Citazioni. Dalla saggistica contemporanea alla Teogonia di Esiodo. Un viaggio all'indietro nel tempo attraverso i frammenti di alcuni dei testi che raccontano il mito della dea di Aiaia.
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Le Vergini Arcaiche
La Potnia e l’androgino
“Le stesse caratteristiche avevano nel mito greco, alcune leggendarie figlie o nipoti di Helios, l’androgino Dio Sole. Tra di esse la figura più celebre è forse quella della maga Circe. Narra l’Odissea che essa (Circe) risiedesse, assieme ad un corteo di Ninfe dei boschi e dei fiumi, nel verde lussureggiante di un’isola incontaminata di cui non si potevano dare precise coordinate geografiche, là dove “…l’Aurora nata di luce ha la casa e le danze, dov’è il levarsi del Sole”. In questo meraviglioso e misterioso luogo, “…tra i folti querceti e la macchia”, essa viveva circondata da lupi o leoni dall’apparenza affabile e per nulla pericolosa, i quali erano uomini da lei simbolicamente trasformati in animali selvatici e feroci, tuttavia docili ai suoi richiami.
Anche se gli incantesimi di questa maga assumono nell'Odissea una connotazione negativa, è evidente però che il grande potere di questa Dea, paragonabile ad Artemide e come lei raffigurata tra belve divenute dolci e innocue, potrebbe costituire un retaggio di concezioni arcaiche ed essere piuttosto qualcosa di luminoso ed armonico. La magia di Circe non è mera fattura o maligno sortilegio effettuati per scopi del tutto personali ed egoici, ma è di matrice divina ed ha un evidente carattere simbolico che si accorda con l'archetipo al quale tale figura può essere ricondotta, ovvero quello della Grande Dea dai molteplici nomi. Il suo potere era innanzitutto una capacità di emanare un'infinita dolcezza, una grande gioia, un seducente incanto che nulla hanno a che vedere col significato che oggi per lo più si attribuisce alla parola potere, termine che ha assunto connotazioni maschili legandosi ad un modo impositivo. Al contrario, la magia femminile aveva probabilmente un carattere di tenerezza, languore ed amabilità estrema che potrebbero essere simbolizzare dalla capacità di rendere docili gli animali più feroci. Si potrebbe pensare a una capacità di sintonizzarsi istintivamente e immediatamente con il mondo naturale, seguendone in modo spontaneo e con gioia le immutabili ed armoniche leggi. È ovvio che un siffatto potere non può né desidera, per sua intima natura, imporre con violenza o prevaricazione condizioni o regole. Esso potrebbe invece sedurre, incantare, ammaliare, addolcire, rendere beato chi lo riesca ad intendere, sentire ed amare. Ciò non lo rende meno efficace e più debole. Si potrebbe invece ritenere che esso sia, per chi potesse avvertirlo, forte come un vento turbinante, una cascata o un mare in tempesta. Come le acque di un fiume in piena, esso potrebbe travolgere coloro che fossero sensibili alla sua meraviglia, insinuarsi nei meandri più riposti dell'anima, sciogliere e commuovere fino a non lasciare più nulla di gretto, meschino, pesante, volgare o anche solo banale. Un'energia così potente da essere paragonabile a ciò che dà vita, movimento e bellezza all'universo intero, così come fra gli indù si raccontava avvenisse grazie al potere della Shakti.
[…] Helios è padre nella mitologia greca di numerose figlie i cui nomi riconducono alla luminosità, al dare luce. Per quanto riguarda Circe, essa potrebbe essere paragonata o addirittura sovrapposta alle figure di Pasifae, Arianna, Medea, tutte figlie o nipoti del Sole, maghe, profetesse, incantatrici e Signore della Natura Selvaggia in cui vivono, autonome e Regine, così come numerose figure femminili delle leggende gallesi e irlandesi o appartenenti alla saga arturiana, tutte vergini nel senso delineato da questo libro (ad esempio Morgana-Morrigana e da notare la somiglianza Ea-Avalon). Vergine non ha nulla a che vedere con la verginità fisica bensì piuttosto riguarda uno stato di natura potente e selvaggia, di energia travolgente ed ebbrezza. L'etimologia infatti rimanda a una condizioni e di prorompente vitalità naturale che caratterizzava un particolare modo d'essere femminile pieno di forza. Vergine era la donna libera, non sottomessa all'uomo, indipendente, autonoma. Uno stato di potenza e pienezza. Vergine è colei che rifiuta il matrimonio, poiché il più antico senso del vocabolo era "non sposata". La divinità femminile primordiale, Potnia, ovvero Regina, in quando Signora di tutto il mondo naturale, Signora della vita e della morte, della nascita e della distruzione di tutto ciò che esiste, è una Dea Vergine, libera e indomabile, originariamente androgina, ovvero portatrice della natura maschile e femminile tra loro armoniosamente congiunte e quindi completa, autosufficiente, autonoma generatrice di tutto l'esistente. Partendo, Vergine, era uno degli appellativi della Potnia mediterranea: non sposata, vale a dire colei che, per l'autonomia incoercibile della sua stessa natura primitivamente androgina, abborre il giogo maritale, pure vivendo in pienezza il proprio istinto di femmina.
[...] Si può ipotizzare che tali donne, con l'incantevole musica di flauti e con l'incalzare risonante dei tamburi e dei cimbali, si lanciassero in sfrenate ed armoniose danze, anche dal carattere erotico, immerse nell'incanto di splendidi e selvaggi luoghi naturali, sui pendii boscosi dei monti e delle colline, sulle rive dei fiumi o nei prati fioriti, arrivando a celebrare in segreto quei sacri riti che le rendevano entheos, ovvero "con la divinità dentro", cioè donne che avevano abbandonato la propria quotidiana individualità per conoscere uno stato di inesprimibile estatica beatitudine trascendente. Donne sacre in cui il dissolvimento dell'identità lasciava spazio a una grandiosa e con turbinante energia in grado di illanguidire, inebriare, riempire di gioia. Un'energia travolgente come un fiume in piena. Queste donne si trovavano talmente vicine alla Natura da divenire come le Ninfe espressioni della bellezza e della purezza della naturalità assoluta ed inviolata. Esse divenivano cioè delle ninfoleptos, ovvero delle rapite dalle ninfe. Il sapere che acquisivano era una conoscenza di gioia e beatitudine che poteva regalare una felicità perfetta ed eterna quale quella che porterebbe la consapevolezza di essere nella Grande Madre.”
Tratto dal libro di Leda Bearne', Le Vergini Arcaiche
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Eneide / Libro VII (8-20)
“[...] aspirant aurae in noctem nec candida cursus luna negat, splendet tremulo sub lumine pontus. proxima Circaeae raduntur litora terrae, diues inaccessos ubi Solis filia lucos adsiduo resonat cantu, tectisque superbis urit odoratam nocturna in lumina cedrum arguto tenuis percurrens pectine telas. hinc exaudiri gemitus iraeque leonum uincla recusantum et sera sub nocte rudentum, saetigerique sues atque in praesepibus ursi saeuire ac formae magnorum ululare luporum, quos hominum ex facie dea saeua potentibus herbis induerat Circe in uultus ac terga ferarum. [...]”
Publio Virgilio Marone (I sec a.C.)
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After a Painting of Circe by Jacob Rakovan
1. How they come, to the house in the wood to be devoured, the green boys fresh from ships. They elbow one another Outside the house, the wolves and lions roll on their backs for their bellies to be scratched Hers is the sweet-house, the gingersnap house Baba Yaga’s cottage on chicken legs and the boys enter in to be eaten. so eager to throw their bones amidst her furs She is Theda Bara. She is Barbara Stanwyck. She is Rita Hayworth, the tutor of boys. What does it matter, if she weeps when the cup falls clattering to the stone and the boys run off, squealing There was a man, once who had snowdrops in his teeth who drank her wine, and stayed but he is gone, and the sea is dark The boys come, one after the other To become something other than they are 2. There was a girl once bound in marriage to the muddy dark To the gravepits and the furrows to the shadow's house How she ate one seed of sweetness at his table and could not leave, How they brought her flowers and pigs to lure her from her dark, Sent heroes and boys like weasels down after a rabbit in her hole, when she wrapped herself in burial cloth and refused the sun Still they sing and sing for her And call her bondage spring 3. Here is blood, and honey Cold mother, be kind
*
(Jacob Rakovan is a 2011 New York Foundation for the Arts fellow in poetry and a resident of Rochester, NY.)
http://www.mirrordancefantasy.com/2011/12/after-painting-of-circe.html
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Circe. Variazioni sul mito
“La trasformazione dei compagni di Odisseo in maiali e il successivo incontro dell'eroe con Circe, dea esperta di pozioni pericolose, costituiscono uno fra gli episodi più conosciuti dell'Odissea. Il carattere enigmatico della Circe omerica ha sollecitato nei secoli numerose interpretazioni, molte delle quali hanno voluto leggere nel mito un avvertimento contro le malevoli arti della seduzione femminile: gli uomini che si lasciano incantare da una donna e si mettono al suo servizio si riducono a bruti senza valore e senza cervello. Lo stereotipo di Circe come femme fatale ha prodotto moltissime rappresentazioni fino all'età contemporanea. Ma già nel mondo antico erano comparse le prime riscritture non convenzionali del mito. Ovidio rappresenta la dea di Aiaie come un'amante rifiutata, passionale e vendicativa; Plutarco la considera addirittura una benefattrice, perché la metamorfosi cui sottopone gli ospiti si rivela un mutamento felice. Nell'Asino di Machiavelli Circe è dea di uno strano regno fisiognomico, in cui gli uomini mostrano il loro vero volto, manifestando i tratti ferini corrispondenti ai loro caratteri. Ma è alle scrittrici di età moderna e contemporanea che spetta il compito di riscattare Circe dalle calunnie propagate per millenni. Webster e Atwood danno finalmente la parola alla dea, che difende se stessa e il proprio operato, rigettando sugli uomini che approdano all'isola la responsabilità di non saper instaurare con lei un rapporto fondato sull'amore e il reciproco rispetto.”
Quarta di copertina di Circe. Variazioni sul mito, Cristiana Franco, ed. Marsilio, 2012
https://www.ibs.it/circe-variazioni-sul-mito-libro-vari/e/9788831714976
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Il mito di Circe. Immagini e racconti dalla Grecia a oggi
“«Mythologica esplora le innumerevoli metamorfosi a cui i miti classici, dall'antichità fino ai giorni nostri, sono andati soggetti fra racconto, immagini e interpretazione. Il mito infatti non è mai esaurito - c'è sempre un'altra versione da leggere, il mito non è mai concluso - c'è sempre un'altra versione da scrivere». C'è chi racconta che li trasformasse tutti in maiali prima ancora di chiedere come si chiamassero, chi invece sostiene che prima se li portasse a letto e poi ne mutasse uno in leone, un altro in toro o in ariete o in gallo. Altri dicono infine che non li tramutava affatto, ma semplicemente sapeva rivelare chi già erano, facendone affiorare la natura nascosta di porci o di asini. Figlia del Sole e di una ninfa, ambiguamente oscillante fra dea e maga, femme fatale e dama soccorrevole, amante vendicativa e divinità benigna, prostituta e madre di eroi, signora della natura selvaggia e maestra di raffinati lussi, da secoli la figura di Circe si modula sulla doppia natura dei pharmaka cui è affidato il suo potere: pozioni potenti, in grado di produrre lugubri degradazioni, ma anche luminose sublimazioni, capaci di rendere l'individuo migliore o addirittura di trasformarlo in dio. La figura di Circe come perfida seduttrice continuerà a essere composta e ricomposta per secoli fino alle immagini fin de siècle di donna «belva», pronta a invischiare i maschi nella sua sessualità onnivora e ferina. Il lato positivo del potere di Circe sarà invece riscoperto dalle artiste del Novecento, per le quali Circe diventa figura della donna moderna, libera e consapevole, capace di contestare gli stereotipi della cultura eroica patriarcale («Non sei stanco di uccidere? - chiede a Odisseo la Circe di Atwood. - Non sei stanco di dire Avanti?»), ma anche simbolo dei rischi di isolamento e delle difficoltà di comunicazione con l'altro sesso insiti nella nuova condizione femminile.”
Quarta di copertina di Il mito di Circe. Immagini e racconti dalla Grecia a oggi, Maurizio Bettini e Cristiana Franco Torino, Einaudi, 2010
http://www.einaudi.it/libri/libro/maurizio-bettini-cristiana-franco/il-mito-di-circe/978880618830
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Il racconto di Circe (estratto)
"- Che cosa c'è? - chiese Penelope aggiustandosi il velo che le copriva i capelli. Telemaco scosse il capo e le prese le mani, come per rassicurarla. - Deve essere la luce, - rispose alzando gli occhi, - non vedi com'è strana? Il merlo era comparso di nuovo e, a piccoli scatti, si era avvicinato alla riva, per poi allontanarsene bruscamente. Telemaco ebbe l'impressione che la macchia di sole lo seguisse. - Sei sicuro che questa terra sia Aiaie? - Sicurissimo, siamo giunti all'isola di Circe.”
Maurizio Bettini
Estratto da Il mito di Circe. Immagini e racconti dalla Grecia a oggi, Maurizio Bettini e Cristiana Franco Torino, Einaudi, 2010 (pp. 5-6)
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Il racconto di Circe (estratto)
“Nel frattempo la porta anteriore della casa, quella principale, si era aperta, e una donna era comparsa sulla soglia. Telemaco si era alzato immediatamente, reggendo l’urna fra le braccia, ma non era riuscito a gridare. Mentre lei, quella donna sulla porta, aveva gridato, anzi aveva cantato, non si sarebbe potuto dire se la voce che giungeva alle loro orecchie era grido o canto, solo che era limpida, d’oro, una voce che dorava e inargentava, come un raggio di sole che si fosse mischiato a un raggio di luna. Non era umana, eppure lo era. Telemaco cominciò ad avanzare lentamente verso di lei, tenendo l’urna fra le braccia, mentre Penelope, con gli occhi sbarrati dallo sgomento, la osservava da dietro la stanga del carro.
La donna era alta, con i capelli biondi che le scendevano liberi sul collo. Una cascata d’oro splendente, filato e arricciato, che il sole illuminava senza risparmio, come se fosse stato in cielo solo per questo. Sulle spalle portava un mantello di porpora intessuto ancora di fili d’oro, lucenti come la fiamma che le ardeva negli occhi, e d’oro erano pure il bordo della sua tunica e le cinghie dei sandali. Telemaco continuava ad avanzare verso di lei, incantato, con le braccia protese come se volesse porgerle l’urna. Il canto si spense lentamente, mentre le pietre della casa, tagliate vive, ne rimandavano l’eco in piccoli trilli. Poi ci fu silenzio.
- Telemaco – scandì la voce.
E il nome del ragazzo, sulle labbra di lei, parve una parola umana, eppure terribile.
- Telemaco – ripeté, senza accenti, senza enfasi, senza intonazioni, sillabe pure ma potenti, come solo gli dèi sanno pronunziarne quando parlano la voce degli uomini.
Il ragazzo si era fermato, e contemplava quello splendore come se stesse assistendo al sorgere del sole nelle Isole dei Beati. Anche Penelope era rimasta immobile, da dietro al carro che la riparava, senza riuscire a distogliere lo sguardo da quella donna. Da quando era comparsa sulla porta anche i raggi del sole sembravano aver trovato il loro verso, immergendo la casa in una luce ordinata, che metteva tutte le ombre al loro posto. Penelope continuava a fissare la fiamma che ardeva negli occhi di quella donna, ma d’un tratto le parve che qualcosa le accadesse nel petto, come se il suo cuore si dividesse, e sgomento e rimpianto, malinconia e rimorso si agitassero dentro di lei. Sgomento per ciò che vedeva, rimpianto per colui che ora giaceva nell’urna; malinconia per Itaca lontana e rimorso per non aver chiesto di più, per non aver voluto saper di più, quando Odisseo era accanto a lei. Forse anche di questo Circe era signora? Del cuore delle donne, oltre che della mente degli uomini?”
Maurizio Bettini
Estratto da Il mito di Circe. Immagini e racconti dalla Grecia a oggi, Maurizio Bettini e Cristiana Franco Torino, Einaudi, 2010 (pp. 19-20)
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Silvae
“Circe è il “genio del luogo”, la manifestazione del posto; non è lo spazio che è stato scelto da Circe, ma è lo spazio - selve intricate, grotte, paludi - che si è manifestato nella maniera più adatta ed appropriata alle sue caratteristiche, cioè attraverso la maga Circe. Quindi la personalità di Circe è la “personalità” del luogo e di questo fatto dovremo sempre tener conto.”
SILVAE. Rivista tecnico-scientifica del Corpo Forestale dello Stato, anno II, n. 5 maggio-agosto 2006 (p. 27)
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Pellegrinaggio al Circeo. Guida poetica e per immagini, Tommaso Lanzuisi, Roma, (1984), proprietà letteraria riseravata.
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Area archeologica Villa dei Quattro Venti, San Felice Circeo
Foto: Marcello Scopelliti (agosto 2014)
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Assunta Tognoni (2017)
Fonte: Circeo: l’incanto della Maga Circe, figlia del sole
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Circe
Atto primo, scena prima (estratto)
“Circe: Colei ch'è matrice dell'intera Natura, è pure nutrice d'ogni viva creatura; è Una nei molti, immortale e divina, ha innumeri volti, mille facce e nessuna; anch'io sono Lei nel suo aspetto di Luce, governo gli dèi ed estraggo dal nuce dell'uomo l'essenza animale o divina; e se l'apparenza non al vero s'affina, lo induco a spogliarsi e nell'Una affrancarsi.”
Tommaso Iorco (2010)
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Circe
“Misteriosa magia dell'amore, sull'isola di Eea; sono io, Circe; corpo mio giammai conobbe amore. Musica, incanto, chimera, sospiro, delirio, esala il mio evanescente palazzo, dove null'omo resta tale. Desiderio di sesso v'è nella mia muliebre natura, turbine violento colpisce la mia mente, tutto di me stessa volge ad Eros, ma più forte di me stessa è la mia magia, la qual, pure il mio volere smaga. Uomo tu non sei più; libidine mia vede solo l'animale che custodisci dentro te. Succube sono del mio incantesimo, che ti trasforma in bestia secondo indole tua. Rabbia, sdegno, impotenza regnano in me, uomo non posso conoscere in sembianza di sua natura, ma solo con l'animale che c'è in lui mi è permesso dal fato copulare.”
Guido Edoardo Orbelli
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Beginning with O / Circe
THE CHARM “The fire bites, the fire bites. Bites to the little death. Bites till she comes to nothing. Bites on her own sweet tongue. She goes on. Biting.
THE ANTICIPATION They tell me a woman waits, motionless till she’s wooed. I wait spiderlike, effortless as they weave even my web for me, tying the cord in knots with their courting hands. Such power over them. And the spell their own. Who could release them? Who would untie the cord with a cloven hoof?
THE BITE What I wear in the morning pleases me: green shirt, skirt of wine. I am wrapped in myself as the smell of night wraps round my sleep when I sleep outside. By the time I get to the corner bar, corner store, corner construction site, I become divine. I turn men into swine. Leave them behind me whistling, grunting, wild.”
Olga Broumas. Rave, Poems (1975). Copper Canyon Press, (1999).
http://www.porkopolis.org/pig_poet/olga-broumas/
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You Are Happy
Circe / Mud Poems
Estratto da CIRCE / FANGO
“Uomini con la testa d’aquila non mi interessano più o uomini-porco, o quelli che riescono a volare con l’aiuto di cera e penne
o quelli che si tolgono i vestiti per rivelare altri vestiti o quelli con la pelle di cuoio azzurro
o quelli dorati e piatti come uno stemma araldico o quelli con gli artigli, quelli impagliati con gli occhi di vetro; o quelli gerarchici come schinieri e macchine a vapore.
Tutti questi potrei crearli, produrli, o trovarli in giro facilmente: piombano e rombano intorno a quest’isola, comuni come mosche, scintille scoppiettanti, che si scontrano fra loro,
nelle giornate torride li puoi guardare mentre si fondono, si separano, cadono nell’oceano come gabbiani malati, detronizzazioni, incidenti aerei.
Io invece vado cercando gli altri, quelli rimasti in sospeso, quelli che sono scampati a queste mitologie con a stento la vita; hanno facce e mani vere, loro, si pensano sbagliati in qualche modo, sarebbero alberi piuttosto.”
Margaret Atwood (1974)
Estratto da Circe. Variazioni sul mito, Cristiana Franco, ed. Marsilio, 2012
(La traduzione dall’inglese è di Cristiana Franco)
https://www.ibs.it/circe-variazioni-sul-mito-libro-vari/e/9788831714976
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You Are Happy
Circe / Mud Poems
Estratto da CIRCE / FANGO
“Adesso è inverno. Con inverno intendo: bianco, silenzioso, duro, non te lo aspettavi,
non è cosa che si pensi accadere su un’isola come questa e non è mai successo prima
ma io sono il luogo dove tutti i desideri sono appagati, intendo proprio: tutti i desideri.
E’ troppo freddo per te? Tu l’hai chiesto, questo ghiaccio, questo muro di
cristallo, questo enigma. Scioglilo tu.”
Margaret Atwood (1974)
Estratto da Circe. Variazioni sul mito, Cristiana Franco, ed. Marsilio, 2012
(La traduzione dall’inglese è di Cristiana Franco)
https://www.ibs.it/circe-variazioni-sul-mito-libro-vari/e/9788831714976
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