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Ecco la foto più grande mai scattata da Hubble
Un gruppo internazionale di astronomi ha diffuso la più grande immagine mai realizzata dal telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA, che permette agli astronomi di mappare le regioni dove si formano le stelle e di scoprire come hanno avuto origine le prime e più lontane galassie dell'Universo. Utile per webb. La fotografia è stata scattata nell'"infrarosso vicino", vale a dire ad una lunghezza d'onda molto vicina a quella che i nostri occhi possono vedere, ma che non riescono ancora a percepire. L'immagine, denominata 3D-DASH, è ad altissima risoluzione e ciò permetterà al telescopio James Webb, lanciato a dicembre 2021 e arrivato nella sua destinazione definitiva qualche mese più tardi, di puntare il suo occhio su obiettivi molto lontani e unici. Un'anteprima dell'articolo che sarà pubblicato su The Astrophysical Journal è disponibile su arXiv. . Spiega Lamiya Mowla, della Facoltà di Arti e Science's Dunlap Institute for Astronomy & Astrophysics presso l'Università di Toronto e autore principale dello studio: «Dal suo lancio, avvenuto più di 30 anni fa, il telescopio spaziale Hubble ci ha permesso di studiare e di capire, almeno in parte, come sono cambiate le galassie negli ultimi 10 miliardi di anni. Il programma 3D-DASH permetterà di andare oltre e svelare i misteri che fino ad ora non siamo riusciti a comprendere». Le prime galassie. Grazie all'uso dell'infrarosso, l'occhio di Hubble è in grado di osservare le prime galassie che si formarono nell'Universo e che oggi risultano essere le più lontane.. Questo perché l'infrarosso stesso riesce a "penetrare" tra le polveri dell'Universo e a catturare la luce delle galassie primordiali che risulta, a causa del veloce allontanamento delle galassie stesse, come "stirata", facendo passare nell'infrarosso lunghezze d'onda del visibile. E ora? Fino ad oggi immagini che racchiudono un campo così vasto dell'Universo (paragonabile a circa 6 volte la dimensione della Luna piena vista da Terra) erano state realizzate solo dalla Terra, ma possedevano una risoluzione piuttosto bassa. Quanto ha realizzato Hubble permetterà di puntare l'occhio del Webb Telescope su galassie lontanissime molto massicce oppure su buchi neri molto attivi o su galassie che sono sul punto di scontrarsi tra loro e fondersi in una sola. Con questa immagine, dicono gli astronomi, si darà il via ad un nuovo dello studio dell'universo.. from Focus.it - Scienza https://ift.tt/cia14mH
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Anche il cervello ci fa ingrassare
Quanti tipi di grasso esistono? Sono tutti pericolosi? Come si innesca il meccanismo che porta alla formazione di tessuto adiposo? Ingrassare è solo un problema di volontà? In questa infografica tutte le ultime novità, con le curiosità e i numeri da tenere d'occhio, su quella che è stata a lungo considerata una "malattia dello stile di vita": l'obesità.. from Focus.it - Scienza https://ift.tt/KywYJn6
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Perseverance su Marte: inizia la fase cruciale
Il 28 maggio il rover della NASA Perseverance ha ispezionato con attenzione una roccia alla base di quello che un tempo era un delta fluviale, all'interno del cratere marziano Jezero. Nella foto che documenta l'impresa si nota soltando un'impronta tonda nei sedimenti fini del Pianeta Rosso, ma quel "bollino" ha una grande importanza: significa che Perseverance ha iniziato a fare quello per cui è stato mandato su Marte, e cioè cercare tracce di vita passata nella parte terminale di quell'antico fiume.. Si aprono le danze. Gli esobiologi della missione attendevano con impazienza l'arrivo del rover nel delta fluviale, l'area più interessante per la ricerca di tracce di vita: sulla Terra, i sedimenti depositati dai fiumi pullulano di microrganismi e si spera che qualcosa di simile possa valere per il passato di Marte. Prima di spingersi fino alla base del delta, Perseverance - su Marte da febbraio 2021 - ha esplorato il fondo del cratere Jezero dove ha trovato rocce ignee, un tipo di minerale che si forma dal raffreddamento di materiale fuso e che permette di ricavare datazioni precise, sulla base del decadimento dei materiali radioattivi negli elementi che compongono le rocce.. Antichi sedimenti. Lo scorso aprile Perseverance si è spinto fino alla base del delta dell'antico fiume, dove ha trovato due tipi di rocce: le argilliti, rocce grige sedimentarie a grana molto fine che si formano per la lenta stratificazione dei sedimenti di un fiume o di un lago; e l'arenaria, a grana più grossolana, depositata da acque che scorrono più rapidamente. Come spiegato su Nature, queste rocce, che si trovano in una regione detta Enchanted Lake, sono già ottimi obiettivi per studiare la varietà delle potenziali antiche forme di vita marziana, ma Perseverance si è spinto poi in un'area ancora più interessante detta Hawksbill Gap, dove sta lavorando attualmente. L'area circolare di recente abrasione è stata scavata in uno degli strati di roccia più profondi del delta fluviale, ossia una delle rocce più antiche.. Difficile scelta. Il delta si trova sollevato di una quarantina di metri rispetto al fondo del cratere. Nei prossimi mesi, Perseverance percorrerà questo dislivello per grattare la superficie di altre rocce e capire quali siano le più importanti da campionare. Sulla via del ritorno si fermerà per perforare quelle prescelte e conservarne alcune parti. Gli ingegneri di NASA ed ESA pensano di sigillarne una trentina in altrettanti tubi spessi come una matita che il rover disseminerà sulla superficie marziana in attesa che una futura missione li riporti a Terra. I campioni potrebbero essere depositati in una regione piatta e con poche rocce tra Enchanted Lake e Hawksbill Gap, ossia dove si trova ora Perseverance, nel sito di atterraggio ideale per future missioni marziane.. Un rientro a tappe. A settembre la NASA chiamerà a raccolta gli scienziati planetari per capire se i campioni abbiano un valore scientifico tale da giustificare una costosa missione per riportarli a Terra (che dovrebbe includere due lander, uno con un rover per raccoglierli e uno con un razzo per rispedirli in orbita marziana, dove saranno prelevati da un'altra navicella). Tutto questo potrebbe non avvenire prima del 2033, ma non c'è fretta: i tubi di campionamento di Perseverance sono pensati per resistere alle condizioni marziane per decenni.. from Focus.it - Scienza https://ift.tt/YzDBNuC
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Un risultato inatteso in uno studio sul cancro
Negli studi farmacologici sono i grandi numeri a fornire i risultati più attendibili. Ciò nonostante, a volte, anche un trial di piccola scala può infondere una generosa dose di speranza. Ne è un esempio una ricerca presentata al meeting annuale dell'ASCO (American Society of Clinical Oncology), il più importante appuntamento scientifico per l'oncologia medica: 12 pazienti affetti dallo stesso tipo di cancro, un tumore del colon-retto localizzato, hanno assunto lo stesso farmaco (un anticorpo monoclonale), e sono andati tutti quanti in remissione completa. Ogni paziente coinvolto è guarito, almeno provvisoriamente, dal tumore - un risultato che non ha precedenti nella storia della ricerca oncologica.. Al di là delle aspettative. Lo studio che è stato sponsorizzato dalla casa farmaceutica GlaxoSmithKline è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine. Anche i test clinici più riusciti prevedono diversi gradi di efficacia nei pazienti coinvolti: mai prima d'ora si era arrivati alla scomparsa completa del cancro in tutti i partecipanti, certificata per almeno sei mesi (e in un caso fino a 25 mesi) da diversi esami clinici (PET, endoscopia, risonanza magnetica). Tant'è che tutti i pazienti arruolati avevano predisposto un piano B nel caso in cui il farmaco non fosse stato efficace: eppure, nessuno ha avuto bisogno di ulteriori trattamenti.. Immunoterapia. Il medicinale in questione, il dostarlimab, è un anticorpo monoclonale (un tipo di molecola sintetizzata in laboratorio e progettata per riconoscere e neutralizzare un unico, specifico antigene) che fa parte della classe dei cosiddetti inibitori del checkpoint immunitario: questi farmaci tolgono il freno alla risposta immunitaria, rendendo visibili le cellule tumorali alle difese naturali dell'organismo che le trovano e le annientano. Il farmaco - costa 11 mila dollari a dose - è stato somministrato per infusione ai partecipanti ogni tre settimane per un totale di sei mesi. Di solito una percentuale non trascurabile di pazienti (uno su cinque) riporta effetti collaterali in risposta a queste terapie, come debolezza muscolare o difficoltà a deglutire. Incredibilmente, nessuno dei partecipanti ha accusato malesseri. Potrebbe dipendere dal numero troppo ridotto di soggetti, oppure dal tipo di tumore: finché i risultati non saranno replicati questo aspetto rimarrà da chiarire.. Come è nato lo studio. Nel 2017 Luis A. Diaz Jr., autore dello studio e direttore della divisione di oncologia su tumori solidi del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, aveva già sperimentato un farmaco analogo su 86 pazienti con vari tipi di cancro metastatico. In quel caso i partecipanti avevano diversi tipi di tumori ma con una caratteristica comune: una stessa mutazione genetica che di norma impedisce alle cellule di riparare i danni al DNA. Questa mutazione si presenta nel 4% dei pazienti oncologici. Dopo un anno o due di assunzione di pembrolizumab, un altro anticorpo monoclonale prodotto dalla Merck, il 10% dei pazienti era guarito e nella metà dei casi si era stabilizzato. Così Diaz si è chiesto che cosa sarebbe accaduto iniziando il trattamento con largo anticipo, prima che i tumori potessero diffondersi ad altri organi. Sono stati selezionati quindi pazienti con tumori del colon retto localizzati all'intestino o ai vicini linfonodi, caratterizzati dalla stessa mutazione dei pazienti dello studio del 2017.. Scommessa vinta. In una porzione di questi pazienti la chemioterapia ha scarsa efficacia. L'intento di Diaz era fornire un'alternativa alla prassi clinica tradizionale (chemioterapia, radioterapia, chirurgia). Trovare uno sponsor è stato un'impresa: nessuna casa farmaceutica si sentiva di sostenere economicamente un trial potenzialmente rischioso su pazienti che avrebbero potuto essere curati con uno standard terapeutico più collaudato. Alla fine il "sì" è arrivato da una piccola azienda di biotecnologie, la Tesaro, che è stata poi acquistata da GlaxoSmithKline.. Davvero guariti? In un editoriale abbinato al paper, la ricerca è stata definita "piccola ma significativa". Sarà necessario replicare i risultati su una schiera più nutrita di pazienti per essere certi di poter parlare di successo senza ombre. Per ora documentiamo un risultato storico, anche se - almeno per ora - provvisorio: non è chiaro quanto tempo sia necessario per capire se una risposta clinica completa al farmaco somministrato si traduca in una cura vera e propria. Per ora in nessun caso il cancro si è ripresentato: bisogna capire se questa si possa definire a voce alta, guarigione.. from Focus.it - Scienza https://ift.tt/xYg5MD7
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Che cosa fare per prendere le decisioni giuste?
Prendere delle decisioni, soprattutto se diffcili, non è mai... facile. L'incertezza ci paralizza e in questi casi di solito scegliamo (sì: anche questa è una scelta!) di non agire, in attesa che qualcosa succeda, indicandoci la direzione. Il dubbio. Come ben sanno gli scienziati cognitivi, le scelte sono influenzate da come i dilemmi vengono presentati: se per esempio si fa assaggiare a un gruppo di persone una bistecca dicendo che ha il 75% di carne magra o invece si dice che il 25% è formato da carne grassa, il giudizio degli assaggiatori cambia: nel primo caso viene ritenuta più gustosa. È il classico caso del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.. ansia da decisioni. Ma come mai è così facile farsi ingannare? La risposta è sempre quella: il cervello cerca scorciatoie. Un esperimento condotto alcuni anni fa con la risonanza magnetica su persone che dovevano scegliere tra due alternative identiche, che però venivano presentate in modo diverso, ha provato che chi riconosce questo inganno ha una forte attività nella corteccia frontale (la sede del ragionamento) che si sovrappone all'attività dell'amigdala, il centro che governa le emozioni e che risponde velocemente di fronte alle scelte. Insomma, per non lasciarsi ingannare dal modo in cui vengono presentate le cose, il cervello deve fare uno sforzo che consuma energia.. I pro e i contro. La studiosa inglese Ruth Chang, docente di filosofia a Oxford, contesta la teoria classica su come comportarsi di fronte alle scelte, quella che decreta che in caso di decisioni difficili bisognerebbe procedere esaminando i pro e i contro. Ovvero: va scelta l'alternativa che ha più pro e se i pro di entrambe le possibilità sono ugualmente forti non resta che tirare a sorte, mentre se i pro delle due scelte sono incomparabili tra loro allora bisognerebbe scegliere in modo irrazionale, ovvero di pancia (non sono confrontabili, per esempio, alternative come unirsi a un gruppo militare per salvare la propria patria da un invasore o restare accanto a un parente malato).. Prendere impegni. Ma, secondo la studiosa, c'è qualcosa di diverso che possiamo fare: creare noi stessi nuove ragioni per preferire una scelta all'altra. Come? Mettendo impegno e volontà nella decisione: il fatto che voglio sposare proprio quella ragazza perché sono pronto a impegnarmi per questo matrimonio; oppure che preferisco dipingere o calcare il palcoscenico invece di scegliere una professione ben pagata perché so che il mio impegno in questo lavoro mi darà soddisfazione. Gli impegni sono fonti di ragioni, sostiene Chang. Non ci vincolano nelle decisioni e non rendono le scelte definitive (dopo aver deciso di sposare proprio quella persona si può ancora avere un ripensamento, ovviamente), però ci rendono possibile scegliere.. from Focus.it - Scienza https://ift.tt/GjhL7n2
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Il nuovo ciclo solare è più intenso del previsto
Come accade per la meteorologia terrestre, anche quella spaziale e soprattutto la solare, devono compiere ancora passi in avanti prima di arrivare a formulare previsioni "infallibili". Ancora una volta, infatti, un ciclo solare (quello attuale, il numero 25) sta superando le previsioni che erano state elaborate dal principale centro di "previsioni spaziali", il NOAA (Nationale Oceanic and Atmospheric Administration) degli Stati Uniti. Che cosa sono i cicli? Innanzitutto vale la pena ricordare che i "cicli solari" sono periodi della durata media di 11 anni, durante i quale si registrano un aumento e una diminuzione del numero di macchie presenti sulla superficie della nostra stella. Le macchie solari sono aree della superficie del Sole più fredde di quelle circostanti e da qui il motivo per cui appaiono più scure e assomigliano a macchie). . Inoltre non tutti i cicli sono uguali: alcuni durano di più, altri di meno, ma soprattutto alcuni fanno registrare un numero molto più consistente di macchie solari rispetto ad altri. Il numero delle macchie solari registrate sul Sole nel maggio 2022, infatti, è più che raddoppiato le previsioni dell'Ente di ricerca americano, ponendo le basi per un massimo solare piuttosto intenso per l'inizio del 2025. Nell'aprile del 2019, in occasione dello Space Weather Workshop, un importante meeting organizzato dal NOAA, gli astrofisici solari avevano previsto una ripresa assai debole del venticinquesimo ciclo solare e una durata molto lunga del minimo compreso tra il ciclo 24 e il 25. Tutto il contrario. Invece, non sta accadendo nulla di tutto ciò: il minimo tra il ciclo 24 e 25 è risultato nella media e il ciclo 25 si sta manifestando con una intensità media analoga a quella degli altri cicli o soltanto leggermente inferiore.. I meccanismi che regolano questi fenomeni sono ancora da comprendere nei dettagli, ma è certo che vi è una forte connessione tra campi magnetici e macchie solari. L'ipotesi formulata a fine 2019 prevedeva che il ciclo successivo (cioè l'attuale) sarebbe stato molto simile al "Minimo di Maunder", che avvenne tra il 1645 e il 1715 e vide una drastica riduzione di macchie solari che, secondo alcuni ricercatori, potrebbe aver avuto conseguenze anche sul clima terrestre. Le osservazioni attuali saranno utili per chi lavora nel campo delle previsioni spaziali, potranno aiutare a capire come mai le previsioni che erano state formulate siano risultate poi così inattendibili, contribuendo comunque a comprendere meglio "come funziona" il nostro Sole.. from Focus.it - Scienza https://ift.tt/VoCN6ZR
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Voglio una dieta equilibrata
Chiamiamola dieta metabolica: dopo aver seguito per anni l'alimentazione conta-calorie, oggi sappiamo che quando mangiamo si attivano risposte ormonali e metaboliche che sono le dirette responsabili degli effetti di qualsiasi dieta. Non basta insomma un singolo nutriente a garantirci la salute o a rovinarcela. E ora, conoscendo meglio quel che succede nell'organismo anche al di là del bilancio energetico, possiamo seguire regimi alimentari più consapevoli, in cui si presti pure maggiore attenzione alla qualità dei cibi.. Nemico zucchero. Un esempio di ciò che è cambiato studiando il metabolismo degli alimenti? Il nuovo sguardo sui carboidrati, grazie alla scoperta del canadese David Jenkins dell'indice glicemico, cioè della capacità di ciascun cibo di innalzare la glicemia e indurre la produzione di insulina, l'ormone deputato a gestire l'utilizzo del glucosio, la principale "benzina" dell'organismo. Gli alimenti con un alto indice glicemico, per esempio gli zuccheri semplici contenuti in zollette e dolciumi, vengono assorbiti rapidamente e danno un picco immediato di glicemia e insulina, ma altrettanto velocemente vengono tolti di mezzo così, dopo poco, c'è un calo di energia e torna la fame; gli alimenti con un basso indice glicemico, come i vegetali, i legumi e i carboidrati complessi di pasta e pane, si assorbono invece lentamente e senza scossoni metabolici e di appetito.. La macchina-corpo è fatta per funzionare meglio con questi ultimi, e per questo nelle diete dimagranti di oggi vengono tolti gli zuccheri aggiunti (eliminando la zolletta dal caffè ma anche limitando i tanti cibi industriali dove si nascondono, come le salse o i prodotti pronti), e si dà la preferenza ai carboidrati complessi, meglio se associati alle fibre dei vegetali, per ridurre ancora di più i picchi di glicemia. Carboidrati semplici. Sono questi ultimi che, alla lunga, oltre a impedirci di dimagrire, scompensano il metabolismo e la salute, come sottolinea Andrea Ghiselli, presidente della Società Italiana di Scienze dell'Alimentazione: «In passato non sapevamo, per esempio, che un'alimentazione troppo ricca di carboidrati semplici porta i tessuti a diventare resistenti all'insulina e che ciò sviluppa infiammazione, fattore di rischio per malattie croniche come il diabete e i tumori».. Così, siamo usciti dall'ossessione dei grassi, ma non per questo riusciamo a resistere ai regimi alimentari che mettono all'indice alcuni nutrienti o intere categorie di cibi, anzi: oggi è fortissima la tendenza a scegliere quelli che bandiscono il lattosio, il glutine, la carne, i cibi cotti e così via. «I prodotti senza, alleggeriti di zuccheri o di altri nutrienti erroneamente ritenuti dannosi per tutti come il lattosio o il glutine, che invece non fanno danni a chi non è intollerante, sono oggi diffusissimi ma celano un rischio: se pensiamo di avere il via libera nel consumarli rischiamo di esagerare», dice Ghiselli. Mangiare per stress. «Un biscotto senza zucchero, in altri termini, è meno dannoso del suo corrispettivo iper-dolce ma se poi ne mangio cinque, perché non ho la coscienza che sia comunque uno strappo alla regola, alla fine il risultato sarà peggiore». Il richiamo dei regimi alimentari un po' alternativi, però, è irresistibile anche perché, come ha spiegato un recente studio della Ohio State University statunitense, il motore dei nostri errori a tavola oggi è quasi sempre lo stress: in un mondo sempre più complicato e ansiogeno, mantenere il controllo almeno su ciò che mangiamo seguendo diete rigide, anche se bislacche, appare a tanti l'unica opportunità rimasta per gestire le proprie emozioni.. Meglio vegetariani? La dieta senza per eccellenza è però forse quella vegetariana, una scelta alimentare in crescita: secondo il Rapporto Italia 2021 di Eurispes è vegetariano o vegano l'8,2 per cento della popolazione. Una tendenza verde positiva per la salute anche se, come puntualizza Ghiselli, «la pasta e fagioli dal punto di vista nutrizionale è più valida e più vegetariana rispetto a un prodotto lavorato fatto con la farina di fagioli, per esempio, soprattutto se poi il condimento è ipercalorico. Se ci si convince che basti rinunciare alla carne o a tutti i cibi di derivazione animale per stare bene, si rischia di fare un errore».. Qualcosa di simile può accadere innamorandosi del cibo biologico, altro trend attualissimo che, dopo le prime aperture dei negozi specializzati negli anni '90, oggi vede un boom di consumi: se ci sono pochi dubbi che sia una scelta positiva per l'ambiente (si evitano pesticidi, antibiotici, fertilizzanti sintetici od Ogm, si pratica la rotazione delle colture e l'uso di risorse locali), non è altrettanto certo che questi cibi, scelti ormai almeno saltuariamente dall'80 per cento degli italiani, siano per forza migliori per la salute. Mangiare solo bio. Osserva Ghiselli: «Ogni anno i controlli del ministero della Salute trovano pochissimi prodotti non conformi per la presenza di residui dannosi oltre i livelli soglia: è meglio che pesticidi e simili non ci siano, ma se non si mangia bio, viste le rigide regole in vigore, non ci si deve preoccupare».. Ambiente green. Lo conferma una ricerca dell'Università della British Columbia (Canada) che, analizzando i pro e contro del biologico in agricoltura, sottolinea come i vantaggi della scelta bio siano molto evidenti soprattutto per consumatori di Paesi senza regole rigorose sull'uso dei pesticidi: altrove, Italia compresa, il beneficio è più marginale soprattutto se la dieta è sufficientemente varia e ricca di micronutrienti. Anche perché, almeno stando a un'indagine di Altroconsumo su prodotti bio e non, che erano stati acquistati al supermercato, le differenze in termini di micronutrienti come polifenoli delle mele, vitamina C delle fragole o licopene dei pomodori non sarebbero significative: la cura nella coltivazione può portare magari a un prodotto più saporito, perché viene raccolto al giusto grado di maturazione ed è cresciuto su terreni più adatti a quel vegetale, ma il biologico pare una scelta etica più che salutistica. Qual è allora il regime migliore, quello più sostenibile da ogni punto di vista? La dieta mediterranea vera, cioè quella dei nostri nonni, con poca carne e tanta verdura, legumi e cereali: in fondo un ritorno al passato, a quando negli anni '50 Ancel Keys si era accorto di quanto fossero sani gli abitanti del Cilento. ----------------- Articolo tratto dallo Speciale Focus Next 30: Lezioni di piatto, di Elena Meli, pubblicato su Focus 355 (maggio 2022). Leggi il nuovo Focus in edicola! . from Focus.it - Scienza https://ift.tt/U2XeNAL
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È vero che gli astronauti non russano?
Gli astronauti che viaggiano nello spazio russano molto raramente. Non è impossibile, in effetti, russare in orbita, ma è molto difficile che accada visto che, in assenza di peso, le vie aeree sono meno ostruite. Sulla Terra, infatti, si inizia a russare quando la forza di gravità spinge nella parte posteriore del cavo orale la lingua e i tessuti molli della bocca, che vanno a interferire con il passaggio dell'aria nell'esofago. In condizioni di microgravità, invece, la lingua e la mascella restano sospese, anziché rilassarsi verso la gola.. Uno studio del National Institute of Health americano, condotto su cinque astronauti in missione sulla Stazione Spaziale Internazionale, si è interessato alla questione. I soggetti sono stati monitorati prima, durante e dopo la loro permanenza in orbita e si è rilevato come in tutti la roncopatia presente sulla Terra, fosse quasi scomparsa nello Spazio.. Sonno perso. In ogni caso, né la cornice stellata né il cullante ronzio della Stazione Spaziale Internazionale conciliano il sonno del suo equipaggio: gli astronauti soffrono infatti di importanti carenze di sonno, sia durante le missioni spaziali, sia nei mesi precedenti alla partenza. A dirlo è stato un ampio studio di monitoraggio del sonno dei cosmonauti compiuto dalla Divisione di disturbi del sonno e circadiani del Brigham and Women Hospital (BWH), alla Harvard Medical School di Boston (Stati Uniti). La ricerca sottolinea anche un altro dato, più preoccupante: quello del frequente ricorso degli equipaggi a farmaci per facilitare il riposo. -------------------------------- Ogni mese su Focus in edicola trovi centinaia di curiosità nello Speciale Focus Domande&Risposte. from Focus.it - Scienza https://ift.tt/mETSPaL
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Questo è l'ultimo selfie per InSight?
Il robot della NASA InSight, atterrato su Marte nel novembre 2018, si trova oggi completamente ricoperto da uno spesso strato di polvere marziana. Il "selfie" che ha recentemente inviato a Terra sarà con tutta probabilità anche l'ultimo nella missione. In questi giorni InSight produce grazie ai suoi pannelli circa un decimo dell'energia che produceva a inizio missione: quando InSight è atterrato, si legge nel sito che la Nasa ha dedicato alla missione, i pannelli solari producevano circa 5.000 wattora per ogni giorno marziano, o sol, sufficienti ad alimentare un forno elettrico per un'ora e 40 minuti. Ora producono circa 500 wattora per sol, sufficienti ad alimentare lo stesso forno elettrico per soli 10 minuti. Non potrebbe essere altrimenti vista la quantità di materiale che si è accumulata sui pannelli solari negli ultimi 3 anni. . Gli obiettivi. InSight atterrò su Marte con un obiettivo ben preciso: quello di studiare l'interno del pianeta, ricerca che fino ad allora non era mai stata eseguita dalla superficie marziana. Il robot depositò un rilevatore di flusso di calore e un sismometro. Per far funzionare il rilevatore di calore era stata costruita una sonda che sarebbe dovuta entrare nel terreno fino a una profondità di 5 metri. Ma le caratteristiche del suolo impedirono la discesa e quindi non ha mai raccolto dati. Il sismografo invece ha funzionato alla perfezione e ha raccolto centinaia di eventi sismici tra i quali alcuni anche di notevole intensità. . Lo studio del percorso delle onde sismiche ha permesso di avere un'idea più precisa di come è fatto l'interno di Marte: sono stati individuati una crosta, un mantello e un nucleo, e sono stati stimati i rispettivi spessori. Meteo marziano. Tra le strumentazioni di bordo c'è anche un piccola stazione meteorologica che ha regolarmente inviato a Terra dati di temperatura, umidità e forza dei venti. InSight, ed ecco il problema, non è dotato di alcun sistema che permette di pulire i pannelli solari: gli ingegneri della Nasa confidavano nella formazione di piccole trombe d'aria, quelle che gli scienziati chiamano "diavoli di polvere", che passando in prossimità della sonda l'avrebbero ripulita dalla polvere, ma questo non è quasi mai accaduto. . E adesso? Adesso è probabile che il braccio utilizzato per realizzare il selfie venga posizionato a formare una "V" capovolta, a indicare che è… andato pensione. Il sismografo invece potrebbe continuare a funzionare ancora per alcuni mesi, ma se nessun diavolo di polvere ripulirà i pannelli fotovoltaici è probabile che anch'esso finirà per interrompere le sue attività entro la fine dell'estate. . from Focus.it - Scienza https://ift.tt/XSqzTWF
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Perché la pubertà arriva sempre prima?
Negli ultimi decenni i bambini e le bambine si sviluppano sempre prima: secondo alcuni studi, l'età media dell'inizio della pubertà nelle femmine sarebbe scesa di tre mesi ogni 10 anni dagli anni Settanta. Pubertà anticipata non vuol dire solo indossare assorbenti e reggiseni, o cominciare a radersi e cambiare la voce prima del previsto: uno sviluppo precoce sarebbe infatti connesso con un maggior rischio durante l'adolescenza di soffrire di depressione, ansia, abuso di droghe e altri problemi psicologici. Non solo: avere il menarca prima del normale, potrebbe anche aumentare il rischio di sviluppare tumori al seno e all'utero in età adulta. Ma quali sono i fattori che contribuiscono a un arrivo anticipato della pubertà? Gli esperti non lo sanno con certezza, ma avanzano alcune ipotesi.. Obesità. Uno dei fattori che influisce sull'arrivo della pubertà è il peso corporeo: diversi studi hanno evidenziato che le bambine sovrappeso o obese tendono a svilupparsi prima rispetto a quelle normopeso. Uno studio britannico del 2021 ha scoperto che la leptina, un ormone rilasciato dalle cellule di grasso che limita il senso di fame, agisce sulla parte del cervello che regola anche lo sviluppo sessuale. «Non ci sono molti dubbi: l'obesità contribuisce all'arrivo anticipato della pubertà al giorno d'oggi», spiega al New York Times Natalie Shaw, endocrinologa pediatrica del National Institute of Environmental Health Sciences, sottolineando però che l'obesità non può essere l'unica spiegazione.. Sostanze chimiche. Uno studio del 2009 condotto su quasi 1000 ragazzine a Copenhagen (Danimarca) ha rilevato che l'età media di sviluppo del seno era appena sotto i 10 anni (un anno prima rispetto a uno studio precedente degli anni Novanta), mentre quella del menarca attorno ai13 (circa quattro mesi in anticipo rispetto ai risultati precedenti): in questo caso, però, non si poteva dare la colpa all'obesità perché il BMI (Body Mass Index, indice di massa corporeo) delle volontarie era uguale a quello delle ragazzine coinvolte nella precedente ricerca. Per questo Anders Juul, autore dei due studi, ha proposto una teoria alternativa: la colpa dello sviluppo anticipato era da attribuire alle sostanze chimiche con le quali le bambine erano entrate in contatto nel corso della propria vita. Nello studio del 2009, sottolinea, le ragazzine che avevano sviluppato il seno per prime erano anche quelle con il maggior livello di ftalati (sostanze utilizzate per rendere la plastica più flessibile) nelle urine. Altre analisi, tuttavia, non hanno riscontrato una correlazione tra sostanze chimiche e arrivo anticipato della pubertà. Per questo molti studiosi sono scettici riguardo alla teoria di Juul.. Esperienze difficili e pandemia. Altri fattori che potrebbero far sì che la pubertà arrivi in anticipo, perlomeno nelle ragazze, sarebbero legati a stress ed esperienze di vita difficili: essere vittime di abusi sessuali in tenera età, avere madri che soffrono di disturbi dell'umore, vivere senza il padre biologico – sono tutte esperienze che potrebbero contribuire a uno sviluppo precoce. Anche la covid potrebbe aver fatto la sua parte: secondo uno studio italiano del 2022 durante la pandemia un maggior numero di ragazze (ma non di ragazzi) si sarebbe sviluppato prima del previsto.. Parametri obsoleti? Quel che è emerge è un quadro in cui è difficile tracciare un chiaro schema di causa-effetto: diversi fattori contribuiscono all'arrivo anticipato della pubertà, ma nessuno sembra essere determinante. Forse è arrivato il momento di aggiornare i nostri parametri di riferimento, che sono ancora quelli della scala di Tanner, basata su osservazioni condotte tra il 1949 e il 1971 su 700 ragazzi e ragazze vissuti in un orfanotrofio inglese. Secondo questa scala, la pubertà dovrebbe normalmente iniziare a partire dagli 8 anni per le ragazze e a partire dai 9 anni per i ragazzi: se lo sviluppo inizia prima, bisogna verificare che il bambino non soffra di un raro disturbo ormonale chiamato pubertà precoce.. Alcuni medici tuttavia sostengono che, alla luce dei nuovi studi, l'età minima considerata normale per l'arrivo della pubertà dovrebbe essere abbassata, altrimenti bambini sani potrebbero doversi sottoporre a procedure mediche non necessarie. Ma non tutti sono d'accordo: molti pediatri sostengono che il rischio di soffrire di pubertà precoce è ancora alto, e per questo invocano cautela.. from Focus.it - Scienza https://ift.tt/gTjJXYN
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In un anno in 9 milioni muoiono di inquinamento
Nel 2019 l'inquinamento è stato responsabile di 9 milioni di morti in tutto il Pianeta. Parliamo di un decesso su 6, una situazione sovrapponibile ai risultati di un'analisi che venne condotta nel 2015. Il rapporto, pubblicato su The Lancet Planetary Health, afferma che, a fronte di una diminuzione dei decessi dovuti a "fonti di inquinamento legate alla povertà estrema" (per esempio riconducibili all'inquinamento dell'acqua), c'è stato un concomitante incremento dei decessi dovuti all'inquinamento industriale, in particolare quello legato a determinate sostanze chimiche. Pochi finanziamenti. Nonostante i numerosi studi che dimostrano come l'inquinamento abbia effetti pesantissimi sulla salute dell'uomo, secondo Richard Fuller, autore principale del lavoro, dal 2015 a oggi l'attenzione e i finanziamenti per combatterlo sono cresciuti in piccolissima parte: «L'inquinamento è ancora la più grande minaccia per la salute umana e planetaria, al punto da mettere a repentaglio la sostenibilità delle società moderne». Secondo il ricercatore, se si lavorasse per rallentare l'inquinamento atmosferico si otterrebbe l'ulteriore beneficio di una riduzione dell'incremento della temperatura del pianeta. . La classifica. Sui 9 milioni di decessi attribuibili all'inquinamento registrati nel 2019, 5,67 milioni sarebbero conseguenza dell'inquinamento atmosferico, responsabile del maggior numero di morti. L'inquinamento delle acque invece è stato responsabile di 1,36 milioni di morti premature. Il piombo ha causato 900 mila morti, mentre 870.000 persone sono decedute per problemi legati ad altre sostanze tossiche. Altri morti sono infine da imputare a inquinamento domestico, per esempio all'uso della legna per il riscaldamento o per cucinare.. Questa situazione, oltretutto, è stata causa anche di ingenti perdite economiche, valutate attorno a 4.000 miliardi di euro nel 2019, pari al 6,2 per cento della produzione economica globale. Gli autori dello studio concludono il loro lavoro con una serie di raccomandazioni e con l'invito a creare un gruppo scientifico/politico indipendente sull'inquinamento – simile all'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) – che possa dare delle direttive e stabilire controlli oggettivi che tutti i Paesi siano tenuti a osservare. E ora? «Inquinamento, cambiamento climatico e perdita di biodiversità», spiega Rachael Kupka, coautrice e direttore esecutivo della Global Alliance on Health and Pollution, «sono strettamente collegati tra loro. Non c'è dubbio che per avere un controllo efficace di queste minacce sia necessario avere un'interfaccia scienza-politica supportata a livello globale per informare, influenzare la ricerca e guidare i finanziamenti. Fino ad oggi», conclude Kupka, «l'inquinamento è stato visto come un problema locale da affrontare attraverso regolamentazioni nazionali. Ma ora è chiaro che sia una minaccia a livello planetario, le cui ricadute sulla salute trascendono i confini locali e richiedono risposte globali».. from Focus.it - Scienza https://ift.tt/XktnoHI
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10 motivi (scientifici) per ballare di più
La danza - unita a musica e ritmo - fa davvero miracoli sul cervello. Tanti studi scientifici, negli ultimi anni, hanno testato i vantaggi psicofisici che possiamo ottenere: ballare regala forti emozioni, mette allegria e abbassa i livelli di stress, aiuta a mantenere più giovani la mente e il corpo... Abbiamo selezionato 10 benefici, provati dalla scienza. 1. Rituale amoroso. Per tante specie animali, ballare è una forma di selezione sessuale indispensabile per conquistare un partner e qualcosa di simile avviene per gli uomini. Lo ha confermato un famoso studio pubblicato già nel 2005 da Nature, secondo cui molte persone sono attratte dai ballerini, dato che i loro corpi sono spesso più simmetrici e coordinati.. 2. Cervello più giovane. Stando a uno studio pubblicato nel 2017 su Frontiers in Aging Neuroscience, ballare aiuta a mantenere giovane la mente. La ricerca ha coinvolto persone tra i 60 e gli 80 anni a cui sono state assegnate diverse attività, tra cui la danza. Da successivi esami cerebrali, i "ballerini" presentavano minori segni di deterioramento del cervello rispetto agli altri. 3. Equilibrio e coordinazione. Praticare il ballo aiuta a stare meglio in equilibrio, come dimostra una ricerca del 2021 pubblicata sull'International Journal of Environmental Research and Public Health, che ha confrontato l'equilibrio statico di ballerini e non ballerini, notando che le performance dei primi erano migliori, a patto che danzassero regolarmente da qualche anno.. 4. A ogni età. Rispetto a molti altri tipi di esercizio fisico, la danza può essere praticata a tutte le età: esistono infatti numerosi stili, e ognuno di essi implica dei "gradi" diversi di sforzo. Il trucco? Scegliere quello più adatto alla propria condizione atletica per trarne il massimo beneficio senza rischiare danni. 5. Allegria! Ballare è un'attività estremamente espressiva e per questo aiuta a migliorare l'umore. A dirlo sono stati diversi studi, come quello pubblicato dalla Public Library of Science di San Francisco, per il quale un team di riecercatori ha condotto un test su un campione di centinaia di persone che praticavano balli latinoamericani per scopi ricreativi, almeno una volta alla settimana.. 6. Sistema immunitario. Qualsiasi esercizio fisico moderato o intenso, compreso il ballo, aumenta la capacità del sistema immunitario di combattere i germi e riduce il rischio di infezioni delle vie respiratorie superiori. Lo dimostrano varie ricerche, tra cui uno studio della University of South Carolina, che ha analizzato un campione di 547 persone di età compresa tra 20 e 70 anni. 7. Creatività. Secondo uno studio delle Università di Sheffield e di York, basterebbero cinque minuti di danza freestyle per aumentare la nostra creatività. Ai partecipanti è stato infatti chiesto di ballare, andare in bicicletta o sedersi in silenzio mentre ascoltavano musica, e sono stati proprio i ballerini i più reattivi nella risoluzione creativa dei problemi che venivano loro posti. 8. Antidolorifico. In uno studio del 2015, i ricercatori dell'Università di Oxford hanno scoperto che il ballo di gruppo può aumentare la soglia del dolore grazie al rilascio di endorfine mentre si danza, che aiuta a sopportare meglio le fitte da traumi fisici. Sarà per questo che alcuni giocatori di rugby e football ballano prima della partita?. 9. Meno stress. Oltre a un miglioramento dell'umore, nello stesso studio i ricercatori hanno notato che al ballo era associata anche una diminuzione dell'ansia e dello stress e una maggiore propensione a socializzare, in modo simile a quanto avviene con passatempi molto meno salutari, come il consumo di alcolici in compagnia. 10. Empatia. La danza ci rende più empatici e rispettosi del prossimo, specialmente a scuola. A dimostrarlo è stata, tra le altre, un'indagine condotta nel 2014-2015 dai presidi di alcuni istituti scolastici di Los Angeles che praticavano corsi di ballo. Il risultato? L'81% degli studenti ha riferito di aver trattato i compagni con più rispetto per effetto del corso. ------------------------------------------------- Ogni mese su Focus in edicola trovi centinaia di curiosità nello Speciale Focus Domande&Risposte!. from Focus.it - Scienza https://ift.tt/CotmexS
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I nostri datacenter sulla Luna
Dove conservereste ciò che di più prezioso abbiamo conquistato qui, sulla Terra? Per proteggere la biodiversità abbiamo costruito la Banca mondiale dei semi alle isole Svalbard, ma per mettere al sicuro i dati, briciole in bit di conoscenza umana, c'è chi ha adocchiato qualcosa di più irraggiungibile: la Luna. La Lonestar, un'azienda statunitense specializzata in cloud computing (la tecnologia che permette di archiviare i dati in Rete), ha un piano per custodire sul nostro satellite i dati accumulati dal genere umano - un progetto molto più concreto di quanto appaia.. Bunker sotterranei. Secondo il CEO dell'azienda Christopher Stott, «i dati sono la più importante valuta creata dall'uomo». Non è allora controintuitivo spedirli sulla Luna, luogo inospitale per antonomasia? Il nostro satellite non possiede un'atmosfera che ripari la superficie dalle radiazioni cosmiche, e ha temperature che oscillano tra i 106 °C del giorno e i -183 °C della notte. Non proprio il clima ideale per fragili componenti hardware. Ma la Lonestar guarda piuttosto al sottosuolo lunare, in particolare ai tunnel scavati dalla lava sotto alla superficie durante la passata attività vulcanica del satellite. Ce ne sono anche sulla Terra, ma la Luna ne possiede in abbondanza, e soprattutto, in ragione della ridotta gravità lunare (pari a un sesto di quella terrestre), le loro dimensioni non risultano costrette come sul nostro pianeta. Alcuni superano abbondantemente il chilometro di diametro: sono abbastanza ampi da ospitare intere città, figuriamoci qualche datacenter.. Necessità o opportunità? L'ostile ambiente lunare sarebbe per i nostri dati più sicuro e affidabile del nostro disastrato pianeta, trasformato dal global warming, sconquassato dalle guerre, dai cyber attacchi e dalla minaccia nucleare. Persino l'indistruttibile Global Seed Vault delle Svalbard si è allagata, come conseguenza dei cambiamenti climatici... La NASA, che ha in programma un ritorno sulla Luna con le missioni Artemis, ha già iniziato a programmare un Lunar Data Centre che possa supportare la gestione di grandi quantità di dati e la capacità di calcolo di esperimenti compiuti sulla superficie lunare - il contratto, con il coordinamento dell'Agenzia Spaziale Italiana, è stato affidato all'azienda Thales Alenia Space, che ha sede a Torino. La Lonestar vuole inserirsi nello stesso settore, ma dal punto di vista commerciale.. I prossimi passi. L'azienda ha firmato un contratto per condurre un piccolo test di software nel corso della missione spaziale privata Intuitive Machines 1 (IM-1), che dovrebbe far atterrare un lander sulla Luna a fine 2022. L'azienda proverà a conservare una piccola quantità di dati in un "payload virtuale" a bordo del lander per due settimane, la durata di un dì lunare. Se tutto va bene nel corso di una seconda, analoga missione (IM-2) al lander sarà affidato un hardware delle dimensioni di un libro sul quale saranno condotti test di upload e download.. Future missioni potrebbero consegnare sulla Luna server capaci di archiviare 5 petabyte di dati entro il 2024, e 50 petabyte per il 2026: abbastanza da contenere tutte le parole mai scritte dall'umanità, in ogni lingua ed epoca storica. Sognando in grande, per allora il datacenter di Lonestar dovrebbe poter ospitare traffico di dati verso e dalla Luna alla velocità di 15 Gibabit al secondo, più rapido di una connessione internet domestica a banda larga.. from Focus.it - Scienza https://ift.tt/SoZtT98
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Il vulcano a Tonga ha creato un cratere largo 4 km
Un gruppo di ricercatori neozelandesi è riuscito a mappare (e a ricostruire in 3D) la bocca del vulcano sottomarino di Tonga, che lo scorso 15 gennaio aveva dato origine ad una delle più violente eruzioni degli ultimi secoli. Secondo Shane Cronin dell'Università di Auckland (Nuova Zelanda), che per condurre queste analisi preliminari ha trascorso gli ultimi due mesi e mezzo nel cuore dell'Oceano Pacifico, la caldera, ossia il "cratere" che si è venuto a formare dopo l'eruzione di Hunga-Tonga Hunga-Ha'apai è largo 4 chilometri e scende ad una base di 850 metri sotto il livello del mare. . Prima della catastrofica eruzione la "base" si trovava a una profondità di circa 150 metri. Facendo i calcoli si scopre che il volume di materiale che è stato sparato, sotto forma di ceneri e roccia, dapprima in mare e in atmosfera poi, ammonta a circa 6,5 chilometri cubi. Il confronto. Confrontando l'andamento del fondo marino dell'area attorno al vulcano Tonga con carte che risalgono al 2015 e 2016, si notano profonde modifiche che riguardano soprattutto le pareti del vulcano, che sono sprofondate al suo interno. Per fortuna ciò che rimane ora del vulcano sembra strutturalmente integro. Questo è importante perché se si verificassero grandi frane dai versanti del Tonga si potrebbero avere tsunami di notevole intensità. «L'unica parete del vulcano che dovrà essere tenuta sotto controllo è quella nord-orientale», dice Cronin, «in quanto molto sottile: se dovesse crollare potrebbe produrre uno tsunami che interesserebbe le isole Ha'apai». . Inoltre secondo Cronin nella regione sud-occidentale del Pacifico esistono almeno 10 montagne sottomarine vulcaniche che nei prossimi decenni o secoli potrebbero produrre eruzioni simili a quella di gennaio scorso. Cronin ritiene invece improbabile che nei prossimi secoli Hunga-Tonga Hunga-Ha'apai ritorni in attività con una simile intensità. La ricostruzione. La gran mole di dati ottenuti dalla ricerca di Cronin e di altre spedizioni scientifiche degli ultimi mesi hanno inoltre permesso di ricostruire con un certo dettaglio cosa avvenne quel 15 gennaio. Attorno alle 17:00 ora locale la caldera allora esistente ha subito fratture prodotte dal magma in risalita. Alcune di queste hanno permesso all'acqua di mare di interagire con il magma caldissimo e ciò ha dato origine a una violentissima esplosione. Il fenomeno poi, si ripetuto più e più volte, dando origine a un'esplosione dopo l'altra come avviene in un motore a scoppio… Il materiale che ricadeva sui fianchi del vulcano al di sotto del mare rotolava verso il fondale e ciò ha dato origine a tsunami molto violenti. Grazie ai suoi sopralluoghi, Cronin ha potuto stabilire che a Kanokupolu, a 65 chilometri dal Tonga, le onde hanno raggiunto i 18 metri d'altezza, menntre a Nomukeiki, che si trova alla stessa distanza, hanno toccato i 20 metri. In alcune isole che si trovano a 85 chilometri di distanza, le onde hanno raggiunto i 10 metri d'altezza. Considerando la possibilità di future eruzioni, sarebbe utile adottare alcuni accorgimenti nelle isole che si trovano in quell'area: per esempio sarebbe importante costruire gli edifici il più possibile all'interno e introdurre piantagioni di mango, i cui tronchi funzionano un po' come dighe, efficaci nel ridurre l'energia del flusso delle onde.. from Focus.it - Scienza https://ift.tt/MFUYIAz
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Se fumi, bruci anche la Terra
Se i rischi per la salute non convincono i fumatori a spegnere le sigarette una volta per tutte, quest'anno l'Organizzazione mondiale della sanità ha deciso di puntare sulla coscienza ecologica. La giornata mondiale senza tabacco 2022 è infatti dedicata all'impatto ambientale del fumo. Un impatto rilevantissimo, che genera gas serra, distrugge le foreste, favorisce la desertificazione e inquina i suoli, le acque e l'aria. fumo: rapporto dell'OMS: Le cifre snocciolate in occasione del 31 maggio provengono quasi tutte da un rapporto che la stessa OMS ha pubblicato alcuni anni fa: 70 pagine fitte di grafici enumeri, per dire che l'intera filiera del tabacco, dalla coltivazione, alla produzione di sigarette, fino al loro trasporto e consumo, non nuoce soltanto alla salute (con 8 milioni di morti all'anno) ma incide in modo rilevante sui problemi ambientali più urgenti. Si stima, per esempio, che la produzione di sigarette immetta ogni anno nell'atmosfera 84 milioni di tonnellate di CO2.. ACQUA E RIFIUTI TOSSICI. Ma l'Oms mette l'accento anche su altri aspetti. Le piantagioni di tabacco, infatti, sottraggono terreni alle coltivazioni per usi alimentari. E al tempo stesso minacciano quelle che restano, perché richiedono moltissima acqua (sebbene le aziende affermino di aver ridotto i consumi nel tempo). E rilevante è anche la questione della qualità dell'aria, soprattutto negli ambienti chiusi. Il fumo passivo, che è a tutti gli effetti una forma di inquinamento emessa direttamente dalle sigarette, uccide ogni anno 2,1 milioni di persone. Problematica è infine la gestione dei rifiuti tossici delle sigarette: i mozziconi. Ciascuno di essi contiene almeno 7.000 sostanze chimiche, 70 delle quali cancerogene. Ogni anno se ne "producono" 4.500 miliardi. E i due terzi dei fumatori li gettano a terra, o dove capita.. Più tasse sulle sigarette. Ampio il ventaglio di soluzioni proposte dall'Oms per limitare i danni ambientali del fumo. Fra queste, l'aumento delle tasse sulle sigarette – che ha mostrato di poter ridurre i consumi, nei Paesi in cui è stato adottato – e l'estensione alle industrie del tabacco del principio della responsabilità estesa del produttore, in base al quale le aziende devono farsi carico dell'intero ciclo di vita dei loro prodotti, inclusa la gestione dei rifiuti. Nei Paesi in cui il tabacco è coltivato, la proposta è invece quella di dare agli agricoltori incentivi per favorire la conversione delle attuali piantagioni a coltivazioni per usi alimentari.. from Focus.it - Scienza https://ift.tt/dXqPfEl
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Che spazio avremo?
Da alcuni mesi, Focus è entrato in Università seguendo da vicino il corso "Space4InspirAction", condotto da Annalisa Dominoni e Benedetto Quaquaro del Dipartimento del Design del Politecnico di Milano. È il primo e unico corso di architettura e design spaziale svolto in partnership con l'Agenzia Spaziale Europea (ESA) e si tiene all'interno della laurea magistrale "Integrated Product Design" della Scuola del Design del Politecnico. Microalghe e disabilità. I progetti che gli studenti stanno sviluppando riguardano due tematiche che seguono i programmi strategici per l'esplorazione umana interplanetaria e sottolineano il ruolo fondamentale del design per la sostenibilità e l'inclusione. Il primo riguarda infatti la progettazione di strutture e strumenti per facilitare la produzione, la crescita e l'utilizzo delle microalghe, il cibo del futuro, sulla superficie della Luna, per ottenere alimenti sostenibili e ricchi di proteine. Il secondo concerne la progettazione di nuovi oggetti prostetici sia per gli astronauti sia per i "parastronauti", per incrementare le prestazioni a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, considerando le protesi come "estensioni" delle capacità motorie che, in condizioni di microgravità, subiscono forti alterazioni compromettendo stabilità e movimento. Nelle selezioni per nuovi astronauti che l'Esa sta attualmente svolgendo è previsto infatti che vi saranno uno o più persone con disabilità motorie.. In mostra alla Design Week. I prototipi che sono stati sviluppati dagli studenti del corso saranno esposti in una mostra, dal titolo "Space Design for New Human Beings", di cui Focus è media partner, nell'ambito della Milano Design Week da martedì 7 a sabato 11 giugno negli spazi della Fondazione Brodolini presso il Milano Luiss Hub, in via Massimo d'Azeglio 3. Questi prototipi sono stati supportati durante lo sviluppo progettuale dall'Esa, per le conoscenze scientifiche e tecnologiche spaziali, da TOLO Green, azienda specializzata nella produzione di alga spirulina e partner tecnico di Padiglione Italia all'Expo 2020 di Dubai, e da Hackability, laboratorio no-profit di ricerca per l'inclusione tecnologica e sociale che utilizza metodologie di co-design per far incontrare il mondo dei tecnici e del design con le esigenze delle persone con disabilità. Perché il design spaziale? «Lo spazio, oggi e nell'imminente futuro, avrà un'influenza sempre più decisiva sulla vita quotidiana, sulle abitudini e sulle performance delle persone e, di conseguenza, sulla capacità trasformativa delle aziende private di generare innovazione e nuovi modelli di business di sostenibilità, grazie al contributo strategico del design. "Go to Space" è il nuovo sogno aspirazionale», spiega Dominoni. Il design è visionario, è innovazione e fa da "ponte" tra scienza e bellezza, riuscendo a parlare i diversi linguaggi dell'ingegneria, della tecnologia, ma anche della cultura, dell'arte e dell'economia. «Il design tiene sempre al centro le esigenze delle persone, con l'obiettivo di aumentare il benessere degli spazi abitativi e degli ambienti estremi, cercando la funzionalità verso l'inclusività, introducendo fattori umani sensibili e sostenibili», precisa Quaquaro. Bisogna considerare che presto non andranno nello spazio solo gli astronauti professionisti, ma anche i turisti spaziali, che avranno bisogno di un livello di comfort più elevato. Molte persone vogliono vivere il sogno di viaggiare nello spazio, e il ruolo del design è quello di dare forma a ciò attraverso un'esperienza straordinaria. «La qualità dell'esperienza è fondamentale e deve essere progettata con cura: se gli astronauti sono più a proprio agio in un ambiente confortevole e gradevole, tenendo in considerazione fattori fisiologici, psicologici ed emotivi, le loro prestazioni e il successo complessivo della missione aumenteranno», conclude Annalisa Dominoni. Qui sotto un video (Credits: Davide Stefani, Space4InspirAction, Design Polimi) con un estratto dei progetti della mostra "Space Design for New Human Beings" curata da Annalisa Dominoni e Benedetto Quaquaro, che si terrà in concomitanza con la Design Week dal 7 all'11 giugno. La mostra è stata anche selezionata per la prima edizione del Festival "The New European Bauhaus":. from Focus.it - Scienza https://ift.tt/DSZbVMx
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I danni da fumo, in cifre
Quanta acqua si spreca per produrre le sigarette? E quanta CO2 viene immessa nell'atmosfera? Quanti mozziconi vengono smaltiti ogni anno? Quanti ettari di foresta vengono "eliminati" ogni anno per fare posto alle coltivazioni di tabacco? In questa infografica troviamo le risposte, in cifre, ai quesiti sui danni che sono prodotti dal fumo sulla salute del nostro Pianeta.. from Focus.it - Scienza https://ift.tt/4BqfG7s
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