#opere giovanili tra '50 e '60
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fashionbooksmilano · 8 months ago
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Emilio Tadini
Il circo magico
A cura di Stefano Cortina
Testi di Flaminio Gualdoni - Foto opere Andrea Angelucci -Crediti fotografici Maria Mulas, Ugo Mulas, Vito Redaelli
Cortina Arte Edizioni, Milano 2008, 96 pagine, 22,5x22cm, paperback
euro 25,00
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Mostra Associazione Culturale Renzo Cortina - Milano 25 novembre-25 dicembre 2008 - Mostra in collaborazione con Spazio Tadini
La mostra presenta un nucleo di opere risalenti agi anni “giovanili” di Tadini, un periodo di ricerca che si data tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60. Gli anni in cui Tadini si orienta verso una ricerca ispirata a un surrealismo e a un simbolismo di tipo narrativo e letterario, matrice che peraltro caratterizzerà anche i “cicli” successivi dell’artista. Sono storie e personaggi di fantasia, scene e scenari ispirati da un’osservazione pungente della realtà, poi tradotta e interpretata con sapida ironia, attraverso composizioni che preludono alla spazialità tipica del suo alfabeto pittorico. Un “ circo magico “ popolato di fantasmagoriche figure , un ludico caleidoscopio su realtà possibili se non probabili .
Emilio Tadini (Milano, 1927-2002), pittore e scrittore fonda con Umberto Eco il Gruppo 63 e svolge l’attività di critico d’arte negli anni ’50 e ’60, soprattutto sulla rivista “Verri”. Scrive diverse opere, tra cui: Le armi, L’amore, La lunga notte a la tendenza narrativa si rivela anche nelle opere pittoriche, spesso riunite in cicli a soggetto, come la celebre serie di opere dedicate alla vita di Voltaire. Esordisce nel 1961 alla Galleria del Cavallino a Venezia. Molte le personali da allora, a Milano, Padova, Brescia, Venezia e all’estero in Francia, Belgio, Austria, Inghilterra. Nel 2001 Milano gli ha dedicato una importante mostra personale a Palazzo Reale.
07/04/24
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bongianimuseum · 5 years ago
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Ritrovata a Salerno  una caricatura inedita del 1937 del grande Federico Fellini
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Ritrovata in una soffitta di una  vecchia casa a Salerno, dopo 82 anni  una caricatura inedita originale eseguita  a pastelli nel 1937  dal giovane Federico  Fellini. Ritrae il suo prof. salernitano di ginnastica  Luigi  C.  che in quell’anno insegnava al liceo classico Giulio Cesare di Rimini.
Dopo 82 anni  è stata ritrovata per caso in una soffitta di una casa a  Salerno un'opera inedita eseguita nel 1937 da Federico Fellini.  In quel periodo  i  disegni di Federico Fellini  che faceva per gioco ritraendo i compagni e gli insegnanti del liceo e che poi regalava   agli amici erano apprezzati  al momento e quasi sempre buttati via. L’attuale proprietario dell’opera  Luigi C. ci racconta di un suo zio insegnante di ginnastica,  suo omonimo, che dopo aver frequentato la Scuola della “Farnesina” meglio conosciuta ufficialmente come "Scuola fascista di educazione fisica", conseguendo il diploma  si trovò nel 1937 a insegnare come primo incarico scolastico al liceo ginnasio “Giulio Cesare” di Rimini nella classe dove frequentava  anche Federico Fellini.  Il nipote  ci racconta che “lo zio gli ripeteva spesso di un particolare incontro al bar con il giovane Fellini in pieno inverno del 1937, nel penultimo anno di scuola  che Fellini fece a Rimini.  Quel giorno il prof. L. C.  siccome doveva entrare a scuola alla seconda ora, soleva fare come al solito una passeggiata sul lungomare che in quel periodo era desolato. Camminando notò in un tavolino di un bar  un ragazzo che riconobbe nel suo alunno Federico Fellini. A vederlo il giovane Fellini con voce suadente e remissiva gli disse: Professore, dopo una notte di baldoria con gli amici sono stanco ed ho fame, per cortesia  mi può offrire un cornetto e un cappuccino che non ho neanche una lira”. Il prof. giusto il tempo di ordinare  al bar la colazione al suo alunno si ritrovò sul tavolino una   caricatura colorata su carta Bristol; in un attimo il ragazzo di Gambettola aveva  abbozzato con segno deciso il ritratto del Prof. regalandoglielo e dicendo: “Professore, a me non mi piace la scuola, lo conservi perché io un giorno sarò un grande”. Lo conferma  anche l’attore Alberto  Sordi in cui Fellini nei primi anni di vita stentata a Roma soleva  spesso dire agli amici “ un giorno sarò un grande regista”. Tale opera di Fellini il Prof.  l’ha custodita in casa  con gelosa cura per lungo tempo fino alla sua morte (1999).  Da sottolineare, visto  i suoi studi incerti al Liceo Classico che non andavano per niente bene,  nel 1937  Fellini aveva iniziato anche a guadagnare qualcosa seguendo il suo interesse artistico, infatti, in quell’anno insieme al pittore Demos Bonini,  aveva aperto la bottega “Febo” dove i villeggianti andavano a farsi immortalare in azzeccate caricature  firmate “FEBO”, con il giovane Fellini  che disegnava e Demos Bonini, essendo un pittore li colorava.  Di quegli anni lo stesso Fellini ha raccontato alla Chandler (Io, Federico Fellini, A. Mondadori, 1995) questa sua precoce vocazione: “La scuola mi offriva l’opportunità di disegnare con la scusa di prendere appunti o di scrivere e quindi di vivere nel mio mondo di fantasia, mentre fingevo di ascoltare le parole degli insegnanti. Disegnavo di nascosto caricature, sperando di non essere mai scoperto e che tutti pensassero che stavo prendendo appunti su appunti”. Una passione intensa quella  di descrivere le facce e le espressioni grottesche,  degli amici che diventerà  poi una delle caratteristiche peculiari del suo cinema. In effetti,  Marcello Monaldi ci dice che “Fellini ha sempre disegnato accanitamente: da bambino, quando riempiva le tovaglie di casa con interminabili ghirigori, da studente, quando faceva le caricature degli insegnanti o andava sulla spiaggia di Rimini, vestito di tutto punto, a caccia di clienti a cui fare il ritratto, da giovane in cerca di fortuna quando collaborava come umorista e vignettista al Marc’ Aurelio: e poi da regista, quando il disegno gli serviva per fissare i lineamenti di un personaggio, per abbozzare un costume, una scenografia per captare le suggestioni cromatiche da…”.  Proprio nel 37’ tanti bozzetti che Fellini produceva per pochi centesimi sul lungomare di Rimini quasi sempre venivano  buttati subito via perché ritenuti di poco conto. Proprio in quegli anni  inizia a collaborare con alcune riviste inviando vignette sino a diventare un collaboratore fisso del settimanale fiorentino “420” e poi del “Marc’Aurelio”: siamo  ormai nel 1939 anno nel quale Fellini si trasferisce a Roma con la scusa di iscriversi a giurisprudenza. Comincia a frequentare l’ambiente dell’avanspettacolo e della radio, a scrivere copioni, gag e battute per spettacoli e film vari. Nasce un mito della cinematografia.  Purtroppo, tanti  lavori di quegli anni  riminesi sono stati persi e si conosce pochissimo questa parentesi giovanile che precede l'arrivo a Roma nel 1939 con l'inizio  geniale nel campi della cinematografia a contatto con importanti personaggi del cinema e dello spettacolo. Infatti, si conoscono maggiormente i disegni degli anni 50 fino agli anni 80 legati al cinema, ma rimane poco conosciuta la parentesi degli anni di Rimini. L'opera in questione analizzata e periziata dal critico d’arte Sandro Bongiani  della  Collezione Bongiani Art Museum di Salerno si presenta  protetta da una vecchia cornice nera dal bordo oro con vetro e relativo passepartout. Disegnata a pastelli su Carta Bristol  di cm 25x35  nel 1937 con una tecnica  già  matura  nonostante i suoi 17 anni. L’opera risulta di grande importanza, soprattutto, per capire la personalità  geniale del giovane Fellini.  E’ di sicuro una delle poche o forse l’unica opera firmata dal grande regista, (la firma di Fellini è visibile dentro un piccolo quadrato inclinato  in basso a destra del foglio), di fatto risulta una delle prime opere giovanili  già convincenti e geniali del maestro. Oggi quest’opera  inedita è  valutabile  tra i 50 e i 70 mila euro.                                                                                            Sandro  Bongiani
  Biografia  
Federico Fellini è nato a Rimini il 20 gennaio 1920, figlio di Ida Barbiani, romana, e di Urbano, emiliano, rappresentante di commercio originario di Gambettola. Ha un fratello, Riccardo, nato nel 1921 e una sorella, Maddalena. Il giovane Federico frequenta il liceo classico della città ma lo studio non fa molto per lui. Comincia allora a procurarsi i primi piccoli guadagni come caricaturista: fonda, in società con il pittore Demos Bonini, la bottega "Febo", dove i due eseguono caricature di villeggianti. per promuovere i film, il gestore del cinema Fulgor gli commissiona i ritratti dei divi. Fin dai primi mesi del ’38 avvia una collaborazione con la “Domenica del Corriere”, che ospita varie sue vignette, e con il settimanale umoristico fiorentino “420”. Trasferitosi a Roma nel gennaio ’39 con il pretesto di iscriversi a giurisprudenza, entra nella redazione del “Marc’Aurelio”, un diffuso periodico satirico, diventando popolare attraverso centinaia di interventi a firma Federico. Frequenta gli ambienti dell’avanspettacolo, scrivendo monologhi per il comico Aldo Fabrizi, e collabora alle trasmissioni di varietà della radio dove incontra la giovane attrice Giulietta Masina (1921-1994), che sposerà il 30 ottobre ’43. Avranno soltanto un figlio, morto a un mese dalla nascita. Partecipando ai copioni dei film di Fabrizi e di altri il riminese si impone presto come sceneggiatore. Lavora a Roma città aperta e subito dopo a Paisà stringendo una feconda amicizia con Roberto Rossellini. Sceglie di associarsi con il commediografo Tullio Pinelli, al quale resterà per sempre legato. In coppia diventano fra gli sceneggiatori più richiesti, al servizio di vari registi tra i quali Pietro Germi e Alberto Lattuada. Quest’ultimo lo vuole accanto nella regìa di Luci del varietà (1950), che si autoproducono uscendo dall’impresa pieni di debiti. Va male anche il primo film che Fellini dirige da solo, Lo sceicco bianco (1952), ma il successo arriva con I vitelloni (1953), Leone d’argento a Venezia e lancio definitivo di Alberto Sordi. Segue La strada (1954), interpretato da Giulietta e premiato con l’Oscar,  soltanto la prima di una serie di pellicole che collocheranno Fellini fra i grandi del cinema. Tra i titoli più noti si ricordano Le notti di Cabiria (’57, altro Oscar), La dolce vita (’60, Palma d’oro a Cannes), 8½ (’63, Oscar) Fellini Satyricon (’69),  Roma (’72), Amarcord (’73, Oscar), Il Casanova (’76), Prova d’orchestra (’79), Ginger e Fred (’85), Intervista (’87, premio del Quarantennale a Cannes, Gran premio a Mosca), La voce della luna (’90). L’iter felliniano è costellato di omaggi e riconoscimenti, inclusi la Legion d’onore (’84) e il Praemium dell’Imperatore del Giappone (’90). Fellini è uno dei registi che ha vinto più Oscar, cinque, di cui l’ultimo, alla carriera, nel ’93 pochi mesi prima della morte che avviene a Roma il 31 ottobre  provocando un immenso cordoglio in tutto il mondo.
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