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Oltre la foschia
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beyond-the-haze · 10 days ago
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George J. Stengel // Riflessioni pomeridiane, 1927
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beyond-the-haze · 2 months ago
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Forse tocca venire a patti con un pensiero terribilmente brutale nella sua bellezza: noi siamo esattamente chi siamo, né più né meno.
Siamo le persone che siamo diventate a seguito di tutto ciò che abbiamo vissuto, e se tornassimo indietro nel tempo faremmo esattamente le stesse identiche scelte e vivremmo esattamente le stesse identiche situazioni, sia quelle belle, sia quelle dolorose.
E questo perché - ed è la cosa più complessa da accettare per il noi di adesso - noi in qualsiasi momento della nostra vita facciamo la scelta migliore possibile per noi, date le nostre conoscenze e il nostro ventaglio di possibilità.
Ogni volta che noi facciamo una scelta, noi facciamo la migliore scelta possibile.
Anche le scelte che in seguito si rivelano orribili, anche le relazioni che poi si rivelano abusanti o i partner che in seguito si rivelano odiabili, falsi, o che ci trattano come zerbini, nel momento in cui iniziamo la relazione, sono la scelta migliore che potessimo fare.
Questo perché noi, in ogni momento della nostra vita, anche quando ci sembra il contrario, puntiamo al nostro meglio. Anche quando ci facciamo male, anche quando vogliamo morire, anche quando non vediamo via di fuga, in quel momento pensiamo che farci male, voler morire, non vedere via di fuga, sia il meglio possibile per noi.
E questo è il punto più complesso della nostra umana condizione: accettare l'idea che possiamo mirare costantemente al nostro benessere, ma che possiamo mirare al nostro benessere nella misura di quanta visione del mondo e di noi stessi possediamo, che il nostro benessere di ieri è diverso da quello di oggi e diverso da quello di domani, e che ognuna di queste situazioni è basata sulla nostra conoscenza del mondo, sulla nostra consapevolezza interiore, e sulla nostra capacità esteriore di attingere alle risorse che ci circondano.
Per questo è utile solo fino a un certo punto pensare al noi del passato: il noi del passato ha cercato di fare il meglio per il noi di ora, così come il noi di ora, con tutte le sue stranezze e cazzate, sta facendo il possibile per il noi del futuro.
Possiamo elaborare il cambiamento nel momento in cui accettiamo e comprendiamo lo sforzo estremo che costantemente mettiamo nel nostro tentativo di amarci, dato dalla ridotta misura di quello che abbiamo compreso - momento dopo momento - di cosa voglia dire amare qualcuno.
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beyond-the-haze · 2 months ago
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10 2024 / Sunset in the meadow
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beyond-the-haze · 2 months ago
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SULI
Si parru d’amuri, tu mancu scuti comi si l’amuri saria fissaria Tutti quanti si pensanu saputi e pi iddi è sulu babbaria eppuru, si stu munnu è mpizzatu è picchì ill’amuri s’ha scuddatu
L’amuri è sacrificiu, rispettu è scuddassi i chiddu chi tu voi capiri ogni so chiu nicu difettu accussì chi nun c’è u mei, u toi non c’è raggia, nun c’è suvecchieria picchi da vita, è a mavaria.
U sacciu, l’amuri è na pazzia ma è l’amuri u suli i dumani, chiddu chi d’intra brucia e quaddia chi dugna fozza a cori e mani focu chi dannu i figghi, l’amici chi sciuga lacrimi e fa filici
Si non scuti, si d’amuri ti parru voli diri chi mottu si e chi no sai su penzi dibbulizza, o nu sgarru campi scappano i quantu nun hai. Si l’amuri nenti è, e nenti vali si stutoi u suli e nenti chiù mali.
Se ti parlo d’amore, tu neanche ascolti come se l’amore fosse una scemenza. Tutti ormai si sentono sapienti e per loro l’amore è solo una stupidata, eppure, se questo mondo è rovinato, perso, è perché dell’amore, si è dimenticato. L’amore è sacrificio, rispetto, è dimenticarsi di quello che tu vuoi e capire ogni suo più piccolo difetto così che non c’è il mio o il tuo, non c’è rabbia, non c’è prepotenza, perché, l’amore, della vita è la magia. Lo so, l’amore è una pazzia, ma l’amore è il sole di domani, quello che dentro di te brucia e riscalda, che da forza al cuore e alle mani, il fuoco che danno i figli, gli amici, che asciuga ogni lacrima e rende felici Se non ascolti quando ti parlo d’amore, vuol dire che sei morto e che non lo sai, vuol dire che lo pensi una debolezza, un’offesa, e vivrai fuggendo da quello che non hai. Se l’amore fosse niente e niente varrebbe, vuol dire che si è spento il sole e niente avrebbe più valore, gusto.
If I talk to you about love, you don't even listen as if love is a stupid thing. Everyone now feels wise and for them love is just a stupid thing, and yet, if this world is ruined, lost, it's because love has been forgotten. Love is sacrifice, respect, it's forgetting what you want and understanding every little flaw so that there is no mine or yours, there is no anger, there is no arrogance, because, love, is the magic of life. I know, love is madness, but love is the sun of tomorrow, the one that burns and warms inside you, that gives strength to the heart and hands, the fire that children, friends give, that dries every tear and makes you happy If you don't listen when I talk to you about love, it means that you are dead and that you don't know it, it means that you think it is as weakness, an offense, it means that you are living running away from what you don't have. If love is nothing and nothing would be worth anything, the sun died, and nothing would have any more value or taste.
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beyond-the-haze · 3 months ago
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beyond-the-haze · 3 months ago
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Near Dillon (Montana) #1, 1998. Michael Eastman. Infused dyes sublimated on aluminum.
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beyond-the-haze · 3 months ago
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Nulla è più come prima,
tutto è cambiato: la città, la vita, la gente.
Io e te non siamo più quelli di un tempo
la vecchiaia ha steso il suo velo su di noi.
Non sono più le stesse viuzze,
e il passo ora è più pesante.
Fa freddo, anche se non c’è gelo,
gelida è persino la nostra panchina in quell’angolo.
Non è più lo stesso giardino,
né le stesse rose e i fiori di un tempo,
né il verde brillante dell’erba,
né l’ombra dell’abete sotto cui ti sedevi.
È sempre la stessa luna, immutata,
lo stesso sole, che arde come allora.
La pioggia cade e i venti danzanti,
mentre il nostro bar è ancora pieno di gente.
Non c’è più il nostro cinema,
anche il lungomare è cambiato.
Li dove passeggiavamo in pace fino a tardi,
un giorno tutto sarà dimenticato.
L’ombra dell’oblio cadrà anche su di noi,
e saremo dimenticati come tutti gli altri.
Come se non ci fossimo mai incontrati, mai amati
ma il mio amore per te non si spegnerà mai
Tomorr Dyrmishi
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beyond-the-haze · 3 months ago
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beyond-the-haze · 3 months ago
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Yannick Corboz
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da: https://www.instagram.com/yannickcorboz
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beyond-the-haze · 3 months ago
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“La tua casa, essendo il luogo in cui tu leggi, può dirci qual è il posto che i libri hanno nella tua vita, se sono una difesa che tu metti avanti per tener lontano il mondo di fuori, un sogno in cui sprofondi come in una droga, oppure se sono dei ponti che getti verso il fuori, verso il mondo che t’interessa tanto da volerne moltiplicare e dilatare le dimensioni attraverso i libri.”
— Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore. (via booksoflovee)
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beyond-the-haze · 4 months ago
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by Alicia
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beyond-the-haze · 5 months ago
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Raymond Kleboe. Italian Street Scene. 1940s
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beyond-the-haze · 5 months ago
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Frits Thaulow
River Landscape.
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beyond-the-haze · 5 months ago
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AnnaMaria Lindholm Rogberg (Swedish, *1972).
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beyond-the-haze · 5 months ago
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LA SICILIA SECONDO VINCENT VAN GOGH
Nel febbraio del 1888, Vincent van Gogh lascia Parigi e si trasferisce in un piccolo paesino chiamato Arles nella solare Provenza. Se fino a qualche anno prima aveva dipinto meno di un centinaio di opere, al sole di Arles, Vincent trova la gioia della sua arte, producendo in meno di un anno più di trecento opere. Definisce il suo stile originale e sostituisce i colori oscuri e tenebrosi delle sue prime opere, con una luce accesa e pura. Se il calore mediterraneo di Arles fece questo effetto su Vincent, cosa sarebbe successo alla sua anima tormentata se fosse venuto a contatto con l’abbagliante luminosità siciliana? E ancor di più, come avrebbe reagito la sua ricerca fallita di Dio, il suo difficile cammino nella società del nord Europa alla filosofia siciliana dove “Tutto scorre e nulla resta” per cui non dobbiamo chiederci “Chi siamo e dove andiamo?” ma “Quando si mangia e che cosa c’è da mangiare?”. Forse i suoi tormenti umani ed artistici si sarebbero sciolti di fronte ad una granita al caffè, ad un bicchiere di birra Messina, o ad un tramonto alle Eolie. Seduto su una lunga spiaggia solitaria per dipingere le lunghe onde del mare, sarebbe stato raggiunto dal solito cinico siciliano che senza farsi i cazzi suoi gli avrebbe chiesto se Gauguin se la stesse spassando alla Martinica. Oppure, con la saccenteria degli ignoranti, avrebbe chiesto se nel dipingere avesse copiato i colori densi e pastosi di Monticelli, o se quelle pennellate dense ed intense le facesse così a come venivano, tanto per babbiare (prendere in giro) i critici. Alla fine, in quest’isola dove è l’arte stessa che si intreccia con la natura crea il paesaggio, dove la follia è una ordinaria condizione di uno, nessuno, centomila, alla fine forse la sua anima infelice avrebbe trovato la sua quiete e avrebbe accettato la sua cristiana inquietudine in quanto elogio dell’essere. Infine, invece che piccoli caffè o cieli inquietanti pieni di oscuri uccelli, qui in Sicilia avrebbe incominciato a dipingere le meraviglie luminose dell’isola, affinando quella sua tecnica in cui rinchiudeva le sue angosce e tristezze dentro a dense intense pennellate. Qui, in quest’isola dove la follia è di casa, sulla tela avrebbe raccontato di campi infiniti e dorati, di chiese accese da sole, di piccoli dammusi affacciati sul mare e immacolati sotto un cielo di un azzurro felice e saturo di luce. Avrebbe finalmente toccato e dipinto quella luce che cercava, quella che non aveva trovato né nelle sue infinite letture della bibbia, né tra le cosce delle prostitute che amava o delle donne borghesi che lo avevano rifiutato. Avrebbe capito che solo la natura è reale, ed è il palcoscenico su cui gli uomini, come i pupi dal corpo di legno, recitano passioni ed amori che solo per pochi atti sono eterni e che questa provvisorietà è l’unica certezza che questi pupi hanno, tanto che con essa riempiono la loro arte per viverla all’infinito.
SICILY ACCORDING VINCENT VAN GOGH
In February 1888, Vincent van Gogh left Paris and moved to a small village called Arles in sunny Provence. If until a few years earlier he had painted less than a hundred works, in the sun of Arles, Vincent found the joy of his art, producing more than three hundred works in less than a year. He defined his original style and replaced the dark and shadowy colors of his early works with a bright and pure light. If the Mediterranean heat of Arles had this effect on Vincent, what would have happened to his tormented soul if he had come into contact with the dazzling Sicilian brightness? And even more, how would his failed search for God, his difficult path in northern European society, react to the Sicilian philosophy where "Everything flows and nothing remains" so we should not ask ourselves "Who are we and where are we going?" but "When do we eat and what is there to eat?". Perhaps his human and artistic torments would have melted away in front of a coffee granita, a glass of Messina beer, or a sunset in the Aeolian Islands. Sitting on a long, solitary beach to paint the long waves of the sea, he would have been joined by the usual Sicilian cynic who, without minding his own business, would have asked him if Gauguin was having fun in Martinique. Or, with the know-it-all attitude of the ignorant, he would have asked if in painting he had copied the dense and mellow colors of Monticelli, or if he did those dense and intense brushstrokes as they came, just to mock (mock) the critics. In the end, on this island where art itself intertwines with nature to create the landscape, where madness is an ordinary condition of one, no one, a hundred thousand, in the end perhaps his unhappy soul would have found its peace and accepted its Christian restlessness as a praise of being. Finally, instead of small cafes or disturbing skies filled with dark birds, here in Sicily he would have begun to paint the luminous wonders of the island, refining his technique in which he enclosed his anguish and sadness within dense intense brush strokes. Here, on this island where madness is at home, on canvas he would have told of infinite and golden fields, of churches lit by themselves, of small dammusi overlooking the sea and immaculate under a sky of a happy blue and saturated with light. He would have finally touched and painted that light he was looking for, the one he had not found in his infinite readings of the Bible, nor between the thighs of the prostitutes he loved or of the bourgeois women who had rejected him. He would have understood that only nature is real, and it is the stage on which men, like puppets with wooden bodies, act out passions and loves that are eternal only for a few acts and that this temporariness is the only certainty that these puppets have, so much so that they fill their art with it to live it infinitely.
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beyond-the-haze · 6 months ago
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Arrigo Giovannini // Suzzara
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beyond-the-haze · 8 months ago
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