#so che c'�� il lunedì me la guardo il lunedì
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Resoconto Giorno 82
Stanotte il mio umore non era dei migliori. Imma dormiva e non potevo dirle “parliamo un po’?” come ogni volta che ci sentiamo giù di morale. Solo noi sappiamo che dietro quella domanda si nasconde il desiderio di sfogarsi e di un abbraccio. Prima di “andare a dormire” ho detto a Robb “sto un po’ giù, non so perché e non mi va di parlarne, volevo solo dirlo a qualcuno” e lui mi ha detto “mhhh se non sai perché va bene, anche se in fondo lo sai perché, forse non sai come dirlo o hai paura. Ora ti mando una canzone dai, ho capito” e mi ha inviato California King Bed di Rihanna. All’improvviso ha chiesto se fossi preoccupata per una cosa e... ha fatto centro, mi sono sentita un pochino scoperta, molto vulnerabile e ho dovuto tenere a bada i lacrimoni. A Vitto non ho detto di stare giù, ma lo ha intuito e mi ha chiesto “Vogliamo fare una videochiamata muta?” E in effetti siamo stati in silenzio per quindici minuti, parlavamo con i gesti e con le espressioni facciali. Mi sono addormentata verso le tre e mezza, zero incubi, ma mi sono svegliata in continuazione.
È lunedì, piove ed io sono meteoropatica.
In mattinata il solito. A pranzo zero sgarri. Io e Vitto stiamo completando Suburra, dopo pranzo abbiamo guardato la quarta puntata della seconda stagione. Dopo mi sono addormentata, poi verso le cinque mi sono allenata. Cerco di fare almeno mezz’ora di allenamento, altrimenti non sono soddisfatta. Dopo il workout ho fatto bagno e shampoo e per godermi ulteriore pace mi sono messa sul divano con le cuffiette e il diario a scrivere/scarabocchiare un pochino. È venuto papà verso sera. Mamma stava per iniziare una discussione con lui, come sempre. Ho guardato papà, lui ha guardato me e ci siamo capiti. Ho riso per il nervosismo e gli ho mandato un bacio al volo come a dire “non ti preoccupare, ci sto io”. Quando è andato via abbiamo cenato. Mamma ha parlato male di lui e voleva la ragione. Ho finito la cena in silenzio e poi mi sono rimessa le cuffiette. Zero sgarri.
Ieri sera Robb quando ha capito il motivo del mio malumore mi ha chiesto di parlarne: “se ti va di parlarne, se no ne parliamo domani con più calma. Devi dormire bene, e non voglio infierire sulla tua mente e sui tuoi pensieri” Così ne stiamo parlando e sinceramente è un po’ bruttino farlo da un telefono, ma pazienza. Io e Vitto abbiamo visto un’altra puntata di Suburra, la stiamo divorando questa stagione. Io adoro sempre di più Spadino, mentre a lui piace Samurai. Ho detto tutto.
È mal tempo. Ho mal di testa. Piove e tuona. Ho bevuto un po’ di latte nella mia tazza preferita. Comunque in questi giorni mi sto piacendo alquanto... che tipo mi guardo allo specchio e penso “aw carina” eee sono super contenta di questa cosa.
Ceraunofobia: fobia specifica di tuoni e fulmini, comune nell'essere umano.
16 Novembre
#diario#resoconto#novembre#cattivo umore#lunedì#quarantena#covidー19#pioggia#meteoropatica#ceraunofobia#autostima#amicizia#Rihanna#canzone#pop#California King bed#netflix#suburra#spadino#samurai#mamma#papà
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DIARIO DI BORDO. GIORNO 46.
IL TEMPO DELLE MELE. OVVERO : QUANDO POLDO NON ENTRO’ MAI NEL GRUPPO, NEPPURE PER USCIRNE.
Una parvenza di lavoro color Magnifico Marrone lo abbiamo finalmente strappato dalle mani rachitiche e piene di anelli della stonzissima impiegata del pôle emploi. Suo malgrado ha dovuto ammettere che - mmmmmmsiiiiì fovse si potvebbe pvovave a fave un mesetto di pvova, ma badate bene che se fate minchiate (che a voi due vi conosco) il pvossimo lavovo che vi tvovo savà pulive i cessi pev le case di cuva di anziani col tumove al pancveas che soffvono di diavvea cvonica. A me e Poldo viene quasi un'eiaculazione precoce - in effetti l'unico tipo di eiaculazione che ormai conosciamo da due anni e mezzo a questa parte - non solo al sentire la "evve" moscia (ma indurente) della tipa del pôle emploi, ma soprattutto al pensiero di essere finalmente entrati in un mondo così lussureggiante, prolifico, mentalmente benestante e borghesemente soddisfacente come quello del lavoro. Che poi qui si parla addirittura del mondo del lavoro della M-A-G-N-I-F-I-C-A !
Ah. Ma poi oggi è sabato e in realtà chi se ne fotte, si comincia lunedì e quindi stasera festa grande a cazzo duro, tutto sta nel trovare una festa dove anche noi figuriamo nella lista degli invitati. Che poi a volte ho il sospetto che 'ste fantomatiche liste le facciano apposta per noi, giusto per poterci escludere meglio. Poldo ha l'idea geniale del secolo ventesimo o giù di lì e si ricorda che fra i suoi utilissimi contatti telefonici - dove abbondano quarte di reggiseno, ex anarchici delusi potenziali suicidi e spacciatori di fumo - forse c'è ancora il numero di un certo tipo strasimpatico e,
e qui tremo, che Poldo quando dice aver trovato simpatico uno è solo e sempre perché la sera prima ha bevuto tutto il locale, banconista compreso, e alla fine della giostra il tipo si rivela sempre e comunque una testa dic azzo indomabile e ineguagliabile, tipo quelli a cui a scuola pisciavamo in testa dal terrazzo durante l'ora di ginnastica. Che poi a volte lo facciamo ancora adesso, solo che il terrazzo si è trasformato in un ponte, l'ora è piuttosto spostata verso la fine della notte/inizio giorno e il colore del piscio è nettamente più giallo e pregno di molto più lievito di birra. Ma oh, per fedeltà di pensiero le teste di cazzo sono in proporzione ben più grosse delle facce di minchia a cui pisciavamo in testa a scuola e - oh ma mi stai ascoltando? Poldo si è accorto che mi sono perso nel mare nostrum dei ricordi - o del piscio giallo lievito di birra - e catturando la mia attenzione con una finezza da psicologo di scuola yunghiana, mi sciorina tutte le quarte, quinte e terze (ma ben abbondanti mi assicura) che sono il punto forte della festa a cui vuole a tutti i costi portarmi stasera, a casa di quel simpaticissimo amico suo. - che di lavoro fa? gli chiedo a bruciapelo, perché qui nella Magnifica, il lavoro è dioporco tutto mentre per me e Poldo è ben vero il contrario, identificando le persone al netto opposto. - ma che cazzo fai, le domande dei froci della Magnifica? cazzotene, c'è buona musica alcool ganja e figa a profusione. Io lo guardo storto, perché a chiunque mi avesse detto cazzotene del lavoro che fa il tipo avrei pensato altro. Ma con Poldo so quasi per certo che questa risposta è un trabocchetto. - cazzo fa di lavoro quindi? - e merda! Ok fa il dottorato in antropologia, è un figlio di papà del cazzo, fa il finto comunista con le magliette firmate e pantaloni a pinocchietto nonostante sia alto un metro e un cazzo di cinese ed è arrogante quanto uno stronzo appena uscito dal culo di uno stitico ma porcalamiseriatantrica ha un botto di fumo whisky e di amiche abbastanza intortabili da regalare la figa come fossero i saldi del pelo pubico a Shanghai.
Ok. Poldo sa come convincermi. Poco importa se dovremmo sorbirci ore e ore di discorsi socio antropologici su come eliminare qualsiasi problema nel mondo dalla fame alle doppie punte dei peli del culo passando per l'ignoranza delle masse svogliate e animalesche e il malcostume dello scorreggio in ascensori pubblici e affollati dopo aver mangiato kebab a pranzo. Io e Poldo siamo abituati a molto peggio e pur di farci uno spino senza sganciare dinero e di bere a scrocco tutta la serata, saremmo quasi pronti a pisciare in un cesso d'oro affermando che sia di zinco e perfino di infima quantità. Quindi compriamo il minimo sindacale per non passare da morti di fame alla festa a cui ci stiamo autoinvitando e spavaldamente raggiungiamo il paradiso su terra, aspettando venti minuti fuori al gelo e sotto uno tsunami di pioggia perché non sappiamo nessuno dei mille codici necessari per entrare e quindi ci accolliamo al primo nativo-faccia-da-frocio-imbecille che capiamo essere là per la festa del secolo.
Il nativo ci guarda con sospetto mentre in silenzio ci ficchiamo tutti e tre nell'ascensore - una rara chicca nella Magnifica, città si direbbe fatta solo di scale e tutte che portano ineluttabilmente al sesto piano dove è sempre la casa dell'amico tuo sfigato e non è mai il paradiso, nonostante l'altezza possa coglierti in inganno. Io e Poldo facciamo la risonanza magnetica al tipo di fronte - giusto per ricambiargli il favore - e scopriamo con sommo piacere che anche lui sostenitore del risvoltino nonostante la veneranda età che malgrado tutto dimostra in pieno, si è completamente inzuppato scarpe e calze bianche in vista, perché fuori piove a dirotto e il coglione è comunque uscito vestito come un ricchione di sedici anni che ancora non ha capito che risvoltino e calze a vista = stasera non trombi manco se paghi. Che poi a loro che gliene frega in sostanza? Se possibile i nativi trombano meno di noi - alla faccia dei ménage à trois, delle sbobbe inverosimili di Truffaut, e di tutte le capacità amatorie che dicono di avere. Questi non trombano manco su Tinder, figurarsi dal vivo. (E d'altronde, co 'sta cazzo di trottinette, come potrebbero).
Dunque entriamo tutti e tre spavaldi e spalanchiamo la porta della festa del secolo, che I Magnifici Sette scansatevi proprio. E poi in realtà si cominciano a scansare un po' tutti al nostro ingresso e con sommo stupore del buon vecchio ingenuo Poldo non per il tipo inzuppato fino alle brache, ma perché semplicemente si sono tutti accorti nello stesso fottuto istante immediato che ci siamo letteralmente imbucati e che non conosciamo cristodio nessuno e che soprattutto nessuno di loro conosce porcocazzo noi. Io tiro Poldo per un braccio e gli suggerisco di filarcela all'inglese con tanto di medio e indice alzati a mo' di arcieri di altri tempi, ma lui mi rassicura con la sua pacca sulla spalla standard, il suo sorriso gigione e la sua indomita faccia da culo - io amo quest'uomo - che peraltro mi sussurra - ma non vedi quanto bel materiale umano...? (eh già che pure lui un tempo era iscritto ad antropologia, anche se non si è mai fatto un viaggio in Africa per provarsi gli acidi all'ombra delle capanne zulù). Quindi Poldo, senza il benché minimo cruccio urla a gran voce il nome del padrone di casa (il suo unico contatto diremmo utile sul telefono del quindici-diciotto) manco fosse il protagonista della storia infinita e avesse urgenza di salvare il mondo di Fantasia dando un nome a..
Mmmmmmmmno. Non alla dolce bellissima promotrice di seghe adolescienziali da favola quale era per tutti noi l'imperatrice bambina. Mmmmmmno. Non direi neppure si trattasse di un imperatore bambino. Ma neppure di un principe bambino, eh. Diciamo però che la taglia del bambino ci stava tutta. Ecco sì. Diciamo che Poldo stasera mi aveva portato a casa di un Hobbit, figura mitologica dalla sembianze down, che peraltro indossava gli stessi pantaloni a pinocchietto del protagonista del Signore degli Anelli e che per giunta era pure un fottuto rital del cazzo, come noi. E come il novanta virgola novantanove per cento degli invitati. Escluso Mr Risvoltino, beninteso. Ecco sì. Dicevo lo Hobbit, paragonato al suo alter-ego fantastico, ha pantaloni identici, capelli identici, faccia solo un po' più brutta (e molto più arrogante). Forse la maglietta di Just Cavalli stona un po', ma almeno il colore è rosa shock. Come quello che mi è preso non appena ho dovuto saggiare anche le capacità plastico/danzereccie dello Hobbit - dopo essersi fatto tre strisce di coca rigorosamente una dietro l'altra, mentre ancora la sua voce da ometto non ben sviluppato pronunciava una difesa dello stato popolo sovrano contemporaneamente a una fulgida accusa allo stato dittatore che controlla i giovani col potere della droga. Ah. - cazzo sì, quanto materiale umano. Ribadisce Poldo ,che inoltre sorride sornione e quindi mi fa cominciare a sospettare che il mio amico in realtà non sia veramente il mio amico ma che rapito da una navicella spaziale, sia stato sostituito con un clone abbastanza perfetto che voglia sondare le idiozie dell'animo umano non per distruggere la Terra ma solo per usarla come talkshow-antidepressivo da mandare in onda in prima serata il sabato sera su tutte le reti galattiche. Poi Poldo scorreggia alzando lievemente la gamba destra mentre nel frattempo fa un rutto che Bud Spencer ciao ci vediamo e capisco che nessun clone potrebbe essere così perfetto, quindi mi tranquillizzo e mi dirigo verso l'angolo whisky.
Lo Hobbit si chiama Silvio e lasciamo stare ogni altro commento al riguardo che sarebbe troppo facile e non c'è gloria nella cattiveria fornita su un piatto d'oro dodici carati e zirconi vari buttati ovunque. Lo psiconano - no non è emulazione, giuro che a furia di vederlo destreggiarsi abilmente fra coca, allucinogeni vari e palpatine a turno elargite a maschi, femmine e animali indistintamente, l'associazione viene spontanea - balla come Trump nel suo momento più euforico, fa più viscido di Umberto Smaila all'epoca di Colpo Grosso, e la sua logorrea da pisello piccolo fa pensare (le rare volte in cui lui tace e puoi riuscire a pensare) a Vittorio Sgarbi nel suo momento peggiore. Certo va detto, che riesce perfino a parlare coprendo la musica pseudo mistica che due strafattoni stanno campionando, semplicemente scopiazzando due o tre tracce di musica Sindhi riadattata per occidentali sfigati. - ma dove cazzo mi hai portato? e la figa soprattutto dov'è? il tono di rimprovero nei miei occhi nella mia voce e perfino nel mio scorreggio al kebab del pranzo è fin troppo marcato perché Poldo possa ignorarlo con nonchalance. - la figa è nel cesso a farsi due o tre raglie propiziatorie al dono del pelo pubico, tu prendi tutte le birre che le tue misere dieci dita riescono a contenere e io vedo se trovo della ganja come dio comanda. Decisamente Poldo è irriconoscibile nella sua nuova veste di sensale di feste improbabili ai confini dell'universo. Quindi arraffo tutte le birre che posso, mi fondo sull'unico divano e per fortuna libero e attendo il buon Poldo col bottino che potrebbe di gran lunga migliorare questo Silvio's Horror Live Show.
Non me ne accorgo ma comincio a scolarmi le birre una dietro l'altra senza che di Poldo vi sia traccia. Si rifà sempre più viva e vibrante nella mia testa l'ipotesi del rapimento alieno e stavolta aggravato dal furto di ganja che sicuramente Poldo avrà a quest'ora già trovato in quantità industriali. E sempre senza accorgermene, comincio a diventare spettatore involontario di un teatro che al suo cospetto Natale in Casa Cupiello ti fa ammazzare dalle risate, soprattutto nel finale. Sprofondando sempre più a fondo nel divano verde vomito - non troppo diverso da quello da me raccattato in strada e portato su dall'arabo del quarto piano che poi dicono sono senza educazione - il mio sguardo da pubblico inerte si pianta nella dolce schiena di Silvio (un coltello sarebbe stato meglio) microproprietario di casa che chissà perché tutte le ragazze ora uscite dal cesso sembrano considerare un gran cigolò-intellettualone dalle cui bianchicce labbra pendono come uva troppo matura - e sul punto di cadere. Silvio balla alla Trumpaila (perfetta simbiosi fra Trump e Umberto Smaila), i fattoni ripetono a loop la musica che da circa quaranta minuti mi sta sfrantando gli zebedei, una coppia etero/bisex cerca in tutti i modi di coinvolgere lo Hobbit nei suoi giochini erotici - altre strisce di coca random - una coppia etero/etero cerca di coinvolgere lo Hobbit in altri giochi meno erotici e più intellettuali - altre strisce di coca random più un allucinogeno per tenere botta - la musica cambia senza cambiare, le tipe cominciano a dare segni di voracità sessuale indiscriminata, due delle tipe voraci suddette cominciano disperate a limonare duro fra loro (e d'altronde con quelle cazzo di trottinette come farebbero anche solo a pensare di leccare un nativo senza considerarlo almeno un po' tanto frocio), e Poldo non torna. Al terzo giro di strisce e di limonata lesbo-disperata decido che prima di suicidarmi come l'inquilino del terzo piano - il mio, non quello di Polanski - è ora di alzarsi dal divano ormai quasi diventato il mio letto e cercare il mio amico rapito dagli
Ah. No. Non erano gli alieni. Era solo la figa.
Quindi richiudo la porta del cesso, aspetto che Poldo abbia finito - ci era quasi; sembrerebbe dai gemiti della tipa dalla quarta di menne. E infatti tempo dieci minuti Poldo è fuori. Fuori dalla tipa, fuori dal cesso e perfino fuori da quella cazzo di casa degli orrori che un altro po' e cominciavo a darmi alla coca anche io. Ma quella con le bollicine, che l'altra mi ha sempre stimolato una vaga sensazione di pietà per i beneficiari. Poldo non mi guarda e io guardo la strada che alle sette e mezza di domenica mattina è silenziosa e illuminata di una indecisa luce azzurrognola grigia - che nella Magnifica più di così non si può avere - che vattelapesca perché mi ricorda i tanti sabato sera nerd, passati sempre con lui, il buon Poldo, nelle sale giochi anni ottanta a bere birra ubriacarci e a sognare su tipe di cui eravamo profondamente innamorati e che non ci avrebbero mai cagati di pezza. A vedere subito dopo un film in videocassetta a casa di lui che tanto i suoi non c'erano mai, povero Poldo dico ora ma benedetto dicevo allora. Un film sul genere romanticherie fantastiche e altre stronzate che mai avremmo confidato ai nostri compagni di classe pena la decapitazione in sala mensa e abbassamento di pantaloni con relativa saponetta da raccogliere negli spogliatoi della palestra, con ciliegina finale sulla torta ovvero presa per il culo sui nostri all'epoca minuscoli pisellini.
Bei tempi, quando si era sfigati e avevi sempre un amico più sfigato di te al tuo fianco - che credevo a sua volta essere il meno sfigato dei due - un amico fedele con cui passare senza senso le giornate, quando ancora ai figli di papà ci pisciavamo in testa e a scuola erano comunque meno ganzi di noi perché ancora alle tipe non interessava tirare o farsi pagare il concerto dei Vitalic o la cena bio che poi se no resta sui fianchi. No, nei mitici anni ottanta più eri sfigato, disadattato, pezzente, poetico, alcolizzato, sporco e cazzone, più le tipe ti morivano dietro ma in grande stile che ogni occhiata era un palpito, ogni saluto inatteso dell'altro una serata da condividere al telefono con le amiche (nonostante le minacce di tuo padre dall'altra stanza che la Sip costa dioporco), ogni gita scolastica - perfino a Palinuro - un'esperienza mistica foriera di aspettative e grandi avventure che Woodstock al confronto è il parco giochi del giardinetto di quartiere. E poi quelle belle tipe sode in carne con due zinne che manco i manga più porci, vestite come delle guardiane di capre che ti si attizzava l'ormone agreste che era difficile poi annegarlo in tutto quel mare di vino - rosso del discount. Bello, quando il mondo era dei poveri sfigati un po' metallaeri un po' frichettoni un p' semplicemente senza gusto niuno nel vestire, che credevano la vita avrebbe mantenuto tutte le sue promesse senza sconti e senza carte di debito.
E forse Poldo pensa la stessa cosa, mentre cammina assorto nella fioca e malata luce del giorno della Magnifica, visto che comincia anche a raccontarmi all'improvviso la storia della tipa nel cesso - quella che si stava bombando prima del mio brusco arrivo, ma anche dopo - e che era l'unica che proprio non voleva sbattersi quella porcata bianca su per il naso ma cercava solo un posto per nascondersi perché da ex fidanzata dello Hobbit di motivi di vergogna - per lui per se stessa per tutti gli altri forse per il mondo intero - ne aveva davvero non pochi. - e quindi dopo averla confessata da bravo pastore di anime te la sei sbattuta per farla stare meglio? Poldo non si gira nemmeno a guardarmi - sai che mi piaceva da quando ancora frequentavo antropologia, la tipa? Non ci ho mai scambiato una parola, timido del cazzo che sono, ma il numero di lui non l'ho mai cancellato. Sapevo che un giorno mi sarebbe servito. Buon vecchio Poldo romanticone in attesa dell'amore perduto anni fa. - la rivolta dei nerd, insomma. Poldo ride e manco là lo riconosco più anche se ho del tutto abbandonato la teoria del rapimento alieno che mi sa che se ne sbattono più loro di noi di quanto ce ne sbattiamo noi di noi stessi.
Poi restiamo un po' in silenzio a guardare il ponte sotto cui scorrono i primi treni del giorno. - stavolta gliel'ho chiesto il numero mi fa dal nulla Poldo, mentre reggendosi il cazzo in mano comincia a pisciare sui romanticissimi treni in corsa. - bravo Poldo. E io che credevo avessi anche tu bisogno di iscriverti a Tinder per inzuppare il real biscotto gli faccio mentre mi reggo il pisello anche io consolidando il rito della nostra calda e intima pisciata al chiaro di sole.
Ecco, proprio in questo momento, tutti e due col cazzo in mano in piena alba e con sotto tutti i treni della Magnifica che sfrecciano senza curarsi di levare gli occhi al loro cielo - per l'appunto i nostri cazzi - mi ritorna in bocca quel sapore agrodolce del vino rosso del discount accanto al liceo. Quello di quando facevamo filone io e Poldo per andare ad ammazzarci di alcool a basso costo a casa sua, che era sempre vuota di gente, ma sempre tanto piena di tutti i film meravigliosi che a volte la notte mi capita ancora di sognare.
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