#rullante
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I Windir sono una delle prove che il black metal in Norvegia, alla fine degli anni ’90, aveva ancora delle novità assolute da presentare. Valfar, unica mente dietro questo progetto, ha deciso di mischiare epic, folk e black metal. E fin qui, niente di nuovo. La cosa particolare è che lo strumento principale, alla pari delle chitarre, è la fisarmonica. Non solo però… ci sono diverse cose per le quali i suoi prodotti, Arntor, ein Windir soprattutto, sono molto vicini a band come Taake, Gorgoroth, Enslaved e allo stesso tempo diametralmente opposti. Eppure, anche se andate a pescare i progetti folk-metal dell’epoca (tipo i Finntroll o i Sòlstafir, Moonsorrow o Heidevolk) li troverete davvero lontani dal mondo di Valfar. Valfar è da solo, nato e cresciuto (e morto purtroppo) nel Sogndal, un paesino isolato in maniera equidistante da Trondheim da Bergen e da Oslo. In questa lunga insenatura lungo il Sognefjord, il fiordo più lungo della Noregia, percorso continuamente dalle navi da crociera Valfar conosce il blackmetal e lo riadatta in un modo tutto suo, fatto di vita rurale, con forconi e trattori anziché corpse-paint e cartucciere.
"The Beginning", intro esclusivamente eseguito in fisarmonica, vi farà subito capire che anche se non ci troviamo di fronte ad un album di Raoul Casadei, forse il liscio non è una chiave così sbagliata per leggere questo album (e gli altri dei Windir in generale). Subito con "Arntor, ein Windir" si capirà appieno l’interpretazione del mondo dei Windir; una lettura che era già parzialmente venuta fuori nel debut Sóknardalr ma che solo ora esplode in tutta la sua potenza. Blast-beat sì, chitarre distorte sì, e harsh-vocals in classico stile norvegese sì, uso della lingua-madre sì. Ma la cosa incredibile sono le scale armoniche. Valfar prende il mondo della musica folk norvegese e fa una sorta di sintesi fra le arie di fisarmonica e di violino per ricostruirle con la fisarmonica. Sceglie le melodie più epiche e malinconiche, che ben si adattano al background black-metal e a quel punto compie una seconda operazione: traduce tutto una seconda volta in chitarra solista. Ecco che la maggior parte dei riff principali dei Windir sono melodie completamente anomale, mai sentite in nessun bagaglio culturale rock-metal. Se a metà brano di "Arntor" ci sono dei richiami di polka o di valzer è esclusivamente per l’utilizzo di tali armonie, del rullante e del tempo in 3/4: le chitarre da una diventano due e poi tre, come un gioco di violini. A tutto questo dobbiamo aggiungere i cori in voci pulite e questa perenne aura malinconica che smorzano sempre i momenti più gagliardi (a volte quasi da rodeo). I synth sono un’ulteriore strumento che va ad arricchire a dare ulteriore voce a queste suggestioni già pazzesche di sé. "Kong Hydnes haug" è un brano più classico, dove la matrice dei Bathory più epici è forte e dove gli effetti scelti per la chitarra si mescolano con la fisarmonica creando una struggente e violenta ballata che va ad esplorare terre fantastiche e battaglie leggendarie. "Svartesmeden Og Lundamyrstrollet" è probabilmente il miglior brano composto dai Windir e si basa su un lunghissimo e perenne arpeggio, veloce, tagliente, che ricalca sempre scale folk anomale e che, a lungo andare, soprattutto mescolandosi al resto della composizione, acquisisce un’aura di violenta malinconia. "Kampen" è forse il brano più ballad-folk in stile taverna caciarona con elementi simili ai Troll o al primo album dei Finntroll mentre "Saknet" merita un discorso analogo a "Svartesmeden" perché è una sorta di suo lungo pendant da dieci minuti.
Ascoltando le trame chitarristiche di Valfar è impossibile non rimanere affascinati dalla composizione di questa particolare colonna sonora fatta di contrasti fra le urla e i synth celestiali, fatta di cavalcate in mezzo a valli e cascate; melodie dannatamente epiche ed easy listening che però non sfociano mai nell’heavy metal di motociclette alla Judas Priest né a quell’accozzaglia homo-latex dei Manowar. La parte finale di "Saknet" è da lacrime, è un’accelerazione finale verso la morte in battaglia, in stile Hammerheart dei Bathory. "Ending" è un’improbabile fusione fra Burzum e i synth che assomigliano più all’euro-dance anni ’90 piuttosto che a qualsiasi band folk-metal. E, in maniera totalmente autonoma e folle, un’ancora più improbabile fusione fra la goa-trance e il black metal, fra dj Tiesto e gli Emperor, si sentirà nel successivo 1184. La particolarità dei Windir sta nel restare sempre in perfetto equilibrio fra folk, heavy e black metal; è davvero raro, quasi impossibile trovare delle fonti alle quali Valfar si è attinto, probabilmente Emperor, Bathory e Summoning, ma con un piglio chitarristico davvero unico. Perfino dopo l’esistenza dei Windir si contano sulle dita di una mano i progetti che hanno tentato di tenere viva l’eredità di Valfar: Cor Scorpii e gli ultimi Vreid sono fra questi, ma si avvicineranno pochissimo solo all’ultimo Likferd. Forse su coordinate analoghe si muovono gli Angantyr, capaci di evocare sensazioni simili, ma la scelta melodica davvero unica e impeccabile di Valfar fa dei Windir qualcosa di più facilmente assimilabile e di, ancora una volta straordinario perché fuori da ogni contesto.
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Il futuro non è scritto.
Recita una celebre frase di Joe Strummer che è anche il titolo di un documentario dedicato al compianto front-man dei Clash. Però se così è il passato è una serie di eventi e ricordi che ci tiene compagnia quando il presente è torbido e non ci piace. Ieri mentre cercavo tra le cartelle di questo pc roba software da portarmi, mi sono imbattuto in una che contiene un passato non tanto lontano quando mi firmavo JD Addamn e facevo il one-man band a tempo pieno (aggiungerei perso). Ne ho già parlato in un post ti qualche settimana fa per il fatto che sono passati 5 anni da quella serata con tanto di locandina, quindi di tutte le cose che ci sono in quella cartella mi piacerebbe condividere con voi una foto, questa
Non ho idea chi l'abbia scattata e non ho la minima di cosa stavo suonando, ero senza scarpe, eh si, non ricordo chi dei 3 mi chiese il perché, ma non c'era un perché specifico, semplicemente siccome a casa sto senza scarpe e quando suono lo faccio scalzo mi viene naturale non portarle, in alcuni casi ero quasi obbligato a calzarle perché il palco era impraticabile, soprattutto per quei posti all'aperto dove tutto è molto ... sporco. Ricordo che ebbi il problema del pedale del rullante che si ruppe e optai per eseguire i brani con solo cassa (il timpano come si può notare) e l'hi-hat (che in Italia tutti chiamano erroneamente charleston). Bei ricordi.
Non ho ancora fatto il biglietto quindi non ho ancora una data, ma piano piano e con calma perché devo cercare di portare con me il necessario per poter anche fare qualcosa quando passerò del tempo in casa, anche se penso che sarà più quello che passerò fuori. Per il resto tutto uguale, però oggi non nevica, yeah.
Come brano musicale oggi vi lascio l'unico video dove suono, sempre quello, ne ho uno, che poi non è vero ma è l'unico decente in qualità. P.S. Nel video il rullante c'è è a sinistra dietro le gambe.
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Storia Di Musica #272 - Thin Lizzy, Black Rose: A Rock Legend, 1979
Phil Lynott non è alla vista il classico irlandese: carnagione scura, capelli afro, figlio di Philomena, irlandese, e Cecil, guyanese di passaporto brasiliano che all’età di tre anni si trasferisce a Dublino. Avrebbe una voce perfetta per il soul, ma si innamora al nascente hard rock tanto che a 17 anni fonda la prima band, siamo nel 1968, insieme all’amico batterista Brian Downey, a nome Orphanage. Quando si unisce un signor musicista, Eric Bell, che faceva parte dei Them di Van Morrison, il trio sceglie come nome un ricordo d’infanzia: la scelta cade infatti sul nome di uno dei protagonisti dei fumetti The Dandy, uno dei più antichi almanacchi di fumetti del mondo, che si chiamava Tin Lizzie, cambiandolo in Thin Lizzy, con quella “h” a sottolineare l’accento irlandese che pronuncia tin come thin. Il trio comincia a farsi notare e va a suonare anche a Londra. Nel 1971 pubblicano per la Decca il primo album, Thin Lizzy, e nel 1972 pubblicano il primo singolo di successo, un traditional irlandese, Whisky In The Jar, che diventerà poi una delle canzone dell’heavy metal nascente (si ricordano le numerose versioni dei Metallica per esempio). Bell se ne va, e viene sostituito prima da Gary Moore, poi dal duo di chitarristi Scott Gorham e Brian Robertson, e con la formazione a 4 pubblicano il primo grande disco: Nightlife del 1974, che ha due singoli di successo in Philomena (dedicata alla madre di Lynott) e Still In Love With You. Iniziano i tour di spalla ai grande gruppi del rock, e lo stile inizia a delinearsi: un hard rock venato di blues ma che sa pescare anche nel folk e nella musica tradizionale dell’isola verde. Dopo Fighting del 1975, è Jailbreak del 1976 che li fa conoscere in tutto il mondo: contiene infatti uno degli inni rock degli anni ‘70, The Boys Are Back in Town, che ancora oggi passa frequentemente nelle radio. Pressati dai fan e dalla casa discografica di sfruttare il successo, pubblicano nello stesso anno di Jailbreak addirittura un altro disco, Johnny The Fox, che ha un’altra canzone mito, Don’t Believe A Word, ma il clima cambia pesantemente: problemi di alcol e droga, Robertson che dopo il disco non parte in tour, e viene sostituito da Gary Moore. Bad Reputation è prodotto in Canada da Tony Visconti (1977) e vende moltissimo, e l’apoteosi si conclude con un live, Live And Dangerous (1978), che arriva al numero 2 in classifica inglese ma passa alla storia per essere considerato un “finto live”, manipolato ad arte in studio da Visconti per passare come tale. Vanno a Parigi, con Moore che prende il posto di Roberston anche in studio, e registrano in 3 mesi al Pathé Marconi EMI Studios. Se dal vivo si presentano come una pirotecnica band heavy metal, con tutti gli eccessi del caso, dal vivo sono molto più sperimentali e il disco che ho scelto oggi lo dimostra in pieno. Black Rose: A Rock Legend che esce nell’aprile del 1979, in piena scossa punk, prende il nome dall’ultima canzone, Róisín Dubh, un traditional irlandese (dove la rosa simboleggia l’Irlanda, martoriata dall’invasione inglese) che mette in medley con altri canti tradizionali: Shenandoah, Will You Go Lassie Go, Danny Boy e The Mason's Apron, ovviamente arrangiato con il piglio di Lynott e Moore. Il disco si apre con il rullante potente di Do Anything You Want, rombante, e che mostra ancora una volta il timbro vocale affascinante di Lynott, che a fine brano canta “alla Elvis Presley”. Toughest Street In Town è il loro lato più radiofonico, S & M ha un ritmo funky, Waiting For An Alibi è il singolo del disco, che arriva in classifica in UK fino al numero 6. Sarah è una dolce ballata dedicata alla neonata figlia di Lynott. Got To Give Up e Get Out Of Here sono due brani che fanno esplodere tutta la bravura chitarrista di Moore e Gorham, che si trovano a meraviglia, e davvero da riscoprire è soprattutto la seconda, maestosa. Chiudono il disco With Love, che è il brano più furbo, e si chiude con i 7 minuti spettacolari di Róisín Dubh. Lynott, con gravi problemi di droga, inizierà una carriera solista, che destabilizzerà la band, che perde Gary Moore per l’ennesima volta: viene sostituito prima da Midge Ure, che diventerà poi famoso con gli Ultravox, e poi da Snowy White. I risultati sono scarsi, ma c’è l'ennesima svolta: nel gruppo arriva John Sykes, giovane e talentuoso chitarrista, con cui Lynott rinasce, e lo dimostrano due grandi dischi: Thunder And Lightining e Life\Live, entrambi del 1983, con quest’ultimo che in un brano vede la presenza sul palco di tutti i chitarristi precedenti. Sarà il canto del cigno, perchè la band si scioglie e nel 1986 Lynott muore, per abuso di droghe, dopo 10 giorni di coma. Il nome Thin Lizzy continuerà a esistere, ma diventerà una sorta di band commemorativa di un decennio vissuto a tutta velocità da un irlandese che non sembrava un irlandese, che aveva un gran talento.
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Avevo poco più di vent'anni e, se non stavo risolvendo qualche impiccio ai miei e non stavo tentando di studiare, ero sicuramente infilata dentro qualche sala prove. Non di quelle belle, con l'impianto di climatizzazione e gli isolamenti fatti con pannelli meravigliosi ed estremamente efficaci. Perlopiù erano garage e cantine minuscole riadattate alla bell'e meglio con pannelli di gommapiuma e un'acustica terrificante. No, io non suonavo con un gruppo, ho sempre suonato per conto mio, in camera da sola e in cuffia. Però seguivo quasi sempre i gruppi degli amici alle prove e agli innumerevoli concerti in pub e locali sperduti che pagavano in birra e visibilità. Rannicchiata in un angolo, tra un ampli e la batteria, quella per me era la felicità. E stamattina mi sono svegliata con questo pezzo nelle orecchie, parte di un vecchissimo promo di un gruppo che non esiste più, con il batterista che sfondava un rullante a serata e il cantante che era una persona incredibile ed incredibilmente timida. Loro, insieme ad altri molto simili a loro, sono stati la parte bella dei miei vent'anni.
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dammi un basso un piatto una cassa e un rullante e io sorriderò
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“Dove eravamo rimasti? Quanto tempo è passato? Chi sperava che saremmo migliorati ovviamente si sbagliava. Si continua piuttosto a vivere, con la ferocia di sempre e musica nuova. Questa canzone si chiama “Contro il mondo”: è una storiella, un film, una parabola, un grido, basso-rullante-chitarra elettrica, gomma da masticare. Il nostro ritorno al criticismo e al rock and roll. Maneggiate con cura.”
(via GIPHY)
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Automine by HYENAZ | 18 maggio 2024 | In apertura e chiusura djing di mauromrk e Andlsia (Ono Collective) | Performatorio, via Nazario Sauro 3/a, Bergamo | apertura ore 20.30
Percepisco il limite dei nostri corpi, sai, come se si stessero sempre più consumando e avvicinando a un punto in cui l'unità di energia, metabolismo e tutto ciò che ci mantiene… Beh, quell'unità non esisterà più. Adrienne Teicher in dialogo con Invisible°Show
Qualche mese fa con l’esibizione di Ryosuke Kiyasu, Invisible°Show ha scoperto in Performatorio uno spazio accogliente e grande quanto basta per un rullante, un batterista e un sacco di corpi stretti all’ascolto. Ma che valore hanno questi corpi? Sempre dentro Performatorio, il 18 maggio, il duo Hyenaz porta il progetto “Automine”, presentato nel 2022 al Performance Art Festival di Berlino. Un’esplorazione sul valore del corpo nell’era digitale.
Kathryn Fischer aka Mad Kate e Adrienne Teicher sono performer di musica elettronica. Performer di musica elettronica!? Il Tagesspiegel parla di "un progetto che dissolve i confini, torpedinando le linee di demarcazione tra musica e performance". Il Guardian parla di “monster duo della scena Queer berlinese”. Il corpo, nei suoi limiti e nei suoi usi è al centro dell’esplorazione di Hyenaz da anni.
Perché il corpo? Puoi leggere l’intervista che Invisible°Show ha fatto con Hyenaz in preparazione dell’evento (breve e in italiano o lunga e in inglese), oppure puoi portare il tuo corpo all’evento.
Per farlo, devi registrare il tuo corpo digitale sul sito di Performatorio.
CONTENUTI SENSIBILILa performance presenta contenuti espliciti ed è riservata a un pubblico adulto.
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Notti di assenze, vino e ricorrenze.
Niente e nessuno è stato più come prima.
Adesso vivo tra piante e carta da parati sotto la Mole, nella periferia, dove i marciapiedi puzzano di piscio e spade. E le notti urlano astinenze e pere. Vivo nell’attesa infinita del rumore delle chiavi che aprono cancelli, alcuni grigi, altri blu, come lo spazio dove vivi tu ora. / perché in qualche posto sei ancora.
Siamo tutto ciò che resta di ciò che eravamo/ dobbiamo farcelo bastare/ a stare in piedi. Il rossetto non mi macchia quasi più i denti/ le caramelle le rubo io. Lei ha cominciato a vivere del suo sogno. Lo ha creato dalle tue ceneri. Glielo hai regalato tu. “Cosa posso fare per renderla felice? Dimmelo” / alla fine le hai regalato un sogno. Ma la felicità forse te la sei portata via tu. / sento il rullante/ ti vedo girare la testa e battere prepotente. Abbiamo tutti un vuoto grande/ sarà sempre anche tuo.
Torino, 16 gennaio ‘24 - ciao Emi.
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The drum kit is a musical instrument composed of drums, cymbals and other percussion instruments arranged in such a way that they can be played by a single musician, called the drummer.
The drums that make up a battery are:
the bass drum (generally controlled by the right foot), the snare drum, one or more toms, and one or two timpani (also called "floor toms", or "low toms") not to be confused with the namesakes of the symphony orchestra.
The cymbals that can be attached to a drum kit are: hi-hat also called hi-hat (the pedal opens and closes the two cymbals), ride, crash, china, sizzle and splash.
There is a wide range of cymbal models, each available in various diameters, thicknesses, profiles and shapes to be able to customize the sound of the musician and the music he wants to perform.
There is also the bass drum pedal (or bass drum) which is used to play the bass drum.
Drum notation can be read on the staff exactly like any other musical instrument, but it differs slightly.
This is because the drums are a rhythm instrument and do not produce notes, like a guitar or piano would.
A good complete battery (e.g. Pearl) can be purchased today at the price of 1,100 euros.
Photo:
1 complete set of drums and cymbals.
2 Bass drum pedal.
3 Drum sheet music.
La batteria è uno strumento musicale composto da tamburi, piatti e altri strumenti a percussione disposti in modo tale che possano essere suonati da un solo musicista, detto batterista.
I tamburi che compongono una batteria sono:
la cassa (comandata generalmente dal piede destro), il rullante, uno o più tom, e uno o due timpani (detti anche "floor tom", o "low tom") da non confondere con gli omonimi dell'orchestra sinfonica.
I piatti che possono essere annessi a una batteria sono: hi-hat detto anche charleston (il pedale apre e chiude i due piatti), ride, crash, china, sizzle e splash.
Esiste una vasta gamma di modelli di piatti ognuno disponibile in vari diametri, spessori, profili e forme per poter personalizzare il suono del musicista e della musica che si vuole eseguire.
C'è inoltre il pedale per cassa (o per grancassa)che appunto serve per suonare la grancassa.
La notazione per batteria si può leggere sul pentagramma esattamente come ogni altro strumento musicale, ma si differenzia leggermente. Questo perché la batteria è uno strumento ritmico e non produce note, come invece farebbe una chitarra o un pianoforte.
Una buona batteria completa (es. Pearl), è oggi acquistabile al prezzo di 1.100 euro.
Foto:
1 Batteria completa di set di tamburi e piatti.
2 Pedale per grancassa.
3 Spartito per batteria.
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Buona la prima.
Sono nello studio e dopo un paio di ore tra prove e regolazioni ho fatto una registrazione niente male, certo si può sempre migliorare, ma come prima sperimentazione non è male. Ho collegato il basso alla pedaliera, sparato delay come se fossi in guerra e usato oggetti vari sul rullante oltre ad una spazzola, quella che si usa nel jazz non per capelli che non ne ho :D.
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Andi - Il nuovo singolo “Comete”
Il brano del cantautore sugli stores digitali e nelle radio
“Comete” è il nuovo singolo dell’eclettico cantautore Andi sui principali stores digitali e dal 17 novembre nelle radio in promozione nazionale. Il brano nasce musicalmente da una linea di basso, una cassa e un rullante. L’idea del sound è stata fin da subito abbastanza chiara, così come quello che il brano avrebbe dovuto raccontare “di pancia”: una canzone di tutti, che desse speranza e che ci unisse. Come spesso accade il tema stesso e le parole sono arrivate dopo, ripetendo fino allo sfinimento la melodia del ritornello e rimanendo in attesa di un messaggio. Il messaggio è poi arrivato chiaro e forte con l’immagine di un cielo stellato e la sensazione di sentirsi piccoli e soli lì sotto, ma anche di sapere che dall’altra parte di quelle luci, in qualche luogo o in qualche modo, ci fosse qualcuno che, come una guida, stesse illuminando la strada.
“Comete è la canzone di tutti coloro che si sentono delle piccole e fragili fiammelle nel mondo e che credono di essere da sole nei propri problemi, nei propri sogni, nelle proprie difficoltà. E’ quando ci accorgiamo che siamo in tanti nella medesima situazione, che non siamo soli, che quelle fiammelle diventano un fuoco che divampa; una scia di luce che illumina il cielo per fare la differenza.” Andi
Storia dell’artista
Mi avvicino alla musica verso i 18 anni di età, sebbene abbia sempre avuto un'attrazione per tutto ciò che è arte. In precedenza, e anche in quegli stessi anni coltivo la passione per il teatro e la danza, oltre che per la pittura. Il mio primo testo lo scrivo proprio in quegli anni. In qualche modo è la musica a trovarmi e a farsi conoscere. Nel 2012 inizio a prendere lezioni di canto e chitarra moderni con Paolo Acchiardi (in arte Elia) presso la scuola di musica Il Girotondo, a Cuneo. Nel frattempo, la vita mi porta ad avvicinarmi sempre di più alla musica, che è diventata a tutti gli effetti la mia migliore amica e la mia ancora di salvezza quando nell'estate 2015, per una serie di esperienze poco piacevoli, mi trovo a realizzare un sogno che avevo nel cassetto da circa quattro anni: un viaggio di tre mesi lungo la penisola italiana. Zaino, chitarra da una mano e carrello con l'amplificatore dall'altra, treno, Couchsurfing e notti all'addiaccio. Un viaggio che mi porta a conoscermi meglio sotto il profilo musicale e non solo, a trovare uno stile e una identità personali nella musica, quella suonata in strada nella fattispecie. Quel viaggio è il primo passo verso un nuovo concetto di Libertà, maturato prendendo coscienza di tutto ciò che ero e di tutto ciò che avrei voluto essere. Libertà diventa quindi liberarmi da quelle credenze apprese durante gli anni che mi impediscono di essere prima di tutto felice e realizzato.
Da quell’estate del 2015 faccio della passione per la musica il mio lavoro principale, della strada una scuola e della Libertà una direzione, proprio come se il viaggio non fosse mai terminato. Da giugno 2017 frequento la scuola di musica Voice Art Academy diretta dalla Vocal Coach Silvia Elena Violino con la quale studio canto con il metodo Vocal Care. Con la scuola dalla fine dello stesso anno inizio a registrare il primo album di inediti (arrangiato dal Maestro Massimo Celsi) in vista del Tour Music Fest al quale partecipo con l’inedito “Sei Amore”. Il disco, pubblicato nel dicembre del 2018 con il nome d’arte Andi Lios, contiene cinque inediti con un’impronta pop e una bonus track a carattere più cantautorale. Tra questi il brano che dà il titolo all’EP: “Va tutto bene”. È con “Va tutto bene” che ricevo il Premio Speciale Giancarlo Bigazzi in occasione della Finalissima del Premio Mia Martini tenutosi a Bagnara Calabra nell’ottobre dello stesso anno. Nel 2019 partecipo come rappresentante della regione Piemonte al Festival del Pilone d’Oro di Messina interpretando “Emozioni” di Mogol-Battisti e ricevendo il Premio Speciale Mino Licordari. Poco prima e durante il primo lockdown del 2020 autoproduco in casa rispettivamente due brani: “L’amore al tempo del Coronavirus” e “Soli insieme”, pubblicati su YouTube. Il secondo è stato realizzato assieme a un ristretto gruppo di Fan all’interno di un Gruppo Chiuso Facebook ad essi dedicato. All’interno dello stesso Gruppo, a ottobre 2020 è stato pubblicato il VLOG che racconta il mio secondo disco di inediti (dagli albori della scrittura fino alla registrazione in studio) dal titolo “Piume” che raccoglie cinque nuovi singoli accomunati nel testo dalla presenza in ciascuno di quello che è diventato il mio simbolo: la piuma (bianca), notoriamente conosciuto come il simbolo degli Angeli. Il disco è stato rilasciato momentaneamente ed esclusivamente per il Gruppo Facebook. Il disco e il VLOG, reduci di un anno e mezzo di lavoro, rimangono ad oggi non ancora pubblicati.
A marzo 2023 è in progetto la produzione di un nuovo disco che includerà i brani migliori di “Piume” e un estratto di “Va tutto bene”, in una qualità decisamente migliore, oltre che brani completamente nuovi nati nell’ultimo periodo. A settembre 2023 vengo premiato da Paola Folli con il primo premio nella categoria inediti al Best Voice Festival 2023 di Alba con il brano “Comete”. “Comete” segna in qualche modo la rinascita del mio personale progetto artistico con il nome di Andi.
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Il CPM Music Institute ospiterà l'evento di presentazione del nuovo progetto didattico "Millefinestre di Ritmo"
Il CPM Music Institute ospiterà l'evento di presentazione del nuovo progetto didattico "Millefinestre di Ritmo". Milano. Il 24 ottobre il CPM Music Institute (via privata Elio Reguzzoni, 15), la scuola di Musica fondata e presieduta da Franco Mussida, ospiterà l’evento di presentazione di Millefinestre di Ritmo, il nuovo progetto didattico di CHRISTIAN MEYER che permette di migliorare e approfondire la conoscenza della batteria con il supporto di uno dei maggiori professionisti italiani. Nel corso dell’evento, che avrà inizio alle ore 19.30, verrà presentato il volume didattico “Millefinestre di Ritmo” (https://www.christianmeyerdrums.com/millefinestre-ritmo), un progetto completo di partiture, video e play-along originali per conoscere i segreti di Christian Meyer, suonare con lui e cimentarsi nell’esecuzione di alcuni brani di Elio e Le Storie Tese. All’interno del volume, oltre alla sua storia personale, sono infatti presenti 13 partiture di batteria inedite di brani di Elio e le Storie Tese, 13 play-along, più di 70 video online e i 25 dischi che si devono assolutamente ascoltare se si vuole diventare un ottimo batterista. L’incontro sarà impreziosito dalla presenza di amici musicisti e momenti live. Ingresso gratuito su prenotazione: https://bit.ly/christian-meyer-cpm. Per maggiori informazioni è possibile scrivere una mail a [email protected] o telefonare al numero 02 6411461. Christian Meyer, milanese di nascita, inizia a studiare batteria all'età di 11 anni con il Maestro Lucchini. Dopo alcune esperienze nella musica dixieland, nel 1981 si trasferisce a Francoforte dove inizia le prime collaborazioni professionali con musicisti brasiliani. Al rientro in Italia, nel 1983, si dedica a diversi generi musicali, con una particolare passione per il jazz. Collabora con i maggiori artisti italiani e internazionali. Partecipa a diversi concerti e festival in Italia e all'estero, prendendo anche parte alla realizzazione di numerosi dischi. Dal 1991 batterista del gruppo Elio e le Storie Tese, endorser ufficiale Yamaha, che per la prima volta nella sua storia dedica un rullante signature ad un batterista italiano. Vanta collaborazioni con artisti del calibro di Mina, Paolo Fresu, Steve Lukather (Toto), Nathan East, Tino Tracanna, Giorgia, Gigi Cifarelli, Enrico Rava, Gianluigi Trovesi e molti altri. Con Elio e le Storie Tese ha collaborato anche con Gianni Morandi, Ike Willis (F. Zappa), James Taylor, Lucio Dalla, Ornella Vanoni, Renzo Arbore, Santana e Sister Sledge. Tra il 1990 e il 1996 è stato docente presso il CPM Music Institute, mentre tra il 2012 e il 2018 presso l’Accademia del Suono di Milano e tra il 2012 e il 2022 presso la scuola Tedamis di Sansepolcro (Arezzo). Dal 1989 ad oggi conduce numerosi e frequentatissimi workshop in tutta Italia. Oggi i suoi progetti principali sono “Hereos - A tribute to David Bowie” con Fresu, Magoni, Petrella, Diodati e Ponticelli, “Trio Bobo” con Faso e Menconi, “Progetto Scuole” e “Christian Meyer Show” con Silvia Bolbo. Il CPM Music Institute (riconosciuto Istituto di Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica dal MUR) vanta un programma didattico ricco e articolato di corsi specializzati nella formazione strumentale, vocale e professionale curati da insegnanti professionisti (Basso, Batteria, Canto, Chitarra, Pianoforte&Tastiere, Tecnico del Suono, Composizione Pop Rock, Electronic Music Producer, SongWriting, Arpa, Fiati e Violino Pop Rock) e propone percorsi Accademici, Pre-Accademici, Multi e Mono Stilistici, Individuali (AFAM, BAC, Diploma, Certificate, Individuali e Master). È inoltre possibile intraprendere il triennio e il biennio per conseguire il Diploma Accademico di 1° e 2° livello, titoli equivalenti ad una Laurea triennale e magistrale, riconosciute sul territorio nazionale e in tutti i Paesi Europei. Molti di coloro che hanno studiato al CPM lavorano oggi in orchestre prestigiose, suonano e cantano come coristi o musicisti all’interno di band di importanti artisti (da Laura Pausini ad Ermal Meta), altri hanno intrapreso carriere artistiche proprie (tra i quali Mahmood, Chiara Galiazzo, Renzo Rubino, Tananai, Assurditè, Lucrezia). Dal 1988 si occupa anche di portare la Musica in luoghi estremi, la più recente iniziativa è CO2 “Controllare l’odio” che consiste nell’installazione di speciali audioteche di sola musica strumentale divisa per stati d’animo, attive in 11 carceri italiane (Milano, Opera, Monza, Torino, Alessandria, Roma, Napoli, Venezia, Genova, Bologna, più una variante attiva al carcere minorile Beccaria di Milano). Realizza progetti musicali educativi per il sociale, come le attività educative inserite nei programmi di recupero della Comunità di San Patrignano, e per l’industria, come la progettazione di una radio di qualità per il circuito NaturaSì, per la cultura, con la partecipazione al Premio Campiello Giovani.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Douja d’Or 2023 ad Asti
Dall’8 al 17 settembre Asti accoglie la Douja d’Or, la manifestazione del vino più attesa dell’autunno italiano, che sarà anche quest’anno diffusa ed itinerante, per raccontare le eccellenze enologiche del territorio nelle piazze, nelle strade e nelle più suggestive dimore storiche della città piemontese. Il vino è ancora una volta l’indiscusso protagonista tra talk, degustazioni, masterclass, incontri, letture, musica e spettacolo per scoprirne tutte le sfumature e offrire a turisti, addetti ai lavori e appassionati spunti di conoscenza e di approfondimento. La Camera di Commercio di Alessandria-Asti ospiterà nel pomeriggio di venerdì 8 settembre l’inaugurazione della Douja d’Or, infatti alle 17.30 partirà da Palazzo Borello la sfilata inaugurale con i musicisti Diego Borotti, sax tenore, Felice Reggio, tromba, Gianni Virone, sax basso, Stefano Calcagno, trombone, Ruben Bellavia, rullante e percussioni, Alessandro Nicoli, grancassa e percussioni e l’animazione Lindy Hop di The Kitchen Swing. Sempre Palazzo Borello sarà la sede dei Talk in Camera, il 12 settembre alle 18 è in programma l’incontro con Umberto Spinazzola, regista televisivo (MasterChef) e cinematografico, con la proiezione del suo film Non morirò di fame, mentre il 14 alle ore 18.30 sarà la volta di Vamos a la Vigna, con ospite Johnson Righeira, cantante del celebre duo musicale. In programma l’11 settembre dalle 9.30 è una giornata dedicata all’eccellenza della grappa italiana per premiare i vincitori del 40° concorso nazionale Alambicco d’Oro Anag e conoscere da vicino la produzione e l’assaggio responsabile. Il 9 settembre alle 17.30 a Palazzo Mazzetti sarà ospitata una tavola rotonda con tutti i protagonisti della Douja d’Or 2023 per un confronto sul panorama vitivinicolo piemontese, con Luca Morino, compositore, musicista e scrittore torinese che vanta innumerevoli tour in Italia e all’estero e ha all’attivo una vasta discografia sia con il gruppo Mau Mau sia come solista (LucaMor, Morinomigrante). Come già nelle passate edizioni il vino sarà un percorso che lega anche arte e fotografia, infatti la mostra Il Mito delle Rosse, accoglie una selezione che celebra l’icona assoluta del mondo dell’auto e dalla collaborazione con la mitica azienda di Maranello sono scaturite le immagini delle vetture stradali allora in produzione ed i loro sublimi dettagli, mentre Vite notturne è il frutto dell’esperienza quadriennale vissuta nottetempo nei vigneti, dove il fotografo si trasforma in pittore e scenografo. Nel reportage Settembre astigiano, rivivono grazie al Palio e al Festival delle Sagre la vita medievale, i valori e la tradizione contadine, oltre ad tanta emozioni e sentimenti attraverso frammenti di vita astigiana. Il Consorzio Tutela Grappa del Piemonte e Grappa di Barolo arricchirà il calendario della Douja d’Or con eventi per approfondire la conoscenza delle grappe prodotte in Piemonte. Tutti i giorni presso l’androne del Palazzo del Comune di Asti di Piazza San Secondo il consorzio proporrà un Banco d’Assaggio delle grappe, lunedì 11 e mercoledì 13 settembre saranno proposti cocktail a base grappa a cura di Il Confessionale Mix Bar e il 13 e il 15 settembre sono in programma, presso il Teatro Alfieri, due degustazioni di 4 diverse grappe abbinate ora alla piccola gastronomia, ora al cioccolato, sotto la guida mastri distillatori e degli assaggiatori professionisti. Novità di quest’anno della Douja d’Or è il format 5 sensi del vino, con talk ed esperimenti sensoriali per 5 diverse esperienze in abbinamento ad ognuno dei 5 sensi, grazie a Maurizio DiMaggio di Radio Montecarlo, gli chef del circuito Osti Narranti – AntipAsti, il maestro pasticcere Alessandro Del Trotti, lo scrittore noir Enrico Pandiani, Claudia Sepertino, esperta in Neuromarketing e Comunicazione Olfattiva e lo chef stellato Marcello Trentini. Read the full article
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(via Pegaso il cavallo alato. Ovvero, il controllo dell’ispirazione. - FEDERICO BERTI)
L’ispirazione poetica domata dalla sapienza e dalla disciplina. Il mito di Pegaso nell’arte e nella letteratura. Nell’immagine, una mia illustrazione per la pelle del rullante che mi porto in spalla quando vado a suonare
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Acid Brains, musicalità del caos
Prosegue il cammino degli Acid Brain di Stefano Giambastiani. In una carriera ormai venticinquennale di strada i nostri ne hanno percorsa. Eppure non sono paghi del livello e dei risultati raggiunti. Questi si contano in ben 6 dischi e 2 ep. È esattamente sugli ultimi due che ci concentreremo.
Per l’esattezza sull’ultimo, Caos vol.2. Come da titolo, il disco porta avanti quanto iniziato con il primo capitolo uscito nel 2022. il primo cambiamento tenuto fermo è il cantato in italiano. Gia questo fa la differenza con i lavori precedenti. A tale aspetto va poi accostato un certo inspessimento dei suoni, non che siano mai stati leggeri, e un’accentuazione del lato oscuro delle canzoni.
In tutte e quattro le tracce dell’ep aleggia una chiara aura scura, darkeggiante, priva di luce. Era presente anche nei dischi precedenti, fa parte dello stile della band, ma non in maniera così forte. Vuoi i testi in lingua madre, ma la pesantezza delle atmosfere si fa sentire fin dal primo brano, 14 febbraio. Un arpeggio melanconico apre la canzone. Batteria minimale, basso che accompagna con note lunghe. La voce è a metà strada tra il cantato e l’evocativo. Si cresce. La batteria entra a pieno regime.
L’intensità aumento su quello che possiamo considerare il ritornello. La struttura si ripete. La chitarra abbandona gli arpeggi per aprire la strada ad uno strumming leggero. Ottimo il cambio a circa ¾. Un bel crescendo che esplode in una mitragliata elettrica coadiuvata da vice urlata. Il caos, come dice il testo segna la chiusura del brano. MR Tanz è decisamente un omaggio ai CCCP. Con tanta rabbia in più e suoni iperdistorti.
Parti più pulite con chitarra che scodella riff acidi e il basso che martella si alternano a ondate elettriche irrefrenabili. La metrica del cantato è quella di Lindo Ferretti. È la rabbia che fa la differenza. Il brano chiude sul ritornello. La successiva Saturo è un perfetto connubio tra testo e musica. Suono saturo si alterna a momenti quasi languidi. Il riff distorto è iterante, ipnotico, lacerante. La struttura si ripete con interventi solisti blueseggianti e la batteria che gioca con terzine sul bordo del rullante.
Si riparte in piena corsa. Toni decisi, suoni invadenti. Preludio per lo special che segue. Questo inizia arpeggiato solo con la chitarra e la voce. Si sovrappongono poi basso e batteria con linee delicate, poco aggressive. Il brano si smorza su un lento crescendo che non esplode mai. Ottima scelta in quanto lascia l’ascoltatore in uno stato di tensione anche emotiva. Lasciamo cadere chiude il quartetto.
Base percussiva introdotta dal basso. Su questa si appoggia la batteria, sempre percussiva e non a ritmo pieno. La voce è narrante. La sei corda crea atmosfere con accordi leggeri. Leggero incremento di intensità con suoni distorti. Si scende di nuovo. La chitarra si fa pulita. Gli arpeggi che si susseguono e sovrappongono sono quasi dissonanti. Nuovo interludio elettrico. Questa volta non si torna indietro. La voce incalza. Si alza, urla, sbraita per poi scomparire sul finale in arpeggio.
Concludendo. Un disco intenso quello degli Acid Brain. Mai scontato. Anzi. Perfettamente si pone in linea con l’evoluzione stilistica della band mettendone in evidenza i costanti passi avanti. Non è un lavoro che si possa ascoltare con leggerezza o semplice sottofondo. Almeno non prima dei 100 ascolti. E si, molti ne servono per entrare nei suoi solchi e carpirne le sfumature e, soprattutto, l’intenzione.
Questa è tutt’altro che banale. L’analisi è dell’animo umano in diversi frangenti della propria vita e di ciò che in questi momenti avviene. Per questo ciò che le canzoni possono trasmettere diventa puramente soggettivo. Ritengo non ci possa essere una canzone preferita. O il classico singolo che tira.
Tutte le canzoni sono più che valide perché esprimono tutte concetti diversi. Ottimo il sodalizio con l’italiano che dà una certa vena post punk sperimentale all’insieme. Un disco da avere ma, prima di essere acquistato, deve essere ben ascoltato. Anche se siete fan della band. Ci sono passaggi che potrebbero stupirvi.
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