A volte a nostra insaputa ci troviamo diretti verso un precipizio... di Pippo Sardà
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Cap. 2 - Malco
Alle 4 di un banale giovedì pomeriggio Malco era in fila davanti ad una bakery nel piazza centrale di Nîs, osservava la gente che camminava e ancora non si capacitava di come potesse aver accettato di partire per una missione in quel paese così grigio, così malinconico, così lontano dall’atmosfera “romana”.
Era partito a seguito della tanto auspicata destituzione di Slobodan Milošević e la conseguente consegna al tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia il 28 giugno 2001. Da ottobre 2001 era responsabile delle attività sul campo di una nota organizzazione umanitaria. Appena arrivato aveva seguito due progetti per la distribuzione di ‘pacchi umanitari’ ai bambini che avevano perso i genitori, poi dopo essere stato promosso a capo missione e era stato costretto a rinunciare a quelle attività operative che tanto gli davano soddisfazione per occuparsi solo degli aspetti amministrativi. In sintesi, quel lavoro sul campo che tanto lo entusiasmava e che lo aveva spinto a partire quindici anni prima si era trasformato in un grigio lavoro di compilazione di formulari per attivare nuove progetti e di monitoraggio della ricaduta dei fondi investiti.
“Pane?” la voce del banchista lo distolse dai suoi pensieri
“Si, grazie” rispose sorridendo
Il suo iPhone 6S cominciò a vibrare..
“Luciaaa.. che piacere sentirti”
“Malco caro, come stai?”
“Bene, bene … che si dice a Fregene?”
“Malco.. Carola è con te?”
“Carola? No, ovvio. Sta a casa, l’ho sentita qualche giorno fa”
“Malco, Carola non si trova.. non si trova”
Malco rimase immobile. Si portò il dito medio alla bocca e cominciò a torturarsi le unghie.
“Ecco a lei” disse il banchista mentre poggiava il filone sul banco.
Malco esitò. Lucia continuava a parlare al telefono come anche il banchista con la pagnotta in mano.
“Sarà andata da qualche amica” disse
“Lucia, stammi bene a sentire, Carola le fa queste cose, lei parte, torna, esce.. sempre stata una donna indipendente...incasinata. Sempre fatto così. Non ti allarmare. Ora provo a chiamarla e poi ti aggiorno”
“Malco penso sia il caso che tu torni” disse Lucia
“Si. Certo. Tempo di organizzarmi e prendo il primo aereo utile”
In realtà Lucia non aveva voluto dare altri particolari al povero Malco, non aveva voluto dirgli che avevano trovato la porta di casa semi aperta, che la macchina di Carola era ancora davanti al cancello e che il suo cellulare era ancora sul comodino.
Forse anche lei voleva aggrapparsi all’ottimismo fiducioso di Malco.
Intanto Malco con passo veloce si avviò verso il palazzo dove abitava. La sua casa era al terzo piano di un casermone di quelli fatti dal partito comunista quando ancora comandava in Serbia. Bianco, senza balconi, severo, imponente e al centro di una piazza che dominava.
Incrociò qualche condomino che, come sempre, andò dritto per la sua strada senza salutare. Arrivo al portone di casa che più che una casa era un ufficio: nel soggiorno due scrivanie nere con computer, una stampante e un mobile basso lungo la grande finestra alle spalle delle scrivanie. La porta sulla parete di destra dava su un salottino in stile liberty con la tv e in fondo una seconda porta per accedere alla camera.
Dopo 20 minuti era in un taxi che lo stava portando a Belgrado da dove poi sarebbe rientrato a Roma. La macchina filava veloce e la radio del tassista di sottofondo era una colonna sonora casuale alle immagini della sua infanzia con Carola che si sovrapponevano in ordine sparso.
Troppo tempo aveva passato lontano da tutti; troppi i giorni, i mesi e gli anni così che piano piano aveva sedimentato un barriera di incomunicabilità con tutti: famiglia, amici e Carola. A forza di rimuovere, di distrarsi, aveva reciso le sue radici rendendolo un uomo libero ma forse solo.
Le voleva bene e sicuramente Carola voleva bene a lui, eppure era come se invitati ad una festa entrambi si fossero infine seduti lontano, il caos della festa, come la vita, poi aveva fatto il resto. Si volevano un gran bene e sapevano bene nel loro inconscio che limitare gli incontri e diradare le telefonate rappresentava un delicatissimo atto d’amore teso a non alimentare rimorsi vari.
Gli dispiaceva tanto. Troppo. Non poteva accettare che le fosse successo qualcosa perché prima doveva parlare, doveva avere il tempo di scusarsi, doveva avere la possibilità di cominciare a mettere ordine nella sua vita a cominciare dalla sua famiglia. Una possibilità non era niente e piano piano di convinse che sicuramente il buon Dio gliela avrebbe concessa.
Con un sorriso tipico di chi cerca di convincersi con tutte le sue forze che alla fine il bene vince sempre, arrivò in Aeroporto dopo 2 ore circa. Puntò il banco Alitalia e prese il primo biglietto utile.
Quando l’aereo staccò i carrelli dal terreno era già notte.
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Cap. 1 - Carola
Alle 8 in punto qualcuno suonò alla porta. Era marzo e faceva freddo, una di quelle sere in cui le strade di Fregene erano deserte già dalle 6. Eppure non si era sbagliata, qualcuno aveva suonato. Strano. Interdetta e titubante si avvicinò alla porta
“Chi è?” disse con voce decisa e leggermente aggressiva
“Signora, è un pacco Amazon”
Non appena ebbe sentito la parola, “Amazon”, si rilassò e un leggero fremito gioioso le salì dallo stomaco: era arrivato! Finalmente anche lei avrebbe avuto il suo monopattino elettrico. Per carità amava fare sport e soprattutto correre, ma un monopattino le avrebbe finalmente permesso di scorazzare su è giù per Fregene senza dover per forza prendere la macchina.
“Un attimo, mi copro e le apro” disse sorridendo
Fece per andare a prendere la giacca ma d’improvviso si bloccò
“Siamo sicuri che quello alla porta sia davvero un corriere di Amazon?” disse fra sè e sè.
Lentamente tornò indietro, aprì lo spioncino e con estrema lentezza e avvicinò l’occhio alla porta. Vide un uomo adulto, sui 50, capelli brizzolati, media altezza, media stazza e occhi neri pungenti che fissavano lo spioncino. Lei fissava lui e lui, senza saperlo, fissava lei. Che fare?
“Scusi ma è sicuro che il pacco sia per me?”
“E’ indirizzato a Carola Paternò, via Cupra Marittima 46ƒ”
“Si. Sono io”
Con un gesto risoluto aprì la porta e si trovò di fronte quell’uomo che continuava a fissarla serio. Un brivido le corse lungo la schiena.
“Perchè ho aperto?”
“Sono stata stupida”
Quell’uomo, serio e risoluto, subito le fu vicino e senza dire altro mise il pacco ai suoi piedi; le chiese di firmare su una sorta di tablet e, veloce come era arrivato, si girò e sparì nel buio.
Non era successo nulla, proprio nulla, eppure lei si era letteralmente cagata sotto. Rientrò in casa, chiuse la porta con diverse mandate e pensò che forse troppi film dell’horror le avevano alterato la capacità di decodificare la realtà.
Si rimise al PC e continuò a mettere in ordine il sito del B&B che gestiva per una sua amica. Aveva avviato questa piccola attività di Web Designer contemporanea mente il trasloco a Fregene e piano piano da semplice curatrice del proprio blog per hobby, era diventata una web specialist ricercata. Mondolibero.com era il sito che più le dava soddisfazione: un wordpress senza tante pretese che però riusciva a piazzarsi quasi sempre nella prima pagina di Google nelle ricerche dei turisti che volevano prenotare a Roma.
Dopo circa 2 ore passate a fissare immagini, codici, gif... alzò lo sguardo verso le pareti della casa che la circondavano in cerca di qualcosa che potesse donarle una qualche emozione. Dopo qualche secondo di esplorazione trovo quello che andava cercando.
Era l’immagine di un gruppo di surfisti che sorridenti ammiccavano verso la macchina fotografica: tutti in costume, con il surf bene in vista. La fissò intensamente e un ampio sorriso le illuminò il viso. Poi distolse il suo sguardo che di nuovo tornò al codice html del sito del B&B.
Si mise a correggere due titoli <H2>, poi piazzò un <div> in basso vicino al footer ma di nuovo lo sguardo si posò su quella foto alla parete. Non era serata di lavorare.
Si alzò, spense il computer e andò verso la camera. La casa era fredda. Il letto sfatto. Da fuori solo la luce argentata della luna che filtrava da una tapparella mezza tirata su. Accese la TV mise il volume a 25 e si stese sul fianco per dormire.
Al secondo “Capra, Capra” di un arrabbiato Vittorio Sgarbi che litigava con un conduttore su un’emittente privata, si addormentò sorridendo per le parole del famoso critico d’arte che echeggiavano nella stanza.
“Carola, ci sei?”
Lucia continuava a chiamare a voce alta mentre varcava la porta semiaperta del piccolo appartamento di Carola.
Lucia gestiva con il marito un bed&breakfast vicino al mare. Aveva rilevato la casa di Alberto Scrocca, un vecchio contrabbandiere di sigarette che dopo una vita di bagordi e avventure truffaldine non aveva avuto il cuore di mettersi a spacciare la droga e si era ritirato proprio a Fregene. La casa di Alberto si prestava molto ad essere una struttura ricettiva e quella frase 'mondo libero' scritta con il pennello blu su un muro dallo stesso ex proprietario, dava alla struttura un'atmosfera bohémien. Mondo Libero fu il nome che Lucia scelse per il B&B e poi anche il nome di dominio per il sito web che volle poi dare in gestione a Carola.
“Sei qui?” disse mentre entrava nel salotto
“Allora sei qui?” mentre entrava in cucina
“Sei in bagno?”
La casa era deserta. Il letto leggermente disfatto, la tapparella della camera mezza aperta e il sole che filtrava dalle inferriate. Attraversò velocemente salotto, cucina, camera e bagno. Uscì in strada, quindi rientrò di nuovo una seconda volta. Poi una terza ed una quarta.
Prese il telefono e con un sospiro di sollievo si disse “Che stupida ma perchè non ho chiamato prima!”
“ok google. Chiama Carola”
L’assistente vocale del suo smartphone subito selezionò l’unica Carola presente nella sua rubrica e compose il numero.
Il telefono squillava ma Carola non rispondeva. Attaccò e riprovò una, due, tre volte. Niente. Lucia cominciava ad essere preoccupata. Non riusciva a decidere sul da farsi. Pensierosa si accasciò sul divanetto del soggiorno, riprovò a chiamare sul cellulare ma poi guardando con più attenzione sulla libreria notó il cellulare illuminato di Carola lasciato senza la suoneria attiva. E la preoccupazione aumentò ancora di più.
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