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4 sfondi di 4 giorni importanti:
- la piena sessione, il caldo che può solo emanare il cemento torinese dentro una stanza all’ottavo piano, i capelli bagnati e le gambe alzate, un libro su casi clinici neurologici, la notte che cala dolce, il cielo che si riflette nella stanza, sto bene, sento che vivo, magari ci starebbe una granita
- compleanno, un quarto di secolo, nutrirsi di cose buone e nutrirsi del buono che c’è, girovagare per Torino e atterrare sotto un noce del Caucaso, salirci sopra e stare a penzoloni, reggersi sulle proprie gambe e imparare a non farlo, celebrare un giorno che è una vita ma nulla di serio dopotutto, essere presenti, essere vivi
- lo scorcio dopo tanti km, fare un cosa perché ti andava, fare qualcosa perché ti piace, fare qualcosa anche se non l’hai programmata bene, fare qualcosa perché ti fa stare bene, fare per il gusto di scoprire, perdersi perché poi in qualche modo ci si ritrova, l’importanza degli snack nello zaino ma anche ti mangiare le more per strada, la sensazione bella di fare fatica
- fine di una sessione, il ritorno a casa per qualche settimana, adattarsi a ritmi di altri, a cibi diversi ma regole vecchie, il calore dei campi e la calma che solo qui c’è, la voglia di fare, la voglia di vivere, le cose che posso fare solo qui, le persone che posso vedere solo qui, il respiro che torna ma poi manca, il riconnettersi per poter ricominciare
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Ma dove l’ho trovato un ragazzo che si emoziona a vedermi nuda o al solo pensiero di stare 50 anni assieme
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Doveva essere una cosa bella, leggera, viva, felice. Ci stiamo annichilendo invece. Ciò che sembrava destino sotto ogni punto di vista invece è sempre più incasinato, ho paura ci distruggeremo a vicenda. Mi sto incasinando sempre più
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Qui c’è una piccola dolce me, un basilico trapiantato da poco e la finestra di S.
Sembrano tre cose totalmente scollegate ma non è così.
Non scrivo e non appaio da tanto, non mi sento di mostrarmi, non mi sento di essere tangibile.
Sto facendo grandi passi con S., così grandi che mi sembra che ci stiamo lanciando su un treno in corsa spinto al limite. Vivo una vita a più velocità con persone diverse, mi sento sballottata, bambina e adulta e poi casino ambulante.
Sto imparando il greco moderno, me lo insegna S., imparo in fretta dice ma questa è una lingua assurda
Gli esami sono sempre troppi, il mio tempo troppo poco e il mio cervello assente.
Lato pensieri credo imploderò: con S. scordo tutto ma poi è come se si ammassassero fuori la porta in attesa che io sia sola.
Non credo che nessuno a parte noi due possa davvero capire cosa proviamo o cosa sta succedendo. Sono una piantina che ha subito un travaso troppo veloce, sono bambina che non si ritrova più nelle regole del mondo. Voglio la pace a quella finestra ma fuori c’è un mondo di clacson.
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Non esco da tantissimo, non ho foto di questo mese del mondo là fuori. Dopo i problemi di salute assurdi che avuto, la mia città e tutto ciò che conoscevo alluvionato, la (non) storia di P., senza possibilità di realizzare assolutamente le implicazioni della fine di due anni di relazione perché c’era la scadenza per un progetto di gruppo da presentare entro il 30, ecco che proprio mentre c’era la presentazione il mio gatto veniva messo a dormire per sempre perché in venti anni di salute splendida in due giorni è stata male e peggiorata in modo irrimediabile. Non ho mai visto i miei genitori stare così male. Tra tre giorni scendo a casa qualche giorno e non ho idea di cosa mi ritrovo. Della sessione e gli ultimi esami che mi mancano non so nemmeno come parlargliene perché non riesco letteralmente a fare nulla, figuriamoci a studiare. E se provo a parlare di tutto questo a qualcuno nessuno sa dire niente se non un “dai che ce la fai, sei forte”. Ma che discorso è, io ne ho abbastanza di essere forte, è tutto troppo da poter gestire in un mese, ho bisogno di qualcuno che invece mi dica “va bene se non ce la fai, ti prego fermati, prenditi cura di te” ma no, l’esatto opposto, non mi è concesso vacillare in nessun ambito, perché evidentemente se lascio i piatti da mettere a posto fuori dalla credenza mi becco lo sfogo dei coinquilini. E l’unico con cui riesco a parlarne e che mi fa stare bene è S., e questo mi fa solo sentire più di merda. Io non ci arrivo alla fine di tutto questo, non sento di farcela.
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Ieri notte io, S. e P. eravamo con amici in un bar e S. si è ubriacato per come guardavo ancora P. e al contempo vedevo P. stare male per come guardavo S.
Io da questa telenovela non so come uscirne
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È finita che io e P. ci siamo lasciati, e per motivi che non avevano nulla a che fare con S.
Abbiamo fatto ciò che i nostri genitori non sono mai riusciti: ci siamo separati perché entrambi ci eravamo persi e ad entrambi serve ritrovarsi e capire dove sono finiti quei ragazzi così vivi che si amavano. Serve del tempo, serve crescere da soli, però pur sempre con il supporto dell’altro. Non è stato un addio lasciarsi, ma un lunghissimo abbraccio. Sono stati due anni che ci hanno dato tanto, ma abbiamo ancora tempo assieme per darci ancora molto. Abbiamo riscoperto ciò che eravamo prima di stare assieme, ovvero due migliori amici, e da quello ripartiremo.
Da che sembrava non potessimo che perderci tutti da questa situazione, ne siamo invece tutti usciti vincenti. E con S. posso finalmente capire cosa ci lega e quanto, e lui può smettere di tormentarsi a morte.
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Io so chi devo scegliere ma so anche chi dovrei scegliere. Sono giorni terribili. Il cuore si autofagocita. Piango, sto male, non riesco a lasciarli fuori dalla mia vita e allontanarli. Metà giornata ho una mezza sicurezza e nell’altra metà viene ribaltata. Vorrei poter vedere nel futuro. Vorrei sapere la scelta giusta. Vorrei smetterla di far soffrire tutti.
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Ho detto a P di S. Ho detto a S di non vederci, P semplicemente al momento non vuole. Ho fatto terra bruciata tutto attorno ritagliandomi un po’ di pace ma non durerà. Devo fare una scelta ma io non voglio che mi abbia nessuno. Non voglio perché so già che chiunque io scelga avrò dei rimpianti. Entrambi credono io sia l’amore della loro vita, entrambi mi amano, entrambi mi aspetterebbero. Io sento solo di non meritare un cazzo, di essere una persona orripilante, che dovrei davvero sparire da tutto e tutti.
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La mia vita in questo periodo è di una assurdità parossistica
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Quarto giorno in cui non mangio e non dormo per ciò che ho fatto e dovrò fare. Mi sento devastata e annichilita. Capisco tutte la ragioni di Anna Karenina e anche perché scelse un treno.
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Sono davvero sull’orlo di mandare a puttane una relazione di due anni per questo? Devo davvero scegliere tra due persone? Nella speranza di non trapanarmi la testa leggo Anna Karenina: magari mi fa rinsavire o annegare definitivamente nei sensi di colpa. È tutto sbagliato ed ingiusto. Non doveva accadere e io sono una testa di cazzo ingrata e questo cuore mi sta lacerando.
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Ah sì il classico momento post due anni di frequentazione che porterà lentamente a lasciarci è iniziato: io che saboto inconsciamente tutto perché dopo due anni lo scherzo può finire. Perché direte voi? Perché cominciano a comparire non dico i pensieri ma la convinzione di star facendo perdere tempo all’altro. Perché prima andava anche quasi bene come burla ma dopo due anni no, non esiste che stia davvero bene con me, non esiste che mi trovi così bella, non esiste che tu tra tutti ancora non te ne accorgi. Ti farò del male, inevitabilmente, e almeno tu devi salvarti. Perché se ne vanno tutti e nessuno si avvicina e non esistono eccezioni e io facendo così ti sto solo salvando.
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