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Caffè musicale
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«È tipo un caffè letterario ma per la musica.» 🎸
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caffemusicale · 5 years ago
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THE KOOKS 🎸
Curioso come l'idea di formare una delle band che sarebbe diventata una delle più celebri e influenti dei primi anni 2000 possa nascere quasi per gioco. L'ispirazione è venuta a Luke Pritchard, il futuro cantante, mentre lui e Garred, quello che poi sarebbe diventato il batterista, un giorno stavano facendo shopping da Primark. A un servizio per MTV, Garred ha affermato: «Avevamo una visione su come volevamo che la band apparisse e cose del genere, così abbiamo comprato dei vestiti e questi cappelli, è stato divertente». I due hanno poi coinvolto Harris (il chitarrista) e Rafferty (il bassista) con il pretesto di un progetto musicale scolastico. Lo stesso Pritchard ha detto: «Ci siamo riuniti solo per un capriccio, davvero». Esorditi come gruppo prettamente Britpop, suggestionati dalla musica dei Libertines e dei Police, arrivano in seguito ad articolare suoni sempre più maturi e poliedrici, acquistando sempre più dinamicità e complessità musicale. Tra gli album più recenti troviamo «Listen», del 2014, che include molte più percussioni e ritmi incrociati rispetto al materiale precedente. Il frontman ha descritto l'album come composto da veri e propri «percussion sonnets» («The first couple albums I made I never really thought about rhythms, I focused on the recording and the lyrics», ha affermato lo stesso Pritchard, a tal proposito). La ricetta che adottano è semplice ma efficace: riff freschi, in un misto di rock, funky, country e pop, non manca anche qualche spolverata di blues e reggae qua e là. La chitarra rappresenta l'ingrediente che in una canzone dei Kooks non può mai mancare: impiegata in tutte le salse, costituisce il suono principe di praticamente tutta la loro discografia, accompagnata spesso dalla batteria e talvolta anche da qualche sintetizzatore che aiuta a riempire la traccia. Il forte accetto britannico del cantante Luke Pritchard diventerà la loro firma, insieme alla grande presenza scenica che li contraddistingue.
LISTEN (2014) 💙
Listen è un album che cronologicamente è collocato ben 10 anni dopo la formazione ufficiale del gruppo. Nonostante io personalmente preferisca il loro album di debutto «Inside In / Inside Out» del 2006, ho privilegiato la scelta di un disco che permettesse di comprendere l'evoluzione dello stile musicale del gruppo dopo la pubblicazione di ben 4 album. Infatti, la novità è senz'altro la scoperta di nuovi generi musicali: troviamo contaminazioni (anche considerevoli) dal mondo jazz, gospel (introducendo la novità dei cori) e anche disco. È bene ricordare il grande lavoro dietro al ruolo delle percussioni (a cui ricordiamo aver accennato nell'articolo di introduzione alla band), forse stimolato dalla presenza del nuovo batterista Alexis Nunez, subentrato a quello storico che tra l'altro era anche il co-fondatore. Inoltre, la produzione di quest'album vede per la prima volta il frontman Luke Pritchard come co-produttore, insieme a Inflo, un famoso produttore londinese che si è rivelato fondamentale alla realizzazione dell'intero. Secondo un aneddoto curioso, dopo aver ascoltato la prima bozza inviata da Luke, Inflo rispose simpaticamente «Okay, we can cross-pollinate here musically», sottolineando la grande intesa che già all'inizio della collaborazione li legava. Listen segna senz'altro un punto di rottura della band, tanto da voler pensare addirittura di cambiare il nome alla band («We could have renamed the band, it felt that different [...] The first three albums were chapter one, this album is the first of chapter two»), senza comunque cadere in una crisi di identità, e anzi l'evoluzione è stata molto naturale, anche se piuttosto drastica e su diversi piani: «To me this album is about pure expression. Even the way we made the album felt fresh. Rather than us just being a band in a room, playing our guitars with the vocal over the top, which is what we'd always done before, we were really listening to what was going on around us, picking up ideas. The whole thing was much more natural.» I contenuti sono molto vari: troviamo come prima molto storytelling, condito con canzoni di protesta come in «It Was London» riguardante i disordini in Inghilterra del 2011. In molti storceranno il naso ascoltando questo quarto album in studio dei Kooks, un disco innegabilmente troppo eterogeneo, troppo variopinto e colorato. Eppure la sua bellezza sta proprio in questo: la ricerca di sonorità e di nuove intuizioni musicali compiuta da Luke Pritchard ha portato alla luce un disco che vede i Kooks mantenere la freschezza e la verve frizzante dei precedenti lavori, senza ripetersi, mantenendo al tempo stesso viva la curiosità intorno a questi quattro ragazzi dal notevole talento. SHE MOVES IN HER OWN WAY - Inside In / Inside Out (2006) Il brano ruota attorno a una storia d'amore travagliata che coinvolge il cantante in prima persona. Il testo si apre presentandoci i pensieri della ragazza: vittima dei canoni di bellezza che la società impone alle donne, si trucca, si veste alla moda, e cerca di darsi un tono per fare colpo sul cantante. Si atteggia un po' da quella che noi chiameremmo radical chic, il classico tipo di ragazza che solamente in apparenza sembra possedere degli ideali, ma solo in senso estetico perché non ci crede veramente. Lui non è attratto da questi "tiresome paper dreams" (lett. "sogni di carta faticosi", cioè aspirazioni futili e pesanti da perseguire), a lui interessa un tipo di ragazza con più profondità emotiva. Nel ritornello si complicano di più le cose: ironicamente, ora è lui ad essere innamorato, preso dal modo disinibito e ricco di personalità in cui lei balla (il ballo potrebbe essere una metafora del fatto che lei fa di tutto per farsi piacere da lui, quindi è possibile che a lui piaccia più che altro l'impegno che lei ci mette nel fare colpo), mentre lei si scopre che è venuta al concerto di lui solamente per vederlo e per sapere come gli è andata la giornata e non tanto per la sua musica (che sarebbe stata una motivazione molto più importante per la relazione). Dopo aver descritto la loro relazione, rimpiange il tempo speso con lei, soprattutto in estate, poiché realizza che quella che hanno avuto è stata una relazione decisamente tossica che ha rovinato sia uno che l'altra. SEASIDE - Inside In / Inside Out (2006) «Seaside» è il brano d'apertura del disco di debutto, quindi si può considerare come una sorta di prologo se non della loro discografia, almeno dell'album intero. Come suggerisce il titolo, il tema cardine della ballata è proprio la figura emblematica della spiaggia: se da un lato, com'è comune che sia, rappresenta un momento di relax, di svago e di divertimento, dall'altro si può trasformare in un luogo carico di malinconia. Infatti, come ci viene presentato nella canzone la spiaggia diventa teatro di un amore sbocciato ma non perdurato tra il protagonista e una ragazza. Nonostante la relazione sia finita, però, il cantante si concentra soprattutto sul primo incontro fra i due, sui primi istanti determinanti per la loro storia d'amore - è interessante notare appunto il parallelismo con il fatto che si tratti proprio della canzone d'esordio. «Do you want to go to the seaside?», la domanda con cui si apre la canzone, può essere che sia tratta dalla conversazione che il protagonista aveva avuto con la ragazza, oppure può darsi che sia indirizzata all'ascoltatore, come se lo stesse invitando a viaggiare con la mente, catapultandolo nel suo passato. La voce di Luke viene accompagnata solamente dal suono di una chitarra acustica, donando una dolcezza pura e malinconica ad un brano che non necessita di fronzoli superflui. BAD HABIT - Listen (2014) La protagonista del brano è una donna, il tipo di donna che flirta in continuazione con gli uomini, stuzzica e dà speranza, ma alla fine si ritira sempre e lascia gli altri con il cuore spezzato e le aspettative distrutte. È una ragazza egocentrica e anche sadica, volendo, che agisce solo nell'interesse personale senza pensare alle conseguenze che provoca nell'animo di chi le sta intorno. Ed è proprio questa la sua «bad habit» (ovvero la sua «cattiva abitudine»). Sono chiare le influenze gospel in questo brano, soprattutto nel coro di voci all'inizio del brano. A tal proposito, nella versione Track by Track di Listen, lo stesso Luke ha spiegato: I love the intro. […] It’s really fun, sort of directly inspired by "Power" by Kanye West where those kind of backing vocals come from. And it’s a real merge of sort of hip-hop sonics with a rock band and I think it’s got a real depth to the production.»
di Lorenzo Morelli
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caffemusicale · 5 years ago
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PARAMORE 🦋
I Paramore sono una band statunitense, formatasi nel 2004 in Tennessee. Loro sono uno dei pilastri della musica pop punk / emo rock tipica dell’inizio del nuovo millennio. Nati sotto il nome "Paramore", derivato dalla parola francese “paramour” (cioè "amore segreto"), sicuramente non riferito alla loro passione per la musica, dimostrata fin da subito molto dirompente, in circa 5 anni sono stati in grado di scalare le vette delle classifiche, grazie ad album quali: “All we know is falling” e “Riot!”, fenomeni virali sul web che li hanno portati addirittura ad essere convocati per la partecipazione alla colonna sonora del film Twilight, all'epoca fenomeno mondiale, che ha permesso alla band di ottenere ulteriore fama. Perché iniziare ad ascoltarli? Semplice! Scommetto che nessuno ha mai sentito qualcuno come loro. Si presentano come una band rock, e già la presenza di una voce femminile non è cosa comune, pochi gruppi hanno adottato una cantante in questo genere e loro hanno proprio colto nel segno. La loro musica poi non ne parliamo, c’è tutto e di più: l'energia di “Ignorance”, la potenza di “Misery business”, l'elettronica-dance “Hard times”, la dolcezza e profondità della travolgente “The Only Exception” sono solo alcune delle caratteristiche che contraddistinguono un gruppo come i Paramore, il resto è tutto da scoprire. In ogni album sono presenti sonorità differenti in grado di trasportare l’ascoltatore quasi attraverso il loro percorso: partiti come emo rock, approdati nell'elettronica/new wave, per giungere ultimamente ad essere definiti dal chitarrista stesso una via di mezzo: «troppo rock per essere definita pop e troppo pop per essere definita rock». (di Alessio Nozza)
PARAMORE (2013)
Paramore è il quarto album dell’omonimo gruppo, rilasciato al pubblico nel 2013 è un punto fondamentale nella storia evolutiva della band, poiché rappresenterà la prima scalata al successo (giungendo in nove paesi, tra cui gli USA, al primo posto della classifica degli album) senza Zac e Josh Farro, gli altri due fondatori della band oltre a Hayley. Questa “separazione” avviene anche musicalmente dato che i nuovi paramore si lasceranno alle spalle il pop punk in favore di uno stile più rock, ricco di influenze musicali di quel periodo quali elettronica e la new wave, categorizzandosi, come noi di @caffemusicale con grande difficoltà abbiamo concordato, alternative rock. L’album contiene numerosi brani molto importanti per la band, che sono spopolati anche al di fuori degli states, quali Now e Still into You, rilasciati come anticipazioni, per poi trovare Ain’t It Fun, canzone che, due anni dopo, vincerà il primo Grammy del gruppo come “miglior canzone Rock dell’anno”. Lasciamo a voi il piacere di scoprirlo ancora più a fondo; Paramore, non solo un album, ma l’anima stessa di questo gruppo. (di Alessio Nozza) HARD TIMES – After Laughter (2017) Il ritmo fresco, attivo, energico di questa canzone è in diretta contrapposizione col testo, che viene da una dimensione molto più cupa. Il gruppo ha rilasciato un’intervista che spiega il vero significato del brano, non parla di depressione, come si potrebbe pensare ad un primo ascolto, bensì degli “Hard Times” passati della band, la quale si è ritrovata ancora, poco prima dell’incisione di questo pezzo, con un membro in meno, evento che ha scosso non poco il gruppo, lasciandolo in balia di sentimenti autocommiserativi e di dubbio. IGNORANCE – Brand New Eyes (2009) Questa canzone probabilmente è una delle più significative per il gruppo, per Hayley in particolare, poiché è proprio di lei che parla, o meglio, di come lei si è sentita quando, nel 2008, hanno cancellato il tour Riot in inghilterra causa problemi interni che hanno condotto la band quasi a sciogliersi, e in questo brano lei sembra non riconoscere più il gruppo, si sente come un outsider e non vede più i paramore come il suo posto, importante la frase 'The friends who stuck together we wrote our names in blood but I guess you can't except that the change is good' che si riferisce alla band, nata come gruppo di amici ma allontanandosi con la crescita. RENEGADE – Singles Club (2011) Renegade è una canzone diversa dalle altre, già il fatto che esiste solo in questo EP, e non è mai stata ripresa in nessun album è un sentore di particolarità. Particolare come la storia che racconta, questo amore, ormai cessato ma ancora vivo nella memoria, che fa piangere, soffrire la protagonista della vicenda, la quale è consapevole di vivere nel passato e che, inseguita da sensi di colpa, non raggiungerà più il sentimento perduto, anche rincorrendolo, poiché appunto è una rinnegata.
di Alessio Nozza
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caffemusicale · 5 years ago
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HARD-FI 🚧
Nati negli Staines, in Inghilterra, gli Hard-Fi sono figli dell'ambiente suburbano della periferia londinese, dove il provincialismo non ha impedito loro di spiccare il volo a partire già dal disco di debutto del 2005. Punto chiave delle loro canzoni è la classe lavoratrice, in tutti i suoi diritti e doveri: quello che si respira nei loro brani è il realismo sociale, dove la gente comune diventa protagonista, dipinta assieme ai suoi problemi, le sue concrete preoccupazioni, come quella di riuscire a pagare le bollette ogni mese. Nonostante tradiscano una matrice prevalentemente pessimistica, non mancano episodi in cui l'ambizione e l'aspirazione ad una vita migliore sono presenti, e non ci si abbandona al proprio status sociale (andando contro al celebre ideale dell'ostrica verghiano, che non prevede alcuna possibilità di riscatto sociale, e che ogni tentativo di raggiungerlo poterà solo un dolore ancora più grande). Un chiaro esempio di realismo sociale si riscontra nel brano «Feltham is Singing Out», in cui Richard, il cantante, denuncia un episodio di razzismo che vede l'omicidio di un uomo da parte del compagno di cella a causa del colore della pelle; oppure nella canzone «Help Me Please», scritta per la morte della madre di Richard, ammettendo di aver ottenuto un discreto successo ma di non avere nessuno con cui condividerlo, a causa della sua prematura scomparsa. I suoni forti, prorompenti, decisi, tendenti al punk rock, sono una costante che riscontriamo spesso nei loro pezzi, insieme a sonorità ibride e sperimentali quali dance punk e electronic rock, modernizzando quindi il concetto di rock più purista delineatosi durante il secolo scorso.
STARS OF CCTV (2005) 📹
Stars of CCTV può essere definito, complessivamente, come un disco «duro»: sia per ciò che concerne il testo, sia sul piano musicale che persino su quello della produzione. Innanzitutto, ricordiamo che gli Hard-Fi hanno una storia piuttosto tormentata e sfortunata: originari degli Staines, un sobborgo di Londra privo di ogni attrazione, vicino all'aeroporto di Heathrow, luogo, a detta degli stessi Hard-Fi, "dimenticato da Dio", poiché povero di ogni servizio utile a un tenore di vita accettabile e di un qualsiasi punto di ritrovo e di divertimento, necessari per poter passare un'adolescenza quantomeno dignitosa. E il desiderio di fuga è presente in circa tutte le canzoni di questo disco, soprattutto rispetto all'opprimente condizione lavorativa dei suoi protagonisti che viene denunciata in più canzoni. Le Stars of CCTV non sono altro che le persone che vengono registrate dalle telecamere a circuito chiuso mentre lavorano, sottolineando il fatto che si tratta della massima aspirazione a cui possono ambire a causa della loro posizione sociale. Le sonorità tradiscono un'energia pazzesca, in linea con il tono di protesta e ribellione dei testi: linee di basso prorompenti e timbri metallici suggellano alla perfezione il progetto che hanno in mente di realizzare, portando a compimento un album in modo assolutamente coerente e comunque non scontato. È interessante citare anche la registrazione e produzione casalinghe del disco: camere da letto e pub sono i retroscena che hanno ospitato una produzione decisamente low-cost, non potendosi permettere una vera e propria sala registrazioni, andando a creare una suggestiva sensazione di grossolano (soprattutto per la parte di mastering) che, ancora, comunque non stona con l'idea complessiva dell'opera. LIVING FOR THE WEEKEND - Stars of CCTV (2005) Già solo titolo preannuncia largamente la tematica affrontata nella canzone: è comune, tra le persone della classe operaia, la voglia di evasione durante il weekend. È normale che dopo settimane di duro lavoro che non lascia alcuna libertà di svago o di espressione, si finisca per vivere in funzione dell'unico spiraglio di evasione dal quotidiano che rappresenta il fine settimana, nonostante poi si riveli comunque colmo di piaceri effimeri e insoddisfacenti, a lungo andare. Il genere del brano si può definire dance punk: apre la canzone una cassa in quarti insieme a un synth che ricorda molto gli archi sintetizzati utilizzati nelle canzoni disco degli anni '70. Solo in un secondo momento entrano anche la chitarra elettrica e la voce, completando la canzone attribuendole un colorito più punk. SUBURBAN KNIGHTS - Once Upon A Time In The West (2007) Può essere considerato come il manifesto della vita nei sobborghi, la vita degli esclusi, dei fantasmi, coloro che non vengono considerati dallo stato, che vengono abbandonati al proprio destino e privati di ogni aspettativa di vita migliore e possibilità di riscatto. Le persone sono costrette a trascorrere il tempo alla ricerca di qualche programma TV che li rimbambisca oppure tendono ad evadere dalla realtà con l'aiuto dell'alcol (riprendendo un po' il tema de «L'Assommoir» dello scrittore naturalista Émile Zola). È quindi sicuramente una canzone di critica, anche nei confronti delle istituzioni come la scuola («Work 'till you die / That's what they teach you at school»). Tuttavia, il tono è più di incazzatura più che di rassegnazione, facendo trasparire una via d'uscita in mezzo a tutta quella negatività, attraverso la denuncia sociale. FIRE IN THE HOUSE - Killer Sounds (2011) Il contenuto del testo è piuttosto enigmatico. La scena che viene presentata sembra prefigurare l'apocalisse: la casa che brucia, gli animali che scappano, la tempesta che arriva. Tuttavia, l'unica cosa che il protagonista riesce a provare è soltanto l'amore verso una donna ignota alla storia, alla quale ricorda i bei momenti passati per dimenticarsi dello scenario catastrofico in atto. Allora, la casa che brucia può rappresentare un evento negativo che ha rovinato la loro relazione, come ad esempio un tradimento, e allora il cantante di farsi perdonare facendo riaffiorare il tempo in cui erano innamorati. Un'altra possibile interpretazione vede la casa simboleggiare la tragica morte di lei, mentre lui, distrutto dal dolore, cerca di ricordarla nei versi della canzone. Sullo stile ormai profilato degli Hard-FI, è presente una linea di basso di timbro elettronico che costituisce le fondamenta su cui si sviluppa il brano.
di Lorenzo Morelli
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caffemusicale · 5 years ago
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ARCTIC MONKEYS ❄️🐒
Perché ascoltare gli Arctic Monkeys? Semplice, perché loro non sono la solita band. Sono in grado di stupire con la loro musica variegata frutto, solamente, di passione, sperimentalismo e dedizione. Il gruppo nasce dall’idea di 2 degli attuali membri: Alex Turner e Jamie Cook vicini di casa che, trainati dalla passione per la musica, decisero dal nulla, senza conoscenze pregresse in ambito musicale, di farsi regalare una chitarra e imparare a suonare per creare una band.Il loro percorso di formazione sarà marcato dallo stile degli Oasis, Strokes, Vines e molti altri artisti del Rock/Post-Punk.Tutte queste influenze e voglia di suonare confluiranno, nel 2006, nel loro album d’esordio “Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not”, che già nella prima settimana venderà più di un milione di copie -superando il record degli Oasis in numero di copie vendute col primo album e entrando così nel Guinnes Dei Primati- e porterà la loro musica in giro per il mondo. Gli Arctic Monkeys inoltre sono uno dei primi casi di band “battezzata” digitalmente, poiché i loro fan e amici, caricando gratuitamente le demo dei concerti che il gruppo eseguiva dal vivo, ha permesso loro di essere conosciuti, e soprattutto apprezzati, da un pubblico mondiale, non solo inglese. Nel 2013 il gruppo rilascerà “AM”, 5° album in studio in cui il loro stile finalmente risulterà completo, ormai svincolato dall’originale Garage Rock, ma tendente all’Hip-Hop anni 80 e ad un sound Indie Rock dominato dal suono della chitarra di Alex. Il loro percorso però non finisce qui e, soprattutto, non si limita al progetto “Arctic”, poiché l’ultimo album, il 6° “Tranquillity Base Hotel & Casino” (2018) è frutto di un’idea nata dopo un periodo di pausa del gruppo, per alcuni membri opportunità di crearsi una famiglia, per altri di imparare nuovi strumenti -esempio il pianoforte per Alex, che renderà suono dominante al posto della chitarra- oppure fare esperienze, come Matt, che parteciperà all’album “Post Pop Depression” di Iggy Pop. Insomma, la loro storia è una storia di passione e amicizia, la musica è ciò che li lega e ciò che ci lega a loro. Mutabili, Sperimentalismo, lasciarsi influenzare da ciò che li colpisce e metterlo in musica, questo sono gli Arctic Monkeys, ogni album ha un sound differente, movimentato proprio come loro.
AM (2013)
“AM”, il 5° album degli Arctic Monkeys, è la dimostrazione delle grandi capacità di questi artisti, capaci di proporre un disco di tali proporzioni a soli 8 anni dall'esordio, mostrando come i precedenti album, "Humbug" in particolare, siano serviti a giungere a tali risultati. Il nome “AM” è un mistero. È un'affermazione esistenziale? (AM si può tradurre con "(io) sono"), intendono la frequenza radiofonica contrapposta all'FM? oppure è solo un omaggio a “V.U.” dei Velvet Underground? sulla copertina, in bianco e nero, con una grafica minimal all'estremo: una linea curva, un'onda, il suono. E dentro 12 brani, 5 hit sicure e gli altri tutti da scoprire, affermazione non casuale poiché l'album ha bisogno di comprensione e molti ascolti per raggiungerti appieno. "Do I Wanna Know?" e "R U Mine?" sono le prime canzoni che incontriamo, forse le più conosciute, caratterizzate da un sound lento per la prima ed esplosivo per la seconda, nonché anteprima dell'album stesso. Troviamo poi "Arabella": schitarrate che ricordano Foo Fighters accompagnano le vicissitudini di una fanciulla, canzone che viene anche considerata dal gruppo stesso come la più significativa all'interno dell'album. "No.1 Party Anthem": "ballata" - come l'ha definita Alex stesso - dal ritmo lento e accomodante, che ricorda molto Nobody Loves You (when You’re Down And Out) di John Lennon. Troviamo poi, come previsto già dal titolo, un omaggio ai Velvet Underground di Sunday Morning con "Mad Sounds", per poi concludere con "I Wanna Be Yours", il cui testo è tratto da una poesia di John Cooper Clarke, Poeta Punk, di cui la band è fan sfegatata, e a cui deve il nome: infatti "Arctic Monkeys" stava per essere scartato, finché una sera, ad un live di Cooper, lui si espresse divertito da questo nome particolare, facendo cambiare idea alla band e scolpendo il nome nella loro mente.
505 - Favourite Worst Nightmare (2007)
A detta di Alex, "505" è la prima canzone d'amore degli Arctic Monkeys, ed è proprio l'organo a dominare la musicalità del brano, basandosi sul "sample" che Ennio Morricone inserì colonna sonora dello storico film: "Il buono, il brutto e il cattivo". Il testo di questo brano è lasciato volontariamente misterioso, poiché non sappiamo esattamente quello che succede, ma abbiamo degli indizi. Una possibile interpretazione è che 505 sia il numero di una stanza, probabilmente di un albergo, in cui vi è la sua ragazza. Lui vorrebbe raggiungerla ad ogni costo - a dire del testo anche se fosse a 7 ore di macchina - ma lo scopo di tale viaggio è ignoto, probabilmente è per concludere la relazione, ma al momento opportuno, non è in grado di farlo -lo possiamo dedurre da "But i crumble completly when you cry"-.
THE HELLCAT SPANGLED SHALALALA - Suck It and See (2011)
Rilasciata in un EP che anticipa il loro "particolare" quarto album, è un ulteriore esempio della vena narrativa di Alex Turner. Stavolta, la vicenda ruota attorno a una coppia nel bel mezzo di un litigio, metaforizzato in una tempesta, dove la donna rivela una brutta notizia (nel testo "she flicks a red-hot revelation"), probabilmente un tradimento, e il protagonista, per evitare la situazione, sfuggire dal presente, e fingere che sia tutto ok, canticchia il motivetto "shalalala". Spicca il suono del basso, accompagnato da schitarrate tremolanti, rendendo il brano quasi psichedelico, aiutando l'ascoltatore ad immedesimarsi nella vicenda.
DO I WANNA KNOW? - AM (2013)
È una delle Hit dell'album, il testo è molto semplice, e favorisce la libera interpretazione da parte dell'ascoltatore. La canzone riguarda il colpo di fulmine, l'amore a prima vista, insomma, i sentimenti che si provano verso una crush, quella che ti entra in testa e non riesci più a liberartene. Il desiderio diventa quasi ossessivo, ma hai paura, terrore a dichiararti, paura di sapere la risposta, tanto da farti chiedere: "Do I Wanna Know?", voglio davvero saperlo?Non manca l'impiego dello slang tipico di Sheffield dove] come "summat" (= "something") oppure "settee" (= modo antico per dire "sofa").
di Alessio Nozza Bielli
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caffemusicale · 5 years ago
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THE STROKES
Per comprendere le origini e lo stile di questa band, è bene partire dal titolo: cosa significa esattamente «stroke»? Un'efficace interpretazione del termine, in inglese e in italiano, non esiste: «colpo», «movimento», «botta», «tocco» sono solo alcune delle parole a cui essa può corrispondere. Sullo stile, il nome «riflette perfettamente l'impatto della nostra musica: a volte duri e aggressivi, a volte delicati e melodici», affermano loro stessi. Nati nel 1998 a New York, il genere degli Strokes è riconducibile al post-punk revival, garage rock revival, gettando le basi per l'indie rock, genere di cui negli ultimi anni si sono affermati come una delle band portavoce. Si definiscono figli di artisti quali Lou Reed, Nirvana e Pearl Jam. Una caratteristica essenziale della band è la voce, annoiata e biascicante a tratti, altre volte arrabbiata e urlante, di Julian Casablancas, che racconta della vita nella metropoli, di serate vuote, di relazioni sbagliate, fraintendimenti, insicurezze, insieme a numerose denunce sociali e politiche. La formula che adottano è semplice: un sound sporco su melodie orecchiabili, la sensazione di essere in sala prove ad ascoltare degli amici che suonano, una forza di fascinazione e immedesimazione irresistibile, che appare totalmente genuina e spontanea: gli Strokes diventano portavoce di un’intera generazione, che risponde loro senza esitazione, portandoli fin da subito sulla rampa di lancio del successo mondiale. Sono reduci del periodo appena seguente alle Torri Gemelle, il fardello che si portano dietro è colmo di insicurezze che riversano nei temi delle loro canzoni. Basso e batteria concorrono a creare una base ritmica che sembra studiata sullo scandire dei vagoni della metropolitana sui binari, dei passi affrettati sui marciapiedi, della velocità claustrofobica della città. Ritmi serrati, come quelli della celeberrima «Last Nite», si contrappongono a episodi lenti e ovattati, in cui il contatto con la realtà sembra perso, insieme alla propria identità, in una lenta e progressiva decomposizione dell'io. Stiamo parlando di un gruppo che necessita tempo e metodo da parte dell'ascoltatore per riuscire a comprenderne la profondità e la bellezza: trattandosi di testi e musica unici nel loro genere, hanno bisogno di una certa maturità per poter essere davvero apprezzati.
THE NEW ABNORMAL (2020)
The New Abnormal è il loro ultimo album in studio, uscito da pochissimo dopo ben sette lunghi anni dall'uscita del precedente, creando un hype di proporzioni gigantesche. Innanzitutto, gli Strokes offrono un'esperienza di ascolto singolare, ricca di sperimentalismi, che è il filo conduttore di tutto l'album: l'impiego di numerosi strumenti diversi, tra cui anche sintetizzatori, una commistione di sonorità differenti e contrastanti fra loro, l'uso di particolari effetti, come - oltre alla classica distorsione vocale che caratterizza un po' tutte le canzoni indie rock - phaser e delay, con l'aggiunta anche di out-takes alla fine delle tracce, cioè una sorta di «behind the scene» dietro alla registrazione dell'album. Tutto ciò testimonia una ripresa di quel sound tipico delle canzoni anni '80, in cui la presenza degli elementi sopracitati era all'ordine del giorno: possiamo riscontrare questa particolarità soprattutto in canzoni come «At The Door» e «Brooklyn Bridge To Chorus», che tradiscono un inconfondibile sentimento di malinconia da parte della band nei confronti di quegli anni.  Si tratta di un disco davvero interessante da analizzare, un album che dal primo ascolto potrebbe non entusiasmare un ascoltatore non abituato, considerate le innumerevoli particolarità racchiuse al suo interno. The New Abnormal è l'incarnazione della nuova generazione: gli Strokes diventano portavoce della frammentazione dell'io che sta logorando il nuovo anormale, che non viene nemmeno ascoltato dagli adulti in cui egli ripone la loro fiducia. «The New Abnormal è un bell'album, pieno di stile e che intrattiene piacevolmente. In quest’era dove la musica non sembra più in grado di essere rivoluzionata, dobbiamo sperare che chi ha già fatto la storia riesca a ritrovare verve e ispirazione per farci godere una volta ancora, prima che il mondo imploda portandoci con sé.» - Da un articolo di "On Stage". LAST NITE - Is This It? (2001) L'elemento chiave di questo singolo è l'inconciliabilità di testo e musica: quest'ultima, spigliata, molto catchy grazie all'effetto creato dalla batteria sincopata e dal basso, viene soppressa dal tono malinconico delle parole. Gli affetti più cari di Julian cercano di comprendere invano il suo misterioso malessere, apparentemente ingiustificato poiché nemmeno lui stesso riesce a capirne la natura, si sente disorientato come se la vita che sta vivendo non fosse la sua. Allora cerca di evadere dalla realtà, e i quindici minuti iniziali di fuga diventeranno poi anni e anni, lasciandosi completamente alle spalle il passato. UNDER COVER OF DARKNESS - Angles (2011) «Under Cover of Darkness» si può considerare una sorta di prosecuzione di «Last Nite», sebbene la loro uscita sia distanziata temporalmente di 10 anni. Musicalmente, si ricollega a quello precedente per il ritmo incalzante. Il testo, invece, parla di Julian che finalmente ha trovato il coraggio di scappare e, non avendo un'idea chiara su cosa sarà il suo futuro, decide di arruolarsi nell'Esercito. Ovviamente, trovandosi in quella condizione gli riesce difficile poter contattare i suoi cari che ha deciso di abbandonare, e si immagina le loro voci che lo esortano a tornare indietro, sono disposti a dimenticare tutto e ad accoglierlo. Riflettendo su come agire, Julian ci racconta di come nel frattempo giri per la città, riprendendo esattamente quello che, in «Last Nite», era solito fare per evadere dal torpore della sua vita. Aggiunge anche un verso in cui afferma che tutti stanno cantando la stessa canzone da 10 anni, metafora del fatto che nulla è cambiato da quando è partito e non ha senso ritornare perché proverebbe nuovamente la stessa sofferenza (curioso come la canzone in questione possa essere proprio «Last Nite», essendo stata rilasciata 10 anni prima). Un segno della maturazione di Julian lo riscontriamo nella canzone «Brooklyn Bridge To Chorus»: se in «Is This It?» (2001) la colpa veniva proiettata sugli altri ("Dear, can’t you see? It’s them, it’s not me"), ora (2020) possiamo notare come metta in discussione questo fatto, ammettendo che potrebbe anche essere lui il responsabile del suo male  ("Thought it was them, but maybe it's me"). THE ADULTS ARE TALKING - The New Abnormal (2020) "The Adults Are Talking" è la traccia di apertura di The New Abnormal. La traccia assume un tono ribelle contro i poteri forti, coloro che governano il mondo. Si tratta di un tema ricorrente nella discografia degli Strokes: Julian, il cantante, parla delle persone del mondo degli affari, che mentono e che vogliono, in senso figurato, "arrampicarsi sui muri", cioè ambiscono a ottenere tutto quello ciò che desiderano con grande avidità. Il ritmo della batteria è marcatissimo, inizialmente quasi martellante, ma successivamente, con l'aggiungersi degli altri strumenti, si fonde perfettamente con la canzone. Il cantato è ovattato, quasi sussurrato, forse per amplificare il contrasto tra la volontà di protesta e la censura a cui la band è costretta.
di Lorenzo Morelli
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caffemusicale · 5 years ago
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HOZIER Hozier è un musicista irlandese, facente parte della cerchia degli artisti famosissimi ma sconosciuti. Di nome potrebbe risultare ignoto, ma se accostato ad una delle sue canzoni, il successo mondiale "Take Me To Church" del 2013, allora tutto cambia. Ebbene, quest'uomo non ha creato solamente una hit mondiale, ma ha realizzato molta, molta bella musica che lo ha portato addirittura nella top 200 globale di Spotify. Al momento vanta la produzione di 2 album, 3 EP e una manciata di collaborazioni una più bella dell'altra. La carriera di Hozier inizió al Trinity College, dove partecipò come membro alla "Trinity orchestra" esperienza che, in parallelo al ruolo di frontman  nella band "Anúina" ha reso possibile la sua formazione musicale sull'onda di un sound Rock tendente al Blues e Soul. Spiccò poi il volo nel 2013, quando rilasciò l'EP di Take Me To Church, una canzone dal sound blues-gospel sul tema dell'omofobia. La canzone, che diede nome alla raccolta, fu repostata su Reddit, e da lì divenne virale. In seguito al successo di questo EP, decise di produrre il primo album, omonimo, contenete non solo la canzone di debutto nelle classifiche mondiali, ma anche altre quali "From Eden" e "Work song", canzoni che sono nate in seguito allo sperimentalismo del primo EP. Il 2015 fu poi un anno molto importante per la carriera dell'artista, fu nominato alla 57esima edizione dei Grammy Awards per la canzone dell'anno, e vinse il premio VH1 artista dell'anno. Poi, dopo produzioni e varie collaborazioni nel 2019 rilasciò il suo secondo album "Wasteland, Baby!", dove ripropone lo stile acquisito e lo eleva al suo apice, creando un sound potente ma, al tempo stesso,  pieno di musicalità folk, blues e ghospel, suo punto forte. Le copertine degli album, afferma l'artista stesso sono state dipinte a mano da sua madre, come anche altre cover di singoli precedenti. WASTELAND, BABY! (2019) Ciò che Hozier ha sperimentato con Take me to church, in questo album è moltiplicato per 14, il numero di canzoni presenti in Wasteland,Baby. Per quasi un'ora il secondo album dell'artista ci trasporta nell'apocalisse, accompagnandoci con un sound particolare, miscela omogenea di Folk, pop, Gospel e Blues. All'inizio ci imbatteremo in "Nina cried power" e "Almost (Sweet Music)" canzoni dedicate ai grandi artisti del passato. La prima, dotata di una struttura particolare (subito visibile dall'anafora di  "It's not the/it's" che si ripropone per più di 15 volte) raccoglie i nomi di grandi artisti quali John Lennon e Nina Simone, portavoce di aggregazione, caratteristica ormai persa nella nostra società, la seconda invece presenta in modo non sempre palese riferimenti ai grandi del Jazz. Proseguendo troviamo molti riferimenti gospel-pop quali battimani, organo, voci corali. Un eco derivante senza ombra di dubbio dal primo album, e qui riproposto in "To noise making (sing)" e in maniera ancora più drammatica in "Movement", per poi proseguire il viaggio atttaverso innumerevoli frammenti ritmici, figli probabilmente dell'Hip-Hop, mischiati ai precedenti in "Sunlight". Non a caso la prima canzone loda il passato e l'ultima, dal titolo particolare: "Wasteland, Baby" raccoglie le nostre paure e ansie collettive, incamerandole in una situazione privata, quasi in contrasto con l'atmosfera precedente, ovvero i timori e gli stati d'animo contrastanti, di un ragazzo che si innamora per la prima volta. Il tempo in questo album è volutamente ambiguo: passato, presente e futuro vengono rievocati e mischiati, ponendo l'ascoltatore davanti a una situazione di incertezza, dubbio e, forse, anche timore, necessario per entrare nelle Wasteland di Hozier. TAKE ME TO CHURCH - Take Me To Church EP (2013) «"Take Me to Church" è essenzialmente una canzone sul sesso e sull'essere umani, e ovviamente il sesso e l'umanità sono strettamente collegati. La sessualità e l'orientamento sessuale - indipendentemente da quale esso sia - è naturale. L'atto del sesso è una delle cose più umane. Ma una organizzazione come la chiesa, esprime, attraverso la sua dottrina, che alcuni comportamenti possono essere sbagliati, e addirittura offensivi a Dio. La canzone è questo, far valere se stessi e reclamare la propria umanità, attraverso l'atto di amare.» - Hozier in un intervista a "The Cut" Insomma, questa canzone è un'ode all'amore e una critica a tutto ciò che può fermarlo. Il brano, come conferma l'artista in altre interviste,  non è nato con l'intento di diventare una hit, ma solamente per raccontare e dare voce a quelle persone che si sentono oppresse dai dogmi di questa società, che li fa sentire diverse a causa dei loro sentimenti, ma che comunque, non si arrendono e non rifiutano di professare l'arte di amare. SUNLIGHT - Wasteland, Baby! (2019) È una delle canzoni meno famose dell'album, ma che personalmente reputo una delle migliori, una vera bomba per chi ama la parte corale. Il testo è una continua contrapposizione tra le varie sfaccettature dell'amore: forte, caldo, ammaliante come la luce del sole ma al tempo stesso ardente, bruciante, che fa soffrire, come la luce del sole. Per dare ulteriore significato a ciò, vi sono riferimenti mitologici quali la vicenda di Icaro e altre divinità dell'antica Grecia. ANGEL OF SMALL DEATH & THE CODEINE SCENE - Hozier (2014) La canzone è una celebrazione del naturale, umano, felice aspetto del “fare l’amore”, soprattutto dal punto di vista omosessuale. Nel testo l'artista pone in contrapposizione sensualità, forti emozioni e la sua funzione benefica (metaforicamente identificata con la codeina) rispetto all’atteggiamento prevalentemente omofobo della società. Uno dei punti chiave del brano è la metafora della metamorfosi del bruco in farfalla: la terribile gioventù, dominata dall’odio e dal rifiuto, ora muta in forza interiore e gioia nel protagonista, rendendolo non più confuso sull'amore, che è ciò che lui stesso definisce come la cosa più normale. La canzone inoltre muove una critica all’omofobia religiosa e genitoriale nella frase: “Freshly disowned in some frozen devotion”, descrivendo come la loro fede, ormai “congelata” nelle credenze del passato, faccia ancora male, nonostante adesso la protagonista sia felice.
di Alessio Nozza Bielli
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caffemusicale · 5 years ago
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CAGE THE ELEPHANT 🐘 La prima cosa che salterà subito agli occhi è sicuramente la stranezza del loro nome, apparentemente insensato. Effettivamente però, questa deduzione non è troppo lontana dalla realtà: cominciarono ad adottare questo nome quando durante i loro primi concerti, nel periodo in cui si chiamavano ancora «Perfect Confusion», un uomo mentalmente disturbato cominciò ad abbracciare il leader Matt Shultz, ripetendo in continuazione «You have to cage the elephant!» (lett. «Dovete ingabbiare l'elefante!»). Formatisi a Bowling Green nel 2007, nel Kentucky, i Cage sono maturati dal punto di vista musicale e la loro evoluzione è palpabile con mano, nell'arco dei loro 5 album in studio, sperimentando molto soprattutto nel loro penultimo album «Tell Me I'm Pretty». La chitarra distorta rimarrà poi la loro firma anche nell'album seguente, «Social Cues», rilasciato l'anno scorso. Il loro genere è quello dell'indie rock, riconducibile per quanto riguarda il modo di cantare ad Alex Turner degli Arctic Monkeys, mentre per l'aspetto musicale, hanno loro stessi affermato di essere grandi amanti di Beatles, Ramones, Led Zeppelin, Chuck Berry, Rolling Stones, Nirvana e Pixies.
TELL ME I'M PRETTY (2015) Tell Me I'm Pretty è il loro quarto album in studio. Riguardo all'approccio all'album, la band disse «Just wanted to experiment with sounds. While you start experimenting with sound and you get out there a little bit, away from the norm, I think people will see that as psychedelic». Lo scopo era dunque creare un qualcosa di musicalmente innovativo, distaccandosi da ciò che le persone erano solite ascoltare. Si tratta di un album in cui si alternano brani più allegri, carichi, come «Mess Around», o più malinconici, come «Too Late To Say Goodbye». Entrambi i brani, oltretutto, sono fondamentali per aiutarci a comprendere lo stile complesso e sperimentale dei Cage The Elephant, attraverso il consistente l'utilizzo della chitarra distorta che permane un po' in tutte le canzoni del loro secondo periodo musicale. I particolari vocallizzi di Matt uniti ai ritmi marcati ci distolgono dalla realtà fin da subito, proiettandoci in un viaggio all'interno delle loro canzoni, che ci fanno venire voglia di ballare, di ridere, di piangere, di riflettere, talvolta tutte anche insieme: insomma i Cage hanno cercato di creare uno spazio tutto loro, e sono dell'idea che ci siano pienamente riusciti. Questo è il primo album in cui davvero Matt si sente a suo agio nello storytelling: «On Tell Me I’m Pretty, I really started to find my feet in storytelling songwriting. I just found that by picking a story, I could find a place to start and live within the confines of that and humbly communicate a thought or expression and the sentiments that are trying to be communicated.» TROUBLE — Tell Me I'm Pretty (2015) Trouble è una delle canzoni anthem dei Cage The Elephant. Il tema principale è, come suggerisce il titolo, la paura nell'affrontare i problemi che ci pone la vita, in ambito amoroso o nella sua carriera da musicista. Nato in una famiglia tutt'altro che benestante, i problemi che ha dovuto affrontare sono state anche di tipo economico. Allora, confida nella sua ragazza, che è per lui ancora di salvezza in grado di sostenerlo nei momenti bui della sua vita. SWEETIE LITTLE JEAN — Tell Me I'm Pretty (2015) Jean è una ragazza comune scomparsa all'improvviso, provoca ovviamente terrore e apprensione nelle persone che le stavano accanto, come il narratore e la sua famiglia disperata. Essendo passato parecchio tempo, Matt sembra che abbia abbandonato ormai ogni speranza nella ricerca, gli basterebbe ritrovarla, viva o morta che sia, per scacciare ogni preoccupazione. Il ritmo iniziale conciso del pianoforte misto alla chitarra conferiscono carattere al brano sin dall'inizio, mentre il ritornello a metà ci trasmette tutta la sconsolatezza di lui e la sua voglia di riaverla, veicolando il messaggio attraverso la scelta del falsetto. Il finale straziante: riesce a trovare la sua amica, morta, confidando solo nel fatto che prima o poi potrà vederla ancora. Il brano può anche essere letto in chiave metaforica, in cui la perdita della ragazza può essere dovuta al suo allontanamento dalla retta via, magari causato dall'abuso di droghe, e per questo il cantante la vede distante da lui e da ciò che lei era in precedenza. SOCIAL CUES — Social Cues (2019) In Social Cues, Matt parla della sua insoddisfazione, si sente vulnerabile ed è spaventato dal futuro. Non capisce perché le persone lo considerino invincibile, prossimo al successo e soddisfatto solamente perché le sue canzoni vengono trasmesse in radio. Si tratta sicuramente di un brano movimentato e che ispira leggerezza, atteggiamento che stride assolutamente con i temi importanti trattati.
di Lorenzo Morelli
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