Tumgik
#quell'uomo è un genio
latulla80 · 8 months
Text
E comunque io sempre più fiera di Dargen Capitano
3 notes · View notes
micro961 · 1 year
Text
Davide Tonello - Il video di “Inutile in mezzo agli inutili”
Il videoclip del nuovo singolo sul canale YouTube dell’artista
Tumblr media
“Inutile in mezzo agli inutili” è il titolo della nuova canzone di Davide Tonello, suonata con la straordinaria collaborazione di Gigi Cavalli Cocchi, storico batterista di Ligabue, CSI, Lassociazione.
Tratto da una riflessione del famoso aforisma 125 della Gaia Scienza di Friedrich Nietzsche il brano descrive la solitudine che prova chi è portatore di consapevolezze, idee o valori invisibili agli occhi degli altri. Il videoclip, uscito in anteprima nazionale sul portale del MEI, racconta con scene pratiche il testo aperto e filosofico della canzone, senza però intervenire in maniera pesante proprio per non distogliere l'attenzione dal messaggio generalizzato del brano. Il ruolo del protagonista è affidato come da tradizione al cantante stesso che ritroviamo in diverse situazioni completamente isolato e senza mai interagire con gli altri ad eccezione di alcuni manichini che compaiono a circa metà del videoclip. A fare da cornice alla storia troviamo le riprese effettuate in studio durante la registrazione del brano. "Inutile in mezzo agli inutili" è quell'uomo che cerca senza riuscita di far comprendere il valore di un qualcosa che non viene preso in considerazione da una società impegnata solamente ad apparire, ad accumulare oggetti e ad occuparsi di sciocchezze insignificanti come le mode del momento.
Guarda il video:
youtube
“...Tutto sommato la mia verità resta celata a gran parte di voi, inutile in mezzo agli inutili schiavi fruitori di gesti pratici..."
Il riferimento al mito della Caverna di Platone è chiaro: lo schiavo che si libera e vede ciò che gli altri non sono in grado di vedere.
A questo punto le scelte rimangono essenzialmente due: cercare di confondersi con gli altri e vivere come vive la maggioranza di chi ti sta intorno o rimanere soli:
“...Stanco delle inutili troppe abilità fingo talvolta di immergermi nella comoda mediocrità..."
La seconda e ancor più drastica scelta di ritirarsi nella propria solitudine emarginati dal mondo esterno si esplica nella frase che chiude il ritornello:
“...A conti fatti la mia società non mi considera parte di lei: scavo com'è consuetudine in compagnia della mia solitudine..."
Il testo è un altalenarsi del protagonista tra queste due posizioni. È un testo volutamente “aperto” e poco dettagliato, con parole che lasciano uno spazio aperto all'immaginazione e al ragionamento. Oltre a questo, è anche un modesto omaggio a Friedrich Nietzsche, chiaro esempio di genio incompreso agli uomini del suo tempo.
0 notes
olstansoul · 4 years
Text
Sacrifice, Chapter 14
PAIRING: Wanda Maximoff & James Bucky Barnes
"Signora Winnifred, i miei complimenti! È la torta al cioccolato fondente più buona che io abbia mai mangiato, supera persino quella di mia madre"
"Dai, così mi fai arrossire!"e lei rise alla battuta della mamma di James.
"Non so se sia più buona questa o quella della signora Romanoff"
"Tipica torta di mele? Melina è davvero brava a fare le torte ma la torta al fondente è qualcosa fuori dagli schemi capisci?"
"Si, mamma ma non vantarti. Lo scorso anno hai bruciato il tacchino per il ringraziamento e abbiamo dovuto mangiare solo le patate al forno"disse James che ora stava scendendo le scale.
"Intanto la torta è piaciuta"disse sua madre riferendosi a Wanda
"Ma non parlo della torta parlo del tacchino, mamma"disse invece James procurando una risata a Wanda.
"Oh, non lamentarti, Wanda dovresti vederlo se non mangia qualcosa va in panico!"lei continuava a ridere e James non smetteva di guardarla.
"Viziato?"
"Quello no!"rispose lui.
"Concordo a pieno, James mangia di tutto. Solo che quando torna a casa e non trova nulla da mangiare ha paura"
"Paura? E di cosa?"
"Di cucinare...persino mettere una pentola sul fuoco con dell'acqua. Povera colui che se lo sposerà, spero tanto che sappia cucinare"
"Oh mio Dio! Come non sai cucinare? Ormai gli uomini sanno fare tutto in casa!"chiese lei mentre James voleva sotterarsi.
"Beh, sul resto non ho da ridire. Lui è davvero un bravo ragazzo ma spero solo che si trovi una ragazza che lo ami davvero e che non pensi solo allo shopping"disse sua madre.
E sembrava che tutti e tre avessero capito già di chi si stava parlando in quel momento.
"Giusto perché tu lo sappia Winnifred, io so cucinare molto bene"
"Oh, finalmente! Un'altra donna in questa casa che riesca a cucinare, tranne per Rebecca ovviamente. Ma appena si farà più grande la metterò subito all'opera"
"Lo spero per lei, è davvero carina"disse lei vedendo la piccola di casa giocare con alcune bambole al centro del salotto.
"Si, lo è..."
"Ha davvero molto da vendere e poi è così radiosa"
"Hai ragione...spero solo che suo padre non faccia la stessa cosa che ha fatto con James"
"Cosa?"chiese Wanda.
Vedendo che suo figlio era in cucina, Winnifred si sistemò sulla sedia e mise le mani sul tavolo. Si avvicinò a Wanda e la stessa cosa la fece anche lei
"Mio marito certe volte non sa distinguere ciò che i nostri figli vogliono davvero, rispetto a ciò che lui vuole che loro facciano...."
"Che intende dire?"
"Quello fra James e Sharon non era amore e non perché fosse a convenienza. Mio marito li ha piazzati insieme solo perché lui ottenesse un posto nell'azienda di suo padre e che mio marito ne trarrebbe i frutti..."
"Mi dispiace ma...cosa vuole che io faccia?"
"Nulla, nulla ma ho come l'impressione che con te lui si senta diverso. So che non vuole proseguire così con la sua vita, ma sento che con te possa fare dell'altro, altro di più bello capisci?"
"Lo spero, davvero..."
Perché sua madre aveva detto con te? Perché pensare che potessero stare insieme? Certo, se fosse stato solo per questo Wanda avrebbe aiutato James con tutto il cuore, in modo da ricambiargli lo stesso favore. Ma non c'era solo questo.
C'era tanto altro che Wanda custodiva gelosamente e che non sarebbe uscito fuori, neanche con la forza.
Lei era divisa. Da un lato era troppo forte, tanto da custodire un segreto come questo e troppo debole perché a volte preferiva che tutto questo non era mai successo.
Che avrebbe vissuto la sua vita comodamente, senza la stanchezza che si portava dietro ogni giorno e senza il dolore che provava. Ma il dolore non era per sempre, giusto? Non rimaneva per sempre...
I suoi pensieri e la sua chiacchierata con la madre di James furono interrotti dalla porta di casa che fu chiusa, in maniera parecchio rude. Una voce si sentì per tutta la casa e fece voltare Winnifred.
"Si, lo so. Parlerò con mio figlio..."
"Deve essere tornato mio marito"disse Winnifred.
"Robert, sarà stata una solita litigata fra ragazzi vedrai che passerà. Anche perché dovrà passare, James ha bisogno di quel posto nella tua azienda...si, sono a casa ne parlo ora con lui"
Mentre il padre di James staccò la telefonata, il sottoscritto si presentò subito nella sala da pranzo con un'espressione alquanto scocciata, ne aveva le scatole piene di dover ascoltare suo padre e le sue questioni inutili riguardo al suo futuro posto nella azienda del padre di Sharon.
Aveva ragione sua madre, lui non sapeva riconoscere quello che James voleva davvero.
"Oh, sei qui! Mi ha chiamato il padre di Sharon e mi ha detto che vi siete lasciati..."
"Quella cagna non poteva starsene con la bocca chiusa?"disse James e sua madre lo guardò con disappunto, non voleva che Rebecca sentisse quelle parole.
"Ancora non lo capisci? Non capisci che quel posto è la fortuna per me?"
"Si, papà tu continua a pensare a te stesso! Ricordati che hai una moglie e due figli, io sono uno di quelli. E non voglio fare quello che mi dici, non capisci la differenza fra ciò che vuoi che io faccia e ciò che voglio veramente io"
"Tu non capisci che investiremo alla grande, potrai iniziare a fondare un impero"
"Papà ho 18 anni voglio proseguire i miei studi e non pensare già a farmi dei soldi sulle spalle degli altri. Ne ho le palle piene di tutte queste tue stronzate,dei tuoi investimenti, ci fosse un giorno in cui non torni a casa e la smettessi di stare attaccato a quel cellulare..."
"Lo faccio per te"
"Lo fai per me? Davvero? Da quando fai una cosa per me? Saranno passati anni da quando non mi fai un regalo di compleanno o persino gli auguri quindi non uscirtene con scuse che non esistono..."
Per un attimo la casa regnava in un assoluto silenzio fin quando Wanda decise di alzarsi, si sentiva a disagio e parecchio incomoda in quella situazione familiare, che non era sua.
Stava per dirigersi alle scale per poterle risalire e andare nella stanza di James fin quando la stessa voce che aveva interrotto la chiacchierata con la mamma di James la fermò.
"È colpa sua, vero? Sharon ha detto a suo padre che c'era un'altra ragazza, tu dovresti essere Wanda, vero?"
Lei si fermò sul posto, non sapendo cosa fare perché la voce di quell'uomo l'ha spaventata e continuerà a spaventarla. Chiuse gli occhi pensando che magari qualcuno in quella stanza potesse fare qualcosa per tirarla fuori da quella situazione.
E come per magia, ecco che arriva il genio della lampada che gli esaudisce uno dei tre desideri. O era il principe azzurro che la salva dalle grinfie del mostro cattivo?
"Hai letto troppo favole, decisamente"pensò Wanda.
"Si, lei è Wanda e non c'entra nulla con questa storia. Se ho rotto con Sharon è solo perché ha un'altro..."
"Beh, in ogni caso sai già cosa devi fare per guadagnarti un posto in quell'azienda..."disse lui dirigendosi nel suo ufficio.
"Papà, non mi va di ripeterti le stesse cose"
"James, o si fa come dico io oppure niente...ah e in ogni caso potevi sceglierla un po' più carina, non è il massimo affianco a te"disse suo padre tagliente indicando Wanda.
Successe tutto d'improvviso. James la guardò per un attimo, fino a che lei salì le scale furiosa in direzione della camera di lui, entrò e prese tutta la roba che le era servita.
Fu proprio in mezzo alle scale di casa sua che lo incontrò per una seconda volta e stavolta era peggio della prima.
"Lasciami spiegare..."
"Non c'è nulla da spiegare James, avrei dovuto aspettarmelo..."
"Nulla di tutto quello che è successo me lo sarei aspettato anche io"
"Non inventare scuse...vuoi lasciarmi passare?"chiese ma non lo fece neanche rispondere che lo spinse con le spalle al muro e scese le scale di corsa.
Ma James Barnes era il tipico ragazzo che non si arrendeva al primo no che gli veniva detto e Wanda ancora non lo sapeva.
Appena sentì la porta di casa sbattere, subito corse anche lui. Prese il suo giubbotto di pelle e le chiavi di casa,pronto per uscire di casa e recuperare Wanda.
"Sei contento ora?"chiese a suo padre che era seduto sulla sua sedia d'ufficio.
Ma anche lui non ottenne subito risposta, troppo preso da poter recuperare Wanda per non perderla di nuovo e mai più.
Tumblr media
3 notes · View notes
ilquadernodelgiallo · 4 years
Quote
Soprattutto, mi sarebbe piaciuto conoscere meglio Ekaterina, che è deliziosa e manifesta una cordialità che credevo esclusiva delle attrici americane: ride molto, si stupisce di tutto ciò che le dite, e vi pianta in asso quando passa uno più importante di voi. ________________ Eduard capisce allora una cosa fondamentale, ossia che ci sono due categorie di persone: quelle che si possono picchiare e quelle che non si possono picchiare, non perché siano più forti o meglio allenate, ma perché sono pronte a uccidere . È questo il segreto, l'unico, e il bravo Eduard decide di passare nella seconda categoria: sarà un uomo che nessuno colpisce perché tutti sanno che è capace di uccidere. ________________ Naturalmente Gorkun ci è finito [nel campo di lavoro] per reati comuni, altrimenti non se ne vanterebbe con ragazzi come Eduard e i suoi amici che, al contrario di noi, non hanno alcun rispetto per i prigionieri politici e, pur non conoscendone nessuno di persona, li ritengono intellettuali saccenti, o cretini che si sono fatti sbattere dentro senza neanche sapere perché. I criminali, invece, sono degli eroi, soprattutto i membri di quell'aristocrazia criminale nota come vory v zakone, “i ladri che obbediscono alla legge”. […] A patto che si tratti di un criminale onesto, vale a dire rispettoso delle leggi del proprio gruppo, e sappia uccidere e morire, Gorkun considera un segno di ardimento e distinzione morale giocarsi a carte la vita di un compagno di baracca e, terminata la partita, sgozzarlo come un maiale, o trascinarne un altro in un tentativo di evasione con il proposito di mangiarlo quando in mezzo alla taiga saranno esauriti i viveri. ________________ Nel mondo dei “decadenti” di Char'kov, infatti, il genio ha il dovere di essere non soltanto misconosciuto ma anche avvinazzato, eccentrico, disadattato. E poiché l'ospedale psichiatrico è uno strumento di repressione politica, un soggiorno fra le sue mura rilascia una patente di dissidenza ________________ E poi i posti sulla nave della dissidenza sono tutti occupati. Ci sono già le star, se sale a bordo anche lui non sarà altro che un figurante - e questo no, mai. ________________ C'era la letteratura ufficiale. Gli “ingegneri dell'anima”, come una volta Stalin aveva definito gli scrittori. […] Quanto guadagnavano in comfort e sicurezza lo perdevano in autostima. Ai tempi eroici dei costruttori del socialismo, potevano ancora credere a ciò che scrivevano, essere orgogliosi di ciò che erano, ma al tempo di Brežnev, dello stalinismo morbido e delle nomenklatura, non potevano più farsi illusioni, Sapevano bene di essere al servizio di un regime corrotto e di aver venduto l'anima, e sapevano che gli altri lo sapevano. […] Gli intellettuali di regime, se non erano completamente abbrutiti o del tutto cinici, si vergognavano di quel che facevano, si vergognavano di quel che erano. […] Molti si rifugiavano nell'alcol; alcuni, come Fadeev, si suicidavano. I più furbi, che erano anche i più giovani, imparavano a giocare su due tavoli, pratica ormai possibile perché al potere facevano comodo questi semidissidenti moderati ed esportabili che Aragon si era specializzato nell'accogliere da noi a braccia aperte. _______________ …certo, gli under leggevano i dissidenti e facevano circolare le loro opere, ma, tranne rare eccezioni, non si esponevano agli stessi pericoli e soprattutto non erano animati dalla stessa fede. […] Il piccolo mondo gregario, caloroso, mordace di cui Venedikt Erofeev era l'eroe e Edička Limonov l'astro nascente, Solženicyn non lo conosceva neppure, e se lo avesse conosciuto lo avrebbe disprezzato. La sua determinazione e il suo coraggio avevano qualcosa di disumano, poiché Solženicyn si aspettava dagli altri ciò che chiedeva a se stesso. Giudicava vile scrivere di un argomento diverso dai gulag, perché questo significava tacere i gulag. _______________ C'è una foto in cui si vede Eduard in piedi, con i capelli lunghi, trionfante, e con addosso quella che lui chiama la sua “giacca da eroe nazionale” - un patchwork di centoquattordici pezzi variopinti che ha cucito lui stesso -, e ai suoi piedi Tanja, nuda, incantevole, gracile, con quei suoi piccoli seni sodi e leggeri che lo facevano impazzire. Quella foto Eduard l'ha sempre conservata, se l'è portata dietro dappertutto, e l'ha appesa come un'icona alla parete di ogni suo alloggio di fortuna, Quella foto è il suo talismano, Quella foto dice che, qualsiasi cosa accada, per quanto in basso possa cadere, un giorno lui è stato quell'uomo. E ha avuto quella donna. _______________ Tutto è grandioso nel destino di Solženicyn, il quale, due giorni dopo questa riunione, viene caricato di peso su un aereo diretto a Francoforte dove Willy Brandt lo accoglie come un capo di Stato. Il che dimostra però (ed era questo il cruccio, fondato, dell'irruente Podgornyj) che il sistema sovietico aveva perso il piacere e la forza di fare paura, mostrava i denti senza più crederci davvero, e invece di perseguitare i ribelli preferiva mandarli al diavolo. ________________ La piantina, poi, li sbalordisce per la sua precisione: se indica che nella seconda strada a destra c'è Saint Mark's Place, be', lì c'è davvero Saint Mark's Place, cosa inimmaginabile in Unione Sovietica dove le piantine, quando se ne trovano, sono immancabilmente sbagliate, o perché risalgono all'ultima guerra, o perché anticipano grandi opere pubbliche e mostrano la città come si spera sia tra quindici anni, o semplicemente perché mirano a disorientare il turista, sempre più o meno sospetto di essere una spia. ________________ Lui e Tanjia sono due giovani russi adorabili, due graziosi animali da compagnia, ed è ancora presto per uscire dal ruolo. Eduard se ne accorge quando azzarda un'osservazione sul gusto per i riconoscimenti che Brodskij nasconde dietro la sua aria da studioso sempre con la testa fra le nuvole. Tat'jana lo interrompe inarcando un sopracciglio: ha già superato il limite. ________________ Comunque ha ucciso degli uomini, e ne parla senza vantarsene. Un giorno Eduard gli confessa che non è sicuro di esserne capace. "Ma come no" lo rassicura Porfirij. "Quando non avrai scelta, lo farai, come tutti. Non preoccuparti". ________________ È [il Russkoe Delo] insomma un luogo caldo e rassicurante per chi è appena arrivato e non parla inglese, ma anche l'anticamera della fine in cui sono naufragate le aspettative di chi è venuto in America credendo che lo attendesse una vita nuova ed è rimasto impaniato in quell'accogliente tepore, in quei meschini battibecchi, in quelle nostalgie e in quelle vane speranze di un ritorno in patria. ________________ l'Hotel Winslow è un rifugio per i russi, soprattutto ebrei, che appartengono come lui alla "terza emigrazione", quella degli anni Settanta. Eduard è in grado di riconoscerli per strada, anche di spalle, dalla stanchezza e dall'infelicità che emanano. A loro pensava quando ha scritto l'articolo che gli ha fatto perdere il posto. A Mosca o a Leningrado erano poeti, pittori, musicisti, under di valore che se ne stavano al caldo nelle cucine, e ora, a New York, fanno i lavapiatti, gli imbianchini, i traslocatori, e per quanto si affannino a credere ancora ciò che credevano all'inizio - che è una situazione provvisoria e che un giorno i loro veri talenti saranno riconosciuti - sanno bene che non è così. Allora, sempre tra loro e sempre in russo, si ubriacano, recriminano, parlano della patria, sognano di avere il permesso di ritornarvi, ma non avranno mai il permesso di ritornarvi e moriranno lì, in trappola e beffati dal destino. ________________ Gli piace che Trockij dichiari apertamente. "Viva la guerra civile!". Che disprezzi i discorsi da donnicciole e da preti sul sacro valore della vita umana. Che dica che per definizione i vincitori hanno ragione e gli sconfitti torto e che il posto dei secondi è nella spazzatura della storia. Queste sì che sono parole virili, e gli piace ancor più quello che raccontava il vecchio del "Rosskoe Delo": il tizio che le ha pronunciate è passato in pochi mesi dalla condizione di esule morto di fame a New York a quella di generalissimo dell'Armata Rossa, uno che si spostava da un fronte all'altro a bordo di un vagone blindato. ________________ Secondo Brodskij, è una regola: soltanto un provinciale può diventare un autentico dandy. ________________ Quello che gli dispiacerebbe è morire da sconosciuto. Se "Io, Edička" fosse stato pubblicato e avesse avuto il successo che meritava, allora d'accordo: lo scandaloso scrittore Limonov ucciso da una raffica di Uzi a Beirut occuperebbe la prima pagina del "New York Times". Steven e i suoi pari leggerebbero la notizia tenendo il giornale sopra le loro crêpe allo sciroppo d'acero e si direbbero, con aria pensosa: "Questo è un uomo che ha vissuto veramente". Così sì varrebbe la pena. La morte da milite ignoto, no. ________________ Tutto sommato, Eduard preferisce ancora i genitori di Jenny, autentici rednecks del Middle West, a cui la ragazza vuole a tutti i costi presentarlo quando i suoi vengono a passare una settimana nella metropoli. Il padre lavorava per l'FBI e somiglia in modo sorprendente a Veniamin. Quando Eduard glielo dice, e aggiunge che il padre lavorava per il KGB, l'altro scuote la testa e dichiara con solennità che ci sono brave persone ovunque: "Il popolo americano e quello russo sono pieni di brave persone; sono i dirigenti che fanno le porcate, e gli ebrei". Racconta con orgoglio che Edgar Hoover gli ha mandato un regalo per la nascita di ciascuno dei suoi figli, e quando viene a sapere che Eduard scrive gli augura di avere lo stesso successo che ha avuto Peter Benchley, l'autore dello Squalo. Birra, camicia a scacchi, buon diavolo, senza malizia: a Eduard piace più della figlia. ________________ Steven non era tanto ingenuo da credere che il poeta russo gli volesse bene, ma forse pensava di piacergli, e in effetti era vero. Eduard non trovava Steven né stupido né odioso; non aveva niente di personale contro di lui, ma di fronte a Steven si sentiva come il mužik che pur obbedendo al barin aspetta che giunga la sua ora, e quando quell'ora sarà giunta entrerà dalla porta principale nella bella casa piena di oggetti d'arte del barin, la saccheggerà, gli violenterà la moglie, getterà a terra il barin stesso e lo prenderà a calci con un riso di trionfo. La nonna aveva descritto a Steven lo stupore dei nobili zaristi quando videro scatenarsi a quel modo i loro bravi Vanja tanto devoti e fedeli, che avevano visto nascere i loro figli ed erano sempre stati così carini, e penso che Steven abbia provato a suo volta lo stesso stupore nel leggere il libro dell'ex domestico. Per circa due anni Steven aveva vissuto senza alcun sospetto accanto a quell'uomo tranquillo, sorridente e simpatico, che gli era nemico nel più profondo dell'animo. ________________ finché sei cattivo, non sei diventato un animale domestico. ________________ Quello che volevo raccontare accade in un pulmino che riaccompagna gli scrittori in albero dopo l'ennesima tavola rotonda. A un semaforo rosso un camion militare affianca il pulmino, all'interno del quale si diffonde un brusio di deliziato spavento. "L'Armata Rossa! L'Armata Rossa!". Sovreccitati, con il naso incollato ai finestrini, tutti i membri di quella comitiva di intellettuali borghesi sono come i bambini al teatro dei burattini quando vedono uscire da dietro le quinte il lupo cattivo. Eduard chiude gli occhi con un sorriso soddisfatto. Il suo paese sa ancora fare paura a quegli occidentali senza palle: tutto a posto. ________________ ...dopo che Berija, a capo dell'NKVD sotto Stalin, era caduto in disgrazia ed era stato giustiziato, fu data disposizione ai sottoscrittori della Grande Enciclopedia sovietica di ritagliare dalla copia di loro proprietà la voce encomiastica dedicata a quel fervido amico del proletariato per sostituirla con una voce della medesima lunghezza sullo stretto di Bering. Berija, Bering: l'ordine alfabetico era salvo, ma Berija non esisteva più. Non era mai esistito. Allo stesso modo, dopo la caduta di Chruščëv, le biblioteche dovettero lavorare di forbice per eliminare Una giornata di Ivan Denisovič dai vecchi numeri della rivista "Novyj Mir". Il potere sovietico si arrogava il privilegio che san Tommaso negava a Dio: fare che ciò che era stato non fosse stato. E non era a George Orwell, ma a Pjatakov, un compagno di Lenin, che si doveva questa frase straordinaria: "Se il partito lo richiede, un vero bolscevico è disposto a credere che il nero sia bianco e il bianco nero". [...] "Il socialismo integrale non è un attacco a determinate storture del capitalismo ma alla realtà stessa. È un tentativo di sopprimere il mondo reale, un tentativo a lungo termine destinato a fallire ma che per un certo periodo riesce a creare un mondo surreale fondato su questo paradosso: l'inefficienza, la povertà e la violenza sono presentate come il bene supremo" [Martin Malia]. La soppressione della realtà passa attraverso quella della memoria. [...] Così un intero popolo faceva come se non fosse mai successo e imparava la storia sul breve compendio che il compagno Stalin si era preso il disturbo di scrivere personalmente. ________________ Non gli piaceva trovare in un negozio di articoli militari d'occasione un cappotto da soldato dell'Armata Rossa, e accorgersi che i bottoni di ottone della sua infanzia erano stati sostituiti da bottoni di plastica. Un particolare, ma un particolare che, secondo lui, diceva tutto. Quale immagine poteva avere di se stesso un soldato ridotto a indossare divise con bottoni di plastica? Come poteva combattere? A chi poteva fare paura? [...] Un popolo i cui soldati sono infagottati in divise a buon mercato è un popolo che non ha più fiducia in se stesso e non ispira più rispetto ai vicini. È un popolo che ha già perso. ________________  ...ma no, c'è qualcos'altro, qualcosa che eccita i suoi compagni di baldoria e a lui procura invece un profondo disgusto. Ci mette un po' a  rendersene conto, ma quest'altra cosa che lo ha colpito ancora prima di entrare è lo sguardo del poliziotto appostato sul marciapiede. Non è un vigilante pagato dal ristorante, ma un poliziotto vero, vale a dire un rappresentante dello Stato. Una volta un rappresentante dello Stato, anche di grado subalterno, era rispettato. Incuteva timore, Ora il poliziotto all'ingresso non incute timore a nessuno, e lo sa. I clienti gli passano davanti senza neanche vederlo. Se hanno paura di qualcuno, non è certo di lui. Sono loro che hanno il denaro, loro che hanno il potere, e ormai quel poveraccio in divisa è al loro servizio. ________________ All'ingresso dei bagni c'è un'inserviente imbronciata, che Eduard vorrebbe abbracciare proprio perché è imbronciata, sovietica, perché non somiglia ai furbetti che si abbuffano qualche metro più su ma alla gente povera e onesta in mezzo alla quale è cresciuto. Prova a parlarle, a sapere che cosa pensi di quanto sta accadendo nel paese ma, come il conducente del pulmino, la donna si rabbuia ancora di più. È terribile: la gente comune con cui Eduard vorrebbe fraternizzare non gli dà corda, e invece a quelli che si mostrano bendisposti lui vorrebbe soltanto spaccare il muso. ________________ Eduard pensa che è un po' troppo facile vivere nel comfort e nella libertà, e voler tenere gli altri al riparo da tutto ciò per il bene della loro anima ________________ Non c'è nessuno dei suoi amici, ma Eduard riconosce dei volti intravisti in passato in occasione di qualche festa o di una lettura di poesia. Volti di comparse, volti spenti, rosi dall'odio per se stessi. E come sono diventati vecchi! Lividi o paonazzi, gonfi, sciupati. Non sono più under, certo, ora che tutto è permesso tornano alla luce, e la cosa terribile è che la loro assoluta mediocrità, misericordiosamente occultata in gioventù dalla censura e dalla clandestinità, è sotto gli occhi di tutti [...] L'insuccesso era nobile, l'anonimato era nobile, persino il decadimento fisico era nobile. Potevano sognare che un giorno sarebbero stati liberi, e quel giorno sarebbero stati acclamati come eroi, perché avevano custodito per le generazioni future, sotterraneamente e in clandestinità, il meglio della cultura russa. Ma, arrivata la libertà, non interessano più a nessuno. ________________ Scende la notte, Eduard non riesce a prendere sonno. Pensa alle poche lettere che ha ricevuto dai genitori durante la sua lunga assenza. Lettere lagnose, zeppe di stupidaggini e recriminazioni perché l'unico figlio che avevano non sarebbe tornato a chiudere loro gli occhi. Scorreva quelle lettere senza leggerle veramente, si rifiutava di compatire i genitori, ringraziava il cielo di averlo portato lontano dalle loro vite pavide e rattrappite. Un cattivo figlio? Forse, ma intelligente, e quindi senza pietà. La pietà rammollisce, la pietà avvilisce; e la cosa terribile è che da quando ha rimesso piede nel suo paese si sente invadere, oltre che dalla collera, dalla pietà. ________________ Quando è crollato il comunismo, Zachar [Prilepin] e i suoi amici avevano circa quindici anni. La loro infanzia era trascorsa in Union Sovietica ed era stata più bella dell'adolescenza e della prima età adulta. Quei giovani ricordavano con tenerezza e nostalgia il tempo in cui le cose avevano un senso, il denaro non era molto ma non c'erano nemmeno molte cose da comprare, le case erano ben tenute e un ragazzino poteva guardare con ammirazione il nonno perché era stato il migliore trattorista del suo kolchoz. Avevano vissuto la sconfitta e l'umiliazione dei genitori - gente modesta ma orgogliosa di essere ciò che era -, ridotti in miseria e privati anche dell'orgoglio. Credo che fosse soprattutto questo a riuscire insopportabile a Zachar e a quelli come lui. ________________ A differenza della maggior parte degli stabilimenti penitenziari russi, Lefortovo non è sporco, non è sovraffollato, non ci sono stupri né pestaggi; in compenso, si è sottoposti a un rigido isolamento. Non soltanto non si è costretti a lavorare, ma, anche volendo, non è permesso farlo. Le celle- singole, bianche, asettiche - sono tutte fornite di televisione, così i detenuti possono guardarla da mattina a sera, e questa soffice dipendenza li fa sprofondare presto o tardi nell'apatia, e poi nella depressione. La passeggiata quotidiana si svolge all'alba sul tetto della prigione, ma a ciascuno è riservato un recinto di pochi metri quadrati interamente circondato da una rete metallica, e per evitare che i progionieri possano scambiarsi qualche parola da una gabbia all'altra, gli altoparlanti diffondono musica a un volume così assordante che anche urlando a squarciagola non si riuscirebbe a sentire la propria voce. Ma nemmeno questa sgradevole passeggiata è obbligatoria, e molti finiscono per farne a meno: restano a letto, si girano contro il muro, non respirano mai più all'aria aperta. ________________ Forse il momento più mirabile della vita di Eduard, quello in cui è stato più vicino a essere ciò che sempre, strenuamente, con la cocciutaggine di un bambino, ha cercato di essere: un eroe, un uomo davvero grande. ________________ Il bravo zek è uno zek abbattuto, incapace di reagire: anche questo è intenzionale. ________________ E poi, senza preavviso, tutto si ferma. Il tempo, lo spazio: eppure non è la morte. Nulla di quanto lo circonda ha mutato aspetto, né l'acquario, né i pesci nella tinozza, né l'ufficio, né il cielo oltre la finestra dell'ufficio, ma è come se tutto ciò fosse stato fino a quel momento soltanto un sogno e d'un tratto diventasse pienamente reale: elevato al quadrato, svelato e insieme annullato. Eduard viene risucchiato da un vuoto più pieno di tutto ciò che è pieno al mondo, da un'assenza più presente di tutto ciò che riempie il mondo della propria presenza. Non è più da nessuna parte ed è interamente lì. Non esiste più e non è mai stato così vivo. Non c'è più nulla, c'è tutto. La si può chiamare "trance", "estasi", "esperienza mistica". [...] Oppure si può, come Eduard, tornare nella propria baracca, sdraiarsi sul materasso, prendere il quaderno e scrivere: "Questo mi aspettavo da me. Ora nessun castigo può toccarmi, perché saprò trasformarlo in felicità. Uno come me può trarre gioia anche dalla morte. Non tornerò alle emozioni dell'uomo comune". ________________ Nel proprio paese era diventato la star che aveva sempre sognato di essere: scrittore osannato, guerrigliero mondano, habitué dei giornali scandalistici. Appena rimesso in libertà, aveva scaricato la valorosa piccola Nastja per buttarsi su una di quelle donne di categoria A alle quasi non ha mai saputo resistere: un'incantevole attrice diventata famosa con un telefilm intitolato KGB in smoking. I suoi trascorsi carcerari ne facevano un idolo dei giovani, l'alleanza con Kasparov un uomo politico presentabile, e non escludo che Eduard abbia immaginato veramente di arrivare al potere sull'onda di una rivoluzione di velluto, com'era accaduto in passato a Václav Havel. ________________ Di tutti i luoghi del mondo, continua Eduard, l'Asia centrale è quello in cui si trova meglio. in città come Samarcanda o Barnaul. Città schiantate dal sole, polverose, lente, violente. Laggiù, all'ombra delle moschee, sotto le alte mura merlate, ci sono dei mendicanti. Un sacco di mendicanti. Sono vecchi emaciati, con i volti cotti dal sole, senza denti, spesso senza occhi. Portano una tunica e un turbante anneriti dalla sporcizia, ai loro piedi è steso un pezzo di velluto su cui aspettano che qualcuno getti qualche monetina, e quando qualche monetina cade non ringraziano. Non si sa quale sia stata la loro vita, ma si sa che finiranno nella fossa comune. Sono senza età, senza beni, ammesso che ne abbiano mai avuti - è già tanto se hanno ancora un nome. Hanno mollato tutti gli ormeggi. Sono dei derelitti. Sono dei re. Questo sì che gli piace.
Emmanuel Carrère, Limonov
1 note · View note
evilblot · 6 years
Note
Oddio non ci posso credere! Finalmente ho trovato un blog italiano sul Disney italiano 😍😍 Ragazza, è meraviglioso! Ho passato la mia vita a scrivere cose su Macchia Nera/The Phantom Blot! Ora vorrei sapere cosa ne pensi di questo genio! Qualche headcanon su di lui?
Oh mio deo, dove ti sei nascost* per tutto questo tempo?? !? !?? Fatti vedere, conoscere, fatti A M AR EH!! ♥♥♥♥♥
Inoltre,, ti rendi conto di aver aperto il vaso di Pandora con questa domanda vero? 😂 Ma cercherò di limitarmi prima di sembrare una pazza maniaca ossessionata anche se tecnicamente lo sono lol
In generale un personaggio meraviglioso costruito a 360° gradi, con una lore e una distinta personalità di spicco, specie nella produzione italiana (che diciamocelo è la migliore di tutte). Certo, ci sono alcuni buchi sparsi qui e là tanto per ragioni di target oppure semplice omertà disneyana (ho delle remore nel caso non si fosse notato lol), ma per fortuna ci sono io a fornire tanto i peggio dettagli quanto le risposte più astruse ma sempre accompagnate da tesi accademiche che manco a Oxford riguardo a domande che nessuno aveva sentito la necessità di porre lmao
Riguardo agli headcanons, oof…,,,., ne ho parecchi ma ovviamente sono divisi sia per saga che per hmmm,, , “privacy” se capisci cosa intendo *wink wink*😏 Quindi a sto giro resto sul vago e lascerò il resto per quando e se ci saranno (spero!) altre occasioni per approfondire…. Comunque:
🗃️ A causa della sua emofobia, il cibo crudo per Macchia è un no assoluto, quindi nel caso un povero cristo stesse pianificando un uscita al sushi può anche mettersi il cuore in pace che il signorino non ci si avvicinerà manco per finta.
🗃️ Quell'uomo non dorme mai. O meglio, anche quando sembra stia dormendo in realtà è in modalità risparmio energetico quel tanto che basta per tirare avanti; in sintesi si mette in un angolo ad occhi chiusi ma resta comunque perennemente sull'attenti tipo cane da guardia nevrotico. Nel raro caso la stanchezza abbia la meglio su di lui (e l’ambiente glielo consente) allora si concede di crollare del tutto e addio mondo per almeno un paio d’ore dove manco le trombe dell’apocalisse potrebbero svegliarlo.
🗃️ Sempre parlando di cibo, Macchia ha un metabolismo che manco un colibrì gli sta dietro, nel senso che qualsiasi cosa mangi la brucia nel giro di mezzo secondo, di conseguenza può permettersi di mangiare le peggio schifezze (cosa che fa senza troppi problemi) senza ingrassare di un grammo. Cosa che fa decisamente comodo vista la vita che fa, ma essendo anche una bestiola schizzinosa combinare questi due aspetti è sempre tragico tanto che di solito si riduce a saltare direttamente i pasti andando avanti a caffè.
🗃️ Mai nominare, figuriamoci parlare, della sua famiglia nel dettaglio. Specie riguardo i suoi genitori. Mai avuto un buon rapporto e quel che è successo deve restare nel passato dove appartiene.
🗃️ Per Macchia i memes rimangono un mistero indipendentemente da quanto lui si applichi per comprenderli. Semplicemente rimangono al di fuori della sua sfera di comprensione e, se da un lato la cosa alimenta il suo già colossale ego da intellettualoide, dall'altro lo turba profondamente perché proprio per ego sente il bisogno di dover capire a tutti i costi ciò che si trova davanti. È una causa persa nonché una tragedia per un’amante dei memes come la sottoscritta, ma tbh lo amo lo stesso 😂🙈
E questo per ora è tutto, grazie mille per l’ask e spero di rivederti (per non dire eventualmente conoscerti) presto!! ♥
9 notes · View notes
kaunisbaby · 6 years
Text
Leggevo la biografia sui NIN e sono arrivata al capitolo dell'oscar e mi sono un po' commossa perché wow da una depressione debilitante uno stile di vita autodistruttivo tossicodipenze e un'overose quell'uomo è arrivato a pulirsi mettere su famiglia continuare a fare musica geniale senza mai essere ripetitivo o scontato cercare di combattere il sistema dell'industria musicale nelle sue ingiustizie in tutti i modi possibili... Ed è giunto a vincere un oscar come coronamento del suo genio artistico assoluto e sempre integerrimo
Ci servono più Trent Reznor nel mondo
4 notes · View notes
mentresognavodite · 6 years
Text
Mi hai chiesto se mi è piaciuta la conferenza dell'altro giorno. Ovvio che mi è piaciuta. E a te?
Non tutta, certo.
Non tutta, però una parte... quando ha parlato l'autista.
Sì, la parte più bella, quando ha parlato l'autista.
Mi dici che è stato assurdo, come ti ha fatto sentire. Avevi appena finito di raccontare al tuo amico che vuoi essere famoso, importante, conosciuto. Un personaggio pubblico. Con la spunta blu sul profilo Instagram magari.
Questo era il tuo sogno in quel momento. E avevi appena finito di raccontarglielo.
Poi hai sentito parlare quell'uomo. Il mio sogno non era nulla, mi dici. C'è gente che fa cose grandi per davvero, noi proprio nulla, continui.
Ma non è questo il vero problema, il problema è che neanche ci pensiamo, il problema è che crediamo che la vita sia questa, crediamo di volere quello che ci mostrano, le scarpe, i vestiti, i soldi, tutti che sanno il tuo nome. L'ultima canzone uscita, la bottiglia più costosa. Ti compri una cinta e credi di avere fatto tutto, di essere completo. Invece non hai fatto nulla.
Arriva un uomo e ti racconta la sua storia, un uomo vivo per caso, un uomo arrabbiato. Fino a ieri non sapevi il suo nome eppure le sue parole sono così importanti.
Eppure lo sai, non ci vuole un genio per capire che l'outfit da mille euro che sfoggi in giro per la scuola non vale nulla in verità. Lo sai e lo sapevi. Ma te ne eri dimenticato. Perché?
Quando entri nel giro non ci pensi più. È che ti sembra ci stia davvero bene la marca in vista sulla felpa. Gli altri ti vedono, o forse no, forse lo vedono e basta, mica vedono te. Ma cosa te ne frega, tu ci stai così bene. Quel ritornello non ha sento ma lo cantate tutti insieme, forse dice proprio una stronzata, ma che ti frega, ti diverti.
Ma mi sono sentito male davvero, hai detto.
E io lo capisco davvero.
La gente muore per sogni veri e grandi e belli.
Per quelli stessi sogni dovrebbe vivere.
Con quegli stessi sogni dovremmo vivere.
3 notes · View notes
Text
02/12/2017
Quando la tua vita è talmente una merda che vai avanti solo grazie al pensiero del sabato e il sabato rimani a casa per accontentare i tuoi e non farli preoccupare, allora la tua vita è doppiamente una merda e ti ritrovi alle otto di sera sotto le coperte a piangere pensando che studiare Leopardi ti ha fatto male perché condividi tutto il suo dannatissimo pessimismo e quell'uomo è un genio.
3 notes · View notes
Text
È tanto difficile per quell'uomo dirmi le cose in faccia? No davvero è assurdo che lui mandi la sua tipa per dire a me (sua figlia) le cose che gli vanno a genio o meno di me.
Ma che stiamo scherzando? Siamo in un film comico? Io la trovo una una cosa inconcepibile. Uomo senza palle che si fa manipolare da una donna arrogante.
Ho sempre desiderato entrare in un film di animazione; ora ho la matrigna, una sorellastra perfetta agli occhi degli altri, un padre che non apre becco e io che mi ritrovo a dover sopportare, mandare giu e lottare per i miei diritti in quella che dovrei ritenere la mia famiglia.
Buona notte.
1 note · View note
micro961 · 1 year
Text
Davide Tonello - “Inutile in mezzo agli inutili”
Il nuovo singolo dell’artista sui principali stores digitali e nelle radio italiane
Tumblr media
“Inutile in mezzo agli inutili” è il nuovo singolo dell’artista Davide Tonello, suonato con la straordinaria collaborazione di Gigi Cavalli Cocchi, storico batterista di Ligabue con i Clandestino, batterista dei CSI e de Lassociazione, disponibile sui principali stores digitali e nelle radio in promozione nazionale. La canzone nasce da una riflessione sul famoso aforisma 125 della Gaia Scienza. Ognuno di noi si può trovare, in un dato momento della propria esistenza, nella situazione dell'uomo folle descritto da Friedrich Nietzsche. Il titolo del brano descrive perfettamente lo stato d'animo provato dal protagonista, incapace di far conoscere al mondo una chiara verità invisibile agli occhi degli altri. "Inutile in mezzo agli inutili" è quell'uomo che cerca senza riuscita di far comprendere il valore di un qualcosa che non viene preso in considerazione da una società impegnata solamente ad apparire, ad accumulare oggetti e ad occuparsi di sciocchezze insignificanti come le mode del momento.
 "...Tutto sommato la mia verità resta celata a gran parte di voi, inutile in mezzo agli inutili schiavi fruitori di gesti pratici..."
 Il riferimento al mito della Caverna di Platone è chiaro: lo schiavo che si libera e vede ciò che gli altri non sono in grado di vedere.
A questo punto le scelte rimangono essenzialmente due: cercare di confondersi con gli altri e vivere come vive la maggioranza di chi ti sta intorno o rimanere soli:
 "…Stanco delle inutili troppe abilità fingo talvolta di immergermi nella comoda mediocrità..."
 La seconda e ancor più drastica scelta di ritirarsi nella propria solitudine emarginati dal mondo esterno si esplica nella frase che chiude il ritornello:
"...A conti fatti la mia società non mi considera parte di lei: scavo com'è consuetudine in compagnia della mia solitudine..."
 Il testo è un altalenarsi del protagonista tra queste due posizioni. È un testo volutamente "aperto" e poco dettagliato, con parole che lasciano uno spazio aperto all'immaginazione e al ragionamento.
Oltre a questo, è anche un modesto omaggio a Friedrich Nietzsche, chiaro esempio di genio incompreso agli uomini del suo tempo.
 Storia dell’artista: https://direzione816.wixsite.com/servicepromo/biografiadavidetonello
 Youtube: https://www.youtube.com/user/DavideTonellox
Facebook: https://www.facebook.com/davidetonellopage/
Instagram: https://www.instagram.com/davidetonello/
Spotify: https://open.spotify.com/artist/53qVOSpwIpsKTfgXl7o8QG
0 notes
erik595 · 6 years
Photo
Tumblr media
Le avventure di Lenore, che si mette alla ricerca della bisnonna, antica studiosa di Wittgenstein, fuggita dalla sua casa di riposo insieme a venticinque tra coetanei e infermieri; del fratello LaVache, piccolo genio con una passione smodata per la marijuana; del pappagallo di famiglia, Vlad l'Impalatore, che recita sermoni cristiani su una Tv via cavo; di Norman Bombardini, re dell'ingegneria genetica, che si ingozza di cibo e sogna di ingurgitare il mondo intero; di Rick Vigorous, il capo e l'amante di Lenore, negazione vivente del suo stesso cognome. Una galleria di personaggi uno più esilarante e paradossale dell'altro, sullo sfondo di un'America impazzita, grottesca, più vera del vero. Scritto a ventiquattro anni nel 1987, questo è il romanzo che ha rivelato al mondo la nascita di un talento e di una figura di culto e - come sottolinea Stefano Bartezzaghi nell'introduzione - "è probabilmente per questo che la notizia del suo suicidio ha percosso i suoi lettori con la forza di uno staffilante dolore personale, diretto: cosa avesse in testa quell'uomo non era più una questione letteraria, era diventata una questione esistenziale senza vie di scampo. E in tanti ci si è chiesti quando sarà possibile tornare a leggere le sue opere senza pensarci, senza dare troppo peso ai presagi di cui ora sembrano pullulare". #davidfosterwallace #fosterwallace #lascopadelsistema #libro #libri #libros #book #books #writer #escritor #scrittore #autore #author #library #libreria #bookstagram #bookhaolic #bookphotography #booklover #bookworm #bookporn #racconti #novels @einaudieditore https://www.instagram.com/p/BriT3IFlgao/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=vb2gz48d4h0b
0 notes
emeraldwolf86-blog · 7 years
Text
2 settembre 2013
Roba incompiuta di qualche anno fa. Forse iniziai bene… o forse no. Mi persi quasi subito mentre la scrivevo. Avrei potuto far meglio.
Si trovavano almeno a mezzo miglio dalla costa. Era stata una giornata proficua per i due pescatori nonostante gli eccessi d'alcol del più anziano. Tabor, che per la giovane età poteva essere facilmente scambiato per il figlio, notò il continuo barcollare di Blanco che di sicuro non era dovuto al ritmico ondeggiare dell'imbarcazione. Anche se non era la prima volta (e di sicuro non l'ultima) che il giovane assisteva alle vergognose posture ubriache del compagno di lavoro, Tabor notò, con malcelato disprezzo, come il suo amico fosse particolarmente invaso dagli effetti negativi del rum quella sera.
Una frase sorse spontanea dalla bocca del sobrio marinaio:
“Secondo me è arrivata l'ora di smetterla una buona volta… ”
La reazione di Blanco fu altrettanto prevedibile.
“Potrei essere tuo padre…sono io che…hic…ho diritto a dirti di smetterla, perciò fatti gli affari tuoi…”
“Non avrebbe molto senso, visto che io non mi faccio fuori il fegato un bicchiere dopo l'altro”
Blanco ripieno ormai di mille sensi di colpa, adeguatamente affogati dal suo liquore preferito, distolse lo sguardo dal giovane e si voltò verso la poppa della nave a fissare il tramonto che si stagliava sul mare.
“Pensa piuttosto a tirare su la rete che… tra poco partiamo…”
Le sue parole non avevano senso. Erano sulla via del ritorno già da un bel pezzo e la rete era stata ripescata e riposta al solito posto, ma del resto quando mai le chiacchiere di un beone avevano avuto senso. Questo era perlomeno ciò che pensava il giovane Tabor. Ormai aveva imparato ad ignorarle.
Improvvisamente il motore diesel del peschereccio smise di fare il suo consueto lavoro. Le pale dell'elica sotto il pelo dell'acqua smisero di turbinare e l'assordante rumore di quel catorcio a sei cilindri cessò di colpo.
Erano poco distanti dal porto, ma con il vento a sfavore tornare a casa poteva diventare un problema.
Era necessario che Blanco tornasse in se e cercasse di rimettere in funzione quel vecchio macinino che di sicuro aveva visto giorni migliori.
Dopo circa mezz'ora Tabor ,che poco sapeva di motori, domandò:
“Pensi di riuscire a sistemarlo ?”
Blanco stizzito e apparentemente meno sbronzo di prima rispose:
“Certo, cosa credi? E’ una sciocchezza, vedrai che tra non molto… lo rimetto in funzione”
Il giovane era un po’ scettico a riguardo. Anche se aveva smaltito a malapena la sbornia, Blanco non sembrava in grado di riuscire a risolvere il problema. Nelle condizioni in cui erano, potevano fare una cosa soltanto.
“Senti… non metto in dubbio che tu sappia quello che fai ma si sta facendo notte e forse è meglio se chiamiamo i soccorsi…”.
Bruscamente i discorsi di Tabor furono interrotti:
“Ragazzino, vedi di non rompere le palle. Ti ho già detto che è questione di poco tempo. Stai zitto e cerca di renderti utile! Vai a prendere in cabina la chiave del 12… mi serve! Sbrigati!”
Era in evidente difficoltà, non c'era bisogno di essere un genio della meccanica per capire che Blanco non era in condizione di aggiustare quel motore.
Il ragazzo decise di intervenire diversamente, andò in cabina, ma non per prendere la chiave del 12 richiesta. Si mise davanti alla radio e impostò la frequenza per comunicare col porto.
Il natante era di piccole dimensioni e non ci volle molto prima che l'improvvisato meccanico si accorse del rumore bianco proveniente dalla cabina.
“Che stai facendo ?”
“Quello che avresti dovuto fare te, chiamo qualcuno per venirci a prendere”.
La reazione di Blanco non fu delle più felici. Probabilmente era stato il troppo rum, oppure il senso d'impotenza di fronte a quel motore che non ne voleva sapere di ripartire, o forse entrambe le cose. Blanco entrò in cabina prese la famosa chiave del 12 e la infilzò con forza sovrumana nei pannelli di controllo della radio, dopodiché afferrò il delicato mezzo di comunicazione e lo scagliò a terra rendendolo così inutilizzabile.  
“Che cazzo hai combinato ? Perché l'hai fatto?”
Ancora accecato dalla rabbia Blanco afferrò il suo compagno per il collo e lo sbatté contro la parete.
“Ti avevo detto che avrei riparato subitomil guasto. Non devi chiamare nessuno, so benissimo quello che sto facendo e non ho bisogno di nessun aiuto!!”.
Di lì a poco, pentito del suo gesto, il pescatore lasciò andare il povero Tabor, facendolo rimanere immobile e sorpreso per l'insana reazione avuta poco prima.
Si lasciava andare abbastanza dopo aver bevuto, ma quella fu la prima volta che assunse un comportamento del genere. Non era normale, nemmeno per un tipo sregolato come lui.
“Io…io…scusami non so che mi sia preso… è un brutto momento per me…”
Tabor non capiva. La situazione non era delle migliori, ma neanche così disperata. Erano vicini alla costa e potevano segnalare la loro posizione in altri modi. In quel momento l'unica  vera preoccupazione non era tornare al porto prima che facesse buio, ma era capire come gestire un pazzo scatenato come Blanco.
“Ma dico… ti rendi conto di quello che hai fatto? Per poco non mi strangolavi!! Si può sapere che cavolo ti è preso?”
Blanco rinsavì, prese uno sgabello per sedersi, e incominciò a parlare:
“Io… bè avrai capito che non sono il massimo come meccanico”.
“Non mi dire”.
Rispose ironicamente il ragazzo.
“Il motivo è che… non posso far salire a bordo la guardia costiera… devi sapere che…”
S'interruppe.
“Che cosa? Avanti dimmelo!”
“… che la pesca di oggi, non è che una scusa. Non posso tornare sulla terra ferma.”
“ E perché? Che cosa hai combinato stavolta?”
Mettersi nei guai era una delle specialità di Blanco, ma mai gli era capitato di trovarsi in una situazione così grave da prendere il largo e fuggire per chissà dove. Non aveva ideato un vero piano di fuga; per meglio dire non aveva organizzato proprio un bel niente.
“… pensavo che rimanere al largo tutta la giornata sarebbe stato un buon alibi… ma adesso che ci penso è inutile…riusciranno a risalire a me in ogni caso.”
Ormai agitato e furibondo per il folle gesto accaduto un attimo prima, Tabor si rivolse minaccioso contro lo sventurato compagno.
“Basta Blanco!! Voglio sapere cosa cazzo è successo!!”
Rassegnatosi all'idea di non poter più nascondere la verità, Blanco si decise a rivelare tutto al giovane amico.
“… ho ucciso un uomo Tabor, l'ho ucciso con queste stesse mani… strangolandolo… proprio come stavo per fare con te…”
Tabor non riusciva a credere alle sue orecchie. Mai si sarebbe immaginato una simile risposta. Conoscendo il tipo di persona che era Blanco, si sarebbe aspettato una confessione su una rissa finita in malo modo, oppure il rifiuto di una donna dopo insistenti e seccanti avances che il pescatore era solito fare alle belle ragazze indispettendo così qualche fidanzato geloso. Tutto gli passò per la mente, ma di sicuro non l'ipotesi di un omicidio.
“E… e chi sarebbe questa persona Blanco?”
“Conosci la leggenda della "tortuga de oro”?
Il volto di Tabor assunse un'aria interrogativa.
“E questo che c'entra ?”
Blanco riprese il discorso:
“Tutti pensano che sia solo una favola per bambini, ma quell'uomo… mi ha dimostrato che non si tratta di frottole”
“Ancora non mi hai dato una risposta”
Stanco di essere interrotto il pescatore si rivolse al giovane con tono più autoritario.
“Ehi ragazzino, se vuoi sapere com'è andata, fai silenzio e lasciami raccontare!!”
Tabor si sedette sul primo sgabello che gli capitò a tiro e, intenzionato a non interrompere più, non si azzardo a pronunciare neanche una sillaba. Era meglio non contraddire un ubriaco nel bel mezzo dei suoi deliranti racconti. L'esperienza di pochi attimi fa era stata una grande maestra di vita per il ragazzo.
“Quell'uomo si è fatto ammazzare perché non mi ha lasciato altra scelta… ricordi il medaglione che portavo sempre con me?”
“Sì… ora che me lo fai notare, come mai oggi non lo porti al collo?”  
“Mmh… probabilmente si trova tra gli scogli, in compagnia del cadavere di quel disgraziato”
“Vuoi dire che lo hai spinto giù per la scogliera? E’ così che l'hai ucciso?”
“Ho detto che l'ho strangolato… in realtà il corpo si trova lì perché pensavo di simulare un incidente… sai com'è… un piede in fallo e ti ritrovi spiaccicato tra quelle rocce acuminate come lance”
“E perché l'avresti ucciso?”
“Voleva portarsi via il mio medaglione, ha detto che era che la chiave, o meglio, lo strumento per trovare la "tortuga de oro”…è come una specie di mappa…cerca di capirmi quel cimelio apparteneva alla mia famiglia da generazioni e poi…avevo buttato giù qualche bicchierino di troppo stanotte… non ho saputo controllarmi… e l'idea di poter diventare ricco mi ha dato alla testa…oltre al rum s'intende. Ero così fuori di testa e preoccupato di salvarmi il culo, che nella fretta ho dimenticato di riprendermi il medaglione quando ho gettato tra gli scogli quel bastardo…“
Ci fu un attimo di silenzio.
"Che pensi di fare?”
“Ora sai fin troppe cose Tabor, quindi ti lascio scegliere. O mi dai una mano a recuperare il medaglione per cercare il tesoro, oppure non mi lasci altra alternativa… andrai a far compagnia ai pesci.”
“Tu… ma ti sei ammattito?”
“Bè scegli… ormai sai di che cosa sono capace se non ubbidisci”
Chiacchiere da beone. L'esperienza aveva insegnato a Tabor di non ascoltarle perché prive di senso e, sopratutto, frutto dell'immaginazione; ma lo erano anche stavolta? Quanto c'era di vero nelle parole di quel marinaio che poteva essere suo padre? Un padre sarebbe stato così cinico da far fuori un ragazzo che poteva anche essere suo figlio solo per i suoi interessi personali? Erano amici da una vita ma quella situazione cambiò tutto. Il destino del giovane era incerto come l'esito di quella folle disavventura; anzi, probabilmente la cosa peggiore era che quella disgraziata avventura doveva ancora cominciare.
D.F.
1 note · View note