#acritica
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I libri non servono per sapere ma per pensare, e pensare significa sottrarsi all'adesione acritica per aprirsi alla domanda, significa interrogare le cose al di là del loro significato abituale reso stabile dalla pigrizia dell'abitudine.
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Sono stufo di chi giustifica i pestaggi della polizia dicendo: "Eh, è stata violata la legge, non c'era altro modo".
Quanto è inconsistente questa argomentazione, in una scala da uno a "perché Sanremo è Sanremo?".
Del resto dicono anche "la legge è legge" e passano la vita ad affermare altre cose di analogo tenore, come "perché sì", "perché te lo dico io", "è così e basta".
Sono stanco di tutto ciò.
Non hai rispettato la legge? Ti meriti tutto.
È così che la pensano.
Spesso la lamentata violazione è impalpabile o addirittura inesistente, ma il punto è un altro.
Troppa gente pensa che si possa fare qualsiasi cosa a chi non ha rispettato la legge, come se l'atto di disubbidienza comportasse l'automatica perdita dello status di creatura vivente che percepisce il dolore, come se la tua infrazione ti trasformasse in un portaombrelli da gettare in discarica.
Ma idolatrare la legge come se fosse una sorta di divinità ancestrale conduce all'accettazione acritica di qualsiasi ingiustizia codificata dall'autorità. Conduce all'abominio dei CPR per gli immigrati clandestini. Ci porta nel baratro di giustificazioni sempre più simili a "obbedivamo solo a degli ordini".
Io non riesco più ad ascoltare i discorsi infarciti di spietato legalismo. Proprio non ce la faccio e questo mi fa pensare di essere lontano dall'imperturbabile serenità del saggio. Forse dipende anche delle mie idee anarchiche. So solo che non ho voglia di iscrivermi a un corso di yoga per imparare a sopportare tutto ciò. Per me le persone sono più importanti di qualsiasi legge. Molti progressi sociali li dobbiamo a chi ha deciso di non rigare dritto di fronte a regole ingiuste o disumane. [L'Ideota]
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Se anagraficamente parlando siete nati dalle mie parti, c’è un’altissima probabilità che i vostri genitori tenessero stabilmente nel bagagliaio della macchina un plaid.
Plaid che tipicamente aveva lo spessore di una fetta di pane da toast e una palette di colori oscillante fra il beige sporco e il marrone spento con qualche rara concessione all’arancione, quel tipico range cromatico che applicato ai tessuti trasmette istantaneamente l’assenza di gioia di vivere.
Ravanando fra i ricordi della mia infanzia ho, sì, memorie di giocosi pic-nic o di svaccamenti al sole, ma non in numero tale da giustificare la presenza permanente di un plaid in baule (che fra l’altro impegna circa ¼ della capienza del bagagliaio di un’utilitaria media).
Fra i 16 e i 20 anni (o secondo mia madre, dagli 8 ai 25) ho criticato vivacemente ogni aspetto dei miei genitori, ma il plaid no. Anzi, ricordo chiaramente all’arrivo della mia prima autovettura di proprietà di aver schiaffato in maniera felicemente acritica un plaid nel baule, recuperando credo da mia suocera un esemplare che rispettasse la corretta armocromia seventies.
Oggi che ho due figli e il baule della macchina è per metà un livello hardcore di tetris e per metà un generatore casuale di bestemmie ho iniziato a interrogarmi lungamente sul senso profondo del plaid in bagagliaio. Ogni tanto lo tiro fuori, lo scuoto liberando nuvole di sedimenti che farebbero felici un paio di geologi, lo guardo un po’, poi lo ripiego e lo rimetto dentro (perché come già detto se esistessero dei campionati sportivi di tirare fuori le cose per sgombrare, guardarle per un po’, ripensarci, e rimettere tutto a posto sarei a livello agonistico).
Non so se alla fonte di tutto ci sia stata la decisione di un trisavolo di mettere un panno su un qualche carretto a cavalli, ma mi piace pensare che fra una ventina d’anni i figliuoli si ritroveranno anche loro con un plaid nella loro macchina senza sapere bene perché.
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Dal 7 ottobre, non è stato scontato a sinistra esprimere qualsiasi critica sull’operazione militare di Hamas: sul suo metodo, sulla razionalità degli obiettivi, o sul modo in cui aiuti a porre fine all’occupazione israeliana. Questo non solo perché una potenza occupante è in ultima analisi responsabile dello status quo di devastazione, ma anche perché criticare le tattiche di un gruppo che agisce in nome degli oppressi è visto come un indebolimento della loro causa legittima.
Questa situazione è aggravata da numerosi intellettuali di sinistra che hanno espresso sostegno incondizionato – se non addirittura celebrato – all’attacco di Hamas. Un post recente del blog di Verso Books colloca un movimento religioso socialmente regressivo come Hamas, nella tradizione di emancipazione della sinistra, affermando che «i parapendii che sono volati in in Israele il 7 ottobre continuano l’associazione rivoluzionaria tra liberazione e volo».
Andreas Malm ha sostenuto che l’operazione Alluvione di Al-Aqs ha ottenuto più risultati della prima Intifada perché i palestinesi sono riusciti a sostituire le pietre con mezzi militari, ignorando che l’Intifada è stato il più grande movimento di massa anticoloniale auto-organizzato nella storia palestinese e che ha costretto Israele a fare concessioni politiche senza precedenti. In effetti, sostenere che Hamas sia riuscita a ottenere di più significa ignorare del tutto che il suo attacco militare ha innescato l’enorme genocidio contro il popolo palestinese.
Lo ha detto Rashid Khalidi: «Guardando indietro agli ultimi sei mesi, al crudele massacro di civili su una scala senza precedenti, ai milioni di persone rimaste senza casa, alla carestia e alle malattie di massa provocate da Israele, è chiaro che ciò segna un nuovo abisso nel quale è sprofondata la lotta per la Palestina». Tom Segev concorda: «La guerra di Gaza è l’evento peggiore che i palestinesi abbiano vissuto negli ultimi 75 anni. Mai così tante persone sono state uccise e sradicate dai tempi della nakba, la catastrofe che li colpì durante la guerra d’indipendenza di Israele nel 1948, quando centinaia di migliaia di palestinesi furono costretti ad abbandonare le loro case e diventare rifugiati».
Oltre alle voci individuali, si è assistito a una celebrazione acritica di Hamas anche in alcune delle mobilitazioni di solidarietà degli ultimi giorni, altrimenti stimolanti. «Noi diciamo giustizia, voi dite come? Radere al suolo Tel Aviv��, si sente cantare alcuni in un video. Slogan del genere, non importa quanto rari, minano la causa palestinese. Sostenere la Palestina significa porre fine a un’occupazione illegale e ritenere Israele responsabile della violazione del diritto internazionale. Non si tratta di sostenere l’uccisione di civili israeliani o la distruzione delle città israeliane. Sostenere il diritto internazionale significa sostenerlo per tutti.
Questo tipo di retorica riduce tutta una serie di posizioni politiche in Palestina a ciò che dice e fa un gruppo militante. Si presuppone inoltre che Hamas parli e agisca sempre a nome di tutto il popolo palestinese, semplicemente perché ha vinto un’elezione (con il 45% dei voti) nei Territori palestinesi occupati nel 2006 (principalmente come voto di protesta contro la corruzione dell’Autorità palestinese e il fallimento di Oslo).
[...]
I sondaggi mostrano che negli ultimi mesi l’indice di gradimento di Hamas a Gaza è effettivamente diminuito di 11 punti, arrivando a un terzo. C’è stato anche un calo generale del sostegno alla lotta armata. In risposta alla domanda: «Secondo te, qual è il mezzo migliore per raggiungere gli obiettivi palestinesi nel porre fine all’occupazione e costruire uno Stato indipendente?», il sostegno alla lotta armata diminuisce sia in Cisgiordania che a Gaza dal 63% di dicembre al 46% di marzo. Nella sola Gaza la percentuale è scesa dal 56% al 39%. La stessa Hamas ha appena ribadito la propria disponibilità a deporre le armi e ad accettare un cessate il fuoco a lungo termine con Israele in cambio di uno Stato lungo i confini del 1967.
Anche a Gaza si è registrato un drammatico aumento del sostegno alla soluzione dei due Stati: dal 35% di dicembre al 62% di marzo. Ciò rimane vero anche se la maggioranza dei palestinesi in Cisgiordania e Gaza riconoscono gli ostacoli pratici a tale soluzione, vale a dire l’espansione del progetto di insediamento di Israele. Ciò indica, tuttavia, che i palestinesi di Gaza sperano che l’attenzione internazionale e la pressione politica esterna su Israele possano avere qualche effetto.
Il sostegno alla soluzione di uno Stato unico tra i palestinesi occupati è sceso al 24% durante la guerra a Gaza. La maggior parte dei palestinesi occupati vuole separarsi da Israele e vivere nel proprio Stato, e vuole sbarazzarsi degli insediamenti illegali in Cisgiordania. Il progetto coloniale viola i diritti dei palestinesi secondo il diritto internazionale, in particolare il diritto all’autodeterminazione.
Inoltre, durante questa guerra, gli israeliani hanno disumanizzato la società palestinese ai livelli più estremi. Seguendo gli stimoli delle loro élite aggressive e dei media guerrafondai (saturi di ex militari ed esperti di sicurezza), gli israeliani hanno sostenuto in stragrande maggioranza la decimazione di Gaza. Ciò che preoccupa di più gli israeliani sono gli ostaggi, non la guerra. Le vite degli ostaggi israeliani contano, mentre i palestinesi sono, secondo le parole del ministro della difesa israeliano, «animali umani».
Spinta dalla vendetta e dalla punizione, Israele è una società narcisistica che si crogiola nelle proprie ferite e usa quelle ferite come scusa per i suoi crimini monumentali contro il popolo palestinese. I palestinesi trovano Israele crudele, insensibile e terrificante, e il loro primo pensiero è «proteggimi da Israele». È questa la società israeliana nella quale i palestinesi dovrebbero vivere con dignità e con pari diritti?
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"La retorica edificante a cui oggi quasi tutti ci pieghiamo ripete che dobbiamo distinguere tra popolazione, capi militari e capi politici. E che la popolazione per lo più subisce le scelte dei capi politici e militari. Non è vero. Interi popoli possono entrare in accessi deliranti di odio persecutorio, di acritica megalomania e di rabbia sanguinaria. E così esprimeranno capi persecutori, megalomani e sanguinari. Hitler non andò al potere con libere elezioni nel 1933? Hamas non ha vinto le elezioni nella Striscia di Gaza nel 2006? Putin non è stato stravotato dai russi per decenni? Il governo di estrema destra di Netanyhau non è stato votato dagli israeliani? Davvero i popoli sarebbero sempre innocenti, irresponsabili?"
Sergio Benvenuto
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Ma i buoni siamo sempre noi?
Sì la Storia la scrivono i vincitori! Negare questo assunto o peggio cercare di ribaltarlo ci conferirebbe immediatamente la cittadinanza onoraria di quell’isola dei desideri irrealizzabili governata dalla Intelligenza Artificiale che è Utopia 2.0. Ma dando per buona l’evidenza, non necessariamente l’informazione dovrebbe adeguarsi a tale schema. Anzi dovrebbe nella sua essenza stessa mantenere una equilibrata equidistanza dai fatti, indagandone nel complesso le dinamiche. Tale equidistanza però è davvero improbabile se il presupposto, anzi il piedistallo logico dal quale si inizia ad argomentare è uno e uno solo: Noi siamo i buoni, gli altri, chiunque essi siano sono i cattivi! Macroscopica ipertrofia di tale autoesaltazione morale, le Guerre. E così mentre in sottofondo, ma ormai sempre più affievolito, riecheggiano i rumori della guerra in Ucraina, per la quale si è detto tanto, ci è esplosa in faccia la barbarie dell’attacco di Hamas a Israele della scorsa settimana. Sì barbarie inutile stare a sofisticare sui termini, meglio attribuire il valore giusto alle cose, qualunque assalto a civili e bambini con aggravante di efferatezza, deve definirsi barbarie. Appunto, qualunque assalto e con qualunque mezzo venga effettuato. Ma questo tra un attimo. Mentre scriviamo è in corso il bombardamento di risposta di Israele su Gaza, di cui attualmente non sappiamo ancora prevedere l’esito letale che sortirà. Poco cambia, visto che da molti è stato sancito nei commenti televisivi propagatisi nei media sull’onda emotiva dell’attacco di sabato scorso, il diritto di Israele a difendersi. Già ma entro quali limiti si esercita tale diritto. Ciò che resta è se sia giusto che a un atto di barbarie si debba rispondere con altrettanta barbarie. Ma non è il nostro focus. La nostra è una domanda priva di risposta sul ruolo dell’informazione, che oltre a raccogliere il dato cronachistico si apre a dibattiti che sempre sono schierati in maniera abbastanza acritica e precisa partendo dall’assunto di cui sopra: Noi siamo i buoni. E se il pubblico, spiaggiato nella comfort zone occidentale, osserva il mondo dalla balaustra fortificata del divano del salone, e si concede il lusso semplificato di attribuire torti e ragioni, chi comunica e informa forse potrebbe aiutare il pubblico, allargando l’arco del campo di indagine. Sviscerare le scaturigini di un conflitto che dura da 75 anni non è certo cosa semplice e lo lasciamo a eminenti e qualificati storiografi, del resto ogni guerra è un rimbalzare di azioni e reazioni, cause ed effetti e quella che spesso si dissolve è la consapevolezza di chi abbia scagliato la prima pietra. Troppo complesso certo, ma almeno evitare di usare due pesi e due misure forse aiuterebbe. A giugno del 2023, quindi l’altro ieri, Amnesty International scriveva, “Nella sua ultima offensiva di maggio contro la Striscia di Gaza occupata, Israele ha illegalmente distrutto abitazioni palestinesi, spesso senza che vi fossero necessità militari, rendendosi responsabile di una punizione collettiva contro la popolazione civile e ha condotto attacchi aerei apparentemente sproporzionati, che hanno ucciso e ferito civili palestinesi, bambini compresi.” Si sarà alzata in quell’occasione la condanna ufficiale per tale fenomenologia bellica, magari con un ampio e approfondito dibattito mediatico? Chi sa, forse. Quanto è facile limitarsi a definirli terroristi, cosa peraltro assolutamente indiscutibile. Ma davvero ammazzare un bambino con una bomba è tanto preferibile a ucciderlo decapitandolo, solo perché non ti assumi l’onere di vederlo morire? La mancanza di crudeltà nell’atto di uccidere è davvero il lasciapassare etico per giustificare ogni azione di guerra? L'assedio totale di Gaza è "proibito" dal diritto internazionale umanitario, questo il monito delle Nazioni Unite a Israele, in parole semplici è un crimine di guerra. E che differenza c’è tra crimini di guerra e terrorismo?
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I libri vanno aperti, sfogliati, dissolti nella loro presunta unità, per offrirli a quella domanda che non chiede "che cosa dice il libro?", ma "a che cosa fa pensare questo libro?" I libri non servono per sapere ma per pensare, e pensare significa sottrarsi all'adesione acritica per aprirsi alla domanda, significa interrogare le cose al di là del loro significato abituale reso stabile dalla pigrizia dell'abitudine; è evitare che i testi divengano testi sacri per coscienze beate che, rinunciando al rischio dell'interrogazione, confondono la sincerità dell'adesione con la profondità del sonno.
#se la gente leggesse di più e pensasse maggiormente si eviterebbero molte rotture di scatole#citazioni#citazione#pensiero#leggere#lettura#Umberto Galimberti#umberto galimberti#Il gioco delle opinioni
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Santificazione e beatificazione Italianstan 2023
In premessa, ribadisco, per le/i dure/duri d'orecchie, che, distinguo il lato umano, da quello politico. Quindi, pur porgendo le dovute condoglianze ai familiari, per la dipartita, non taccio sul piano politico, sullo e dello spettacolo della messa in scena, dell''oscenita' del potere.
Sono due le ipotesi etimologiche, del lemma oscenità: ob scaevare= sinistro, di cattivo augurio, oppure ob=a cagione, coenum=melma/greco koinòn=immondo; primo significato=brutto deforme, immondo, sozzo e, per traslazione, impudico, disonesto.
Potremmo aprire già una riflessione, su alcune risultanze che i linguisti danno al termine sopra accennato: di cattivo augurio, melma immondo, impudico, disonesto, ma, tralasciamo per brevità, giusto solo il tempo necessario per annotare, una particolare coincidenza, concomitanza, contemporaneità, contestualita', tra il lemma e il defunto.
Una celebrazione acritica, una santificazione ex post, che non rende "giustizia" (volutamente virgolettato, visto i trascorsi e i legittimi impedimenti), della caratura dell'uomo politico sul quale il mondo continua a ridere identificandolo con lo stereotipo dell'Italia più grottesca.
Una santificazione in salsa nord coreana, che segna il divario con il mondo reale, dove la beatificazione non viene compresa, posto che nella memoria collettiva e' ben viva la storia degli ultimi trent'anni del paese, trasformato in mera proprietà privata, con il bene placet dei costituzionalisti.
I media, particolarmente quelli allineati, o, embedded, hanno ormai oltrepassato la soglia del ridicolo, navigando nel buco nero dei dati e della miconoscenza, manipolando con ambiguità il diritto all'informazione, riportando solo ciò che dobbiamo sapere, utile alla formazione di una fittizia coscienza collettiva, minculpop docet.
La memoria, quella vera, si coltiva senza rimozioni di parte e convenienti, altrimenti è solo becera, meschina, infima propaganda
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Hoy ONE DRIVE me recuerda que subí a LA NUBE hace 15 años el articulo de BECKHAM o la RIQUEZA como VALOR de PILAR ESTEBANEZ presidenta de honor de MEDICOS del Mundo así como el de EL TRIANGULO DE UN GRAN NEGOCIO [CONSTRUCCION_MEDIOS DE COMUNICACION_FUTBOL]: BECKHAM es el máximo exponente del fútbol como negocio, producto DE LUJO de una marca llamada Real Madrid que SIMBOLIZA LA PERVERSION DE LOS VALORES que se asociaban a los DEPORTISTAS puesto que ha hecho del LUJO, LA OSTENTACION y el DESPILFARRO un VALOR y un EJEMPLO que los MEDIOS DE COMUNICACION ensalzan de forma ACRITICA.
Así que vuelvo a recordar que en julio 2003 recién fichado BECKHAM por REAL MADRID me folle con su CAMISETA [se la puso tras Ducharnos y liarnos en la disco LA SAL durante un cumpleaños de una CHICA de 26 años que segun me conto su amiga GLORIA era PROSTITUTA DE LUJO con CLIENTES FIJOS EN CAPITALES EUROPEAS] .. a la venezolana Isabel "ACOSTA" amiga y compañera en BP de GLORIA Llanos [cuya hermana Silvia es LUNA en LUCIA Y EL SEXO de sevillana PAZ VErGA donde folla como en película porno y que fue rodada en FOR_MEN_T_ERA=Para hombres Cruz Era..tras debutar en NADIE CONOCE A NADIE ambientada en la SEMANA SANTA SEVILLANA del 99 acabando con que Eduardo NORIEGA dice que EL DEMONIO ESTA EN LA VIRGEN porque hay un TERRORISTA dentro de la VIRGEN DE LA PROCESION que va a detonar una BOMBA]..a la que conoci en un MASTER DE COMERCIO INTERNACIONAL
Por cierto..a PAZ VEGA me la cruze en EL CENTRO COMERCIAL de LA MORALEJA [=Enseñanza MORAL] en 2007 pues vive en esa URBANIZACION DE LUJO en un CASOPLON como en el que grabó DEPECHE MODE su cd CANCIONES DE FE Y DEVOCION entre cd VIOLADOR y cd ULTRA [=RADICAL]..cuyo single I FEEL YOU tiene un video donde una mujer aparece con una VIRGEN EN una IGLESIA O ERMITA ABANDONADA de MEXICO esperando que venga un hombre a follarsela ..que simboliza lo contrario del video PERSONAL JESUS donde van a un puti_club en MEXICO
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La lotta impari delle vittime
Quando i giornali italiani rilanciano in maniera enfatica e acritica le dichiarazioni roboanti di gerarchi della Chiesa contro la pedofilia, quando sentiamo un monsignore dichiarare convinto di voler fare pulizia fino in fondo, quando vengono elogiati i risultati di loro (presunte) commissioni d’inchiesta e si annunciano impegni ecclesiastici di vario genere nei confronti delle vittime, è bene…
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CIABATTE VOLANTI
Sono un quasi ciquantenne, dico oplà quando mi alzo dal divano e ho un'idiosincrasia: tra le abitudini dei miei coetanei che meno sopporto c'è il vanto per la severità di genitori che facevano rispettare le regole a suon di sberle.
Questa tendenza si manifesta sui social network ogni volta che il tema della discussione è la presunta mollezza dei giovani di oggi.
Si parla di giovani schifiltosi di fronte a diverse categorie di cibo?
Spuntano frasi come "mia padre quando rifiutavo la minestra mi dava una sberla", "mi sculacciavano ogni volta che provavo a non mangiare i broccoli". Ma soprattutto vedo dappertutto un famigerato mito dei bei tempi andati (si fa per dire), e cioè la madre che lancia una ciabatta.
La ciabatta volante che chiudeva ogni discussione, indicata come simbolo di un'era inspiegabilmente rimpianta in cui le regole venivano fatte rispettare con la forza, è un tormentone del web, un cliché, il tema di innumerevoli meme. Ovviamente il corollario è: "Io sì che sono una persona cresciuta bene, con valori sani, mica come questi giovani corrotti. Ed è stato grazie alle ciabatte volanti".
Ecco, di fronte a tutto questo voglio solo dire che picchiare i figli è una cosa orribile. Fa schifo e basta.
Io ve la buco questa nostalgia acritica dei bei tempi andati, che tanto belli non erano, in cui le ciabatte volavano. [L'Ideota]
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[...] idolatrare la legge come se fosse una sorta di divinità ancestrale conduce all'accettazione acritica di qualsiasi ingiustizia codificata dall'autorità. [...] Ci porta nel baratro di giustificazioni sempre più simili a "obbedivamo solo a degli ordini" [...]
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Fronte del dissenso in piazza appello per la Sovranità nazionale e la salute from Umbria Journal TV on Vimeo.
Fronte del dissenso in piazza appello per la Sovranità nazionale e la salute Umbria in piazza: appello per la Sovranità nazionale e la salute Umbria in piazza – Fronte del Dissenso in piazza ieri 16 marzo, venti città italiane, tra cui l’Umbria. I cittadini sono scesi in piazza. Questa mobilitazione unitaria nazionale è stata promossa dal Coordinamento No OMS – No Piano Pandemico. L’obiettivo era quello di chiedere al Governo Italiano di proteggere la Sovranità Nazionale e di difendere la salute, la democrazia e la libertà.
Il Coordinamento No OMS – No Piano Pandemico, recentemente costituito, si è mobilitato in gran parte delle regioni italiane. L’appello al Governo Italiano includeva la richiesta di rivedere il nuovo Piano Pandemico nazionale. Questo piano è visto come una riproposizione acritica delle misure adottate durante la gestione del Covid, misure che si sono rivelate inefficaci, dannose e antidemocratiche.
Il Coordinamento chiede inoltre di respingere gli emendamenti al Regolamento Sanitario Internazionale dell’OMS. Questi emendamenti mirano a trasformare un organo consultivo in un governo sanitario mondiale con poteri giuridicamente vincolanti. Infine, il Coordinamento si oppone al nuovo Trattato Pandemico che mira a trasferire la sovranità in campo sanitario, veterinario e ambientale all’OMS, limitando così le libertà fondamentali dei singoli e degli Stati.
Il manifesto unitario nazionale del Coordinamento dettaglia sei richieste specifiche al Governo. Queste includono il totale ricambio dei tecnocrati che hanno gestito le politiche sanitarie durante la pandemia, il ritiro dell’attuale Piano pandemico e l’avvio di una Commissione d’inchiesta sul virus SARS-CoV-2. Inoltre, il Coordinamento chiede una discussione pubblica, aperta e democratica sul nuovo Piano Pandemico e l’opposizione a qualsiasi tentativo di affidare nuovi poteri all’OMS.
L’evento si è svolto in Piazza Italia, a Perugia. Questo appello alla mobilitazione è un esempio di come i cittadini possano unirsi per difendere i loro diritti e la loro salute. Condividere queste informazioni può aiutare a sensibilizzare su questi importanti problemi.
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Viviamo in un'epoca d'estrema specializzazione.
O dell'entomologo che conosce una sola delle zampe di un millepiedi.
La professata scusa è che lo scibile s'allarga.
Un bene per la società, un male per l'individuo, trovo.
Oh, non l'individuo che fruisce di apporti.
L'individuo che giocoforza si specializza, piuttosto intendo.
La società - la somma degli individui - dovrà fare un collage, ma dopo averlo fatto trarrà giovamento:
unirà i singoli che sanno di più su di una singola cosa, e il risultato sarà attingere a più cose conosciute meglio.
L'individuo che giocoforza si specializza, lui invece risulterà impoverito:
bene una cosa, male le altre.
Un tempo l'eclettismo non era una parolaccia.
Ugo Mulas è stato un eclettico, lo sapete.
Spaziava tra generi, insomma.
Ma esiste anche un fattore di quotidianità.
La quotidianità di trarre risorse dal lavoro.
Svilisce l'intento, ciò?
Con Ugo, no.
C'è da fare un servizio sulle nuove tecniche adottate dagli sciatori?
Ugo lo fa.
Da par suo, lo fa.
Perché oltre al gesto vi è la composizione.
Oltre la documentazione, la grafia velatamente astratta.
Se Ugo era l'epitome del rapporto tra arti, la faccenda si snodava anche nel rapporto tra arte e funzione.
La summentovata fotografia è tratta dal periodico Le Vie d'Italia, prodromo del Qui Touring.
Articoli "funzionali", ma capitava pure fossero firmati da Sciascia e Moravia.
C'era fermento, allora.
Qualità, profondità.
Già, profondità.
E' figlia di una visione, la profondità.
Fare anche cose ordinarie, senza epperò mai abdicare all'intenzione di linguaggio.
Sorvegliarsi, scavare.
Già, scavare.
Letteralmente, dalle macerie, rimosso l'ultimo frammento.
Ma la cosa s'attaglia più a metafora.
Perché vi era un interrogarsi oggidì afflievolitosi.
Ed allora l'eclettismo era sete, non acritica pronità all'esistente.
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Claudio Trezzani
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L’ex assessore regionale Nieddu lascia la Lega
Cagliari. Mario Nieddu, ex assessore della Sanità nella Giunta Solinas, si è dimesso dalla Lega. «Salvini ha tradito per prima la promessa di un nuovo modo di fare politica, che è stata invece appaltata in maniera del tutto prona ed acritica al presidente Solinas e al Psd’Az», scrive Nieddu in una missiva inviata al segretario nazionale Matteo Salvini. «In Sardegna sono state fatte delle scelte…
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