#futura magazine
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snckt · 2 years ago
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it is a different kind of communication, this sort of kissing, than language, and although it is very important — practically nobody would be in the world if it were not for kissing — it cannot last forever.
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almacenesoso · 2 years ago
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Bender the robot look like in a 1948 issue of Starling Comics.
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diceriadelluntore · 11 days ago
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Storia Di Musica #357 - Nick Cave And The Bad Seeds, Your Funeral...My Trial, 1986
C'è un sentimento comune nei dischi che hanno a che fare con Berlino: sono dischi che esprimono dei tormenti umani giganteschi, registrati dagli artisti in momenti cruciali della loro vita, spesso non solo artistica. Bowie quando decise di andare a Berlino per la sua trilogia (che per senso filologico dovrebbe essere una tetralogia, dato che fu il creatore anche di The Idiot di Iggy Pop) era nel pieno di una crisi creativa, di una dipendenza da droghe, autore di gaffe clamorose (una terribile in cui disse in una intervista: "In Inghilterra sarei potuto diventare Hitler. Non sarebbe stato difficile. I concerti erano così spaventosi che persino i giornali scrivevano: “Questa non è musica rock, questo è Hitler! Bisogna fare qualcosa!”. E avevano ragione. Era fantastico. In realtà… credo che sarei stato un gran bell’Hitler").
Una cosa simile avvenne dieci anni più tardi a Nick Cave. Conclusa l'esperienza con i Birthday Party nell'estate del 1983, decide di continuare la carriera come solista. Va per questo a Berlino, un posto che, nelle parole dello stesso Cave "ci ha dato la libertà e l'incoraggiamento per fare qualsiasi cosa avessimo voluto fare". Con lui ci sono Mick Harvey, batterista dei Birthday Party, con cui forma i Bad Seeds, sorta di supergruppo comprendente Barry Adamson dai Magazine al basso e Blixa Bargeld dei berlinesi Einstürzende Neubauten. Il primo disco però è ancora registrato a Londra, From Here To Eternity, con ricordi blues stralunati dalla slide di Bargeld, con due cover bellissime di In The Ghetto di Elvis Presley e Avalanche di Leonard Cohen. Nasce qui il suo mito: la sua voce teatrale, cavernosa, inquietante, che racconta di incubi, personaggi strani, ossessioni e dolore. In quello stesso periodo, vive un rapporto devastante con l'eroina: nonostante questo, pubblica The Firstborn Is Dead a Berlino, nei mitici Hansa Tonstudios usati dallo stesso Bowie. Il titolo è un riferimento al gemello di Elvis nato morto insieme a lui, c'è ancora il lato tragico del Blues e una cover di Dylan, Wanted Man, corretta nel testo con l'approvazione del Maestro di Duluth. Per Kicking Against The Pricks (1986), che è una raccolta di interpretazione di cover, entra in gruppo Thomas Wydler, batterista, che permette a Harvey di passare alle tastiere.
Le registrazioni di Your Funeral...My Trial avvengono nell'estate del 1986 presso gli Hansa Tonstudios. Cave è al massimo della disperazione fisica e mentale, l'idea iniziale era di fare due EP con i due titoli My Funeral e My Trial, ma nonostante la gravità della sua condizione psicofisica, alla fine le registrazioni furono entusiasmanti, tanto che tutti considerano questo il loro miglior disco della loro futura ultra-trentennale carriera. È un disco dove i racconti e le storie sono pieni di controcanti, di voci della mente e dei sentimenti che si rincorrono. Quasi tutto è opera di Cave e Harvey, l'unica cover è una versione acuta e sorprendentemente drammatica di Long Time Man di Tim Rose. È il disco notevolmente più compiuto e vario rispetto ai precedenti, che esplora un'ampia gamma di musiche pur mantenendo centrale la visione spesso oscura e sempre appassionata di Cave. Canzoni come Jack's Shadow, una delle future canzoni simbolo, e gli stati d'animo più gentili ma comunque malinconici di Sad Waters, che raccontano una scena in riva al fiume tra una coppia, sono semplicemente grandiose: Cave qui non solo canta ma suona anche l'organo Hammond, aggiungendo un'aria stranamente dolce all'atmosfera notturna del pezzo. The Carny è sicuramente il momento clou, l'accompagnamento di carillon/carnevale incrinato per gentile concessione di Harvey è del tutto appropriato per il racconto di Cave di un circo andato orribilmente male: da questa canzone Marc Craste nel 2003 ricaverà un cortometraggio animato, Jo Jo In The Stars, che vincerà il BAFTA Award for Best Animated Short Film nel 2004. Hard On For Love, come il titolo rivela abbastanza chiaramente, è allo stesso tempo sensuale e schietta fino al testo, riferimenti biblici e tutto il resto, mentre la musica febbrile sale in un'ondata di emozioni. Stranger Than Kindness è scritta da Bargeld e da Anita Lane, cantautrice australiana che da qui in poi collaborerà con i Bad Seeds.
Una versione di The Carny verrà suonata nel film Il Cielo Sopra Berlino di Wim Wenders, dove Cave e i Bad Seeds interpretano loro stessi suonando dal vivo. Cave, la cui carriera verrà segnata da traumi colossali, ha sempre amato questo disco, secondo le sue stesse parole "è molto speciale per me e sono successe un sacco di cose fantastiche, musicalmente, in studio. Ci sono alcune canzoni in quel disco che per quanto mi riguarda sono quasi perfette": una perfetta descrizione di un incubo.
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Edwin's favorite font is Garamond. Charles likes Futura. Crystal does not give a fuck, but defaults to either Arial or Verdana when typing. Niko likes all fonts and defends comic sans for specific uses. Jenny likes Georgia for serif and Helvetica for sans serif.
The Cat King doesn't know or care about fonts and has peed (mostly in cat form) on at least five computers and uncountable numbers of books, newspapers, and magazines. Can he read? Yes, but only begrudgingly.
Mick uses a typewriter usually (so Courier vibes, though not an exact copy of the computer version) but insofar as reading/computers he's a Times New Roman man. Esther hand writes everything. She has chicken scratch handwriting and uses a quill and ink. Monty likes random fonts he downloads that look cool but are impossible to read and have a tendancy to crash computers. Of the common computer ones, he loves Wingdings. The Night Nurse also hand-writes, but her penmanship is impeccable.
I like Helvetica Neue Light, but honestly, IMO, most fonts have a time and place (me & Niko, defending the fonts.)
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robins-egg-bindery · 1 year ago
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Smooth Talkin', So Rockin' by @writer-in-theory
Steve Harrington had the best of both worlds. By day he could be a normal person, but by night he got to perform at sold-out stadiums as pop sensation Zayne Maine. One scandal has him sent back to the small town he was supposed to grow up in, however, with the instructions that he's supposed to spend the summer figuring out who he is without the wig and makeup. Eddie Munson is the lead singer of the rock band Corroded Coffin with a reputation that precedes him. When he decided to spend the summer in his old hometown to help finish their next long-awaited album, he never expected to meet someone with close ties to his famous rival. -- AKA a Hannah Montana AU Posted as part of the 2023 @steddiebang
fic by @writer-in-theory
304 pages / 60,431 words
Title Font: Qinder Butter
Body Fonts: Cardo, Rustic Printed, Courier, Pilot Command Condensed Italic, Space Grotesk, Punkboy, Bembo, Adobe Jenson Pro, Indie Flower, Dark Twenty, Futura Condensed Extrabold, Futura Medium Bold, Futura Medium, Permanent Marker, Futura, Gillies Gothic Bold, Frankfurter, CoopFlaired
WOO! IT'S FINALLY HERE! So excited to share all the amazing work we've been doing for this bang.
More on the process + additional photos and videos below the cut!
This project was such a blast! It's been an awesome collaboration with Grey, and on such a unique fic too! As soon as I saw 'Hannah Montana AU' I was SOLD! Say less, identity porn is the jam!
The articles Grey included at the beginning of each chapter were perfect design elements to play with. I had a lot of fun recreating the Tiger Pop articles (an in-universe dupe of Tiger Beat). I got to play with bright colors and a LOT of fonts - like a LOT a lot, with a lot of research that went into the article recreations (there's Tiger Pop, newspaper articles, and a Punk magazine), as well as the Hannah Montana fonts on the cover.
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I also made a cassette tape for the fic! Each chapter is titled after a different Hannah Montana song; I chose to make a cassette tape in keeping with both the 80's roots of the source material (though the fic is set in present day), as well as the physical nature of the fanbinding. I liked the idea of a tactile listening/reading experience; plus, cassettes are on the rise again, and many current artists are releasing new albums on cassette!
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Thank you for sharing this work with us Grey, and for being such a fantastic collaboration partner!
Go check out the completed fic on AO3 today!
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ogindex · 6 months ago
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Stash, Futura 2000, Ricky Powell (Smart magazine 1997)
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haileybieberbrs · 6 months ago
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Hailey Bieber discute gravidez, maternidade e como enfrenta seus medos em entrevista à W Magazine.
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Após uma carreira bem-sucedida como modelo e empreendedora, enquanto protege ferozmente sua privacidade, Bieber se prepara para um novo papel transformador sob os holofotes.
Quando Hailey Bieber começa uma declaração com “a internet é um lugar assustador para uma mulher grávida”, você não pode ter certeza do que virá a seguir. Será que ela detalhará a dissonância cognitiva criada quando a rolagem apocalíptica se colide com a gravidez? Ou revelará os medos que tem sobre trazer uma criança para o intenso brilho da fama, como fez a modelo e empreendedora de 27 anos há apenas um ano, quando brincou dizendo que esse prospecto a fazia chorar “o tempo todo”?
Acontece que não é uma preocupação global nem hiper-pessoal que faz Bieber hesitar quando está tentada a ir online. É um problema da era digital que acaba sendo profundamente identificável: cibernocondria, também conhecida como a ansiedade ou “resultado negativo da busca por informações de saúde online”, de acordo com um periódico científico.
“Você vê tantas histórias—histórias traumáticas de parto, experiências traumáticas—e eu sei que isso é muito real”, ela diz, descansando suas mãos com as unhas pintadas de rosa gentilmente sobre a barriga. “Mas eu não quero me assustar.”
Quando nos encontramos, já se passou um mês desde o anúncio da gravidez de Hailey e Justin Bieber, e ela parece o oposto de apreensiva. Enrolada em um extremo de um sofá de couro no estúdio em Hollywood onde filma sua série no YouTube (“Who Is In My Bathroom?” e “What Is In My Kitchen?”), Bieber está vestida com uma camiseta branca cropped e jeans Helsa pretos de cintura baixa que abraçam seu ventre exposto como se fossem projetados exclusivamente para vestuário de gestantes. (A cultuada marca de Los Angeles não é na verdade destinada a futuras mamães, mas Bieber tem o dom de fazer qualquer tendência parecer invenção dela.) Seu rosto está quase sem maquiagem, revelando uma leve cobertura de sardas ao longo do nariz e das bochechas, que estão coradas pelo blush da sua marca de skincare, Rhode.
Após um primeiro trimestre marcado por náuseas matinais agudas—“Eu não sei por que chamam assim, porque dura o dia todo; precisamos mudar o nome”, ela diz, com um sorriso irritado—Bieber chegou à reta final se sentindo bem, graças a treinos de força e uma dieta rica em proteínas composta por “muitos ovos, frango e bife.” Seu publicitário trouxe várias sacolas de alimentos preparados de Erewhon e uma seleção de água e kombucha. Mas a principal orientação alimentar de Bieber durante a gravidez? “Eu apenas ouço o que o bebê quer. Se o bebê quiser pizza um dia, vamos comer pizza.”
Uma autoproclamada amante da comida, ela permitiu-se um luxo durante a gravidez: contratar um chef particular para preparar os jantares em casa, algo que ela admite prontamente, quase timidamente, ser um “grande luxo.” Bieber adota um comportamento semelhante quando pergunto sobre o novo anel de diamantes desenhado por Lorraine Schwartz que ela está usando no dedo do anel de noivado, e ela é rápida em dissipar rumores de tabloides de que o novo anel é mais de dez quilates maior que o antigo anel de noivado.
“Na verdade, esse é apenas um quilate maior. É só alongado.”, ela diz, antes de puxar as mãos de volta e dobrar os dedos sobre o colo para escondê-los. “Eles estão inventando suas próprias histórias sobre isso. Eu não gosto. Eu não queria falar sobre isso.”, ela diz, mantendo a polidez, mas com reserva.
Não querer falar, explicar ou se desculpar por cada detalhe de sua vida privada foi uma das motivações para esconder sua gravidez por seis meses. A outra foi um produto do acaso. “Eu consegui manter em segredo porque fiquei pequena por um longo tempo”, ela diz. “Eu não tinha barriga, na verdade, até eu estar com seis meses de gravidez, quando eu anunciei. Eu consegui usar casacos grandes e coisas assim.”
Ainda assim, buscar privacidade pode cobrar seu preço. “Eu provavelmente poderia ter escondido até o final”, ela diz. “Mas eu não gostei do estresse de não poder desfrutar minha gravidez externamente. Eu sentia como se estivesse escondendo um grande segredo, e não era bom. Eu queria a liberdade de sair e viver minha vida.”
O desejo de viver sua vida aparece várias vezes ao longo da nossa entrevista, um sinal claro de quão difícil tem sido fazer isso desde que ela se tornou Sra. Bieber há seis anos. Embora tenha trabalhado com um terapeuta para, em suas próprias palavras, “compartimentalizar” a escrutínio negativo que recebe diariamente, há certos aspectos de sua experiência com a mega-fama que são mais difíceis de esconder.
“As pessoas me fizeram sentir tão mal sobre meu relacionamento desde o primeiro dia. ‘Oh, eles estão se separando. Eles se odeiam. Eles estão se divorciando.’ É como se as pessoas não quisessem acreditar que estamos felizes” ela diz. “Eu costumava tentar agir como se doesse cada vez menos. Eu tentei pensar que você se acostuma com isso em algum momento, que é isso que vai ser dito e é assim que as pessoas vão ser. Mas eu percebo que na verdade nunca dói menos.”
Pessoalmente, Bieber parece mais jovem, com traços mais delicados e menor do que suas aparições no tapete vermelho ou sua mais recente campanha da Saint Laurent fariam você acreditar. A Hailey que o público conhece projeta a confiança de uma girlboss original, uma mulher de carreira poderosa que acabou de sair de um pôster de Patrick Nagel. Isso a tornou a embaixadora ideal para Tiffany & Co., Jimmy Choo, Calvin Klein e Versace, marcas onde a força feminina e o luxo fazem uma combinação excelente. Mas esse estereótipo—dura, com um certo desapego emocional—tende a eclipsar a pessoa que vive além dessas imagens brilhantes. A verdadeira Hailey sorri facilmente, fala com as mãos (frequentemente adornadas com algum tipo de arte nas unhas), enruga o nariz quando ri, faz desafios engraçados como arranjar flores rapidamente com convidados em seus shows no YouTube e é, no final das contas, uma jovem na casa dos 20 anos, ainda tentando entender tudo.
Nascida em Tucson, Arizona, filha do ator Stephen Baldwin e sua esposa, a designer gráfica Kennya Deodato Baldwin, e criada em Nyack, Nova York, Bieber descreve seus primeiros anos como felizes. “Eu tive uma infância bastante normal. Obviamente, venho da família de onde venho, e sempre reconheci que isso era diferente”, a filha mais nova de duas filhas reconhece. “Não estou super próxima da minha família neste ponto da minha vida porque sinto que sou muito independente. Sou uma pessoa individual agora, e construí minha própria família. Mas quando olho para trás na minha infância e como cresci, tenho memórias muito queridas e bonitas.”
Bieber assinou com a Ford Models aos 17 anos e se mudou para Nova York, onde, ela diz, um tanto obliquamente, que se viu de repente cercada por “muitas pessoas adultas fazendo coisas muito adultas.”
“Eu comecei a viajar pelo mundo, ganhando meu próprio dinheiro”, ela se lembra. “Consegui meu próprio apartamento e tive que aprender a viver sozinha e pagar contas. Isso me empurrou para a vida adulta meio que rapidamente, quando a maioria dos meus amigos estava apenas saindo para a faculdade.”
A surfista profissional e nativa do Havai Kelia Moniz, uma amiga próxima daqueles dias formativos em Nova York, confirma que a melhor amiga com quem ela tem mantido contato quase uma década sempre teve um espírito aventureiro. “Nós costumávamos ir a Montauk com frequência porque a família do meu marido tem uma casa lá”, diz Moniz, referindo-se ao fotógrafo Joe Termini, que a apresentou a Hailey e Justin. “A primeira vez que levei Hailey para surfar com a prancha, foi uma ideia realmente estúpida, honestamente. Ela sempre teve um pouco de medo da água. Mas eu disse, ‘Hailey, eu prometo que faremos isso juntas.’ Estamos ambas na mesma prancha de surfe. Ela está deitada na frente de mim, e eu estou segurando a corda. Quando Joe arranca com o barco, eu me levanto primeiro, e depois puxo ela de volta do traje de neoprene e”—Moniz interrompe sua própria história, rindo—“ela tinha essas perninhas longas e tentava se levantar na prancha de surfe, e parecia um cervo depois de nascer, tentando encontrar seus pés. Foi a pior ideia, porque foi a maneira mais difícil para ela aprender a surfar. Mas nos divertimos muito.” Apesar das condições subótimas naquele dia em Montauk, Bieber não hesitou em subir em uma prancha novamente com Moniz. “Nós fizemos isso certo da segunda vez e surfamos juntas em Waikiki. É o melhor lugar do mundo para aprender", diz Moniz, uma duas vezes campeã mundial de longboard feminino da ASP cuja família possui uma escola de surfe em Honolulu e é considerada realeza do surfe. “Acho que as pessoas não esperariam que ela fosse surfar, mas ela sempre está disposta.”
Entrar corajosamente no desconhecido pode ser a marca de uma mulher moderna, mas também é a qualidade que levou Bieber a tomar a decisão decididamente antiquada de se casar aos 21 anos, que era a norma para as mulheres há cerca de 50 anos. Embora ela mantenha que se casar jovem foi a decisão certa para ela, Bieber aponta um dedo rosa para uma cadeira vazia oposta ao sofá em que estamos sentados e diz, “Eu não diria a uma jovem de 21 anos sentada ali, ‘Acho que você deveria se casar.’ É realmente a experiência de cada indivíduo.” À medida que ela e Justin se aproximam da realidade de uma família ampliada, Bieber está aproveitando ao máximo o tempo que os dois têm restantes como um casal sem filhos.
“No começo [da gravidez], foi super emocional para mim. Tipo, ‘Eu amo tanto esse ser humano [Justin]. Como posso trazer outra pessoa para isso?’ ” ela diz. “Estou tentando absorver esses dias de ser apenas eu e Justin, apenas nós dois.”
Outro marco que Bieber alcançou antes de muitos de seus pares é construir sua própria empresa, a linha de skincare Rhode, que ela lançou em 2022. “Eu sabia que não ia ficar no mundo da moda para sempre, e sempre quis transformar isso em algo mais. Por um tempo, não sabia o que era, até eu começar a Rhode, e então eu pensei, ‘Oh, isso é o que eu devo estar fazendo. É aqui que eu me sinto confiante e autêntica.’ ”
Sua autoconsciência entra em cena assim que ela termina esse pensamento, como se estivesse antecipando um revirar de olhos. “Eu sabia que era um espaço realmente saturado e que todo mundo estava cansado das marcas de celebridades”, ela diz. “Então eu queria entrar com um ponto de vista diferente. O mais importante é a eficácia do produto, o que está dentro do frasco. Mas não só isso, eu queria que fosse chique. Eu queria que fosse legal.”
A filosofia da Rhode é centrada em trazer o brilho úmido e o polimento minimalista característicos da fundadora para as massas, sem que nenhum produto exceda o limite de $30.
“Eu olhei para isso do meu ponto de vista de estilo. Tipo, quais são os itens essenciais que você precisa ter no seu guarda-roupa? A jaqueta de couro perfeita, o par de jeans perfeito, a camiseta branca perfeita. Então, caiu na pergunta: Quais são os seus itens indispensáveis que compõem o seu guarda-roupa de skincare? Você não precisa ter uma rotina de nove etapas para ter uma pele ótima. Não precisa ser complicado.”
Embora seus críticos mais duros tenham há muito descartado as conquistas de Bieber como produto de nepotismo—algo que ela mostrou senso de humor ao usar uma camiseta de “nepo baby” quando foi fotografada pelos paparazzi—o sucesso que sua empresa alcançou em dois curtos anos é inegável.
O primeiro lançamento da Rhode consistiu em três produtos de skincare, e um deles, o Peptide Glazing Fluid, esgotou imediatamente e gerou uma lista de espera de 100.000 pessoas. Um cleanser de abacaxi e dois produtos de beleza—um tratamento labial disponível em versões sem cor e com cor, e o Pocket Blush—seguiram e foram recebidos com igual fervor. Logo após o lançamento da marca, Bieber foi aclamada na capa da edição 30 Under 30 da Forbes como uma “modelo que virou magnata”; no ano seguinte, foi homenageada como membro da “próxima geração de liderança” na revista Time.
Em fevereiro passado, a Rhode anunciou um novo CEO, Nick Vlahos, o executivo que levou a Honest Company de Jessica Alba a uma avaliação de IPO de $1,44 bilhões, sugerindo que Bieber tem movimentos maiores em mente para sua pequena marca de beleza. Mas não espere que a influenciadora da Geração Z se torne uma executiva corporativa tão cedo. Um dos produtos mais esperados da Rhode é sua capa de silicone para iPhone, projetada com um slot para segurar seu popular Lip Tint. É ao mesmo tempo um produto divertido e prático. Quando pergunto como isso surgiu, ela diz, “Estávamos em uma reunião um dia, e eu tinha um daqueles adesivos na parte de trás do meu telefone”, ela diz, pegando seu iPhone, que está envolto na cor ‘shortcake’ da Rhode. “Estávamos conversando, e eu estava colando a tintura labial na parte de trás do telefone. E coletivamente, todos ficaram tipo, ‘hã?’ Então eu disse, ‘Espera. Podemos fazer isso? Podemos criar algo que possa segurar isso no seu telefone? Alguém pode pesquisar se isso existe?’ ” ela diz, com a voz crescendo em excitação. “E não existia.”
A lendária maquiadora Pat McGrath, que comanda sua própria marca de beleza bilionária e que conhece Bieber desde que ela era uma modelo iniciante, credita o sucesso da Rhode ao envolvimento íntimo da fundadora em seu desenvolvimento. “O que sempre vai diferenciar a Rhode é que é verdadeiramente uma extensão de Hailey e seu compromisso em criar produtos que reflitam sua própria filosofia de beleza—simples, eficaz e divertida”, diz McGrath. “Ela tem uma compreensão profunda do que os consumidores de hoje querem, e está entregando isso com autenticidade e paixão.”
Até a revista Wired, cujo público leitor é predominantemente masculino e de meia-idade, deu à Lip Case o devido reconhecimento, escrevendo, “Esta simples e curva capa para hidratante labial destacou o fato de que existe um universo inteiro de acessórios que ainda não existe—especialmente para mulheres.”
Tanto a Porsche quanto a Heinz ketchup capitalizaram o apelo viral da capa de telefone lançando anúncios que promovem designs semelhantes para segurar chaves de carro e um pacote de ketchup. (Nenhuma das empresas produziu esses estojos. O anúncio da Porsche foi uma piada de 1º de abril, e o da Heinz foi destinado a uma promoção de sorteio.) Um comentário no reel do Instagram da Porsche resumiu sucintamente o que já estava claro: “De ketchup a carros de luxo, o que Hailey Bieber faz, todos seguem.”
Apesar de ter mais de 52 milhões de seguidores no Instagram, Bieber ainda se surpreende com a vastidão de seu alcance. “O maior elogio para mim é se eu estiver em algum lugar e alguém acenar com seu Lip Treatment para mim. É a sensação mais surreal”, ela diz. “Eu não consigo acreditar que essa pessoa foi lá e comprou.”
A assessora de Bieber põe a cabeça na sala para avisar que ela está em risco de perder seu voo e ajuda a embalar as sobras do Erewhon. Eu pergunto para onde ela está indo. Idaho, me diz Bieber, onde ela e Justin têm uma casa. E será que será apenas os dois para uma última lua de mel? Ela acena com a cabeça. “Ele já está lá,” ela diz, “esperando por mim.”
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v-de-arquitectura · 3 months ago
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Gaetano Pesce,
con una carrera que abarcó más de 50 años, fue un innovador radical desde sus primeros días en el movimiento del Radical Design en los años 60. Sus piezas más conocidas, como la Up Chair, no solo se destacan por sus formas retadoras y materiales poco convencionales, sino también por las historias y significados que encapsulan. Pesce siempre fue un creador de caos y sentido, fusionando lo político con lo estético. A través de materiales como la resina y el poliuretano, y formas que desafiaban las normas y hablaban de temas fuera de lo convencional, Pesce creó objetos que invitaban a la reflexión sobre la sociedad y el tiempo. Su enfoque nunca se limitó a la funcionalidad; más bien, exploró cómo el diseño puede ser un medio para provocar, incomodar y, al mismo tiempo, sanar. Lo que más destaca en su legado es esa capacidad de jugar con lo emocional, lo político y lo estético en un mismo objeto, haciendo que cada pieza tuviera una reflexión continua . A través de obras como la No More Silent Objects, su visión nunca dejó de evolucionar, marcando una pauta para generaciones futuras de diseñadores.
Pesce no solo cambió la forma en que vemos los muebles, sino que también dejó una lección profunda sobre la importancia de no conformarse y de cuestionar las expectativas, aún en el diseño más cotidiano.
Pin-Up Magazine. (2021). Gaetano Pesce interview. Pin-Up Magazine. Retrieved from https://archive.pinupmagazine.org/articles/gaetano-pesce-interview-2021#12
Reynolds, A. (2020). Gaetano Pesce: The designer who never stops experimenting. Interview with Gaetano Pesce. Design Week. Baroni, M. (2019). Gaetano Pesce and the politics of design: Social implications in contemporary furniture design. Journal of Design History, 32(3), 243-257. https://doi.org/10.1093/jdh/epz023
Aram. (n.d.). Up 50 Lounge Chair. Retrieved from https://www.aram.co.uk/up-50-lounge-chair.html
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emmaroulette · 2 years ago
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Penguins for Futura Sciences magazine. Thanks Marine Benz!!
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ncon29 · 10 months ago
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judging the vibes of some typefaces
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Futura: corporate  - logo / cartoony
Gill sans: corporate but trying not to be - why so pointy ? i despise those s’s and the G makes me uncomfy. bad.
Didot: trying hard to be classy and succeeding - decorative / fashion magazine-y / so french
Hightower: laid-back, not trying hard to be classy, but still classy - info / subtle / storybook / petite ! / a series of unfortunate events
Hightower Research
Who: Tobias Frere-Jones When: 1990-94 Where: New York City What: A serif typeface
How: Influenced by Nicholas Jenson’s “old style” serif work from Venice in the 1470’s
font family includes italic (unlike Jenson's - as italic) but not bold (like Jenson's)
Adobe Fonts: "Hightower’s wide proportions and deep color were calibrated for small text sizes. Its organic forms and details also work well in headlines, adding complexity and subtlety.”
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nathanperkel · 2 years ago
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DJ Harvey, Futura Jacket / Record Magazine Venice Beach ,CA
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lavozs · 6 days ago
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Cuentos completos, de Agatha Christie
Otros cuentos.
Un dios solitario (The Lonely God).
«Un dios solitario» se publicó por primera vez en Royal Magazine en julio de 1926. Es uno de los pocos relatos puramente románticos de Agatha Christie, y ella misma lo consideraba «de un sentimentalismo lamentable». Sin embargo este relato tiene un especial interés, puesto que prefigura la futura pasión de Agatha Christie por la arqueología, que definió como su tema de estudio preferido en Michael Parkinson’s Confessions Album (1973), un libro publicado con fines benéficos. Fue el común interés por la arqueología lo que la llevó a conocer a quien sería su segundo esposo, el célebre arqueólogo Max Mallowan. Después de la Segunda Guerra Mundial ella y Mallowan viajaron cada primavera durante muchos años a Nimrud, la antigua ciudad asiría, y la propia Agatha Christie presenta su visión de las excavaciones realizadas en Tell Brak, Siria, en 1937 y 1938 en Ven y dime cómo vives (1946), una guía entretenida e instructiva de los yacimientos y una excelente muestra de esta otra faceta de la autora. Si bien nunca escribió, por lo visto, durante las expediciones, sus experiencias le proporcionaron material para varios libros de la serie de Poirot, incluidos Asesinato en Mesopotamia (1936), Poirot en Egipto, (1937) y Cita con la muerte (1938), y también para la extraordinaria novela La venganza de Nofret (1944), ambientada en el antiguo Egipto más de dos mil años antes de Cristo.
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amarshallarts245-02 · 3 months ago
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Blog #8
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This week's reading was good in understanding the process in doing revisions and editing that goes on during the final parts of design.which is relevant in what we are doing in class this week.
The text gave examples on text errors and what good format looks like. It shows how such small mistakes can throw off a design. This reminds me of past lectures on kerning and how a designer must have an eye for this type of thing, and that it will come with time and practice. It puts into perspective how much time goes into making sure layout and text looks good in magazines, books, etc. next time i look in a book or magazine, i will make sure to take the time to look at its layout and such. 
This week in class we had our critiques. I feel I have lots of good feedback from the first crit., I made sure to write everything down so I can further develop my spreads.  I got feedback that the white color boxes I had were not working at all. Also that drop shadows are very “ 80’s “. i was surprised to hear that , i didn't realize they used a lot of drop shadows in the 80’s, makes me think of looking at different eras of design more so i can recognize. Other feedback I got was that I was missing my alphabet , my body text in the futura was too big and I needed to make some pages less mirrored. Very happy that my use of colors caught the eye though. 
Before the final critique I made sure to make plenty of changes to pages 5 and 6. I fixed my grids and took out the color blocks behind the body texts. For my other pages I also removed the color blocks and moved elements to make my design less mirrored. I added a border to the first 4 pages, because I felt it needed something else on those pages. To all the body texts I added drop caps. I felt really good about my changes and submitted only to see after I had orphans that I didn't spot before. Great. The feedback I got from the final critique was to remove the dots in my diagram and add some space around my drop caps. I feel good about my work so far and i plan to still iron out those details. 
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naesarchive · 5 months ago
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Born in 1945 in Newark, New Jersey, Kruger grew up during the golden age of American advertising, which permeated all aspects of life and informed her now-signature style. She began her training at the School of Art at Syracuse University in 1964, continuing her art and design studies in 1965 at Parsons School of Design in New York under Diane Arbus and Marvin Israel.
Barbara Kruger’s work speaks directly to us. Using pronouns like “I,” “You,” and “We” and bold declarative statements, Kruger’s work prompts us to question what we see and hear in mainstream media, and to contemplate how these messages shape our identities and society.
I try to make work that joins the seductions of wishful thinking with the criticality of knowing better.
Through a canny combination of imagery and text appropriated from magazines, television, video, and newspapers, Kruger's practice, spanning more than four decades, challenges how we assign meaning to visual signifiers of faith, morality, and power.
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Politically engaged, Barbara Kruger’s work questions the power of words and images. By intercepting the injunctions of advertising, it alerts the viewer to the alienations of consumer society and its signs. She also addresses the themes of violence, power and sexuality.
After working as a graphic designer in advertising and fashion, Barbara Kruger has become familiar with the conventions of mass communication. Since the end of the 1960s, her artistic practice has taken place in the context of the development of gender studies and feminist struggles. Like Cindy Sherman, she diverts the codes associated with the female gender in popular imagery, from cinema to fashion magazines, to deconstruct the dominant discourse. As early as 1979, she presented what has been her signature to this day: photomontages composed of black and white photographs, mostly from magazines of the 1940s and 1950s, which she intercepted and enlarged, and slogans printed in Futura Bold Italic font.
Questions around who has a voice in society—and how—are key in Kruger’s practice. Her portfolio of lithographs Untitled (We will no longer be seen and not heard), from 1985, assigns a word from the work’s title to each image, suggesting a vaguely recognizable sign language. The work exhibits Kruger’s desire “to ruin certain representations” of hierarchical roles through its contradictory message: viewers may guess who the speaker is and who is included in the “we.”
Kruger’s use of commonplace objects to circulate her work beyond the gallery or museum focuses our attention on how structures of control operate and are insidiously interwoven with our everyday life. Her Untitled matchbook series from 1986 allowed for wide distribution of dark messages and violent images, providing immediate access to her ideas and statements—such as the phrase “You construct intricate rituals which allow you to touch the skin of other men” superimposed over an image of a man being physically harassed—packaged as ordinary, ephemeral objects. As her work becomes part of the larger consumer realm of merchandising, it is important to note how others, most notably the lifestyle brand Supreme, have co-opted her iconic style for their own purposes, further underscoring questions about originality and ownership.
Creating architecturally enveloping installations has long been a part of Kruger’s practice, beginning with her 1991 exhibition at Mary Boone Gallery in New York, which featured a site-specific installation covering all four walls of the gallery with provocative text and images. In 2022, she will cover MoMA’s Marron Family Atrium with her characteristic declarations about power, voyeurism, and the horrors of war. Rather than infiltrating mundane spaces through objects, Kruger noted that her installations “construct and contain our experiences” against the overwhelming onslaught of graphics and text. Printed phrases covering a building or a room punctuate our lived experiences, hopes, and fears, inviting viewers to understand “how [spaces] form us as much as we form them.”
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desn512-abigail · 8 months ago
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Week Four
Typeface - First response
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Futura
Reminds me of the show futurama. Not just because of the name but also cause of the vibe and feel of the typeface.
It's very simple so I would use this for a lot of things. E.g body text of magazine or a book, posters, etc.
Gill Sans
Reminds me of a bolder futura as they both look very similar to me but it also reminds me of arial.
Would use this with any body text as it'd be easy to read.
Hight Tower
Makes me think of old fantasy movies.
I would use this typeface for work related to newspaper or old, rugged fantasy land from a movie/TV show.
Didot
Reminded of vogue magazines or just fashion magazines in general.
I think i'd only use this typeface for headings mainly. But also could use for any other text related designs.
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natashahyleet3 · 8 months ago
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Second Double Page Of My Magazine
These are layout ideas I had for the second double page of my magazine. The blue rectangles are where I would Include an image. I attempted to do a cutout of the Banqueting House but I just did not see it looking good or working out.
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I remembered I had kind of done imagery with the Banqueting House before. Previously, I had unpicked the Banqueting House by drawing out certain parts that I liked and by labeling it. After feedback, I wasn't too keen on using this imagery as by layering it on a photograph taken, you could lose the details of it. I was worried that if I did not include a photograph behind it, it may be hard to tell what the image actually is. Therefore, I decided to put all the parts together in a way to create a whole image/ illustration of it. In the end I quite liked how it looked:
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For the other page, I used photographs I had taken when I went to London. I used Photoshop to filter the photos very slightly to blue, to stick with my colour palette. This is how the second double page turned out looking:
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For the body text, I used Futura Medium, a font that could be read quite easily, especially on the coloured backgrounds. For the subheadings I used the same font but in Heavy Oblique to stand out from the body text. I also used the colour red to ensure that all the colours of the Union Jack was incorporated on that page and to also stand out.
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