#abbiamo sentito anche l'affetto di chi non c'era
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In questi giorni ho fatto un sacco di cose, come sempre meno di quelle che avrei voluto - e a volte dovuto - ma effettivamente più di quelle che di solito riesco a fare nel mio quotidiano. Mi ha aiutato il fatto che tutti i posti in cui dovevo andare erano a distanza di camminata: lavoro, fisioterapista, parrucchiere, ristorante, pasticceria, fioraio, negozio del tè per le bomboniere, negozi di vestiti per completare l'abito e oreficeria, tutti nel raggio di 1 km da casa praticamente. Ho frequentato più negozi nell'ultimo mese che in tutto l'anno passato, mi sa. Mi mancavano i biglietti per i confetti, ma ho risolto col fai da te ^_^
Le scadenze mi mettono sempre ansia, ma aiutano anche un po' a contenere le mie tendenze procrastinatrici. In realtà sono stata molto tentata di rimandare anche questo appuntamento, perché dopo tanti anni aspettare qualche settimana in più non sarebbe stato un dramma, ma alla fine abbiamo conservato la data e in qualche modo ci siamo arrivati. Poteva andare meglio? Al meglio e al peggio non c'è mai fine, penso, il segreto sta nell'essere felici di quello che è senza pensare troppo a quello che potrebbe o avrebbe potuto essere. Ed è stata una bellissima giornata, quindi bene così ^_^
Ora che siamo nel "dopo" possiamo provare a riprendere il nostro ritmo e passare ai prossimi piccoli e grandi progetti, che in questi mesi hanno dovuto lasciare la precedenza a questo (che ben se la meritava!) e a qualche imprevisto meno gradito che fino all'ultimo ci ha tenuto sulle spine. Nella buona e nella cattiva sorte siamo andati avanti comunque, ed è stata in effetti l'ennesima conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno: ormai lo so, talvolta si naviga a vista, ma l'importante è stare insieme.
Ora la cosa più urgente, tra un bucato e l'altro dei millemila che abbiamo accumulato, è capire se il bouquet è meglio lasciarlo legato oppure no: le rose più o meno so come si comportano, ma gli altri sono fiori di alstroemeria (che non avevo mai sentito, ma che per puro caso erano uguali a quelli del vestito della mia testimone, quindi proprio perfetti ♡) e non ho idea di quanto possano resistere da recisi. Per ora comunque sono tutti bellissimi *_*
#in questi giorni#love is#cose mie#quanta fatica per una firma u_u#però vabbè#è stato molto bello dedicarci la giornata insieme a chi ci vuole bene#abbiamo sentito anche l'affetto di chi non c'era#la spatola nella torta non faceva parte della decorazione ma la copertura era così densa che è rimasta incastrata tipo spada nella roccia XD#avevo paura a tirarla fuori e quindi l'ho lasciata così e ci hanno pensato quelli del ristorante ^_^
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The one where Ermal surprises Fabrizio
(in attesa della storiella natalizia, vi lascio questa roba per ammazzare il tempo)
Vederlo arrivare in quel locale, dove stava passando una serata con i suoi figli e i suoi amici, era stata una sorpresa.
Si erano sentiti un paio d'ore prima, quando l'evento a cui aveva partecipato Ermal ad Arezzo era finito.
Avevano chiacchierato per qualche minuto e Fabrizio gli aveva detto che aveva portato i bambini in quel locale dove facevano gli arrosticini, lo stesso in cui aveva portato proprio Ermal l'ultima volta che era stato a Roma. Ed Ermal non aveva detto niente al riguardo, ma aveva inventato una scusa con Paolo - scusa alla quale ovviamente l'altro non aveva creduto - e si era messo al volante.
Poco più di due ore dopo era in quel locale, appoggiato al muro mentre guardava Fabrizio scherzare con i suoi figli.
Quando il più grande si era accorto della sua presenza, si era alzato e l'aveva raggiunto buttandosi letteralmente tra le sue braccia.
"Tu sei completamente pazzo" disse Fabrizio pochi attimi dopo, mentre Ermal si sedeva al suo stesso tavolo.
Ermal sorrise. Sì, forse era impazzito sul serio. Non aveva mai fatto un gesto simile per nessuno in vita sua.
Ma era stato più forte di lui. Quando si era reso conto che Roma non era poi così lontana, non ci aveva pensato due volte. Era semplicemente andato da Paolo con una scusa inventata su due piedi - scusa poco credibile che comprendeva un amico immaginario con un guasto alla macchina che aveva assolutamente bisogno di aiuto - e poi si era messo in viaggio.
"Non che io sia dispiaciuto di vederti, anzi! Però non me lo aspettavo" aggiunse Fabrizio.
"Sapevi che ero in zona e quando sono abbastanza vicino cerco sempre di passare a salutarti."
"Arezzo non è in zona. Sta a più di due ore da qua" rispose Fabrizio.
"Guarda che se vuoi me ne vado, eh!" scherzò Ermal.
Fabrizio sorrise e gli circondò le spalle con un braccio. "Non ci provare."
Avevano messo piede in casa di Fabrizio che ormai erano quasi le 2 di notte.
Giada non era stata particolarmente felice quando Fabrizio le aveva riportato i bambini così tardi, ma aveva lasciato correre. Ermal si era sentito in colpa per un attimo - consapevole che fosse anche a causa sua se Libero e Anita avevano insistito tanto per fermarsi con il padre più del solito - ma il senso di colpa era sparito quando Giada si era avvicinata per salutarlo e aveva detto: "Non faccio storie solo perché ci sei tu."
Ad Ermal, stava simpatica Giada.
Non aveva avuto molte occasioni di vederla, ma in quei pochi attimi passati insieme aveva capito come mai Fabrizio si fosse innamorato di lei tanti anni prima. Era solare, sempre con il sorriso sulle labbra e la voglia di chiacchierare, ma senza mai essere invadente.
E poi, sembrava che anche Ermal fosse simpatico a Giada, il che non guastava.
Anzi, Ermal aveva notato più di una volta che Giada sembrava volerlo spingere a tutti i costi tra le braccia di Fabrizio. Non che Ermal fosse contrario - anzi, era una di quelle cose che avrebbe voluto così tanto da avere voglia di cavarsi il cuore dal petto pur di non desiderarlo più - ma il rapporto con Fabrizio era già abbastanza complicato senza che la sua ex si mettesse in mezzo.
Quella sera, mentre Fabrizio metteva a letto i bambini, Giada si era avvicinata a lui e con un sorrisetto stampato in faccia aveva sussurrato: "Dormi da Fabrizio?"
Ermal aveva annuito e Giada aveva aggiunto: "Allora meno male che i bambini stanno qui. Almeno non sarete disturbati."
Ermal era rimasto in silenzio, non sapendo come reagire, e aveva cercato di rimuovere l'idea di lui e Fabrizio insieme dalla sua mente. Ovviamente senza successo, perché appena entrati nell'appartamento di Fabrizio quel pensiero era di nuovo lì, pronto a tormentarlo.
"Sei stanco?"
Ermal si voltò verso Fabrizio scuotendo la testa. "In realtà, no."
Il sorriso che comparve sulle labbra di Fabrizio illuminò immediatamente tutta la stanza ed Ermal si chiese come avrebbe fatto a rimanere impassibile di fronte a lui, come avrebbe fatto a comportarsi come se fosse tutto normale quando l'unica cosa che avrebbe voluto fare era baciarlo fino a togliergli il fiato.
Non sapeva di preciso quando fossero cambiate le cose tra loro.
Il fatto era che il loro rapporto non aveva mai avuto dei confini ben definiti. Era sempre stato uno di quei rapporti in cui, man mano che prendi confidenza, ti prendi delle libertà che prima non ti saresti mai sognato e, soprattutto, l'altra persona te le concede quelle libertà.
A loro era successo così. Prima c'erano state le pacche amichevoli sulle spalle, poi gli abbracci, poi i baci sulle guance... Era stato un crescendo di gesti e di atteggiamenti sempre più liberi l'uno verso l'altro. Comportamenti che, solo a distanza di tempo, Ermal aveva capito essere frutto di qualcosa che - almeno da parte sua - andava oltre l'amicizia e l'affetto fraterno.
A Fabrizio questa cosa però non l'aveva mai detta. In parte perché ci aveva messo mesi per accettare quel nuovo lato di sé stesso, figurarsi parlarne con qualcun altro. E in parte perché sapeva che Fabrizio era estremamente espansivo con tutti e temeva che, di fronte a un suo discorso su come i loro comportamenti gli sembrassero tutt'altro che amichevoli, gli avrebbe risposto che per lui invece c'era solo una profonda amicizia.
E così, anche in quel momento, si costrinse a non dire nulla e a seguire semplicemente Fabrizio in salotto, accasciandosi sul divano e costringendosi a guardarlo come se non fossero altro che amici.
"Sono contento che tu sia qui" disse Fabrizio voltandosi verso Ermal, con il gomito appoggiato allo schienale del divano e la mano che gli reggeva la testa.
Ermal si voltò verso di lui mettendosi nella stessa posizione e disse: "Anch'io sono contento di essere qui."
Erano talmente vicini che Ermal riusciva a vedere tutte le lentiggini sparse sul volto di Fabrizio.
"I bambini erano felici di vederti."
Ermal sorrise nascondendo una leggera delusione perché, per quanto fosse felice di vedere Libero e Anita, il vero motivo per cui era andato fino a Roma era Fabrizio.
"E anch'io" aggiunse Fabrizio pochi secondi dopo.
Il sorriso di Ermal si allargò. "Meno male. Sarebbe stato imbarazzante se fossi venuto fino a Roma e poi tu mi avessi detto che non volevi vedermi."
"Come se fosse possibile. Se dipendesse da me, ti vorrei vedere ogni giorno" rispose Fabrizio.
"Ti stancheresti."
"Di te? No, non credo sia possibile."
Ermal abbassò lo sguardo per impedire che Fabrizio vedesse il rossore sulle guance.
Quando risollevò il viso, si sorprese di vedere che Fabrizio si era avvicinato leggermente. Non di molto - forse giusto un paio di centimetri - ma quel tanto che bastava a far capire a Ermal che Fabrizio era più vicino. Forse troppo vicino.
Lo sguardo di Ermal si spostò sulle labbra di Fabrizio, poi di nuovo verso i suoi occhi.
Con Fabrizio così vicino non riusciva nemmeno a pensare, figurarsi se sarebbe stato in grado di controllarsi. Fabrizio, da parte sua, non sembrava intenzionato a spostarsi.
Anzi, seguì lo sguardo di Ermal e disse: "Mi stai fissando le labbra."
Ermal cercò di non pensare ai brividi che il respiro di Fabrizio, che si infrangeva sulle sue labbra, aveva appena causato e rispose: "È stato solo un riflesso. Ti sei avvicinato e mi è caduto lo sguardo."
La mano che fino a quel momento aveva sostenuto la testa di Fabrizio, si spostò tra i capelli di Ermal accarezzandogli la testa dolcemente.
"Niente tra noi è solo un riflesso. Lo sappiamo entrambi, ma abbiamo troppa paura di ammetterlo" disse Fabrizio, con la mano ancora immersa tra i capelli di Ermal.
"Paura di ammettere cosa?" sussurrò Ermal.
Se davvero Fabrizio provava le stesse cose - come sembrava dai suoi gesti - Ermal voleva che fosse lui a esporsi per primo. Perché se si fosse esposto lui e poi avesse solo frainteso le cose, sapeva che non sarebbe stato in grado di mantenere con Fabrizio quel rapporto di amicizia e affetto reciproco che c'era sempre stato alla base di tutto.
"Che entrambi abbiamo superato la fase dell'amicizia da un pezzo, ormai" rispose Fabrizio.
Ermal puntò di nuovo lo sguardo sulla bocca di Fabrizio mentre parlava e, inconsciamente, si leccò le labbra.
Sentì la mano di Fabrizio sulla sua nuca farsi più salda e avvicinarlo leggermente a lui, mentre diceva: "Se non mi baci tu, lo faccio io."
Un attimo dopo, le loro labbra erano premute insieme.
Ermal non avrebbe saputo dire chi avesse baciato chi. Forse semplicemente si erano incontrati a metà strada, senza lasciare all'altro il compito di fare da solo quel passo che avrebbe cambiato tutto.
La mano di Fabrizio, che fino a quel momento era rimasta sulla nuca di Ermal, si spostò scivolando lentamente sul collo e fermandosi sul suo petto. Fabrizio riuscì a sentire il cuore di Ermal battere talmente forte che si separò da lui per chiedergli se stesse bene.
Ermal annuì velocemente prima di baciarlo di nuovo, ormai totalmente dipendente dalle sue labbra.
Non riusciva nemmeno a ricordare quale fosse stata l'ultima occasione in cui si era sentito così, l'ultima volta in cui aveva avuto i brividi per un bacio. Forse, a pensarci bene, non gli era mai successo. Forse Fabrizio era la prima persona in grado di fargli provare quelle cose.
Sospirò contro le sue labbra, mentre le mani di Fabrizio scorrevano veloci verso l'orlo della sua maglietta e si infilavano sotto il tessuto, tracciando distrattamente il contorno dei suoi fianchi.
Ermal si sentiva bruciare sotto le sue mani. Sentiva il bisogno di averlo più vicino, di sentire i suoi sospiri e di soffocare i suoi gemiti con un bacio.
Non era più solo un desiderio, ma una necessità che si faceva sempre più impellente.
Fabrizio sembrava essere della stessa idea perché quando Ermal - pochi attimi e parecchi sospiri dopo - gli sbottonò i jeans, non solo lo lasciò fare ma lo aiutò a sfilarli rapidamente.
Avere Ermal lì con lui, in quel modo, era qualcosa a cui Fabrizio aveva pensato per tanto tempo. Troppo tempo.
L'unico motivo per cui quei pensieri non erano mai diventati azioni, era che Fabrizio aveva imparato a conoscere Ermal e aveva visto la paura nei suoi occhi ogni volta che tra loro c'era qualche gesto più ambiguo del solito. Leggeva nel suo sguardo la paura di dover affrontare un sentimento troppo grande, di dover affrontare le persone che gli stavano intorno, di dover affrontare sé stesso. E Fabrizio voleva che Ermal accanto a lui provasse un sacco di cose, ma non la paura. Quella mai, per nessun motivo.
Così aveva imparato ad accontentarsi, a farsi bastare ciò che avevano e a trattenersi anche quando gli sembrava di scorgere negli occhi di Ermal la stessa luce che c'era nei suoi.
Ma quella sera - con Ermal che l'aveva sorpreso arrivando a Roma senza avvisare e che aveva posato lo sguardo sulle sue labbra più volte da quando erano rimasti soli - era diventato impossibile accontentarsi.
Voleva Ermal, lo voleva davvero e in ogni modo possibile. Voleva ogni cosa di lui. Il suo cuore, la sua anima e sì, anche il suo corpo. E ora che Ermal aveva chiarito che anche lui voleva le stesse cose, non aveva intenzione di fermarsi.
Si spogliò rapidamente dei pochi vestiti rimasti, mentre Ermal accanto a lui faceva la stessa cosa. Poi riprese a baciarlo, trascinandoselo addosso mentre si sdraiava sul divano.
"Forse dovremmo andare in camera" disse Ermal, riprendendo fiato tra un bacio e l'altro.
"Tranquillo, non arriverà nessuno" mormorò Fabrizio.
"Sicuro?"
Fabrizio sollevò leggermente il bacino e disse: "In queste condizioni non penso di arrivare fino alla camera."
Ermal arrossì vistosamente, mentre nascondeva il viso nell'incavo del collo di Fabrizio.
Sentì Fabrizio rabbrividire sotto di lui e dire: "Il tuo respiro sul mio collo non aiuta."
Ermal sorrise compiaciuto.
Sapere di provocare quelle reazioni a Fabrizio, lo faceva sentire estremamente sicuro di sé anche se si trovava di fronte a qualcosa di nuovo. Non solo perché era la prima volta che provava qualcosa di così forte per un uomo, ma perché era in assoluto la prima volta che si sentiva in quel modo.
Certo, in passato era stato innamorato altre volte, ma con Fabrizio era tutto diverso. Con Fabrizio, si sentiva di nuovo un ragazzino alle prese con la prima cotta.
C'era la voglia di scoprirsi, di fondersi insieme, di fare l'amore per tutta la notte. Ma non era solo qualcosa che Ermal voleva. Era qualcosa di cui aveva bisogno, qualcosa di cui non poteva fare a meno.
Quella notte, facendo l'amore con Fabrizio per la prima volta - e poi anche per la seconda, poco dopo in camera da letto -, Ermal si rese conto che per tutta la vita si era sempre sentito fuori posto con ogni persona con cui era stato, anche con Silvia. Anche se per nove anni era stato convinto che lei fosse la sua anima gemella, c'era sempre stata quella sensazione che sembrava volergli comunicare che qualcosa non andava.
Ma con Fabrizio, quella sensazione se n'era andata.
Tra le sue braccia - prima stretti su un divano troppo piccolo per entrambi, poi abbracciati per non sentirsi distanti in un letto che sembrava troppo grande - Ermal si era sentito finalmente bene. Davvero bene.
Aveva sentito finalmente tutte quelle sensazioni di cui aveva sempre solo sentito parlare nei film e che mai avrebbe pensato di trovare in una persona come Fabrizio.
Sospirò mentre sentiva le dita di Fabrizio scorrere sulla sua schiena e poi risalire fino all'attaccatura dei capelli.
"Mi è sempre piaciuta questa cosa" disse Fabrizio sdraiato su un fianco, con un braccio sotto il cuscino e l'altra mano che continuava a scorrere sulla pelle di Ermal.
"Cosa?" chiese il più piccolo. Aveva gli occhi chiusi e la voce leggermente assonnata, ma il suo cervello era ancora vigile e dubitava che si sarebbe addormentato dopo quello che era successo quella notte. Era troppo felice per dormire.
"Il fatto che eviti il contatto fisico con tutti ma non con me. Mi fa sentire speciale" disse Fabrizio.
"Lo sei, Bizio. Lo sei sempre stato."
Fabrizio sorrise mentre si avvicinava a lui e gli lasciava un bacio sulle labbra.
Se solo un anno prima gli avessero detto che si sarebbe innamorato di Ermal, probabilmente non ci avrebbe creduto. E invece ora se ne stava lì, nel suo letto, ad accarezzare la schiena di Ermal e a sentirsi dire che per lui era sempre stato speciale.
Ma forse non era lui a essere speciale. Era il loro rapporto, ciò che li legava a essere speciale.
Era qualcosa che Fabrizio non aveva mai provato e che non aveva nessuna intenzione di provare con nessuno, se non con Ermal.
"A cosa stai pensando?" chiese Ermal, con gli occhi aperti ma visibilmente stanco.
Fabrizio sorrise e lo abbracciò, stringendolo a sé. "Niente. Sono solo contento che tu sia qui."
In realtà, stava pensando a un sacco di cose, ognuna delle quali aveva in comune una cosa: Ermal.
Pensava a quanto sarebbe stato bello dormire con lui ogni notte, svegliarsi accanto a lui ogni mattina. A quanto sarebbe stato bello suonare insieme durante una giornata di pioggia, mentre fuori scendeva il diluvio e loro erano nel salotto di Fabrizio a preoccuparsi solo delle loro chitarre.
A quanto sarebbe stato bello vedere Ermal ridere e scherzare con i suoi figli, come era successo la sera prima. E poi a quanto sarebbe stato bello dargli un bacio ogni volta che ne aveva voglia e trascinarlo in camera a fare l'amore nel bel mezzo di una discussione, solo per fare pace.
Sarebbe stato bello, ma in quel momento Fabrizio sapeva di doversi accontentare. Si sarebbe fatto bastare quella notte e avrebbe aspettato il giorno in cui le cose sarebbero andate per il verso giusto, perché - ne era certo - quel giorno sarebbe arrivato.
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Perché hai scelto questo nome del tuo blog?
Il nome di questo blog è stato scelto in una giornata d'Agosto di 4 anni fa, quindi avevo 16 anni. Era un periodo molto particolare della mia vita perché tutte quelle che credevo fossero certezze, si sono volatilizzate nel nulla, a partire da quello che era il mio migliore amico. A 16 anni si è ancora relativamente piccoli e non si ha la giusta maturità e forza per affrontare una perdita che per me è stata lancinante. Ritrovarmi dall'oggi al domani senza una persona con la quale confidarmi, la quale mi faceva sorridere o trovava il modo per riuscirci sempre, che c'era sempre anche alle 2 di notte o che riusciva a calmare le mie paranoie non è una cosa facile da accettare, soprattutto i primi tempi. Avevo perso un mio valido punto di riferimento. In realtà ancora adesso mi è vaga l'idea del perché ci siamo persi. Forse l'affetto non era stato abbastanza, forse abbiamo cominciato ad intraprendere strade diverse, forse è mancata la voglia e il tempo. Sono stato giornate intere a rileggere le nostre vecchie conversazioni, e ogni qualvolta arrivava un messaggio, sai uno di quelli che ti fa rimanere a bocca aperta, mi chiedevo se fosse tutto stato vero oppure era stato un gioco, una montatura. Come quando lo spettacolo finisce e il sipario si chiude. Io mi sono sentito come quel personaggio che è rimasto al centro del palco, credendo che fosse tutta quanta una burla. È stato difficile alzarsi senza i suoi “buongiorno”, senza le sue foto buffe, senza i suoi incoraggiamenti, senza le sue note vocali, senza la sua voce che mi diceva di “volermi bene”. È stato tremendamente difficile ricominciare da capo, senza la tua persona accanto. Dopo un po’ di mesi la mancanza si è attutita perché concentravo tutte le mie forze nello studio e in altro. A volte il pensiero mi uccideva, i ricordi riaffioravano e mi sentivo inerme.Ora andiamo alla stessa università, ho avuto modo di incontrarlo 3 volte e, in cuor mio, c'era ancora una piccola speranza che si potesse girare e salutarmi, oppure che mi sorridesse quando i nostri sguardi si sarebbero incrociati. Ma questa non è una storia a lieto fine, miei cari. I nostri sguardi si sono incrociati per mezzo secondo, dopodiché il nulla. Lui serioso con i lineamenti del viso marcati e con gli occhi di chi non riconosceva più chi aveva davanti.
Da qui nasce iricordiciuccidono. Perché i ricordi, oltre che essere una parte fondamentale (bella o brutta) della nostra vita, ci hanno resi quelli che siamo oggi. E alcuni di essi, se ci si pensa troppo a lungo, ti fanno anche mancare il respiro. Ma noi dobbiamo essere in grado di padroneggiarli e vincerli.
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