#tenere insieme i pezzi
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"Alla fine noi siamo 'sta roba qua.
Sopravvissuti, imperfetti, pieni di cicatrici che ci siamo fatti tra di noi. Se ci guardi da vicino, ti accorgi che, non si sa come, restiamo attaccati. Siamo tenuti insieme con lo sputo. È così, quando attraversi la vita. Ti usuri. E non puoi più tornare com'eri prima.
Ci devi stare.
L'importante è che capisci quali sono i pezzi più importanti, quelli di cui non puoi fare a meno, che ti fanno essere quello che sei. E te li tieni stretti. Pure se si scheggiano. Pure se si frammentato. Te li devi tenere stretti.
Fino all'ultimo granello..."
Zerocalcare
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Alla fine noi siamo 'sta roba qua.
Sopravvissuti, imperfetti, pieni di cicatrici che ci siamo fatti tra di noi. Se ci guardi da vicino, ti accorgi che, non si sa come, restiamo attaccati. Siamo tenuti insieme con lo sputo. È così, quando attraversi la vita. Ti usuri. E non puoi più tornare com'eri prima.
Ci devi stare.
L'importante è che capisci quali sono i pezzi più importanti, quelli di cui non puoi fare a meno, che ti fanno essere quello che sei. E te li tieni stretti. Pure se si scheggiano. Pure se si frammentato. Te li devi tenere stretti.
Fino all'ultimo granello...
#Zerocalcare
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Una forza e una generosità straordinarie sono il dono di ogni madre, e sono la base di quell’amore incondizionato che solo una madre sa offrire e che tutti dovremmo avere la possibilità di assaporare. Un vecchio proverbio napoletano recita: «Chi tene ‘a mamma, nun chiagne» (chi ha la mamma, non piange), ed è vero. Le madri sono scudo pronto a difenderci da ogni dolore, a volte persino esagerando.
La verità è che l’amore può tutto, che un sorriso, uno sguardo sincero, una carezza sono sorsi di eternità, che nel dolore la fiducia nel domani può soltanto diventare più grande.
Una terribile battaglia da combattere “un lungo addio”.. “un addio rubato..un addio mancato.. un addio finto”.
Perché tra di noi, mamma, non può esserci addio.
La mia persona più amata si dissolve lentamente in piccoli pezzi, ed è impossibile andare a ripescare quale sia stata l’ultima conversazione. Struggente ed emozionante, «il segreto della vita».
Tutto ruota intorno ai ricordi e alla memoria, al loro disperdersi e riemergere continuo e imprevedibile, trasportando tutti in una sorta di infinito presente. Una storia di cui non conosco né l’inizio né la fine, ma di cui ho vissuto e vivo intensamente ogni giorno con dolore, paura, rabbia, fatica, solitudine, curiosità, ostinazione. Facile perdersi in questo guazzabuglio di emozioni. Non so dire con precisione quando quel processo abbia avuto inizio. Sono stata incapace di cogliere i primi segnali quotidiani. E mi sono trovata direttamente a decidere quanti scatoloni avrebbero occupato i ricordi della mia infanzia e della mia adolescenza, riempiendoli ad una velocità molto superiore a quella delle mie emozioni, che mi soffocavano la gola. “Questo è il momento più difficile”, mi racconto ma intanto sto tatuando il mio cuore. In maniera indelebile.
Figlia unica di un genitore non autosufficiente, come la definisce la USL.
Il muro che ho dovuto attraversare per trovare il mio binario è fatto di rifiuto, disoriento.
Dovevo combattere con i fantasmi del mio passato, guardare negli occhi una persone che non mi riconosceva piu e specchiarmi nelle sue paure. Una micidiale danza di emozioni contrastanti: l’eterno presente senza ieri e senza domani il passato remoto improvvisamente prende vita catapultandoti in una dimensione surreale e spiazzante. Mi trito il cuore cercando di cogliere un’espressione diversa sul volto, un lampo negli occhi, un gesto, ma lei ė in un'altra dimensione e questo fa male. Come tenere tutto dentro.
Ecco come vedo, assisto e vivo questo lento perdersi. Un lento svanire. Spegnersi poco a poco, spettatore di questa surreale esibizione della vita. Dove il regista è il tempo e la trama è composta dalla memoria, dai ricordi, che a tratti riemergono da quel luogo fuori dallo spazio e dal tempo. Sono sempre lì. Sono sempre loro. Solo nascosti in qualche angolino. Basta aspettare il momento giusto... ed eccoli.
Un viaggio nei legami affettivi più forti, nelle nostre paure e nei nostri bisogni di amare, alla ricerca della felicità anche nelle situazioni apparentemente più avverse.
A 52 anni proprio non me lo aspettavo. Di figli ne avevo già uno, ormai grande, proiettato verso un futuro luminoso insieme alla famiglia che si era creato.
Ed io, invece, ecco che mi ritrovo, inaspettatamente, a dover fare i conti con la dolorosa esperienza di diventare “madre di mia madre", nel suo lento declino fisico e mentale.
Eppure il suo sguardo, di tanto in tanto, torna per un fugace momento (tanto fugace che, a volte mi chiedo se sia veramente successo) a fissarsi su di me, limpido e cosciente. Come se davvero fosse tornata a vederMi...tornata ad essere mia madre. Quella che si preoccupava per me. E si prendeva cura di me, sempre con un sorriso sulle labbra. Non so bene come spiegarmi. C’è da non trovare le parole quando hai a che fare con una persona che se ne sta andando lontano, sempre più, suo malgrado. C’è da augurarselo di non trovarle, mettere in fila i pensieri richiederebbe di voler vedere quello che si ha davanti e io non voglio.
“Mamma, sono io, sono Francesca”. Te lo ricordo, te lo ripeto, non perderlo il mio nome. Non lasciarmi andare. Nei tuoi pensieri troncati, assillanti, confusi non sei persa, perché non si può affogare in una pozzanghera, e non sei rinchiusa finché fai di tutto per stare a galla. Attaccati a me, aggrappati all'amo, salda più che puoi, con le mani e con lo sguardo, che ti tiro verso di me, non smettere di respirare.
Quanto fa male trasformarsi. “Sono io, mamma, sono Francesca”. “Lo so,” mi rispondi. Sei arrabbiata. In te c’è ancora forza...non molli, non cedi, ti ribelli. Mi prenderesti a schiaffi. Ti vedo, seduta sul divano. Ti stringi, ti rimpicciolisci, scompari, eppure io ti trovo sempre. So dove cercarti. So dove trovarmi. Anche se potremmo essere il gioco dei contrari io e te. Tu, che sei tanto diversa da me eppure ti assomiglio. Ho paura..e nello stesso tempo ho Il bisogno di non far vedere agli altri che sto male.
Ho tanti sensi di colpa: sono una mamma, come te. Quanta malinconia c’è, quanto mi ricordo di te..ricordi che si diluiscono. All’inizio mi concentro sul come fare per catturarti e quando ti ho catturata penso a come trattenerti; quando sto per perderti cerco di invogliarti a restare con un nuovo stratagemma; quando ti ho persa iniziano i propositi per fare meglio la volta dopo. Ricomincio, riprovo, non mollo mai. I tentativi si susseguono senza sosta. Non c’è fine, non c’è pausa. Ci pensi anche quando non lo fai. Ci deve essere da qualche parte una linea di confine che, se oltrepassata, è un cambio perenne di stato. E ci pensi mentre fai la spesa o sei in fila dal dottore, mentre parli al telefono con un’amica e perfino mentre ti fai la doccia. Quando sei sotto il getto dell’acqua tiepida piangi per il fallimento: non importa quanto poco ti consoli l’esserci per accudirla. L’acqua si miscela alle lacrime nel gorgo dello scarico e dovrebbe andare giù, lasciarti, non tornare, giusto? No, non va giù. La lacrima stagna, imputridisce. Si deposita. È l’acqua delle pozzanghere. Non conosce colore, non conosce fine. Non riflette tutto il cielo, non è nemmeno una finestra. Non bisogna scoraggiarsi.. ma mi mancano le forze o forse il coraggio. A volte ricordo i tempi piu felici che sono anche i più taglienti.“Eccomi! Ciao, come stai oggi? Hai visto che è arrivata l'estate???....
Guardami,
"sono Francesca, mamma
Mamma❤”.
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Alla fine noi siamo 'sta roba qua.
Sopravvissuti, imperfetti, pieni di cicatrici che ci siamo fatti tra di noi. Se ci guardi da vicino, ti accorgi che, non si sa come, restiamo attaccati. Siamo tenuti insieme con lo sputo. È così, quando attraversi la vita. Ti usuri. E non puoi più tornare com'eri prima.
Ci devi stare.
L'importante è che capisci quali sono i pezzi più importanti, quelli di cui non puoi fare a meno, che ti fanno essere quello che sei. E te li tieni stretti. Pure se si scheggiano. Pure se si frammentato. Te li devi tenere stretti.
Fino all'ultimo granello..
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"Alla fine noi siamo 'sta roba qua.
Sopravvissuti, imperfetti, pieni di cicatrici che ci siamo fatti tra di noi. Se ci guardi da vicino, ti accorgi che, non si sa come, restiamo attaccati. Siamo tenuti insieme con lo sputo. È così, quando attraversi la vita. Ti usuri. E non puoi più tornare com'eri prima.
Ci devi stare.
L'importante è che capisci quali sono i pezzi più importanti, quelli di cui non puoi fare a meno, che ti fanno essere quello che sei. E te li tieni stretti. Pure se si scheggiano. Pure se si frammentano. Te li devi tenere stretti.
Fino all'ultimo granello..."
~ Zerocalcare
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COSTA FATICA TENERSI INSIEME
Costa immane fatica.
Quando incontrate una persona rigida, composta, con le gambe chiuse, con le spalle a corazza che non vi dà una sensazione di sinuosità e flessibilità, lì troverete un immane sforzo.
Lo sforzo di tenere tutti i pezzi del suo essere insieme.
Quella persona sta faticando, sta provando dolore, è un’anima che è così concentrata a sorreggere ogni singolo pezzetto al suo posto, per mantenere l’immagine di quello che le hanno da sempre detto di essere, quella la gabbia che fin da bambina le hanno costruito intorno, che non ha spazio e modo di accogliersi e ascoltarsi.
Di stare di sentire chi è davvero.
Perché ha paura, sapete, è un tradimento ascoltarsi, significa tradire la propria famiglia, tradire chi ti ha generato
Significa Non Essere quello che gli altri si aspettano da te, quello che i tuoi genitori hanno voluto per te.
E alla minima distrazione lei lo sa, che potrebbe finire in 1000 pezzi e poi allora non la riconoscerebbero più perché sarebbe diversa e secondo lei sarebbe andata contro il patto familiare, lo avrebbe tradito, dietro alle spalle non avrebbe più nessuno, anche chi le ha fatto del male, perché il suo pensiero è che delle volte meglio avere qualcuno alle spalle che se pur ti fa del male almeno c’è, piuttosto che rimanere sola, e lei lo sa che rimarrebbe da sola con se stessa.
E questo le fa tremendamente paura.
E allora che cosa accade? Accade che Lei tiene, e continua, e vive nella parte che gli altri le hanno assegnato.
Nei vestiti che non sente più suoi. Nel lavoro o nella relazione che non l’appagano più
Quindi quando incontrate una persona così abbiatene cura.
Noi dall’esterno se ci siamo già passati, se abbiamo un po’ di sensibilità, avvertiremo il suo essere al limite. Altri penseranno che è soltanto una persona “impostata”, antipatica forse, senza emozioni o sentimenti. Piena di acciacchi e dolori, magari si lamenta anche.
Ma lo sappiamo dentro che prima o poi quando e se inizierà ad ascoltare il suo corpo, inizierà il suo processo di guarigione.
Si frammenterà sì, ed è solo una questione di tempo.
Ma le occorre quel tempo lì, anche vite intere sé occorre, insomma il suo tempo giusto.
Perché ci vuole coraggio, perché ci vuole amore e dolore, e allora il corpo in questo ci viene incontro. Manderà messaggi. E lo farà anche l’universo.
Perché arriverà ad uno stato tale di tensione per il continuo trattenere, chiudere così forte, che alla fine sarà insopportabile e il dolore la porterà davanti a una scelta.
Trattenere ancora o Lasciar andare
E quando sarà il momento del rilascio ci sarà anche la distruzione del suo mondo di carta, e sarà devastante e bellissimo quel momento in cui tutto questo accadrà e …cadrà sfasciandosi in 1000 pezzi
e allora
E allora poi,
da lì si ripartirà
Alessandro Catanzaro
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Storia di Musica #334 - Jackie Mclean, It's Time!, 1965
È stata la vista di un poster del disco di oggi che mi ha inspirato la scelta del punto esclamativo, come trait d’union dei dischi del mese di Luglio. Il suo autore è poco conosciuto ai più, ma è uno di quelle “divinità minori” della Storia del Jazz che hanno passato gli stili, suonato con i più grandi, indirizzato anche le scelte musicali, ma appena un gradino dietro le Divinità Maggiori. John Lenwood McLean, per tutti Jackie, nasce nel 1931 in una famiglia di musicisti, a New York. Sfortuna vuole che nel 1939 suo padre muoia, ma ha la piccola fortuna di poter continuare a studiare musica grazie al padrino e al nuovo compagno di sua madre, che possedeva un negozio di dischi. Ma più che altro, quando è adolescente, Jackie ha la fortuna di vivere vicino ad alcuni di quelle Divinità Maggiori: passa infatti spesso a casa di Thelonious Monk, Charlie Parker e soprattutto Bud Powell, che quando Jackie ha 13-14 anni intravede del talento. Inizia a suonare in un’orchestra il sassofono, insieme a Sonny Rollins, si innamora dello stile di Parker e quando a 20 anni è chiamato da Miles Davis per delle registrazioni. Davis raccontò che per le registrazioni di Dig (del 1951, il disco uscirà solo nel 1956) in studio si presentò Charlie Parker, rendendo nervosissimo McLean, terrorizzato di suonare davanti al suo idolo: “Continuava ad andare da lui a chiedergli cosa ci faceva lì, e Bird (il soprannome di Parker, ndr) a rispondergli che si stava solo facendo un giro. Gliel'avrà chiesto un milione di volte. Jackie voleva che Bird se ne andasse perché così sarebbe stato più rilassato. Ma Bird continuava a dirgli come suonava bene e a incoraggiarlo, e questo alla fine rese la prova di Jackie davvero fantastica”. Con Davis suonerà anche in molti altri dischi tra il 1952 e il 1952 e parteciperà allo storico Pithecanthropus Erectus di Charles Mingus: leggenda vuole che Mingus lo picchioò, McLean tentò di pugnalarlo e per ripicca se ne andò a suonare con i Jazz Messenger di Art Blakey.
La sua carriera sembra avvia al massimo successo, ma come moltissimi jazzisti di quegli anni, McLean divenne schiavo delle droghe: per questo motivo gli fu ritirato il permesso di tenere concerti in pubblico a New York e questo lo obbligò a un intenso lavoro in studio, che si rifletté nel gran numero di registrazioni a suo nome negli anni 1950 e anni 1960. Dopo aver registrato per la Prestige Records, egli firmò un contratto con la Blue Note Records per cui incise dal 1959 al 1967. Il suo stile hard bop diviene riconoscibile per il particolare modo di suonare il suo sax contralto, e tra la fine degli anni ’50 e gli inizi degli anni ’60 scrive i suoi dischi capolavoro: prove grandiose sono Quadrangle, da Jackie’s Bag del 1959, e il disco Let Freedom Ring, del 1962, meraviglioso lavoro dove aggiunge elementi distintivi della rivoluzione che Ornette Coleman aveva iniziato pochi anni prima, il free jazz, alla sua comunque ancora solida struttura hard bop.
Il disco di oggi è registrato nel 1964 con una band composta da il trombettista Charles Tolliver, il pianista Herbie Hancock, in uno dei suoi primi lavori di una carriera sconfinata, il bassista Cecil McBee e il batterista Roy Haynes. It’s Time! ha oltre 200 punti esclamativi in copertina quasi a sottolineare una vitalità creativa fiorente e incontenibile, in un periodo alquanto particolare della Storia del jazz: in questo disco è decisivo l’intervento di Tolliver che scrive con Mclean tutti i pezzi, continuando questo fruttuoso percorso al confine tra post-bop modale e free jazz. L'improvvisazione accordale gioca ancora un ruolo importante nella musica di questo bel disco. L'assolo di Hancock nell'apertura di Cancellation è un gioco di spigolature, scandite da un tempo semplicemente mozzafiato. Il funky di McLean Das' Dat ha sicuramente un debito con Horace Silver, ma l'elemento blues, che rimarrà per sempre uno degli amori del nostro, è puro Jackie McLean. Il modo di suonare di McLean non è particolarmente avventuroso, anche se a volte spinge il suo sassofono oltre i limiti. It’s Time! è micidiale - con Tolliver e McLean che si scontrano in un duello spettacolare- così come il ritorno del blues in Snuff. Tolliver, che ha fatto il suo debutto alla Blue Note con It's Time!, ha registrato tre album con McLean e diventerà noto per la sua voce di tromba fluida e lirica. Revillot di Tolliver (il suo nome al contrario) è un altro trampolino di lancio per grandi improvvisazioni. Il bassista Cecil McBee fa un breve assolo nella title track, il suo unico assolo in questa registrazione, anche se aiuta a guidare l'intera sessione.
Nel 1964 McLean passò sei mesi in prigione per questioni di droga, che segnerà sia la via privata sia la sua musica (che si sposterà con forza verso i primi esperimenti di acid jazz e alla sperimentazione più estrema. Tanto che nel 1967 la Blue Note, a seguito del cambiamento di gestione, pose fine al suo contratto, come fece in quegli anni con molti altri artisti d'avanguardia. Le prospettive di registrazione erano talmente poche e malpagate che egli preferì dedicarsi interamente ai concerti e all'insegnamento, che iniziò nel 1968 alla The Hartt School della prestigiosa University of Hartford del Connecticut. Negli anni successivi, egli avrebbe creato il Dipartimento di Musica Afroamericana (ora chiamato "Jackie McLean Institute of Jazz") e l'intero programma di studi jazz. Nel 1970, con la moglie Dollie, fondò a Hartford il gruppo Artists' Collective, Inc. dedicato alla conservazione delle tradizioni africane negli Stati Uniti, promuovendo e realizzando programmi di istruzione nella danza tradizionale, il teatro, la musica e le arti visuali. È stato sempre, come molti jazzisti, artista decisamente impegnato sul fronte sociale, culturale e politico, sin dai tempi delle contestazioni contro la guerra del Vietnam. Uno dei bellisismi documentari di Ken Burns sui grandi del Jazz è dedicato a lui. Morirà dopo una lunga malattia nel 2006, e nello stesso anno fu nominato nella Down Beat Jazz Hall of Fame. Un musicista da riscoprire.
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non so più se il mio corpo sta meglio o male come sempre: ci si abitua, dice mamma, e io le vorrei gridare che non ci si dovrebbe mai abituare a queste cose eppure so che è vero, che ci si abitua a tutto, ci si distrae, o i pensieri sbagliati diventano talmente quotidiani che non li riconosci più tra tutti gli altri. questo specifico abituarsi tuttavia è lentissimo, frutto di assecondamenti e accomodamenti; il mio scarso intuito rispetto al mio corpo rimane tale, mi riesce sempre molto difficile prevedere (e ammettere di non saperlo fare) - posso solo aggiustare il presente, provare e provare e aggrapparmi alle piccole conquiste mentre dall'altra parte perdo qualcos'altro, come se tentassi di contenere un fenomeno strabordante ma non avessi braccia per farlo, come se l'ordine fosse impossibile da mantenere. e allora appena trovo un equilibrio qualcosa altrove cede e bisogna ripartire da capo, ripartire e tenere duro e mettere insieme i pezzi e le procedure e le cause e le connessioni: che tutto assumerà un senso e una ragione, prima o poi, fuori da ogni intuito e da ogni previsione o forse solo in ritardo, o forse solo fuori da ogni logica: una risposta che consenta un equilibrio duraturo, se mai più la salute perlomeno l'abitudine. l'abitudine, sì
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"Scrivendo mi sembrava di riuscire a tenere insieme la mia vita che altrimenti sarebbe crollata spargendo i pezzi da tutte le parti."
Norwegian Wood — Haruki Murakami
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Se sopravvivo a quello che sta succedendo nella mia vita nelle ultime settimane, di sicuro dovrò farne qualcosa - mi dico spesso in questi giorni. Il fatto stesso che esista in me questo piccolo barlume di speranza mi devasta - vorrei prenderlo e soffocarlo e non far altro che nascondermi nell'oscurità.
Non scenderò nei dettagli ma, come al solito, mi limiterò alla letteratura: è come se da una linea temporale di universo fossi passata improvvisamente a un’altra, apparentemente uguale, ma con altre regole, altri meccanismi, altri significati. E mi sento, adesso, come un animale impaurito trasportato di forza in un ambiente nuovo, che si nasconde e ossessivamente osserva e cerca di sopravvivere. Verrà il momento di uscire ed esplorare e cercare di adattarsi al mondo nuovo, forse - ma quel momento non è ora.
Ora è il momento di tenere insieme i pezzi, di stupirsi di come tutti gli eventi si sono incastrati a comporre questa figura perfettamente infelice, di cercare un equilibrio tra speranza e disperazione. E forse, anche, il momento di liberarsi dei pesi inutili (sebbene, devo ammetterlo, su questo fronte stiamo iniziando proprio male) e di imparare a sopportare solo il fardello delle cose che contano.
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Alla fine noi siamo 'sta roba qua.
Sopravvissuti, imperfetti, pieni di cicatrici che ci siamo fatti tra di noi. Se ci guardi da vicino, ti accorgi che, non si sa come, restiamo attaccati. Siamo tenuti insieme con lo sputo. È così, quando attraversi la vita. Ti usuri. E non puoi più tornare com'eri prima.
Ci devi stare.
L'importante è che capisci quali sono i pezzi più importanti, quelli di cui non puoi fare a meno, che ti fanno essere quello che sei. E te li tieni stretti. Pure se si scheggiano. Pure se si frammentato. Te li devi tenere stretti.
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Alla fine noi siamo 'sta roba qua.
Sopravvissuti, imperfetti, pieni di cicatrici che ci siamo fatti tra di noi.
Se ci guardi da vicino, ti accorgi che, non si sa come, restiamo attaccati. Siamo tenuti insieme con lo sputo.
È così, quando attraversi la vita. Ti usuri. E non puoi più tornare com'eri prima.
Ci devi stare.
L'importante è che capisci quali sono i pezzi più importanti, quelli di cui non puoi fare a meno, che ti fanno essere quello che sei.
E te li tieni stretti. Pure se si scheggiano.
Pure se si frammentato. Te li devi tenere stretti.
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ZeroCalcare
scelto in tumblr da https://www.tumblr.com/sweetarale
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Mi auguro la storia che ho sempre cercato, qualcuno che mi faccia sognare e che sappia rendere magica la realtà.
Mi auguro che nessuno mi ferisca più, un cuore intatto da oggi e per sempre.
Mi auguro quel calore in grado di sciogliere le mie incertezze, quell'abbraccio capace di tenere insieme i pezzi.
Mi auguro di conservare sempre la bambina che ho dentro,di cambiare solo se lo voglio io e mai per gli altri.
Mi auguro di scegliermi e di non guardarmi indietro,di non pensare più alle parole che hanno usato per ferirmi.
Mi auguro di non trattenere: chi vuole andare via, che se ne vada pure.
Mi auguro di trovare quella serenità che da tempo bramo.
E infine mi auguro di trovare quell' incastro perfetto,quell' equilibrio capace di farmi sentire in pace col mondo. Qualcosa di forte come il mare, ma leggero come una carezza.
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Piedi ben piantati a terra
Con chiodi e catene
Per tenere queste parti volatili di me
Strette insieme
Che non si disperda la.magia del mio divenire
e si preservi sano il seme
Che sceglierà una nuova primavere per germogliare
Un altro mondo, un altra sfera
E mentre lo annaffio
D'orgasmo e pianto
La mia unica missione è arrivare a sera
Sana e salva dalla paura
Dalla "me" negativa
Che come una pecorella smarrita
Oggi si allinea
Perché nemmeno lei vuole più essere a pezzi
Non ha più voglia di passioni sterili
O rimedi lisergici
L' ho convinta a seguirmi
Siamo scese a patti
Per non essere più a pezzi
E ogni giorno è un compromesso
Ogni giorno uno diverso
Tra il sole e la luna
Tra la luce e l' ombra
Vivere ogni emozione
Una ad una
Anche quando fa male
E serve inchiodarsi i piedi a terra
Per non volare
Che non è il momento
C'è butto tempo
Fuori da qui
Nel vostro mondo
Silvia Canonico 🖋
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Sotto le lenzuola calde riapro gli occhi ed è mattino. Un braccio sopra il mio seno mi impedisce di respirare normalmente. Sento caldo e freddo all'unisono. Scendo dal letto nuda e mi dirigo verso quella che spero sia la cucina. Il caffè mi dovrebbe svegliare, mettere in moto i miei sensi messi a repentaglio dalla droga che di notte riscalda la mia pelle perennemente fredda. Guardo le sue mani prima di allontanarmi dal letto sfatto, i capelli lunghi sparsi sul cuscino rosso. La schiena possente invade il mio sguardo e bramo il suo tocco. Cammino lenta verso la cucina e accendo il caffè, nuda, cerco lo zucchero che non metto mai, ma che mi piace tenere sul ripiano della cucina. Casa mia o sua. Non fa più differenza. Due mani circondano il mio corpo nudo e qualcosa di caldo riscalda ciò che resta di me. Attorciglia i miei capelli lunghi intorno al suo polso e tira all'indietro mentre con il cazzo duro inizia a sprofondare dentro di me. Mi pervade con ciò che compone lui. Il suo profumo sparso per la stanza che si mescola al mio. Le sue labbra cercano le mie, ma trovano la barriera della mia spalla. Bacia i pezzi di carne bianca e a morsi risale lungo il mio collo. Incontro il suo sguardo e mi perdo, il scuro di uno sguardo indistruttibile. Chi sei? Raccontami di te. Possiedimi. La cintura nera viene avvolta intorno ai miei polsi, sono vittima e lui carnefice, spezzami, usami e poi lasciami sul pavimento freddo a ricompormi. La mia guancia sul freddo marmo del ripiano, contrasto tra la mia pelle bianca e il nero dei mobili, il freddo mi pervade e lo sento completamente dentro di me. Lascia lividi scuri intorno alle mie braccia, il collo e le gambe stanche. Sento il suo desiderio crescere insieme al mio e ansimo mentre i nostri respiri si confondono e diventano un tutt'uno. Chiudo gli occhi e mi abbandono a lui, il mio padrone, mio unico dio che mi fa raggiungere ciò a me sconosciuto. Mi mordo le labbra mentre lui forte mi possiede, mi guida verso il nostro piacere che invaderà il nostro corpo e ci farà urlare in una mattinata fredda di novembre. Riapro gli occhi mentre mi guida verso il letto. Le braccia restano legate, la schiena inarcata, i seni toccano leggermente il cuscino rosso scuro come il sangue che ci scorre nelle vene ed è forse questa la vita o la felicità? Si appoggia alla mia schiena mentre viene sussurrando il mio nome e per un momento il dubbio che non l'abbia nemmeno pronunciato che fosse solo nella mia fantasia mi invade. Riapro gli occhi ed il liquido caldo inizia a scorrermi tra le gambe lunghe che tanto ama e mi lascio cadere sulla pancia. Lui sopra di me, dentro di me, con me.
Tu sei vita, resta.
Ti addormenti accanto a me stringendomi forte verso di te che sei bollente. Mi acculo contro il tuo petto ascoltando in silenzio il tuo battito cardiaco ormai regolare, poggio il palmo con le unghie lunghe sopra il tuo cuore e resto in attesa di un tuo risveglio e di un nuovo inizio. Mi salvi, mi ammazzi, mi hai. Forse ti amo, forse ti odio e non te lo so dire, te lo posso sussurrare mentre con gli occhi chiusi resti in attesa del riposo totale. 'Ti amo' e non te lo dico per paura. Proteggimi, tienimi. Cerco di sottrarmi al tuo abbraccio, alla tua presa ferrea, fallendo. La tua presa resta ferma, decisa, tienimi. Mi tremano le mani e alla disperata ricerca del sonno conficco le unghie nella tua pelle, mi attacco, mi aggrappo a te. Non ti lascio, non lasciarmi. Al risveglio un altro momento d'amore. Nostro. Ora dormi, che dormo anch'io.
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Pomeriggio di pioggia a casa e l'unica cosa che senti/vedi in tv o sui social è Sanremo quindi cosa ti viene in mente:
"PERCHÉ NON PROVARE A MIXARE LE CANZONI!"
È venuto fuori qualcosa tipo:
"MAH...COSA HO CREATO" e "MA È BELLISSIMO!!!"
Mi sveglio ed è passata solo un’ora
Non mi addormenterò
Ancora otto lune nere e tu la nona
Madre figlia,luna nuova,sorella amica mia Io ti do la mia parola
Ahia ia ia ia ia iai
Ahia ia ia ia ia iai
Mi chiamano con tutti i nomi
Tutti quelli che mi hanno dato
Ma nel profondo sono libera,orgogliosa e canto
(Sinceramente tua & Mariposa)
C’è una guerra di cuscini
Ma cuscini un po’ pesanti
Se la guerra è dei bambini
La colpa è di tutti quanti
Con linee immaginarie bombardate un ospedale
Per un pezzo di terra o per un pezzo di pane
Non c’è mai pace
Ma il prato è verde,più verde,più verde
Sempre più verde(sempre più verde)
Il cielo è blu,blu,blu
Molto più blu (ancora più blu)
(Onda alta & Casa mia)
Ma di svegliarmi con accanto qualcuno
Per me l’amore è come un proiettile
Lo sai che sei un proiettile nel cuore però avevo il giubbotto
E lo sai,cercarti è un po’ come aspettare ad un semaforo rotto
(Click boom & Un ragazzo una ragazza)
Cosa siamo noi
Solo diamanti grezzi
Cadono in mille pezzi
Ma siamo fragili
Come la neve
Come due crepe
(Diamanti grezzi & Fragili)
Cosa ci fai qui
Non vorrai mica deludermi
Hai sciolto le catene che abbiamo stretto insieme
Per tenerci lontani
Non mi piace niente ma tu mi togli il respiro
Apnea
(Ti muovi & Apnea)
Affogo in una lacrima perché il mio destino è autodistruttivo
Copri le lacrime segreti da tenere,non farti scoprire
Lo sai che a casa non devon sapere,cosa dovrai dire
(Autodistruttivo & La rabbia non mi basta)
Nun less pnzat maij
Ca all’inizij ra storij er gia a fin ra storij p nuij
O ciel c sta uardann
E quant chiov e pcchè
Se dispiaciut p me e p te
Solo una stupida canzone per riuscire a riportarti da me
Soltanto un’ultima canzone per riuscire a ricordarmi di te
('I l' me,tu p' te' & Tu no)
Io sono pazza di me,di me
E voglio gridarlo ancora
Non ho bisogno di chi mi perdona io,faccio da sola,da sola
E sono pazza di me
Prima di te non c’era niente di buono
Come se
Tu fossi l’unica luce a dare un senso
E questa vita con te
È un capolavoro
(Pazza & Capolavoro)
Io che da sola
Non so stare
Ad occhi chiusi
Sopra la follia
Perché in giro da sola non resto
Anche la più bella rosa diventa appassita
Va bene,ti aspetto,ma non tutta la vita
(Fino a qui & Ma no tutta la vita)
La mia collana non ha perle di saggezza
A me hanno dato le perline colorate
Per le bimbe incasinate con i traumi
Da snodare piano piano con l’età
Eppure sto una pasqua guarda zero drammi
Tu non guardare indietro mai e vai uh uh
Non guardare indietro mai e vai uh uh
Non guardare indietro mai e vai uh uh
(La noia & Vai)
Tu che non mi ami
E io ancora che ti chiamo
Per dirti
Finiscimi
Fammi sentire quanto sono pessimo
Ma tu già lo sai
Che io non sarò mai
Un porto sicuro
In un mare calmo
Mi hai lasciato con l’amore in bocca
(Finiscimi & L'amaro in bocca)
Lasciarmi cadere nel vuoto per sentirmi vivo
Anche solo per un attimo
Rincorrere ancora quel brivido
Sarà fantastico
Morire ancora per te
Vorrei guardare il passato con te
Addosso al muro col proiettore
Viverlo insieme un minuto anche tre
Scappare per un po’ da Roma Nord
(Il cielo non ci vuole & Tutto qui)
Parliamone da soli in una notte di prigione
Con gli occhi spalancati e le labbra di silicone
Dammi un po’ di te,un pezzo dei Blur,un locale da spaccare
(Fammi vergognare)
Non paragonarmi a una bitch così
Non era abbastanza noi soli sulla jeep
Ma non sono bravo a rincorrere
5 cellulari nella tuta gold
Baby non richiamerò
(Governo punk & Tuta Gold)
E non sai come vorrei farne a meno
E lo sa solo Dio
Chi è più pazzo di me
Sotto questo mantello di cielo
E allora piove da quel buco sulle teste,
Sì,ma non fa niente.
Tanto si riparte:
Non so nemmeno dove.
(Pazzo di te & Ricominciamo tutto)
Ma abbracciami abbracciami che è normale
Stringerti forte è spettacolare
Come l’amore il primo giorno d’estate
Come i dischi belli che non scordi più
Come l’istante che ti cambia per sempre
Ma in fondo resti ancora e ancora
Io e te fermiamo il mondo quando siamo insieme
Anche se dura un secondo come le comete
Griderò,griderò il tuo nome fino a perdere la voce
Sotto la pioggia sotto la neve
Sospesi in aria come due altalene
(Spettacolare & Due altalene)
-la ragazza dal cuore nero♡
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