#vorrei correre da te
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La pizzeria è gremita e i tavoli sono occupati da precoci coppiette giunte ben prima dell'ora più consona alla cena, forse per finire velocemente e correre in casa ad accoppiarsi. O forse perché vivo a Vienna e qua cenano quando i comuni mortali normalmente fanno merenda. Inutile che sfotto, se sono entrato in pizzeria a quest'ora è perché pure io sto morendo di fame. Conosco la capo sala, ha letto il mio libro e dato che mi saluta ancora devo dedurre che non le ha fatto schifo. Le chiedo se posso mettermi al bancone, sono da solo, fuori fa freddo e ho fame, che mi basta una margherita e me ne vado. Annuisce e i suoi occhi si fanno compassionevoli. Non faccio in tempo a sedermi che il ragazzo al bancone, notando la mia condizone solitaria, mi porge una birra che non avevo ordinato. Mi sorprendo e dico che ci deve essere stato un errore, che ancora non ho chiesto nulla. Mi risponde che fa lui, posso stare tranquillo. Io desideravo una coca-cola e ora mi tocca bere una birra offerta accidenti. C'è una seggiola di fianco a me con una giacca poggiata, la proprietaria mi chiede se desidero che la sposti, le dico che non serve, tanto non arriva nessuno. Mi sorride e torna a limonare con un barbuto uomo di quasi due metri. Più passa il tempo più gli alti mi stanno sul cazzo e vorrei segargli le gambe mentre dormono. Poi mi ricordo di essere sopra la media in Italia (e anche in Sud America) e torno a concentrarmi sulla sala. Ci sono davvero solo coppie, uscite per festeggiare la ricorrenza amorosa. Noto con piacere un cospicuo numero di tavoli occupati da persone dello stesso sesso che si tengono per mano. Sorrido per loro. Che belli che siete, godetevi questo momento, vi lascerete anche voi, non temete. Il volume della musica è troppo alto, decido di mettere le cuffiette e ascoltare qualcosa di diverso, un concerto per orchestra a tema videogiochi giapponesi, tanto sono da solo, non devo interloquire con nessuno. Mentre divoro la mia margherita penso a San Valentino. Al fatto che come festa non serva a molto, a meno che tu non abbia 16 anni e bisogno di un pretesto per scopare. Ma è utile per chi come me la vede come un post-it, messo per ricordardati di essere grato a chi ti vuole bene. Anche se non te lo meriti perché fai schifo come essere umano. Anche se dovresti ricordartelo ogni giorno ma tra una cosa e l'altra ti passa per la testa e allora eccoti una data. Una volta all'anno, fai sto sforzo e scrivi a chi ti vuole bene, scrivi quanto ti ritieni fortunato ad avere qualcuno che ti sopporta. Servono a questo le feste. Natale per ricordarti di ringraziare la famiglia. Il compleanno per ricordarti dell'esistenza di qualcuno. L'onomastico per ricordarti pure come si chiama. Ferragosto per ricordarti che l'estate sta finendo. Pasqua boh, non lo so, per ricordarti che è possibile uccidere una divinità forse. Finisco la pizza e mi arriva un'altra birra che ancora non ho ordinato. Mi giro in sala per capire a chi ho fatto pena stavolta. Nessuno mi guarda. La finisco contro la mia volontà e mi dirigo a pagare il conto. Mi viene detto dalla capo sala che oramai faccio parte della famiglia, che posso considerarmi un cugino acquisito e che quindi mi basta darle la metà della metà di quello che avrei dovuto dare. Quanto adoro fare pena. È il mio superpotere. Birra gratis, pizza scontata e posso andare a letto con la pancia piena. Una coppia mi avrà notato e ora sarà nata una discussione, prima di fare l'amore. "Tesoro, voglio adottare un triste italiano solitario, hai visto quanto era carino mentre mangiava la sua pizza, starebbe così bene con il nostro arredamento". Qualcun altro avrà girato un video che diventerà virale su tiktok e dove magari vengo insultato. Poco mi interessa. Torno a casa dal mio gatto, gli dico che lo amo e che sono grato ci sia lui a volermi bene. Lui, per tutta risposta, vomita sul tappeto. L'amore è un linguaggio variopinto e maleodorante talvolta.
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Ci sono momenti in cui, nel panico, vorrei correre da te e chiederti "papà come si fa questo?" oppure "papà mi aiuti?"; poi realizzo che non ci sei, che non posso mandarti un messaggio o telefonarti due minuti e a me viene solo da piangere e in lacrime dire "voglio papà".
Pesa, dover fingere di saper fare tutto, quando in realtà non so dove mettere mano. Per poi ammettere: "non lo so fare, ma lui avrebbe saputo".
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Il tempo rallenta quando hai raggiunto la consapevolezza che nulla puoi fare se non attendere, aspettare ciò che non dipende da una tua volontà o un tuo desiderio.
E ti accorgi che sì, non sei più avvezza al tempo dell'attesa e che frustrante diventa non poter avere "tutto e subito" al quale ti sei abituata.
Ricordo più di 25 anni fa, quando, ai tempi studentessa universitaria, vissuta nella periferia di un Paese di provincia, catapultata in una grande città come Milano, mi guardavo attorno stupita dalla fretta e dalla frenesia che lì aveva la gente. Non capivo perché correre nei sotterranei della Metro, per prendere al volo la prima corsa, quando, da lì a pochi minuti, mi ripetevo, sarebbe passato un altro treno. Ecco, vorrei tornare a quella quiete, quella calma che albergava in me. Oggi non è più possibile, tutto corre, tutto è frenesia.
Eppure, arriva il giorno in cui ti accorgi che in fondo il tempo è tutto ciò che hai e che a volte, l'attesa, non è sprecarlo. A volte è necessario fermarsi, ritrovarsi e ripartire. E in quel ritrovarsi, alberga un senso di pace che tanto ti affannavi a cercare.
Lì, nel tempo dell'attesa, nel tempo dell'ozio, attraverso il gioco dell'introspezione, raggiungi la serenità perduta e, d'incanto, ritrovi le forze e le risorse per riprendere il tuo viaggio: un nuovo viaggio, nuove strade, nuovi orizzonti, nuova Te.
#libere associazioni#parola di amante dei gatti#pensieri#parole#domenica pomeriggio qualsiasi#pensandoti
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Io con te non voglio avere il potere che ho. A dirla tutta non vorrei neanche essere la persona che sono. È un periodo, questo, in cui vorrei sentirti più vicino e invece mi sfuggi da tutte le parti. Mi hai chiesto se sabato pomeriggio - giornata pensata per stare insieme - puoi andare da tuo padre. Lo stesso padre che ha dimenticato mille e uno degli eventi più importanti della tua vita. Il medesimo che oggi hai dovuto inseguire per incontrarlo perché ha risposto solo all'ultimo ai tuoi messaggi. Poi vai lì e chi lo circonda ti riempie di cibo. Forse per sopperire al vuoto che sanno che lui lascia nella tua vita, di cui nemmeno si accorge. Oggi ti ho detto "sei proprio un bravo figlio, tuo padre è fortunato" e avrei voluto aggiungere "non ti merita" ma non l'ho detto. Tu hai annuito dicendo "lo so" e poi basta. Hai così bisogno di un punto di riferimento ed io lo capisco. Ma che riferimento è una persona così? Ti vedo correre ovunque alla ricerca spasmodica di quella protezione e gratuità tipica dei rapporti genitori-figli. Solo che di tutto ciò in questo rapporto non c'è niente. Sempre tu che insegui, cerchi, allunghi una mano, un braccio, una vita intera a fare da ponte. Mi dà così fastidio tutto ciò perché mi rispecchio in te e lo so ma la consapevolezza non aiuta.
Nulla, insomma, vorrei dirti "sabato stai con me, lascia stare tuo padre, non merita un'altra ora del tuo tempo" ma ti dirò "certo, va pure, sarò qui ad aspettarti" perché non sono nessuno per sbatterti in faccia il disamore che ti circonda e per umiliare il desiderio che hai di essere amato e riconosciuto, lo stesso che abbiamo tutti. Il massimo che posso fare è essere ciò che lui non è: un riferimento, una luce, un faro verso cui non hai bisogno di correre per assicurarti che sia acceso, lì proprio per te.
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Sei come una macchia di olio benedetto che si espande in me .. dal cuore arrivi in ogni cellula e la mia mente si culla perduta in te, verso di te.
Chi sei , cosa hai fatto, da dove arrivi, chi ti ha creato, di cosa sai, come respiri, dove abiti, cosa ti attraversa la mente, cosa sogni?
Qual è il tuo profumo ?
Il mio solo desiderio è poter appoggiare il volto accanto al tuo, sapere di cosa sai, come è la tua pelle ,se hai rughe profonde o si distendono quando chiudi gli occhi.
No, non ho pensieri di sesso sfrenato, non mi interessa il tuo corpo , sapere se sei uno dei tanti adoni ( e il cellulare ha scritto asini perché scrivo di getto), non voglio piaceri fisici. Non è importante, conta più come mi sento.. Il tempo mi ha mitigata, ho capito che il sentimento raggiunge apici che il piacere sbiadisce, so quello che non voglio e non posso ma so chi desidero da dentro.
È una perfetta congiunzione, un fare l’amore così : mente nella mente, anche se non lo sai. Perché certamente ti perderei, ti spaventerei perché le donne profonde fanno paura agli uomini e perché gli uomini che mi rapiscono non mi vedono. So diventare invisibile e sparire, so ormai comandare i miei comportamenti ma non quello che mi fa vibrare come una nota forse stonata ma forte, vibrante : mi senti ?
Non vorrei sporcare questo regalo, ora che il mio cuore si è ricomposto dalle delusioni della vita e dai miei fallimenti vorrei diventare quella bambina che sapeva sognare e non è mai invecchiata nell’anima. Ora che il mio volto non è più il bocciolo fresco di un fiore a primavera vorrei poter sorridere a te, guardare come sei e parlarti, dirti senza parole di questa marea che mi porta su e giù nei meandri infiniti dei miei pensieri che non conosci, delle poesie mai scritte, dei doni mai offerti.
Ora che il tempo si è accorciato vorrei poterti aprire le mani e mostrarti i palmi e le righe del destino che ti vede comunque come un miracolo che mi stritola la gola proprio quando credevo che non avrei più sentito, sorriso o pianto, perché anche di emozione si piange .
… credevo che il disincanto e la delusione avessero portato via il mio fulcro emotivo, le mie fragilità così forti e potenti che con te tornano a bussare, a togliermi il sonno e a dipingermi un sorriso sciocco e anche tremare di paura.
Ora che la notte è vicina e la pioggia bagnerà le strade della città io vorrei poter ascoltare il silenzio finalmente e assaporarlo con te, e mettere a tacere il rombo incessante dei miei pensieri che prendono destinazioni sconosciute ma arrivano sempre a te, da te.
Ascolta la notte e sentimi. Non conosco il suono della tua voce ma intravedo nella mia miopia la bellezza del tuo cuore e questo mi basta per scrivere una lettera al vento e farla volare via.
In alto, dove i miei angeli si sono raccolti in preghiera per salvarmi e salvandomi hanno aperto ancora il mio cuore che credevo finito e morto, come un organo inutile che invece batte, palpita e vive e adesso vuole solo te.
Chiudi gli occhi e se mi sentissi arrivare non mandarmi via.
Sono un essere che non ti ferirà mai, una battito di ali che non potrà posarsi su di te, un testo che non leggerai o abbandonerai perché io sono così diversa e lontana dalla normalità che forse ti farei ridere ma non è importante per me.
Quel che conta è questo: un bisogno immediato di fermarmi e indirizzarti la mia lettera, posala sul tuo comodino, lasciala aperta alla riga che preferisci ma non chiudere gli occhi, guardala, scoprila, cerca la mia calligrafia. La punteggiatura è il mio respiro e se smetti un secondo di correre mi trovi , mi senti e forse sorridi .
Solo questo vorrei da te: essere nel tuo sorriso e tra le tue braccia aperte.
Per me
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Vorrei dirti
che io non so correre
come te
io non sono così bravo
a superare le cose,
le supero sempre
ma a volte
ci metto davvero un sacco,
non ho mai tagliato un traguardo
senza il fiatone
spesso ci sbatto contro
e cado
spesso cado più e più volte
sullo stesso punto,
mi faccio male
un male bestia
e non sempre mi è facile rialzarmi,
mi rialzo sempre
ma a volte ho bisogno di una mano
di un sorriso,
a me servono ancora
gli incoraggiamenti
perché da solo
non sono sempre così forte
vorrei dirti
che io non sono forte
come te
a me le bufere
i venti
le burrasche e le tempeste
fanno ancora male
e mi lasciano il segno negli occhi
a volte per settimane
a volte più
vorrei dirti
che io non so volare
come te
ma se ti va di passarmi a prendere,
io
un giro nel tuo cielo
ci verrei a farlo volentieri,
oggi ad esempio sono libero.
Gio Evan
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La giostra
Inizialmente pensavo sarebbe stato tutto perfetto, come avevo sempre immaginato ma poi è successo qualcosa che ha scombussolato qualsiasi genere di equilibrio.
Mi sono trovata su una giostra impazzita e non potevo scendere: non si scende dalla giostra impazzita, un vortice dal quale puoi solo essere inghiottita. Ad oggi, rievocare tutto fa male. E fa male il pensiero di una donna che ancora una volta invece di essere aiutata viene umiliata. Tutti i miei sogni sono andati in frantumi ed ora di raccoglierne i pezzi non mi va, cosa vorrei? Averne di nuovi di zecca.
Ad oggi, guardo tutto con occhi differenti, accarezzo quella povera ragazza che stava diventando semplicemente un’altra e non lo sapeva, che voleva essere donna, e se stessa. Tu non volevi “semplicemente” scendere dalla giostra, tu volevi essere la giostra, lasciarti trasportare dalla giostra, osservare il panorama quando saliva e goderti la tranquillità della discesa. Volevi correre lontano, ma sei rimasta seduta nel vortice e più corri fuori e più ti spinge verso l’interno. Fin quando non hai battuto la fiacca, ti sei semplicemente adagiata sul filo dell’acqua e fatta trasportare burrascosamente fino a riva. Ad oggi mi sento alla deriva, sola con i miei cocci di sogni, e non mi dicono più niente.
Dopo anni, io sono qua ancora su quella che era la giostra impazzita, ma ferma: sono scesi tutti ma io no. Rimango ancora seduta e ascolto il silenzio intorno a me, se chiudo gli occhi quasi percepisco ancora quei giri impazziti, le urla, il senso di voltastomaco. Non ci saranno matrimoni e viaggi, non ci saranno case da arredare, o acquisti importanti. Non ci sarà nulla di ciò che volevi o vorresti, solo una vecchia giostrina ridotta in qualche rottame. E ti devi anche accontentare. Chi la vede la chiama il “vecchio ferro arrugginito” e di te la povera signora che vorrebbe tornasse in funzione, non lo sanno che a furia di stare con gli zoppi impari a zoppicare? Forse sei impazzita anche tu mia cara.
#frasi belle#citazioni bellissime#frasi bellissime#frasi#frasi d'amore#frasi e citazioni#pensieri e parole#pensieri#frasi fatte#frasi tumblr#citazioni libri#citazioni film#citazioni#frasi famose#frasi pensieri#frasi italiane
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1+1=3
Giulia mi ha detto una cosa l'altra mattina. Eravamo sedute davanti a un cappuccino e se ne è uscita con questa storia che, in amore, uno più uno fa tre. Proprio così ha detto. "Uno più uno, in amore, fa tre". L'ho guardata con aria interdetta, avevo addosso la faccia di chi non ha capito granché, ma non vuole darlo a vedere. A me m'hanno insegnato che uno più uno fa due. A scuola, la maestra di matematica me lo diceva sempre. "Antonia, uno più uno fa due". A voi lo diceva? A me sì. E sono venuta su con questa convinzione, capiamoci. Una di quelle poche certezze che ti tengono in piedi, nella vita, che non ti smarriscono come una barchetta di carta spinta e sospinta dai flutti del mare. "Uno più uno fa due" era come sentirsi dire che "solo alla morte non ci sta rimedio", oppure che "a lavare la testa all'asino si perdono l'acqua ed il sapone". Un fatto così insomma, una verità incontrovertibile, incontestabile.
Poi è arrivata Giulia, e davanti a un cappuccino mi ha detto: "Uno più uno, in amore, fa tre". Tu, l'altro, e la coppia. Che è un'entità terza, creata dai primi due, ma da loro, paradossalmente, indipendente. Perché la coppia nasce per mezzo di me e di te, che siamo due individui interi, non rappresentiamo la metà di niente, e non cerchiamo alcuna completezza nella nostra unione. Siamo già completi, siamo già sani, perfettamente dotati, manchevoli di nulla, con ogni pezzo montato al posto giusto sebbene non sempre consapevoli del suo funzionamento. Perciò, io prendo la mia interezza, fatta di bello e di brutto, di coni di luce e zone d'ombra, e tu prendi la tua interezza, fatta delle cose che amo e di quelle che vorrei "aggiustarti" perché, nella mia mappa mentale, sono un poco storte, un po' sbagliate, ma la mia mappa mentale non è uguale alla tua mappa mentale, perciò mi fermo, sono saggia e mi fermo, non ti aggiusto niente, non sei mica rotto, ti amo così come sei, tu vai bene così come sei, pure io vado bene così come sono, e al massimo ti guido con l'esempio, e mi faccio guidare con l'esempio, e di esempio in esempio ci miglioriamo ma non ci aggiustiamo, perché non siamo rotti, e non ti urlo addosso, non ti dico: "Devi fare questo o quello; devi essere così o cosà".
E perciò, tornando a noi, io prendo la mia completezza, tu prendi la tua completezza, e con queste nostre completezze messe insieme, messe vicine, sommate l'una all'altra, l'una accanto all'altra, o l'una sopra l'altra, o quello che è, con queste due completezze io e te facciamo la coppia, che è come un figlio, una creazione che nasce da noi e di cui è bello prendersi cura, ma senza la quale io mi sento io lo stesso, e tu ti senti tu comunque, e se la coppia finisce, perché l'amore può finire persino quando ci scordiamo che possa finire per davvero, ecco, quando la coppia finisce, io e te non finiamo, restiamo integri, con qualche ammaccatura, questo sì, ma con ogni pezzo montato ancora al posto giusto.
L'amore, l'amore che arricchisce e non saccheggia, secondo me, assomiglia a una roba così. A uno più uno quando fa tre. Tutto il resto è dipendenza, è convenienza, è la parte insana di un compresso a cui ci arrendiamo, a cui ci pieghiamo, pur di non correre la fatica - non il rischio, la fatica - di edificare noi stessi, di scoprire chi siamo e di esserlo con coraggio, con ardimento. Che uno pensa che essere se stessi sia facile, invece è la cosa più bella e spaventosa del mondo.
Antonia Storace
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mi ero accorta subito ci fosse qualcosa che non andava. mi guarda con gli occhi spenti ed un sorriso forzato per tutta la serata. gli preparo la cena, gli porto il caffè e i biscotti, ci sdraiamo nel letto e gli accarezzo la testa, ma continua a tacere. poi ad un certo punto scoppia, mi dice che non ha un soldo, non ha la patente, che si sente un fallito, che in tre anni non ha concluso nulla nella sua vita e per questo mi stancherò di lui. tento in tutti i modi di farlo stare meglio. inizialmente rassicurandolo, dicendogli che le cose si sistemeranno, che credo in lui e che lo aiuterò sempre. “perché non studiamo assieme domani?”, oppure “vedrai che il colloquio di gennaio andrà bene!”, e ancora “mi basta stare insieme a te e sapere che sei sempre presente”. mille sforzi da parte mia, credetemi. l’ ho spronato a riprendere ad allenarsi con la promessa di vederci per camminare o magari correre insieme, obbligandoci a svegliarci presto. gli ho proposto di andare in biblioteca, fargli un programma di studio, insegnarli a costruire le mappe concettuali. l’ ho aiutato ad aggiornare il curriculum e sono rimasta al computer, con lui, fino all’una di notte per scriverlo. lo ascolto, piango insieme a lui, lo prendo tra le mie braccia, lo consolo………la sua risposta è stata “ma io non ne ho voglia” “tu lo sai che questo tuo stato d’ animo non durerà in eterno, vero?” “e se così non fosse?”, per un attimo ho esitato. e se avessimo obbiettivi diversi? vite diverse? se questo ci allontanasse? se non avessi prospettiva di crescita con lui? e poi mi sono chiesta se fossi innamorata di quella parte di lui che è morta tre anni fa, nient’altro che una presenza vuota. l’ ho guardato col petto che mi si stringeva e ho pensato “stai scappando” e come a confermarlo, tutto tremante mi dice “ho paura”. la discussione viene interrotta bruscamente, esce di casa alla svelta, ed io mi sento bruciare di rabbia. poi mi blocco. penso a quando mi ha portato a vedere le stelle. un telo e noi seduti, su un fianco, l’uno sull’altro. conosco a memoria ogni sua micro espressione, tutte, dalla prima all’ultima. ed il mio io, così frastagliato e contraddittorio, gli appare semplice. è la prima persona che mi fa sentire chiara, leggibile, facile da amare. e le mille cose che vorrei dirgli, viviamo a 50 metri l’uno dall’altro e il tempo non basta mai. e cresce, cresce talmente tanto che mi si spezzano le costole sotto il peso di tutto questo amore accecante, che fa tremare, ti lacera e ti ricuce. mi basta e mi basterà sempre.
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- C’è solo una cosa che vorrei da te, - dice la signora Saeki. Alza la testa e mi guarda negli occhi. - Che mi ricordassi. Se tu ti ricordassi di me, non mi importerebbe nulla anche se tutti gli altri mi dimenticassero.
Fra noi due cala il silenzio, un silenzio profondo. Una domanda cresce dentro di me. Diventa così grande da bloccarmi la gola e impedirmi di respirare. Ma mi sforzo e riesco ad inghiottirla. Al posto di quella domanda, ne faccio un’altra:
- Sono così importanti i ricordi?
- Dipende - risponde lei. Poi chiude leggermente gli occhi - A volte possono diventare la cosa più importante.
- Eppure lei stessa ha voluto bruciare i suoi.
- I miei ricordi erano diventati inutili. - La signora Saeki mette le mani sul tavolo, il dorso in alto.
- Ascolta, Tamura. Ho un favore da chiederti. Porta quel quadro con te.
- Vuol dire quel quadro raffigurante una spiaggia che era sulla parete della mia stanza in biblioteca?
La signora Saeki annuisce.
- Sì, Kafka sulla spiaggia. Voglio che porti quel quadro con te. Nel posto dove andrai, ovunque sia.
- Ma a chi appartiene?
- È mio. Me l’ha regalato lui, prima di partire per andare a studiare a Tokio. Da allora l’ho sempre portato con me ovunque. In tutti i miei spostamenti, lo attaccavo alla parete delle mia stanza. Solo quando ho cominciato a lavorare alla Biblioteca Komura, l’ho rimesso in quella cameretta, nella sua collocazione originaria. Ho lasciato nel cassetto della mia scrivania una lettera al signor Oshima in cui gli comunicavo la mia volontà che andasse a te. Inoltre, quel quadro apparteneva a te sin dall’inizio.
- A me?
Annuisce.
- Sì, perché tu eri lì. E io accanto a te e ti guardavo. Tanto tempo fa, sulla spiaggia. Soffiava il vento, c’erano alcune barche, ed era sempre estate.
Chiudo gli occhi. Sono sulla spiaggia, d’estate, steso su una sdraio. Riesco a sentire la tela ruvida sulla pelle, a riempirmi il petto del profumo del mare. Il sole è così forte da abbagliare anche attraverso le palpebre abbassate. Sento il rumore delle onde che si avvicina e si allontana, come fosse un pendolo azionato dal tempo. Seduta accanto a me c’è una ragazza dal vestito azzurro pallido a mezze maniche che mi guarda. Ha un cappello di paglia con un nastro bianco, capelli lisci. Fa correre la sabbia tra le dita. Dita lunghe e forti, da pianista. Le braccia, dalla pelle levigata come porcellana, brillano ai raggi del sole. Un sorriso naturale le solleva gli angoli delle labbra. Io la amo. Lei mi ama.
Me ne ricordo.
Haruki Murakami, da Kafka sulla spiaggia - Traduzione di Giorgio Amitrano
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Saperti amante e non poterti avere,
star lontano da te quando in cor m’ardi,
aver la lingua e non poter parlare,
udir quest’acqua e non chinarsi a bere,
correre in riga quando a lenti e tardi
passi vorrei pensosamente andare.
U. Saba
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Mister X,
Non so bene come iniziare e non so bene come dirlo, ho pensato di scriverlo, magari diventa più facile.
Solo per dire alcune cose, cose che già ti ho detto, che già ti ho scritto e che, forse, hai già capito.
Mi piaci.
Mi piaci e per me non è così facile dirlo.
Non credo nemmeno di esser mai riuscita a farti un complimento, ricordo che una volta ti ho detto una cosa come “hai degli occhi.. strani”. (Insomma bene, ma non benissimo.)
Ma quello che penso è che hai degli occhi belli, furbi, enigmatici, ma che quando siamo insieme mi fanno sentire al sicuro. È il tuo essere te, emani una tranquillità che mi fa sentire al sicuro. Mi fido di te e questo te l’ho detto spesso.
Mi piace stare con te, mi sento bene, è come se colorassi la mia vita, hai il potere di “accendermi”. Con te esistite una parte di me che non sapevo nemmeno di avere, mi fai sentire viva. Mi fai provare cose che non ho mai provato e che nemmeno pensavo di poter provare. E mi fai ridere, tanto.
A volte devo sforzarmi a non pensarti, a volte cedo e ti scrivo. A volte ho l’impressione di esser di troppo.
Ed è proprio questo potere che tu hai su di me che mi spaventa.
Mi basta un tuo messaggio per correre da te.
Ho provato ad andare oltre, l’estate scorsa, uscendo con una persona, che mi adorava, sulla carta era perfetto, ma il problema era che la mia testa era da un’altra parte.
E faccio anche fatica a riconoscermi perché io non mi sono mai sentita così, non ho mai avuto bisogno di nessuno, non mi è mai importato davvero di qualcuno in questo senso, non ho mai sentito la necessità di volere stare con qualcuno.
Ma con te è diverso…. ho voglia di vederti e di sentirti, ti penso quando non ci sei, e quando siamo insieme non ho mai voglia di tornare a casa. Vorrei avere sempre più tempo. E a volte mi manchi anche.
Quando poi mi hai scritto, è ricominciata la giostra, sono corsa da te.
Ho pensato: gliel’ho detto qualche mese fa, magari questa volta è diverso. E per un po’ me l’hai fatto credere.
E invece no, è come sempre: sei scostante, ci sei, non ci sei, sparisci, torni. Non sei presente. E io mi accorgo che quando provo a parlartene ti irrigidisci. Non so se è per menefreghismo, fragilità, svogliatezza. Non lo so e non mi è dato saperlo.
Ma quando stiamo insieme sto bene, e quindi la giostra mi piace.
E credo anche tu abbia la certezza che qualsiasi cosa succeda io tornerò da te, e forse è vero, e se hai questa convinzione è tutto merito mio. Ma io torno da te fino a quando credo ne valga la pena.
Forse questo ti sto chiedendo, di darmi un motivo per restare.
E la cosa che più “mi diverte” è che queste cose non le ho capite proprio subito, mi ci è voluto un anno. (Non sono famosa per avere un ottimo tempismo). Sai all’inizio ero convinta che il sesso era la chiave di tutto, credo che per tutto questo tempo ho giustificato il fatto che tu mi piacessi perché mi piace venire a letto con te, un nuovo gioco che ho scoperto e che mi piace molto.
Mi sono nascosta dietro a questo per non ammettere a me stessa che c’è qualcosa oltre il sesso, che provo qualcosa per te.
Credo di averlo realizzato quella sera in cui non è stata la miglior prestazione della vita, ero lì abbracciata a te e non mi importava. Ad un certo punto una voce dentro di me diceva “, alzati, scappa, domani starai una merda” ma lì accoccolata ci stavo bene e sono rimasta.
E non hai idea di quanto mi costi scriverlo, mi sento come: “lo scrivo e diventa vero”.
E mi sento addirittura stupida a raccontarti queste cose, a mostrarti questa parte di me vulnerabile, ad abbassare il muro e farti entrare. È molto più facile spogliarsi dei vestiti che aprirsi in questo modo.
Perché mi fa paura e perché so che hai tutto il potere per ferirmi.
E mi fa addirittura incazzare perché non so quando e come tutto questo sia successo, non so come io abbia fatto a perdere il controllo e perché è successo e basta, non l’ho scelto.
Puoi aggiudicarti una medaglia, sei effettivamente la persona di tutte le mie prime volte, alcune decise e altre meno.
Però la vita è una sola e a volte più breve rispetto a quanto ci si aspetti e io voglio viverla a pieno.
Quindi eccomi qui, nonostante la paura e l’imbarazzo, un atto di coraggio un po’ impacciato: questo è il mio regalo per il tuo compleanno, un pezzo di cuore.
Abbine cura.
E come sempre, comunque vada, ti auguro il meglio e che tu sia felice, che tutti i tuoi desideri si possano avverare.
Voler bene a qualcuno forse significa anche questo, nonostante tutto.
Tantissimi auguri di buon compleanno.
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Sto ancora aspettando un tuo saluto,
un tuo messaggio inaspettato
Ogni volta che ti guardo negli occhi,
Vorrei correre da te ed abbracciarti,
Vorrei poterti dire di nuovo “ciao come stai?”
Vorrei non averti restituito quella maglietta con quelle parole, Avrei dovuto tenermela, non dirti nulla,
Per non dimenticare il profumo della tua pelle,
Immaginando di averti accanto dandoti un bacio e un abbraccio.
Vorrei abbattere questo muro tra di noi,
Vorrei essere stato la tua scelta,
Perché ti avrei dimostrato quanto ci saremmo voluti bene, e che non è stato tempo perso aspettarti,
Lo so sono stupido, ingenuo e coglione perché so che non t’importa nulla e mi sono soltanto illuso. Ma a volte vorrei urlare da lontano forte per farti sentire quanto mi sono innamorato di te.
Se fosse tutto vero vorrei che questo non fosse soltanto un sogno.
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« qualcuno una volta scrisse "che possano ascoltarmi gli dei degl'inferi in 'sto esatto istante, giacché debba fare un importante giuramento innanzi a loro: che divorino la mia anima tutti i demoni, nel caso in cui io fugga per mera codardia da te e da questo nostro sentimento, che seppur dannato e maledetto, ci scompone in un'essenza nostra e inscindibile" e non vi è stato istante che m'imprimessi queste parole nel cuore, a sangue e fuoco, lasciando che divenissero indelebili persino alla mia anima poiché rispecchiavano quel che sentivo. le divoro anche adesso che fisso una parete e mi chiedo di te. se stai bene, se hai mangiato, se il naso ti pizzica perché vorresti piangere e se mi stai maledicendo per essere stato un emmerito coglione, un ulteriore dolore. vorrei essere lì, sai? non per ricordarti quanto t'amo perché non sfugge questo sentimento ma per accarezzarti lì, tra le scapole, dove racchiudi i tuoi malesseri, stringerti fino ad inglobarti per chiederti ancora scusa e avvolgerti in me così che possa assorbire ogni tuo dolore. non ho mai desiderato tanto assorbire un dolore tanto quanto adesso, e mi dispiace non essere stato all'altezza ieri quando avevi bisogno di me. vorrei poterti dire che sto imparando ad essere come te, ad essere più di testa e meno idiota, ma a volte mi chiedo se mi ami più per l'idiozia di cui sono composto. è da ieri che cammino a spalle dritte nella speranza di vederti appoggiare su di esse, non perché mi sento costretto a dimostrarti qualcosa per essere perdonato, ma per mantenere fede alla promessa che ho fatto a te, a me, a noi, quella di proteggerti nonostante tutto. infatti anche se mi manchi, nonostante mi duole il dito perché volevo ti arrivassero mille di quei cuori da quell'app che non capisco ancora come funziona, volevo avessi qualcosa che non fosse una canzone ma che portasse un po' di me con te, qualcosa che potessi rileggere e che ti consolasse, come uno dei nostri caldi abbracci o una delle mie stupide battute che ti hanno sempre strappato il sorriso. il mondo è spaventoso daniel e persino la persona più forte in questa terra indietreggia. e io sono sempre stato un vigliacco eppure quando torno in me tu sei sempre stato l'unica persona che mi ha teso la mano e l'unica a cui voglio tenderla, persino quando ci troviamo a lanciarci piatti di parole. li ho ordinati sai? stupidi piatti online con le frasi più assurde, come quelle coppie sposate da anni che litigano e si urlano dietro di tutto e di più. nella pubblicità mi era stato assicurato, con questi non avrete più bisogno di sfoderare la vostra fantasia. sto dilungando perché in questo modo posso starti più vicino, è pur sempre un tentativo no? la realtà è che vorrei tenerti fra le braccia per dirti che andrà tutto bene, ma sto cercando di rispettare la tua volontà. la stanza in cui alloggio non dista molto, ho chiesto esplicitamente che fosse disponibile per ogni emergenza. mi vedi correre da te nel cuore della notte? miagolare alla tua finestra come un gatto. dio, devo smetterla di essere così e di parlare troppo. adesso puoi chiudere gli occhi e pensarmi lì che ti stringo, profumato di non ti scordar di me che ti asciugo le lacrime per baciarti il cuore. purtroppo non esistono parole in questi casi e noi che siamo abituati a parlare per placare il dolore ci ritroviamo così, piccoli granelli di sabbia. quindi eccomi con te, tra queste righe che ti abbraccio.
ps: sarò tra la folla, sarò con te.»
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Sei come una macchia di olio benedetto che si espande in me .. dal cuore arrivi in ogni cellula e la mia mente si culla perduta in te, verso di te.
Chi sei , cosa hai fatto, da dove arrivi, chi ti ha creato, di cosa sai, come respiri, dove abiti, cosa ti attraversa la mente, cosa sogni?
Il mio solo desiderio è poter appoggiare il volto accanto al tuo, sapere di cosa sai, come è la tua pelle ,se hai rughe profonde o si distendono quando chiudi gli occhi.
No, non ho pensieri di sesso sfrenato, non mi interessa il tuo corpo , sapere se sei uno dei tanti adoni ( e il cellulare ha scritto asini perché scrivo di getto), non voglio piaceri fisici. Non è importante, conta più come mi sento.. Il tempo mi ha mitigata, ho capito che il sentimento raggiunge apici che il piacere sbiadisce, so quello che non voglio e non posso ma so chi desidero da dentro.
È una perfetta congiunzione, un fare l’amore così : mente nella mente, anche se non lo sai. Perché certamente ti perderei, ti spaventerei perché le donne profonde fanno paura agli uomini e perché gli uomini che mi rapiscono non mi vedono. So diventare invisibile e sparire, so ormai comandare i miei comportamenti ma non quello che mi fa vibrare come una nota forse stonata ma forte, vibrante : mi senti ?
Non vorrei sporcare questo regalo, ora che il mio cuore si è ricomposto dalle delusioni della vita e dai miei fallimenti vorrei diventare quella bambina che sapeva sognare e non è mai invecchiata nell’anima. Ora che il mio volto non è più il bocciolo fresco di un fiore a primavera vorrei poter sorridere a te, guardare come sei e parlarti, dirti senza parole di questa marea che mi porta su e giù nei meandri infiniti dei miei pensieri che non conosci, delle poesie mai scritte, dei doni mai offerti.
Ora che il tempo si è accorciato vorrei poterti aprire le mani e mostrarti i palmi e le righe del destino che ti vede comunque come un miracolo che mi stritola la gola proprio quando credevo che non avrei più sentito, sorriso o pianto, perché anche di emozione si piange .
… credevo che il disincanto e la delusione avessero portato via il mio fulcro emotivo, le mie fragilità così forti e potenti che con te tornano a bussare, a togliermi il sonno e a dipingermi un sorriso sciocco e anche tremare di paura.
Ora che la notte è vicina e la pioggia bagnerà le strade della città io vorrei poter ascoltare il silenzio finalmente e assaporarlo con te, e mettere a tacere il rombo incessante dei miei pensieri che prendono destinazioni sconosciute ma arrivano sempre a te, da te.
Ascolta la notte e sentimi. Non conosco il suono della tua voce ma intravedo nella mia miopia la bellezza del tuo cuore e questo mi basta per scrivere una lettera al vento e farla volare via.
In alto, dove i miei angeli si sono raccolti in preghiera per salvarmi e salvandomi hanno aperto ancora il mio cuore che credevo finito e morto, come un organo inutile che invece batte, palpita e vive e adesso vuole solo te.
Chiudi gli occhi e se mi sentissi arrivare non mandarmi via.
Sono un essere che non ti ferirà mai, una battito di ali che non potrà posarsi su di te, un testo che non leggerai o abbandonerai perché io sono così diversa e lontana dalla normalità che forse ti farei ridere ma non è importante per me.
Quel che conta è questo: un bisogno immediato di fermarmi e indirizzarti la mia lettera, posala sul tuo comodino, lasciala aperta alla riga che preferisci ma non chiudere gli occhi, guardala, scoprila, cerca la mia calligrafia. La punteggiatura è il mio respiro e se smetti un secondo di correre mi trovi , mi senti e forse sorridi .
Solo questo vorrei da te: essere nel tuo sorriso e tra le tue braccia aperte.
Per me
Tatiana Andena
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