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entertheblackcircle · 6 years
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Sully di Clint Eastwood
Sully al processo contro di lui ha tirato in ballo il fattore umano. Ribatte che tra i parametri del loro algoritmo comportamentale /decisionale hanno inserito altezza tempo motori distanze... ma non hanno considerato è il fattore umano. Quello che in una frazione di secondo, presi incontropiede e terrorizzati, ci costringe a dover decidere, subito, senza esitazione.
E in quell'attimo che dovrebbe secondo ogni logica vederci crollare, sorprendentemente riusciamo a trovare qualcosa che ci fa agire eroicamente, salvandoci dall'asperità della situazione.
Fattore umano che non è priorità, dice, del singolo eroe, ma che si trasmette. Infatti la reazione eccellente è stata in questa vicenda condivisa da tutti: eroe il copilota, le hostess, eroico l'equipaggio, le motovedette, gli elicotteristi.
Tutti hanno dato il meglio, incredibilmente, nel momento più importante della loro vita. E forse proprio perché messi in quel momento sotto pressione, così responsabilizzati, per la vita di se stessi, e altrui, solidali, gli uni con gli altri. Mai così efficaci, neanche lontamente. Invece /allora/ così fulminei e combattivi. La situazione fa l'uomo eroe. La responsabilità altrui.
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entertheblackcircle · 6 years
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Forza maggiore di Robert Ostlund
Una coppia con due figli trascorre una settimana bianca in un albergo di una località sciistica. Ostlund non si perde in preamboli. Ci mostra una Vacanza, che scorre nella pura normalità.
Poi una telecamera fissa e distante, quasi fosse la registrazione a circuito chiuso dell'albergo, li riprende mentre pranzano su un terrazzo.
All'improvviso una slavina si stacca dal fianco della montagna. Le persone presenti se ne accorgono, subito prendono i telefonini e girano un video. La valanga appare lontana e controllata, e offre uno spettacolo meraviglioso...
Passano appena quattro cinque secondi. E' veramente questione di un attimo. Tutti si rendono conto che la neve si avvicina pericolosamente e li sta per travolgere. C'è chi si blocca, chi capisce prima, e chi dopo. Chi fugge e chi rimane impietrito.
Il padre è tra quelli che istintivamente si defilano. La madre resta immobile, come i figli, ma fa quasi da scudo per proteggerli.
Una gran nuvola di nevischio avvolge tutto, poco dopo si dirada.
Solo un grande spavento, nessuno si è fatto male.
Ecco, sappiamo in che direzione si muove il film.
Ci mostra le diverse reazioni di fronte a un fatto assolutamente fuori dall'ordinario. Una coppia, apparentemente stabile e felice, viene messa alla prova da un evento potenzialmente tragico: si tratta di una sorta di prova generale, simile ad una esercitazione dei vigili del fuoco.
Una prova generale che potrebbe, a detta di qualcuno, dimostrare quello che siamo veramente, la nostra essenza ultima. Dire una volta per tutte se possediamo quel coraggio e quell'altruismo che ci inducono a proteggere i nostri cari a qualsiasi costo, anche della vita.
La coppia riprende la sua attività di vacanza, normalmente, come se nulla fosse accaduto, ma è solo apparenza.
La moglie cova un rancore tremendo. Si intuisce fin da subito che è profondamente delusa dal marito, forse in modo irrevocabile. Resta imbronciata. Si isola.
Poi pretende una sorta di chiarimento. Il marito la porta in corridoio per non fare assistere i bambini a una discussione che si annuncia piena di tensione. O almeno così ce la aspettiamo.
In realtà i due si accordano per un Finiamola qui, non è successo niente.
Ed ecco che la magia di Forza maggiore si scatena: Inizia un gioco di rabbie trattenute, sguardi, sfoghi, esplosioni d'ira.
Frequentano altre coppie. Ci vengono mostrati frammenti di conversazioni, poi all'improvviso la moglie inizia la sua vendetta personale, e annuncia il fatto agli amici, coinvolgendoli.
E' l'imbarazzo più totale. Ciò che rende unico il film  è che il disagio è trasmesso allo spettatore. Traumaticamente. Vediamo la scena e ci prende una morsa allo stomaco. Aiutano in questo gli attori, straordinari, credibili, che instillano in noi la loro stessa incredulità.
Da questo momento in poi il film è un crescendo di tensione. Un succedersi di eventi, più interiori che altro, espressi sempre attraverso impercettibili sfumature.
E' un film minimale, in cui molti dei pensieri li si possono soltanto immaginare.
Spesso, contemporaneamente ai vari personaggi chiamati in causa, a nostra volta coinvolti, ci chiediamo quanto il comportamento del marito sia stato sbagliato oppure addirittura grave o imperdonabile.
Istintivamente in ognuno si scatena un dibattito profondamente etico.
Non dirò altro. Il finale, che potrebbe ribaltare la prospettiva, è secondo me di una raffinatezza unica nel suo genere, dice tutto, senza dire nulla, con un immagine di una forza straordinaria.
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entertheblackcircle · 6 years
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The square di Robert Ostlund
Il film ruota intorno all'organizzazione di una serie di eventi per la presentazione di una misteriosa installazione, The square appunto.
Vediamo lo staff, un team di poche persone, che organizzano il lancio pubblicitario. Decidono di affidare questo compito a dei ragazzini rampanti. Questi apertamente si disinteressano all'opera, puntando solo alla massima visibilità su Youtube, da ottenere attraverso uno spot shock.
Capiamo subito che si tratta di un approccio all'arte meramente commerciale, sottolineato tra l'altro dall'aria arrogante e superficiale dei giovani incaricati.
Poi ci si sposta ad un discorso di presentazione: una serie di ricconi segue distratta, un telefonino suona interrompendo il curatore. L'atmosfera che si respira è ancora quel del business a tutti i costi.
Davanti al museo il curatore viene derubato di smartphone e portafoglio. La geolocalizzazione gli permette subito di rintracciare il ladro identificando con certezza il condominio in cui vive, che è in un quartiere degradato della città.
Un collaboratore del museo ha l'idea di stampare un volantino con una minaccia da inserire in ogni cassetta della posta del condominio (a Stoccolma le cassette sono nelle porte blindate dei singoli appartamenti).
Ostlund segue dunque gli sviluppi di queste e altre  vicende, anche di indidentale quotidianità.
Il curatore ha un avventura a sfondo sessuale con una giornalista. Uno spettatore con problemi psichici diventa elemento disturbatore di una conferenza stampa.
Tra accenni e spiegazioni scopriamo finalmente l'installazione The Square: nella pavimentazione di una piazza è collocato un segnapasso a forma di quadrato che distingue un piccolo spazio interno “limitato” dal resto della piazza.
Una targa spiega che chi entra nell'area delimitata è invitato a prestare aiuto a chiunque ne abbia esplicito bisogno (con riferimento particolare a furti, molestie, aggressioni).  Da notare che l'opera esiste realmente ed è installata a firma di Ostlund in una piazza di una città  del sud della Svezia.
Il regista ha dunque costruito il film a partire da questa sua opera, come immaginandosi i vari accadimenti che hanno caratterizzato le giornate dello staff del museo che ospita l'esibizione ad essa collegata.
L'opera in sé è una provocazione che sensibilizza alla necessità di un ritorno  alla Democrazia (nel senso più stretto del termine) alla solidarietà, alla riscoperta di un'unità di vicinato.
Il paradosso che viene evidenziato nel corso del film è che gli stessi organizzatori hanno comportamenti “scorretti” che entrano palesemente in contraddizione con gli ideali dell'opera (ma del resto chi non li ha?), Altre volte ancora essi entrano in contatto con persone e situazioni alquanto discutibili.
Capita però che nei momenti in cui prestano la massima attenzione al senso del lavoro che stanno svolgendo, abbiano una momentanea illuminazione. Allora è così che questa cambia parte del loro comportamento. Come se l'opera fosse riuscita davvero a farli riflettere.
La seconda parte il film, dopo tante risate, ha qualche momento destabilizzante che zittisce la sala.
Ha suscitato molto scalpore la scena (ripresa da alcune locandine) in cui alla cena di gala dei finanziatori si assiste ad una performance.
Un uomo corpulento finge di essere un gorilla, che ovviamente ha dei comportamenti imprevedibili e potenzialmente aggressivi. La scena è lunga e sofferta. Gli invitati assistono impotenti ai movimenti sempre più preoccupanti del gorilla, qualcuno invita a sospendere, altri lasciano la sala con circospezione. Il performer non ha la minima intenzione di mollare prima della fine.
E oltrepassa il limite, fino a quando alcuni degli invitati si coalizzano e riescono a fermarlo.
Tutti noi spettatori in sala,  simultaneamente (ho avvertito un sussulto generale) ci siamo chiesti se fosse o meno legittimo che l'attore portasse così in là l'esperimento.
La risposta è, credo, abbastanza scontata.
Forse invece nessuno di noi si è concentrato sulla reazione degli invitati alla performance. Sul loro, tardivo, intervento.
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entertheblackcircle · 6 years
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Forza maggiore di Robert Ostlund
Una coppia con due figli trascorre una settimana bianca in un albergo di una località sciistica. Ostlund non si perde in preamboli. Ci mostra una Vacanza, che scorre nella pura normalità.
Poi una telecamera fissa e distante, quasi fosse la registrazione a circuito chiuso dell'albergo, li riprende mentre pranzano su un terrazzo.
All'improvviso una slavina si stacca dal fianco della montagna. Le persone presenti se ne accorgono, subito prendono i telefonini e girano un video. La valanga appare lontana e controllata, e offre uno spettacolo meraviglioso...
Passano appena quattro cinque secondi. E' veramente questione di un attimo. Tutti si rendono conto che la neve si avvicina pericolosamente e li sta per travolgere. C'è chi si blocca, chi capisce prima, e chi dopo. Chi fugge e chi rimane impietrito.
Il padre è tra quelli che istintivamente si defilano. La madre resta immobile, come i figli, ma fa quasi da scudo per proteggerli.
Una gran nuvola di nevischio avvolge tutto, poco dopo si dirada.
Solo un grande spavento, nessuno si è fatto male.
Ecco, sappiamo in che direzione si muove il film.
Ci mostra le diverse reazioni di fronte a un fatto assolutamente fuori dall'ordinario. Una coppia, apparentemente stabile e felice, viene messa alla prova da un evento potenzialmente tragico: si tratta di una sorta di prova generale, simile ad una esercitazione dei vigili del fuoco.
Una prova generale che potrebbe, a detta di qualcuno, dimostrare quello che siamo veramente, la nostra essenza ultima. Dire una volta per tutte se possediamo quel coraggio e quell'altruismo che ci inducono a proteggere i nostri cari a qualsiasi costo, anche della vita.
La coppia riprende la sua attività di vacanza, normalmente, come se nulla fosse accaduto, ma è solo apparenza.
La moglie cova un rancore tremendo. Si intuisce fin da subito che è profondamente delusa dal marito, forse in modo irrevocabile. Resta imbronciata. Si isola.
Poi pretende una sorta di chiarimento. Il marito la porta in corridoio per non fare assistere i bambini a una discussione che si annuncia piena di tensione. O almeno così ce la aspettiamo.
In realtà i due si accordano per un Finiamola qui, non è successo niente.
Ed ecco che la magia di Forza maggiore si scatena: Inizia un gioco di rabbie trattenute, sguardi, sfoghi, esplosioni d'ira.
Frequentano altre coppie. Ci vengono mostrati frammenti di conversazioni, poi all'improvviso la moglie inizia la sua vendetta personale, e annuncia il fatto agli amici, coinvolgendoli.
E' l'imbarazzo più totale. Ciò che rende unico il film  è che il disagio è trasmesso allo spettatore. Traumaticamente. Vediamo la scena e ci prende una morsa allo stomaco. Aiutano in questo gli attori, straordinari, credibili, che instillano in noi la loro stessa incredulità.
Da questo momento in poi il film è un crescendo di tensione. Un succedersi di eventi, più interiori che altro, espressi sempre attraverso impercettibili sfumature.
E' un film minimale, in cui molti dei pensieri li si possono soltanto immaginare.
Spesso, contemporaneamente ai vari personaggi chiamati in causa, a nostra volta coinvolti, ci chiediamo quanto il comportamento del marito sia stato sbagliato oppure addirittura grave o imperdonabile.
Istintivamente in ognuno si scatena un dibattito profondamente etico.
Non dirò altro. Il finale, che potrebbe ribaltare la prospettiva, è secondo me di una raffinatezza unica nel suo genere, dice tutto, senza dire nulla, con un immagine di una forza straordinaria
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entertheblackcircle · 6 years
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Rams di Grimur Hakonarson
Film commovente e morale. Si esce dalla sala rigenerati. E un gioellino minimale, piccolo e senza pretese. Non prevede sermoni, dissertazioni filosofiche, non vi è nulla di astruso da capire.
Eppure, nella sua semplicità, contiene davvero tutto quello che occorre sapere nella vita.
C'è solo il gelo islandese. E c'è un uomo che lotta contro tutto e tutti per salvare le sue pecore dalla malattia. La cura che dedica a loro è davvero tutto, è il senso stesso dell'universo. Senza bisogno di ragionamento alcuno.
E che dire dell'immensità della tenerezza in quell'abbraccio finale/mortale e disperato di una riappacificazione tra fratelli, segreta ed inconoscibile se non per loro (e per gli spettatori)?
E' una delle sequenze leggendarie della storia del cinema.
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entertheblackcircle · 6 years
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Luce d’estate ed è subito notte di Jon Kjalman Stefansson
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Un minuscolo villaggio affacciato su un fiordo e storie intrecciate. Racconti che fluiscono in soluzione di continuità, costruendo un romanzo spontaneo. Una cronaca locale.
Il narratore,  con una libertà che trovo accattivante e così naturale, a volte utilizza il plurale, come nelle prime pagine: “ci pensiamo ogni tanto, ma nessuno ha il coraggio di chiedere”. Una tecnica che riesce come non mai a creare l'atmosfera del personaggio corale.
Il villaggio diventa dunque un'entità a sé stante, che vive di vita propria. Tutti conoscono tutti e vivono un'esistenza comune, pregna di momenti collettivi.
La particolarità è proprio nel fatto che molti sono descritti come personaggi schivi, solitari, rispondenti al pregiudizio che vede il nordico come “freddo”. All'apparenza. In realtà questi solitari si scoprono perennemente affratellati, uniti in un destino comune, indipendentemente dal fatto che si parlino o si ignorino.
L'unità di vicinato, altrove così rara e preziosa, permea ogni pagina.
Ne è il simbolo l'onnipresente cooperativa del maglificio, che ha segnato la storia locale, è fallita e rivive intensamente nel ricordo di ognuno.
L'ex direttore pare impazzire, molla tutto, scopre la passione per l'astronomia, e alla fine si propone per un ciclo di lezioni in piazza.
Ecco, questo è un momento pieno di pathos. Ci si immagina col sole di mezzanotte tutto il villaggio seduto davanti al palco che freme per sapere cosa dirà.
Seduti l'uno accanto all'altra i personaggi, che si conosceranno via via con lo scorrere delle loro storie.
Racconti di un inverno che dura mesi immerso nel buio interminabile. Racconti di fantasmi, di tradimenti e passioni, di desideri sopiti e finalmente realizzati.
Con una tensione al lirismo sempre presente:
“chi abita vicino al mare ha la superficie dell'acqua sempre viva davanti alla finestra e può starsene fuori in veranda con una tazza di caffè”,
giustificata dallo scenario naturale, che inevitabilmente si impone con la sua presenza ingombrante.
E poi c'è la riflessione, continua, aleggiante, immancabile in Stefansson: sempre alla caccia di un significato più profondo dell'esistenza, di un senso ultimo, di un perché.
Storie, futili pettegolezzi se vogliamo, ma tesi al disvelamento di un'essenza, di un filo nascosto dietro allo svolgersi degli eventi.
E risate e humor che non mancano, e che forse da sole hanno saputo decretare l'enorme successo mondiale di questo libro.
Ma, attenzione, non è tutto da ridere, e nemmeno così idilliaco come sembra.
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entertheblackcircle · 6 years
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entertheblackcircle · 6 years
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entertheblackcircle · 6 years
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entertheblackcircle · 6 years
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entertheblackcircle · 6 years
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La tristezza degli angeli Jon Kalman Stefansson Iperborea
La tristezza degli angeli è la storia di un postino islandese. Siamo a fine Ottocento, allora consegnare lettere era un mestiere estremamente pericoloso. Si dovevano percorrere decine di chilometri, magari in pieno inverno, con bufere di neve in corso, visibilità azzerata, prestando la massima attenzione per non finire in un crepaccio o giù per la scogliera, visto che i sentieri sui pendi rasentano i fiordi.
Questo è il romanzo dell'impresa dell'uomo, forte ed ostinato nel voler a tutti i costi resistere alla forza degli elementi. L'uomo contrapposto a una natura immensa, sconfinata e crudele. Che accompagna la lettura ad ogni passo. Stefansson è sempre proteso al lirismo estremo, e ci rende partecipi dell'”ascolto del canto delle stelle”, oppure ci permette di ascoltare con lui il respiro del mare.
Mare che per gli abitanti è una bestia, un'animale vivo, con un suo umore e una sua ferocia, che ha spazzato via molte vite tra i pescatori.
Il postino è accompagnato per una consegna da un ragazzo a cui hanno destinato di aiutarlo. Per una consegna che si rivelerà difficile, estrema.
I due protagonisti attraversano una tempesta e giungono moribondi a una fattoria, dove vengono salvati e rimessi in sesto. Ma la loro missione li attende. E ogni volta arrivano stremati a una nuova fattoria.
L'incanto evidente di questo libro è nello scoprire i microcosmi in cui vivono queste famiglie isolate. Il loro arcaico vivere nel bel mezzo del nulla senza possedere nulla, se non la loro pur rude umanità, che spesso si rivela generosa e inaspettata.
La tristezza degli angeli riscopre il senso profondo di una vita priva di ogni comodità e anche di un interazione con il mondo esterno. Niente TV niente Internet, niente sms.
Soltanto il calore umano. Cullati dagli altopiani e dalle montagne. Sotto lo stesso tetto con gli animali. Che partecipano alla vita, sembrano persino interloquire.
In una scena struggente i due si rifugiano in una stalla, sotto gli occhi stupefatti di quaranta pecore che li fissano, forse primi esseri umani che vedono oltre al loro padrone.
Ed allora ecco che per magia si stabilisce il contatto.
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entertheblackcircle · 6 years
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