#vita violenta
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Mannaggia! S'era stancata la sfortuna di corrergli appressso col bastone! (Pier Paolo Pasolini, Una vita violenta).
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Blonde Redhead (1995), La Mia Vita Violenta (1995), Fake Can Be Just As Good (1997), In an Expression of the Inexpressible (1998), Melody of Certain Damaged Lemons (2000), Misery is a Butterfly (2004), 23 (2007), Penny Sparkle (2010), Barragán (2014), Sit Down For Dinner (2023), Blonde Redhead
At first Blonde Redhead listened as a sort of less avant-theory-heavy Sonic Youth, but over three or so decades they’ve certainly proven to be much more than Gordon, Moore and co. lite. From noisy rock origins to pared-back interludes to modern-day sheen, they’ve been concocters of pieces equal parts tense and brittle, dreamy and ungraspable, driven and unrelenting.
Pick(s): ‘Astro Boy’, ‘(I Am Taking Out My Eurotrash) I Still Get Rocks Off’, ‘Bipolar’, ‘In an Expression of the Inexpressible’, ‘In Particular’, ‘23’, ‘Here Sometimes’, ‘Mind to Be Had’, ‘Before’
#blonde redhead#self-titled#La Mia Vita Violenta#Fake Can Be Just As Good#In an Expression of the Inexpressible#Melody of Certain Damaged Lemons#Misery is a Butterfly#23#Penny Sparkle#Barragán#Sit Down For Dinner#indie#indie rock#noise rock#experimental rock#art rock#dream pop#chamber pop#1995#1997#1998#2000#2004#2007#2010#2014#2023#music#review#music review
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youtube
Am I? Am I to be paid? But I have to? Could I try to? Do I have to? I still get rocks off Am I? Am I to be blamed? But I need to? Do I have to? Could I get to? I'll be almost good I still get rocks off
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amo immensamente bologna e mi manca, anche se i motivi che mi portano a frequentarla non sono piacevoli, anzi, la raggiungo forzatamente per questioni di salute. per questo ogni volta che arrivo penso a gentile budrioli, che è stata un'astrologa e fin troppo eccellente erborista, così brava che è stata incaricata di curare la figlia di ginevra sforza e di giovanni bentivoglio, signore di bologna. gentile e ginevra sono diventate amiche intime e questo le ha permesso di raggiungere un certo rango sociale. in seguito ha avuto occasione di riuscire a curare anche un altro figlio dei bentivoglio e così ha attirato i sospetti e le invidie dei bolognesi. nel 1489 è stata arrestata con l'accusa di stregoneria. in qualche testo viene scritto che sotto tortura gentile avrebbe confessato di aver causato le malattie di diverse persone per poterle curare e in fine di avere intenzione di attentare alla vita di giovanni bentivoglio, di rispondere ai comandi di 72 diavoli e di aver ceduto anima e corpo al demonio in cambio di ricchezza e che quindi questo le avrebbe donato la capacità di far ammalare e poi guarire le persone, in modo da arrichirsi e di assicurarsi una certa fama. è anche scritto che di notte avrebbe frequentato "nuda come nacque" il cimitero dei frati minori, scoperchiando le tombe per procurarsi teschi e membra dei defunti. il 14 luglio 1498 gentile budrioli è stata portata in piazza san domenico a bologna, proprio di fronte casa sua. è stato scritto che salì a rogo "con tanta franchezza e senza timore alcuno, che non è uomo che lo credesse, quindi fu abbruciata viva". nessuno dalla sua parte. neanche il marito, che invece sosteneva l'accusa di stregoneria, nè ginevra sforza che forse per paura di essere punita di consguenza, non parlò mai in sua difesa. durante l'esecuzione, però, non riuscendo a guardare si sarebbe ritirata piangendo proprio in casa di gentile. dopo essere stata bruciata viva non sono state recuperate neanche le sue ceneri, che invece sono state lasciate essere sparse dal vento. ginevra, poi, si è presa cura dei figli di gentile.
questa è la sua storia, a quanto pare era particolarmente bella e sicuramente di un'intelligenza sopra la media, di questo colpevole e per questo punita. così la disturbo e le rivolgo il pensiero quando arrivo nella sua città, quando arrivo proprio per cercare cura, quella che lei ha donato nella sua vita ricevendo in cambio una violenta morte. spero di incrociarla, nel vento, anche solo per una molecola e che faccia conoscenza in qualche modo della stima e dell'affetto che nutro nei confronti della sua figura.
(lunga vita alle streghe!)
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Un anno dopo la falsa libertà dell’indifferenza | il manifesto
Pubblicato circa 12 ore fa
Edizione del 6 ottobre 2024
# Mario Ricciardi
«La storia conosce molti periodi di tempi bui in cui lo spazio pubblico è stato oscurato e il mondo è diventato così esposto al dubbio che le persone hanno cessato di chiedere alla politica niente altro se non che presti la dovuta attenzione ai loro interessi vitali e alla loro libertà personale. "
Sono parole di Hannah Arendt, scritte nel settembre del 1959, in occasione del conferimento del premio Lessing, ma rimangono attuali ancora oggi.
Le riflessioni di Arendt erano in parte ispirate dalla sua esperienza di ebrea apolide, sfuggita alla persecuzione nazista e alla Shoah, ma non avevano un carattere esclusivamente retrospettivo, e neppure riferito soltanto allo sterminio degli ebrei. L’oscuramento dello spazio pubblico cui allude Arendt è una condizione che deriva dall’impoverimento del tessuto connettivo da cui dipende la politica nel suo senso più nobile, che non la riduce al nudo uso della forza, ma si alimenta invece nel dialogo e nel confronto tra i cittadini di una repubblica.
Nei tempi bui il conflitto sociale, che è un fattore essenziale di una democrazia sana, perde il proprio carattere positivo, di espressione della pluralità delle opinioni e della parzialità delle verità che esse esprimono, e lascia il posto a contrapposizioni identitarie, e alla fuga dalla politica di ampi settori della popolazione, che si rifugiano nel culto esclusivo dei propri interessi e della propria libertà personale, priva di alcun collegamento con l’azione collettiva.
Chi si sente minacciato – i perseguitati, gli oppressi – cerca soltanto la compagnia di chi condivide lo stesso destino, e chi si trova invece in una condizione di relativa sicurezza vive sovente come un esiliato in patria, coltivando una visione individualista della vita e degli scopi che essa si prefigge. In una situazione del genere è inevitabile che si perda la sensibilità nei confronti delle ingiustizie che colpiscono gli altri, quelli che non appartengono alla nostra cerchia, e che si finisca per accettare come un fatto la prevalenza del forte sul debole.
In gioventù Arendt aveva conosciuto questo atteggiamento di acquiescenza nel modo in cui tanti tedeschi, persone in molti casi colte e ben educate, scelsero semplicemente di ignorare «la chiacchiera intollerabilmente stupida dei nazisti». Noi lo vediamo oggi nel modo in cui molti voltano lo sguardo dall’altra parte mentre c’è chi ripropone una visione suprematista e violenta dei “valori” della società occidentale, negando l’umanità delle vittime innocenti dei bombardamenti a Gaza e in Libano.
Un anno di guerra
A un anno dal 7 ottobre questa forma di cecità morale si manifesta nel ricordare la vittime dell’attacco di Hamas solo per tentare di giustificare la reazione, sproporzionata e illegale, del governo Netanyahu, e nel disinteresse nella sorte degli ostaggi israeliani, molti dei quali sono morti o rischiano di morire come “danni collaterali” di una guerra che potrebbe estendersi a tutto il Medio Oriente a servizio di un disegno politico di pura potenza.
Chi potrebbe permettersi di coltivare l’altruismo e l’apertura verso il prossimo rinuncia a farlo, lasciando il campo aperto a una guerra in cui tutti si considerano aggrediti, nessuno è in grado di riconoscere le ragioni altrui, ma una parte può mettere in campo una forza militare di gran lunga superiore, e non si fa alcuno scrupolo di usarla in modo indiscriminato, non per colpire il nemico, ma per punire un intero popolo. All’orizzonte c’è la concreta possibilità che si compia un genocidio, perpetrato dalle vittime di ieri che hanno scelto di farsi carnefici.
Dopo un anno persino chi ha criticato in modo più convinto le scelte del governo Netanyahu corre il rischio di soccombere al senso di impotenza, alla difficoltà che si incontra nel far sentire la propria voce di dissenso superando gli ostacoli e le intimidazioni provenienti da chi è convinto che lasciare mano libera all’uso indiscriminato della forza da parte di Israele soddisfi un “superiore” interesse strategico, e sia utile per puntellare una sempre più fragile egemonia.
Lasciare sole le vittime – i palestinesi, i libanesi, gli israeliani che hanno ancora il coraggio di opporsi alle scelte del proprio governo – è una tentazione ricorrente, per rifugiarsi nello spazio ristretto, ma per alcuni soddisfacente, del proprio interesse e della propria libertà. La lezione che ci trasmette Hannah Arendt e che, così facendo, ci stiamo incamminando sulla stessa strada percorsa nel secolo scorso dai tedeschi che scelsero di ignorare la «volgarità» nazista.
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Cose che capitano mica solo a Milano. Chi ha la curiosità scientifica di confermare l'ovvio scontato, alla riga trenta scopre infatti che "si tratta di due marocchini tra il 45 e i 50 anni" che "l'anno scorso erano stati condannati insieme per un furto identico ed erano già conosciuti in tribunale". A piede libero ovviamente.
Segnaliamo come la vittima non sia di rapina come da titolone (no armi spianate) ma di banale "furto con destrezza finito male", come sottolinea il loro avvocato, anticipando il motivo per cui il tribunale complice libererà ancora queste RISORSE.
Difatti per essere rimessi in libertà dai Giudici del Popolo, basterà che l'avvocato collaborazionista suggerisca ai "clienti" (che non lo pagano, lo paghiamo noi con le tasse) di dirsi "sconvolti" per le conseguenze inattese: chi mai si sarebbe atteso risposta tanto ... violenta ... per un borsone di roba sudata e forse un portafogli ?!
Già, come il ricco gioielliere che spari ai rapinatori o il pistolero veneto che colpisca poveri ladruncoli in casa sua di notte. Si, la colpa evocata tra le righe da avvocato e tribunali è tutta del 75enne che ha osato REAGIRE invece di subire e chiamare la polizia, le vere vittime sono le RISORSE. Fossi il loro avvocato, li costituirei parte civile.
ADEGUATI, GREGGE.
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- tratta da ” Voci Indiane del Nord America”
Io sono il lupo. La fame è la mia compagna, la solitudine la mia sicurezza eterna, triste condanna. Io sono l'istinto. Passi svelti nella notte, il freddo è il mio giaciglio, il vento la mia sola coperta. Io sono il silenzio. Un'ombra nella foresta, impronte lungo il fiume, occhi di brace nel profondo buio. Io sono il mistero. Canti d'amore alla luna, lunghe corse inseguendo fantasmi, ombre e tracce di odori e suoni. Io sono il sogno. La libertà pura, assoluta che tracima violenta su stagioni senza tempo. Io sono alfa e omega, neve rossa d'ignare prede, soffio di nuova vita e chiusura del naturale anello. Io sarò ucciso ma mai distrutto. Io sono il Lupo.
● It's me in the photo. (C) @saayawolf
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L' ALBERO SENZA RADICI
Molte persone cresciute in famiglie disfunzionali da adulte sono convinte che vivere pienamente significhi oscillare in modo quasi violento tra esaltazioni e psicodrammi, tra stati euforici e abissi malinconici, tra alti e bassi.
Spesso infatti le famiglie disfunzionali, cioè tossiche, vedono i due genitori azzuffarsi, litigare, offendersi, passando da momenti fatti di emotività drammatizzata, a momenti di silenzio oppositivo in cui non viene data alcuna spiegazione né all'uno né all'altro.
Il bambino si trova in questo modo esposto al fuoco incrociato di un ambiente imprevedibile, emotivamente carico e conflittuale, nel quale non viene mentalizzato ciò che succede tramite una comunicazione adeguata.
Egli si sente sempre in allerta, confuso, e vive emozioni a volte indecifrabili.
Ecco allora che da adulto potrebbe tendere a confliggere con i propri partner, così come hanno fatto i suoi genitori.
Ma soprattutto a esaltarsi e sentirsi pienamente realizzato per un apprezzamento, per un gesto di stima, per un incontro amoroso o anche per un buon corso di crescita personale.
Tuttavia, se le sue previsioni e aspettative non vengono rispettate, cade in una tristezza profonda, si abbatte subito per niente, ed entra in uno stato di spegnimento vago dorsale a volte anche per settimane.
Così, un momento di gioia diventa mania, ossessione, attività frenetica; mentre un momento di tristezza diventa abbattimento esistenziale, melanconia nera, abisso emozionale.
L'oscillazione violenta tra luce e tenebre, per persone cresciute in famiglie tossiche, viene considerata vita pienamente vissuta, passione, amore totale e totalizzante, e soprattutto amore vero (ovviamente ci sono livelli e livelli di oscillazione).
Quando incontrano un partner "sano", queste persone si annoiano, e pensano che il rapporto sia statico, abitudinario e palloso.
In realtà, come dice Lowen, questa oscillazione tra stati euforici e depressivi, spesso è dovuta a una assenza di grounding, di radicamento, e dunque di autonomia.
Essere radicati significa sapere e sentire che le proprie radici psicologiche ed emotive sprofondano nel terreno del proprio sistema nervoso autonomo, il quale è armonico, flessibile e pienamente funzionante, in modo da ritrovare dentro di sé la propria base sicura anche se imperversa la tempesta.
Anche se la bufera strappa via le foglie e i rami, la sensazione di radicamento ci riporta ad una sicurezza interiore inscalfibile, la quale ci rassicura circa le nostre capacità di gestire le nostre emozioni, di attraversare la vita in modo sicuro, e di essere fondamentalmente forti.
Chi è ben radicato non oscilla tra due estremi emotivi facendosi trasportare via da essi, perché i suoi piedi sono ben radicati nella terra.
Nel mio nuovo libro offro potenti strumenti per lavorare su questo.
©Omar Montecchiani
#quandolosentinelcorpodiventareale
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Viggo Mortensen & Maria Bello as Tom & Edie Stall in:
A History of Violence (2005) by David Cronenberg
Cinematography by Peter Suschitzky
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Billie Holiday
Filadelfia, 7 aprile 1915 – New York, 17 luglio 1959
[ Nella vita, per prima cosa devi avere da mangiare e un po' d'amore.]
Mi hanno detto che nessuno canta la parola "fame" e la parola "amore" come le canto io. Forse è perché so cosa han voluto dire queste parole per me, e quanto mi sono costate . Forse è perché son così orgogliosa da volere per forza ricordare Baltimora e Welfare Island, l'istituto cattolico e il tribunale di Jefferson Market, lo sceriffo davanti al ritrovo nostro di Harem, e le città sulla costa da un oceano all'altro dove ho preso le mie batoste e le mie fregature, Filadelfia e Alderson, San Francisco e Hollywood; ricordare metro per metro ogni dannato pezzo di tutto questo. Tutte le Cadillac e i visoni di questo mondo, e io ne ho avuti un bel po', non possono ripagarmi e nemmeno farmi dimenticare. Tutto quel che ho imparato in tutti questi posti da tutta questa gente si può riassumere in quelle due parole: nella vita, per prima cosa devi avere da mangiare e un po' d'amore.
ph Herman Leonard: Billie Holiday, NYC, New York, 1949
La storia di Billie Holiday è roba da racconti di Charles Dickens. Una infanzia disgraziata e di stenti con la madre che si arrabatta a far di tutto, pure la puttana per mangiare. Un quarantenne che la violenta a undici anni. Una zia sadica e fuori di testa di cui è vittima. Il misero collegio dove passa gli anni dell'adolescenza. Pochi motivi per essere allegra. Le cose cambiano, apparentemente in meglio, quando la sua meravigliosa voce diventa nota, prima nei piccoli ambienti jazz poi sempre a più persone. Nasce così Lady Day. Nasce così Lady sings the blues. Ma la fama non lenisce ciò che è stato, e allora per resistere e campare ci vogliono droghe e alcool e amori tutti sbagliati. Lei ne e' consapevole, ma, dice: "Sono stufa di passare le notti sola con i miei cani in albergo, dopo un concerto". O peggio "risvegliarmi ogni mattina accanto a un uomo diverso". Quando il 17 luglio 1949 si spegne ha solo 44 anni. Dirà Miles Davis: "Era una donna molto dolce, molto calda; sembrava un'indiana con la pelle vellutata, marrone chiaro. Era una donna splendida prima che l'alcool e la droga la distruggessero. Ogni volta che mi capitava di incontrarla le chiedevo di cantare "I Loves you, Porgy", perché ogni volta che lei cantava "non lasciare che mi tocchi con le sue mani calde" potevi praticamente sentire quello che sentiva lei. Il modo in cui la cantava era magnifico e triste. Tutti quanti amavano Billie".
Ma tutti quanti l'hanno sempre lasciata sola.
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Mentre chiacchieravano, passò per la strada una mandrucona, coi capelli stesi come zeppi di scopa, magra che pareva il venerdì (Pier Paolo Pasolini, Una vita violenta).
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Le "smart city" sono un meme. Un pretesto per riempire le città di sensori, telecamere e ZTL.
La città da 15 minuti?
Ancora peggio: un modo per chiudere in quartieri-ghetto milioni di radical chic in monopattino.
Dietro l'ideologia c'è chiaramente il World Economic Forum, che ha creato nel 2019 una Global Smart City Alliance per dirigere il lavoro di politici e amministratori locali.
Con le città intelligenti da 15 minuti la vostra vita non sarà migliore in alcun modo.
L'esperienza di Venezia dovrebbe farvi capire cosa vi aspetta: una città trasformata in una gabbia in cui i residenti dovranno esibire un pass per non pagare il ticket d'ingresso.
Se ti interessa il tema, ne ho parlato a più riprese:
- Smart city: sorveglianza ed economia comportamentale, i casi di Venezia e Ivrea:
- Smart city e ingegneria sociale, la città che plasma l'Uomo:
- La Città da 15 minuti:
Matte Galt
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Oggi il più grande alleato di Israele è Hamas e tutti coloro che rispondono con la violenza alla violenza. Perché offrono a Netanyahu ed i suoi sodali scuse per compiere ogni scempio in nome della legittima difesa e del diritto di esistere che negano agli altri. Prima la provocazione, poi la reazione violenta, poi una risposta ancora più cruenta. A Gaza come ovunque, da decenni. Una spirale di violenza che con Netanyahu ed i suoi sodali sta però superando il limite trascinando Israele verso l’autodistruzione. Questo perché la situazione sta sfuggendo di mano e la vita sta diventando impossibile anche per gli stessi israeliani costretti a vivere in un bunker anche mentale divorati dalla paura mentre fuori non c’è affatto il paradiso. La guerra ha causato una pesante crisi economica, si perdono posti di lavoro mentre il costo della vita è alle stelle. Intere aree del paese come quelle del nord della Galilea o attorno a Gaza, sono evacuate da mesi ed interi comparti sono crollati. Con ingenti risorse pubbliche sprecate in armamenti sempre più sofisticati invece che per i servizi ai cittadini, l’intero paese sta diventando un insediamento accerchiato da nemici. Ma l’odio si ritorce contro chi lo prova. La società israeliana è frantumata. Mentre la stampa internazionale indossa la museruola imposta dalla lobby pro Israele, a casa sua Netanyahu è considerato il neofascista che è. La dolorosa vicenda degli ostaggi di Hamas ha fatto saltare ogni ipocrisia, a Netanyahu e al suo governo non frega nulla nemmeno dei parenti israeliani degli ostaggi che da mesi protestano chiedendo un accordo. L’obiettivo di occupare i rimasugli di Palestina viene prima di tutto. Loro stessi e i loro deliri estremisti vengono prima di tutto. In Israele vi sono poi storicamente personalità e movimenti progressisti che nulla hanno a che fare con questa deriva neofascista. Ci sono ad esempio giovani obiettori di coscienza israeliani in galera di cui nessuno parla, ci sono gruppi di pacifisti ebrei sovente presi a legnate dai coloni, ci sono personalità e perfino rabbini che sono per la convivenza pacifica e pro Palestina. La società israeliana è profondamente lacerata ed è da una di queste crepe che può generarsi l’implosione. Da anni in Israele i governi durano come le arance e prima della guerra gli israeliani hanno riempito le piazze per mesi in nome di una democrazia liberale messa a rischio del delirio di onnipotenza di Netanyahu che voleva sottomettere la Giustizia alla politica. Pur di non mollare, Netanyahu ha messo insieme un governo con l’estrema destra e fin dal primo giorno butta benzina sul fuoco per tenere unita la società israeliana in nome del sempiterno nemico comune. Ma vi sono anche altre fratture. Gli invasati religiosi col doppio passaporto ululano alla Terra Promessa ma poi sono i primi a fare le valige e tornarsene a Brooklyn quando volano i missili, ma ad andarsene sono anche molti cittadini moderati esasperati da una terra anche per loro diventata maledetta. Un conto è la propaganda, un conto la realtà. Emblematiche le pubblicità sui media israeliani per convincere ebrei in giro per il mondo a trasferirsi negli orrendi condomini vista mare. In Israele vi sono poi schiere di invasati religiosi mantenuti dai contribuenti e perfino esenti dalla leva e questo mentre gli altri devono tirare la cinghia e continuamente mollare tutto per arruolarsi. E vi sono minoranze come quella araba, in sostanza palestinesi sottomessi che abbassano la testa in pubblico e la alzano in privato. Paura ma anche ipocrisia perché in Israele hanno servizi e un tenore di vita almeno fino ad oggi migliore rispetto a quello dell’altra parte del muro. Perfino l’esercito ha mugugnato contro i politici negli ultimi mesi e gli psicologi sono sommersi di soldati traumatizzati di ritorno da Gaza. Netanyahu ed i suoi sodali sono detestati da gran parte degli israeliani, eppure per egoismo continuano a schiacciare l’acceleratore ed ignorare ogni malcontento. È questo il vero fascismo ed è questo che potrebbe portare Israele allo schianto.
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Non amo le Religioni. Tutte. La "nostra" ad esempio è stata concausa primaria della fine dell'impero Romano, nonché "benzodiazepina rincoglionitiva" del nostro forte spirito fino a annichilire del tutto ogni forma di "Severitàs". Amo più l'idea di un Paganesimo. Un Dio diverso da pregare per ogni stato d'animo da affrontare. Un Dio severo quando serva Severità, uno Pacifico quando serva Pace, uno Guerriero quando serva Azione, uno Giusto quando serva Decisione ecc ecc. Vari momenti da affrontare proprio come la Vera vita impone. Un Pagano qualcosa di simile ai Giusti tra le Nazioni con cui gli odierni ebrei onorano i Non-ebrei che si sono prodigati però per difendere ebrei perseguitati. Con esso, anche i teologi cristiani hanno affrontato il problema della eterna salvezza per i pagani che, pur non avendo ricevuto la evangelizzazione, vissero come se l'avessero anticipata: cioè in modo Retto e Morale senza bisogno di false credenze
Ma non amo la forza del rito che contiene tutti in pugno. Le collettività che abindolano come tutte le "fedi create dall'uomo" e non dalla Natura come il Paganesimo
Le religioni pregiudicano scelte e adattamenti in quanto impongono a tutti in modo uniforme la loro unica via verso il raggiungimento della felicità e la loro idea di protezione dalla sofferenza. La tecnica delle religioni consistoni nello sminuire il valore della vita e nel deformare in maniera delirante l’immagine del mondo reale, cose che presuppongono l’avvilimento èe soprattutto l annichilimento dell’intelligenza. A questo prezzo, mediante la fissazione violenta a un infantilismo psichico e la partecipazione a un delirio collettivo, le religioni riescono a deformare la vita di interi popoli fino a farli entrare in guerra.
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🧑🎤 VECCHIONI: "ETTORE COME SINWAR"
• IL TALLONE DI ACHILLE DI VECCHIONI
Di Tonino Serra Conti
Caro prof. Vecchioni
amo in lei il poeta, il cantore delle emozioni profonde, l'insegnante amato nel suo liceo, l'uomo buono che ha sofferto molto ma, mi permetta di dirle con affetto, che lei è un gran pasticcione.
Paragonare Ettore a Sinwar è una solenne bestemmia, caro professore, e nei suoi allievi potrebbe provocare una grave confusione. Non avrei mai immaginato che, forzando il mito avrebbe tradito il logos, preferendo un paragone suggestivo, ma falso, alla realtà cruda ma vera.
Mai avrei pensato che sarebbe diventato un cattivo maestro.
La seguiranno in molti purtroppo perché confonderanno la sua musica con le sue parole inappropriate. Lo stanno già facendo.
Ettore, "il grande Ettorre", è l'eroe magnanimo per eccellenza, il guerriero che si batte per la sua gente affrontando a viso aperto il più forte e invincibile degli eroi greci: Achille, figlio di Teti, che lo aveva reso quasi immortale.
Sa bene di morire nel duello, sotto le mura di Ilio. Lo sa così bene che saluta per l'ultima volta Andromaca, la donna amata che sta per lasciare sola insieme con il piccolo Astianatte, al quale augura comunque un futuro felice: "Non fu sì forte il padre".
Ma si fa uccidere in un duello impari per proteggere la sua città, si sacrifica per essa.
Sinwar non affronta il nemico con lealtà. Si nasconde nelle caverne profonde e sicure, dove ha ammassato viveri e danaro, assistendo al massacro della sua gente, che sacrifica sull'altare di un ideale di morte. Non difende i suoi cittadini, ma se ne fa scudo e li lascia uccidere.
Prima di scatenare il pogrom di vecchi e bambini, prima di rapire e stuprare uomini e donne ridotti a schiavi, sapeva che avrebbe portato il suo popolo al massacro: lo desiderava, anzi, per suscitare la commozione contro il nemico che si era costruito con odio per anni.
Il sangue della sua gente sarebbe servito a erigere uno stato islamista, fanatica, malvagia.
Ama il martirio, ma degli altri.
Dal suo regno sotterraneo vede soddisfatto la sua gente morire sotto le bombe da lui innescate
No. Sinwar non è Ettore.
E non merita, come lei auspica, che il suo cadavere sia restituito alla famiglia per rendergli onorata sepoltura.
Sinwar non ha una famiglia, non ha un padre come Priamo che gli dei pietosi aiutano a raggiungere di nascosto la tenda dove abita l'assassino del figlio Ettore. Ha solo dei complici di una vita violenta, di assassini senza umanità alcuna.
Lascia non un orfano puro come Astianatte, ma figli educati all'odio con lettere deliranti e un esempio diabolico. Questi familiari chiederebbero il suo corpo per farne un feticcio di morte, un monumento all'intolleranza, al razzismo, all'odio eletto a sistema.
No. Sinwar non avrà un Omero che ne racconti i giochi in suo onore, con il mondo eroico che si inchina davanti alla purezza del più grande di loro.
Ecco, professore, il nemico restituisce il corpo di un uomo che rispetta, non il cadavere di un uomo odiato per la sua ferocia, che ha disonorato ogni principio di civiltà.
Questo cadavere sia bruciato e le sue ceneri vengano disperse.
Come quelle di un altro efferato assassino, anche lui cresciuto nell'odio verso gli ebrei e nel sogno infernale di distruggere un popolo.
Era Adolf Eichmann.
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Caro professore,
avrebbe potuto dire ai suoi allievi e ai fanatici che domani costruiranno il mito di Sinwar anche attraverso le sue parole, che il macellaio di Gaza e dei palestinesi non è Ettore: Sinwar è Thanatos, la personificazione della morte.
Omero, che le consiglio umilmente di rileggere, racconta che era un dio crudele, figlio della Notte come Ipno, che concede ai mortali la dolcezza del sonno.
Thanatos è invece il dio dell'angoscia e dell'incubo: abita il mondo sotterraneo dal quale esce per tormentare i mortali.
Nell’Alcesti di Euripide Thanatos è il tetro sacerdote dell’Ade che combatte con Eracle venuto a riprendere Alcesti: il dio della morte che combatte per sottrarre una sventurata alla vita.
Ieri nell'Ade, oggi a Gaza.
E siccome a lei piacciono i paragoni, vorrei ricordarle che Freud, profondo conoscitore dell'animo umano, contrappone teoricamente Eros a Thanatos, due divinità che da sempre agitano l’inconscio dell’uomo tra istinti di vita e istinti di morte.
Sta qui la differenza tra Ettore e Sinwar: non simili, ma contrapposti e incompatibili come lo sono il culto della vita e la morbosa adorazione della morte.
Io so con chi stare. Senza alcun dubbio e nessuna confusione.
Fino alla sconfitta definitiva di Thanatos e dei suoi fanatici fedeli.
Buona vita e buone letture, professore.
Di Tonino Serra Conti
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Era il suggello di un addio.
Non l’aveva mai sfiorata se non con qualche timido bacio sulle guance, poiché sapeva, ne era certo, che lei avrebbe sentito, attraverso quel fugace contatto, che l’amava perdutamente. Ma era infinitamente sublime quell’intesa mentale che aveva stabilito senza dirle nulla, come un patto indelebile, vergato nel bronzo come le leggi di un tempo antico. Quel coinvolgimento andava al di là di qualunque unione del corpo: era più intimo e più forte perché si trattava di un regalo il cui dono era l’inviolabilità dell’anima, i segreti e le viltà di un destino triturato dalla vita. Avrebbe lottato con la propria timidezza per non dirle di quel trasporto mentale che lo attraversa ogni volta che lei, con dolcezza violenta, passeggiava nei suoi pensieri. Era un incanto spezzato. Era un velo dissolto che dava la misura del tempo passato, portato lontano dai torrenti della vita. Era il suggello di un addio.
Marguerite Yourcenar
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