#Villiers sur Marne
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retrogeographie · 3 months ago
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Villiers-sur-Marne, quartier des Morvrains.
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walker-diaries · 30 days ago
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postcard-from-the-past · 3 months ago
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Street scene in Villiers-sur-Marne, eastern suburbs of Paris
French vintage postcard
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carmenvicinanza · 2 months ago
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GisĂšle Pelicot
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La honte doit changer de camp
GisĂšle Pelicot, nominata tra le 100 donne piĂč influenti e d’ispirazione del 2024 dalla BBC e tra le 25 piĂč importanti secondo il Financial Times, Ăš salita alle cronache mondiali per essere stata la protagonista del famoso caso denominato lo stupro di massa di Mazan che ha visto un maxi processo shock a 51 uomini, culminato il 19 dicembre 2024 con la loro condanna.
Dal settembre 2024 il suo volto e la sua storia sono rimbalzati alle cronache mondiali per la mostruosa vicenda che Ăš stata costretta a vivere.
Per dieci anni Ú stata drogata e violentata di nascosto dal marito, Dominique Pelicot, che invitava uomini contattati su Internet a abusarla mentre era priva di sensi.
Individui tra i 26 e i 70 anni, rappresentativi di tutti gli strati della società, dal giornalista al pompiere, dal falegname al militare. Una realtà così variegata che i giornali francesi hanno usato l’espressione di Monsieur tout le monde, persone qualunque, padri di famiglia, colleghi di lavoro, vicini di casa.
A testa alta e senza vergogna, ha voluto che il processo si svolgesse a porte aperte, nonostante la legge francese le consentisse l’anonimato e il suo caso ù diventato un potente simbolo della lotta alla violenza maschile sulle donne.
Ha ribaltato la narrazione che vuole che a provare vergogna debbano essere le persone abusate.
Nata il 7 dicembre 1952 a Villingen, nella Germania sud-occidentale, figlia di un soldato francese che vi si era trasferito per lavoro, Ú tornata in Francia quando aveva cinque anni e ha perso la madre quando ne aveva nove.
Nell’aprile del 1973 ha sposato Dominique Pelicot con cui si era stabilita nella periferia di Parigi, a Villiers-sur-Marne. Hanno avuto due figli e una figlia, David, Caroline e Florian. Credeva di aver condotto una vita normale, con gli alti e bassi di qualsiasi coppia.
Ha lavorato nell’amministrazione per la compagnia elettrica statale, il marito ha svolto diversi lavori e si ù imbarcato in varie imprese fallimentari, tanto che, nel 2001, si erano separati per motivi finanziari per poi risposarsi nel 2007. Dopo la pensione, nel 2013, si sono trasferiti a Mazan, nel sud-est della Francia.
È stata una madre, una nonna, una signora medio borghese di periferia fino a quando, nel 2020 ù stata convocata in caserma per un reato del coniuge di cui ignorava l’esistenza. Lì ha scoperto di essere stata vittima di ripetute violenze sessuali perpetuate dal luglio 2011 all’ottobre 2020 per opera di molti uomini reclutati dal marito, che li aveva contattati tramite un sito internet attraverso una chat dal titolo a sua insaputa e invitati a fare sesso con lei che versava in stato di incoscienza.
L’ex marito, già segnalato all’autorità per un precedente episodio di molestie, era stato fermato dalla polizia mentre registrava con una telecamera nascosta le parti intime di due giovani in un supermercato. Durante una perquisizione, nei suoi hard disk sono state trovate 3800 foto e video girati durante gli stupri della moglie che hanno consentito di  ricostruirne 91 compiuti da 72 uomini diversi di cui solo 50 sono stati identificati. 
Le sue certezze sono improvvisamente crollate. Lo ha denunciato e chiesto subito il divorzio. Non lo ha piĂč rivisto fino al giorno della prima udienza in tribunale, il 2 settembre 2024.
Durante il processo Ăš emerso che l’uomo aveva l’abitudine di portare alla moglie il suo gelato preferito prima di andare a dormire, un gesto che lei reputava di grande gentilezza, ma in quel gelato lui scioglieva potenti dosi di sonnifero. Gli uomini, su istruzione dell’orco, parcheggiavano distante dalla loro casa e entravano da un ingresso posteriore, per abusare di lei mentre era incosciente. Lei non ricordava nulla, da anni, perĂČ, soffriva di amnesie, forti giramenti di testa e di infezioni intime inspiegabili. Aveva addirittura pensato che potesse essere malata di Alzheimer o avere un tumore al cervello.
Ha dovuto rispondere alle domande dei giudici e affrontare le accuse degli avvocati della difesa, molti dei quali hanno insinuato che lei non fosse stordita come affermava, ma fosse cosciente e addirittura “provocasse” gli uomini convocati dal marito, che filmava le violenze. Ma questi, ha piĂč volte confermato che tutti gli uomini fossero stati informati del suo stato d’incoscienza.
Successivamente, anche la figlia, Caroline Darian (che ha chiesto di non essere piĂč chiamata col cognome del padre), si Ăš riconosciuta in alcune immagini mostrate durante il processo. Da quando la vicenda che ha coinvolto la madre Ăš diventata di dominio pubblico, si Ăš spesa in prima persona per chiedere una legge contro la sedazione chimica e la sedazione alcolica che le pene vengano inasprite e che il governo faccia di piĂč sul fronte della prevenzione.
Il processo ha portato alla luce il fatto che esiste un sommerso di abusi che vengono taciuti perché le vittime non hanno la forza e il coraggio di affrontare le conseguenze di un processo, oppure perché questi abusi avvengono da parte di uomini apparentemente insospettabili.
Per questo motivo Gisùle Pelicot ha dichiarato di voler essere d’esempio per tutte quelle donne che non hanno la forza di affrontare i propri aguzzini: “Voglio che le donne pensino che se ce l’ho fatta io, possono farcela anche loro”.
Si Ú esposta in prima persona perché non ha nulla di cui vergognarsi,
sono gli uomini che l’hanno abusata a doverlo fare. La vergogna, ha detto, deve cambiare lato.
«Molte donne non hanno le prove. Io le ho, non testimonio per me stessa ma per tutte le vittime di sottomissione chimica. Spero che il giorno in cui una donna si sveglierà al mattino senza ricordare cosa ha fatto il giorno prima penserà alla mia testimonianza».
Fra i 50 imputati di violenza sessuale, solo una quindicina ha espresso frasi di scuse nei confronti della donna. 
Il 19 dicembre 2024 il processo si ù concluso con la condanna a 20 anni, il massimo della pena, per Dominique Pelicot, dichiarato colpevole degli stupri aggravati contro l’ex moglie insieme ai 50 co-imputati, gran parte dei quali sono stati ritenuti colpevoli di stupro aggravato in riunione e somministrazione di droghe e condannati a pene che vanno dagli 8 ai 15 anni.
Sola, al termine del dibattito, questa donna diventata un simbolo di dignità e coraggio, si ù alzata per uscire dall’aula ricevendo il prolungato applauso del pubblico presente e della grande folla riunita per strada.
Gisele Pelicot ù diventata un’icona femminista, il suo volto ù rimbalzato sui social in tutto il mondo, la sua frase ha ispirato podcast e proteste.
Non ha voluto girarsi dall’altra parte e tacere per “vergogna”, ma denunciare, per tutelare chi verrà dopo e le donne che non ne hanno la forza. Ha chiesto pubblicità totale, fino alla fine, copertura mediatica integrale anche dei video in cui veniva violentata. Posizione condivisa dai tre figli che sono stati parte civile.
Alla fine dello spossante processo, ha dichiarato: “È stata una prova molto dura. Penso ai miei tre figli, ai miei nipotini perchĂ© loro sono il futuro ed Ăš per loro che ho condotto questa lotta. Ho fiducia nella nostra capacitĂ  di cogliere collettivamente un futuro in cui ognuno, donne e uomini, possano vivere in armonia, nel mutuo rispetto e nella comprensione. Penso alle vittime di stupro, non riconosciute, le cui storie restano spesso nell’ombra. Voglio che sappiate che condividiamo la stessa lotta”.
Il volto fiero di questa donna che ha segnato un punto di non ritorno nel trattare la violenza contro le donne rimbalza sui giornali di tutto il mondo ed Ăš di grande ispirazione per tante che, grazie al suo esempio troveranno il coraggio di denunciare.
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actu-juridique · 3 months ago
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ProcĂšs de Pierre Palmade : « L’enfer » de la drogue face au « cauchemar » des victimes
https://justifiable.fr/?p=625 https://justifiable.fr/?p=625 #cauchemar #des #drogue #face #Lenfer #Palmade #Pierre #ProcĂšs #victimes Pierre Palmade a Ă©tĂ© condamnĂ©, mercredi Ă  Melun, Ă  cinq ans de prison, dont deux ferme, pour le terrible accident de la route qu’il a causĂ© le 10 fĂ©vrier 2023 Ă  Villiers-en-BiĂšre (Seine-et-Marne). L’humoriste a encaissĂ© la sanction comme il a vĂ©cu les huit heures d’audience : le regard fixe et perdu, presque affolĂ©, le teint terreux. Auparavant, il avait plusieurs fois demandĂ© pardon aux victimes. Pierre Palmade et ses avocats, au tribunal de Melun mercredi 20 novembre. (Photo : © I. Horlans) Il est 20h33 lorsque le prĂ©sident du tribunal correctionnel de Melun, Pascal Couvignou, rend le jugement aprĂšs 90 minutes de dĂ©libĂ©rĂ©. Le prĂ©venu, Pierre Palmade, 56 ans, se maintient Ă  la barre. Il est dĂ©clarĂ© coupable des « blessures involontaires aggravĂ©es » infligĂ©es Ă  Yuksel, Ă  son petit garçon Devrim, Ă  sa belle-sƓur Mila, Ă  l’octogĂ©naire Michel qui, ce 10 fĂ©vrier 2023, n’a pas eu le temps de freiner pour Ă©viter les deux voitures disloquĂ©es dans un effroyable « choc frontal » (notre article du 18 novembre ici). Le comĂ©dien, plus exactement l’ombre de l’artiste qu’il fut, s’attendait Ă  la dĂ©claration de culpabilitĂ© – il reconnaĂźt sa responsabilitĂ© depuis l’accident. Pas Ă  la peine : cinq ans de prison, trois avec sursis probatoire d’une mĂȘme durĂ©e. Deux ans ferme, donc, avec un mandat de dĂ©pĂŽt Ă  effet diffĂ©rĂ© et une exĂ©cution provisoire. Qu’il interjette appel ou pas, il va ĂȘtre convoquĂ© incessamment par le parquet de Bordeaux, oĂč il rĂ©side. Avec la procureure Porterie, il fixera la date et le lieu d’incarcĂ©ration en Gironde pour purger la sanction. En l’état, elle n’est pas amĂ©nageable. Par la suite, peut-ĂȘtre. « Je suis responsable de la mort de cette enfant »  Pierre Palmade, un pan de sa chemise blanche dĂ©passant de sa veste noire, est sonnĂ©. À l’évidence, il n’était pas prĂ©parĂ© Ă  ce coup de massue bien que la sentence, assortie d’obligations de soins, d’indemnisation et de travail, soit conforme aux rĂ©quisitions de Marie-Denise Pichonnier, la procureure adjointe de Melun. Les infractions routiĂšres, y compris mortelles, sont trĂšs exceptionnellement suivies d’un placement en dĂ©tention. À petits pas mal assurĂ©s, il rejoint ses avocats, pose ses poings sur le pupitre. CourbĂ©, il leur parle quelques minutes. Puis, il s’en va par la porte dĂ©robĂ©e empruntĂ©e en matinĂ©e. Il fuit la forĂȘt de cameramen, photographes et mĂ©dias honnis qui l’ont traquĂ© jusqu’à l’hĂŽpital. Il a acceptĂ© une prise de vues afin d’en finir, Ă©galement pour montrer son nouveau visage, sans barbe de trois jours ni traits dĂ©vastĂ©s. La famille kurde qu’il a anĂ©antie a aussi subi le harcĂšlement mĂ©diatique – la critique a Ă©tĂ© acerbe au cours de l’audience, qui a durĂ© huit heures. DĂ©lai inhabituel qui tient Ă  la personnalitĂ© de l’auteur, Ă  l’émoi qu’il a suscitĂ©. Les dĂ©bats se sont ouverts sur un point de droit dĂ©veloppĂ© par Me Mourad Battikh, avocat des parties civiles. Un sujet sensible : le statut juridique du fƓtus, de cette enfant « indiscutablement viable », selon les experts, morte Ă  cause du « traumatisme abdominal » de Mila, qui la portait depuis prĂšs de sept mois. Pour Ă©tayer son propos Ă  l’encontre de « cette jurisprudence absurde », « une doctrine poussiĂ©reuse » de la Cour de cassation, qui date de 2001, il s’appuie sur les dĂ©clarations de Pierre Palmade : « Il a dit : “Le mot qui me vient Ă  l’esprit est meurtrier. Je suis responsable de la mort de l’enfant”. » Il estime que « le droit protĂšge mieux les animaux », y compris « les Ɠufs des espĂšces protĂ©gĂ©es d’oiseaux » que « l’enfant Ă  naĂźtre ». Le prĂ©sident demande Ă  Pierre Palmade s’il est d’accord pour que le chef d’homicide involontaire soit rĂ©introduit. « Non », rĂ©pond-il. Il expliquera en fin de journĂ©e que c’est « une question juridique » et « que ça ne change rien : j’aurai toute ma vie sur la conscience ce bĂ©bĂ© mort ». Dans son rĂ©quisitoire, la procureure incitera le lĂ©gislateur Ă  se saisir d’un Ă©ventuel revirement de jurisprudence. « Il a tuĂ© ma fille. Elle est partie seule  » Mila, 27 ans Ă  l’époque de la collision, dit sa dĂ©tresse Ă  la barre. Menue, en tailleur pantalon noir, elle raconte « l’aprĂšs ». La cĂ©sarienne en urgence, le bĂ©bĂ©, « ce miracle » tant attendu qui n’a pas survĂ©cu : « Il a tuĂ© ma fille. Je l’ai vue. J’ai comptĂ© ses doigts. Elle m’a montrĂ© ses yeux. Et elle est partie seule  » Mila, autrefois assistante auprĂšs de jeunes handicapĂ©s, Ă©voque ses sĂ©quelles, ses « cauchemars » : « Je ne regarde plus mon ventre. » Elle pleure. PrĂ©cise que son conjoint est absent « car il ne pardonne pas. » Confie sa difficultĂ© Ă  s’attacher Ă  la petite fille qu’elle a mise au monde il y a deux mois. À l’allaiter, Ă  la prendre dans ses bras. « Un autre miracle, non ? », tente le prĂ©sident. Mila pleure. Avant elle, Yuksel s’est levĂ© douloureusement, bras gauche en Ă©charpe et bĂ©quille Ă  droite : 171 jours d’ITT, des opĂ©rations, « au dĂ©but chaque jour » quand il Ă©tait « moribond ». Il travaillait dans le bĂątiment et, forcĂ©ment, il n’y a plus d’avenir. « Je ne peux mĂȘme plus porter mon fils. » Il tĂ©moigne assis. Pierre Palmade, statue de cire blanche, le regarde, mains jointes. Pas un mouvement. Pas un battement de cils. Le fils de Yuksel n’est pas lĂ . C’est un petit garçon de 8 ans « qui est dans le coin de la classe, le coin de la cour de rĂ©crĂ©ation, le coin du salon quand viennent les invitĂ©s, indique Me Battikh. Ses cicatrices sont visibles et sa bouche, dĂ©formĂ©e. Il est mis Ă  l’index. » Michel, 87 ans, est aussi sourd que sa mĂ©moire du choc est vive. « Comme s’il l’avait fait exprĂšs », se souvient-il Ă  propos du dĂ©port de la voiture que conduisait Pierre Palmade. « On est comme des zombis, nus et ensanglantĂ©s » L’humoriste leur succĂšde. « Je suis terrassĂ© de voir les victimes en vrai. Je suis horrifiĂ© de savoir que je suis responsable de ça. » Ça, ces douleurs, ces sanglots, ces corps broyĂ©s. Le sien n’est guĂšre plus confortable. Il se bat, il lutte au jour le jour, on lui injecte de l’acide hyaluronique pour redessiner son visage. L’orthophoniste lui rĂ©apprend Ă  parler. « Je voudrais leur demander pardon. Je peux me retourner ? » Il pivote et tend un bras vers la famille kurde. « Du plus profond de moi, je veux vous demander pardon. SincĂšrement. » Mila fait non de la tĂȘte. Deux fois. Pierre Palmade se tĂ©tanise : « Je comprends leur colĂšre : un fou, droguĂ©, leur est rentrĂ© dedans. C’est inexcusable. » Il entraĂźne dĂšs lors le tribunal dans « l’enfer » de la drogue. Il a commencĂ© en 1989 Ă  21 ans : « De la cocaĂŻne, pour me dĂ©barrasser de l’embarras d’ĂȘtre homosexuel. C’était considĂ©rĂ© comme une maladie mentale. » Palmade ne s’est « jamais aimé ». En 2018, il dĂ©couvre la 3-MMC. Redoutable produit de synthĂšse. Arrive le 8 fĂ©vrier 2023 : « On commence Ă  en prendre chez moi Ă  Paris, le mercredi soir. Dans mon appartement, il y a du sang Ă  cause des injections. » Avec ses deux escort boys, il part dans sa maison de CĂ©ly-en-BiĂšre. « On s’en injecte une fois par heure pour avoir des rapports sexuels dĂ©lurĂ©s et dĂ©lirants. Je prends de la coke pour me rĂ©veiller. On ne dort pas. » De mercredi soir Ă  vendredi aprĂšs-midi. « On prolonge la fĂȘte. Je dis fĂȘte, mais c’est l’enfer. On est comme des zombis, nus et ensanglantĂ©s Ă  cause des injections. C’est horrible. » À 18h30, il part chercher de l’argent Ă  Villiers « pour payer le dealer qui va venir nous ravitailler ». Acheter de la nourriture, de l’alcool. Il s’installe au volant : « Je viens de prendre quatre lignes de coke. Je nous revois tous les trois, euphoriques. Ensuite, c’est le trou noir. Je me rĂ©veille Ă  l’hĂŽpital, c’est l’enfer. » Le mot revient souvent. Au prĂ©sident qui l’interroge sur son inconsĂ©quence, il a cette rĂ©ponse qui explique presque tout : « Mon cerveau a effacĂ© toute notion de prudence et de lĂ©galitĂ©. C’est difficile de rationnaliser. » Puis : « La dĂ©pendance est plus forte que la volontĂ©. » « La 3-MMC a des effets dĂ©vastateurs. DĂ©vastateurs ! »  Les dĂ©mons de Pierre Palmade ont envahi le prĂ©toire. Ce procĂšs peut avoir une vertu pĂ©dagogique. « À partir de 2018, Ă  cause de la 3-MMC, j’ai perdu goĂ»t Ă  tout. La drogue m’a empĂȘchĂ© de monter sur scĂšne. » Il admet qu’elle l’a dĂ©sinhibé : l’hypochondriaque terrorisĂ© par le Sida, « romantiquement hĂ©tĂ©ro, sexuellement homo », a pu « avoir 10 grands amours masculins et coucher avec 4 000 hommes », se libĂ©rer des complexes qui l’entravaient, ĂȘtre « un gĂ©nie d’écriture au cƓur sur la main », disent ses amies artistes, « attachant, hypersensible, que la drogue a tué ». DĂ©sormais « sous antidĂ©presseurs Ă  dose Ă©levĂ©e », il Ă©vite les rechutes, se rĂ©fugie auprĂšs de sa sƓur HĂ©lĂšne qui, Ă  la barre, tient ces mots terrifiants : « Avant l’accident, je m’imaginais organiser ses obsĂšques. Ou je le voyais en fauteuil roulant. » Pierre Palmade, devenu « le dĂ©fouloir de la France », selon son avocate CĂ©line Lasek, sur lequel « les gens crachaient quand ils le croisaient », voudrait « revivre » : « Je ne pense pas revenir sur scĂšne, je veux plutĂŽt transmettre, passer un message sur la drogue, aider. » À la « 3-MMC qui a des effets dĂ©vastateurs. DĂ©vastateurs ! », il ne touchera plus. Son parrain des Narcotiques anonymes, ancien toxicomane, est Ă  ses cĂŽtĂ©s : « Il y a un an, c’était un homme Ă  terre. Il a su trouver sa place parmi nous grĂące Ă  son humilitĂ© et son honnĂȘtetĂ©. Au fil des mois, il a compris ce qu’était une vie sans stupĂ©fiants. » Depuis l’accident, il a retrouvĂ© « les plaisirs simples, la famille, tout ce que j’avais perdu ». Il prononce ses derniers mots : « J’ai une seule pensĂ©e, c’est pour les victimes. J’espĂšre qu’elles pourront se reconstruire, retrouver une vie la plus normale possible. »    
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coulisses-tv · 9 months ago
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Inédit de Maison à vendre vendredi 31 mai 2024 sur M6 au Cannet et à Villiers-sur-Marne
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trocbuy · 1 year ago
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frequencejulie · 2 years ago
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02.05.2023
Superbe discussion aprÚs la projection au cinéma Le Casino à Villiers-sur-Marne, en présence de l'équipe et des patients de l'hÎpital de jour de la ville.
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godotetfils · 2 years ago
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Rachat de Bijoux en Or - Godot et Fils
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vudansmarue · 4 years ago
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Villiers-sur-Marne, 2021
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wereinette · 3 years ago
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Spring sunset, home
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retrogeographie · 6 years ago
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Villiers-sur-Marne.
la rue de Gaulle.
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walker-diaries · 30 days ago
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postcard-from-the-past · 2 months ago
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Railway station of Villiers-sur-Marne, eastern suburbs of Paris
French vintage postcard
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plombier94 · 3 years ago
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actu-juridique · 3 months ago
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Tribunal de Melun : Jugé mercredi, Pierre Palmade se dit « totalement responsable » du drame
https://justifiable.fr/?p=141 https://justifiable.fr/?p=141 #dit #drame #JugĂ© #Melun #mercredi #Palmade #Pierre #responsable #totalement #Tribunal Pierre Palmade comparaĂźt mercredi devant le tribunal correctionnel de Melun pour rĂ©pondre du terrible accident qu’il a provoquĂ© le 10 fĂ©vrier 2023. L’humoriste, « catastrophé d’avoir mis en danger » une famille, va ĂȘtre confrontĂ©, notamment, Ă  la situation de Yuksel, toujours en arrĂȘt de travail, de son petit garçon gravement blessĂ©, et de Mila, qui a perdu son bĂ©bĂ© Ă  naĂźtre. L’aprĂšs-midi prĂ©cĂ©dant la collision, l’artiste s’était « piquĂ© huit fois en s’injectant de la 3-MMC », une drogue qui accroĂźt la libido. Avec une derniĂšre prise 30 minutes avant de prendre le volant. Photo : ©Georges Biard « Je suis un chic type. Je suis quelqu’un de bien. » Ainsi Pierre Palmade se dĂ©crit-il lors de son interrogatoire de premiĂšre comparution devant la juge d’instruction de Melun. En prĂ©ambule, il s’est dit « obsĂ©dé » par l’accident, et par « le bĂ©bĂ© qui est mort. Je prie pour que les autres personnes restent vivantes », lit-on dans l’ordonnance de renvoi devant le tribunal, que nous avons consultĂ©e. Lorsqu’il fait ces dĂ©clarations Ă  la mi-fĂ©vrier 2023, aprĂšs son hospitalisation et sa garde Ă  vue, le pronostic vital de Yuksel, 38 ans, demeure « engagé à court terme ». Il conduisait la Renault qu’a pulvĂ©risĂ©e, vendredi 10 fĂ©vrier Ă  18h45, la Peugeot de l’humoriste sur une route droite Ă  Villiers-en-BiĂšre (Seine-et-Marne). Le choc frontal est « liĂ© Ă  une faute de conduite caractĂ©risĂ©e par un dĂ©port intĂ©gral dans la voie de sens opposé », indique l’expert. Devant la juge, Ă  l’époque dĂ©jĂ , Pierre Palmade reconnaĂźt sa responsabilitĂ©. Il « prie » aussi pour le fils de Yuksel, Devrim, 6 ans, qui se bat pour rester en vie Ă  l’hĂŽpital Necker, Ă  Paris. « Son pronostic ultĂ©rieur ne peut pas ĂȘtre fixĂ©, des sĂ©quelles fonctionnelles sont Ă  prĂ©voir », prĂ©cise le corps mĂ©dical. À cette mĂȘme pĂ©riode, au Kremlin-BicĂȘtre oĂč sa tante Mila a Ă©tĂ© hĂ©liportĂ©e, l’enfant « viable » qu’elle portait depuis 27 semaines n’a pas survĂ©cu aux 32 minutes de rĂ©animation. Mila, 27 ans, souffre de multiples blessures. De la drogue durant deux jours, « pratiquement tout le temps »  Pierre Palmade est renvoyĂ© seul devant le tribunal correctionnel. Ses deux passagers, suspects de non-assistance Ă  personnes en danger, ont bĂ©nĂ©ficiĂ© d’un non-lieu. L’artiste de 56 ans rĂ©pond de « blessures involontaires avec incapacitĂ© supĂ©rieure Ă  trois mois » pour Yuksel, « infĂ©rieure Ă  trois mois » pour Mila (45 jours), le petit Devrim (70 jours), le conducteur de la Twingo qui suivait et n’a pas pu freiner (10 jours). Les prĂ©ventions sont aggravĂ©es par la violation dĂ©libĂ©rĂ©e d’obligation de prudence au volant et l’usage de stupĂ©fiants en rĂ©cidive. Il encourt 14 ans de prison, 200 000 € d’amende. Le chef d’homicide involontaire n’a pas Ă©tĂ© retenu car le bĂ©bĂ© qu’attendait Mila « n’a prĂ©sentĂ© aucun signe clinique de vie autonome » (voir l’encadrĂ© ci-dessous). Pierre Palmade a cessĂ© de se droguer. En 2023, face Ă  la juge, il disait avoir conscience que son addiction, depuis ses 20 ans, le rendait « dangereux », qu’elle devait ĂȘtre « bannie de [sa] vie ». Avant l’accident, pendant deux jours, « pratiquement tout le temps, une fois par heure », il avait pris de la 3-MMC en intraveineuse pour augmenter son endurance sexuelle, et de la cocaĂŻne pour ne pas dormir. L’un des deux “escort boys” avait proposĂ© de conduire jusqu’au supermarché ; Palmade a refusĂ©. Aussi se considĂšre-t-il « totalement responsable » de la tragĂ©die. « Je pense chaque jour aux victimes dont j’ai bousillĂ© la vie. » Des consĂ©quences irrĂ©parables pour la famille percutĂ©e D’aprĂšs les analyses rĂ©alisĂ©es sur l’humoriste blessĂ© (8 jours d’ITT), il Ă©tait sous l’empire de « cocaĂŻne et cathinones », cette derniĂšre substance « ayant des effets psychotropes dĂ©lĂ©tĂšres sur la conduite ». Si elle accroĂźt la libido dans un contexte sexuel, « ses effets sont suivis d’une phase de descente ». D’oĂč la prise de cocaĂŻne pour rester Ă©veillĂ©. Ces 48 heures de fĂȘte ont eu des consĂ©quences irrĂ©parables. Outre la perte de son bĂ©bĂ©, Mila a subi huit fractures. Selon l’expert psychologue, elle est en proie Ă  une dĂ©pression d’intensitĂ© sĂ©vĂšre avec profonde dĂ©tresse, perte d’élan vital et retrait social. À ce jour, « sa consolidation n’est pas acquise ». Ni celle de son beau-frĂšre Yuksel, victime de « traumatismes majeurs » au thorax, Ă  l’abdomen, au bassin, de contusion hĂ©patique, de 16 fractures ; il a passĂ© cinq mois Ă  l’hĂŽpital. Il sera expertisĂ© en fĂ©vrier 2026. « La survie de ce patient moribond » n’est due qu’aux « interventions » rapides. Devrim, lui, a Ă©tĂ© admis Ă  Necker avec des traumatismes crĂąnien et facial « majeurs », des « contusions hĂ©morragiques » et fractures du visage. Il est suivi par un psychologue : enfant « trĂšs actif et joyeux », il est dĂ©sormais solitaire et renfermĂ©.  La dĂ©fense va plaider l’absence de rĂ©hausseur pour Devrim  Le dossier est « audiencé » sur une journĂ©e car il ne pose pas de difficultĂ©s. MĂȘme si Me Mourad Battikh, l’avocat qui reprĂ©sente Yuksel, Mila, Devrim et des membres de leur famille, voulait que soit maintenue la qualification d’homicide. En vain. Le procureur Jean-Michel BourlĂšs n’a pas fait appel de la dĂ©cision de l’écarter, prĂ©fĂ©rant que le procĂšs se tienne dans un dĂ©lai raisonnable (notre interview du 25 octobre ici). En revanche, les dĂ©fenseurs du prĂ©venu devraient plaider l’attĂ©nuation de la faute de leur client dans les blessures du garçonnet, aprĂšs avoir sollicitĂ© une expertise sur les consĂ©quences de l’absence de rehausseur-auto dans la voiture. Il apparaĂźt qu’elle « a limitĂ© le rĂŽle de la ceinture de sĂ©curitĂ© qui bloque l’enfant au fond du siĂšge » : il « a percutĂ© avec plus de force le siĂšge avant (
) La gravitĂ© des lĂ©sions est 21 % plus grave si l’enfant est ceinturĂ© sans rehausseur ». C’est le seul point susceptible de faire dĂ©bat. Pour le reste, Pierre Palmade, « fragile » selon l’expert psychiatre, « en dĂ©clin sur le plan professionnel », « se montre abattu et culpabilisé ». Il veut « payer » pour le drame qu’il a causĂ©.   L’homicide involontaire ne s’applique qu’à l’enfant nĂ© vivant  La discussion sur la « viabilité » du bĂ©bĂ© de Mila a durĂ© plusieurs mois.  Ses parents, Mila et Nigmet, ont inhumĂ© leur fille sous le prĂ©nom de Solin. À 27 semaines et 5 jours d’amĂ©norrhĂ©e, elle pesait 1 090 grammes. La petite fille Ă  naĂźtre « ne prĂ©sentait aucune malformation », selon l’autopsie. « Elle Ă©tait indiscutablement viable. » Les experts ont Ă©tabli « un lien de causalitĂ© direct et certain entre l’accident et son dĂ©cĂšs dĂ» au traumatisme abdominal ayant entraĂźnĂ© une hĂ©morragie fƓto-maternelle aiguë ». La justice ne l’a pas reconnue victime car, « à aucun moment, entre l’heure de la naissance et le dĂ©cĂšs dĂ©clarĂ©, il n’y a eu de respiration spontanĂ©e, de mouvement actif du corps. Les quelques battements cardiaques observĂ©s 16 minutes aprĂšs la naissance sont insuffisants pour assurer une fonction circulatoire efficace et ne peuvent en aucun cas ĂȘtre considĂ©rĂ©s comme des signes de vie extra-utĂ©rine », affirment les trois experts. Or, selon la juge d’instruction, « il est de jurisprudence constante » qu’un « homicide involontaire ne s’applique que dans l’hypothĂšse d’un enfant nĂ© vivant ». L’assemblĂ©e plĂ©niĂšre de la Cour de cassation s’est prononcĂ©e en ce sens le 29 juin 2001. En vertu « d’une interprĂ©tation stricte de la loi pĂ©nale », ce chef de prĂ©vention a donc Ă©tĂ© abandonnĂ©.  
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