Classe ‘99, scrivo poesie, studio e ascolto troppa musica. (L)GBT. Amo Bologna, i fiori e i libri. Puoi chiamarmi Rue. IG: ghirigor0 || ♌️ • she/they
Don't wanna be here? Send us removal request.
Text
Quelle scosse che penetravano la mia mente sconvolta, adesso non fanno altro che ribaltare il mio petto. Sento un immenso terremoto travolgermi, scossa dopo scossa… 1… 2… 3… correte ai ripari, anime ferite!
0 notes
Text
Voi vedete in me il dolce nido dell calma, mi definite fiera monarca della stabilità. Non sapete, però, quante tempeste reprime questo cuore bugiardo, quanto forte grava in me il peso dell’umanità. Devo farmi carico, peso, fardello immane di commettere un reato d’amore: abbandonare chi amo, per salvare chi è per me l’essenziale. È stata la mia fragilità a portarmi a questo fatale risultato, responsabile d’ogni mio errore devo trascinare per l’eterno questa croce sulle mie spalle. Ho già sfregiato un occhio per questo dolore, già soppresso parte della mia onestà. Ho già tramutato in freddo granito parte del mio cuore, sento il petto irrigidirsi, contrarsi per la guerra che soccombe: la lotta per reprimere questa sensibilità. Devo essere forte: devo essere donna di ghiaccio. Che sia questa la sfida del nuovo anno?
Ho perso metà del mio volto, ho perso parte della mia nota personalità: non so più chi sono. Ma non posso continuare a scappare, devo essere forte. È questo che destino, universo o grande entità stai cercando di dirmi? La vita è percorso assai oscuro, fatto di privilegi o di terribili realtà. E io, sebbene sia nata dalla parte giusta del globo, non posso sfuggirne. Non posso sfuggire alla sofferenza che carica di terrore ed odio il mondo.
Qual è la metamorfosi ch’attende il mio petto stravolto?
Solitudine amara, so che a te devo arrendermi e supplicare la pace. Sono inetta dopo tutto, sono uguale ad ogni persona, sono umilmente umana. Non sono destinata a grandi cose, non ho la personalità d’una valchiria, d’una politica, d’una forza motrice del globo. Sono solo una sciocca ragazzina un po’ cresciuta che adesso deve imparare a fare i conti con quel grande mostro che si chiama casualità. È tutto così aleatorio e non c’è altro se non piccoli frammenti di felicità.
Siamo così banali noi esseri umani, non facciamo altro che vivere per piccoli frammenti di tempo, per surreali attimi di sollievo: solleviamo guerre per un briciolo secondo di piacere. E cosa sono io se non questo? L’eterno ripetersi d’una storia mortale, ingabbiata nelle ceneri e nel ferro del suo linguaggio.
0 notes
Photo
207K notes
·
View notes
Text
Sono tante le cose che ho da dire, da annotare, da segnare minuziosamente su questo blando taccuino. Ho cominciato ad abbracciare ogni parte di me, proprio come avevo promesso, a provare a baciare ogni lembo ferito che ancora s'infiamma a giorni alterni. Ho - in parte - trovato la pace. Ho capito di non essere più la persona che credevo. Questo ha provocato in me una cattedrale confusione, mi ha lasciata persa nella nebbia più opaca. Ho scoperto che quel sistema che è la monogamia, forse, non aderisce completamente alla mia pelle, forse è mutato, l'ho lasciata cadere e adesso ho una forma tutta nuova e da scoprire. Lei è il rapporto più ibrido mai sperimentato, ma mi piace, ne trovo conforto. Non sento il bisogno di amore eterno, ma di cura e dolcezza, se un giorno mi sceglierai dovrà essere semplice e spontaneo. Ho capito che il blocco ermetico che per te provavo non era paura, non era sdegno, ma era ciò che non pensavo davvero: non riuscivo a parlarti perchè non erano quelle le cose che desideravo dirti. Volevo solo confessarti il mio affetto e rassicurarti, dirti di volerti accanto con dolcezza - priva d'ogni forma d'obbligo. Possiamo, insieme, essere due volpi che s'abbracciano. Ho capito che ho cominciato a decostruire ma non solo: ho capito che se amerò di nuovo, voglio farlo con estrema lentezza. Ho capito che nella mia vita non ho fatto altro che idealizzare immense muse, che poi m'hanno disilluso: sono stanca di vivere questo perpetuo inganno. Se dovremo amarci, lo faremo con coscienza, leggerezza, sicurezza. Non voglio idealizzarti, voglio conoscerti frammento per frammento: scoprire ogni tua camera oscura e scegliere se sostare fra le tue ombre latenti. Da quando t'ho aperto sincero il mio cuore, sento la pace nel nostro rapporto: non siamo esclusive, eppure, quello che ho con te è puramente unico, incondivisibile. Nostro. E questo, per adesso, mi rende felice. Non mi importa dove arriveremo, che etichetta sceglieremo un giorno, se ci innamoreremo oppure no. Spero che non finiremo a ferirci, spero solo che continueremo a volerci bene. Sei bella e voglio viverti così: a fiato sospeso.
2 notes
·
View notes
Text
Jacques Pugin
Étude de nu. Série Ombre et Lumière
Suisse 1983
1K notes
·
View notes
Text
ho aperto questa nota testo, ma in realtà non ho idea di cosa scrivere. Mi manca scrivere, mi manca tanto. L'ultima poesia che ho scritto parla di te, ancora una volta. Stanotte ti ho sognata, ho sognato che ti amavo ancora, che ti stringevo la mano, che ti abbracciavo. Ma niente di tutto questo al mio risveglio ritorna. Ho aperto questa ennesima nota di diario, ma non so cos'è che voglio dire. Immagino di disegnare ogni giorno, ad ogni ora, perché le parole sono difficili: la mia poesia è difficile, ora come ora.
Vivo in infinite sovrapposizioni temporali, vivo alla ricerca della mia realtà: il passato mi divora. Vedo le luci della città sbiadirsi, sfocarsi, appiattirsi... non c'è coda di volpe a illuminare la mia volta stellata. S'è aperta la stagione delle nebbie e tu - mia debole pioggia - non fai altro ch'avvolgerti nelle tenebre di questa macabra teatralità. Sei la strofa difficile che si frammenta sulla mia pagina
1 note
·
View note
Text
Sono così patetica che pur di aver un segno dal tuo fantasma, quella presenza infame che da quattro mesi ormai nell’ombra mi abbraccia, ho pregato di ricevere un tuo messaggio.
0 notes
Text
Nella mia arte ho perso un occhio. Una cicatrice a stella scarnifica la mia palpebra superstite, un occhio schiarito si protegge cupo. La mia iride destra ha perso lo scuro colore. Queste sono le mie ferite di crescita. Come un felino randagio, come un cervo pavido, come un lupo affamato, vago fra i boschi paralleli di queste fredde strade urbane.
1 note
·
View note
Text
Ho capito che devo abbracciarmi. Per guarire devo accettare di provare la tua mancanza, mi manchi e questo mi fa soffrire. Ho ripudiato questo dolore per mesi, ma più lo maledico, più lo maltratto, più viscido s’appiccica alla pelle con ventose di fango. Mi sporca, mi graffia, mi prude, m’irrita e m’ustiona come ghiaccio.
Cerco sempre di prendermi cura di qualcuno o qualcosa… ignorando chi ha davvero bisogno di cure e conforto adesso: io stessa. Fatico anche a scrivere questi pensieri, sono umanamente stanca, quasi incapace di creare, qui a farfugliarmi delle scuse, a chiedermi perdono, a cercare di abbracciarmi, baciarmi, cullarmi melanconicamente nella speranza che questa dolce lena mi doni un riposo lieto per una notte.
Rue, perdonami.
Voglio davvero provarci questa volta. Resteremo sole, insieme. Sarò la tua cura, perché t’amo e ti sei persa. Non ti riconosco più, ma io sono qui, voglio conoscerti e scoprire chi sei, facciamolo insieme.
Vivo d’abbandoni, al punto tale da prendermi a schiaffi. È questo ciò che provo. Basta rendere gli altri autori del nostro dolore. Non c’è in qualcuno la risposta, la posso trovare solo dentro di me.
Come sto? Non ne ho idea, proveremo a capirlo, passo dopo passo. Isolati e datti pace:
Trova la pace.
1 note
·
View note
Text
ti guardo mentre mi dai le spalle. Ti osservo furtiva facendo finta di studiare, ma nel mentre mi lascio cullare dalla - forse - dolce distrazione che sei. Non ti conosco e ti tengo distante, proiettando su di te l'immagine tetra del silenzio e della mancanza d'emozione. Maltratto il tuo riflesso perché ho il cuore troppo stanco per accettare anche solo una carezza sincera. Ma vivo in questo eterno paradosso: ricerco silenziosamente da te una speranza, l'umana richiesta di conforto. Ti guardo e non ti riconosco, sebbene su di te io faccia gravare infiniti fardelli che non t'appartengono. Ti osservo e mi meraviglio, ma non ti comprendo. Io - a differenza tua - forse - un po' fingo. Da poeta bugiardo quale sono, dovrebbe esser questo un vanto? No, per la prima volta io indosso una maschera e ho tirato su un fantastico melodramma: la mia dita scorrono su questa tastiera, rapide a musicare il ticchettio di questa vana narrazione. Ti guardo mentre mi dai le spalle. Tu, intenta a dipingere il tuo mondo a me oscuro. Dovrei bramare scorgere quella enigmatica tela, ma tremo all'idea di guardarti, la tua arte mi spaventa. Ho paura che possa marchiarmi, perseguitarmi: che sia io, invece, l'untore d'ogni maledizione? Sono così abituata a formulare presagi, a lanciare sentenze, a benedire le labbra, ch'ormai vivo l'arte stessa come una condanna. Sono pronta a purificarmi da questa malvagia visione? Ti guardo mentre mi dai le spalle. E tu non t'accorgi, anima felina, di quanti pensieri affollano la mia mente nebbiosa. Tu forse non pensi a quante domande serpeggiano fra i miei boschi desolati. Tu non chiedi mai e io di questo ti maledico: m'affretto un arrogante 'non ti importa'. Come se io, a differenza tua, avessi l'ardire di chiederti e rubarti la memoria e i pensieri quando mi parli. Che falsa e patetica creatura sono diventata, pur di proteggermi nego la bontà. Ti guardo mentre mi dai le spalle. E penso a quel sorriso sincero che talvolta mi rivolgi e rivolgi a me solo in mia presenza. Mi domando che significato abbia quella dolce visione che mi regali quando sorridi e mi baci dolcemente le labbra. Ma io, troppo spaventata, troppo cerbiatta, poco dopo mi sposto e fuggo via dalle tue labbra morbide e umide, foce fresca per la mia sete selvaggia. Ti guardo mentre mi dai le spalle. Mentre penso al meticoloso creare delle tue mani, che tanto capaci m'accarezzano la notte quando ti sono accanto. In silenzio ti compongo come una poesia a metà, perchè non sono in grado di sostare alla tua finestra: troppo inetta ormai all'amore passeggero, troppo convinta d'ottenere solo l'oblio delle tue iridi verdi.
1 note
·
View note
Text
Che stiamo facendo? Cosa sto facendo? Quando comincio ad avere questi pensieri, queste sensazioni, mi trovo sempre al preludio di una chiusura. Mi rifiuto spesso di ascoltare il mio cuore, ma forse è semplicemente così. Faccio fatica a tener ferma la tua immagine davanti la mia pupilla, non riesco a metterla a fuoco, ci sono troppe ombre che ti si cuciono addosso. Vedo il tuo sguardo, il tuo bellissimo sorriso, il tuo giunonico corpo sfibrarsi, sfumarsi in una tetra luce grigia. Vedo la tua gentilezza, la tua dolcezza, essere effimere come il battito d’un lepidottero confuso. Nulla è destinato a restare fra le nostre dita intrecciate. Eppure le tue mani sanno leggere le mie forme così bene… al punto tale che non capisco chi tu sia e come faccia a farmi danzare, a farmi perdere la ragione, a farmi pregare sul tuo seno ancora e ancora, come se fossi un’orgiastica creatura. Con te sono fatta di carne, ma non sono solo questo: la mia anima reclama, ho fame. Non ho fame solo del nettare superbo che sgorga dal tuo spasmodico alveare, ho fame di conoscenza: sono un Ulisse perduto. Non faccio altro che navigare fra le tue onde in cerca d’un’isola dove sostare. Ma tu mi lanci appena una zattera la notte, lasciandomi cullare ancora dalla brezza d’un mare apparentemente sereno. Che hai nascosto accuratamente il tuo porto sepolto dalle mie labbra stanche.
0 notes
Text
Emily Brontë, from "Wuthering Heights," originally published in 1847
4K notes
·
View notes
Text
Ho appena realizzato che non ho superato il tuo lutto. L’ho solo appena iniziato ad affrontare. Ho la mente stanca, confusa, persa. Mi sento persa…
1 note
·
View note
Text
Anima pigra, come ti senti?
Hai smesso di scrivere
1 note
·
View note
Text
Bo, chissà che vuoi. Sicuramente niente, non vuoi assolutamente nulla. Come tutti. Però cos’è che vedi? È così difficile capire i tuoi pensieri, così enigmatico. Ho sempre avuto l’abilità di captare le emozioni altrui, di comprenderle, ma con te faccio una fatica estrema. Questa difficoltà dovrebbe consolarmi, rendermi più facile i giochi, però mi incuriosisce e si sa, la curiosità uccide. Dovrei smetterla di curiosare, tenerti lontana e parlare di superficialità: ma questa non sono io. Non è da me, non mi capisco. Non so più chi sono. Non scrivo più. Nemmeno insulse note di diario come questa. Chissà… forse dovrei semplicemente zittirmi, non ho nulla da dire… la delusione ha suggellato un mutismo e sono sparite le labbra dal mio viso, solo la smorfia di un urlo taciuto deforma il mio volto.
È che con te mi sale l’ansia, ma quella bella di quando ti piace qualcuno. Ma anche l’ansia brutta, quella di qualcuno che potenzialmente è pericoloso. Quante inutili congetture, probabilmente tu nemmeno ci pensi, nemmeno mi pensi. Dici di no, ma sicuramente per te sono un ennesimo corpo, non riesco a credere al contrario. Entrambe non siamo in grado di dare di più di questo adesso, però è strano per me. Ma sono solo un corpo, va bene così.
0 notes
Text
Chissà se ti manco mai e ti penti un po’ delle scelte che hai fatto… chissà.
1 note
·
View note