ancora la credenza che l’uomo sia il lavoratore che porta a casa i soldi, mentre la donna deve stare in silenzio e badare alla casa e ai figli. Certo è che adesso le donne, per sentirsi in pace con l’ideale collettivo che si sta creando, deve essere wonder woman: moglie, madre, figlia, intelligente e una lavoratrice con potere decisionale. Quindi deve essere presente per tutti e allo stesso tempo lavorare per affermare il proprio valore. Se in uno di questi campi non è come richiede la società, ti chiamano fallita, ma non è tutto, perché se riesci a mantenere il ritmo imposto, dicono che ciò che stai facendo è, in qualche modo, sbagliato. Ma in tutto queste aspettative, l’uomo, che ruolo ha? Il suo ruolo non si discute e non si giudica (almeno non con il disprezzo che c’è per la donna) a meno che non sia in un momento in cui è un totale fallimento in tutti gli ambiti.
L’altra cosa che mi fa molta tristezza è vedere la poca solidarietà femminile. Le donne che si sparlano dietro le spalle, che criticano, giudicano, sono invidiose, fanno sentire sbagliata l’altra solo per il gusto di farlo. Questo mi dà molta sofferenza. Ho sentito donne descrivere il proprio genere come delle “oche” che, pur di non attaccare un uomo, si ucciderebbero a vicenda anche se né l’una né l’altra è la responsabile della situazione spiacevole creata.
Io non disprezzo gli uomini, anzi, amo gli uomini, ma amo anche il fatto di essere donna, con tutte le sfaccettature, i pregi e difetti che posso essere collegati al mio essere di sesso femminile. E sono convinta che in ognuno vi è una parte maschile ed una femminile che di solito è maggiormente sviluppata in base al proprio genere, ma non sempre funziona così e non sempre deve essere così. Avendo tutti l’uomo e la donna dentro si deve essere consapevoli delle caratteristiche che si vuole sviluppare maggiormente.
In tutto questo lungo discorso sono arrivata ad una conclusione per quanto riguarda me stessa, ormai da mesi. Ho voluto competere per un ruolo maschile per affermare che ciò che indica il valore di un essere umano non è il genere, ma in tutta questa lotta, io mi sono persa, è un errore che ho fatto nel voler essere una wonder woman, che supera in tutti i campi gli uomini, ma ancora ho molta strada da fare ed adesso sto capendo che non devo avere un modello irrealistico come riferimento, ma portare a galla la parte più pura della mia vita, cioè me stessa, con caratteristiche maschili e femminili e soprattutto smettere di denigrare la mia donna interiore, perché c’è, anche se l’ho nascosta per molto tempo. Sono donna, voglio essere donna, una donna che decide quali caratteristiche maschili continuare a mostrare nei momenti opportuni.
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Dopo settimane di quiete, in cui mi sentivo bene, ecco che ritornano i giorni di sofferenza interiore. Il percorso che stavo facendo mi sembrava che stesse dando i suoi frutti, poi all’improvviso ritorna quel senso di frustrazione per me stessa, ma adesso sono consapevole che non è per ciò che è accaduto intorno, ma è dentro di me che è partito e questo lo posso cambiare. Vediamo se, riprendendo con costanza il mio percorso, riesco a ritrovare il mio equilibrio e quella pace che era arrivata.
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In question giorni ho pensato allo scorrere del tempo, forse per l’avvicinarsi del Natale. Il mio quarto di secolo è passato tanto velocemente quanto lentamente. Il tempo è relativo, l’esistenza umana in questa dimensione dura così poco in confronto all’universo, tutto scorre con periodi che vivendoli sembrano che durino un’eternità e dopo averli superati paiono brevi e lontani. Ci sentiamo così importanti, ma non valiamo ciò che pensiamo, il pianeta va avanti anche senza noi, ma ci piace così tanto dettare regole. Allo stesso tempo il dono della vita è prezioso, in tanti l’hanno perduto o non hanno potuto farne esperienza e la nostra energia muove il mondo coocreando con il tutto. Così siamo inutili ed essenziali allo stesso tempo.
Perché esistiamo?
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Perché molti dicono che quando succede qualcosa che ti fa toccare il fondo ti fa cambiare drasticamente? A me non è successo, mi sembra che finora non sia cambiata io o le situazioni intorno a me. Il fondo l’ho toccato un po’ di tempo fa e adesso sto cambiando anche se molto lentamente. Speriamo che mi apra a qualcosa di drastico e bellissimo un giorno.
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La distruzione interiore, il momento in cui è crollato tutto, un ideale portato avanti fino allo stremo sta cedendo. Questo è l’attimo più devastante, doloroso, liberatorio e pacifico. La stanchezza si fa sentire fino al limite, mal di testa e voglia di piangere tutte le lacrime del corpo.
Chi sono dunque?
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Il tempo di essere felice per me stessa e non per ciò che vogliono gli altri sta arrivando. Io forse valgo davvero. Il momento per togliere quel forse e renderla una convinzione sta arrivando. Momenti di crisi si susseguono rapidi a soluzioni, a illuminazioni di ciò che è importante davvero, cioè l’esistenza. Forse l’idea di non essere abbastanza e di essere inadeguata sta andando via, decenni di lavoro per costruire quei muri e adesso si stanno sgretolando, la lezione da imparare sembra essere sempre più chiara: sopportare per poter essere forte nell’essere se stessi. Speriamo che la comprenda a pieno un giorno ed evolva.
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Sto cercando di capire cosa provo. Forse è rabbia. Sono arrabbiata con me stessa perché non voglio ancora una volta dare ragione agli altri. Nella mia vita ogni volta che qualcuno mi dice qualcosa si avvera, do troppa importanza agli altri, come se quello che dicono fosse il verbo. Ma adesso voglio cambiare, voglio far accadere ciò che voglio io. Basta dare così importanza a ciò che gli altri dicono sia meglio per me. Dicono di preoccuparsi, ma è solo manipolazione, girano ciò che mi accade in modo da farmi credere che loro abbiano tutte le risposte, ma devo capire che non è così, nessuno ha le risposte. Io devo agire dove posso per prendermi le mie ragioni e vivere una volta per tutte la mia vita. Voglio capire quali sono i miei demoni e i miei desideri ed agire.
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Anche oggi non ho ben capito che cosa mi è successo. Sono viva, sveglia, ma è come se stessi vivendo in un’altra realtà. Il tempo passa, faccio cose e non mi rendo conto dell’orario, come se qualcuno stesse vivendo al posto mio, non sono io ad essere qui, ma qualcun altro, il pilota automatico. La mia mente prova a pensare ai soliti pensieri e io mi riporto giù dicendomi che io non sono quel rimuginio che mi attanaglia durante il giorno. Non sono questo corpo, non sono i miei pensieri. Cosa sono?
Chi sono? Questa è la domanda che mi faccio da mesi ogni giorno. Mi sembra di avvicinarmi sempre di più, ma non raggiungo mai la conclusione e soffro molto quando riprendo in mano tutto ciò che non ho affrontato in passato per paura, paura del dolore soprattutto. Ed eccomi qui, a cercare di capirmi attraverso un testo che non ha senso.
Ma la paura come si affronta?
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Vorrei parlare di tante cose, ma poi non trovo il coraggio di aprire bocca.
A chi importa?
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