#e questo dimostra come �� un problema il cambiamento climatico
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italianwhore1 · 1 year ago
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Nord Italia whadaaaaaap
the fact that there are places in europe where the concept of summer is 1 heatwave followed by two weeks of 25 degrees instead of a 4 months and a half of 30+ mixed with 3 to 5 unspecified natural catastrophes and unending wildfires and droughts is simply mind blowing to me
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learninganthropocene · 5 years ago
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inizio modulo 2, professor Giorda
Una miniera di carbone nella Renania Settentrionale-Vestfalia, in Germania. 
Immagine presa dalla mostra Anthropocene, del fotografo canadese Edward Burtynsky, i registi Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier ed il gruppo internazionale di scienziati Anthropocene Working Group, impegnati a raccogliere le tracce dell’attività umana sulla superficie terrestre. 
Anche l’immagine che ho scelto di utilizzare come sfondo del mio blog proviene dal lavoro di Burtynsky e rappresenta gli effetti del bunkering di petrolio nel delta del fiume Niger, in Nigeria. Con bunkering si indica il furto di greggio operato sabotando gli oleodotti: questa pratica abbastanza comune in molti Paesi "ospiti" di oleodotti rifornisce una vasta industria del contrabbando, e causa gravi incidenti ambientali. 
A partire appunto dall’immagine di sfondo possiamo sviluppare un discorso che tocca molti aspetti dell’Antropocene. Essa rappresenta innanzitutto il processo di trasformazione dell’energia che dimostra una addomesticazione delle risorse naturali da parte dell’uomo, in questo caso appunto il petrolio che viene trasformato ai fini umani; inoltre la presenza di risorse naturali ha inciso sul processo di territorializzazione unitamente a quello di popolamento del pianeta. E’ possibile infine ragionare sulle conseguenze legate a questa trasformazione, in quanto ad oggi sappiamo con certezza che la liberazione di quest’ultima dai combustibili fossili è causa del cambiamento climatico, uno dei problemi fondamentali che ci ritroviamo ad affrontare nell’era antropocenica: si tratta di un problema globale che vede la sua produzione su scala locale. Elemento che ci permette dunque di comprendere l’uomo in quanto forza geologica in grado di generare problemi che permeano il nostro pianeta. 
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gameofthronesitaly · 7 years ago
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Nikolaj tra impegno per l'ambiente e condizione femminile: un Lannister difende sempre le proprie cause!
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Domenica 17 settembre, mentre a Hollywood le celebrità sfilavano sul red carpet degli Emmy Awards, Nikolaj Coster-Waldau (Jaime Lannister) si trovava sull’altra costa americana, per parlare del cambiamento climatico in veste di Ambasciatore per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. (Quest’anno Game of Thrones è stato trasmesso troppo tardi per poter essere candidato agli Emmy.)
L’attore ha rilasciato un’intervista a Billboard, prima di salire sul palco del Social Good Summit organizzato a New York dal centro culturale 92nd Street Y, uno degli sponsor dell’evento annuale, ora alla sua settima edizione, che riunisce leader e attivisti di tutto il mondo per discutere di come la tecnologia possa avere un impatto sociale positivo, e che dà il via all’Assemblea generale delle Nazioni Unite (altri sponsor dell’evento sono l’agenzia di comunicazione Mashable, la United Nations Foundation e il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo).
Il tema di quest’anno si è concentrato sui cambiamenti che si possono mettere in atto per migliorare il pianeta entro il 2030, il che secondo Coster-Waldau significa investire risorse nell’uguaglianza fra sessi e nell’ambiente:
“Se falliamo in questo, saremo rovinati.”
Intervistatore: Essere padre di due bambine ti ha reso più consapevole dell’urgenza delle cause che sostieni?
Nikolaj: “Naturalmente voglio che crescano in un mondo dove possano essere in grado di scegliere cosa fare delle loro vite. Viviamo in uno stato [la Danimarca] dove la parità dei sessi è a un livello molto alto. Ma non è così dappertutto. Mercoledì [20 settembre] parteciperò al lancio dell’iniziativa Spotlight organizzata dall’Unione Europea e dall’ONU, contro la violenza sulle donne. Sono rimasto scioccato dalle statistiche. Una donna su tre in tutto il mondo sarà vittima di violenza oppure di violenza sessuale almeno una volta nella vita. È un problema enorme. Più di 700 milioni di donne vivono in paesi dove non è illegale picchiare tua moglie. Molte cifre sono sconvolgenti. È sorprendente che ci siano più di 150 stati con delle leggi che discriminano le donne.”
Ci sono delle donne molto forti in Game of Thrones. Che messaggio si manda alle generazioni di spettatori più giovani?
“Il fatto che ne stiamo parlando significa che è qualcosa di insolito. Ci facciamo delle domande a riguardo, perché pensiamo “wow, è incredibile, c’è uno show che crede davvero che le donne possano essere forti e avere il potere.” Penso che questo sia il punto fondamentale: non dovrebbe essere una sorpresa, non dovremmo pensare in questi termini.”
Il titolo del tuo intervento di oggi è “Creators Fighting Climate Change.” In che modo la visibilità ottenuta con Game of Thrones aiuta il tuo impegno di ambasciatore?
“Che coincidenza. Stamattina ho fatto un’altra intervista e l’ultima domanda è stata: cosa pensi delle celebrità e degli attori che salgono sui palchi per discutere dei problemi del mondo… cosa rispondi alle persone che dicono che dovreste solo stare zitti e limitarvi a fare ciò che sapete fare meglio? La cosa strana è che a volte anche io la penso così. Ma la verità è che cerchiamo di sensibilizzare il pubblico su alcuni argomenti. Grazie a Game of Thrones ottengo molta attenzione, e la posso usare per puntare un riflettore su delle cause molto, molto importanti.”
Quali sono stati i momenti più memorabili del tuo lavoro nel Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP)?
“Mia moglie viene dalla Groenlandia e insieme abbiamo organizzato un progetto con l’UNDP in collaborazione con Google Maps, e abbiamo creato un video sul cambiamento climatico. È stato bellissimo vedere parti della Groenlandia che prima non conoscevo. Ci vado da quasi vent’anni. E, ovviamente, la forza delle immagini, del progressivo ritiro dei ghiacciai in soli dieci anni, è scioccante.
Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite entro il 2030 si possono raggiungere. Se diamo uno sguardo a venti anni fa, in molti ambiti siamo migliorati immensamente. In altri no – soprattutto il cambiamento climatico. Secondo me, e secondo i membri dell’UNDP, questo è ciò su cui dobbiamo davvero lavorare perché, se falliamo, saremo rovinati.”
Parlando di questo, qual è la tua opinione sulla teoria che gli Estranei di Game of Thrones siano una metafora del cambiamento climatico?
“Dovreste chiedere a George R. R. Martin. È molto facile interpretarla così. Non penso che il significato originale fosse necessariamente questo, ma alcuni paralleli ci sono: c’è un mondo dove si cerca di riunire tutte le casate più potenti e tutti i regni per combattere questo enorme nemico, e la casata più potente dice “Sì, ci sto” e poi improvvisamente decide di non farlo. Si possono facilmente fare dei paragoni. Ma la verità è che la realtà è sempre molto più estrema della finzione. Non saremmo in grado di inventare ciò che sta accadendo adesso. La nostra specie ha ottenuto grandi successi. Siamo quasi sette miliardi e mezzo. Entro il 2030 saremo otto miliardi e mezzo. Potremmo dire wow, siamo stati davvero bravi. La cosa ironica è che stiamo per distruggere tutto. Crediamo di essere invincibili. Se la temperatura del pianeta sale di 2,5 gradi, avremo un finale amaro.”
Cosa speri che venga ricordato dell’evento di oggi?
“Ci sono tantissime persone diverse che vengono da organizzazioni e da percorsi diversi, e questo dimostra la varietà del movimento, dimostra che ci sono molte persone che vogliono fare del bene – vogliono rendere il mondo un posto migliore per tutti noi. Ho appena visto il panel sui Caschi bianchi [volontari non armati della difesa civile siriana]. Rimani semplicemente sbalordito quando vedi queste persone che rischiano le loro vite ogni giorno per aiutare gli altri. Nel mondo occidentale abbiamo avuto un ottimo sviluppo e siamo molto ricchi, credo che abbiamo il dovere di fare di più. Non possiamo permetterci di astenerci. Siamo quelli che hanno inquinato di più, abbiamo vissuto le nostre vite al meglio, e ora dovremmo pagare il conto.”
Che cosa può fare la gente per iniziare subito a fare la differenza?
“Se non conoscete i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile andate sul sito globalgoals.com oppure undp.org e leggete. Leggete cosa si sta facendo a riguardo, e scoprite come potete aiutare. Se tutti diamo il nostro piccolo contributo, il risultato sarà stupefacente. Se vivete in una democrazia, sappiate – come le elezioni più recenti hanno dimostrato, sia qui che in Europa – che ogni voto conta e può fare la differenza.”
La Danimarca è stata definita il paese più felice al mondo. Cosa può imparare dai danesi il resto del mondo?
“A dire il vero, quando vivi in un posto trovi sempre tantissime cose che si potrebbero fare meglio. Ma in Danimarca c’è pochissima distanza fra la popolazione e le persone al potere, di conseguenza ci si sente coinvolti nelle questioni di stato, e penso che ci sia un grande senso di uguaglianza. Il modello di previdenza sociale scandinavo è molto solido e funziona benissimo. Ci si prende cura delle persone che hanno bisogno e si cerca di dare a tutti le stesse opportunità – le basi, come l’educazione e la sanità.”
Qual è la musica che ti ispira di più al momento?
“Chiedete a mia figlia di sedici anni, continua ad aggiornare le mie playlist. È sempre pronta. Continuo a dirle che mi deve tenere aggiornato. Ho una playlist proprio qui; si chiama “Educazione musicale per papà”. Ovviamente c’è Frank Ocean. Gli Honne, Allen Stone… Non conosco nemmeno tutti questi nomi. Io le dico che deve ascoltare i musicisti degli anni ’80 e ’90, quelli che ascoltavo io. Gli anni ’80 non sono mai andati forte, ma ora sì.”
***
Fonte: Billboard Traduzione: Chiara B. Editing: Aranel&Alex
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aneddoticamagazinestuff · 7 years ago
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‘Infinite volte zero fa sempre zero’
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‘Infinite volte zero fa sempre zero’
Volgono al termine i lavori della COP23, la ventitreesima conferenza mondiale sul clima
delle Nazioni Unite. Un’edizione che certo non passerà alla storia (come avvenne a Kyoto o anche a Parigi). E per molti motivi.
Il primo è che i lavori non hanno prodotto risultati considerevoli. Anche l’alleanza globale per chiudere l’era del carbone (The Global Alliance to Power Past Coal), è più una promessa a lungo termine che un impegno concreto e immediato. Quanto agli effetti sull’ambiente, poi, sono in molti a pensare che non ce ne saranno affatto: l’accordo infatti è stato sottoscritto da Italia, Angola, Austria, Belgio, Canada, Costa Rica, Danimarca, Figi, Finlandia, Francia, Lussemburgo, Isole Marshall, Messico, Nuova Zelanda, Niue, Olanda, Portogallo, Regno Unito,  le province canadesi di  Alberta, British Columbia,  Ontario, Québec,  la città di Vancouver e lo Stato Usa di Washington. Mancano all’appello paesi come gli Stati Uniti d’America, l’India e la Germania che da soli bastano a rendere vani gli sforzi dei paesi sottoscrittori.
Di fatto la presenza di migliaia e migliaia di persone convenute a Bonn (nonostante a guidare la COP23 fossero le isole Fiji) non servirà a nulla e, certamente, non a migliorare l’ambiente. “I negoziati sono cominciati con grandi difficoltà, per via dell’opposizione dei paesi sviluppati, compresi Stati Uniti, Canada, Australia e Unione europea, alla richiesta di effettuare una valutazione su cosa si sta facendo in questi anni per il clima” ha dichiarato ClimateTracker.
Cene, pranzi ed eventi di “contorno”. Perfino la premiazione di una mostra fotografica. Tutto pur di non parlare del problema reale: ovvero che dopo due anni di lavori e incontri in giro per il pianeta, non c’è nessun accordo sottoscritto da tutti i paesi del mondo per ridurre realmente le emissioni di CO2 e farlo in tempi rapidi.
Ormai è chiaro che le promesse a lungo termine non servono a niente. A ribadirlo sono stati i ricercatori dell’Union of Concerned Scientists e più di 1.500 scienziati indipendenti (tra i quali numerosi premi Nobel per le Scienze), che hanno ripreso il “World Scientists’ Warning to Humanity”. Nel 1992, http://www.ucsusa.org/about/1992-world-scientists.html#.Wg8UTDtJldg gli scienziati chiesero all’umanità di ridurre l’impatto antropico sull’ambiente. Cinque lustri dopo, gli scienziati hanno dichiarato che l’umanità non ha fatto grossi passi avanti nella risoluzione generale delle maggiori sfide ambientali. http://www.ucsusa.org/press/2017/statements-cop23-press-conference-climate-impacts-attributing-damages-top-fossil-fuel#.Wg8UhztJldg
Sfide come la fame nel mondo. La situazione sta peggiorando, come ha dichiarato il direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, intervenendo alla COP23: “Il cambiamento climatico costringe milioni di persone in un circolo vizioso di insicurezza alimentare, malnutrizione e povertà. Dobbiamo guardare alla dura realtà: non stiamo facendo abbastanza per affrontare questa minaccia immensa”. Dati confermati dal rapporto “State of food security and nutrition . Sofi 2017” della Fao che dimostra che, per la prima volta in 10 anni, il numero delle persone che non hanno accesso al cibo è cresciuto: sono 815 milioni le persone che soffrono la fame ogni giorno.” https://www.wfp.org/content/2017-state-food-security-and-nutrition-world-sofi-report
Cambiamenti evidenti ma che qualcuno finge di non vedere. La delegazione statunitense presente alla COP23 ha ospitato e co-organizzato l’iniziativa “The Role of Cleaner and More Efficient Fossil Fuels and Nuclear Power in Climate Mitigation” cui hanno partecipato Peabody Energy, una compagnia carbonifera, NuScale Power, un’impresa che si occupa di ingegneria nucleare, e Tellurian, che esporta gas naturale liquefatto. “Mentre il mondo cerca di ridurre le emissioni, pur promuovendo la prosperità economica, i combustibili fossili continueranno a svolgere un ruolo centrale nel mix energetico”. Holly Krutka, vice presidente coal generation and emissions technology di Peabody Energy, ha dichiarato che “Il carbone rimane una parte essenziale del mix energetico mondiale. La questione e la discussione oggi non devono essere su se usiamo il carbone, ma come”. Una aperta propaganda dell’utilizzo dei combustibili fossili e del nucleare che a molti è apparsa come una provocazione. John Coequyt, direttore generale politica climatica di Sierra Club ha detto: “Niente può dimostrare meglio la sordità e l’isolamento di questa amministrazione più di un evento per celebrare i combustibili fossili durante questo importante meeting globale sul clima”. A fargli eco l’ex sindaco di New York, Michael Bloomberg, inviato speciale del Segretario generale dell’Onu per le città e il cambiamento climatico, che ha detto: “Promuovere il carbone in un vertice climatico è come promuovere il tabacco in un vertice sul cancro”. È andata oltre un’altra associazione ambientalista: “Uno sputo in faccia alle vittime dei cambiamenti climatici” lo ha definito Friends of the Earth.
https://www.commondreams.org/newswire/2017/11/13/us-delegation-promotes-fossil-fuels-cop23-spits-face-victims-climate-change
Non è un caso se secondo alcune stime lo stand più affollato pare essere stato proprio quello degli oppositori delle politiche statunitensi.
Altra prova del fatto che si sapeva da tempo che questi incontri non avrebbero prodotto risultati importanti il fatto che tra i 7 più importanti paesi del pianeta, solo due hanno inviato i propri leader alla COP23: Francia e Germania. Ma l’unica cosa per cui sono stati notati è che si sono presentati mano nella mano. Non fisicamente, questo no, ma politicamente: Angela Merkel e Emmanuel Macron si sono presentati alla plenaria della COP23 per parlare insieme. Peccato che anche loro, alla fine, non siano riusciti ad andare oltre promesse a lungo termine e frasi di rito già viste mille volte.
Una debacle generale da parte dei capi di stato che, a Bonn, ha lasciato spazio ad altri attori. In molti hanno fatto notare che tra gli aspetti più rilevanti della COP23, ci sarebbe stato il sorpasso della società civile della Bonn Zone, quella animata da organizzazioni non governative, cittadini e iniziative dal basso, sulle delegazioni ufficiali. Iniziative numerose e chiassose ma che poi hanno un peso limitatissimo sulle decisioni politiche prese dai grandi paesi inquinatori del pianeta.
Per il resto nulla di nuovo: belle parole, promesse di impegni, ma niente di concreto. Anche le richieste avanzate da chi sta già subendo le conseguenze dei cambiamenti climatici dovuti a fenomeni antropici sono rimaste inascoltate. Molte nazioni insulari, alcuni paesi arabi e africani, ma anche India e Brasile hanno cercato di far sentire la propria voce e di far pesare le proprie necessità. Ma senza alcun risultato: “Paesi come gli Stati Uniti hanno chiesto alle nazioni in via di sviluppo di accantonare la questione per affrontarla in altra sede. A tale indicazione ha risposto la Malesia, sottolineando che da troppo tempo si è chiesto di discutere del problema altrove e che così si rischia di aspettare le calende greche: ‘Infinite volte zero fa sempre zero’ ” ha dichiarato ClimateTracker.
Un immobilismo e un’apatia preoccupanti. Specie considerata la gravità della situazione. Una ammissione di sconfitta che sembra scritta tra le righe della lettera del Segretario generale delle NU, Antonio Guterres, che parla di emissioni di CO2 che hanno raggiunto livelli mai visti (se non in ere preistoriche), e di paesi non sono affatto sulla strada tracciata a Parigi dopo i lavori della COP21 (“we’re not on track to make the engagements made in Paris being implemented”). Un fallimento legato alla impossibilità di mantenere la promessa fatta due anni fa di non aumentare le temperature globali più di 1,5 gradi (cosa che avviene già ora: “And the engagements made in Paris are not enough for the objective which was established in Paris to make sure that climate change will not lead to an increasing temperature of over 1.5 degrees”).
https://www.un.org/sg/en/content/sg/speeches/2017-11-15/opening-statement-press-cop23
E sembra che, di questa sconfitta molti se ne siano già fatti una ragione: l’Organizzazione mondiale della Sanità e la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici hanno annunciato di aver sottoscritto un Protocollo d’intesa per far fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici. In altre parole, non essendo stati campaci di ridurre il surriscaldamento globale e consci che l’innalzamento delle temperature del pianeta avrà conseguenze devastanti per la salute della popolazione mondiale, alcuni hanno pensato che è meglio prepararsi al peggio.
https://cop23.unfccc.int/news/un-climate-change-and-world-health-organization-team-up-to-protect-health-from-climate-change-at
E poi ancora promesse, belle parole, foto di gruppo e sullo sfondo un’amarezza profonda che nasce dalla consapevolezza che dietro tutto questo gli incontri di Bonn non saranno serviti a niente. Del resto, come avrebbe potuto? Il valore reale delle promesse fatte dai leader mondiali e dalle multinazionali sull’ambiente è zero. E “infinite volte zero fa sempre zero”.
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aneddoticamagazinestuff · 7 years ago
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‘Infinite volte zero fa sempre zero’
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‘Infinite volte zero fa sempre zero’
Volgono al termine i lavori della COP23, la ventitreesima conferenza mondiale sul clima
delle Nazioni Unite. Un’edizione che certo non passerà alla storia (come avvenne a Kyoto o anche a Parigi). E per molti motivi.
Il primo è che i lavori non hanno prodotto risultati considerevoli. Anche l’alleanza globale per chiudere l’era del carbone (The Global Alliance to Power Past Coal), è più una promessa a lungo termine che un impegno concreto e immediato. Quanto agli effetti sull’ambiente, poi, sono in molti a pensare che non ce ne saranno affatto: l’accordo infatti è stato sottoscritto da Italia, Angola, Austria, Belgio, Canada, Costa Rica, Danimarca, Figi, Finlandia, Francia, Lussemburgo, Isole Marshall, Messico, Nuova Zelanda, Niue, Olanda, Portogallo, Regno Unito,  le province canadesi di  Alberta, British Columbia,  Ontario, Québec,  la città di Vancouver e lo Stato Usa di Washington. Mancano all’appello paesi come gli Stati Uniti d’America, l’India e la Germania che da soli bastano a rendere vani gli sforzi dei paesi sottoscrittori.
Di fatto la presenza di migliaia e migliaia di persone convenute a Bonn (nonostante a guidare la COP23 fossero le isole Fiji) non servirà a nulla e, certamente, non a migliorare l’ambiente. “I negoziati sono cominciati con grandi difficoltà, per via dell’opposizione dei paesi sviluppati, compresi Stati Uniti, Canada, Australia e Unione europea, alla richiesta di effettuare una valutazione su cosa si sta facendo in questi anni per il clima” ha dichiarato ClimateTracker.
Cene, pranzi ed eventi di “contorno”. Perfino la premiazione di una mostra fotografica. Tutto pur di non parlare del problema reale: ovvero che dopo due anni di lavori e incontri in giro per il pianeta, non c’è nessun accordo sottoscritto da tutti i paesi del mondo per ridurre realmente le emissioni di CO2 e farlo in tempi rapidi.
Ormai è chiaro che le promesse a lungo termine non servono a niente. A ribadirlo sono stati i ricercatori dell’Union of Concerned Scientists e più di 1.500 scienziati indipendenti (tra i quali numerosi premi Nobel per le Scienze), che hanno ripreso il “World Scientists’ Warning to Humanity”. Nel 1992, http://www.ucsusa.org/about/1992-world-scientists.html#.Wg8UTDtJldg gli scienziati chiesero all’umanità di ridurre l’impatto antropico sull’ambiente. Cinque lustri dopo, gli scienziati hanno dichiarato che l’umanità non ha fatto grossi passi avanti nella risoluzione generale delle maggiori sfide ambientali. http://www.ucsusa.org/press/2017/statements-cop23-press-conference-climate-impacts-attributing-damages-top-fossil-fuel#.Wg8UhztJldg
Sfide come la fame nel mondo. La situazione sta peggiorando, come ha dichiarato il direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, intervenendo alla COP23: “Il cambiamento climatico costringe milioni di persone in un circolo vizioso di insicurezza alimentare, malnutrizione e povertà. Dobbiamo guardare alla dura realtà: non stiamo facendo abbastanza per affrontare questa minaccia immensa”. Dati confermati dal rapporto “State of food security and nutrition . Sofi 2017” della Fao che dimostra che, per la prima volta in 10 anni, il numero delle persone che non hanno accesso al cibo è cresciuto: sono 815 milioni le persone che soffrono la fame ogni giorno.” https://www.wfp.org/content/2017-state-food-security-and-nutrition-world-sofi-report
Cambiamenti evidenti ma che qualcuno finge di non vedere. La delegazione statunitense presente alla COP23 ha ospitato e co-organizzato l’iniziativa “The Role of Cleaner and More Efficient Fossil Fuels and Nuclear Power in Climate Mitigation” cui hanno partecipato Peabody Energy, una compagnia carbonifera, NuScale Power, un’impresa che si occupa di ingegneria nucleare, e Tellurian, che esporta gas naturale liquefatto. “Mentre il mondo cerca di ridurre le emissioni, pur promuovendo la prosperità economica, i combustibili fossili continueranno a svolgere un ruolo centrale nel mix energetico”. Holly Krutka, vice presidente coal generation and emissions technology di Peabody Energy, ha dichiarato che “Il carbone rimane una parte essenziale del mix energetico mondiale. La questione e la discussione oggi non devono essere su se usiamo il carbone, ma come”. Una aperta propaganda dell’utilizzo dei combustibili fossili e del nucleare che a molti è apparsa come una provocazione. John Coequyt, direttore generale politica climatica di Sierra Club ha detto: “Niente può dimostrare meglio la sordità e l’isolamento di questa amministrazione più di un evento per celebrare i combustibili fossili durante questo importante meeting globale sul clima”. A fargli eco l’ex sindaco di New York, Michael Bloomberg, inviato speciale del Segretario generale dell’Onu per le città e il cambiamento climatico, che ha detto: “Promuovere il carbone in un vertice climatico è come promuovere il tabacco in un vertice sul cancro”. È andata oltre un’altra associazione ambientalista: “Uno sputo in faccia alle vittime dei cambiamenti climatici” lo ha definito Friends of the Earth.
https://www.commondreams.org/newswire/2017/11/13/us-delegation-promotes-fossil-fuels-cop23-spits-face-victims-climate-change
Non è un caso se secondo alcune stime lo stand più affollato pare essere stato proprio quello degli oppositori delle politiche statunitensi.
Altra prova del fatto che si sapeva da tempo che questi incontri non avrebbero prodotto risultati importanti il fatto che tra i 7 più importanti paesi del pianeta, solo due hanno inviato i propri leader alla COP23: Francia e Germania. Ma l’unica cosa per cui sono stati notati è che si sono presentati mano nella mano. Non fisicamente, questo no, ma politicamente: Angela Merkel e Emmanuel Macron si sono presentati alla plenaria della COP23 per parlare insieme. Peccato che anche loro, alla fine, non siano riusciti ad andare oltre promesse a lungo termine e frasi di rito già viste mille volte.
Una debacle generale da parte dei capi di stato che, a Bonn, ha lasciato spazio ad altri attori. In molti hanno fatto notare che tra gli aspetti più rilevanti della COP23, ci sarebbe stato il sorpasso della società civile della Bonn Zone, quella animata da organizzazioni non governative, cittadini e iniziative dal basso, sulle delegazioni ufficiali. Iniziative numerose e chiassose ma che poi hanno un peso limitatissimo sulle decisioni politiche prese dai grandi paesi inquinatori del pianeta.
Per il resto nulla di nuovo: belle parole, promesse di impegni, ma niente di concreto. Anche le richieste avanzate da chi sta già subendo le conseguenze dei cambiamenti climatici dovuti a fenomeni antropici sono rimaste inascoltate. Molte nazioni insulari, alcuni paesi arabi e africani, ma anche India e Brasile hanno cercato di far sentire la propria voce e di far pesare le proprie necessità. Ma senza alcun risultato: “Paesi come gli Stati Uniti hanno chiesto alle nazioni in via di sviluppo di accantonare la questione per affrontarla in altra sede. A tale indicazione ha risposto la Malesia, sottolineando che da troppo tempo si è chiesto di discutere del problema altrove e che così si rischia di aspettare le calende greche: ‘Infinite volte zero fa sempre zero’ ” ha dichiarato ClimateTracker.
Un immobilismo e un’apatia preoccupanti. Specie considerata la gravità della situazione. Una ammissione di sconfitta che sembra scritta tra le righe della lettera del Segretario generale delle NU, Antonio Guterres, che parla di emissioni di CO2 che hanno raggiunto livelli mai visti (se non in ere preistoriche), e di paesi non sono affatto sulla strada tracciata a Parigi dopo i lavori della COP21 (“we’re not on track to make the engagements made in Paris being implemented”). Un fallimento legato alla impossibilità di mantenere la promessa fatta due anni fa di non aumentare le temperature globali più di 1,5 gradi (cosa che avviene già ora: “And the engagements made in Paris are not enough for the objective which was established in Paris to make sure that climate change will not lead to an increasing temperature of over 1.5 degrees”).
https://www.un.org/sg/en/content/sg/speeches/2017-11-15/opening-statement-press-cop23
E sembra che, di questa sconfitta molti se ne siano già fatti una ragione: l’Organizzazione mondiale della Sanità e la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici hanno annunciato di aver sottoscritto un Protocollo d’intesa per far fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici. In altre parole, non essendo stati campaci di ridurre il surriscaldamento globale e consci che l’innalzamento delle temperature del pianeta avrà conseguenze devastanti per la salute della popolazione mondiale, alcuni hanno pensato che è meglio prepararsi al peggio.
https://cop23.unfccc.int/news/un-climate-change-and-world-health-organization-team-up-to-protect-health-from-climate-change-at
E poi ancora promesse, belle parole, foto di gruppo e sullo sfondo un’amarezza profonda che nasce dalla consapevolezza che dietro tutto questo gli incontri di Bonn non saranno serviti a niente. Del resto, come avrebbe potuto? Il valore reale delle promesse fatte dai leader mondiali e dalle multinazionali sull’ambiente è zero. E “infinite volte zero fa sempre zero”.
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