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marghemore · 10 years
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Non siamo pronti ad amarci, ma siamo pronti a tenerci.
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marghemore · 10 years
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La realtà era una, autentica, statica, terribile, immutabile,cruda.
Le ore passavano ed i solchi sulla pelle aumentavano; sberle di dolore e mancanza mi tenevano magistralmente sveglia. Ero in stato catatonico, dopo il tempestoso shock, ero rimasta inerme ad osservare le tragedie nella mia mente. Onde di puro dolore e solitudine si riversavano su di me e sfuggivano ad ogni controllo, ad ogni sensato pudore.
I fotogrammi di lui, di noi, sfidavano ogni mio cenno di ripresa, ogni tentativo andava perduto. Il suo sorriso mi tormentava come un incubo ricorrente, i suoi sguardi mi tenevano in ostaggio anche se lontani, inesistenti, finti, immaginari. Alle allucinazioni visive si unirono quelle sonore, e tutto prese a vorticare seguendo il ritmo di una corrosiva danza. Le sue non erano parole, ma carezzevoli inganni, pesanti bugie travestite da folli promesse. 
Mi ritrovai circondata dai nostri rumori, dai nostri odori, dalle nostre immagini, dai nostri ricordi. Mi sentivo in trappola, come accadeva da bambina nella casa degli specchi. Ora, quegli stessi specchi, riflettevano i miei mostri, gli orrori di ciò che era andato perduto.
Il mio riflesso assumeva la forma dei nostri momenti più belli e non c'era nulla di più doloroso. 
La prima occhiata interessata, la prima lite, il primo desiderio, la prima Angst, il primo bacio, la prima notte, le prime intese, le prime buche: tornò tutto da me, a casa.
Il passato mi macchiò con il suo nero inchiostro, mi marchiò portando via, con sé il lume della ragione, l'ultimo. Ed il buio bussò alla mia porta.
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marghemore · 10 years
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marghemore · 10 years
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Fu un istante, una parentesi filmica, scenica, teatrale. Mi sorpresi a guardarlo, a pregustare l'attimo prima del debutto di una tragedia. Entrò in sala ed inghiottì lo spazio, le pareti divennero più piccole, asfissianti, la stanza divenne un ascensore, una gabbia. Non mi rivolse alcuno sguardo impenitente, nessun cenno. Il cuore sprofondò nello stomaco, avvertì i succhi gastrici mentre tentavano di distruggerlo, digerirlo. Nessun saluto. Ciò che eravamo stati non contava più. Mi aveva dimenticata, superata. Eravamo qualcosa di vecchio che era stato sostituito; un pezzo rotto forse. La mancanza aderì alla mia pelle e da emozione si trasformò in un duraturo sentimento. E poi urlai, cacciai un rumoroso sospiro ed urlai. Perché un urlo può squarciare anche l'anima più vuota e silenziosa. Perché un urlo può scuotere anche l'impassibile buio.
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marghemore · 10 years
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If you want me, EARN ME.
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marghemore · 10 years
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Se tu mi avessi vista ogni volta in cui pensavo di averti riconosciuto in mezzo alla gente, se tu mi avessi sentito il battito, adesso non mi chiederesti perché non ti posso perdonare. Se tu mi avessi vista piangere quel giorno al cinema mentre mi passavano davanti immagini di persone che sorridevano e si cercavano, adesso non mi chiederesti perché non ti posso perdonare. Se tu avessi visto cosa mi succedeva alle mani e agli occhi quando il mio telefono squillava e non aspettavo nessuna chiamata, o quando ricevevo una chiamata da un numero sconosciuto e rispondevo e non era nessuno, ma proprio nessuno, perché non eri tu. Se tu mi avessi vista. Se tu ci fossi stato quel giorno in cui mi hai detto che forse le cose si sarebbero sistemate, che forse saresti tornato, ma per adesso no, per il momento no. Mi tremavano le gambe, non mi reggevano più, e mi sono dovuta appoggiare al muro più vicino, e sentivo la tua voce nel telefono che diceva “mi dispiace, non sai quanto mi dispiace” e trattenevo le lacrime per parlare ancora un po’, ancora un altro po’, ‘ché non ero mica scema: lo sapevo che quella sarebbe stata l’ultima volta che mi avresti parlato con quel tono dolce. Se tu mi avessi guardata negli occhi mentre mi strappavi anche l’ultima illusione, adesso sapresti che non ti perdonerò mai. Se tu mi avessi vista quel giorno al mare, un giorno in cui sembrava tutto tranquillo, e invece no, e invece ascoltavo una musica triste, troppo, e con gli occhiali da sole fingevo di stare bene mentre piangevo in silenzio. Se tu mi avessi vista quel giorno lì, e quella sera in cui ballavo sui tavoli completamente fuori di me e urlavo a tutti che ero libera, libera, libera, e ogni volta in cui pronunciavo la parola “libera” sorridevo, e perdevo un pezzettino di me. Nessuno era più triste di me al mondo, io che mi vantavo di essere libera. Nessuno è meno libero di chi ama e non è amato. Quando ami e non sei amato, ogni più piccolo momento della tua giornata è scandito dalla mancanza. Se tu mi avessi vista quella notte con quel tizio che si impegnava tanto ad essere abbastanza, ma non ci riusciva nemmeno un po’, se tu avessi visto lo scatto che ho fatto quando ha provato ad accarezzarmi una gamba mentre parlavamo di niente, ora non saresti qui. Se tu avessi sentito i miei pensieri quando cercavo di convincermi che in fondo, in fondissimo, non eri quello giusto, non andavi bene, non mi facevi nemmeno troppo ridere e poi all’improvviso mi tornava in mente come facevi l’amore, come facevamo l’amore su quel tuo divano e come mi baciavi e come mi mangiavi, e allora facevo mille passi indietro sulla strada della guarigione; se tu avessi sentito i miei pensieri adesso non mi chiederesti di pensarci. Se tu sapessi quante volte ho detto di no ad altri occhi pensando ai tuoi occhi, se tu sapessi quante volte non ho mangiato o quante volte ho mangiato troppo quando mi tornava in mente una primavera con te, se tu sapessi quante canzoni ho dovuto smettere di ascoltare, quante parole ho dovuto smettere di pronunciare, quante volte mi sono svegliata in piena notte pensando che fosse tutto falso, e invece era vero, verissimo, non c’eri più e non tornavi mai; se tu lo sapessi, adesso mi lasceresti stare. Vai via, dunque. Vai via. Di me, per te, non c’è rimasto niente.” -Susanna Casciani, Vai via.
(via lifehasnoasense)
io sto piangendo come una disperata.
(via deepinmyboness)
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marghemore · 10 years
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Mi accesi di cambiamento, mi illuminai e prestai la mia mente all’evoluzione perché cambiare era la cosa giusta, la via più breve per rivivere. Succede. Succede che una mattina ti svegli e ne senti il bisogno, senti il bisogno di liberarti dei vecchi spazzolini che non hanno più un proprietario, delle foto vuote e statiche, dei regali tristi ed impersonali, dei ricordi di una vita passata con altri. Un giorno ti svegli e ti chiedi “Questa ero io? Questo era mio?”. Un giorno ti svegli e riesci a vedere la tua vita come fossi un narratore esterno, in terza persona, un narratore onniscente, ma obiettivo, oggettivo. Un giorno ti svegli ed il distacco ti blocca il cuore, i sentimenti, le emozioni, un giorno ti svegli e decidi di ripartire. Un giorno ti svegli e comprendi che il tempo speso ad odiarti è perso, irrimediabilmente andato, un giorno ti svegli e decidi di amarti. Un giorno ti tiri su e quel giorno è destinato ad essere IL GIORNO. Allora smetti quei panni vecchi: i vecchi capelli, i tristi sorrisi, i vestiti larghi. Li conservi, li riponi lì nella parte più nascosta dell’armadio con lo stupido timore che la vecchia te possa tornare, con il timore che si ripresenti con una scure in mano, più accanita. Ma sbagli, sbaglio, sbagliavo. Ogni volta in cui intraprendi un cambiamento, la strada che scegli di percorrere è a senso unico, non puoi tornare indietro, vivere tempeste e giorni di sole ti cambia sempre, ti trasforma ed il vecchio lascia spazio al nuovo che prepotentemente si impone per non lasciar altra traccia del passato. La luce di nuovi soli e di nuove stelle mastica il buio dei ricordi , mastica l’oblio per renderlo sfocato. Ognuno di noi merita una ripartenza, alcuni la chiamano rinascita, alcuni fine, mente e cuore la chiamano EVOLUZIONE, io lo chiamo traguardo.
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marghemore · 10 years
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Vedi Mya, le maschere che ci portiamo dentro sono volti consumati di chi ci ha mentito, volti sfocati di chi ci ha promesso l’infinito. Quelle maschere di menzogna sono terribili, sono angoscianti ombre che ci vestono con disinvoltura, le indossiamo come fardelli di ciò che non c’è più, come moniti pesanti di illusioni perdute. Sai cosa credo? Credo che un giorno tutto quel buio diverrà luce, tutto quel cancro di tristezza guarirà ed io sarò qui a guardarti con occhi nuovi, senza alcun velo, senza alcun abito. Quel giorno avrò trovato il coraggio di viverti senza chiedermi se possa far male, quel giorno non avrò timore di soffrire, sceglierò di appartenerti con le mie follie e le mie paturnie, con le mie insicurezze e le mie certezze. Quel giorno sarò nudo, pronto ad essere vestito dalle tue mani, dalla tua bocca, dal tuo amore, da te, da noi. E saremo un unico universo capace di vivere o di implodere, non importa: comunque vada saremo insieme.
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marghemore · 10 years
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Vedi Mya, le maschere che ci portiamo dentro sono volti consumati di chi ci ha mentito, volti sfocati di chi ci ha promesso l'infinito. Quelle maschere di menzogna sono terribi, sono angoscianti ombre che ci vestono con disinvoltura, le indossiamo come fardelli di ciò che non c'è più, come moniti pesanti di illusioni perdute. Sai cosa credo? Credo che un giorno tutte quel buio diverrà luce, tutto quel cancro di tristezza guarirà ed io sarò qui a guardarti con occhi nuovi, senza alcun velo, senza alcun abito. Quel giorno avrò trovato il coraggio di viverti senza chiedermi se possa far male, quel giorno non avrò timore di soffrire, sceglierò di appartenerti con le mie follie e le mie paturnie, con le mie insicurezze e le mie certezze. Quel giorno sarò nudo, pronto ad essere vestito dalle tue mani, dalla tua bocca, dal tuo amore, da te, da noi. E saremo un unico universo capace di vivere o di implodere, non importa: comunque vada saremo insieme.
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marghemore · 10 years
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marghemore · 10 years
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I treni, la stazione, i rumori, gli arrivederci sussurrati nel pallore di un'altra giornata appena conclusa. Affascinante. Le luci erano intermittenti, poco vive, tristi quanto lo sporco annidato sulle panche dove qualche clochard era solito consegnarsi ai sogni di gloria mai realizzati. Era straordinario il flusso continuo di viandanti, spaventati, stanchi, frettolosi. Sì, la fretta sembrava essere un comune denominatore. Da quando Ian aveva perso la vista, mi rifugiavo qui, egoista, lontana dai suoi pesanti e rigorosi silenzi, lontana da quel mutismo, mi cibavo di rumore. Da quando Ian aveva perso la vista, io avevo perso radicalmente ogni senso. Dapprima ero diventata sorda, talmente sorda da non riuscire più ad ascoltare la mia vocina interiore. Poi era stato il turno del tatto, non mi aveva più permesso di toccarlo, di avvicinarmi. Scomparve anche l'olfatto non ero in grado di distinguere alcun profumo, dopo il suo non ero più in grado di sentirne altri. Il gusto seguì gli altri, la sua pelle aveva preso ad essere insapore, ne avevo dimenticato la dolcezza inaudita. La vista, quasi come se il destino volesse burlarsi di me, di noi, fu l'ultima ad andarsene. Tutto divenne un bianco e nero di indifferenti figure, tutti i volti erano simili, troppo diversi dal suo.
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marghemore · 10 years
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Sollevò il volto scavato da una nuova inquietudine, ancorò lo sguardo a quelle dita lente, affusolate, a quelle mani scure, sicure, maschili, reali. Non riuscì a rimanere indolente, indifferente. L'oblio che le aveva inghiottito l'anima, si era fermato, destabilizzato da quella melodia, indietreggiava codardo, preda di una folle paura. Mya osservò il corpo elegante di Ian, lo osservò inerte, come una vuota scatola pronta ad accogliere le note, pronta ad accogliere la melodia. Ian era impegnato ad affondare i sentimenti nel pentagramma, era impegnato a concedersi, si svelava: bello come un angelo di cristallo, trasparente, cocciuto, fragile. Inspirò e rilassò l'addome, nascose le iridi intense e dischiuse le labbra regalando a Mya l'assaggio di un sorriso. Quelle dita non limitavano il tocco al freddo piano, le stavano ripulendo le membra, ogni organo, ogni cellula, ogni molecola, ogni fottutissimo atomo, se ne prendevano cura. Mya sentì le gambe cedere e le ginocchia vennero accolte dal lucido pavimento. Il suo volto livido riprese colore, un leggero rossore dovuto alla commozione. La felicità si stava cibando del dolore, delle incomprensioni, dei silenzi, la felicità stava riempiendo i vuoti. La musica divenne più intensa, dinamica, divenne amore liquido, e le lacrime vennero giù, senza alcun pudore, senza vergogna alcuna. E l'amore divenne LUCE, tutto si accese, e l"oblio divenne pieno, divenne consistente, il buio mutò, il buio divenne colore, divenne bianco. Ian lasciò la postazione, abbandonò il piano, in modo calibrato, studiato, permise al violino di continuare la sua folle esibizione e si piegò accanto al corpo ferito, a quel corpo che riprendeva vita: Mya riviveva. Mosse la mano sulla sua schiena, la costrinse, la strinse a sé e sussurrò: "say my name. Feel me" E Mya lo sentì, lo sentì nell'esatto istante in cui pronunciò il suo nome, glielo regalò, lo esalò, come un ultimo respiro, sulle sue labbra:" Ian" I loro nasi presero a danzare, mentre il calore del sole giocava con il loro incarnato, le loro bocche si cercarono, si unirono smaniose ed il mondo perse i contorni, i confini. Il mondo riprese a ruotare in quella stanza, in quell'istante.
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marghemore · 10 years
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Due sguardi lontani, due cuori distanti, due menti opposte. Due rette incidenti. Fu un momentaneo scontro, fu la guerra e subito dopo la pace, la beata quiete che solo l'amore offre. Si conobbero, si scoprirono, si odiarono, videro ognuno la parte peggiore dell'altro ma scelsero. Scelsero di rimanere di scommettere. Scelsero l'incognita. Scelsero l'insieme.
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marghemore · 10 years
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La pioggia porta con sé le melodie più intense, il picchettare melodioso, uno scrosciare rumoroso, porta con sé sospiri ed aliti di vita. E fu proprio in una notte di pioggia che lei venne al mondo, abbracciata da quelle note e da quelle fragili braccia d'acqua, da quelle gocce che improvvisamente divennero cascata. La guardai mentre le sue piccole labbra perfette mi sorridevano distese, mentre quegli occhi ancora troppo chiari, troppo inadatti a vedere, già mi sentivano, mentre quelle manine fremevano. Quei gesti così consueti per un adulto erano così difficili per un neonato eppure non era affaticata, non era scoraggiata. La sua forza d'animo era simile alla mia. La strinsi a me, dolce, materna e pensai che le avevo donato la vita e pensai che avrei potuto donarle anche la mia.
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marghemore · 10 years
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Scrivimi, non mandarmele a dire. Scrivimi sempre, io ci sono anche se ti dico addio. Ci sono anche a km di distanza. Son lì sai? Che ti sorrido e ti faccio le linguacce. Scrivimi anche se mi fai incazzare. Non scrivere di me, scrivi A ME E PER ME. "TIENIMI STRETTO AMORE, TIENIMI STRETTO AL CUORE, NON FARMI RESPIRARE DIMMI UNA BUGIA... PER DUE CHE COME NOI CARNE, PELLE, OSSA E CALAMAIO, SI SCRIVONO LE STORIE CON GOCCE NERE D'ANIMA E SUDORE"
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marghemore · 10 years
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A me piace la pioggia. Ti scava dentro un senso di benessere atroce. Cancella i contorni e tutto diventa un quadro astratto ed il dolore si mitiga, i pensieri si attenuano come le pennellate colorate. Tutto per un istante diviene grigio, indefinito. E L'indefinito si sa, qualche volta, fa bene all'anima.
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marghemore · 10 years
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Non sapeva esattamente dove era diretta, non riconosceva i vicoli, i lampioni, i negozi. Eppure quel verde giardino era lì, troppo presente, troppo familiare,  la terra di mezzo tra un amaro ricordo e la lacrimosa bramosia. Il verde, reso intenso dal calore del sole, era una perfetta cornice, era l'istante, il punto da cui ripartire per rimembrare. Non se lo concesse.
Non sapeva spiegare quanto dolore aveva inghiottito silenziosamente, quanto oblio ospitasse il suo stomaco, quanta tristezza le offuscasse la mente, quanto dolore le trapanasse il cuore. Sentiva la lontananza, le apparteneva, ormai, da capo a piedi. Era andata, avariata, compromessa. 
Era legata alla sua assenza, era Sua, era totalmente in balia del sentimento, qualunque esso fosse, la stava uccidendo lentamente, adagio. Quella mancanza le stava stuprando il cuore e le portava via la vita. 
#giardino #ricordi #te #mani #sussurri #dolore #presenza #assenza
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