#salviette
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designmiss · 9 years ago
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Radiatore Android, sfaccettature inaspettate che arredano l'ambiente https://www.design-miss.com/radiatore-android-sfaccettature-inaspettate-che-arredano-lambiente/ Non un semplice #radiatore ma una vera e propria scultura con la quale valorizzare gli ambienti
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raccontidialiantis · 7 days ago
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È il mio sapore
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Me l'hai confessato, alla fine. Si vabbè: l'amore, il romanticismo. Poi mi hai detto che mi adori e che ami farmi tua. Certo: sono lusingata, perché non vedo l'ora di averti in me, di accoglierti e farti godere, come solo una vera donna sa fare. E tu oggettivamente sei un bel pezzo di maschio. Esperto, con un membro oggettivamente notevole. Ti dai da fare e mi rendi molto felice. Ma l'elemento vincente della mia persona, ciò che ti ha legato e che non riesci mai a toglierti dalla mente, che hai sempre voglia di provare, è... il mio sapore!
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E i primi tempi della nostra relazione, ogni volta che eravamo insieme mi facevi delle rapide coccole, mi davi dei baci frettolosi e subito mi toglievi le mutandine per mangiarmi la passera, leccarmela a lungo e succhiarmi l'anima! Passavi e passi tuttora le ore ad annusarmi e odorarmi ovunque. Inizialmente ero sconcertata, ma anche piacevolmente sorpresa. Adesso sono solo felice, perché gli orgasmi che provo quando mi divori sono pari a... un diluvio. E voglio dartene sempre di più: sbocconcellami, mangiami, divorami e godimi, annusami.
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Inspira, inala la mia anima, se questo è ciò che ti rende appagato e sereno, amore mio. Oramai vieni da me quando vuoi, nei momenti più impossibili; anche in giornata. Per fortuna il mio lavoro mi consente di appartarmi dieci minuti ogni tanto. Quindi, io ormai ho imparato a stare sempre vestita con gonna comoda e a non indossare più le mutande. Spendo una fortuna in salviette. E poi devo sempre portare con me calze e gonna di ricambio. Ma ti amo. Anche per questo. Forse soprattutto per questo.
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RDA
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fedtothenight · 5 months ago
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raga mi sono pulita con le salviette chilly fresco e adesso mi sento come se avessi una mentos su per il culo
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promisemeabrandnewday · 4 months ago
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32-46-49-50
32) gatto
Difficile raccontare un ricordo con il gatto perché ne ho tanti. Però ne devo dire uno triste perché al momento mi viene questo in mente:
Mi ricordo che era settembre, vivevo ancora nella vecchia casa e avevo una gatta molto anziana aveva 18 anni. Dovevo andare a scuola e lei era dentro una scatola di scarpe era dimagrita tantissimo e ci stava acciambellata dormendo almeno penso stesse dormendo. Quando verso sera, ero dai nonni, tornammo a casa lei era ancora li acciambellata e mia madre mi chiese di guardare se respirasse e purtroppo non respirava più. L’abbiamo chiusa e mamma chiamò la sua migliore amica per seppellirla nel campo dietro casa sua
46) estate
Un ricordo estivo invece è quando la mia migliore amica cioè la sua famiglia prese una casa in montagna dove attualmente vivono i suoi. Eravamo andate in una piscina li vicino, noi due genie pensando che in montagna non si prendesse il sole, non ci siamo nemmeno curate di prendere la crema solare. Facevamo il bagno, stavamo sugli sdrai e parlavamo. Non ce ne accorgemmo nemmeno che ci eravamo bruciate e quando tornammo a casa sua, nella stanza (che poi ora è diventato il salotto con la cucina vicino) ci siamo stese nel letto e per rinfrescarci dalle “ustioni” abbiamo usato qualsiasi cosa fosse fresca. Che fossero salviette struccanti o salviette per il sedere l’importante era mantenerci fresce. Il giorno dopo siamo andate a prendere una crema in farmacia ahah
49) bacio
Il ricordo con bacio dico:
Il mio primo bacio, ero in prima media, avevo il classico “fidanzatino” delle medie era ora della ricreazione, facevo il dopo scuola a scuola ed eravamo usciti. Mi ricordo che andammo dietro ad una colonna ed io ero appoggiata e lui mi diede il mio primo bacio. Era un po’ bavoso ma come primo bacio era okay, poi prima di andare in classe ce ne siamo dati un altro dietro il calcio balilla
50) sogni
Non so cosa intenda se i miei sogni attuali quello che vorrei si realizzassero o sogni quelli che fai quando dormi. In caso vado di sogni fatti da piccola:
Mi ricordo che una notte sognai che nonna mi doveva accompagnare a fare danza in un posto che era poi il posto in cui si faceva pure il saggio di fine anno.
Premetto non ho mai fatto danza classica in vita mia. Torno a raccontare:
Mamma non poteva portarmi per il lavoro e quindi mi accompagnò nonna. La strada era infinita, lunghissima e quando arrivammo notammo che c’era un cancello e una strada ancora lunghissima di quelle tipo cartoni animati, c’era a fine della lunga strada un castello con i lampi e i tuoi, proprio come quello dei cartoni animati. Percorremmo la strada e arrivammo a destinazione. Quando entrammo c’era un corridoio, tante altre bambine con i genitori. Camminammo per andare verso un portone che una persona aprì e vedemmo con meraviglia che quella stanza era dorata bellissima ed enorme, alla fine il sogno finisce con me e le altre bambine che finimmo il nostro saggio e io che vedevo la mia mamma, nonna e la famiglia applaudirmi ahah
Scusami sono tanto lunghi come ricordi.
Grazie per i numerini ✨
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g-l-o-r-i-a-a-a · 1 year ago
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Caro Babbo, ci ho pensato.
Non voglio essere una di quelle donne da borsa Louis Vuitton.
Scarpe Hogan.
Cintura Gucci.
E nemmeno da bracciale Pandora.
Ma non sono neanche una da pentola a vapore o stirella.
O da crema antirughe.
Nemmeno da foglioline. Che quelle mi sembrano un nuovo inganno.
E non me ne vogliano le donne. Le altre quelle che si farebbero in quattro per una di queste cose.
Ma io desidero uguaglianza di pensiero.
E che tu riesca a scacciare i miei sensi di colpa una volta per tutte.
Vorrei del tempo per me. E che quel tempo non mi sembri rubato.
Desidero riconoscenza. Sì, riconoscenza. Non essere scontata insomma.
E non mi frega più la storia dell’anello. Che quello brilla e basta. E solo le cretine ormai fanno Oh! con la bocca spalancata.
A me incanta un uomo su cui contare e per cui conto. Senza riti. Salamelecchi e contorno.
A me piace il dolce. Quello che assaggio dal mio compagno perché sono a dieta sempre.
Desidero una parola regalata una sera in cui sono ubriaca d’amore.
Desidero calzini puliti nel cassetto giusto.
Chi arriva prima prepara la cena. Neanche a dirlo.
Desidero un posto in cui nascondermi quando non ne posso più. Che sia solo mio. In cui nessuno possa entrare. Proprio nessuno. In cui posso perdermi e ritrovarmi e poi perdermi ancora, sai Babbo Natale, noi donne siamo impossibili, spesso facciamo tutto da sole.
Voglio silenzio, e ballare a piedi nudi. Che i tacchi li hanno solo le fighe.
Portare le rughe al meglio che posso.
Desidero che non mi porti un vestito taglia 38, ma uno taglia 50 così mi posso sentire magra, magrissima.
Vorrei coraggio da vendere per sentirmi forte quando sono fragile.
Vorrei svegliarmi con un po’ di trucco che non sbavi dopo cinque secondi.
Uno specchio magico che inventi gli addominali anche su di me.
Una borsa piccola ma che sia grande che contenga tutto. Emozioni. Pianti. Paure. Salviette. Fazzoletti. Buon umore.
Caro Babbo Natale, avrei un’ultima richiesta da farti.
Forse la più importante.
Vorrei per ogni donna sulla terra uomini capaci di essere tali.
Che non picchino.
Che non demandino.
Che non opprimano.
Che non violentino.
Che non ci rubino la vita.
Lo so, hai molto lavoro da fare, ma noi abbiamo un’esistenza e una sola.
Non possiamo tanto girarci in giro.
Le donne muoiono davvero. A volte dentro e restano vive.
Nessun regalo stantio per noi.
Buttali nel cesso.
Regalali alla matrigna di Cenerentola.
Alla strega cattiva.
Al mago di Oz.
Ma non a noi.
Noi meritiamo di più di un bracciale o un anello che luccica.
Meritiamo di più. Le stesse opportunità dei nostri uomini.
Una vita che sappia d’amore e di rispetto. E che sia per sempre.
Quella sì che luccica, e sa di meraviglia.
Cit.
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gotaholeinmysoull · 6 months ago
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ho una pochette tipo di mary poppins con salviette intime, per rinfrescare, salviette deodorante, il porta lenti vuoto boh non so perché, cerotti vari, salviette per gli occhiali, cremina mani e chissà cos'altro
e a me cosa serve? un fazzoletto, che ovviamente non ho
this could be my thirteen reason istg i'm dooone
#me
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godisacutedemon2 · 1 year ago
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QUANDO DOPO AVERLO FATTO, TI VIENE ADDOSSO E VAI A PRENDERE LE SALVIETTE PER PULIRTI:
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petalididonna · 2 years ago
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Caro Babbo, ci ho pensato.
Non voglio essere una di quelle donne da borsa Louis Vuitton.
Scarpe Hogan.
Cintura Gucci.
E nemmeno da bracciale Pandora.
Ma non sono neanche una da pentola a vapore o stirella.
O da crema antirughe.
Nemmeno da foglioline. Che quelle mi sembrano un nuovo inganno.
E non me ne vogliano le donne. Le altre quelle che si farebbero in quattro per una di queste cose.
Ma io desidero uguaglianza di pensiero.
E che tu riesca a scacciare i miei sensi di colpa una volta per tutte.
Vorrei del tempo per me. E che quel tempo non mi sembri rubato.
Desidero riconoscenza. Sì, riconoscenza. Non essere scontata insomma.
E non mi frega più la storia dell’anello. Che quello brilla e basta. E solo le cretine ormai fanno Oh! con la bocca spalancata.
A me incanta un uomo su cui contare e per cui conto. Senza riti. Salamelecchi e contorno.
A me piace il dolce. Quello che assaggio dal mio compagno perché sono a dieta sempre.
Desidero una parola regalata una sera in cui sono ubriaca d’amore.
Desidero calzini puliti nel cassetto giusto.
Chi arriva prima prepara la cena. Neanche a dirlo.
Desidero un posto in cui nascondermi quando non ne posso più. Che sia solo mio. In cui nessuno possa entrare. Proprio nessuno. In cui posso perdermi e ritrovarmi e poi perdermi ancora, sai Babbo Natale, noi donne siamo impossibili, spesso facciamo tutto da sole.
Desidero potermi dissolvere ogni tanto senza che qualcuno mi dica: ma tu sei la madre! Cazzo, lo so!
Voglio silenzio, e ballare a piedi nudi. Che i tacchi li hanno solo le fighe.
Portare le rughe al meglio che posso.
Desidero che non mi porti un vestito taglia 38, ma uno taglia 50 così mi posso sentire magra, magrissima.
Vorrei coraggio da vendere per sentirmi forte quando sono fragile.
Vorrei svegliarmi con un po’ di trucco che non sbavi dopo cinque secondi.
Uno specchio magico che inventi gli addominali anche su di me.
Una borsa piccola ma che sia grande che contenga tutto. Emozioni. Pianti. Paure. Salviette. Fazzoletti. Buon umore.
Caro Babbo Natale, avrei un’ultima richiesta da farti.
Forse la più importante.
Vorrei per ogni donna sulla terra uomini capaci di essere tali.
Che non picchino.
Che non demandino.
Che non opprimano.
Che non violentino.
Che non ci rubino la vita.
Lo so, hai molto lavoro da fare, ma noi abbiamo un’esistenza e una sola.
Non possiamo tanto girarci in giro.
Le donne muoiono davvero. A volte dentro e restano vive.
Nessun regalo stantio per noi.
Buttali nel cesso.
Regalali alla matrigna di Cenerentola.
Alla strega cattiva.
Al mago di Oz.
Ma non a noi.
Noi meritiamo di più di un bracciale o un anello che luccica.
Meritiamo di più. Le stesse opportunità dei nostri uomini.
Una vita che sappia d’amore e di rispetto. E che sia per sempre.
Quella sì che luccica, e sa di meraviglia.
__Cinzia Pennati©
#daleggere
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amoituoiocchineri · 1 year ago
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Lui: Tengo un tampax e le salviette in tasca così sei più tranquilla.
Teneteveli pure i vostri casi sociali, non sono gelosa.
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givemeanorigami · 2 years ago
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Come era bella la gioventù quando andavo ai festival da sola portandomi dietro giusto lo stretto necessario, cioè biglietto, telefono e panino, e non pensavo minimamente a cose come "hanno scritto che la crema solare la fanno entrare, ma questa ha il barattolo rigido, la faranno entrare?" o se portare o meno le salviette antizanzare (ovviamente sì, non sono mica matta).
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ninna--nanna · 2 years ago
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Oggi mi devo preparare lo zaino di sopravvivenza per lavorare con quelle bestie da domani: tipo acqua, medicine, crema solare, cibo, fazzoletti, salviette, antizanzare, crema per le scottature, cerotti etc etc. Già li vedo cadere dalle bici, macchiarsi la qualsiasi, cadere sull'asfalto, già so.
-Lullaby
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designmiss · 9 years ago
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Radiatore Android, sfaccettature inaspettate che arredano l'ambiente https://www.design-miss.com/radiatore-android-sfaccettature-inaspettate-che-arredano-lambiente/ Non un semplice #radiatore ma una vera e propria scultura con la quale valorizzare gli ambienti
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petshopstore · 6 days ago
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Snack e salviette per Cani e Gatti
Snack per cani al merluzzo Gimdog Sport Snacks Snack per cani ossetti con filetti di pollo Camon 80g Snack gatti con Erba Gatta e Vitamine Nutri Pockets 60g Salviette per cani e gatti Latte e Vaniglia Inodorina
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scrivosempreciao · 12 days ago
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It's a Match! - Pt.2
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«Shh-shh» gli faccio, dandogli qualche pacca tra le scapole. È il turno di Lucrezia, appassionata di arti marziali. Scivola fuori dal minuscolo soggiorno e si siede sul bacino di Fabrizio, come se volesse cavalcarlo. Gli cala il cuscino sulla faccia, preme forte – crock, probabilmente il setto nasale è andato – e gli toglie l'ossigeno fino a che lui non muore.
E sappiamo che è morto perché poi arriva Beatrice, che è un'infermiera, e controlla i suoi parametri vitali. Premo l'interruttore del corridoio e la luce inclemente della lampadina Ikea si riversa su quella scena grottesca. Io con un Paco fin troppo felice, Giulia e Lucrezia sedute a gambe incrociate accanto al cadavere come se stessero per fare un pic-nic, Beatrice intenta a esaminare quel corpo molle e pesante. Fabrizio, da morto, sembra ancora di più un insaccato sul punto di scoppiare e riversare la sua polpa ovunque. Sarà la luce brutale, sarà che ha il naso spaccato, sara che ha gli occhi quasi fuori dalle orbite, sarà che ha la bocca aperta piena di bava e sarà che il dolcevita gli si è arrotolato sopra la vita rivelando un ventre biancastro e peloso: non è poi granché.
«È morto.» Beatrice ci informa. «Sicura?» Linda non si è ancora scollata dal soggiorno. Sento la sua voce arrivare da lì. Probabilmente è accoccolata sul divano, intenta ad armeggiare con il telecomando. Linda è strana. Dice di aver vissuto in Francia, ma non avrebbe un accento francese nemmeno se lo pagasse. È spuntata quasi dal nulla, si è trasferita a Torino da un paesino semisconosciuto e sembra sempre persa in pensieri che non condivide con nessuno. Oscilla tra l'essere incredibilmente affascinante e intelligente e il fare domande sceme, tipo “freezer? Frizer? Freeeezeeer? E che cos'è? Mai sentito prima”. Ma comunque, l'idea di fare quello che stiamo facendo è per lo più sua. Sua e di Beatrice. Ed è lei che si occupa ogni volta di insabbiare le tracce che potrebbero portare a noi. Non so come faccia, ma lo fa. «Anche l'altra volta avevi detto che era morto, ma poi quello si è risvegliato proprio mentre gli stavi aprendo la pancia.»
Guardo Beatrice che si alza facendo leva sulle ginocchia e si fa scivolare di dosso la pedanteria costante di Linda con una scrollata di spalle. «Lucrezia c'era andata leggera con il cuscino.» Lucrezia smette di mangiucchiarsi le unghie e accartoccia la faccia in un'espressione esasperata, come se si dovesse giustificare per essere arrivata in ritardo a un appuntamento o aver fatto la prenotazione nel ristorante sbagliato. «Oh, non sono una serial killer.» «Ma hai già ammazzato tre uomini. Quattro, con questo.» Linda continua a tubare dal soggiorno, senza schiodarsi da lì. «Non sono una serial killer.» Lucrezia si impunta. Giulia le dà un paio di sonore pacche sulla schiena, quasi la volesse aiutare a sputare fuori lo stress e l'agitazione che quei sacrifici portano sempre con loro, e poi ci mettiamo tutte e quattro al lavoro. Anzi, tutte e cinque, perché Linda finalmente fa la sua comparsa, sorniona e criptica come non mai, e ci aiuta a trascinare Fabrizio nel mio bagno a piastrelle bianche e blu con motivi di conchiglie e piccole onde. Questa mania di arredare i cessi come se fossero idilliaci sprazzi d'oceano non l'ho mai capita.
Non appena lo scaraventiamo tra la vasca e i sanitari, Beatrice fruga nelle mensole per prendere una manciata di asciugamani e salviette. Io e Linda ci muoviamo attorno al corpo, in uno schema ripetuto all’infinito. Non serve guardarci negli occhi: conosciamo i gesti da compiere come se stessimo provando da secoli la stessa danza distorta. Giulia allarga le gambe di Fabrizio a forbice, afferrandolo per le caviglie, mentre Lucrezia gli spalanca le braccia. Il suo corpo massiccio rimane a pancia in su, come un grosso vitello eutanizzato, con il dolcevita incastrato dietro la nuca e i pettorali semi-scoperti. Il viso è una maschera pietrificata e pallida, la bocca spalancata di sbieco.
Linda, in silenzio, si avvicina e piazza una candela alla base di ogni arto, scandendo i punti cardinali del pentacolo da disegnare: uno accanto al piede sinistro, uno al piede destro, uno per ogni braccio, e uno sopra la testa. Io seguo la sua mano con un pennello da trucco imbevuto di vernice nera lavabile e traccio sul pavimento l’ampio cerchio e le linee a stella che uniscono i ceri. Beatrice adagia con cura un coltello da cucina – la lama affilata, larga – sul petto di Fabrizio. Poi prende un secondo coltello, più piccolo, e con un gesto implacabile afferra il mento del cadavere, lo tira su come a volergli sibilare qualcosa all’orecchio. Invece, con un colpo secco, gli incide la gola poco sotto la mandibola. Scende di taglio, aprendo la pelle e i muscoli del collo con scricchiolii soffocati. L’odore del sangue e della carne esposta inizia a intrecciarsi al profumo vanigliato del detergente che uso per lavare il bagno.
La testa di Fabrizio si stacca piano, quasi s’incaglia per un attimo tra le vertebre. Beatrice si sforza di vincere l’ultimo blocco osseo, poi la vertebra cede in un suono che mi ricorda lo schiocco che fanno le bacchette giapponesi quando le separi. La testa rotola a lato, il collo mozzato scopre un foro lucido di midollo. Beatrice allunga la mano e Lucrezia le passa la bacinella di plastica azzurra che di solito uso per il bucato. Il testone biondo viene messo lì dentro ed è Linda ora a prendersi cura della bacinella; se la stringe al petto come se stesse cullando un neonato. E in effetti, inizia a canticchiare qualcosa di simile a una ninnananna.
Lucrezia sputa un’imprecazione quasi rabbiosa: un rivolo di sangue le ha macchiato la felpa. «Sempre questi cazzo di schizzi…» sibila, passandosi un avambraccio sulla fronte. Giulia si preme le dita sulle labbra e le fa segno di tacere, come se stesse interrompendo un momento sacro. Lucrezia borbotta. Ha già ucciso, sì, ma non è ancora scesa a patti con la bruttezza primitiva e puzzolente di un corpo morto. Nessuna di noi lo ha fatto. O meglio, Beatrice sì, a causa del suo lavoro. E Linda pure, per ragioni non chiare. Mi do una mossa e accendo la fiamma di ogni candela. Beatrice fa spallucce alle legne di Lucrezia e afferra di nuovo la lama più grossa. Scende sullo sterno.
Comincia dal petto, un taglio verticale fino al basso ventre. Sentiamo il rumore di pelle che si lacera, fibre muscolari che cedono, e il gorgoglio di un prevedibile zampillo di sangue, non forte ma continuo. Il dolcevita nero, già arrotolato, si incolla alle costole sporgenti. L’aria si riempie di quell’odore organico dolciastro che precede l’arrivo delle viscere. Gli addominali cedono. Beatrice spalanca i due lembi con le mani, rivelando un grumo opaco marrone, giallo e rosso vivo. Fa un cenno inequivocabile e Giulia, Lucrezia e io ci affrettiamo a posizionarci accanto a lei con altri catini e bacinelle. Il rumore delle interiora è sempre così buffo, soprattutto quando Beatrice le afferra con fermezza, le tira fuori e le getta nei contenitori: uno scroscio gelatinoso e bagnato che mi fa venire in mente le alghe wakame. Paco fa capolino dalla porta e lancia un uggiolio incuriosito. «No, amore, non è pappa questa» gli dico con la solita vocina che uso con lui.
Beatrice accenna un piccolo sorriso mentre finisce di ripulire la cavità toracica. Con uno strappo, recide l’esofago residuo che era salito fin sotto la trachea. Gorgoglii smorzati vengono dai polmoni, compressi con la forza. Linda ancheggia verso la mia bacinella, dove fegato e pancreas riflettono pigri la luce della luna, e ci guarda dentro. Mentre lo fa, quasi mi sbatte in faccia la testa mozzata di Fabrizio e per un attimo mi trovo a tu per tu con lui. “Ehi, ciao,” mi viene da dirgli. Le sue labbra color cenere rilasciano ancora un vago odore di formaggio fuso e long island. «Oh, guarda qua» Linda gongola, soddisfatta. Studia le pieghe delle viscere, come una aruspice, e annuisce. «Brava. Questo era proprio un vero filisteo usuraio. Lo si vede dal fegato.» «Un cosa?» non credo di aver capito bene. «Un coglione.» «Ah! Certo. Vi avevo detto che era perfetto» mormoro, lusingata. Arriviamo all’ultimo atto: il cuore. Beatrice punta la lama sul lato sinistro del torace e recide le cartilagini costali con pazienza. Le costole sono dure, e serve un po’ di pressione finché, con uno scatto secco, lo sterno si scardina e lascia intravedere la massa muscolare scura, ancora tiepida.
«Eccolo» Linda quasi si mette a fare le fusa. Di fronte a noi, un ammasso rossiccio e compatto, striato di coaguli. Beatrice lo afferra, recide i vasi che lo tengono ancorato, e con una torsione lo strappa via dalla cassa toracica. Silenzio. Giulia e Lucrezia si guardano negli occhi, respirano in modo sincopato. Io osservo quell’organo che noi umani romanticizziamo così tanto ma che a vederlo sembra solo il feto prematuro di un gatto. Anche Linda e Beatrice ne contemplano i contorni, come se fosse l’epicentro di un universo pronto a dischiudersi davanti a noi. Poi, Linda sputa dentro la cassa toracica ormai svuotata. Noi facciamo lo stesso, una dopo l’altra, ci tendiamo sulla cavità aperta e maleodorante, e gettiamo lì un grumo di saliva.
«Bene!» Linda prende posto proprio davanti al collo tranciato e si appoggia in grembo la bacinella con la testa. «Ora mangiamo e rendiamo grazie a Lilith.» Ognuna di noi addenta un brandello di cuore. Ce lo passiamo come se stessimo condividendo una canna, fino a che quell'ammasso di fasci muscolari non diventa uno gnocchetto rossiccio. La carne è spessa, fibrosa, sa di ruggine e oro bagnato. A me fa un po’ schifo, a dire il vero, ma il rituale non si discute. Ecco, questa è l'unica eccezione della mia dieta normalmente vegetariana: i cuori dei ricchi uomini capitalisti che sacrifichiamo a Lilith. Chiudo gli occhi e faccio finta di masticare un pezzo di seitan cotto in padella. Mentre mangiamo, Linda sibila le sue preghiere.
Parole incomprensibili, un po’ in latino e un po’ in una lingua che non conosco. Beatrice gorgoglia una nenia da brividi. È intonata da paura e quando fa quella voce bassa e roca sembra davvero posseduta. La prima volta che le avevo viste all’opera mi erano sembrate incredibilmente cringe; potevo anche gestire l’idea di staccare la testa a uomini come Fabrizio, ma tutto quel teatrino mi aveva lasciata perplessa. Era stata proprio Beatrice a tirarmi dentro. Ci siamo incontrate su Tinder, avevamo organizzato un appuntamento e la serata era stata pazzesca; avevamo passato ore e ore a parlare di teorie anarco socialiste, redistribuzione del capitale, sovranità alimentare e violenza sanitaria. Poi l’avevo invitata da me e dopo il sesso mi aveva chiesto se me ne intendessi di stregoneria.
Le avevo detto che mi interessava il concetto delle streghe secolari e che avevo letto “The Spell Book for New Witches” di Ambrosia Hawthorn, così, per divertimento. E mi era piaciuto. Poi mi aveva chiesto se l'idea di uccidere un uomo per una buona causa mi mettesse a disagio. Le avevo detto di sì, ma poi il giorno successivo l'avevo chiamata giusto per sapere dove volesse andare a parare. Per curiosità. La settimana dopo mi ero ritrovata a casa di Giulia a reggere un asciuga insalata pieno di sangue e intestini.
«Sorelle, Lilith non sottovaluta i nostri sforzi e accetta di buon grado l'offerta di questo uomo empio e borioso» Linda ingolla l'ultima pallina di carne rimasta e si mette ad accarezzare i capelli di Fabrizio con dita impiastricciate di sangue. «Un corpo come vascello, una testa come pendolo, viscere come mantello e un cuore come chiave.» Ogni volta che pronuncia quelle parole un brivido elettrico e doloroso mi attraversa la spina dorsale. Mi sembra che una mano gelida si chiuda attorno alle mie ossa e le tiri tutte verso l'alto, come se le mie giunture fossero attaccate a fili invisibili.
«Attendiamo il giorno in cui la luna annienterà il sole, la vipera camminerà su zampe di corvo, l'agnello divorerà il lupo e la lavanda prenderà il colore della notte. Dono dopo dono, Lilith si fa più vicina. Dono dopo dono, la vendicatrice dei piegati corre verso di noi.» Cade un silenzio intervallato solo dal plic plic del rubinetto mezzo rotto del mio bagno, dal ronzio intermittente della caldaia e dal turbinio peloso della coda di Paco. L'aria è un circo di odori così diversi tra loro da far girare la testa: l'acutezza tagliente del sangue, il puzzo caldo e primordiale di muscoli aperti e viscere, la burrosità pastosa della cera ormai colata, la morbidezza discreta del mio detergente per il cesso, il costoso profumo di Fabrizio – Black Orchid di Tom Ford, aveva ritenuto importante dirmelo –, il sudore animalesco ma gentile che cola dalle nostre ascelle stanche, alito di cane emozionato.
«Tisanina?» Linda ci guarda tutte con un sorriso a trentadue denti. Nel giro di un paio di minuti, le bacinelle farcite di orrori vengono messe tra il water e il bidet. Quella con la testa di Fabrizio rimane lì vicino alla vasca. Beatrice riduce gli asciugamani a una palla rossastra e gli getta in un angolo. Sarà lei a occuparsi di smaltire il grosso di quel macello. A fine serata segheremo gambe e braccia e infileremo il cadavere in pratici sacchetti gialli, insieme ai panni. Beatrice caricherà il tutto sul suo Doblò e lo porterà all'inceneritore dell'obitorio adiacente all'ospedale. Linda è quella che fa sparire le teste e le tracce. Io farò del mio meglio con le interiora; il retrobottega del negozietto sembra il laboratorio di Breaking Bad e non è difficile trovare il modo di sciogliere roba molle. Mi basterà aspettare che Mara vada in pausa pranzo. E non fate quella faccia: non ci faccio mica i saponi, con le viscere degli uomini che ammazziamo. No, solo prodotti vegan, da Spuma & Karma.
«Quella cosa della testa come pendolo e delle viscere come mantello…» Giulia inizia a parlottare con Linda, tutta concitata, «dici che potremmo provare a metterla in scena, la prossima volta? Che ne so, tipo infilzando la testa o usando le budella come sciarpine, qualcosa del genere. Magari a Lilith piace. Un po’ di teatralità non guasta, no? Tipo come quella storia della licantropa milanese di un paio di anni fa, hai presente?» Linda scoppia in una risatina deliziata e Giulia ne approfitta per proporre altre idee su come implementare i sacrifici. Proprio mentre sto per uscire anche io dal bagno, Paco si infila tra le mie gambe e trotterella felice verso i catini. Prima che io possa fare qualcosa, il suo muso è già immerso nei polmoni di Fabrizio.
«Paco, no!» lo afferro per la collottola e lo tiro via, «non è pappa.» Gli faccio sputare il pezzetto di trachea che era riuscito a sgraffignare. Questo si spiaccica sulle piastrelle blu con uno splat davvero triste. «Cos’è, sei una di quelle vegetariane che proibiscono al cane di mangiare carne?» Lucrezia mi getta addosso un'occhiata perplessa dal corridoio. «Ma no, è che temo si abitui al gusto della carne fresca e che poi non mi mangi più le crocchette» a fatica riesco a spingere un delusissimo Paco fuori dal bagno. «Poi dovrei prendergli i bocconi crudi e freschi. Sarebbe una tragedia, quella roba costa una fucilata. È già tanto se riesco a fare una spesa decente per me.» «C'è gente che li nutre solo così, vero? Com'è che si chiama quella dieta, braf, brat?» «Barf.»
Mi volto per spegnere la luce e chiudere la porta. La fronte di Fabrizio spunta dalla bacinella, con un po’ di sopracciglia e la mezzaluna degli occhi, come se stesse per farmi bubusettete. Il pungiglione di un nebuloso senso di colpa si fa strada nel mio ventre. È normale, tutto questo? No, ovviamente non lo è. Ma, è giusto, quantomeno? Ha un senso? La vendicatrice tornerà davvero a salvare i piegati? In un lampo, quel pungiglione prende la forma della forchetta con cui Fabrizio ha mescolato ketchup e maionese in un aborto rosa dal sapore discutibile senza neanche chiedermi se fosse ok. Spengo la luce. Chiudo la porta. Tisanina. 
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roxan-world · 21 days ago
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Caro Babbo Natale, ci ho pensato.
Non voglio essere una di quelle donne da borsa Louis Vuitton. Scarpe Hogan. Cintura Gucci. E nemmeno da bracciale Pandora. Ma non sono neanche una da pentola a vapore o stirella. O da crema antirughe. Nemmeno da foglioline. Che quelle mi sembrano un nuovo inganno. E non me ne vogliano le donne. Le altre quelle che si farebbero in quattro per una di queste cose. Ma io desidero uguaglianza di pensiero.
E che tu riesca a scacciare i miei sensi di colpa una volta per tutte. Vorrei del tempo per me. E che quel tempo non mi sembri rubato.Desidero riconoscenza. Sì, riconoscenza. Non essere scontata insomma. E non mi frega più la storia dell’anello. Che quello brilla e basta. E solo le cretine ormai fanno Oh! con la bocca spalancata. A me incanta un uomo su cui contare e per cui conto. Senza riti. Salamelecchi e contorno. A me piace il dolce. Quello che assaggio dal mio compagno perché sono a dieta sempre. Desidero una parola regalata una sera in cui sono ubriaca d’amore.
Desidero calzini puliti nel cassetto giusto.
Chi arriva prima prepara la cena. Neanche a dirlo. Desidero un posto in cui nascondermi quando non ne posso più. Che sia solo mio. In cui nessuno possa entrare. Proprio nessuno. In cui posso perdermi e ritrovarmi e poi perdermi ancora, sai Babbo Natale, noi donne siamo impossibili, spesso facciamo tutto da sole.
Desidero potermi dissolvere ogni tanto senza che qualcuno mi dica: ma tu sei la madre! Cazzo, lo so! Voglio silenzio, e ballare a piedi nudi. Che i tacchi li hanno solo le fighe. Portare le rughe al meglio che posso. Desidero che non mi porti un vestito taglia trentotto, ma uno taglia cinquanta, così mi posso sentire magra, magrissima. Vorrei coraggio da vendere per sentirmi forte quando sono fragile. Vorrei svegliarmi con un po’ di trucco che non sbavi dopo cinque secondi. Uno specchio magico che inventi gli addominali anche su di me. Una borsa piccola ma che sia grande che contenga tutto. Emozioni. Pianti. Paure. Salviette. Fazzoletti. Buon umore. Caro Babbo Natale, avrei un’ultima richiesta da farti. Forse la più importante. Vorrei per ogni donna sulla terra, uomini capaci di essere tali. Che non picchino.
Che non demandino. Che non opprimano.
Che non violentino.Che non ci rubino la vita.
Lo so, hai molto lavoro da fare, ma noi abbiamo un’esistenza e una sola. Non possiamo tanto girarci in giro. Le donne muoiono davvero. A volte dentro e restano vive. Nessun regalo stantio per noi. Buttali nel cesso. Regalali alla matrigna di Cenerentola. Alla strega cattiva. Al mago di Oz. Ma non a noi. Noi meritiamo di più di un bracciale o un anello che luccica. Meritiamo di più. Le stesse opportunità dei nostri uomini. Una vita che sappia d’amore e di rispetto. E che sia per sempre. Quella sì che luccica... e sa di meraviglia.
Penny
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druzya · 1 month ago
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Bagagliaio dell'auto o tasca di Doraemon?
Dopo numerosi anni e ancor piu' numerosi chilometri di onorato servizio, ho deciso di cambiare la mia vecchia macchinina per una macchina un po' meno vecchia.
Io mi affeziono alle cose e quell'auto era quasi una seconda casa, quindi non mi sono molto stupito quando ho dovuto riempire due borse della COOP con tutto quello che avevo sparso nel bagagliaio.
Per essere precisi, avevo con me:
Una Vuvuzela
il Gioco di Ruolo in Poster "le Monache di Monza" di Centum Oculi
Ricevuta del CAF del 2022
1 paio di stivali modello Polizia Italiana, forniture militari (scomodissimi)
1 CD di musica varia
i fogli di un corso di Mindfulness e disegno
una poesia di Manuela Toto, "Regole Preventive per non ammalarsi"
svariate fatture del meccanico
un fazzoletto di stoffa bianca
un cappello da capitano di marina, da carnevale
un Gilet Catarinfrangente arancione
Salviette antipolvere
Una T-Shirt pulita
un porta tessere di un birrificio
un assorbente omaggio
una spazzola
un arco di plastica e tre freccie a ventosa
Detergente per i vetri (che funziona da Dio anche sul monitor del PC)
un burrazzo
un asciugamano da bancone della Guinness
un altro CD
uno spray pulisci cruscotti
mezza confezione di coltelli di plastica
una scatoletta di tonno per gatti scaduta nel 2020
un martello da campeggio
un paio di occhiali di plasticaccia
un guanto di pelle (il destro)
i fazzoletti di una Idol Giapponese di Lucca del 2019, affettuosamente ribattezzati "la porzione mono-sega"
una lampada con le pile scariche e ossidate
una borsa di tela della Mana Project Studios
una borraccia della Popolarissima della Balorda (con ancora un po' di vino dentro andato in aceto)
un Tin Whistle irlandese
il gioco di carte Hanabi
la mia borraccia di metallo da 75 cl con gli adesivi Nerd
un rotolo di plastica adesiva decorativa
una tovaglia a quadri bianchi e bordeaux
un blocco di fogli A3
Occhiali pseudo fantascientifici
due paia di auricolari da cellulare con jack
un kit da cucito d'emergenza
Un paio di anfibi in goretex supercomodi
un cavo elastico da portapacchi
un caricabatteria accendisigaro/usb
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