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PAZIENZA
È tutto
tutto il giorno
che mi comprimo
che mi contengo
che dalla rabbia
vedo le stelle.
In faccia un sorriso
mica ribelle,
mica di pena,
ma quello più teso
che vi riservo
nei colpi di scena.
Dentro ho le bolle
pruriginose, crescono sotto
sotto pelle
che mica ci riesci a grattare,
a scoppiarle.
Ma ci siamo eh
ci siamo quasi:
sento che esplodono
e cola il veleno
a fior di pelle.
Ma continuo.
Oh, che faccia di bronzo,
rido pure
a crepapelle
delle sventure
e intanto penso:
non durerà ancora
finisco la scorta
entro sera.
E tutte ste facce
le prenderei a sberle,
“va tutto bene”
riesco anche a dire
con dolcezza
a chi è un po’ giù.
E ci credo davvero,
Perché vorrei essere
chiunque di loro
anziché me.
Poi
accade qualcosa
o forse proprio nulla.
Infatti:
non accade nulla,
cala il sole
e per qualche fenomeno
sovrannaturale,
finisce tutto.
Silenzio.
e buio.
Ho faticato
sudato
sputato
taciuto
spiegato
curato
corso
saltato
e nel nulla
puff. Tutto finito.
Mi raccolgo e mi dico:
“Che fatica
essere me”.
E so che il mondo
mi dà ragione.
E in questa ragione
universale, trovo
un po’ di pace
mi spengo nel sonno,
l’unica azione
di cui son davvero capace.
E la più bella.
La notte mi culla,
mi fa scordare
i momenti più brutti.
È questo il segreto
della libertà:
dimenticare
di cosa si è fatti.
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“Ogni vita è una specie di iceberg narrativo di cui gli altri scorgono solo la parte visibile, mentre tre quarti se ne stanno nascosti sotto il pelo dell’acqua e non se ne accorge mai nessuno, a volte non te ne accorgi nemmeno tu. Ma è proprio la parte che sta sotto a sostenere e orientare tutto il resto, come la chiglia di una nave. Sapere chi siamo significa conoscere la parte che ci sostiene, quella che contiene la sala macchine, custodisce il motore, tutto ciò che riesce a spingere in avanti la nave delle nostre vite, a evitare gli scogli, senza accontentarsi di farla, semplicemente, galleggiare. Le brutte notti sono quelle in cui sei a casa da solo, non riesci a dormire, ti tiene sveglio la sensazione che stia per succedere qualcosa, cambiare tutto. La cosa che sta per cambiare è che ogni giorno è diverso, ma ogni giorno sei diverso anche tu, mentre la parte nascosta là sotto, per fortuna, resta sempre uguale, la parte là sotto non la tocca niente. L’importante è non credere nemmeno per un istante che quel che vedono gli altri, nel bene o nel male, sia tutto quel che sei, e non credere che quel che invece gli altri non vedono valga meno, soltanto perché non lo vedono. Non è importante se nessuno lo vede, o se lo vedono in pochi, tu quella parte rispettala, difendila, sentila, proprio come l’aria che ti entra nei polmoni ogni giorno, ogni secondo, che nessuno vede nemmeno quella, così come non vedranno mai il tuo stomaco, o il tuo fegato, o i battiti del cuore, mentre sono proprio questi a tenerti in vita.”
— Matteo Bussola, “La vita fino a te”.
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Coraggio
Ci sono sere
più buie di altre
che manca l’estate,
che metto da parte
l��orgoglio, le vite passate,
che serve coraggio,
tanto coraggio,
e per cercarlo
respiro, esco
e non parlo.
Se è pieno di vita
questo mio corpo,
io non lo so.
Però so per certo
che l’anima è priva
del coraggio che serve
per trovare vita
dove non c’è.
E ancor più per vederla,
quando ce n’è.
Se questa è vita,
è vita sprecata,
perché mai capìta:
anni di sguardi, sorrisi, persone
per giungere qui,
a dubitare
che siano esistiti.
Sorge la luna,
cresce il respiro
muta gioisco
di non esser guardata.
Lo sguardo va dentro
e mi ferisco.
Ho l’anima ingrata,
debole e liquida.
Trafiggo il mio cuore,
vibra il mio stomaco.
raccolgo gli scarti
di ciò che rimane.
Mi manca il coraggio
di farli sparire
di dire
che tutta la vita che c’è
non è affatto vera,
è tutta inventata,
promessa futura
tanto ostentata
da chi pensa d’essere
d’aiuto per me.
Il vero coraggio
si vede da questo:
da quanto
fai presto a buttare
gli scarti di vita.
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Eterna cura
(Venezia)
In sere come questa,
con le membra stanche
il respiro pesante,
la mente dissestata
dal troppo pensare,
una sola è la cosa da fare:
prendo l’unica corriera diretta.
Ammiro, già dal ponte
le piccole luci.
Venezia mi aspetta.
Scelgo lei
come amica più fidata:
basta una passeggiata,
le porto e poi le svelo
segreti miei e sconforti
li lascio sparpagliarsi
nei campi e nelle calli.
Venezia è dama onesta,
discreta, non fa torti.
Scelgo lei
che ama l’equivoco,
la quieta stravaganza,
si traveste e poi si spoglia,
leggera galleggia
mentre l’acqua danza
a ritmo cadenzato.
Ricorda a me e al mondo
che anche barcollando
si può stare in piedi
e senza alcun appoggio
la vita nasce e scorre.
Tutto fluisce ma, lei, resta.
Sarà forse il bisogno
di ogni essere umano
di alleviar le pene
a mantenerla a galla,
a darle eternità?
In sé racchiude
autentica bellezza,
innata facoltà
di togliere il fiato, di suscitare
stupore e meraviglia
nel viaggiatore
o, ugualmente,
nell’uomo che vi è nato.
Sgrano gli occhi
e poi, commosso,
dono a questo rio
una lacrima sincera:
goccia del sublime
che sfugge alla ragione.
Un barchino passa
nel calmo rio sottile,
ma ben presto
di lei non v’è più traccia.
Come del tormento
che da lei mi ha portato.
Ancora una volta,
Venezia mi abbraccia.
Placa con dolcezza
ogni mio lamento,
mi penetra nell’anima,
guarisce ogni ferita.
Le lascio un’emozione,
mi dona nuova vita.
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Ma viene un momento, certe volte, che una ha paura del tempo che passa, e non sa se val più la pena correre tanto. A te succede?
C. Pavese
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Alla malinconia.
Fuggendo da te mi sono dato ad amici e vino,
perché dei tuoi occhi oscuri avevo paura,
e nelle braccia dell’amore ed ascoltando il liuto
ti dimenticai, io tuo figlio infedele.
Tu però in silenzio mi seguivi,
ed eri nel vino che disperato bevevo,
ed eri nel calore delle mie notti d’amore,
ed eri anche nello scherno, che t’esprimevo.
Ora mi rinfreschi le mie membra sfinite
ed accolto hai nel tuo grembo il mio capo,
ora che dai miei viaggi son tornato:
tutto il mio vagare dunque era un cammino verso di te.
Herman Hesse
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Amo
Amo
tutti i limiti della tua anima.
Amo
i tentativi che fai
per superarli.
Amo
lo sguardo che hai
quando non riesci
Amo
i denti stretti
se resti concentrata.
Amo
il tuo sorriso
quando ti accorgi
che in ogni tua sfida
ti sono accanto.
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Vorrei farti provare
Vorrei farti provare
Me, quella di adesso.
Sentire cosa, quanto, fino a dove c’è
da abbracciare.
Farti stupire
di quanto sarebbe feroce
il calore
se solo provassi a rientrare.
Vorrei farti vedere
come mi muovo,
come sto comoda, lo stesso,
anche senza i cuscini
che tenevo tra le ginocchia,
per ammortizzare.
Ora no, quella difesa
non serve più.
Perché so difendermi da sola,
a parole,
e ho smesso
di tradire me stessa:
di farmi tradire.
Vorrei farti capire
cosa significa
meritarmi,
quanto sia eccitante
avermi lì accanto
perché è ciò che voglio
e non soltanto
perché non ho paura
di restare sola
con me.
Vorrei farti toccare
il vero volto del piacere
ma... dimenticavo
che tu il mio viso
non lo sfioravi mai.
Tutti questi vorrei, ma poi
se tu mi invitassi a uscire
penso che rifiuterei:
sono diventata brava
a snobbare
chi mi vuole tentare.
È che in fondo sono rimasta buona
e solo per te,
ancora una cosa, la vorrei:
vorrei farti provare.
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Che ti amo
Che ti amo
già lo sai,
e lo sapevi, dici,
ancora prima di incontrarmi.
E non fai caso
se per me non è lo stesso,
mi trovo ad annusare
la tua sufficienza,
e dalla tua pelle,
sotto le mie carezze
sento trasudare
focosa vanagloria.
In quei momenti, sai,
ti odio anche,
un po’;
i miei occhi perdono luce,
smetto di anelare
amore e le tue labbra,
mentre, dalle mie,
si arresta la mia voce.
Di me ti lascio
soltanto un grande specchio
lucido e pulito
che nutre e disseta
la tua vanità.
Ma sarà solo per poco
perché poi smetto,
prosciugherò la mia fonte
per farti morire di sete:
legittima difesa.
Così, al tuo posto
a tavola, in un vaso,
metterò un fiore,
il bellissimo narciso,
e brinderò con lui.
Fino al momento in cui
non ti amerò di nuovo.
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“The monotony and solitude of a quiet life stimulates the creative mind.”
— Albert Einstein
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Your anxiety does not define you.
Books - https://debbietung.com/books
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