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Ecco appunto!
"Non diciamo assurdità però.
Cerca di essere realista: tutti gli amori, se tenuti chiusi in un cassetto, vissuti fra te e te, senza che dall'altra parte ci sia mai nulla - mai una reciprocità, un dubbio, una speranza, prima o poi implodono.
Svaniscono. Si volatizzano nell'aria come se fossero fatti di polvere.
Nel tuo cassetto potrai anche avere il sentimento più forte che sei mai stata in grado di produrre, potrai anche nutrirlo assurdamente a lungo di cocciutaggine e speranze infondate; ma prima o poi dovrai cedere"
"Quando?"
"Quando comincerai a non ricordare più com'è fatto il suo viso. È fisiologico, sai? Succede"
"A me ancora non succede"
"No? Dopo tutto questo tempo?"
"No"
"Allora forse più che amare lui stai amando l'immagine di lui che ti sei costruita da sola"
"E se fosse che invece io e lui siamo la stessa cosa?"
"Ecco, appunto"
(Catherine Black)
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Tu vuoi sapere se ti ho amata, Catherine, e io questo non lo so.
Sono quasi certo di averti odiata, però.
Ti ho odiata perché volevi da me cose che non potevo darti.
E dio solo sa se avrei voluto. Ma non potevo. E tu questo non volevi capirlo.
Ti ho odiata per questo - perché mi facevi volere cose che non potevo.
E, lo so, era me stesso in realtà che avrei dovuto odiare, ma odiare te a volte era più facile.
Ti chiedo scusa, ma ne avevo bisogno.
Era per sopravvivere.
E non sempre lo facevo apposta.
È solo che mi confondevo. Confondevo me con te e te con me.
Mi sembrava che fossimo quasi la stessa cosa in certi momenti.
Era come un gioco di specchi che proiettava la stessa immagine all'infinito, e non riuscivi più a capire da che parte arrivasse.
Sei stata una prova, e io per questo ti ho odiata.
Non volevo prove, andava tutto bene così prima che arrivassi tu.
Sei stata una prova, e non credo di averti superata.
Per questo ti ho odiata.
E, soprattutto, ti ho odiata quando sei andata via.
Dio, se ti ho odiata in quel momento.
Ti ho odiata perché lo sapevo.
Lo sapevo che non saresti mai andata via veramente.
Saresti rimasta sempre un po' qua.
Ma questa cosa - che ci sei anche se non ci sei, mi fa sentire solo.
E lo odio...
(Catherine Black)
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Oh, ma io di difetti ne ho moltissimi.
Tipo: sono sempre troppo seria, mi dicono.
Prendo troppo seriamente le cose, ci leggo dietro intenzioni che poi magari non ci sono affatto - e sono semplicemente le intenzioni che ci metterei io se facessi quelle cose.
Prendo troppo seriamente le persone, anche - direi per lo stesso motivo.
Mi tengo le cose dentro.
Le imbottiglio pressandole - gli tolgo l'aria, e quindi diventano meno leggere.
Solo che a volte sono troppo grandi e non ci stanno comunque - ma tranquillo, non esplode nulla.
Implodono soltanto.
Dentro di me ci sono già stati diversi disastri atomici.
Preferisco avere ragione che essere felice, e preferisco perdere piuttosto che vincere senza meriti.
Mi manca sempre un pezzo, questo lo dici pure tu.
E poco importa se adesso mi son convinta che quel pezzo sei tu.
Magari sbaglio.
Magari è anche questo un altro difetto: non aver capito che dipende tutto da me. Solo da me.
(Catherine Black)
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Vedi qual è il mio problema?
Mi sa che sono troppo emotiva per essere una persona razionale.
O viceversa.
Di solito dovresti essere solo una delle due cose no?
O cuore o cervello.
O testa o istinto.
Io no.
Non sono solo entrambi, sono anche esagerata in entrambi.
Non mi accontento di provare qualcosa: lo devo vivisezionare, domandarmi se è lecito, domandarmi perché lo provo - quale mancanze, quali bisogni ho in realtà necessità di colmare provandolo.
Ma la vivisezione è una pratica barbara anche sui sentimenti: andrebbe abolita, non porta a nulla, è uno smascheramento che non basta ad annientarli.
Li fa solo urlare più forte.
Tanto forte da coprire le più che sagge ragioni scientifiche che cercano di dimostrarne l'invalidità.
Lo vedi qual è il mio problema?
È che cerco di risolvere problemi che non possono essere risolti, e quindi li faccio diventare ancora più problematici...
(Catherine Black)
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Non sono fatta di cose facili e carine. Niente zucchero filato qui dentro, niente confetti rosa.
Ci troverai magari del vino, rigorosamente rosso e corposo, e un po' di sarcasmo usato al momento giusto.
La mia migliore forma di complicità con le amiche sono le battute che solo noi capiamo.
Quindi troverai anche questo: linguaggi in codice ed ironia crittograffata per mascherare qualche sentimento.
Che a volte fa anche un po' male.
Poi ci sono alcune cose che non necessariamente sono ribelli, ma che, in qualche maniera, finiscono comunque per essere diverse.
Ogni tanto per partito preso, il più delle volte anche quando vorrebbero non esserlo.
Ci sono anche dei silenzi, che in realtà non sono affatto vuoti. Solo, più che altro, trattenuti, imbottigliati.
Ci sono tante storie, appassionanti ed importanti - che ho letto, che ho scritto, che ho vissuto.
Ci sono sogni ad occhi aperti accompagnati da duro lavoro.
Un po' di rischioso perfezionismo e qualche cicatrice - invisibile, tendenzialmente.
Ma che si fa sentire sempre, soprattutto quando cambia il tempo. Come del resto fanno tutte le cicatrici.
C'è fame.
Di conoscere, di vedere.
Fame di bellezza mozzafiato e solitudine.
Di cieli intensi e mari scontrosi.
E soprattutto, alla fine, nascosto sotto tutte queste cose che lui stesso ha creato, c'è un cuore, eternamente diviso in due - fra accettarsi e cambiare, fra rimanere e partire, fra rimpianti e razionalità...
Fra ciò che dovrebbe avere senso e ciò che potrebbe farti felice.
Vorrebbe avere entrambi, e, quindi, non ha nessuno dei due...
(Catherine Black)
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L'autoconsapevolezza io ancora non ho ben capito a che cosa serva, sai?
A cambiare, dici?
A migliorarsi?
Sì, in effetti forse sono cambiata. Penso anche di essere migliorata, un po'.
Però penso anche che me ne faccio poco, dato che invece le cose attorno a me restano sempre uguali, scorrono sempre seguendo le stesse regole.
E io, wow, che brava, ho scoperto che queste regole sono fatte di tante cose finte che a me non stanno bene - e quindi?
Mi date una medaglia per questo?
Mi farete un monumento quando sarò morta, sola e sepolta nella mia casa piena di libri?
Sembra uno di quei romanzi di fantascienza dove sono tutti schiavi e tu sei l'unica che cerca di scappare.
E magari ti innamori anche di qualcuno che sembra aver capito anche lui, che sembra voglia ribellarsi anche lui, e gli dici "Scappa con me!".
E, se fosse stato un romanzo di fantascienza, l'avrebbe fatto.
Saremmo scappati, avremmo vinto.
Ma in questa vinta qua io non vinco.
Forse, del resto, i romanzi li scrive chi nella vita reale perde sempre, e quindi ha bisogno di una consolazione virtuale.
In questa vita qua vince chi segue quelle regole fatte di cose finte.
Stanno sul palcoscenico, recitano la loro parte. Ogni tanto si fermano e si fanno gli applausi, si fanno i complimenti fra loro."Che bella famiglia", "Che coppia fantastica", "Sei un'amica eccezionale", "Congratulazioni per la promozione, te la meriti".
Io li guardo.
Cerco di capire.
Mi faccio domande.
Ogni tanto le faccio anche a loro, e mi dicono che sono strana. O si arrabbiano.
Mi rispondono che non mi devo permettere di giudicare cose che non conosco.
Io non giudico.
Vorrei solo capire - quale sia il senso della recita, perché tutto il resto mi è chiaro, è solo questo punto di fondo che mi sfugge.
Ma forse sono io che sbaglio.
Forse sono stupida, mi manca qualche pezzo per far funzionare correttamente il mio cervello.
Forse l'autoconsapevolezza è solo una malattia, un difetto di fabbrica.Un handicap.
E una parte di me, ve lo confesso, vorrebbe essere come loro.
Perché sarebbe più facile.
Ma non sono come loro, sono come me.
Sono come me ma non ho a disposizione un mondo mio, con le mie regole.
Ho solo il mondo loro.
E questo è un problema.
(Catherine Black)
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Quando mi sono innamorata di te ero una ragazzina, dicevi.
Ero scontrosa e mi costruivo mura attorno, ogni tanto cosparse anche di filo spinato.Era la solitudine che volevo, ma quando ero sola sognavo una vita diversa: sognavo di essere diversa, e di essere apprezzata dalla gente.
Avevo il mio mondo: ogni tanto mi stava stretto, ma ci scappavo sempre.
Aprirsi agli altri e mettersi in gioco significava crescere, ma io questo, allora, non l'avevo ancora capito.
Forse me lo hai insegnato tu.
O forse, semplicemente, ho cominciato a volerlo fare perché desideravo essere una persona migliore, per te.
E però non riuscivo a dimostrartelo.
Facevo il contrario, dicevo il contrario.
Ero spinosa come un'ortica, ruvida come la pietra.
Avevo bisogno di cose ruvide, respingenti attorno a me, perché dentro mi sentivo così molle, così fragile a causa tua, avevo paura che non sarei più stata in piedi da sola. Avevo paura che non ci stesse, dentro di me, tutto quello che provavo per te.
Che esplodesse.
Non sapevo dove metterlo, come qualcosa di troppo lussuoso in una casa povera, come qualcosa di troppo grande in una casa piccola.
E allora lo nascondevo.
(Catherine Black)
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Sii sempre eccezionale.Lavora sodo, ma fallo per te.
Dai sempre qualcosa in più, mettici la tua firma, mettici un pezzo di cuore.
Chi se ne frega se gli altri non lo notano.A stare sotto le luci della ribalta spesso si finisce accecati.
Cerca l'eccellenza del tuo metro di giudizio.
Arriva a fine giornata, guardati allo specchio e ditti "Brava, hai fatto un ottimo lavoro".
Non è vero che nessuno lo nota.Qualcuno lo noterà.
Lo noteranno le persone come te.
Quelli che lavorano sodo e stanno dietro alle quinte.
Ed è loro il loro giudizio quello di cui devi essere più fiera.
(Catherine Black)
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Sì, va bene, è stata una cosa sbagliata.
Ora non voglio stare a sindacare questo.Non voglio nemmeno stare a dire che, pur essendo sbagliata, era più giusta di tante cose giuste.
Che importa, tanto la sostanza non cambia.
Quello che invece voglio dire è che ne avevo bisogno.Avevo bisogno di una cosa così.
Non sbagliata, intendo: una cosa vera.
Sentire questa sintonia, quasi leggersi nel pensiero.
Non aver bisogno di parlare, eppure non riuscire a smettere di farlo: le parole scivolavano via, e i minuti, e le ore.
La notte era bella attorno a noi, le mie guance in fiamme.
La città dormiva, ma come fanno i gatti, con un occhio sornione semichiuso.
Continuavamo a ridere, e a stare sempre più vicini.
Ci completavamo le frasi a vicenda, e bevevamo lo stesso vino.
Volevamo scappare negli stessi posti ed avevamo letto gli stessi libri.
Di questo avevo bisogno.
So che non bastava, che nonostante questo non poteva continuare.
Però adesso so che una cosa così può esistere.
E, forse, è già qualcosa.
(Catherine Black)
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Ti ho detto solo "Ciao", ma non so se ti sei mai accorto di quello che ti dicevano i miei occhi.
Ti ho detto solo "Ciao", ma avrei voluto dirti che eri la cosa più bella che avessi mai visto - non bella semplicemente di fuori: bella per la tua timidezza, il tuo garbo gentile, la tua risata che esplodeva all'improvviso, quella luce vivace ed un po' sognante che avevi negli occhi, il tuo modo di estraniarti, il tuo umorismo intelligente, quel tuo schermirti imbarazzato quando ti facevano dei complimenti.
Avrei voluto dirti - andiamo via di qui, andiamo a bere, sediamoci in piazza sotto un lampione, scappiamo in Patagonia, o in un faro in Scozia, scappiamo lontano, o anche solo qui dietro, il parco è bellissimo al tramonto, e so che anche a te piacerà, perché ti piace la malinconia, ti piacciono le ombre perché fan vedere le profondità, ti piacciono i silenzi perché dicono anche quel che le parole spesso devono tacere.
E io, infatti, ti ho detto solo "Ciao".
(Catherine Black)
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"In bocca al lupo"
"Grazie"
"Di solito si dice crepi - comunque prego"
"Non voglio far crepare nessun lupo - in ogni caso vorrei augurarti la stessa cosa, solo che non so"
"Non sai cosa?"
"Non so in realtà che cosa augurarti, perché non ho ancora ben capito cosa vorresti che succedesse"
"Penso che gli auguri siano validi e facciano piacere in ogni caso"
"Eh no. I lupi sono animali selvaggi, se agiscono a caso è un bel casino. Devi dirglielo tu dove vuoi che vadano, se no se fanno di testa loro finiscono per distruggere cose che non vorresti veramente che vengano distrutte"
"Allora augurami di riuscire a capire cosa voglio davvero"
(Catherine Black)
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“Lo faceva di proposito…
la stuzzicava SPUDORATAMENTE
nelle situazioni meno OPPORTUNE.
Adorava il suo SORRISO…
… un misto di IMBARAZZO
ed ECCITAZIONE
che la mandava in confusione.”
Il Silente Loquace ©
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Già...
Certo, per qualunque cosa c'è un prezzo da pagare.
Lo sapevo già prima che c'era anche per amare te.
Anche se sono quei conti finali che sforano sempre in abbondanza il preventivo.
Se lo rifarei? Conoscendo il prezzo reale?
Ah, per favore.
Che domande CRETINE.
Mi sembri un giornalista che intervista i parenti delle vittime e chiede loro cosa provino.
Non è che te ne freghi qualcosa del prezzo mentre sei lì.
Son quelle cose che quando ci sei dentro non ci stai proprio a pensare a prezzi, conseguenze, processi in tribunale. Il grillo parlante lo chiudi in un armadio, che strepiti quanto vuole. Farà compagnia agli scheletri. Forse finirà per diventare scheletro pure lui.
È un po' come quando eccedi a tavola, o dormi ben oltre la sveglia che è suonata. Non dovresti, e lo sai.
Ma tu hai fame, e hai sonno.
È come una medicina.
Non dico una che ti salvi la vita, no. Vivi anche senza. Però senza hai delle fitte, un bruciore, un dolore da qualche parte.
Ti importa del prezzo se te lo fa passare?
Ne è valsa la pena?
Ma che ne so.
Quando fai le cose mandi a fanculo il prezzo, quando paghi mandi a fanculo le cose che hai fatto.
Va così.
Un giorno vivi, un altro paghi.
Poi vivi di nuovo.
Magari rimarrai senza soldi per pagare.
Chissà se è peggio che rimanere senza cose da vivere.
Te lo dirò.
Quando avrò saldato tutte le fatture che mi hai lasciato.
(Catherine Black)
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Sì, va bene, lo so.
Non ti ho proprio perso del tutto.
Sei sempre nel mio cuore.
E in qualche modo di dire che mi è rimasto.
In un cassetto pieno di ricordi.
In qualche foto scema.
Sei su quella panchina - mi sembra sempre di vederti ancora là.
Sei in tutte quelle cose che erano soltanto nostre, nelle paure che ci eravamo confidati e che poi sono rimaste con me.
Sei in tante pagine scritte fitte fitte - forse più di recriminazioni e scervellamenti che di genuina felicità, ma nonostante tutto continuavo a sceglierti.
Sei in alcune opinioni severe che ho, in una certa dose di cinismo in più.
Sei in tante cose, e molte di queste sono un po' amare.
Eppure ogni tanto ancora mi domando come sarebbe stato se, al posto di queste cose, avessi potuto continuare ad esserci tu...
(Catherine Black)
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