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A TE MARIETTA (1855-1872)
A te Marietta!
che se sei stata la gioia, l’amore di qualcuno.
A te Marietta!
che non ti ho vista mai.
A te che t’immagino come un fiore
che sboccia, fiorisce e muore senza dolore:
chi potrà mai piangere o lodare
la tua cruda e gelida pietra
che forte ed imperterrita
sembra sfidare la collera del tempo?
A te Marietta!
che ti penso sempre
come una dolce ragazza vestita di bianco
che con il bruno dei tuoi capelli
formi un vistoso e sublime color di primavera
a te che guardando la tua tomba
mi s’incenerisce il cuore.
A te Marietta!
che nessuno un volto ti sa dare
e che con insistenza la tua immagine m’immerge
nel lontano passato della tua vita.
Non so chi tu sia stata
né saprò mai il motivo della morte che presto ti colpì
ma so con certezza che questa è la tua pietra
e che in essa il tuo corpo giace.
A te Marietta!
scrivo queste righe
per aggrapparmi all’illusione di un lontano ricordo
che mai ci fu.
Dedicata a colei che brevemente fu
e che mai in vita conobbi
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L’IMMAGINE
Un bagliore improvviso
squarcia la mia mente assente
e dall’ignoto all’ignoto
ora fugge ora torna, ora torna ora fugge.
Pallida e soave
di dolcezza inebriata
m’appar dinanzi
ancor e sempre.
Nitida sagoma,
a tratti t’avvicini
di colpo, opaca t’allontani.
Le sciolte tue trecce
dal terreno mondo sembran distaccarmi
trascinandomi in sconosciute dimensioni
dove neanch’io so chi ero, chi sarò.
Fulgidi gli occhi tuoi
m’abbaglian forte
ed io ti sento in me
o sconosciuta immagine
di profondo mistero velata.
Non un volto, non una realtà
solo negletti ed esili fiori
ed un’antica tomba assopita accanto
per trattenere forte
l’enigma della tua sorte.
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DESCRIZIONE D’UN RITRATTO FUNEBRE
Da lassù, in uno strano sogno, Marietta mi narrò del giorno in cui morì.
Quel suo lontano ricordo del 28 settembre 1872.
“Ancor limpido era il sole della mia giovinezza
anche se lì fuori con pioggia e vento
battea la morte alla mia porta
e con voce certa ma affannata forte mi gridava:
«Vieni Marietta, presto vieni».
Ricordo lontanamente che in un primo momento
un brivido di paura m’assalia fino a farmi tremar
ma poi aprendo nuovamente gli occhi
il composto sguardo di mio padre il mio coraggio mi ridiede
e mentre un prete mi donava l’estrema unzione,
io sentivo di dover andare fra le secrete cose.
Scendean dalle scale le mie cugine
tristi apparentemente ma contente e fredde nell’animo,
mi facean pena vederle illudersi ancor
di quella lor vana ricerca della terrena bellezza
che come un fiore dal petalo si strappa
e appassendo muore.
Suonava l’organo un bimbo mai in vita conosciuto
ma che allora sembraa d’averlo visto da sempre
e in quella dolce musica
stancamente mi si chiudean gli occhi
mai rinnegando quella serena bellezza
che sempre in vita m’avea contraddistinta.
L’ultimo mio sguardo nel pallore della morte
era rivolto verso mia madre
che addolorata ma mai rassegnata
l’ultimo bacio mi donava.
Ed ora dopo che il tempo tante orme ha cancellato
i miei pensieri son tanti ieri che nell’ignoto fuggon lontano
ed il mio oggi così come domani è armoniosa luce”.
E fu così
che dal sogno mi destai
completamente assente.
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B I B L I O G R A F I A
-COME SONO DENTRO
-ANIMA SEPOLTA
-APOCALISSE MENTALE
-COLEI CHE BREVEMENTE FU E CHE MAI IN VITA CONOBBI
-IL VECCHIO E LA RAGAZZA
-LA MIA ANIMA E' NUDA
-IL SILENZIO NEL SILENZIO
-SENSAZIONI
-LA FINE DELLA CICOGNA
-EROS E MORTE
-LA LUNA DI PETER PAN
-TUTTO SU DI ME
-L'ANIMA DEL MARE
-LUCE
-IL MIO MONDO IN VERSI
-ATTRAVERSANDO IL SOLE
-VIAGGIO NELL'ANIMO DI UNO SCRITTORE
-ENIGMI INTERIORI
-LAILA
-PREGHERO’
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R E C E N S I O N I
È sempre difficile parlare di qualcuno con cui si hanno rapporti di profonda amicizia, mantenendo il giusto equilibrio.
Claudio Cisco nasce a Messina il 18/10/1964. Ho il piacere di conoscerlo da più di trent’anni, da quando cioè ero suo compagno di classe nelle scuole elementari. Non posso non ricordare con emozione quei periodi mai più ripetibili e in particolare il suo grande e quasi inspiegabile talento nello scrivere, rivelatosi sin dalla tenera età.
Ho ancora davanti agli occhi, come se il tempo non fosse mai trascorso, quel suo viso espressivo e misterioso insieme, meditativo e lontano che nascondeva chissà quali segreti, chissà quali pensieri, pensieri sicuramente molto più grandi di lui, fuori dal comune che nessuno all’infuori di lui poteva comprendere, così diversi e complicati rispetto ai miei e a quelli di tutti gli altri nostri compagnetti. Rivedo ancora nella memoria quei suoi occhi chiari e tristi di bambino, concentrati fissi sul quaderno e la sua mano che, come un automa, muoveva quella penna riempiendo infinite pagine, seguendo la traccia d’un tema, come se non riuscisse a fermarsi. Tutti noi suoi compagni, restavamo ammutoliti a guardarlo senza nulla saper scrivere, chiedendoci da dove riuscisse a tirare fuori tanta ispirazione pur riconoscendogli e ammirandone il suo grande dono di natura.
Continuo a seguire le immagini che il ricordo mi restituisce e rivedo con nostalgia i tempi dell’adolescenza quando ci frequentavamo, così diversi l’uno dall’altro. Lui solitario e introverso, un po’ timido che rideva a malapena d’un sorriso ineffabile e quasi celeste, io, al contrario, chiassoso ed esuberante ma ci rispettavamo sul serio, pur nella diversità dei caratteri, ci dividevamo ogni cosa, il panino in classe lo spezzavamo sempre in due, ci volevamo un bene dell’anima. Anzi, ad esser sincero, io sentivo verso di lui, quasi un complesso di inferiorità consapevole delle sue capacità artistiche ma mi sono guardato bene dal farglielo presente per non metterlo in una situazione d’imbarazzo.
Oggi che siamo diventati adulti, osservandolo, non riesco a staccare la sua immagine di adesso, da quella di quand’era bambino, sembra essere rimasto lo stesso, quasi si rifiutasse di crescere, a dimostrare che la giovinezza, quando la si possiede nell’anima, è eterna.
L’altro giorno, mi propone un suo libro “Come sono dentro”. Rimango, pur conoscendo la sua genialità creativa, stupito ugualmente e totalmente coinvolto dall’energia che emana. Il suo modo di scrivere è fuori da schemi. Le sue liriche danno risalto all’anima, a volte possente e virile, altre dolcissima e perdutamente sola ma sempre viva con un disperato bisogno di comunicare.
La lettura del libro poi mi rapisce totalmente. Colgo senza limiti il significato e la bellezza poetica.
Sono consapevole di essere di fronte ad una espressione artistica che va oltre le punte più avanzate degli scrittori di quest’epoca.
Non so se il lettore sia in grado di recepire tanta sensibilità e forza creativa, credo piuttosto che possa rimanerne sbalordito.
Questo libro raccoglie il meglio delle opere dell’autore dalla fanciullezza ad oggi, come sintesi della sua evoluzione poetica ed umana in genere. Per questo, con vivo interesse, vi invito a prenderlo in considerazione.
Vincenzo Fratantonio
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Claudio Cisco nasce a Messina nel 1964. Rivela sin da piccolo una fervida vita interiore che si sviluppò non solo nel fervore dell’immaginazione e nell’intensità del sentimento, ma anche in uno slancio artistico pertinace e costante. Ricco di intuizioni e creatività, soverchiato dall’impeto della sua fantasia e da una straordinaria capacità nel creare immagini, precocissimo nella sua inclinazione all’arte in genere, riesce ad estrinsecare il suo innato talento nello scrivere, esprimendo così il segreto palpito e il ritmo stesso della sua anima. Dotato di sensibilità profondissima e acuta, fuori dalla norma, di una freschezza vibrante di sentimento e di una vivida intelligenza intuitiva trasferisce, con grazia singolare, le sue interiori vibrazioni artistiche, nei ritmi della sua scrittura. Ottiene effetti potentissimi di rara e grandissima bellezza con la sola collocazione delle parole perfettamente associate alle immagini, padrone di uno stile raffinato e originalissimo, riuscendo così ad armonizzare tutte le proprie qualità artistiche. Focalizzando sempre più la sua genialità creativa e rinnovandosi continuamente su schemi da lui stesso creati, inventa uno stile tutto suo, ben definito, non paragonabile a nessun altro, frantumando così gli schemi cosiddetti logici della scrittura tradizionale. Fa nascere un’armonia di lettura quasi ritmica per via di creazioni fantasiose assolutamente nuove nella storia degli scrittori contemporanei, rappresentando le cose non solo per il gusto della semplice descrizione ma anche e soprattutto per l’anima e il sentimento che le pervade facendole apparire così vicine e familiari e insieme remote e sfumate. Ne vien fuori una musica di parole e immagini, sciolte da ogni saggezza logica che diventano forma dell’essere, incarnazione della profonda realtà dell’anima, dell’assoluto.
Con immediata freschezza, l’autore sa cogliere l’essenza intima e nascosta delle cose della natura e delle sue creature. Vede luci improvvise e parziali, immagini fantastiche e surreali. Tende a rendere nella sua scrittura l’incanto delle sue visioni e del suo quasi infantile stupore.
Mette in evidenza gli aspetti misteriosi dell’universo, attraverso moti che salgono dall’anima, simboli e immagini fugacissime, allucinanti e folgoranti con le quali osserva e trasfigura le forme più recondite della realtà, muovendosi con esse entro l’alone del mistero. È un’insurrezione straordinariamente creativa e istintiva, animata dalla volontà di essere, di esistere, di crearsi un suo spazio. È un mosaico, il suo, carico di immagini suggestive e fantastiche, intrise di sensibilità, testimonianza dell’eterno e quasi inspiegabile contrasto tra le forze misteriose che ci governano e le luci chiare della speranza e dell’amore che si alternano tra loro, creando l’immortale contrasto tra il bene e il male, tra il positivo e il negativo. L’autore rivela con impressionante intuito artistico questo contrasto, rappresentandolo nei suoi versi con alternanza di situazioni fantastiche e quasi inverosimili a immagini cupe e invisibili.
Nella rovina di ogni altro valore conoscitivo, nel moderno senso del reale inteso come fugacità, mutevolezza, inconsistenza, nell’opprimente senso del mistero e dell’inconscio, la sua originalissima scrittura appare come sola via di salvezza, come solo valore in un mondo senza valori, come il solo modo di intendere e svelare la realtà. I suoi versi, abbattendosi tra creature immaginarie e inconscio, hanno una funzione di illuminazione e immediata rivelazione. Non sono né conoscenza e né intuizione, ma immedesimazione istantanea col tutto, fuori da ogni chiarificazione definitiva. È il suo, un atto di vita (forse l’unico possibile), di immediata partecipazione al ritmo frenetico della realtà. I suoi versi hanno altresì il potere di catturare del tutto chiunque li legga, dando luce ai fondi oscuri del suo essere attraverso una descrizione analitica di fatti e situazioni psicologiche che investono rapporti e nessi del tutto inusitati. Il suo modo di scrivere, in conclusione, è baleno di luce e di fantasia, trionfo di immagini nell’oscurità di un mondo spento dalla praticità e dal mostruoso materialismo di tutti i giorni. La vita vuol essere, per potersi realizzare, arte e in Claudio Cisco tutto questo si realizza. Arte e vita si confondono, la fantasia eclissa la realtà grazie alla sua creatività e partecipazione emotiva. Questo libro diventa quindi purissimo atto vitale, allargando i suoi limiti sino ai confini della vita.
Giovanni Pierantoni
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È la seconda volta che mi è stato gentilmente chiesto dall’autore stesso, di offrire una piccola parte di mio contributo ad una sua opera. Lo faccio sempre con gioia e con immenso piacere essendo un convinto suo estimatore, profondamente certo delle sue qualità artistiche e prima ancora umane.
Anche in questa raccolta di liriche, le vicende psicologiche dell’autore divengono esse stesse motivo di poesia, del resto non c’è opera che insieme con il poeta non rispecchi anche l’uomo con i suoi timori, i suoi dolori, le sue speranze.
Cisco rivela chiaramente le ragioni psicologiche del suo isolamento dalla vita pratica e il suo amore per la solitudine. Esprime con vigore e precisione i suoi stati d’animo ed effonde con un rapimento quasi mistico il suo travaglio psichico assieme alla pienezza dei suoi sentimenti in perenne contrasto tra loro; con una fiamma viva e sempre ardente di curiosità tende a carpire il mistero che avvolge l’universo. Ne vengono fuori pagine intrise di tristezza ma anche di profonda meditazione.
Cisco esprime ancora una volta il suo animo agitato e tormentato, fedele specchio d’un uomo prima e d’un artista dopo, perennemente inquieto. Continua nei labirinti della sua mente l’incessante lotta tra umano e divino, tra sacro e profano, tra ciò che gli altri considerano male e il bene, sempre alla ricerca di un porto sicuro, di una certezza, di una pace.
Il dominio, Cisco, lo ottiene solo nella sua poesia, in cui ogni parola, ogni immagine si piega docile ad esprimere i moti più segreti del suo animo, elargendo nei suoi versi bellezza e armonia. Diffonde nella natura, come anche nelle sue liriche, le sue inquietudini, i suoi sogni, le sue delusioni e l’orizzonte naturale diviene il riflesso di quello interiore.
Il tema forse più profondo trattato in quest’opera, è rappresentato dal doloroso distacco tra la giovinezza e l’età matura. Nell’anima tutta raccolta in se stessa, si fa viva e struggente la memoria dell’infanzia con le sue dolci fantasie sbiadite e perdute.
Ma pur nell’accento doloroso della perdita, essa rimane sempre nel ricordo, un mito sereno chiuso in una luce limpida.
È ancora la fragilità del tempo che scorre e dell’uomo che perisce, rivelata dall’autore nelle sue liriche, con grande maestria artistica e insieme struggente nostalgia.
E poi ancora la contemplazione della natura bella ma ingannevole, intesa come tremenda e vana fatica, incomprensibile agli esseri umani, che tende a sfociare nella morte. In questa intensità di vita così esclusivamente soggettiva, la natura, gli uomini e le cose tutte del mondo esterno, sono assunte entro lo stato d’animo dell’autore e rappresentano il battito che il suo cuore di volta in volta conferisce loro.
Le cose si umanizzano e cantano, piangono, sospirano in un’intima corrispondenza tra il poeta e la natura.
Tutto sembra malinconia di cose perdute e di vane promesse, quasi un sogno inappagato, una preghiera appena sussurrata senza speranza e gli esseri viventi sono creature che corrono verso la morte.
In conclusione, grazie alla lettura del suo quarto libro, ho potuto capire come Cisco sia impossibilitato di essere e di realizzarsi in un mondo che nega tanto più crudelmente la felicità, quanto maggiore è la nostra virtù.
GIOVANNI PIERANTONI
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Cisco non smette mai di sorprendermi, come Autore ma soprattutto come uomo.
Ho letto attentamente tutte le sue opere e sono stato uno tra i suoi più “incalliti” critici. Ma l’ho fatto sempre in buona fede e con profondo rispetto verso la sua persona, seguendo una linea coerente di attento valutatore letterario, dettata da principi ai quali presto solenne fedeltà. Come ricompensa a tutto questo, Cisco mi propone addirittura di introdurgli il suo libro, garantendomi massima libertà d’espressione. Confesso che non me l’aspettavo ma ciò non toglie che ho accettato con piacere, spinto da una volontà di esser ancora più sincero e imparziale di prima. L’Autore l’ho sempre apprezzato nelle sue capacità narratorie, sicuramente più che in quelle poetiche. Le sue liriche infatti, le ho sempre considerate poeticamente efficaci nel contenuto, ma con un linguaggio formale non sufficiente per attribuirgli lo “status” di poeta. Dopo la lettura dell’opera in questione, devo parzialmente ricredermi perché alcune liriche in essa contenute, ricalcano ancora lo stile di quelle precedenti. Nella maggioranza delle composizioni poetiche però, l’Autore dà l’impressione di crearne uno nuovo dimostrando coraggio e voglia di rinnovarsi, ottenendo discreti risultati. Il linguaggio nella sua ricerca del “vocabolo” appare più sofisticato, più raffinato, più studiato, anche nelle forme poetiche più lunghe, quasi prosaiche, si evidenzia questa ricchezza di sonorità e significato delle parole, assolutamente nuova nella poetica di Cisco.
Quello che più ammiro nel suddetto artista, è la sua capacità torrenziale di scrittura che sgorga spontanea ed istintiva dalla fervida sorgente della sua creatività e che lo spinge, sia pure in maniera istintiva e non sempre perfetta, a creare opere anche di lunghe dimensioni, in un lasso di tempo minimo. Testimonianza di un innato talento che andrebbe, secondo me, seguito, migliorato e indirizzato verso la strada giusta. In quest’opera poetica, finalmente, non più esasperate, affrante e maniacali esaltazioni della propria privata solitudine né continue ed infantili fughe adolescenziali, ma un’intelligente ed efficace apertura verso tematiche svariate di più ampio respiro: quella onirico-fabulosa (già presente in opere precedenti), quella orientata verso la riscoperta di culture e civiltà lontane e diverse dalla nostra (quella celtica, ad esempio, quella greca). E poi ancora la rivendicazione di libertà sessuali ritenute ancora tabù, le valide ed approfondite descrizioni paesaggistiche, introspettive, psicologiche.
In conclusione di questo mio intervento, auguro di cuore all’Autore e alla sua “nuova” opera, di ottenere un ottimo riscontro da parte dei lettori gettando così le basi per un cammino sempre più ricco di soddisfazioni e consensi e definisco Cisco un “istrione” della scrittura, uno che mischia religiosità e trasgressione, a volte divinamente, altre con limiti e margini di miglioramento ma riuscendo sempre a sorprendere.
Walter Di Pietro
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Leggendo gli scritti che Cisco propone in enorme quantità, attentamente col cuore predisposto e aperto alla poesia, mi convinco sempre più di quanta ricchezza vi sia in questo autore così particolare, in quest'anima solitaria, forse incompresa, meravigliosamente creativa. Cisco non balza agli occhi di chi lo legge solo come poeta, come uno dei tanti "scribacchini" persi nell'immenso viale della letteratura. No! Egli è di più di questo, molto di più, non può e non merita di essere confuso nella massa. E' il dramma interiore d'un uomo originalissimo e perennemente inquieto che risalta prepotentemente all'attenzione. Nella vita come nell'arte Cisco è uguale, non distingue i due aspetti, è coerente, vero, incredibilmente sincero, è lui, sempre e solo lui, senza maschere o finzioni di nessun tipo, degno anche per questo, ma non solo, d'essere apprezzato e seguito. Cisco è nella vita reale lo stesso che si mostra nei suoi scritti, e cioè quell'eterno bambino che mai crescerà e si realizzerà nella vita pratica, un'eterna impossibilità di essere che si manifesta chiaramente in ogni sua poesia, in qualunque sua narrazione, nei suoi scritti in genere. Non ho mai conosciuto in vita mia un modo di essere così particolare come quello suo, drammaticamente chiuso ad ogni contatto con la società e col mondo reale ma paradossalmente ricco di idee, pensieri, emozioni, cose da dire e comunicare, un vero vulcano di creatività, un flusso inarrestabile di sensazioni, di elettrizzante energia capace di travolgere chiunque lo legga. E' un esempio di vita interiore, di profonda meditazione cercata, voluta, desiderata, oserei dire quasi bramata, un contatto diretto col proprio io che sente la necessità e il bisogno di esiliarsi per ritrovarsi ancora una volta, esprimendosi e rinnovandosi continuamente. Cisco è talento naturale ed istintivo prima di tutto, è anima vivente che trova nella sua arte l'immortalità, trae dalla fervida fonte dell'ispirazione, la sua linfa vitale, quell'energia in grado di lasciar spaziare uno spirito così libero ed etereo, fuori dalla misera prigione del suo corpo mortale e la sua poesia piomba nel trascendente sospinta dalla forza del pensiero e della mente, dalla vittoria dell'immaginazione sulla banalità della vita pratica. Davanti a quest'ottica di valutazione del tutto singolare, qualunque suo scritto, anche una virgola o una semplice parola, diviene ricco di "LUCE" e palpitante di idee, di emozioni, di poesia nel vero senso della parola. E' impossibile insomma inquadrare Cisco in un contesto letterario ben specifico: E' la sua anima che si frappone prepotentemente davanti ad ogni valutazione, scardinando ogni identità letteraria. La sua inconfondibile e grandiosamente patetica figura d'uomo è al centro di ogni possibile giudizio; per questo motivo mi sottraggo volontariamente dalle tematiche riguardanti l'opera in questione perchè essa, sia pure fondamentale e valida, passa quasi in secondo piano eclissata dalla potenza espressiva in genere del proprio autore. In conclusione, auguro con tutto il cuore al mio amico, prima di ogni cosa, e poeta Cisco di continuare il gratificante cammino letterario in perfetta simbiosi con questo suo "strano" vivere, per formare una comunione di emozioni uniche, vive e sempre nuove che dura da sempre rinnovandosi continuamente, arricchendo il lettore ma soprattutto egli stesso.
FRANCESCO RINALDI
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Conosco da poco tempo il modo di scrivere di Claudio Cisco. Lo apprezzo sia come scrittore, sia come poeta. Trovo in quello che scrive sincerità e sensibilità.
È uno scrittore libero che ha il coraggio di scrivere sempre quello che sente, infischiandosene delle censure e dei falsi moralismi. È dolce, tenero, romantico ma se vuole, sa essere chiaro, duro, inequivocabile. Scrittori così ne nascono uno su mille. Si avvale di una scrittura lirica, gustosa e scorrevole, accessibile a tutti, di alta letteratura, capace di creare poesia pur facendo prosa. Ho letto il suo libro “Come sono dentro”, poi un altro ancora “Colei che brevemente fu e che mai in vita conobbi”, due libri che reputo artisticamente validi. Il giudizio su un’opera letteraria è sempre soggettivo e variabile. Posso tuttavia dirvi in base alla mia esperienza di critico d’arte, che nessuno di questi due libri citati mette in completa evidenza il grande talento di questo scrittore. È in quest’opera “Il vecchio e la ragazza” che tutte le sue grandi potenzialità escono fuori rivelando eccellente capacità di analisi psicologica dei vari personaggi narrati e superlativa arte descrittiva nel configurare armonicamente la trama del racconto. Soltanto un grande scrittore è capace di penetrare così a fondo nel cuore e nella mente dei suoi protagonisti, può parlare di erotismo senza scadere mai nella volgarità e nel cattivo gusto ma trasformandolo in pura manifestazione artistica, catturando del tutto il lettore dalla prima all’ultima pagina del libro.
Con quest’opera Claudio Cisco dimostra, a chi ne avesse ancora il minimo dubbio, di essere uno scrittore bravo e capace. Questo libro è, a mio giudizio, un autentico capolavoro destinato ad un grande successo di vendita, se preso in considerazione con attenzione e come merita, in questo mondo editoriale di oggi, troppo spesso carico di immondizie letterarie. Qualunque altra parola sulla validità di quest’opera risulterebbe superflua, il libro parla da solo, basta leggerne le pagine per rendersene conto. Chi capisce minimamente di arte, non può smentirmi.
Antonio Cucinotta
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Scrittore e poeta. Animo sensibilissimo, dotato di un'ottima vena creativa e di una ricchezza di idee, raccoglie tutte le sue liriche scritte sin da bambino e le inserisce nel suo primo libro "COME SONO DENTRO". Ma non fu un inizio facile per l'esordiente autore messinese. Apprezzato dal pubblico per l'accessibilità dei suoi veri, viene invece osteggiato dalla critica che non gradisce il suo modo di scrivere fuori da schemi letterari e i suoi testi che si barcamenano con troppa facilità nel trasformismo. Dalla poesia alla narrativa il passo è breve e l'autore crea in poco tempo due libri con storie e tematiche quasi opposte "COLEI CHE BREVEMENTE FU E CHE MAI IN VITA CONOBBI" e "IL VECCHIO E LA RAGAZZA", rivelando una innata e naturale capacità narratoria unita ad un'attenta analisi psicologica di persone e fatti raccontati. Ma il suo primo amore, la poesia, non conosce declino nell'ispirazione dell'autore e, uno dopo l'altro, nascono tre altri libri "LA MIA ANIMA E' NUDA, "Il SILENZIO NEL SILENZIO" e "SENSAZIONI" segno di uno scrittore che sa continuamente rinnovarsi proponendo opere sempre nuove ed attuali riuscendo a catturare e stupire sempre.
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Appassionato dell'arte in tutte le sue forme e manifestazioni, trova prestissimo la propria realizzazione artistica nella letteratura, anche perchè sollecitato sin da giovanissimo da una innata predisposizione verso la scrittura che si è rivelata sempre viva e costante. Compone incessantemente sia in linguaggio poetico che in quello prosaico. Tra i temi trattati dall'autore con maggiore interesse durante questo cammino letterario spiccano l'amore per l'adolescenza e più in generale per la giovinezza, la continua e spasmodica ricerca di un contatto quasi epidermico con la natura come rifugio personale fin quasi a sentirsi in perfetta simbiosi con essa, la sempre presente attrazione verso l'irrazionale e l'indefinito che trova nel mondo della fantasia e dell'onirico, del misterioso e del fabuloso, la pià alta espressione della sua creatività. Malinconia e tristezza, desiderio d'evasione e tematiche esistenziali ma anche romanticismo e psicologia dell'animo umano, rappresentano i sentimenti e le attitudini più consoni all'autore che traspaiono riflessi emergendo attraverso i personaggi da lui creati che sono sempre gli ultimi e i disadattati, i sensibili e gli incompresi. Una fondamentale svolta nella creatività dell'autore, è stata data dalla sua recente conversione alla religione evangelica e cristiana che, avvicinandolo fortemente alla fede, gli ha permesso un radicale cambiamento di sentimenti e tematiche delle proprie opere, facendolo aprire conseguentemente all'ottimismo e alla certezza della speranza. I testi sprizzano da tutti i pori gioia e positività che hanno sostituito quel buio e quella negatività che vi aleggiavano prima della conversione.
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Malinconico e meditativo per natura, rivela sin da piccolo in trasparenza una sensibilità profondissima
ed una straordinaria vocazione per la scrittura. Sospinto da un innato talento e da un'incessante ispirazione artistica che si alimentano progressivamente col trascorrere del tempo e con le esperienze di vita, segue parallelamente sia la strada della poesia, sia quella della narrativa, restando fedele ad un genere che richiama allo stile romantico e triste talvolta ironico con notevoli slanci verso l'onirico e il misterioso, sempre attentissimo e portato verso introspezioni psicologiche.
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Spirito irrequieto ed artisticamente creativo. Scrive in prosa e versi spaziando attraverso varie tematiche: dal fantastico al surreale, dall’erotico al lugubre, dal mistico all’introspettivo.
DEDICHE E RINGRAZIAMENTI CONTENUTI NEI LIBRI:
“COME SONO DENTRO”
Come sono dentro è dedicato a mia madre che non ha mai smesso di volermi bene nonostante la mia vita sia stata un fallimento.
Ringrazio voi tutti che credete in me e nel mio libro.
Marietta per avermi ispirato ancora una volta
e infine me stesso per aver dato, nello scrivere e nella realizzazione di questo libro, tutto quello che avevo dentro.
“LA MIA ANIMA E’ NUDA”
La mia anima è nuda è dedicato al mio caro e grande amico Giovanni Pierantoni che mi ha sempre incoraggiato a proseguire il mio cammino lungo la mia strada di scrittore.
“PREGHERO’”
Pregherò è dedicato ai fratelli e alle sorelle della chiesa apostolica.
“SENSAZIONI”
Sensazioni è dedicato alla mia cara amica Giovanna Taranto che sta guidando i miei passi finalzzati all’incontro con Cristo.
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EROS E MORTE
Eros e morte
camminano insieme,
l'uno a fianco dell'altro,
dall'origine dell'universo
sino all'eternità.
Non può esistere il sesso
senza l'incombente presenza della morte,
e non si può morire per sempre
se non si sparge prima su questa terra il seme dell'amore.
Ogni essere umano comincia a morire
da quando un orgasmo lo genera,
e conserva nella memoria d'una lapide
parte di quell'amore che non separa la vita dalla morte.
Non c'è maga Circe capace di convincere Ulisse
col dono dell'immortalità,
e non esiste spada di Damocle sul punto di crollare
che spaventi l'uomo
perchè quest'ultimo, bramoso d’avere tutto e subito,
ostinato e vanitoso,
innamorato di quel breve soffio che è la vita,
è pronto a sfidare persino gli dei primeggiando
pur di amare e morire,
respirando fino all'ultimo alito di vita,
sfruttando anche l'ultima goccia di sangue che arrivi al cuore.
Dinanzi a tanta meravigliosa presunzione di vitalità
anche l'Onnipotente resterebbe senza parole.
MADRE E FIGLIO
Perchè sei così sporco, figlio mio?
sembri il figlio di nessuno!
Ho fatto l'amore per la prima volta, madre!
con una grande signora.
Perchè l'hai fatto, figlio mio?
c'è il tempo giusto per ogni cosa.
Volevo farlo, madre!
non volevo avere rimpianti.
Ma sei impazzito, figlio mio!
hai imboccato una strada sbagliata.
Forse sto sbagliando, madre!
ma abbiamo sentito di farlo sulla terra e nel fango.
Tu hai perso il senno della ragione, figlio mio!
non ascolti più neanche tua madre.
Io ti voglio ancora bene, madre!
ma oggi ho scoperto di avere un'altra madre:
è questa terra che stringo nelle mani,
e l'aria che sto respirando,
e la natura, il mondo, l'universo
e tutto ciò che mi sta intorno.
E quando mi sentirò triste e solo,
mi arrotolerò con gioia nel fango,
soffierò felice sulla polvere delle mie mani,
bacerò i fiori dei campi
e mi laverò la faccia con l'acqua dei ruscelli.
Non ti capisco e non ti riconosco più, figlio mio!
ma come parli?
Io invece ora mi conosco bene, madre!
parlo col linguaggio dell'amore!
E darei tutto quel che ho
pur di trasmetterti la felicità che ho dentro.
IL MIO CORPO SUL TUO CORPO
Il mio corpo sul tuo corpo
si muove lentamente.
Il mio corpo sul tuo corpo
si dimena dolcemente.
Voglio scoprire il tuo segreto,
sprofondare nell'intima tua essenza
fino a esplodere in te violentemente
svuotando il mio liquido nel tuo nido inebriante.
Ora che sono in te
non puoi più nascondermi nulla,
ho svelato il tuo mistero di donna,
io ti possiedo, so tutto di te.
Prepotente,
sono entrato nella tua inesplorata caverna,
e nei tuoi umidi anfratti
sto scivolando.
Sono io il tuo corpo.
Sono io l'universo.
BIANCANEVE
Ragazzini eravamo forse bambini
una decina circa non di più
8-10-13 anni al massimo
queste le nostre età.
35 anni aveva lei se ben ricordo
Biancaneve la chiamavamo noi,
per cinquemila lire il pisellino ci toccava,
per dieci lo succhiava.
Infine per trentamila l'amore faceva
e sempre con uno per volta
mai tutti assieme
o più di uno.
Com'era bella Biancaneve nostra!
Com'era dolce e comprensiva!
Come ci sapeva fare!
Un dolce segreto era e nessuno di noi mai parlò.
Per caso l'ho rivista dopo 30 anni e forse più
appesantita, invecchiata, sfiorita, la nonna pareva
di quella Biancaneve conosciuta allora
ma un sussulto al cuore ho avuto lo stesso nel vederla:
"Biancaneve!"
d'istinto le ho detto senza volerlo;
"Prego?"
mi ha risposto stupita lei.
LE TUE MANI
Le tue mani morbide più della seta
sfiorano con dolcezza il mio pene,
lo accarezzano,
lo stringono,
lo muovono.
Chiudo gli occhi
mi concentro su quel delizioso piacere,
sospiro piano,
mi abbandono vinto,
abbraccio l'estasi.
Come un trovatello ragazzino
stretto fra le tue mani,
il mio membro si lascia andare,
cresce sempre più
nell'eccitante movimento d'un'altalena.
Il cuore ora sembra scoppiarmi in petto,
incontrollabile diviene il mio respiro,
esplode come neve bianca
il succo del mio piacere
splendido dono per le tue sapienti mani.
AMPLESSO
I nostri corpi che si scontrano
e si possiedono senza tregua.
Pelle bollente,
segnata,
battuta,
e il sangue che scorre dentro
impazzito.
Fluisco dentro di te
come un'onda inarrestabile
che mi porta a riva,
e poi
mi spinge di nuovo al largo.
Scopro limiti che mi fai superare
ancora prima che io me li ponga.
Non resisto perchè non voglio resistere.
Prima ti penetro la mente con la mente,
poi il sesso con il sesso.
Il tuo corpo apre la folle danza del piacere
e il mio puntuale risponde.
Penetro in te in profondità.
E' come se io stesso entrassi in me,
scavando tra emozioni e desideri
che non conosco
e scopro ogni volta come fosse la prima.
Ti accarezzo
come un soffio di vento
e mi scuoto quando esplodo in te,
quando godo nella parte più intima del tuo corpo,
quando esce l'animale che ruggisce dentro di me.
E in quei momenti,
possiedo anche la parte più intima
della tua anima.
Ti faccio gemere, urlare, tremare, godere, venire.
Per me tu sei sempre
completamente nuda
anche quando sei vestita,
mai ho desiderato tanto conoscerti!
possederti!
amarti!
TI POSSIEDO
Ti guardo negli occhi fiore del male
e poi ti bacio tirandoti i capelli.
Ti mordo forte le labbra,
ti strattono, ti sgrido, infine ti faccio gemere.
Stringo la tua carne fra le mie mani,
ti spoglio fin dove voglio,
ti costringo in tutto e per tutto.
Ti colpisco forte e non smetto
neppure quando mi supplichi,
poi piego il tuo corpo sul tavolo
e ti espongo, ti offro, ti apro.
Ti insulto,
ti faccio promettere l'impossibile,
m'impongo e dispongo di te,
ti infilo dietro qualsiasi cosa,
la forzo sempre più dentro lasciandola lì come dolce tortura,
ti ficco il mio sesso in bocca fino a non farti respirare.
Poi ti alzo il volto e ti guardo,
ti penetro col mio membro
riempiendoti di me e di altro.
Ignorando le tue lacrime
ti sbatto violentemente,
ti uso,
ti possiedo.
Non puoi più pensare ora
e nemmeno agire: kamasutra dammi l’estasi!
Finalmente ti ho dominata,
mi appartieni,
sei totalmente mia.
LEGATO
E' inquietante
questa corda nera
come l'atmosfera che respiro
attraverso la benda.
Mi preme sulla pelle
e mentre imprime strani disegni su di essa
sembra che il fuoco divoratore di cui è capace
mi trasformi ammaestrandomi con disciplina.
In preda a questo vizio perverso
che mi hai insegnato,
non so difendermi
nè voglio, mi lascio andare sconvolto nei sensi.
Questa corda mi appartiene,
i suoi fili intrecciati m'immobilizzano
iniettando nei miei occhi
sete di sfida.
Le parti del mio corpo vibrano
imprigionate in quella ragnatela di piacere,
risalta inconfondibile il desiderio
di abbandonarmi completamente a te.
Se non fosse stato creato il piacere sessuale
quanti peccati legati ad esso
non sarebbero stati commessi!
E’ perché è considerato peccato se piace così tanto?
Può il piacere sessuale essere anche piacere dell’anima?
STRANE SENSAZIONI
Strane sensazioni pervadono il corpo e la mente
mi attraversano, mi riempiono, mi lacerano, mi annientano:
la frusta, le corde, le catene
tutto mi consuma.
Attraversato, riempito, lacerato e infine annientato
e poi ancora sconfitto, umiliato, usato
in qualunque gesto, in ogni parte del corpo.
Quale grande capacità possiedi!
Quante infinite sensazioni mi regali!
Che potente nettare di piacere mi offri!
Strane sensazioni mi vincono
fino a divenire un tutt'uno di orgasmi
in una perfetta simbiosi.
IL MIO IMPERO
Sono entrato prepotentemente
nella tua anima fortificata.
Inesorabile ho abbattuto ogni tua difesa
e conquistato la tua nuda terra.
E ora
senza nessuna clemenza, nessun mistero
ciò che un tempo era soltanto tuo
adesso è anche mio.
Mi muovo espandendomi dentro te,
come fuoco che brucia appare il mio pene
forte quando divampa,
umiliato quando si spegne.
Ma anche tu sei crollata senza scampo,
nel tuo fragile corpo ormai
ho costruito il mio impero.
Arrenditi a me!
PAGLIACCIO BAMBINO
Tu sensuale, invitante, carnale
magica e perfetta nelle tue assurde follie di donna.
Gemiti appena sussurrati,
orgasmi urlati a squarciagola
ma sei sempre tu, tu e soltanto tu
dolce e glaciale, candida e perversa,
lucente angelo meravigliosamente diabolico.
Tu carne e cibo della mia mente,
pericoloso rifugio per la mia anima,
cavallone impazzito che travolge il mio mare di insicurezza.
Sento di essere un uomo
solo nell'istante in cui vengo in te,
poi torno e resto per sempre
pagliaccio bambino.
LA FINE DELLA MAGIA
Il mio respiro,
il suo.
Il mio battito,
il suo.
I respiri che si accordano
ritmici,
affannosi,
incalzanti,
ansimanti.
Il cuore
batte, batte, batte
tutto il petto batte,
pulsa in gola,
pulsa nell'anima.
I pensieri assumono lo stesso ritmo,
la stessa intensità,
si uniscono,
si esaltano.
Un crescendo folle e continuo:
vertigini,
ronzii,
la mente
che ha lasciato ogni controllo.
Le emozioni
sono padrone dei corpi.
Avvinghiarsi,
rotolarsi,
ubriacarsi,
urlare.
Secrezioni,
sudore,
saliva,
odori intensi.
Segnale della fine
o è solo l'inizio?
Silenzio...
assaporando la fine della magia.
SOLO UN ISTANTE
Il cuore che scoppia,
il respiro affannoso.
Esplodo finalmente
come unico rimedio
per non impazzire di piacere
ma è solo un istante!
La mente si svuota,
lentamente sento uscire
poco a poco ciò che è di lei.
Non sento più le mani, le gambe
non so più chi e dove sono:
odore, sudore, respiro
non sento più nulla!
non ho più un corpo,
mi sfugge l'anima.
E' solo un istante,
poi mi sento leggero.
Una piuma che lieve
si culla tra le nuvole
in un cielo immenso
e mai si posa.
Rientro di colpo nella realtà
disteso sopra il suo corpo abbandonato:
ho soltanto amato!
FRA LE TUE COSCE
Ora che mi ritrovo fra le tue cosce
vorrei stare fermo per un istante:
donna di terra e di acqua
plasma la mia nella tua intensità!
invadi anche la mia mente!
prendi tutto del mio essere!
Io cane fedele d'ogni tuo desiderio
desisto nel non voler più il poeta in me
in questa sera di stelle senza tempo,
dove in una folle danza di erotismo
si perde persino il mio gemito
formica nella tua foresta di peli.
Donna che mi ami senza amore,
non è alba o tramonto,
non è estate o inverno
e non è nemmeno gioia o dolore:
è un fiore che germoglierà tra le tue cosce
donato insieme con te a questo mondo.
NETTARE DI TE
Col fuoco addosso
umida tana
non placa il rogo
che di te s'avvampa.
Dentro il tuo corpo
su quel sentiero
inseguo paradisi
a luci spente.
Nel tuo regno
frugo l'oscuro
cercando sensazioni
oltre il tempo.
Ti desidero
in quel possederti
gocce di sole vanno
oltre il cielo.
Esplorandoti
oscuro tunnel
dov'è racchiusa in te
luce di stelle.
Sabbie mobili
affondano nel clitoride
ma in quel cader mio
non cerco scampo.
Mappe d'estasi
sul tuo mare
disegnano le magie
dell'infinito.
Nettare di te
raccolgo le gocce
d'oscuri paradisi
fra i cespugli.
UN LAMPO NELL'OMBRA
Donna completa, mela carnale, luna calda
denso aroma d'alghe, fango e luce mischiati
quale oscura chiarezza s'apre tra le tue colonne?
Quale antica notte tocca l'uomo con i suoi sensi?
Ahi! amare è un viaggio con acqua e con stelle,
con aria soffocata e brusche tempeste di farina,
amare è un combattimento di lampi
fra due corpi da un solo miele sconfitti.
Bacio a bacio percorro il tuo piccolo infinito,
i tuoi margini, i tuoi fiumi, i tuoi minuscoli villaggi,
e il fuoco genitale trasformato in delizia
corre per i sottili cammini del sangue,
si precipita come un garofano notturno
fino a essere e non essere che un lampo nell'ombra.
EROS D'ESTATE
E siamo
mari in tempesta
venti che onde
già portano in cielo,
aliti ardenti
che accendono di fiamma
l'umida tua pelle.
S'intrecciano le dita
a catturar magie
mentre
sotto le stelle
un vulcano si risveglia.
Nudi
vestiti d'amore,
ci prendiamo,
ci sentiamo
annullandoci a vicenda.
Il tempo dei sogni
s'è assopito,
ora pulsa la vita,
l'amore!
Ed il respiro,
frenetico,
corre
sui ritmi
dell'estate.
CANTO DI DELIZIA
La mia lingua sfiora la tua lingua,
il mio sesso nel tuo sesso,
il mio cuore nel tuo cuore,
la mia vita nella tua.
Anima sguarnita da ogni vincolo
stretta a me in un desiderio sfrenato
rincorre la perfetta incarnazione del godimento.
Bagnato è il tuo corpo
di linfa sacra
dove riposa la più alta eccitazione
delle fantasie più proibite ed inconscie.
Profumo di rose appena colte
sparse nel tuo campo che ho appena sconfinato,
in un sussulto il tuo respiro
sa di mandorle e canditi.
I tuoi vagiti si fondono con i miei
creando intensi movimenti fisici
di pura creazione artistica
tramutandosi in un canto di delizia.
GODI
Eccoti giungere
stanotte e mille altre ancora
preda esclusiva del mio letto,
trappola divina di desiderio.
Su colline di creta morbida
i miei baci sparpagliati,
accarezzami con gli occhi
mentre scorri sul mio cuore arso.
Benvenuta, entra!
Spengo la luce?
Soffio sul buio e ti accolgo,
senza una parola
ingurgiti il mio sesso
bevendone avida il succo.
In un abbraccio stordito
mi trascini giù
su lenzuola chiare
che odorano ancora di candele spente,
ritratto di mani voraci e volti sconosciuti.
Nel silenzio
che ci avvolge insieme,
strappi incauti di sospiri, atti più impuri
orgasmi che ritmicamente si susseguono
e che rammendo senza fretta.
No, non chiedermi niente! Sei già proposta indecente.
Godi...
OMBRE SUL MIO GIACIGLIO
Non sarà nè legno nè pietra
a vegliare sul mio riposo,
nè sarà un fiore
il pegno del ricordo.
E non saranno le fronde dei cipressi
a fare ombre sul mio giaciglio,
nè epitaffio nè voce nè ricordo di un caro
come amara consolazione del mio definitivo viaggio.
La terra è la mia culla,
la selva intatta il mio nascondiglio,
la polvere e gli sterpi il dolce lenzuolo,
il silenzio il mio unico compagno.
ESSENZA LARVALE
Su strada nera conduco i miei passi,
nascosto oltre un nulla d'infinito,
una volta oscura sovrastante incombe.
Ascolto le cadenti lacrime della natura,
scendono sul mondo e me
cencioso essere mortale.
Enigma è la mia inesistente provvidenza,
nichilismo dei buoni sentimenti
icone perdute di essi.
Come dalla psiche profonda
omissioni di verità approdano
caricandomi di brama di comprensibilità.
Fuori da mura di pelle
le febbri son più grandi
dei geli del cuore.
Respiro zolfi del mondo
dove il calore diviene sempre più tenuo,
solo fredde spinte sussistono in me.
Nessun vigore ausilia la triste marcia,
tranne un'anomia fredda come il cuore
d'essenza larvale che sono.
E soltanto ora la mia anima maledetta
comprende il senso insensato
di un'esistenza di vela senza vento,
di airone senza ali,
di carne senz'anima.
NULLA ESISTE OLTRE I SOGNI
Nel buio della notte,
seduto sull'orlo di un precipizio,
ammiro la bellezza della luna,
il suo pallore è come il viso della morte
che affamata di anime
attraversa l'aria contaminandola.
Niente!
solo oscuri pensieri
che trafiggono la mia mente,
grigie lame di metallo
che perforano la mia anima,
sangue che scorre
lungo il mio corpo.
Il cammino da seguire è lungo
ma non riesco più a vedere oltre,
non ce la faccio a capire,
non posso più correre.
Morfeo mi avvolge nel suo mantello ramato,
lacrime di morte
scendono dal cielo illuminato dalla triste luna
mentre il vento sfiora il mio corpo
e la solitudine mi trascina nella valle della morte.
Ho perso ogni mia speranza,
il fuoco della vita brucia il mio spettro.
Nulla esiste
oltre ai sogni,
mondi fantastici di oracoli e maghi
che cancellano la realtà.
DEPRESSIONE
La salute c'è
non presenta nessuna malattia.
Eppure è così deperita,
quando dorme sembra morta!
Cos'ha questa povera ragazza?
Non ha niente!
Ha solo il verme
della depressione
che la sta consumando
pian piano
ogni giorno di più.
ANGELI SPORCHI
Essere due piccole gocce di inchiostro nero
su una tela dipinta
ove falsi colori vivaci
esaltano con cattiveria e pregiudizio
la loro diversità:
non spetta anche a loro sognare l'armonia?
No! il cielo non ammette angeli sporchi
e violento strappa loro le ali.
Essere creati
per vivere accanto alla colpa,
insieme alla vergogna
ma di cosa?
Di essere diversi? Ma da chi? Perchè?
Domande che chiamano altre domande
in un girotondo senza risposte.
La confusione aumenta
al pari di uno strano risentimento
che fa soffocare,
che induce a dubitare:
E' questo ciò che gli altri vogliono da loro?
Che non esistano?
E' quello che vuole il loro Dio?
Che non esistano?
Sì! il cielo non ammette angeli sporchi
e graffia la carne sotto la loro pelle.
Ho visto quelle due piccole gocce avvicinarsi
fino a diventare una sola,
angeli che finalmente hanno qualcuno
che asciughi le loro lacrime,
che li accarezzi,
che li abbracci!
Angeli sporchi
che ora si stringono tra loro
consolandosi a vicenda.
Un solo gesto,
un grande coraggio!
Il piacere profondo del peccato giudicato dagli altri
peccato come realizzazione di un sogno
come fuga da un mondo ipocrita in bianco e nero,
come vendetta verso una madre
che cerca di soffocare sul nascere
le proprie creature.
Perchè mai l'uomo
non rispetta l'uomo?
Non riesco proprio a capire...
LA BESTIA RARA
Sguardi sconosciuti,
persone che mi scrutano, esaminano, giudicano
che ridono guardando
verso di me o nel vuoto.
Non so...
in qualunque caso
sono persone come altre
che seguono la massa.
Non apprezzano la diversità come novità.
Alcune mi fissano
come se fossi una bestia rara, un bersaglio da colpire
a volte mi fanno paura
sembra che mi disprezzino,
che vogliano farmi del male.
Forse solo perchè mi distinguo dal gregge
e sono per inclinazione
fuori dal coro.
Mi sento un ebreo fra i nazisti.
Ma io non sono nato per far fare numero
o per consumare ossigeno prezioso,
ho un'anima con me anch'io,
preziosa e brillante più di un tesoro,
io e Dio soltanto
sappiamo bene il valore che ha.
I MIEI PIU' ATROCI INCUBI
Sono stato al parco.
Era notte.
Buio.
Cielo nero a sovrastarmi.
Incerto presagio di fine.
Io e l'oscurità.
Mi sono inginocchiato
ai piedi dell'acqua sporca che scorreva.
Ho rivisto il mio volto,
nel silenzio ho urlato,
ho urlato,
urlato!
fino a non avere più voce.
Non ero solo,
eppure mi sentivo come abbandonato.
La solita sensazione di dispersione
che si impadroniva nuovamente di me.
Sarei voluto correre via, scappare via
veloce, sempre più veloce
ma sono rimasto paralizzato
senza armature per difendermi
vittima dei miei più atroci incubi.
OMBROSI PENSIERI
Desolazione d'anime
nella valle dell'attesa.
Da crisalidi pendenti
cadono lembi di carne putrida
(adombrata metamorfosi
di esseri un tempo umani).
Coltivazioni demoniache
di ombrosi pensieri.
PERDUTI
Percorrendo una vuota spirale
alla fine della quale troveremo noi stessi,
osserviamo la nostra ombra crollare al suolo
affrontando il riflesso di una nostra immagine residua
concepita nella più cupa desolazione.
Giacendo su queste corrotte strade di vorticanti pensieri,
mentendo ai nostri propri stati mentali,
tratteniamo tutto ciò che non saremmo
anelando a ciò che ci è proibito.
Un delirio di onnipotenza è ciò che chiamiamo conoscenza
senza renderci conto che il decadimento è solo un passo avanti
ma la vanità in cui crogioliamo
si è mutata nella nostra gloriosa tomba cristallina
coesione sublimata di un ego inferiore pieno di incompiutezze.
L'umanità si consola aspettando l'arrivo di un nuovo messia sintetico che possa risanare i nostri corti circuiti interiori
decretando l'annullamento dei nostri ultimi atomi,
così saremo definitivamente perduti.
SORELLA MORTE
Gioco con le mie emozioni,
una manciata di biglie di vetro nella mia mano.
Per ogni biglia infranta
un sogno si dissolve.
Resto a fissare
il cupo riflesso della mia noia,
Biglia infranta,
crepa nel mio cuore.
Frammenti di vetro,
illusioni svanite.
Con sguardo apatico
osservo pezzi di intonaco volare via,
e non tenderò alcun muscolo
posseduto da un'inerte volontà,
non cercherò di andare al di là di questo velo
che mi copre tutto.
La mia anima si scioglie,
ogni cosa grava, ingarbugliati pensieri
nulla emana benefica essenza.
Ardo di una luce opaca.
Fallo con grazia, sorella morte
spegnimi con un soffio!
UN MONDO DISFATTO
Il mio demone mi mostra la realtà più brutta di com’è
guarda attraverso i miei occhi deformandola
e contempla un modo disfatto.
Il canto della sirena
giace impotente ai piedi del rumore.
Il senso della vita
ha perduto lo scettro,
resta una lapide senza nome
del tempo che fu.
Il mausoleo del giardino delle rose
è stato violato
da malvagi profanatori.
Ma non riesco a gioire
nel vederli annegare
in laghi di sangue.
L'amore perduto
non tornerà mai più
a specchiarsi dentro di me.
Siringa e sangue lungo il mio cammino,
confini sordi alla realtà per la mia mente in gabbia,
ciechi gli occhi dello spirito.
Non so come uscirne fuori!
IL SERPENTE
Un'eco
insegue la mia fuga,
è una lingua di fuoco
che tutto brucia
e che quando mi raggiungerà
consumerà il mio essere.
È forte solo perché io gli permetto di esserlo.
Il vortice
si avvicina sempre di più,
gira
sempre più forte,
e il suo buco nero,
al centro,
mi risucchia,
mi avvolge i sensi e la mente.
Annaspo nel turbinio
ed ho paura di toccarti
per non contaminare anche te
e trascinarti con me
nell'immenso occhio nero.
Vedi accanto a te un mostro con tante teste
il grande serpente
che oscilla fra te e il futuro?
Vedi
le sue lingue di fuoco
che bruciano tutto davanti ai tuoi passi?
E non senti i suoi piedi
calpestare la polvere,
bruciare nella cenere?
Ridicolo essere umano, ammasso di briciole tenute su dalla presunzione,
non puoi vincere
una potente soprannaturale forza.
Ti prego
guarda accanto a te: E’ bugiardo! Abile mistificatore!
Non si rivela mai per quel che è realmente:
è il tuo serpente!
QUEL CHE SONO NON MI PRENDE
Chiuderei gli occhi
e in un soffio me ne andrei
stanco di tutto,
il solo respirare
mi affatica,
qualcosa mi opprime,
credo sia il peso della vita.
Mi guardo allo specchio
e fisso l'obbrobrio riflesso.
Continuo a guardare quella oscena figura
fino a sferrargli un pugno,
osservo il sangue scorrere sulla mia mano,
e mi perdo nei piccoli frammenti dello specchio
ma è ancora lì:
Cosa vuole questa vita da me? Perche mi ha voluto?
Non l'ho chiesto, non ho desiderato esserci
ho pregato per andarmene!
Perchè quel che sono non mi prende?
Un'eternità di nulla, una vita di vuoti, solo rimpianti!
Nessuna lacrima, forti dolori, un grande amore!
Sono all'inferno, spiritualmente morto
immenso vuoto e depressione.
Come ombra che svanisce alzo bandiera bianca.
Poi e per sempre
solo morte!
INVOLUCRO DI CARNE
Piccola anima
accartocciata dentro un involucro di carne,
il tuo respiro attraversa il petto.
C'è luce, c'è ombra.
Ancora luce e di nuovo ombra.
La mano ascolta il tumulo, l'ossessione.
La punta della penna solca il foglio.
Scrivi per te, scrivi di te.
Mi parli di una realtà che regna dietro tante porte chiuse.
Di sangue del proprio sangue.
Di verità custodite nel silenzio.
Fa tutto parte del gioco,
tu stai gelando ora!
Si può morire di disperazione, la testa fra le mani
la penna caduta per terra,
le braccia stese sul pavimento
mentre le ombre avvolgono ciò che resta di te.
Un involucro di carne e niente di più!
Solo un miserabile e insignificante involucro di carne.
Una mano ti abbassa delicatamente le palpebre,
il segno della croce
e subito dopo il nulla.
Non sono un angelo.
Non sono un demone.
Io sono la verità.
La verità a volte uccide.
MASCHERA
Sembra tutto così perfetto
come scenario di un'opera teatrale
ma quale sarà il segreto,
l'orrendo retroscena di questa farsa,
di questa commedia che chiamiamo vita?
Qual'è il ruolo che mi è stato assegnato?
Cos'è questa maschera che prontamente
le mie emozioni cela?
Come una lumaca
mi rinchiudo con viltà nel mio guscio.
E' piu adatto a lacrime e vani sorrisi
questo mio volto coperto e deturpato
miserabile sotto la sua ridicola perenne smorfia.
Teschio
a ghigno
eternamente condannato.
LA SOLITUDINE
Lacrime nere rigano un volto,
pallido
e senza segni di vita.
Ghiaccio nell'anima,
foglie morte al vento,
inverno che piange.
Uno sguardo,
quello di una creatura non sola pur essendo sola
vogliosa e assetata d'affetto
che crede d'affogar in un bicchier d'acqua.
Ormai abbattuta
china il capo
e si piega alla grandezza,
al potere immenso di quell'essere.
Quell'essere di cui è umile serva:
la solitudine!
LUCIDO E FREDDO E' IL MARMO
Lucido e freddo è il marmo,
riflette tutto come uno specchio.
C'è disordine,
oggetti dimenticati,
ed un velo di polvere
copre tutto.
Regna il silenzio,
le torri sfidano il cielo,
fantasmi appaiono nell'ombra.
Lucido e freddo è il marmo,
candide come la neve le statue,
la piccola bambola fissa
con occhi verdi di smalto
abbandonata nel buio.
Rena la quiete,
i bastioni proteggono il castello,
i passaggi merlati paiono ponti sulla fantasia.
La bella addormentata non è mai stata qui,
non vi è mai stato un sogno incantato,
lucido e freddo è il marmo.
MIA SORELLA SOLITUDINE
Ubriaco di te
smaltisco la mia sbornia
su una panchina isolata
nella periferia della città
di Paranoia.
Non so dove andare,
non so chi cercare,
non so perchè respiro
ma protendo ancora la mano verso te,
nuovamente implorante ai tuoi piedi
mia amante,
mia amica,
mia compagna,
mia sorella Solitudine.
ANCESTRALI PAURE
Fievole luci
che all'imbrunire
non vincon l'ombre.
Indecise sagome
arrancanti nel buio
nero antro di ancestrali paure.
Figure incerte
di bieco pensiero avvolte
che di nera cronaca s'ammantano.
Passi veloci
come a sfuggir tempesta
nei vicoli t'inseguono.
Il gelo del comune sentire
tutto avvolge
come unico sudario.
E a nulla vale
il lume della ragione che è vanto
nè il saper che l'amor mio m'è accanto.
Solo il colore del sogno
potrà spezzare
del grigio orrore il cerchio.
Solo di poesia il volo
potrà sciogliere delle catene
l'angosciante nodo.
Subisco l'ultimo disperato assalto
di chi sa che la sua guerra
ha già perduto ormai.
LO SBADIGLIO DEL TERRORE
Nessuno ascolta
il rumore assordante del lupo
estasiato
dinanzi ai bagliori
della notte
stregata.
Un luccichio assorbe
il silenzioso spazio,
nel vuoto dell'ignoto
respiro accaldato dalla lucciola
che traballante attraversa il sentiero,
dal folto dell'ugola fuoriesce soave alito umano.
Ascolta la notte!
Ascolta la nebbia!
Ascolta i battiti del cuore!
Ascolta e non restare
senza un fruscio oblungo
nel dolce mio silenzio.
"GIACOMO LEOPARDI"
RIPROPOSTO IN UN LINGUAGGIO MODERNO:
"L'INFINITO"
Ti ho sempre amato, colle
solitario come me.
Ti ho sempre amata, siepe
che mi fai aprire l’anima
verso l’orizzonte,
me lo nascondi
ma me lo fai amare
immaginando spazi infiniti.
Ho sempre amato questo posto,
il suo sovrumano silenzio,
la sua profondissima quiete,
e il tenue soffio del vento tra gli alberi,
e la dolcezza di queste piante che dormono.
E mentre sono seduto e guardo lontano
mi tornano in mente le stagioni fuggite,
l’ora presente,
l’eternità,
ed è dolcissimo
perdersi nell’immensità della natura.
“IL PASSERO SOLITARIO”
Ti vedo in cima a quella antica torre,
solo,
proprio come me!
Tu canti finchè non muore il giorno
mentre la primavera brilla nell’aria,
esulta per i campi
festeggiata da mille uccellini
che fan mille giri nel cielo.
Ma tu passero solitario non ti curi di loro,
resti indifferente a quella festa,
non la cerchi, non provi a volare
consumi così nella solitudine
la parte più bella della tua vita.
Quanto è simile il mio modo di vivere al tuo!
non c’è spensieratezza in me,
gioie e divertimenti io li evito,
mi sento estraneo e quasi fuggo da loro
e il dramma è che non so spiegare a me stesso
nemmeno il perchè.
Chiuso nella mia stanza
passo le mie giornate vuote e monotone
in silenzio, in solitudine.
Eppure questo giorno che ormai volge alla sera
è festeggiato da tutti in questo paese,
si odono nell’aria suoni di festa vicini e lontani,
i giovani sono allegri
indossano i loro abiti migliori
si divertono
ed è persino bello guardarli.
Ma io,
in quest’angolo del paese vicino alla campagna,
io resto da solo come sempre,
ogni divertimento
lo rinvio in altri tempi
non so a quando!
guardo il sole che si dilegua dietro i monti
e sembra ricordarmi
che anche la mia giovinezza sta morendo.
Tu, passero solitario
alla fine dei tuoi giorni
non potrai pentirti d’aver vissuto così,
è la tua natura che ha deciso questo.
Ma io,
se non riuscirò a evitare la detestata vecchiaia
e tutto sarà noia più di adesso,
cosa penserò della mia giovinezza sprecata
e non goduta?
Forse piangerò,
guarderò indietro
ma sarà ormai troppo tardi.
“IL SABATO DEL VILLAGGIO”
La ragazzina spunta dalla campagna
al tramontar del sole
con la dolcezza, con la malizia
d’una età che non dà pensieri.
Ha un fascio d’erba in mano,
un mazzo di rose e di viole,
domani è festa, deve farsi bella.
La vecchietta con le sue amiche,
seduta sull’uscio di casa,
è intenta a filare
e con una lacrima agli occhi
ripensa a quando anch’ella era ragazza
e spensierata e felice
era circondata da tanta compagne.
L’aria si fa bruna,
le ombre scendono dai colli e dai tetti,
una luna bianchissima splende nel cielo.
Una tromba suona annunciando la festa,
i bambini giocano felici nella piazzetta,
il contadino torna a casa fischiettando.
Poi, quando le luci si spengono
e tutto tace,
si ode soltanto il rumore d’un martello
e di una sega,
è il falegname che ha fretta di terminare il suo lavoro
prima dell’alba.
Questo è il più bel giorno della settimana
pieno di gioia, di speranza
domani tutto ritornerà normale, triste, monotono
e ciascuno riprenderà il suo lavoro col pensiero.
Ragazzo mio,
la tua splendida ma fuggitiva età
è proprio come questo giorno
chiara, serena
che prepara la festa della tua vita.
Ragazzo mio divertiti!
non mi sento di dirti altro!
Ma ti prego non rammaricarti
se la tua festa tarda a venire.
“AMORE E MORTE”
Amore e morte,
fratelli,
furono creati insieme
e insieme vanno uniti per il mondo,
l’uno elargendo il piacere
l’altra annullando il dolore.
Quando l’amore nasce nel petto
lo accompagna sempre un languido desiderio di morte.
Non so perchè…
forse l’uomo,
presentendo i mali futuri che ne deriveranno,
brama di giungere al porto della sua vita
e di annullarsi.
Financo nel furore della passione,
quante volte gli amanti ti invocano o morte!
E che sentimento di invidia
al rintocco della campana funebre
per chi se n’è già andato!
Perfino il contadino e la timida fanciulla
non temono più,
comprendono l’ineffabile dolcezza della morte.
Talvolta l’amore
mina un fisico già prostrato,
talvolta invece
induce al suicidio giovani e fanciulle.
E tu morte
da me tanto invocata e celebrata
fin dai miei primi anni,
chiudi pietosamente gli occhi miei.
Ho sempre disprezzato le consolazioni della religione.
Non ho mai lodato e benedetto i patimenti.
Ho rifiutato i fanciulleschi conforti degli uomini.
Te sola ho sempre invocato!
Aspetto serenamente
di addormentarmi sul tuo seno.
MEMENTO
(Dalla lirica omonima di I.U. Tarchetti)
Quando bacio le tue labbra profumate,
cara e dolce fanciulla,
non posso dimenticare
che un bianco teschio vi è nascosto sotto.
Quando stringo a me il tuo corpo sensuale,
cara e dolce fanciulla,
non posso proprio dimenticare
che uno scheletro nascosto vi è celato all'interno.
Quando faccio l'amore con te, cara e dolce fanciulla,
mi è impossibile dimenticare che sotto la tua pelle
vi è un ammasso di sangue, vene e organi schifosi.
E assorto in questa orrenda visione,
dovunque ti tocchi, ti baci o posi le mie mani
sento sporgere le ossa fredde d'un morto.
IL CANTICO DI FRATE SOLE
(Dall'opera omonima di S. Francesco d'Assisi)
Benedetto tu sia, mio Signore!
con tutte le tue creature
specialmente per fratello sole
che fa diventare giorno
e illumina ogni cosa intorno
ovunque ci sia vita
con grande splendore,
ed è bello, radiante.
Benedetto tu sia, mio Signore!
per sorella luna
che bianchissima non dorme mai
per vegliare la notte,
e per le sorelle stelle
che hai creato in cielo
chiare, preziose e belle.
Benedetto tu sia, mio Signore!
per la sorella acqua
che è molto utile
è preziosa, è casta.
Benedetto tu sia, mio Signore!
per fratello fuoco
che rischiara la notte
e trasmette il suo calore,
ed è forte, è vivo.
E per fratello vento
che muove l'aria, le nuvole
rigenerando con la pioggia tutte le creature.
Benedetto tu sia, mio Signore!
per la nostra madre terra
che ci sostenta stringendoci al suo seno
e ci offre frutti, fiori colorati, erbe.
Benedetto tu sia, mio Signore!
per i miei fratelli che sanno perdonare
aiutali nelle loro tribolazioni terrene,
hanno bisogno della tua presenza
nella loro vita.
Beati quei fratelli che difenderanno la pace!
saranno da te premiati.
Benedetto tu sia, mio Signore!
per la nostra morte fisica
dalla quale nessuno di noi può scappare
e guai a coloro che morranno nel peccato,
beati invece quelli che su questa terra
avranno fatto la tua volontà.
Laudate e benedite tutti il mio Signore!
e ringraziatelo
e servitelo con grande umiltà.
OSSESSIONE PER UNA NINFETTA
(liberamente ispirata al libro LOLITA di V. Nabokov)
Spiccava col suo giovane corpo e l’aria da bambina
tra la gente ignara,
quel piccolo micidiale demonietto,
inconsapevole anche lei del proprio fantastico potere.
Mi guardò col suo visino indecifrabile di ragazzina tredicenne
come se mi avesse letto il desiderio negli occhi
fino ad intuirne la profondità,
e nel preciso momento in cui i nostri occhi s’incrociarono,
tra di noi si stabilì subito un’intesa
capace di annullare in quell’attimo qualunque barriera
ed io non avrei potuto abbassare gli occhi
neanche se fosse stata in gioco la mia vita.
La sfiorai ma senza osare toccarla,
respirai intensamente quella sua delicata fragranza
che sapeva di borotalco,
e da quel punto così vicino eppure disperatamente lontano,
ebbi per la prima volta la consapevolezza,
chiara come quella di dover morire,
di amarla più di qualsiasi cosa avessi mai visto
o potuto immaginare,
e di voler essere il primo ad assaporare quel piacere proibito
che soltanto la mia giovanissima dea dell’amore
avrebbe saputo offrirmi
in un paradiso illuminato dai bagliori dell’inferno.
Un uomo normale,
forse per vergogna o sensi di colpa,
scaccerebbe via dalla propria mente simili pensieri.
Bisogna essere artisti,
eterni bambini sempre in volo senza logica né equilibrio,
folli di malinconia e di disperazione,
di solitudine e di tenerezza
per lasciarsi totalmente trasportare e tormentare
dalla magica ossessione per quella ninfetta.
ASSENZA
(liberamente ispirata al libro LOLITA di V. Nabokov)
Bastava un tuo sorriso
per mostrarti bella dentro e fuori
come un inno alla grazia,
malgrado le tue smorfie ed i tuoi capricci,
desiderabile, né donna e né bambina, favolosa e splendida
con la tua travolgente sensualità acerba
mista di malizia e d’innocenza.
Eri un cucciolo indifeso tra le mie braccia,
non riuscivi a tirare fuori la donna che stava nascendo in te.
Di quella mia incantevole lolita
che mi aveva stregato persino l’anima
fino a possedermi del tutto,
e del suo sconvolgente modo di essere,
non mi rimane ora che l’eco di un coro di fanciullesche voci
udite in lontananza e perdute per sempre
come foglie morte sparse lungo il sentiero
in una stordita calma irreale.
È la mia fine come uomo,
l’apice della mia ispirazione come artista.
La mia vita è ormai alla deriva nelle tue mani di bambina,
legata a te da un cordone ombelicale
obbedisce al tuo volere senza più orgoglio, senza dignità.
Mi tormenta l’immagine dei tuoi coetanei
che posano i loro sguardi carichi di desiderio
sul tuo giovane corpo.
È folle il pensiero che la tua verginale bellezza
appartenga esclusivamente ad un uomo della mia età
ma più ti sento irraggiungibile
e più cresce in me il desiderio di averti.
Come un vecchio mendicante ormai solo ed esausto,
chiedo ancora ad una ragazzina che non ha colpa,
l’elemosina d’un amore che mai potrà darmi.
Un amore impossibile, assurdo, folle
incomprensibile, a senso unico, non corrisposto
ma pur sempre un amore!
Forse sono posseduto dal diavolo
o forse ho solo qualche rotella fuori posto
è tutto così assurdo e illogico
ma io credo di amarla.
R I S U S C I T A M I
Maestro, ho tanto bisogno di un miracolo
trasforma la mia vita e tutto in me
da tempo non vedo più la luce
hanno spento già la mia gioia di vivere
umiliato la mia speranza,
vedo i miei sogni cancellati tristemente
lacrime di solitudine bagnare i miei occhi.
Maestro, non ho altro che io possa fare
solo tu hai tutto il potere,
sono seppellito come Lazzaro in questo sepolcro di disperazione
c’è un macigno che Satana ha messo davanti.
Maestro, chiama il mio nome ti prego
ascolterò con fede inginocchiato la tua voce
rimuovi la pietra delle mie paure e chiamami ad uscire
fai rivivere i miei sogni: liberami!
Sospinto dalla fede che c’è in te
sicuro d’una vittoria che tu solo dai
risuscitami.
ALBA
Alba!
tu stai sorgendo,
silenziosa brezza nell’aria,
leggiadre ali intorno.
Alba!
tu stai spargendo
il tuo colore
sul mare
addormentato.
La tua pace
mi sta
cambiando.
La mia anima,
svegliandosi,
si sta aprendo all’amore
verso l’infinito.
Io sento
che sto per nascere
sì,
lo sento,
io sto nascendo.
IN SILENZIO
Io e te,
mano nella mano,
camminiamo verso il sole
guardandoci in silenzio.
Le nostre orme sono raggi di luce,
nel loro chiarore, riflesso,
osservo il tuo viso dolcissimo
che m’incanta, in silenzio.
Siamo solo noi due,
creati l’uno per l’altra,
rapiti da questo sole immenso.
Un amore senza fine grande più di noi
ci trascina via lontano
e tu esisti ormai dentro di me
ti sento in ogni parte del corpo,
tu sei l’aria che sto respirando,
sei la mia stella che brilla nel cielo.
Vicinissimi, avvolti dal calore,
noi ci amiamo sfiorandoci in silenzio.
Siamo in viaggio da qui all’eternità,
eroi di un sogno in questo breve vivere,
non svegliamoci mai,
ed ora, in quest’istante magico,
tu ed io siamo un solo essere,
non so più dove finisci tu e comincio io,
dove si dilegua il sogno e appare la realtà,
ora tutto acquista un senso
e finalmente scopriamo insieme
che c’è qualcosa di noi,
un motivo per vivere.
Non siamo più soli,
finché mi starai vicina, saprai tutto di me,
avrai il meglio di me stesso
e tu con me sarai sincera.
Stringimi la mano più forte,
sei l’unico scudo tra me e il mondo,
ho bisogno di te per non morire.
PRIMO AMORE
Un’ondata improvvisa di luminosi ricordi
sommerge per un attimo i duri scogli della mia realtà
e la schiuma che ritorna al mare,
lascia un immenso prato verde
ricamato morbidamente dalle esili mani della primavera
e in quel giardino, d’incanto,
sbocciarono fiori di mille colori e ali dorate di farfalle,
lì v’era un bimbo che inseguiva felice il volo d’un aquilone
ed una bambina
che sfogliava dolcemente i petali d’una margherita.
Era bello correre insieme a lei, mano nella mano,
tra le spighe di grano più alte di noi
e l’azzurro del cielo che sembrava così vicino, non finire mai,
saltellare a gara con i cerbiatti,
e seduti in riva al ruscello,
gettare ramoscelli sull’acqua per vederli galleggiare dolcemente
e all’imbrunire, sudati e sporchi di terra,
scappare sul colle più alto
ed osservare il volo libero di stormi di gabbiani su oceani limpidi,
aspettare in silenzio l’arrivo dell’arcobaleno con i suoi mille colori
e lì: “Io ti voglio bene anche se non so baciare” le dissi
col cuore che batteva forte come un uragano,
lei sorrise, mi baciò la guancia
e sbocciava così il mio primo amore
mentre una cicogna volteggiava in festa per me.
Ed ora, proprio in quest’istante mentre ti bacio amore mio,
io rivivo l’emozione d’allora,
la stessa gioia ti giuro, lo stesso candore
e quanti ricordi ancora vorrei rivivere con te,
non più da bambino, ma da uomo ormai,
quante piccole emozioni nascoste in fondo al mio cuore
vorrei regalarti!
quanti segreti avrei da svelarti!
Ma tu ... tu non capiresti mai
perché non so capirmi neanch’io
e non so come mai stai con un ragazzo come me
che ha ancora quei prati vergini nell’anima,
che resta sempre solo anche se tu sei qui vicino a me
pronta ad amarmi: che buffo!
Ti prego non dirmi che sono un bambino
anche se non so far l’amore,
anche se il mio mondo è ingenuo.
Tu mi sorridi e sfiorandomi la mano, mi dici:
“Non esiste al mondo ragazzo migliore di te”.
Amore mio,
io ti amo per non sentirmi solo,
per sorridere e volar via,
per vincere la paura che c’è in me,
per fermare la mia giovinezza che va via.
Amore mio,
è così naturale essere felici,
come mai la gente non lo sa,
non mi crede!
DOLCISSIMA STELLINA
Dolcissima Stellina,
timida come un pallido sole dietro le nuvole,
tenera come un piccolo usignolo addormentato sul nido,
dal sorriso luminoso e fresco come stilla di rugiada
tu sei per me il sogno d’una notte incantata,
l’effimera illusione d’un amore irrealizzabile.
Sei in questo mio vivere terribilmente oscuro
come una luce fioca
che da lontano cresce... cresce... fino ad abbagliarmi l’anima
col tuo modo di muoverti sublime come ali di cigno
e la tua voce melodiosa come cori di augelli.
Lacrime lucenti di gioia
brillano adesso nei miei occhi.
In un attimo tu hai riempito di bello il mio cuore,
dipinto di sogno la realtà
ed io non vorrei mai più svegliarmi da questo momento magico.
Sembra quasi d’averti già conosciuta tanto tempo fa
in qualche sogno lontano chissà dove
e se guardo attentamente nel fondo dei tuoi occhi,
scopro in essi l’infinito vibrare
e tu ed io uniti che voliamo via sempre più su senza limiti,
dileguandoci come due gabbiani liberi verso l’orizzonte.
Restano ammutolite nel mio silenzio magico
mille parole, mille sensazioni
che sento ma non riesco ad esprimerti,
non so come spiegartelo
ma avverto dentro, qualcosa d’indefinibile, mai provata prima,
meravigliosamente reale al tempo stesso:
un bene prezioso e profondo sommerso in me stesso
come il rosso corallo negli abissi del mare.
Da una vita sono in cerca di te
ma tu sei più di quanto aspettassi.
Dolcissima Stellina
Abbi cura di te, ti auguro di non cambiare,
resta quel germoglio che sei adesso.
Non gettare al vento il fiore della tua giovinezza,
non smarrire col tempo la purezza dei tuoi sguardi,
l’armonia d’ogni tuo gesto
perché solo tu riesci a sorridermi con gli occhi,
hai in te qualcosa in più che appartiene solo agli angeli:
che ne sarà mai del tuo viso innocente e pulito
quando, domani, cadranno le lacrime degli anni?
e quel giorno, ora tanto lontano, ti ricorderai di me?
Addio mia dolcissima Stellina!
avrei voluto darti molto di più
tornando adolescente insieme con te nel tuo mondo
ma sono dai tuoi anni
ormai disperatamente lontano.
Ti lascio in questa poesia
il mio ricordo di ragazzo solo come te
ed ogni volta che la leggerai, d’incanto,
non esisteranno più barriere né distanze tra noi due,
io, di colpo, rinascerò in te
e tu, specchiata nella mia anima,
sarai qui vicino a me.
BELLA MESSINA
Come chiave d’oro che apre al paradiso,
Messina spalanca la porta alla Sicilia perla incantevole.
Bella Messina,
che si lascia corteggiare da due mari,
contemplata dall’alto dalle sue montagne,
sempre spettinata dal vento,
bagnata dal mare ed asciugata dal sole,
Messina presa per mano dalla Madonna.
Bella Messina
quando dondola dolcemente le navi del suo porto,
quando incoraggia e protegge il sudato lavoro dei suoi pescatori,
quando saluta piangendo ma aspetta con ansia
il ritorno d’un suo figliuolo che s’allontana senza lavoro,
quando, nelle sue ville, accompagna il lento andare d’un vecchio,
guarda commossa gl’innamorati delle sue panchine,
gioca trasformata in bambina con i suoi piccoli.
Bella Messina
quando si tinge di giallorosso dietro la sua squadra,
quando si pavoneggia per accogliere i forestieri,
quando, tutta parata, si trucca con i colori della vara
ed il mito dei Giganti,
divertente e scapestrata come il suo dialetto.
Messina lunga donna dagli esili fianchi
con gli occhi blu come il suo mare
ed i capelli d’oro come il sole delle sue spiagge,
baciata sulla superficie del mare da mille gabbiani,
che col suo stretto maliziosamente s’avvicina
senza lasciarsi toccare,
Messina che all’alba apre gli occhi sul mare
e di notte s’addormenta sotto un lenzuolo di mille luci.
Messina solare dalle ali libere verso l’orizzonte
con gli occhi luminosi mai annebbiati,
sposa d’un clima ch’è armonia in ogni stagione,
Messina che con frutti e fiori profuma di primavera.
Bella Messina
defunta ma risorta dopo il 1908,
Messina che vuole andare avanti,
che non vuol morire più,
vestita ormai di abiti sempre più moderni.
Bella la mia Messina
è la mia terra, la mia città,
qui sto bene, sono felice.
Ogni sua strada, ogni sua via
è casa mia, il mio giardino.
In lei sono nato
ed in lei voglio morire.
TU BAMBINA
Tu bambina, tu semplicità,
tu gioia e serenità, tu l’infinita innocenza.
Tu che vivi felice i giorni della tua giovinezza,
tu che ti affacci con paura alla tua adolescenza.
Dai tuoi occhi traspare ancora
la magia di un mondo che sa di fantasia
e chissà se il tuo piccolo cuoricino
riuscirà ad esprimere ciò che sente dentro.
È sbocciato adesso un amore
e forse stai provando qualcosa che non hai mai provato prima,
sarà per te il primo dolore
ma sarà dolce lo stesso come il succo d’una caramella,
e le prime lacrime
avranno ancora lo splendore della tua innocenza.
I tuoi pensieri sono di amori fugaci,
i tuoi giochi tenere primavere
e tu ora dondoli spensierata nell’altalena dei tuoi desideri
come quando stringevi la tua bambola
che hai perso ormai.
Dipingerai di sogno i tuoi giorni,
colorerai d’arcobaleno persino i tuoi disegni
e li annoterai dolcemente nel tuo caro diario.
Vorrei regalarti una vetrina e riempirla dei tuoi sentimenti
così chiunque, sostando lì,
scoprirebbe la ricchezza che hai dentro.
Crescerai in fretta e non mi vedrai più con gli occhi di bambina
so che ti perderò per sempre.
Mille ed infinite parole non bastano a descriverti,
mille ed infinite poesie
non potranno farti capire quanto sei importante
ma quello che provi dentro non crescerà mai,
servirà a farmi rivivere ricordi di adolescenze perdute.
Con te bambina
correremo insieme e voleremo via lontano
verso nuovi orizzonti,
lì, resteremo per sempre
anche se dovrò dirti mille ed infinite volte: “Tu bambina”.
LA FINE DELLA CICOGNA
Un serpente velenoso
s’insinua vischioso nel mio giardino d’infanzia,
due mani sporche di fango,
maliziosamente,
rubano al mio impubere corpo l’innocenza.
Sui miei occhi appena aperti
calano inesorabili ombre senza più luce.
I sorrisi ingenui delle fate
divengono tentacoli della paura.
Muore sbocciando quel fiore reciso
che non crescerà più.
Mi hanno ucciso la cicogna
e con lei anche Gesù Bambino.
NOSTALGIA
Le inquietudini del mio primo bacio
e poi le affascinanti scoperte intime,
i primi turbamenti,
quei peccati d’una età che non torna più,
scomparsa per sempre.
E tu sorellina timida timida
ed io fratellino impacciato e buffo,
tra sguardi e silenzi ci spiavamo dentro l’anima,
imparavamo ad amare.
Cerco invano di ricreare quegl’innocenti momenti intensi,
provo con la fantasia a tornare bambino
insieme con te nella poesia di quel nostro magico mondo,
mi ritrovo il fantasma d’un uomo
già inesorabilmente invecchiato.
Quelle due giovani creature
ora son come cristalli di ghiaccio d’un viso d’inverno.
Quell’antica primavera
è ormai neve e gelo.
RICORDO D’UNA RAGAZZA SCOMPARSA
Le serate passate sulla nostra scogliera,
il bacio lì, in riva al mare
col tramonto che ascoltava le nostre anime
mentre il mare suonava la nostra canzone.
Tanti ricordi, tanti momenti felici,
tanto amore.
È questo che vorrei gridare in silenzio
ma a che serve ora che non ci sei più?
La tua vita è stata troppo breve
come il nostro amore.
Forse il tuo compito
era farmi provare un sentimento nuovo per me: l’amore
per poi scomparire come un angelo.
Sei salita al cielo
ed ogni notte, piangendo,
cerco di vederti tra le stelle.
Addio per sempre!
SPERANZA
Nel buio della mia solitaria esistenza,
proprio sul punto di smarrirmi,
vorrei improvvisamente incrociare la luce dell’amore,
tra mille volti riconoscere il tuo soltanto,
e come un bambino,
di colpo,
scoppiare a piangere di gioia.
VIAGGIO NELL’ANIMO MIO
Muta di parole e sguardi,
la mia mente vaga lontano in penombra
dove il pensiero non ha confini
e tutto può sembrare reale.
Così, col bisogno del ricordo e del pianto,
penso al mio passato e alla sua perduta giovinezza,
al mio presente fatto di tempo fuggente,
al mio futuro sconosciuto ed incerto nelle sue mille paure.
Quanta dolcezza nel guardarsi dentro e perdersi in sé stessi!
Quali emozioni
nel vagare libero tra solitudini e silenzi profondissimi!
Mi scuoto
e lentamente mi desto da un viaggio
nel profondo della mia anima,
del mio essere così fragile, così indifeso
rispetto alla grandiosità della mia vita.
VOLO
Ho aperto i miei occhi, liberato la mia mente
sfidando tutti i miei limiti,
ho lasciato alle spalle gabbie, catene,
labirinti, muri insormontabili,
e quell’uomo morto ch’ero ieri
e che oggi non riconosco più,
fino a ridere della mia disperazione del passato,
persino la morte sembra inchinarsi
alla mia nuova voglia di vivere.
Dentro di me
l’oscurità s’è trasformata in un riverbero di luce,
nell’anima esplode
l’incredibile forza dell’amore verso la vita.
Vedo nuovi orizzonti
distendersi davanti ai miei occhi.
Intorno a me
spazi infiniti m’invitano a raggiungerli.
Tutto è ancora da scoprire
e mi sta aspettando,
e con l’entusiasmo di un bambino,
m’accorgo per la prima volta,
quanto sia meraviglioso vivere.
Non ho più paura ormai.
Solo,
con il vento in faccia,
apro le mie ali
e mai più mi fermerò.
Finalmente adesso volo.
RICORDI
Si dirada come per incanto
la nebbia che mi avvolge
e s’apre d’improvviso il cielo
col suo manto azzurro,
torno a ritroso nel tempo in seno ai miei ricordi
come alghe marine che succhiano caute mammelle di roccia.
Mi vedo a otto anni
quando avevo un’amica soltanto
che volevo bene come sorella.
Ricordo ancora come fosse ieri
i suoi capelli neri a boccoli
che le coprivano quell’esili spalle
come schiuma del mare accarezza gli scogli.
Era una bambina orfana
e la sera, quando andava a dormire,
si addormentava con due pupazzi vicino:
un orsacchiotto grande suo padre, una Barbie la madre,
aveva un segreto, teneva quei pupazzi sotto il cuscino.
Mi chiedeva spesso:
“Come mai le tue poesie son tristi e tu non ridi mai?”
non sapevo mai risponderle.
Da grande sognavo già di sposarla,
le dedicavo poesie e come per magia il suo caro viso spariva
ed io mi vedevo in un teatro affollato
con tanta gente in piedi ad applaudirmi.
A quindici anni
evitavo i compagni, i giochi e le feste
e restavo da solo per ore
ad osservare la distesa infinita del mare,
una voce dentro mi ripeteva sempre:
“I sogni non muoiono mai”.
Cercavo la libertà,
mi chiedevo se nell’universo esistesse qualcuno simile a me,
immaginavo di volare via per scoprire il mondo
senza ritorno, senza fermarmi
come un’onda senza mai una spiaggia
ed i miei occhi ragazzini curiosi e attenti,
si perdevano in lontananza,
laggiù dove si disperdeva il mare oltre l’orizzonte.
Son diventato uomo troppo in fretta
e non riesco più a sognare.
Cerco ancora l’arcobaleno d’allora,
trovo le inquietudini di adesso.
La speranzosa attesa d’un tempo,
le antiche illusioni,
come oggetto prezioso caduto per terra
e frantumato in mille pezzi,
sono morte e crollate inesorabilmente
nell’amara consapevolezza del nulla che mi circonda.
Ma perché bisogna dire addio
sempre alle cose più belle?
alle delizie che promette ma non concede la vita?
Rassegnati animo mio,
le tue domande non conosceranno mai risposte!
IL TRENO DELLA VITA
E il treno corre,
corre lontano sui binari della vita,
lungo la strada del mio dolore.
Va via velocemente
proprio come i miei anni,
il mio tempo che scorre.
Dai vetri del finestrino il quadro cambia sempre
vedo montagne invalicabili di paure,
pianure non più verdi di speranze invecchiate,
laghi salati di pianto amaro.
Vedo fiumi, violente cascate trascinare via tutto quanto,
mari in tempesta come i miei pensieri irrequieti.
Vedo gallerie coprire il sole come i miei momenti bui,
prigioni di tanti limiti ed arrese,
miraggi di felicità nei deserti della mia esistenza,
il cielo dove non ho mai volato,
lontane isole esplorate solo nei sogni,
nebbia lontana e foschie senza amore, senza fortuna
e poi
file di alberi e nuvole passare come un susseguirsi di emozioni,
paesi e città fuggire malinconicamente come i ricordi più belli,
prati verdi dove correvo sull’erba da bambino,
rivedo mia madre aspettarmi a braccia aperte,
odo nel vento la sua voce che mi chiama.
Il treno corre
la sua corsa senza fine
senza ritorno, senza fermate
ed io via con lui
m’allontano sempre più senza sapere dove andrò,
certo di perdermi solo
come un vagabondo senza famiglia.
Addio casa mia d’infanzia!
Addio amici della mia adolescenza!
Addio giovinezza perduta per sempre!
Quanta struggente nostalgia mi avete lasciato!
Com’è triste non poter tornare indietro!
Ma perché la vita è una corsa continua?
Perché la fine di un viaggio non c’è mai?
Mi fermerò soltanto
quando giungerà l’autunno con la sua folata gelida,
come foglia ormai ingiallita,
sarò strappata dal mio albero,
trascinata nel vento.
LA FRASE PIÙ BELLA
“Se per gli altri ormai sei grande
per me resterai sempre il mio bambino”.
È la frase più bella che mi hai detto
e che da sempre avrei voluto sentire.
È un pensiero profondissimo,
a tal punto che neanche tu puoi capire quanto.
Forse è Dio che ti ha ispirato
per rendermi felice.
Tu mi hai gettato in mare un’àncora di salvezza
dove io mi aggrappo con tutte le mie forze per non annegare
e trovo le mie poesie, il tuo amore per me.
Nessuno malgrado i propri sforzi
è mai riuscito a cogliere la mia ricchezza interiore,
la mia sensibilità profondissima, la mia particolarità,
il mio disperato bisogno d’amore.
È solo riuscito a intravedere
come sono dentro
ma in lontananza
senza mai percepirmi a fondo.
In questo mondo dell’immagine
l’apparire conta più dell’essere
anche perché spesso l’essere non c’è.
Amante della solitudine e della tenerezza,
senza nessuno che mi somigli,
cerco da sempre
un’anima che mi comprenda.
ATTRAVERSANDO IL SOLE
Da questo carcere,
chiuso dietro le sbarre,
vedo il sole uscire dai monti.
La sua luce m’abbaglia.
Continuo ad osservarlo
con l’anima aperta alla speranza
ed i miei occhi rimbalzano sul suo splendore
e vanno su te
che sei così tanto lontana
al di là della mia immaginazione.
Ti vedo riflessa nel sole in controluce.
E tu puoi guardare me.
Tu ed io alle due estremità d’una scia luminosa
che ci avvicina passo dopo passo
unendoci sempre più.
Ci veniamo incontro
percorrendo raggi di luce.
Ora tutti sono morti,
sono più vecchi
ma noi due siamo ancora insieme nell’aria
come bambini
attraversando il sole.
Ho cercato a lungo qualcosa che non c'è
bastava semplicemente che guardassi il sole.
Dalla sofferenza scaturisce il carburante per la rinascita!
Non occorre essere in carcere per sentirsi prigionieri
dentro di me mi sento adesso libero,
il male ha finito di avermi in pugno: è inefficace.
È l’ultimo atto del suo progetto diabolico.
Il demone ora trema ed è lui ad aver paura di me.
PREGHIERA D’UN’ANIMA IN PENA ALLA LUNA
Luna,
tu muta e bianca
sul destino degli umani
posi silente lo sguardo.
Solinga e distante,
sorella del buio e delle ombre,
non ti diletti e non piangi
ma taci,
osservi e sempre taci.
Eppure chi può dirmi se non tu sola
se è per natura perdente l’umana sorte
o se riposerà alfin ciascun mortale
e avran sollievo le sue notturne paure?
Vorrei chiederti o mia cara luna
a che serve vivere
e dove porta questo terreno viaggiare,
per cosa si arresteranno i battiti del mio cuore?
Ma tu mi appari misteriosa e vana
come lo è tutta l’esistenza umana
senza risposte, né certezze,
incurante della mia anima che anela, brama di sapere.
Io fragile essere, piccolo e limitato
tu immortale creatura d’uno sconfinato universo,
eppure quanta grandezza nell’umano spirito
nel desiderare l’infinito pur comprendendo la propria piccolezza!
Silenziosa luna presto dovrai andar via,
l’alba si sta svegliando,
la terrena notte illuminerai nuovamente alla fine del giorno
ma gli occhi del mortale uomo rivedranno ancora luce?
e le piante e gli animali tutti qual destino avranno?
Luna
musa ispiratrice di poeti e cantanti,
meta irraggiungibile di sogni lontani,
compagna notturna di viandanti e zingari,
lascia che io alzi lo sguardo fino a te,
ultima sconsolata preghiera d’un’anima in pena.
Tu luna vegli sopra uno strano mondo
fatto di pazzi.
Qui non c’è amore né comprensione
ed io non voglio più starci.
Un immenso buio
ha schiuso le ali sul mondo
e sul cuore degli uomini,
e questa notte sembra non aver mai fine.
Addio anche a te luna!
la mia solitudine è ormai segnata
in un presagio di morte
che prelude al pianto.
SOGNO
Io cerco
quel che non esiste
e che nel nulla svanisce
in un effimero sogno.
IL MISTERO
Rapito dal tuo vortice
sto scrutando il tuo cielo infinito,
volteggiando nel tuo vento impetuoso,
naufragando nel tuo mare in tempesta,
sprofondando nei tortuosi meandri della mia mente,
ma sto solo impazzendo
perdendomi in un labirinto enorme.
Scopro l’ignoranza della scienza.
Smarrisco la mia fede.
Rimango spaventosamente affascinato.
Sulla riva un bimbo col suo secchiello
vuol prendere un pò alla volta tutto il mare.
NULLA ETERNO
Non vi fate sedurre,
non esiste ritorno,
non c’è nulla dopo,
morrete come tutte le bestie
divorati da vermi.
COME IN UN INCUBO
Penso agli anni della mia giovinezza
che mi sono lasciato alle spalle
e, per nostalgia,
mi viene una gran voglia di piangere
e un terribile timore d’invecchiare e di morire.
Mi sento dentro
terribilmente solo e smarrito
con una forte e struggente
paura nell’anima,
come in un incubo
dal quale non posso svegliarmi o fuggire.
Qualcosa che non riesco a scacciare
mi opprime e tormenta
ma non so cosa sia
contro cosa combattere,
lentamente mi succhia l'energia.
Il tempo che mi rimane davanti,
oscuro e minaccioso,
è una clessidra di morte
che m’avvicina sempre più alla fine
inesorabilmente.
QUESTA VITA BREVE
Non camminare piano
quando puoi correre,
e non ti accontentare
se ti accorgi che puoi volare,
e non restare muto
quando puoi gridare.
Ascolta la voce della natura
e piangi quando hai voglia di farlo.
Vivi intensamente l’amore,
rincorri la tua felicità.
Apprezza il valore della salute,
ama chi ti sta vicino come se lo vedessi per l’ultima volta.
Non rimandare a domani quello che puoi fare ora,
non indugiare e non procurarti rimpianti,
questa vita è talmente breve ed imprevedibile,
la vecchiaia e la morte son sempre in agguato
come belve affamate, sbranandoti quando sei isolato.
SOLITUDINE E LIBERTÀ
Solitudine è libertà,
libertà è solitudine.
Voglio essere completamente solo
per sentirmi veramente libero.
PRIMAVERA
Petali di fiori,
ali di farfalle,
canti di uccelli,
profumi nell’aere.
Il sole che sorride,
il cielo che sta a guardare.
L’ARMONIA DEL CREATO
Da ogni notte buia
rinasce sempre il sole
così come dal bruco
fuoriesce ogni volta una crisalide.
E fra una stella lassù ed una lucciola quaggiù
nessuna distanza, la stessa luce.
Tra Dio e l’ultimo insetto creato
nessuna differenza, la stessa perfezione e l’identico amore.
Ogni cuore che palpita,
anche il più piccolo che esista nell’universo,
è un battito di vita e d’amore.
LUNGO LE STRADE DEL MONDO
Girando a lungo per le strade del mondo
ho incontrato tanta gente:
bianchi e neri, ricchi e poveri,
santi e carcerati.
Ho conosciuto servi e re,
cristiani e musulmani, suore e prostitute.
All’apparenza
mi sembravano diversi gli uni dagli altri
ma poi li ho visti piangere
tutti allo stesso modo.
Ho capito dentro di me
che esiste una sola razza: l’umanità,
un solo gesto: la solidarietà.
DOLCE SILENZIO
Dolce silenzio
cosa mi nascondi?
chi può dirmi se m’inganni?
se dolori e tempeste son prossimi?
e mentre io,
estasiato,
dalla dolce tua magia mi lascio rapire,
chissà quant’altra gente
soffre, si dispera, s’abbandona.
Dimmi o dolce silenzio
dov’è celata la chiave dell’umana esistenza?
Che sarà di me?
e fin quando goderti posso?
perché eterno peregrinar è questo nostro viver
e quel poco di pace che mi vuoi offrir
è gran gioia per me e di essa mi nutro
errando solitario per i campi
tra immote piante e assopite creature.
Dolce silenzio,
immenso tu sei
ed il mio esser fragile
dinanzi a te si perde sotto l’azzurro del cielo
come piccola cosa tra le innumerevoli cose,
come formica d’un enorme formicaio
persa tra tutte le altre.
O dolce e profondo silenzio
che all’eterno sonno somigli,
prendimi con te e invasami,
i miei tormenti assopisci,
e nel tuo languor pacato,
supino m’addormento in un dolcissimo morir,
forse senza mai più mirar
la viva luce del sole.
LA LEGGENDA DI CAMILLA
Chi di realtà si nutre
defunta ombra del nulla eterno è,
chi ai sogni crede,
la collera del tempo affamato
vincerà nei secoli.
Fra i castelli fatati dei mie sogni
Illa io ti sto inseguendo,
è la tua leggenda.
Gelosi folletti la raccontano in sogno.
Una notte di duemila anni or sono,
Camilla, una leggiadra ed esile ancella,
scrisse nel suo cuore:
“L’amor non vien da me, la fede stanca illusione,
la mia tenera età fior che appassisce,
ai sogni affido il mio avaro destino”.
Disperata ma senza lacrime,
corse verso quel dirupo che dominava quella valle
incantata da filtri magici, popolata da gnomi,
e da lassù altissima si gettò
gridando al vento prima di schiantarsi al suolo:
“Io vivo e vivrò per sempre”.
Sopra quella valle,
il tempo arrestò la sua corsa affannata
e, come per incanto, tutto restò immutato.
Ed ancor oggi, duemila anni dopo, il viandante solitario
che ignaro non conosce la storia di lei
ed attraversa quell’angusta e remota valle,
senza veder né capir nulla,
ode nel leggero mormorio del vento,
l’eco della voce del fantasma di lei
che ripete ancora:
“Io vivo e vivrò per sempre”.
Sì, nella mia fantasia,
tu Illa sei viva
e vivrai per sempre
con me.
IL VOLTO INQUIETANTE DEL MIO MALE
Vorrei svegliarmi da quest’incubo,
gettami acqua fresca in viso,
il ghiaccio mi assale,
scaldo le mani con un po’ di fiato.
Cerco in me una via d’uscita
ma non esiste fuga,
non c’è posto per nascondersi,
proteggermi non puoi.
Diverso da ogni altro,
nella terra di nessuno,
tutto intorno tace
in un silenzio irreale.
Guido senza meta,
faccio sesso senza amore,
riflesso in uno specchio
c’è un fantasma al posto mio.
E non trovo le parole
per spiegare ciò che ho,
ogni cosa intorno a me
appare sadica e crudele.
È inutile sforzarsi
di essere normale,
non posso fingere a me stesso
proprio non funziona mai.
Trascinato dentro un labirinto enorme
vedo stanze tutte uguali;
in ognuna di esse
mi attraggono piaceri sempre nuovi.
Sembrano dirmi:
“Entra da noi, esaudiremo qualunque desiderio
non importa che sia proibito
vedrai sarà bellissimo”.
Sbagliare è facile
se non sai più chi sei,
non ho saputo dire no,
mi sono perso in un vicolo cieco.
La strada ammaliante del piacere
mi viene incontro senza ostacoli,
preda inerme della concupiscenza
tocco il fondo pensando di raggiungere la cima.
Sono schiavo del mio istinto,
intrappolato nella mia angoscia,
c’è un’ombra che mi insegue,
dovunque vado non mi lascia mai.
In una danza infernale,
senza fermarsi mai,
girano intorno a me
fantasmi ed incubi.
Voglio scoprire la tua origine,
combattere ed annientare le tue tentazioni,
fino a giungere faccia a faccia
con il volto più inquietante del mio male.
Sì, scaverò nei miei profondi abissi
tirerò fuori il demone a cui appartengo,
a costo d’impazzire,
giuro io mi libererò.
La mia anima smarrita
ora sprofonda dove non c’è luce,
nuda nuota sott’acqua,
non riemerge più.
LA MIA ANIMA È NUDA
La mia anima è nuda
anarchico il mio istinto
folle la mia mente
immorale la mia libertà.
La mia anima è nuda
ama i bambini
sta al fianco di barboni, disadattati, emarginati
adora gli ultimi della classe sociale.
La mia anima è nuda
non sa vivere in società
non scende a compromessi e non concepisce le regole
non lavora e non produce.
La mia anima è nuda
è troppo grande per essere prigioniera in un corpo di carne
non può esser limitata dal tempo
è uno spirito libero che anela alla libertà assoluta.
La mia anima è nuda
posta al centro d’una corda tirata ai lati da lussuria e innocenza
come un verme striscia e bacia i piedi del demonio
poi di colpo s’alza in volo e abbraccia Dio
sempre in bilico tra inferno e paradiso.
La mia anima è nuda
soltanto nell’arte, di notte quando tutti dormono,
esce manifestando la sua diversità
se venisse scoperta verrebbe fatta fuori e forse anche uccisa,
bisogna lasciare dormire tranquillamente la gente,
guai a chi provasse a risvegliarli!
quando si sta troppo al buio, si ha paura della luce.
La mia anima è nuda
immortale e ribelle
aliena venuta da chissà quale mondo
destinata a perdersi e soffrire
nel crudele gioco della vita e della morte.
La mia anima è nuda
scevra da qualunque vanità
spogliata nella sua infinita miseria
non si lascia etichettare in nessun modo
non è né maschio né femmina, né schiava né regina.
La mia anima è nuda
conosce la sensibilità del male
è attratta dal fascino del proibito
è inquietante ma sincera.
La mia anima è nuda
è ancora bambina quando sogna
terribilmente vecchia quando insegue la logica
morta e sepolta quando si lascia sedurre da religioni e ricchezze.
La mia anima è nuda
condannata dalla sua stessa sensibilità
ad un isolamento senza uscita,
non chiede più comprensione ormai
sa di averla data ma di non poterla ricevere.
La mia anima è nuda
dannata
salvata
ma dannata ancora.
Anime perverse, entrate in sintonia con me!
sono qui, se volete potete trovarmi
non ho maschere e non mi nascondo:
la mia anima è nuda.
LA MIA MENTE
Silenzi e vuoti intorno a me
quiete assoluta nella mia stanza
sguardo assente, occhi chiusi
la mia mente mi porta lontano fuori da qui
mi trascina via con sé e nessuno se ne accorge,
prende il largo sulle acque
attraversa un fiume tranquillo
che cancella i ricordi
e li fa scivolare via.
La mia mente
è volo di idee
ragnatele di ragionamenti
archivio di esperienze rimosse
cassetti colmi di dubbi incessanti.
La mia mente
è follia pura
immaturità e saggezza insieme
è un gigantesco pallone
che vaga rimbalzando continuamente
da un soffice sogno all’altro.
La mia mente
è finto silenzio
fantasie strane
vertigini e vortici di pensieri
spinta per vivere.
Crea una tempesta
non dorme la notte
incubi che si accavallano
sogni che nascono e rimangono sospesi
paure e solitudini senza fine.
La mia mente
è invasa di ricordi che si susseguono
notizie divorate
date, sentenze, nomi, schede ormai ingiallite
profumi di opere buone
domande senza risposte
amori cancellati e poi riscritti
sì che diventano no.
La mia mente
è un insieme di cose da dimenticare
una cantina di occasioni perdute
di progetti mai portati a termine
di ricordi nostalgici.
La mia mente
silenziosa corre, vola, sfugge,
anela, brama di sapere.
Va via col vento, più su delle nuvole
sopra gli oceani
sorvola spazi infiniti
raggiunge nuovi orizzonti.
La mia mente
mi convince
ha sempre la meglio
detta le sue leggi
ed io non posso sfuggirle,
la seguirò perché lei vuole così.
La mia mente
mi fa impazzire
mi fa venir voglia di scoppiare
mi lascia i segni di chi ha vissuto un’eternità.
Uccidimi il cuore!
la mia mente mi resterà ancora intatta.
Legami con una catena fortissima!
lei mi slegherà,
forse neanche la morte fisica
potrà riuscire a fermarla.
Ti prego mente mia
portami con te lontanissimo
nei grandi campi di neve dove il sole non c’è
nei deserti sabbiosi senza confini
nelle praterie immense
nei mari in tempesta
nelle cime vertiginosamente alte
nelle strade vuote senza fine
che portano al nirvana e all’estasi.
Portami o mente mia
attraverso paesaggi sfocati e laghi annebbiati,
le mie vene saranno fiumi tra le rocce
le mie mani pallidi monti nella notte
il mio sangue torrente rosso più del fuoco.
Solo con te sulla scia delle ninfe
tra cascate argentate, ghiacciai sterminati
i miei pensieri frustati dal vento
scatenati e prendi, prendi tutto di me!
VORREI
Vorrei vagare nell’universo
e cercarti ovunque,
nelle intrecciate tele di un ragno
nel fruscio delle foglie morte
nel dondolare dei rami stecchiti
nel profumo d’un incensiere
sfogliando la Bibbia
dinanzi al portone d’un antico monastero.
Vorrei essere portato via da te nella tua carrozza
lontano dalla prigione d’un grattacielo
lungo le strade dell’inverno
ed osservare riflessa nel lago argentato
la mia immagine vecchia e deforme
trasformarsi nella tua pelle giovane e bianca
e contare poi una per una
le perle della tua corona.
Vorrei capire chi sono
mostrandoti fotografie sbiadite e diari segreti,
mostrandoti la scia luminosa dei ricordi
di quello che ero ieri,
l’anima immortale che vive nei miei versi adesso,
la statua, la lapide e la polvere
di ciò che rimarrà dei miei sogni domani.
Vento impetuoso della fuggevole immaginazione mia
tu spalanchi con forza la porta di questa mia tacita realtà
e nelle annebbiate stanze del tuo nido
io mi sto sempre più addentrando.
Ed ora sento di poterti raggiungere.
Vorrei avvicinarmi ma non so chi sei
vorrei chiamarti ma non so il tuo nome
vorrei seguirti ma tu ti stai sciogliendo lentamente
in aria,
scompari quando credo d'afferrarti.
Eppure io ti inseguo da sempre
nei labirinti della mia mente,
cercandoti affannosamente
in ogni piccolo spazio
della mia camera vuota e solitaria.
E nelle lacrime della solitudine mia
che percorron lente il mio viso pulito,
vedo i miei sogni evanescenti
morire uno dopo l’altro
ed un bimbo,
quel bimbo che vive in ognuno di noi,
li porta con sé invecchiati
fino ad estinguersi
nel riposante approdo d’un obitorio.
NICO
Nico!
Ti ricordo ancora
avevi dodici anni, la mia stessa età
solo qualche giorno in meno.
Nico!
Sei nella memoria coi tuoi occhi scuri
una bocca grande ma con pochi denti
ti facevo il verso
non te la prendevi.
Nico!
Eri sempre con le brache corte
e le gambe viola
per il grande freddo.
Nico!
Ma com’eri buffo
con quel cappellino con il paraorecchie
una grossa sciarpa fatta da tua mamma
come ci tenevi.
Nico!
Il compito in classe
lo copiavi sempre da me
eri furbo
non so come facevi.
Nico!
Insieme sulle piante
a buttar giù palle di neve
alle barbagianne, le ragazzine con gli occhiali
quelle proprio racchie.
Nico!
Non ti ricordi le mele
rubate insieme e mangiate di nascosto
in quel mercato rionale?
E le domeniche d’agosto?
correvamo per le strade deserte
c’eravamo solo noi
chissà cosa volevamo dalla nostra vita!
Nico!
Eri il mio migliore amico
un giorno mi dicesti:
“Se fossi nato femmina ti amerei”.
Quel giorno al doposcuola
ci presero un po’in giro
avevano scoperto
i nostri giochi strani.
Non mi vergognavo di volerti bene, di prenderti per mano,
di regalarti il mio affetto
quello che riuscivo a darti,
quello che potevo darti.
Nico!
Ma tu adesso cosa fai?
chissà se ti sei sposato, se hai dei figli
se pensi ancora a noi.
Com’era bello uscire da scuola!
e col sole o con la neve
tornare a casa
insieme.
Nico!
MADAME CLELIA
Un’emozione forte
si fa strada nei miei pensieri,
lenta scende come un’ombra
nella mia realtà ormai stanca
e tra la fantasia e l’età
mi trascina via con sé
in un tempo ormai lontano.
Mi rivedo di colpo lì
a spiarti dietro la finestra
di quella tua tenebrosa casa antica.
Sui miei undici anni appena compiuti
cadeva già il primo velo di follia,
e che sussulti, che tremiti segreti
in quelle mie inquiete notti di fanciullo
quando impaurito e rannicchiato
mi nascondevo sotto le coperte,
la mia prima masturbazione
la conobbi proprio allora e fu per te.
Madame Clelia!
Eri grande, troppo grande
forse vecchia per i miei occhi e per il mio corpo.
Avevi perso il marito
ti avevano abbandonato i figli
io come un giocattolo, un barboncino
ero tutto quello che ti rimaneva
nella tua vita mai vissuta
sempre attesa, mai avverata.
Ancor adesso
a distanza di tanti anni
non so cosa volessi tu da me
né cosa avrei potuto darti io.
Ma ti giuro Madame Clelia,
tu sei stata per me una regina
ti vedevo danzare nei miei sogni di bambino,
mi chiedo come mai così bella dentro
nessuno, all’infuori di me,
ti aveva vista mai.
PAESE NATÌO DI MIA MADRE
Al tuo paese torni
con me
ogni tanto,
ma sei triste
pensierosa
non parli.
La tua fontana rivedi
i vicoli
la piazza
che a miglior tempo
ti furono amici.
Anche la tua casa
giace silente e vuota
negletti i fiori
accanto ai muri.
Guardi fissa la chiesa
e odi la voce
di chi la preghiera
t’insegnò a ripetere.
Vedi tutti i ricordi
segnati da croci
cerchi ma non trovi
la speme d’un dì.
IN SIMBIOSI CON L’UNIVERSO
È solo mio questo improvviso aprirmi
e rivedere in un attimo tutta la mia vita come in un film registrato
e poi simultaneamente
allargare le braccia all’universo che mi circonda
e respirare a pieni polmoni
come volessi trasportarlo in me
per sentirmi parte di esso.
E poi ancora rivedere con gli occhi della memoria
lontanissimo come da un cannocchiale rovesciato
me stesso bambino giocare in un cortile
e paragonarlo alla luna
distante anch’essa mille anni luce da me.
E continuare a rivivere nei ricordi
la spensieratezza della giovinezza
e nello stesso istante
dirigere lo sguardo verso l’azzurro del cielo
ammirare spazi infiniti
nuvole bianchissime come zucchero filato, mongolfiere in volo
Ridiscendere poi negli anfratti della mia memoria
e riscoprire la ragazza che ho baciato e amato
per la prima volta,
e confrontare la luce limpida dei suoi occhi
con quella delle stelle
o semplicemente della stella cometa.
Ricordare infine i dolci versi
scritti in tenerissima età
nella mia prima poesia,
immaginando di trovarmi
tra fiorellini di campo di vario colore,
solleticati dolcemente da un leggero venticello,
mentre uccellini nel nido assieme alla loro madre
e tanti piccoli animaletti festanti
tutti insieme
cantano la loro canzone alla primavera.
Capisco proprio in questi dolci momenti
di non essere solo
malgrado il tempo che passa
malgrado non abbia una compagna.
Intorno a me
vedo tutto un mondo magico
che pullula d’amore.
C’è tanta musica nell’aria che respiro
ed ora finalmente anch’io posso sentirla
e lasciarla entrare nel mio cuore.
Sono in simbiosi con l’universo.
SOLITUDINE UNIVERSALE
Uno spaventoso silenzio
avvolge tutto l’universo,
gli uomini come marionette di pezza
si susseguono nel tempo gli uni agli altri
e non nascono che per morire definitivamente.
Quanta gente nel corso dei secoli
mi ha soltanto preceduto!
uomini in carne e ossa proprio come me
col mio stesso sangue
con le mie stesse paure, le mie stesse speranze.
Hanno vissuto in tempi diversi
e per età differenti
ma di loro non è rimasto più nulla!
Dov’è l’uomo delle caverne?
e gli antichi Egiziani con le loro piramidi?
e i gloriosi Romani? e i pensatori Greci?
imperatori e papi, uomini comuni ed eroi
tutti scomparsi
nell’inesorabile scorrere del tempo.
Vorrei uccidermi subito
al solo pensiero che anch’io farò la stessa fine,
è strano come gli uomini
continuino a vivere con impegno
pur sapendo che dovranno morire,
anche se vivessero per cento anni
sarebbe sempre un soffio di fiato
rispetto all’eternità.
Ma poi mi consolo tra me
pensando che la solitudine non è solo mia
ma è presente in ogni angolo dello sconfinato universo
e non esiste gioia più grande
del sentirsi parte di questa immensità
pur consapevole della propria piccolezza
e piangere l’intima fragilità
in un pianto accorato e senza speranza.
Così mi nasce dentro un’emozione fortissima
che, anche se nata dalla disperazione
è pur sempre un’emozione
e subito dopo rido, rido e ancora rido.
Ormai più nulla ha valore per me.
Scopro la dolce ebbrezza del non senso,
non m’importa della seduzione della fede
né del ragionamento della scienza.
Sono totalmente felice
e la mia gioia scaturisce dalla mia solitudine
che ora riesco a proiettare nel cosmo
e la solitudine dell’universo
è la mia stessa solitudine
e mi dà conforto
mi rende grande.
TRISTEZZA
Tristezza di cose perdute
di voci, di grida, d’amore
è struggente la pena che sento
come una lama mi trafigge il cuore.
Addio nidiata di bimbi!
è tanto quel che mi rimane di voi
siete riusciti a far sparire il dolore
per sempre compagno di vita.
Sorridevo felice all’innocenza
di nascosto, nel silenzio, tra le ombre
in segreto e in perfetta armonia
entravate uno dopo l’altro in me.
M’illudo di avervi vicino
vedo i vostri corpi e li tocco, li sento
immagino che siate con me
nel pensiero più dolce ch’esista.
Ripiomba di colpo ogni cosa
in grembo all’eterno destino
i vostri visi risplendono come dolci memorie
e poi muoiono con un tremulo brillio.
SENSAZIONI
È tutta avvolta nel mistero e nella meraviglia
questa vita mia,
con genuino e infantile stupore,
della natura osservo ogni manifestazione
fino ad esserne rapito.
Con sensibilissima attenzione nel silenzio ascolto
le voci, i suoni
anche i più tenui,
delle piccole cose intorno a me.
Affascinato e curioso
percepisco la suggestione, la religiosità, il mistero
nascosti in esse.
Ai miei occhi non appaiono
sempre traducibili e afferrabili
ma sciogliendosi in musica, in sospiro
mi riempiono ugualmente l’animo d’immenso.
INFANZIA LONTANA
Storia d’una infanzia lontana
ricognizione di un mondo
pietrificato nei ricordi.
È il canto della memoria
che si eleva
è profondo, sentito, cercato.
In esso
si rincorrono
gli attimi che hanno lasciato una traccia.
Rivivono anch’essi
insieme alle cose, alle persone familiari
ai sogni di più remote stagioni.
La memoria mi appare così
come immagine sovrapposta al presente
e i suoi impulsi,
ritornando dal passato,
s’intrecciano sinfonicamente,
trovano una finale armonia.
SULL’ORLO DELL’ABISSO
Dimora in me
un continuo e sempre vivo bisogno d’innocenza
come memoria limpida, essenziale
non coperta da incrostazioni.
Tornano nella mia mente
lontane primavere, gigli appassiti
come visioni taciturne e distanti
e tra echi sepolti
in un urlo senza voce
cadendo vittima del segreto logorio della vita,
subisco inerme la vecchiaia
come qualcosa di ineluttabile
stagione ultima, cupa e persino squallida
in cui sopravvive solo la memoria.
Non è tanto l’immagine della decadenza fisica
dell’inarrestabile declino che mi colpisce,
quanto la fugacità, la brevità del tempo
lo spazio attraversato in un lampo da ogni cosa,
anche le immensità celesti
dove ho cercato quasi un punto focale
della mia esistenza.
Oggi sono immerso nella follia più lucida,
il mio mondo è l’irrazionale, sembra una maledizione o una profezia
il mio pensiero si muove sempre sull’orlo dell’abisso.
Non c’è più luce, non c’è chiarezza
nel mondo informe, tumultuoso del mio vissuto.
Mi sgorga dentro un’impressione d’inerzia, di passività
che traspare dalla contemplazione della natura,
ha il gusto del tempo e delle sue rovine
perché quest’ultimo, pur nella disperazione e nella malinconia,
è il solo che mia dia una qualche trepidazione
un’incertezza, una sorpresa.
IL MIO IO COSMICO
Vedo vivere e sfiorire intorno a me
inesorabilmente
le persone, le cose, le stagioni
preda d’un sentimento panico dell’universo.
Trovo conforto abbandonandomi nella natura
per dimenticare in essa la mia forma umana
accogliendo nel sangue
il brivido solare d’una vita pura.
Il mio io cosmico pone la propria oggettività
per poi tornare a se stesso
nel perpetuo flusso della vita.
Mi fondo nella natura
contemplando il momento in cui l’amore
sarà libero fuori dal corpo
per farsi cielo.
Sublimo l’anima con i sensi
ma non interrompo il contatto fisico col mondo.
Forse spero di trovare in fondo alla strada percorsa
il silenzio e la solitudine dell’universo
anche quando silenzio e solitudine
sembrano chiudermi e annientarmi.
SFACELO
Gioco artificiale e platonico di specchi
sempre mutevoli
con tante facce e tante luci,
non trovo il filo interiore
quello vero e profondo,
cado così nel gioco delle invenzioni
delle contraddizioni.
Una totalità non trovata
che rivela disagio, sofferenza.
Cerco rifugio altrove
senza sapere dove
ma ciò che mi rimane di questa umana fatica
è la coscienza di una prigionia
e mi sento rinchiuso nel cerchio delle mie abitudini
che si avvicendano in modo sterile.
Sogno impossibili evasioni attraversato da sussulti e vertigini
invano lotto per non essere travolto dal tempo
ma l’amore mi appare perduto
tra la cenere dell’esistenza.
Archivio la memoria
come un mondo ormai passato per sempre
fatto di resti sospetti,
tracce che tendono a scomparire nel tempo
come carte antiche e indecifrabili
vere e proprie reliquie.
Sopra tutto questo sfacelo
aleggia sovrano il sentimento del tempo
che sfugge, che rovina, che travolge.
Non mi rimane
che una ragione stanca, ferita
al limite della resistenza
ma non vinta
che cerca in fondo alla dolcezza,
nella disperazione,
la speranza d’una morte amica.
LA LUCE DEL COSMO
Come per magia
il divino traluce
o affiora nei margini del mistero sovrasensibile
e la mia anima s’insinua
tra sensazioni terrene e misteri dell’essere,
nelle cose che l’occhio può scoprire mutate
in una luce e un suono
insospettato, nuovo, più profondo.
Sento nascere in me
il bisogno di illuminare con la luce del cosmo
le cose infinitamente piccole.
La mia anima così si fa largo
e nello spazio che mi creo
c’è il senso del tempo, del moto, del divenire,
e insieme del mistero
che avvolge il mondo delle mie sensazioni.
Entro in contatto
con tutto ciò che ignoro, intravedo, avverto
e soltanto in quell’istante,
sia pure con animo turbato,
riesco a capirmi.
PRESENZA VIVA
Momenti magici, favolosi
della mia infanzia,
ricordi evocati
da attimi di malinconia,
visioni incantate
della mia terra natìa.
Naufrago dolcemente
in un’infanzia che è ormai
il mito di se stessa,
e del dolore che l’ha portata via.
Pur tuttavia è suono, movimento
vita che trascorre.
Non la confronto con altri silenzi
con gli arcani mondi dell’immaginato
dello sperato, d’una irraggiungibile felicità.
Diventa invece voce intima del ricordo
presenza viva di qualcosa che passa
come echi, rintocchi.
Immersa nel tempo fluido
la natura come per magia
penetra nel tessuto della mia anima
e si fa poesia
ne scioglie i nodi, ne ispira i versi
è pianto che rasserena.
L’ALBA DELL’UOMO
Da un chiarore lontano
spunta l’alba
repentinamente
e colora di luce il nuovo mondo.
Intorno,
piante stecchite
animali selvatici
grotte e caverne buie.
Si svegliano anche gruppi di scimmie
sono nude come vermi della terra,
schiamazzano
litigano
si riuniscono.
Qualcosa sembra dire loro:
“Uniamoci
e combattiamo insieme”,
una battaglia che durerà nei secoli
sino alla fine dell’universo
se fine ci sarà.
MIA EVA
Mia Eva! Inizio della fine
sei tu la prima donna
l’origine delle mie perversioni
il pretesto per la mia follia
la madre dell’animale che è in me,
hai creato il mio istinto che ormai è morboso
il mio desiderio che è già sporcato.
Nel paradiso terrestre, trascinato indietro di mille secoli
io ti osservo nuda, allucinante visione,
misteriosa e invitante. Giochi con le armi della seduzione.
Dammi la mela ti prego, che aspetti?
voglio mangiarla!
è eccitante peccare
se tu mi sei vicina, nel pericolo mi sento al sicuro.
Dimmi dov’è il serpente, l’hai calpestato o no?
Voglio essergli amico e non mi farò esorcizzare.
Non mi importa di rimanere dannato per l’eternità
di lavorare, sudare e morire
di bruciare nelle fiamme dell’inferno,
l’importante è averti accanto.
Sei tu la causa del mio male
ma lo stesso male è ambiguo
cambia forma quando credo di conoscerlo.
Dal giorno che mangiasti quella mela
ogni uomo è sempre guidato
dalla follia d’una donna.
LA RIGENERAZIONE
Albero solitario
che mi aspetti in un campo di grano,
io ti vado incontro
e ai tuoi rami
mi appendo.
Ora sono appeso ai tuoi rami
e dondolo felice.
Tu ed io siamo un solo essere
una sola forma.
IL MIO FUNERALE
Come quando ci si toglie un abito
così avevo lasciato il mio corpo con i suoi pesi
ma ero vivo in una dimensione di immortalità e benessere.
Lento veniva trasportato
un corpo straccio
dentro quella bara
avara di ghirlande,
quel corpo era il mio
sì, ero io.
E quel carro funebre
attraversava le strette vie
che portavano a quel piccolo cimitero di collina
dove io fui sepolto
e riposo di già.
Scialli neri
vecchie facce coperte da veli
silenziosa processione,
dormiva mio padre
piangeva mia madre
quell’accompagnamento era il mio
sì, era il mio
ma io non capivo, ero felice fuori dal tempo
al di là dello spazio
e dall’alto osservavo stupito
quello strano spettacolo
sulla mia morte.
COINCIDENZE
Seguo una linea grandiosa
un’acutezza di senso
capace di rendere concreta
persino la fantasia.
E la visione
che parte generata dalla mia anima
si spande al di là degli orizzonti,
al di sopra delle piccole cose domestiche
ed è bellissimo
sentire come il senso dell’infinito
coincida fino a fondersi in uno stesso clima
con le cose più piccole.
NULLA È LONTANO
Grandezza e malinconia interiore
e povertà del mondo presente
ma la trasposizione mia
muta i termini del dissidio
ed è il bisogno di sognare
che rende grande l’opaco atomo terreno
illuminandolo di altre verità.
La fantasia ora avverte nel mondo
più segreti e profondi significati
dà immagine all’eco
si spande in altri mondi
si dissolve nell’immensità.
Ormai nulla è lontano dal mio spirito.
IL MARGINE SILENZIOSO DELLA MEMORIA
Nel margine silenzioso della memoria
che non è presente in me,
trovo rivelazioni e scoperte
un ricchissimo terreno umano.
La poesia restituisce alla vita
i nodi segreti
i ricordi assopiti
le reazioni più remote,
fa conoscere una nuova dimensione del reale,
a volte contro la ragione
a volte in armonia con essa,
sempre con libertà.
EGOISMO SOLITARIO
Sono il re
del mio egoismo solitario
che ha coscienza
soltanto per esprimerla in privato
in una totale esaltazione dei sensi.
Io non cerco più
un rapporto dialettico tra me e gli altri
e la mia concezione estetizzante della realtà
diviene dominio sulla folla,
forma una solitudine privata
dove il mio pene riaffiora docile tra le mie mani
fino a divenire una strana sensualità
fuori dai sensi
trasformata in un processo di spiritualizzazione.
ALLA DERIVA
È grigio il clima del perenne essere.
Tutto è caduto
le speranze perdute, le preghiere vane
le parole inutili, l’amore illuso
le primavere sfiorite, gli ideali mortali.
Ma non v’è più dramma in me
in questo continuo appassire e morire
ma completo abbandono.
Accetto di andare alla deriva
lasciandomi cullare dalla marea del tempo
in cui tutto si dissolve
fino a compiacermi del mio dolore.
È dolce sentirsi vittima, indifeso, inascoltato.
Capire che persino la vanità delle cose
diventa pura armonia.
VERRÀ POI LA MORTE
La mia vita passerà molto presto
drammatica e patetica
e con essa anche la sua ricchezza
fatta umana dalla fatica.
Il tempo,
un male che impoverisce la vita,
mi toglie ogni energia vitale,
il mio corpo senza speranza e senza salvezza
si rivolta, si risparmia, geme
s’illude ancora di strappare giorni, ore, minuti alla fine.
Ma vi è un altro male
subdolo e ancor più disperato:
quello di essere completamente solo
nell’umana comprensione di sé
costretto a tacere e fingere,
a rivedere il passato riflesso
nelle lacrime degli occhi che piangono
in un profondo bisogno di confidenze.
Triste appare allora il volto della memoria
come immobile silenzio che tende all’astrazione.
Verrà poi la morte del corpo
il distacco amaro.
LA MIA SOLITUDINE
Schivo mi stupisco di vivere
mi sento staccato ed incompreso
da tutti gli altri uomini.
Mi aggrappo agli scarti della vita
tutto il resto è inconsistente.
Non mi aspetto comprensione
né consolazione né tregua
consapevole della mia solitudine.
Ho scelto liberamente l’aridità e il deserto
e osservo le cose della vita
prosciugate e fisse
come simboli magici in una luce rarefatta.
LO STRAZIO D’ESISTERE
Urlo di masse
voci, passi, gesti
tra pietà curiosa e fanatismo,
irrazionale catena di incubi e fobie
ai margini dell’ossessione.
La personalità umana si lacera
il senso dell’alienazione incombe
la coscienza si smarrisce.
Spinto da una sofferenza solitaria e indecifrabile,
contagiato dalla multanime esistenza
affogo lentamente nel caos
e non ho scampo
se non nella perfetta solitudine.
LA MIA FOLLIA
L’infinita miseria della vita
la solitudine del mondo
la caducità della fama che passa.
E poi la morte delle persone care
l’incombente paura delle malattie
il continuo vagabondare senza pace dell’uomo
acuiscono la mia sensibilità
ma accrescono i sintomi della mia follia.
Cupe ombre di pazzia
si addensano minacciose su di me
travestite da un’atmosfera di lucida estasi.
È il dramma della mia ansia angosciante
la disperazione di tutto il mio essere
forse creato da Dio
ma poi lasciato a se stesso
privo d’identità, privo di vita
impossibilitato di comunicare
di capire e farsi capire.
LA MIA MODESTA FORMA UMANA
Ormai ridotto ad accettare la mia condizione
di uomo consapevole del proprio destino,
sento tristemente che la vita in me
invecchia inesorabilmente
che altri sentimenti, altre idee
mi nascono nell’anima,
che arte e vita procedono insieme,
e la poesia della mia vita solitaria
diventa essa stessa memoria.
Non è più la storia d’un uomo
che cerca l’illusoria grandezza dell’universo
ma semplicemente la povertà di chi
insegue soltanto la sua modesta forma umana.
Affido alla mia scrittura,
unico ed ultimo appiglio rimastomi,
la speranza di trovare ancora
punti luminosi sul mio cammino terreno
proiettandomi fin quando mi sarà possibile
e ne avrò ancora la forza,
nel tempo e nell’universale,
solo così la realtà della poesia
potrà apparirmi più ricca di significato
di quella della vita.
DESIDERIO D’INFINITO
Un sentimento dell’esistenza umanissimo
mi scorre dentro,
la mia spiritualità
è attraversata da malesseri sublimati
da torpori e da abbandoni,
trasalimenti e sofferenze confessate,
si distacca dalle cose terrene
diventa consapevole della fugacità umana,
è poesia per questo suo fluire
in mezzo alla vita
non ancora del tutto purificata
non ancora donata a una fede.
Le mie parole sono ultime gocce d’una vena
che ha già dato ciò che poteva dare.
La strada che porta alla bontà
mi libera dall’ansia
restituendomi un desiderio d’infinito.
LA FAVOLA DI UNA PICCOLA LACRIMA
Da una bimba e un pianto
nacque lei
piena di paure e ingenuità
chiara e trasparente
dai suoi occhi si affacciò
e da quelle ciglia sottili
piano piano scese giù.
Attraversò quel viso
dai lineamenti dolci
pulito di bambina
e per il mondo
sola sola
s’incamminò.
Ma era troppo ingenua
non conosceva il male
e la sua vita
era già in pericolo.
E passarono in fretta gli anni
e anche le stagioni
venne presto l’inverno
portando con sé la pioggia.
Tante grandi gocce
cadevano giù dal cielo
tutte insieme,
erano prepotenti
si spingevano tra loro
si bisticciavano.
La dolce lacrima ben presto
si trovò sommersa
cercò di ribellarsi
ma era troppo buona
e non aveva la forza.
Così per non morire
pensò di tornare
dentro quegli occhi
dov’era nata.
Sola e stanca
cercò quella bambina
la cercò dovunque
e la trovò alla fine.
Ma era ormai cresciuta
non era più bambina
il suo viso era truccato
non si ricordò di lei
e la cacciò via con forza.
Così la povera lacrima
restò proprio sola
in balìa di tutti
senza alcuna difesa.
Vagava per il mondo
ignorata da chiunque
sembrava invisibile
trasparente
proprio come una lacrima.
E venne il sole
e con la sua luce
forte forte
la illuminò.
Ma era ormai vecchia
allo stremo delle forze
e lentamente
si sciolse da sola.
Finisce così
la sua insignificante vita,
la sua insignificante storia
e nel silenzio,
la gocciolina
muore.
Così è il mio destino
la storia di quella piccola lacrima
è uguale alla mia.
IL SILENZIO NEL SILENZIO
Erba appena bagnata sulla livida terra,
odore di pioggia da poco caduta
trasporta nell’aria bollicine di sogni
in questo autunno che scorre lento...
Silenti alberi ammutoliti e spogliati
attendono stanchi giovani foglie,
con la nuova stagione arriveranno
in questo autunno che respira lento...
Un colore giallognolo suggestivo e irreale
avvolge ogni cosa di magico incanto,
sfumature di anime invocano il sole
in questo autunno che sbadiglia lento...
Piante e animali stanno dormendo,
la natura è un fantasma che si aggira ramingo,
persino le pietre chiudono gli occhi arrossati
in questo autunno che dorme lento...
Non si avvertono rumori, non si odono lamenti
non c’è più linfa, è sottratta ogni energia
domina il nulla immobile e statico
in questo autunno che tace lento...
Una coltre di nebbia come una nuvola
disegna il paesaggio di malinconica assenza,
una sottile tristezza scende sul cuore
in questo autunno che muore lento...
E in questo bosco solitario e sperduto
dove anche il vento non ha la forza di soffiare,
io perdo me stesso ed i miei pensieri
e nel silenzio io rimango in silenzio.
NARRAMI L’ADDIO
Dimmi del tuo verbo,
preziosa fioritura
d’un ramo di ciliegio,
slegando il tuo pensiero
nel soffio del maestrale.
Parlami dell’onde,
in gioielli di turchese,
che il mare partorì
nel ventre dell’aurora.
Suonami il canto
che desta il fiume di memorie,
aprendo tra le rocce
profonde feritoie.
Dell’erbe, poi, donami il profumo
che al mondo porta il suo risveglio,
dopo fiocchi candidi di dolci nevicate
narrami l’addio del freddo sonno.
FOGLIE D’AUTUNNO SUL CUORE
Non cede il passo alla morte
questo silenzio di riflessi tenui
nel meriggio,
un dolce intreccio di piccole luci
che divorano, tremule, ombre ovattate.
Forse solo l’impercettibile suono
d’un brusio lontano
che giunge sfidando pensieri assopiti,
carezze morbide, candide piume che vengon giù
come foglie d’autunno sul cuore.
GIRASOLI
Sfidavano austeri
azzurri afosi,
lo sguardo profuso d’incanti
nei tramonti sterminati di terra,
l’onda gialla di petali solari
come una mano dalle lunghe dita.
Era una culla ad arte plasmata
dalla grande anima del vento,
e quei giorni irradiati di speranze,
nel calore biancastro dei desideri,
offuscavano sovente i sensi
abbandonando l’anima
ai passi selvatici del vivere.
CHIOME DI MANDORLI IN FIORE
Così modellata in ambrato miele
venne al mondo la resina bluastra del mattino,
protesa al chiarore di poche nubi sfumate
tra chiome di mandorli in fiore.
Primavera! dissero, ma era solo
la magia d’un antico risveglio,
l’intarsio indolente di colline smeraldo,
l’eco stordito dei passeri in volo.
E nel lampo dei primi bagliori,
dipinta in turchese fu l’onda del mare
nel ricamo perenne di schiume d’avorio.
NEL BAGLIORE D’UN TRAMONTO
Qui ti vedo,
struggente nube del mio cielo,
nel riflesso di ricordi sulla pianura quieta,
nella foschia che avvolge
le colline addormentate di crepuscolo,
nel silenzio che sospinge
la mente oltre l’orizzonte:
io ti vedo.
Ancora non mia.
Ancora uccello in volo,
vento che passa e non resta.
Sfuggente nube del mio cielo silenziosa e inerte
nel bagliore d’un tramonto,
che muore.
PROFUMO D’AUTUNNO
Calici rubini,
foglie arse
nel morire dei passi in fondo al viale.
Oltre cristalli di liquida pioggia
speranze esili come fuscelli spogli,
le dolci parole di stelle in delirio
per il nuovo addio alla calda stagione.
Carezze rideste di foschi cieli
languore di nubi nel profumo d’autunno
e le candide nebbie
che avvolgono il ventre in orme dolenti.
Solo ieri eravamo erba di primavera
oggi soffio di gelido vento.
FUSI NEL VERDE
Spiano, tra le fronde,
pallidi volti senz’arti,
così stupiti di vedere,
fusi nel verde come riflessi
d’uno stesso smeraldo.
Due cuori poi vennero,
mano nella mano,
dal ventre d’ogni pianta,
come respiro di vita
linfa dell’essere.
E non fu solo amore
il passo del cammino,
ma molte altre storie
ancora da narrare.
PASSI DI LUCE
Passi di luce,
in contrasto di cielo,
deformano il tratto
lievemente ambrato
della carezza erbosa
tra capelli leggeri.
Alcova di fiabesche creature
forse elfi assorti
in dolci preghiere
o sogni di nubi
che spalancano piano
sguardi radiosi
sul nostro piccolo mondo.
IN RELIGIOSO DELIRIO
Mi porterai farfalle
sul palmo della mano,
come petali d’arcobaleno sconnessi.
Le maschere del cuore,
in religioso delirio,
resteranno mute ad osservare
valanghe di colori travolgere il mondo.
RIVE LONTANE
Rive lontane
che placide attendete approdi
di cuori smarriti,
nella carezza di nebbie
osservo il vostro sorriso languido
sfiorato da voli eterei.
Tremulo il volto del giorno
m’appare incerto nella meta
da questo vascello corroso
che custodisce l’anima.
Voce di quiete regna su queste terre,
al di là dei mondi conosciuti,
qui solo gli Erranti possono arrivare
per abbandonarsi ad indicibili sogni
nella placida culla d’acqua sciabordanti.
Ma, ahimé, pochi giungono alle rive lontane,
a sfiorare giunchiglie flessuose di vento,
poiché i loro cuori, bramosi e impuri,
rimangono impigliati nel velo di foschie.
Il canto dell’oblio, poi,
giunge inaspettato come soffio di gelo
a costruire monumenti di cenere.
Dimore di freddo marmo
assiepate tra i boschi silenti
popolano le solitudini umane,
meschine creature,
presuntuose e corrotte anime
che sgretolano il loro essere
al tocco del sole ardente.
Rive lontane, aspettatemi!
con fragili ali d’umanità
anch’io, vi sto raggiungendo.
CANCELLI
Varchi di nebbie dense
come cancelli aperti
sui giardini dell’inverno,
accarezzano marmoree figure, antiche armature
che sembrano prendere forma e riacquistare vita
lungo sentieri traslucidi d’ombre.
Tra il soffuso crepitio dei passi,
soffici foglie danzano la fine
nel profondo silenzio del nulla
come un leggero vapore che scema la terra.
Fra le dita del crepuscolo
aprirò i miei cancelli.
O cielo, fa' che questa notte mi sia sorella
affinché possa spargere i miei bagliori
e fonderli in stelle!
COME UN CORVO
Una goccia di sangue rubino,
rosso che stinge nel blu,
s’oscura eclissando i pensieri
negli antri bui d’un qualche incubo recondito.
È forse il presagio che incombe sull’anima
come una mano che dipinge ghiacci,
è l’odore acro d’ataviche tempeste
che implacabile spazza aridi steli.
È il sapore di lacrime mischiato ad uva acerba
nel vortice d’un grido che frantuma il silenzio
come un corvo che plana rapace
sui rami avvizziti d’un gelido inverno.
AMBROSIA
Nettare divino,
capriccio di un dio pagano,
inzuppami di cieli d’anima ed inebriami
in questa notte in cui le stelle
suonano violini di luce.
Geme un angelo ai piedi di un muro infinito,
i suoi occhi hanno veli di colori,
cerco nelle sabbie e nei venti
qualcosa che assomigli a verità,
ma solo stracci di bugie nascono da albe stanche.
Ere infinite sono trascorse in queste terre,
tombe e muschi han ricoperto i prati,
i fiori della notte sono sbocciati con petali d’incanto
liberando lussuriosi profumi.
Nettare che disseti,
versa la tua essenza su questi mondi di uomini dormienti,
destali da sonni eterni che accarezzano destini,
lascia che la luce trafigga gli astri, che volino colombe,
che remino barche verso la riva,
non lasciarci in balia del buio, in città martoriate,
a levare il canto d’una preghiera muta.
Io cerco il tuo aroma nel calice di fiori di rugiada,
spargo nenie al vento che mi travolge.
Sulla strada del fiume vidi una donna ...
i suoi occhi si posarono su me,
aveva un mantello di dolcezze e il volto dell’amore.
Ombra della mia ombra divenne il mio passo,
sangue del mio sangue la sua vita terrena,
ma ci divorò una bestia atroce.
Ora sono tornato al calice dell’anima
a bere questo nettare di illusione.
Lasciami ai miei sogni, donami follia,
canto con l’arpa in mano gesta di tempi che furono,
sull’orlo della notte inseguo favole impazzite.
ALI DI CERA
Carezze di crepuscolo
pervase di zagara
nel gioco di tenui riflessi
han spiegato ali di cera,
bianchissime e candide
lingue di pace
al galoppo del vento.
Forse eterei angeli
venuti dal nulla
prodighi di sogni
ed ingenue purezze.
Forse demoni arresi
alla bellezza del cielo
stanchi d’eresie infernali
o semplici ricami di luce
intarsiati d’ombre incombenti.
SUSSURRI MILLENARI
Segni di civiltà lontane
perse nella notte dei tempi,
la terra riporta alla luce
vite disperse nel cosmo.
Le pietre mute testimoni,
raccontano storie
a chi ha orecchie magiche
per ascoltare il suono del vento,
di mille foglie che sussurrano instancabili
la vita.
CHIAROSCURO
Entra una luce obliqua,
di sole dimenticato,
dalla finestra del tempo
a schiarire la scabra stanza.
Ombre in controluce
mi vengono incontro lievi,
come foglie di un autunno senza fine,
volteggiano nell’anima.
Presto il tuo volto
delinea contorni in chiaroscuro,
un canto... un sussulto...
colma siderali silenzi.
- Ti prego ombra, danza con me! -
Vestimi d’innocenza bambina,
quegli echi di risa perdute
risuonano ancora
come carillons fatati.
Sono petali di dolcezza
che piovono su noi,
visioni mai osate,
sogni d’immensità,
delitti di desideri abbandonati.
E al fine, quando tutto cessa
e il sogno si dilegua lesto
nella notte silenziosa,
resta sulla mia retina, impresso,
un chiaroscuro dal tratto incerto,
come se quella mano che disegnò
non avesse fatto in tempo
a trattenere l’attimo di luce.
L’AMORE
L’amore...
triste fantasma dei miei ieri
sparge ancora a tratti
leggeri petali sul cuore.
Come angelo ferito,
che perde le sue piume in nevicate di dolore,
ricopre i desideri di velati risvegli,
dolce il suo tocco ferisce a sangue l’anima
travolgendo i sogni in impossibili minuetti.
Arpeggi dolcissimi di malinconie
inghirlandano giorni d’autunno sfumati,
somigliano a rose dischiuse sul sentiero di lievi respiri.
L’amore...
rondine smarrita senza primavere,
archi che disegnano ombre al tramonto,
oceano ed onde
castelli di smeraldo,
draghi sconfitti da lance avvelenate... l’amore.
Eppure, m’è parso, stamane
nel riverbero d’un’alba rassegnata,
sentirlo alitare ancora in liquidi ardori
sciogliendo le sue chiome di fuoco ai miei passi.
ACACIE STRIDENTI
Nell’aria a frusciare
ibridi sonagli dai vaghi colori,
protendono il verso, leggiadro,
al sentore del vento,
nel fertile giugno delle chimere.
Sono acacie stridenti di pudiche foglie
che sfiorano magiche il velo del cuore.
LA TRISTEZZA DEL REGNO DI AWEL
Del breve passo d’un istante
si nutrono le gioie terrene,
lampi fugaci, temporali evanescenti
la luce cangiante nel ventre della foresta
cela eterni misteri,
solo i liquidi occhi di una pioggia di novembre
possono sfiorare ingenui
le foglie smeraldine del Regno di Awel.
Il re senza corona,
che regge lo scettro degli Aracnidi,
non sa che la sua regina è scivolata in una brezza d’oblio
e canta sospirando l’antica nenia del ritorno.
Ma la gioia
è cosa assai più rapida d’un batter di ciglio,
mai più i passi di colei che intrecciava margherite
accarezzeranno il mattino con petali candidi,
nelle nuvole è rimasto il suo alone,
nel vento, il profumo triste del perduto amore.
GL’INQUIETI FOLLETTI DEL CUORE
Nella penombra avvolgente
d’un pomeriggio d’estate,
un’esplosione di luce colpisce
i muri bianchi dell’anima
corrodendo ogni pietra
sulla strada polverosa di caligine.
Fasci di luce, che sembrano lame,
entrano nelle stanze sonnolente
ferendo le persiane accostate
nell’attesa di baci di luna.
E nel pulviscolo indecente,
che il sole svela denudando, danzano ora
gl’inquieti folletti del cuore.
INCANTESIMI
Ho udito voci stregate sulle soglie del buio
bisbigliare incessanti nenie ancestrali.
Invadono sentieri scoscesi,
riflessi d’indaco sfumato,
tra le foreste e i campi,
baciando lapidi addormentate d’eterno.
Nell’abside della luna, poche stelle,
ergono cattedrali di smeraldo
sulle rovine del giorno sconfitto,
mentre una pioggia di piume d’angeli feriti
trafigge l’oscurità di candida dolcezza.
Fili d’erba a frusciare come arpe celtiche,
arcaici suoni di mondi dimenticati,
risvegliano indicibili malinconie
nella danza del vento.
Sortilegi di streghe nelle caverne del desiderio
stringono in un abbraccio d’edera
le nostre passioni,
avvinghiate in un sudario febbrile.
I nostri corpi trasformano ombre
in coreografie di luminosi draghi.
Rose carminie sbocciano ad ogni nostro respiro,
elfici sussurri fremono tra le umide foglie dell’anima,
freschi effluvi d’incensi muschiati si fondono
in litanie di gufi nebbiosi
e la tua mano scivola lieve tra le guglie del cuore
come fumoso spettro etereo, imprendibile,
che accarezzando sepolcri e rovine, subissando anatemi
spezza segreti incantesimi e sigilli arcani.
FOSCHI RESPIRI
Animami!
come nella notte di plenilunio,
cadavere obliquo sui miei fianchi di cera.
Straziami!
lungo la pelle di graffi indossati
con stellati artigli di liquide ombre.
Accecami!
con occhi stregati intrisi di perle e pugnali,
suadente pressione di foschi respiri.
Stregami!
con dense parole rubate alle tenebre
intarsi netti del cuore profondo.
Uccidimi!
nell’eco rimbombante d’illusioni tragiche,
il mio lento veleno
talamo e sudario del tuo ventre oscuro.
Ora sono pronto
a far l’amore con la morte.
LONTANE ORME
E scenderò
lungo le sponde acquatiche dell’origine,
figlio di soli raggianti,
nella fertile terra madre d’ogni vita.
E lo farò con quelle mani tese
nel gesto di avere briciole di tempo,
in un sinuoso cammino d’albe antiche,
lontane orme tra il Tigri e l’Eufrate.
MIA OMBRA
Il pianto ha stuprato la città
e tu vaghi indistinta con la mia anima,
ombra, ti aspettavo, come sempre,
per inseguire la tua lunga scia oscura,
riverbero di nero, lacrima e lamento,
perduto sogno sepolto negli abissi dell’infinito.
Ho camminato per lunghe ere
con la tua presenza al mio fianco,
compagna di ore fameliche a divorare il nulla
e adesso che il gelido vento,
tristemente, scuote alberi e cuori,
scorgo un bagliore incombente rischiarare il cielo,
un’alba vicina che riscopre gli orrori del mondo,
delicatezze violate,
tenui respiri nel silenzio,
ho ancora desiderio di te, mia ombra!
CANDELABRI DI FOLLIA
Quella notte il vento trascinò i respiri
fino alle mura d’un’abbazia solenne
ombre nella danza d’un crepuscolo di ghiaccio,
occhi smarriti fra lagune silenti
e l’anima tace come lapide in oblio,
nel sussurro senza tempo
che trafigge rosoni sventrati
un mistico canto di rovi,
tremula luce di candelabri di follia.
SULLA SCIA DELL’AURORA
Rosa purpurea, gelido fiore
petalo di cristallo, profumo di cera.
Gocce di linfa tra le mani impotenti
carezze sopite nell’attesa d’un bacio
che schiuda corolle e riverberi antichi.
È danza di luci, sculture d’ombre,
occhi che seducono
nella seta di notti struggenti.
Presenze indefinite,
creature d’altri mondi,
giungono stupite nel cuore
tra fumo e vapore,
tra sogni e speranze.
Gemme di fuoco attraversano il silenzio
regalando una pioggia di miele e d’ambra,
geme l’anima nel risveglio inatteso
scivolando lenta sulla scia dell’aurora.
ATLANTIDE NEL CIELO
Ma chi ti sommerse negli oceani
se tu risplendi tra le nubi dei giorni
coi leggiadri giardini sospesi nel vento?
Genitrice di splendide passioni,
perla pagana tra spezie stregate
oro che riluce nell’oscurità del tempo,
mito nel mito, leggenda errante,
scomodo sogno di chi ti volle continente perduto.
OMBRA DELLA VITA
Silenzio,
spazio circonciso,
elastico fluttuare,
un nulla dei sensi,
un vuoto sadico,
un respiro lento di notti insonni
e giorni come vele perdute,
in un mare stanco, ferito, livido,
mi sorprendo ancora ombra della vita.
QUANDO TU DORMI
Quando tu dormi sdraiata al mio fianco, amor mio,
sei il sogno che aleggia,
il vapore sulfureo d’un mondo ignoto,
tu sei scrigno di magie e misteri.
Ed io che, come poeta, sbircio nel tuo respiro
rubando il tesoro silenzioso di quel dolce sonno.
FIGLIA DEL VENTO
Lei è nata sulle rive del Sindh
aveva lunghi capelli neri,
sua madre la lavò nel fiume
suo padre le cantò una canzone tribale.
È nata mentre arrivava l’inverno
le capanne erano fredde,
crescendo ha teso la mano, la sua voce voleva parlare
ma la gente volgeva lo sguardo altrove.
Ha camminato a piedi scalzi
e ballato sotto la luce del sole
mentre i violini sembravano piangere in musica,
e i vecchi del campo narravano misteriose leggende.
L’hanno vista fare l’amore sulla terra nuda
parlare agli animali
sfogliare i petali d’un fiore
giocare prendendo per mano i bambini del campo.
Lei leggeva il destino
vedeva l’anima riflessa negli occhi
poi in silenzio
riprendeva il suo cammino.
È una ROM figlia del vento
la sua strada è lunga e faticosa
ma è libera e felice di essere quel che è:
la vita è andare verso dove non sai.
BAMBINO SEMPRE
Mi hai chiuso gli occhi
che avevo avuto in dono
per farne pianto
ai confini dell’aurora.
S’è fatta sera
senza ch’io vedessi giorno
incatenato al limbo
e nudo di carezze.
Ti ho reso il cuore
che non ha mai ricevuto amore
sfogliando petali
agli angoli del sogno.
Non più domani
per noi che abbiamo ali
recise in volo
verso il paradiso.
Pensami stella,
stanotte veglierò in silenzio,
bambino sempre
per mano del destino.
L’ANGELO NERO
L’angelo nero è tornato
a bussare alla mia porta.
È entrato
senza che me ne accorgessi.
Nel silenzio assoluto
dei suoi passi inesistenti,
mi avvolge nel suo manto
fatto di fumo e di tenebre.
Muta creatura
della notte più buia,
mi hai preso
senza che un lamento
venisse fuori dalle mie labbra gelide,
bianche come la cera.
Ora sono anch’io una creatura della notte
una sorta di vampiro
assetato di vita, assuefatto di morte,
faccio parte del tuo mondo allucinante.
Voglio solo fuggire via, nell’oscurità,
spiegare le mie ali di pipistrello
e volare lontano
nella notte che adesso sento d’amare.
Fuori il fiume sta scorrendo,
dentro il fuoco non si spegne
mai un momento,
ed io come ti sento, io ti sento!
E tu, angelo nero,
ormai vivi nell’oscurità della mia anima
come una candela accesa
che va spegnendosi lentamente
ma che non si consuma.
BIMBA
Quella notte,
avvolta in una nuvola calda,
una pallida luce nei tuoi occhi
sussurrava mille parole,
nascondeva mille segreti.
Ti guardavo,
ascoltavo il tuo respiro,
sentivo i tuoi pensieri scivolare nel regno delle ombre.
Avrei voluto seguirti anche lì
per proteggerti nel sonno,
tenerti per mano,
baciare i tui piedi,
stringerti,
ascoltare battere il tuo cuore.
Ma sono rimasto immobile a guardare il tuo viso.
Angelo che socchiudi gli occhi,
nell’istante in cui abbassi le palpebre,
porta nei tuoi sogni
il mio ultimo sorriso per te.
Il tuo viso
si distendeva dolce come non mai
mentre la mia mano scivolava leggera
donandoti sulla guancia l’ultima carezza.
Dormi bimba mia, ti sussurravo piano
per non svegliarti,
e vicino a te provavo a chiudere gli occhi anch’io
come fossi di colpo tornato bambino nella culla,
e insieme attendevamo la nuova alba
mentre nel soffitto, anche quella notte,
brillavano miriadi di stelle.
MIA DOLCE REGINA
Non avrai mai più il suo sorriso
immobile è l’immagine nei tuoi occhi,
il regista ha chiuso il sipario
straziante fine di una lunga sofferenza.
Mia dolce regina, di questo teatro
ascolta gli applausi della platea,
il sentito ringraziamento
per un’esibizione mai stata così vera.
Ora che sei più leggera dell’aria,
non aver paura di volare,
perché non potrai mai più cadere.
Lentamente abbandoni te stessa
e, in un istante lungo una vita,
rivedi tutto ciò che è stato
e che mai più sarà.
Invano tengo stretta la tua mano
mentre le lacrime mi solcano il viso,
tu sei già in paradiso.
Sento ogni giorno la tua mancanza,
ma mi basta alzare gli occhi al cielo
e guardare il sole,
ogni suo raggio mi porta il tuo sorriso.
SILENZI
Suonano rintocchi nella mia mente
fragili oasi di rimembranze lontane
sentieri e odori, ombre e querceti
divine corse infantili.
Di te tutto mi parla,
sei come il vento
l’aria
il dolce canto d’uno scricciolo,
e dipingo la mia anima di ricordi,
il mio pensiero cerca improbabili fughe.
L’eco dei tuoi silenzi
annebbia ogni attimo, ogni vuoto.
Dove sei impalpabile luce
che perenne mi perdo a cercar?
SULLE ALI DELLA FANTASIA
Per tutta la vita ti ho cercata
graziosa adolescente io ti ho sognata
e nel mio cuor già dipinti
v’erano i tuoi quadri pieni di colori e fantasia.
E un bel giorno di primavera
la tua voce lontana l’ho sentita vicina
mia dolce principessina,
finalmente hai trovato il tuo amato principe.
Nel tuo mondo fantastico sono entrato con te
rivivendo le fiabe nei tuoi quadri dipinte
rifugiati insieme come creature senza tempo.
Abbiamo viaggiato nel cielo ricco di luci e colori
accarezzati dal sole e cullati dal vento,
abbiamo cavalcato vicini le ali della fantasia.
In quel mondo bambino tutto brillava
ed era trasparente, ed era luminoso
e come nelle fiabe tutto era possibile.
QUANDO I NOSTRI SOGNI DIVENTERANNO AMORE
Mi lascerò trascinare dal vento
ascoltando la dolce melodia dei gabbiani,
diventerò leggero come una piuma
e navigando tra oceani di nuvole, ti ricorderò.
Con la punta delle dita sfiorerò le stelle,
e mi nutrirò della loro luce,
danzando tra magiche aurore.
Volerò come un angelo immortale
e a cavallo di una stella cometa,
giungerò sino in fondo al tuo cuore.
Sfiorando leggermente le nostre labbra,
ci guarderemo ancora una volta,
ed esalando il nostro ultimo respiro,
ci baceremo all’infinito
trasformandoci in polvere di stelle.
E ci rivedremo in un’altra vita,
quando saremo tutti e due sogni
o quando i nostri sogni diventeranno amore.
OBLIO DI SENTIMENTI
Fra le tenebre di questo mondo
stolti e scellerati ansimano
per il dominio di se stessi
e la soppressione degli altri.
Ma in quest’oceano di maledetti,
magnifica la natura
mi ha concesso l’immensità dei tempi,
l’infinita profondità degli spazi,
la tua divina esistenza
che sola mi aggrada e mi conforta
in quest’oblio di sentimenti.
IL RISVEGLIO
Tu che sei nato in estate
quando la terra è gravida
e l’aria è satura di fragranze e sapori,
di colori vivi e di luce accecante,
forse non ami l’autunno.
Gli uccelli migrano lontano
lasciando la terra desolata
a ricordare nel sopraggiunto silenzio
l’eco delle loro grida nel cielo.
La luce del sole è ormai timida nel comparire,
le nuvole nella notte trasformano la luna piena
in un riflesso opaco.
Ombre scure hanno preso il posto delle case
ed hanno contorni indefiniti e tremanti.
L’anima del mondo si è incarnata altrove
e tu ne erediti le spoglie.
Eppure,
se riuscirai a soffermarti per un istante fra i rami spogli,
ad ascoltare il vento che spazza via le foglie morte,
a lasciarti accarezzare dalla pioggia sottile che rigenera i solchi,
ad amare questa terra nuda e fredda
attraverso le tenebre che l’avvolgono,
ti accorgeresti di un respiro sommesso,
del battito lieve di un cuore che sta riposando.
E se saprai attendere paziente il risveglio,
allora, avrai per te una terra vergine da fecondare
e fiori e frutti riempiranno le tue mani,
e nei tuoi occhi brillerà la luce
d’un giorno senza tramonto.
E udirai nuovi sussurri, nuove grida che avranno il tuo nome
e stormi di uccelli che si libereranno per te soltanto
imbastendo danze d’amore
sulle note di una musica scritta per te
dalle acque dei ruscelli.
Ed il vento ti porterà in un viaggio senza fine
accarezzando il tuo sorriso perché non svanisca,
il sole penetrerà le tue membra
per infondere calore e forza
e sarai stordito di profumi inebrianti
che rapiranno i tuoi sensi fino a confonderli.
Allora,
e solo allora, mi incontrerai di nuovo
e guardandomi, non mi riconoscerai.
IL TUO ANGELO BAMBINO
In segreto,
un amore ti dorme accanto,
muto e invisibile,
ha soltanto occhi per guardarti
e mani che non possono stringerti.
Della sua malinconia non ti accorgi
quando lo guardi e non lo vedi,
quando lo accarezzi e non lo senti.
Come un fantasmino si aggira per la stanza
urla a volte per destarti dal sonno ma invano
e poi di nuovo tace
vinto dalla tua indifferenza
più solo e più piccolo di prima.
L’ABISSO
Ho spiato l’abisso dell’anima mia
spalancando gli occhi incredulo
a quel buio senza fine, senza luce.
Ho teso la mano
a toccare il fondo
dove frammenti vagano
in cerca di pace.
Un dolore profondo a fiotti
come magma infuocato
travolge ogni cosa.
Ferite aperte
mai rimarginate
ormai senza più riposo
anelano carezze.
I miei occhi impotenti
ora scrutano tutto il mio dolore,
nel buio piangono lacrime
che brillano di sole.
SPREMI IL MIO SUCCO
Spremi il mio succo ragazza!
spremi tutta la vigna
e beviamo sino ad esserne ebbri
che anch’io sono pazzo di te
e di nuovo ardo di febbre.
Spremine ancora e ancora
e riempi la coppa proibita
per brindare sorella all’aurora
splendida amante della vita.
ERA UN GIOCO
Le rincorse sui prati
quell’acchiapparci
per finire lottando fra l’erba
... era un gioco.
Era un gioco
il mio corpo sul tuo
e trattenerti vinta per terra,
posarti la testa sul seno
aspettando che il respiro
tornasse leggero
... era un gioco.
Era un gioco
la prigionia contro i sassi
del muretto tra i rovi,
il tuo viso offerto nel sole
la dolce schermaglia dei fianchi
... era un gioco.
Ma quel gesto in più,
la mia incontrollata reazione,
la follia che ci prese
e che ci sconvolse la vita,
era un gioco dal quale
non abbiamo più fatto ritorno.
MEDUSA
Chioma di Medusa
ha i suoi tentacoli stesi sul letto.
Salice piangente
sul colle d’illusioni,
la luce dell’alba l’accende
fonde le fronde col cielo infuocato,
disegna l’ombra e il profilo
amaro e sommesso ... dolce e sottile ...
... fiero e slanciato.
Occhi penetranti come fari di luce,
inestinguibili fonti di vita,
pozzi profondi, impercepibile essenza
dolce presagio di un amaro futuro
prova incombente di vita e di morte.
ANIME GITANE
Abitano una terra di confine
piccole Charlot in blue jeans,
crisalidi incantate,
figlie di Veneri avare e rinnegate.
Hanno sguardi intensi e fuggevoli
e corpi sprofondati nei maglioni,
a proteggere anime gitane senza casa.
Vivono il sogno sospeso
di adolescenti cresciute
e di donne mai trovate,
cercando in un volto lo specchio
che rifletta quella parte di esse perduta.
STELLA DEL MATTINO
Bentornata stella del mattino
ancora dai miei occhi sgorga pianto:
che giorno è questo in cui tu dormi ignara,
mentre io già veglio sui miei fantasmi antichi?
Ti sveglierà l’odore del bosco
e il lento dischiudersi di altri baci.
Avrai suoni e colori anche per oggi.
Io, soltanto la tristezza.
ASCOLTA
Per quel che vale anche tu ascolta
non riesco a sbiadire il volto
disegnato nella mappa della memoria,
contorno scuro
chioma di inchiostro e di seta.
La tua voce rauca richiama
lacrime come di rime sparse.
E ti posseggo solo
con parole che ripeto
magia di nenia o canto,
voce che si incunea
fra i lacci della vita,
su ciglia chiuse.
Dimmi: sei una donna o una strega?
le tue labbra dolce pretesto,
nei tuoi occhi la magia:
una bugia!
La tua malizia mi accende
il corpo mi rendi
e l’anima vendi.
Io ti seguirò
annientandomi,
fino a frantumarmi nella tua follia.
PASSIONI FRA DONNE
Danziamo molto vicine
ma non ci tocchiamo,
una specie di intimità sessuale ben presto
ci costringe a usare le mani.
La notte è calata su noi
ma la musica ci riempie di energia,
è eccitante spingerti su me,
adoro sentirti mia.
Bere dalla tua bocca
ha un significato purificante per la mia arte,
è così inebriante il tuo odore,
sai che hai la voce sensuale.
Sei divina, così aggressivamente tenera,
farò di tutto per raggiungerti in quella sfera magica
delle nostre menti che non sanno spegnersi
nemmeno quando il corpo sa di anima.
Perdonami se non ho parole
per dirti quanto ci tengo alla luce
che vedo nei tuoi occhi,
siamo in pochi
ad averla ancora.
Stringimi, baciami, mordimi, abbracciami!
Non voglio restare sola
ora che tu con un sorriso
cacci via ogni malinconia.
Non posso che cercare
di fare del tutto per renderti mia
perché sei splendida, splendida, splendida
così come sei.
L’ANTIMATERIA DEL CUORE
La persistenza del cuore,
vorrei che questa cenere
ti desse il segno che tu non sai.
Ali di farfalla nella notte,
il viaggio senza fine,
il tuo profondo desiderio della terra australe.
Siamo noi il confine, l’antinomia,
il duro esserci per inerzia.
La materia opaca del corpo
per desolare il desiderio,
solo gli occhi con un cenno vanno oltre.
E mi dicono gli insonni spiriti dei luoghi siderali
che nelle lacrime di Orione c’è l’amore ignoto
come quando sul pontile ti chiesi un bacio che mi desti
ma te lo vidi poi chiudere in cassaforte
come un gioiello di antenati.
Ma sconosco la chiave
che gira a vuoto per questo silenzio di galassie
sparse nel cosmo vagabonde,
sento che l’antimateria del cuore
è labile cometa
visibile nella sua traccia di contigua assenza.
PAGLIACCETTO AZZURRO
Leggevo tempo fa
le tue poesie,
piccolo arcobaleno ribelle,
scheggia di sorriso
e di follia,
fra la stanchezza generale
che invade la gente.
E mentre sfogliavo le tue pagine,
ti vedevo
pagliaccetto azzurro
saltellare fra la rugiada,
nei fiori giocare,
coi fili d’erba
burlati dal sole,
amare la notte,
e poi morire
in un’autostrada di parole.
Quanta tenerezza mi susciti!
il mio mondo alla tua età
era così simile.
Vorrei dirti pagliaccetto azzurro
non smettere mai di sognare
ma non sarebbe giusto, ti farei del male.
Siamo rimasti entrambi su una giostra di colori
forse non riusciremo mai ad imparare a vivere.
AL DI LÀ DELLA SIEPE
Odore di foglie di menta
bagnate in una notte estiva
circondate dalle lucciole
nel giardino della mia infanzia.
Ascolto,
a testa in giù come un acrobata,
l’eco delle tue parole
incontrare i miei pensieri,
sottile momento di comunione
al di là della siepe.
IL MIO DELIRIO
Cosa vedo,
dai miei occhi trapela solo pensiero,
solo erosione che non mi appartiene,
amore che sfugge al mio delirio,
passione che arde
nell’oscurità dei miei giorni.
Vedo potenti fiamme bruciare una casa
eppure non è per me
il chiarore che giunge alla mia vista,
devo lasciare che bruci sola
senza poterla salvare,
però dentro di me un vortice di sensazioni
scuote la mia mente.
Il mio corpo vibra in una danza impazzita,
si agita,
è rovente,
vuole amore,
ma dove cerco, non trovo nulla,
solo gelido inverno.
Mi trapassa,
mi gira intorno,
mi lascia ferite sul corpo,
mi dà dolore.
Ora un fuoco riscalda la mia pelle,
toglie l’antica solitudine,
eccita i miei sensi,
dà pienezza alla mia anima
e mi libera da lei.
MAGICA NOTTE
Mi giungi nell’anima, magica notte!
che hai ridato il sorriso al mio volto,
uno sguardo ai miei occhi.
Ho incontrato i tuoi, unici
perfette lagune di sogni
e tutto il mio corpo vibra
attendendo di immergersi ancora in essi.
E respirare la tua aria
assaporare la tua vita
sarebbe il sogno a cui la mia anima
vorrebbe aggrapparsi
per far divenire tutto
calda estasi.
Tu magica nella tua perfezione di donna,
nelle tue dolci labbra
sulle quali vorrei morire
lasciando i miei sensi in delirio.
Tu o notte,
ipnotica visione
che non voglio dimenticare
lasciami il tuo ricordo,
un tuo momento.
Tenderò le braccia a te
anima che delicatamente ti scopri a me.
Ti toccherò con la mia,
ti avvolgerò con il mio amore,
ti darò pressante passione,
ti offrirò tutto me stesso,
il mio delirio per te.
AQUILA DALLE GRANDI ALI
Salti per il mondo
e in cima in un attimo ti ritrovi,
da quell’altezza sei tu la padrona,
niente potrà più fermarti.
Aquila dalle grandi ali
ti stagli di profilo,
i tuoi occhi
puntano la preda.
Cosa ricordi di te stessa?
forse il fiore che ti generò,
il respiro del fuoco,
l’aria aperta.
A chi somiglia?
della natura sei complice
bocca bellissima.
Non avrò timori,
il sentiero è dritto
e la ghiaia bianca.
L’erba che raccoglierai
sul ciglio ti basterà
e gli anni futuri
ti vedranno fiera
in cima alla montagna.
Ed io saprò dove cercarti:
nel tuo nido.
ESTASI LUNARE
Vedo l’inviolabile notte implorare,
mi muoverò lentamente in un arido silenzio
come un gatto protetto dalla sua torpidezza,
cullerò un’infinità di rumori e di fumo
e a stento la notte ritroverà la sua pace.
Vedo un lucente angelo esanime,
infido torcerò gemme colorate
e vagherò nudo, tedioso e inerte
tra i docili fremiti degli antri di donna
e a stento l’angelo ritroverà la sua forza.
Vedo un’incantevole regina piangere,
rifiorirò tra le grinfie dell’amore e della vita
nel perduto e meraviglioso oblio rosso
sussurrando poesie tra le spire d’una stella
e a stento la regina ritroverà il suo sorriso.
Vedo una bambina perdere la sua infanzia,
insidierò ancora l’umidità delle tentazioni,
eviterò l’abbaglio dei cristalli
cancellando anche il sapore della nebbia
e a stento la bambina ritroverà il suo gioco.
Ma nel solenne splendore delle mie visioni
della notte, dell’angelo, della regina
e persino dell’innocente bambina,
attenuerò il lacerante taglio dei ricordi
e danzerò nell’estasi lunare.
ADOLESCENTE LUNA
Erano brevi attimi di buio
interrotti da labbra di neve,
addolciti da profumi d’incenso
e deliziose manie.
Era l’estate appagante
nella sua rossa solitudine
assordante di rumori al sapore di grano.
Ti adoravo mia adolescente luna,
disegnandoti sul mio diario segreto
illuminavi i miei giorni confusi, le notturne paure,
e le memorie ancora acerbe prendevano forza
in una danza eclettica di ondeggianti stelle.
Eri mia, lunghi fianchi sinuosi
distesi su letti d’argento,
e lì riappariva il mare nella sua immensa distesa.
Oggi che i miei giorni si consumano di vecchiaia,
sei ancora mia
attraverso rughe di arrugginite memorie.
CREATURE SAFFICHE
Svelatemi
o Numi del cielo
o amabile Venere
o chiunque abbia creato l’Eros,
svelatemi vi scongiuro
l’arcano mistero di costoro:
son giovanissime dee puttane
e dolci figlie di Saffo?
Ninfette in amore,
amabili creature saffiche
con i loro giovani corpi nudi
attorcigliati e avvinghiati uno sull’altro
fino a formarne un solo.
Anima nell’anima
respiro nel respiro
fiamme di paradiso.
Acerbi potentissimi sensi
scambiatevi lancinanti effusioni,
esplodete di malizia e innocenza.
Brividi, sussulti e fremiti
son lugubri rintocchi di messa funebre,
orgasmi, orgasmi e orgasmi
rosari sussurrati nel silenzio della chiesa.
Grazie potente Zeus
grazie divinità tutte dell’Olimpo
per avermi donato occhi
che possono ammirare
così celestiale visione.
Perdonami Dio della bontà e della purezza
ma io non so rinunciare
alla tentazione di quei corpi.
CHE BELLA SEI
Scorre la pioggia su di noi,
che bella sei!
sembri un cucciolo
infreddolito, stretto nelle tue spalle.
È bello il rumore
dell’acqua sull’asfalto tra pozzanghere di specchi
e aghi di pioggia che cadono giù.
È dolce sentire
il tuo corpo umido
contro il mio, bere dalle tue labbra.
Vedere i tuoi capelli gocciolare
arruffati selvaggiamente
stupendi nel loro disordine.
Che bella sei!
troppo bella per essere tangibile,
per essere mia.
Sento che sei parte di un sogno
ed ho paura di svegliarmi,
vorrei morire dormendo
con te al mio fianco.
IL RESPIRO LENTO DELLA FINE
E odo soltanto
l’impercettibile canto delle farfalle
quelle ebbre di vita nel loro ultimo giorno.
Il respiro lento della fine
ancor più mi strazia le carni,
mi indica il sentiero.
Una spirale di nebbia mi avvolge,
i rovi fermano i miei passi,
in lontananza un pallido sole
allunga le ombre dei cipressi
che come antichi guardiani scandiscono il mio tempo
con le loro lance sugli scudi di bronzo.
L’EFEBO NELL’ANTICA GRECIA
Che splendor mio grazioso giovinetto
quasi femmineo puro tutto ben curato
sii pronto su è giunta l’ora
d’esser da viril uom sodomizzato.
Oh si è bello è natural
e l’accoppiamento sai è gran giusta cosa
eroe e signor diman anche tu sarai
assai degno di fedele sposa.
Che aperte menti pensatrici
avean quei greci valorosi!
oggi mamma mia che tabù sarebbe
s’aprirebber celle per ricchi e per morosi.
Come corri in fretta pazza civiltà
c’è internét altro che lontan caverne
siam del progresso già tutti robots
e al natural piacer addio senza più goderne.
Così Sant’Uomini col mal dentro Sé stessi
san trovarlo ovunque persin dove non sta
e ciò che con durezza sono pronti a condannar
in segreto è praticato in Lor Sacra Autorità.
IO L’HO VISTA
Io l’ho vista
quand’ero ancora adolescente e mi sentivo solo
in un freddo pomeriggio d’inverno,
nel silenzio,
in quella grotta buia coperta da fronde.
L’ho vista
nella sua nudità d’angelo
librarsi in volo con le sue ali dorate,
mi ha parlato
con la sua voce dolce e suadente.
L’ho vista, lo giuro!
anche se nessuno mi vuol credere,
mi ha detto di non svelare il suo segreto
che da allora è anche il mio.
Nella notte delle stelle cadenti
sono tornato nel punto dove mi è apparsa
ma non ho veduto più nulla
silenzio assoluto anche del vento,
ma una luce brillante si è accesa
subito dopo che sono andato via.
Da allora la Madonna non ha mai smesso
di comunicare con me proteggendomi e guidandomi.
IL CLOWN
Se in questa vita proprio devo fingere
voglio essere un clown
un trasformista multicolore
che diverte il mondo scherzando di sé.
Voglio essere l’arcano numero zero,
l’amico dei bambini,
il nano di corte, il giullare, il folletto.
Voglio essere il folle saltimbanco
che entra in scena,
che rompe gli schemi,
che fa ridere i cuori,
che sa indossare sulla guancia dipinta
una lacrima vera camuffata per finta.
Sarò triste come Pierrot
o forse allegro come Arlecchino,
non so neanch’io quello che diventerò.
LETTERA AD UN AMORE LONTANO
Messina 16-12-1989
È quasi Natale ormai ma non è più festa per me,
ogni giorno è uguale all’altro.
Io lo so che in paradiso
non si può vivere per sempre,
ma nei tuoi occhi l’infinito
libera la mia mente,
se potessi io ti raggiungerei dovunque.
Sei tu
che mi fai sognare, ridere, impazzire.
Sei tu
che mi dai il coraggio di ricominciare.
Con te
ci sarà ancora tutto da scoprire
ed io so già
che la mia vita cambierà colore.
Ma tutto ormai appartiene al passato
e sembra non avere futuro.
Oggi cammino da solo per le strade ricche di addobbi natalizi
straniero anche per me stesso con la sola compagnia di lacrime che sanno di sale,
non so dove vado né se sto vivendo.
Mi sono guardato riflesso allo specchio
la barba lunga, i capelli arruffati
io sono cambiato sai
ma si è abbruttito pure il tempo, non si vede più il sole.
Quando l’aria si trasforma all’improvviso
e la tramontana sale,
è il mio cuore che mi chiede dove sei
e proprio in quei momenti tristi,
mi rendo conto che lunghe distanze
ormai mi separano da te.
Una sottile crescente malinconia
allora mi prende sempre più
e sembra che mi arrivi da lontano il calore della tua pelle,
mi par di sentire il suono della tua voce,
il ritmo regolare dei tuoi respiri sul mio petto.
E mi lascio andare così
alla dolce melodia di questi pensieri
e dentro di me fra mille paure
conservo ancora il tuo fuoco.
Giuliana, io darei qualunque cosa per rivederti un solo istante,
mi chiedo se è lo stesso anche per te.
Con amore, tuo Claudio
SOLO NEL CIMITERO DEI VIVENTI
Solo,
insieme a mitiche creature,
mi cullo su un filo di ragnatela.
Navigo nel mondo
su di una zattera fatta di sogni,
le mie vele idee immorali,
i miei remi i miei peccati.
Solo,
con arti di plastica
che sfiorano il mio corpo,
lo scuotono in convulsi balli tribali,
in un vortice nero perdo me stesso
per ritrovarmi vuoto
senz’anima.
Solo,
sotto la pallida luce
di una sterile luna invernale,
vago per il cimitero dei viventi
che chiamo casa.
Solo,
attraverso la linea di confine,
unico superstite di un’era di scintille e ferro,
passo al di là dello specchio.
Le mie orme si confondono con quelle del mio clone
nell’arido deserto dell’Ade.
ACROBATI
Emozioni sul trapezio della vita,
equilibri instabili di cuori in bilico,
questo è il nostro destino,
essere acrobati
rappresentare ogni giorno noi stessi
ora guitti, ora attori dai mille volti,
capaci sempre di carpire l’ultimo applauso,
sempre pronti a giocare con il fato.
Nella notte offriremo lo spettacolo più bello,
saliremo sul ciglio della luna,
saremo giocolieri delle stelle,
cammineremo in punta di piedi nei sogni dei bambini
e strapperemo loro lo stupore più innocente,
salteremo di cuore in cuore.
Questa è la nostra forza,
questa è la nostra scelta:
essere equilibristi di noi stessi.
I SEGRETI DELLA LUNA
Per ore lunghe e lievi
ho scrutato i segreti della luna,
e senza accorgermi,
una notte dietro l’altra,
ho cercato una forma di vita
sul suo pallido volto
per colmare questo purpureo calice
ancor vuoto.
È vero,
eterni sentimenti ci uniscono,
e come lupo in fuga,
orfano d’eteree rimembranze,
tendo le mani e la ricerca
nel mezzo dei suoi argentei fili,
chioma di madre celeste.
Non sogni o fatue visioni,
non amori o delitti,
non tormento o quiete
a cui abbandonarsi
finché lei resta lassù
con il capo chino
sulle mie mani aperte.
LA FORZA DELLA PREGHIERA
Tanto tempo fa
qualcuno disse:
“Se non sarete puri come bambini
non entrerete nel regno dei cieli”.
Poi,
aggiunse di pregare
col cuore e con fede,
per ottenere qualunque cosa.
L’uomo,
da sempre lontano dal Creatore
con le mani giunte,
per la prima volta iniziò a pregare.
Dopo pianse di gioia
e il mostro a tante teste
diventò un coleottero,
l’orco cattivo
si trasformò in un arcangelo bambino.
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